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ANIMALI AL MARE
Vi sarà capitato certamente almeno una volta, in Primavera o all' inizio dell' Estate, di fare una passeggiata su una spiaggia deserta, in solitudine, assorti nei vostri pensieri, con negli orecchi soltanto il lieve rumore della risacca, lo sguardo spinto sulle onde là fino all' orizzonte e all' improvviso sorprendervi a pensare di essere, in quel momento e in quel luogo, gli unici esseri viventi.
Si, è vero, laggiù lontano all' orizzonte una vela, un po' più da presso la scia di un motoscafo vi riportano alla realtà, vi ricordano che c' è ancora vita intorno a voi, ma sono lontani, troppo lontani per poter condizionare per tanto tempo i vostri pensieri, lì, dove posate i piedi la vita sembra non esistere. E la fantasia galoppa di nuovo a briglia sciolta.
Vi proponiamo di rifare con noi quella stessa passeggiata, insieme, così in compagnia avremo l' occasione di parlare e, conversando, osservare con attenzione quello che ci circonda.
Scopriremo allora di non essere soli, ci renderemo conto che intorno a noi, la spiaggia sulla quale passeggiamo è animata da un intenso brulichio di vita.
Guardiamo per esempio in quei piccoli cumuli di detriti ammucchiati sulla battigia dalla risacca. Ci troveremo un po' di tutto, residui di alghe, piccole "palle di Posidonia", tappi di sughero, ossi di Seppia, pezzetti di Canna e qualche pesce morto.
PULCI DI MARE
Proviamo a smuovere con un piede questi residui, questi mucchietti di materia organica oppure, più semplicemente, a camminarci sopra. Ci troveremo improvvisamente circondati da decine, centinaia di piccoli animali che saltano in tutte le direzioni, animali di cui fino a un minuto prima ignoravamo la presenza. Sono le cosiddette "Pulci di mare" (vedi 1), piccolissimi crostacei della famiglia dei Talitridi (Talitrus saltator) che, disturbati dalla nostra intrusione, cercano di riguadagnare, saltando, il cumuletto di detriti per immergervisi di nuovo e continuare il pasto interrotto.
Fig. 1 Talitrus saltator, Pulce di mare.
Lunghi dai 12 ai 16¬17 millimetri, corpo trasparente, compresso lateralmente, occhi piccoli, neri, ben visibili su quel carapace diafano, delicato, provvisti di sette paia di arti più adatti al salto anziché al nuoto, questi animaletti si nutrono di sostanze marcescenti e dei cadaveri di piccoli pesciolini che la risacca accumula sulla sabbia e fuggono, saltando, non appena disturbati.
GRANCHIO
Sempre sulla battigia, ma con minore frequenza, si incontra un piccolo Granchio del genere Portunus. Basta a volte rimuovere piccoli rilievi di sabbia che si trovano proprio lì, tra il bagnato e l' asciutto, per vederlo fuggire velocemente.
Fig. 2 Granchio
Il carapace o più semplicemente la corazza di rivestimento, è di colore grigio-verdastro, le chele piuttosto piccole, e l' ultimo paio di "pereopodi", che poi sarebbe il nome scientifico delle zampe, foggiato a paletta e contornato da una cornice di peli setosi.
PIMELIA
Ha una struttura particolarmente gibbosa e puntuta, solcata da piccole costole molto elaborate, in rilievo, disposte longitudinalmente. Corre velocemente sulla sabbia lasciandosi dietro una effimera scia di puntini, perfetti come un nastro di trina, che scomparirà al primo alito di vento . Peccato che il suo colore sia nero, un colore troppo funereo per un insetto così elegante.
Questo insetto, che appartiene alla famiglia dei Tenebrionidi, è la Pimelia bipunctata, coleottero inadatto al volo avendo le elitre saldate tra di loro e la parte inferiore delle stesse terminante sotto l' addome. Corre tutto il giorno, instancabilmente, nutrendosi di altri insetti, o piccoli animaletti morti che incontra nel suo girovagare.
NEBRIA
Un altro Coleottero che, "tira avanti", nutrendosi con cadaveri di animaletti morti affogati, compresi piccoli pesci, è la Nebria delle sabbie. Vive prevalentmente nascosto nella sabbia, sotto mucchietti di alghe o residui organici spinti dalle onde sulla spiaggia, dove trova anche il suo nutrimento. Spostando con una canna o con la mano queste sostanze, esce rapido questo piccolo insetto che, altrettanto rapidamente, cerca di rifugiarvisi di nuovo. Lungo poco meno di un centimetro, elitre poco coriacee, di colore chiaro (più spesso macchiato di bruno), questo piccolo Coleottero, costituisce insieme ad individui di altre specie, un "piccolo esercito" di animaletti utili alla pulizia delle spiagge impedendo, con il loro comportamento, la decomposizione e l' imputridimento delle sostanze che la risacca accumula sulla riva.
SCARABEO
Ancora un Coleottero che nei mesi estivi frequenta in gran numero questo tratto di spiaggia. Appartiene alla famiglia degli Scarabeidi, è molto simile allo Scarabeo sacro degli Egizi (Scarabaeus sacer), tanto da essere spesso confuso con questo, E' lo Scarabaeus semipunctatus, conosciuto volgarmente come "Scarabeo stercorario" (vedi 3) o "ruzzolamerda", per la strana abitudine che hanno questi insetti di fare palline con escrementi. Questi coleotteri infatti, vagano sulla spiaggia alla ricerca di escrementi animali. Appena individuati ne tagliano una fetta, la foggiano a sfera aiutandosi con le zampe posteriori, e poi la fanno ruzzolare verso il nido precedentemente preparato.
Fig. 3 Scarabaeus semipunctatus, stercorario.
In questa masserella di escrementi, foggiata in forma sferica, e somigliante vagamente ad una "pera", l' insetto vi deporrà un uovo così che la larva, appena uscita, trovi già pronto "il desinare". Alla fine dell' Estate da questa palla, rammollita dalle prime piogge, uscirà l' insetto adulto.
La livrea di questo Coleottero è di colore nero, il capo e le due zampe anteriori strutturati per svolgere la funzione di scavo, infatti, il capo è anteriormente appiattito e munito di sei robusti denti, così come di denti sono munite le due zampe anteriori foggiate a pala.
Un' altra singolarità che contraddistingue questo Coleottero è quella di volare in maniera piuttosto rumorosa tenendo il corpo in posizione verticale.
COCCINELLA
Un avvenimento eccezionalmente straordinario, al quale non capita spesso di assistere, è la migrazione di migliaia, decine di migliaia di Coccinelle. E' capitato a chi scrive una mattina di inizio Estate di alcuni anni fa. Stavo facendo una passeggiata sulla spiaggia, nel tratto compreso tra il "Fosso bianco" e "la Fine" quando un rumore, come un ronzio, una folata di vento, attrasse la mia attenzione. Il mare era calmo, liscio come olio, senza increspature e il ronzio aumentava sempre di più. All' improvviso da Sud, rasente l' acqua intravidi una macchia scura, che si muoveva nella mia direzione facendosi via-via sempre più distinta. Un immenso sciame di insetti, migliaia, decine, centinaia di migliaia di Coccinelle, la Coccinella septem-punctata (vedi 4), per una ragione ignota, stava trasmigrando in cerca di nuove zone di caccia. Molte di loro, forse la maggioranza, non arrivarono mai a destinazione finendo in mare o sulla spiaggia, tanto e vero che questa risultò per grandi tratti completamente arrossata.
Fig. 4 Coccinella septempunctata (mariola).
Questo coccinellide che abbiamo imparato ad amare fin da bambini per la sua bellezza (le elitre rosse, lucenti, punteggiate di nero), e per la sua utilità (si nutre di afidi delle piante). "Mariola" era il nome con il quale noi ragazzi chiamavamo questo grazioso animaletto. Ricordo che da piccoli, quando riuscivamo a catturarne uno, lo tenevamo sul dorso di una mano cantilenando una tiritera: Mariola mariola prendi un libro e vai a scuola...., finché l' insetto aperte le elitre e spiegate le ali se ne volava via.
DORIFORA
Ancora un altro Coleottero si incontra (per fortuna con molta minore frequenza della Coccinella), sulla spiaggia, tanto bello quanto dannoso, lungo più o meno dieci millimetri, elitre giallo-oro a righe longitudinali nere, cinque per elitra, dieci in tutto (e da questo il suo nome scientifico), "Chrysomela decemlineata".
Fig. 5 Chrysomela decemlineata, dorifora della Patata
E' la Dorifora della patata (vedi 5) originaria dell' America, introdotta in Europa e, purtroppo, in Italia nei primi decenni del secolo. Generalmente vive negli orti e predilige piante della famiglia delle Solanacee come Patate, Pomodori, Melanzane, ma può capitare, in certi periodi di migrazione, di trovare sulla spiaggia, cadaveri di animali caduti in mare chissà come e trasportati a riva dalle correnti
CICINDELA
Ancora un Coleottero, anche questo più "campagnolo" che "marino" si incontra talvolta sulla spiaggia, ma al contrario del precedente utile per l' agricoltura, è la Cicindela campestris (vedi 6).
Fig. 6 Cicindela campestris.
La livrea di questo insetto è verde-brillante punteggiata da macchioline bianche, il corpo sorretto da agili zampette, lunghe, atte alla corsa veloce, molto attivo nelle giornate di pieno sole, calde, grande divoratore di insetti nocivi, sia allo stato larvale che da adulto.
Osservarlo non è semplice, né in terra, quando corre veloce alla ricerca della preda, e nemmeno in volo. Non c' è neppure il tempo per focalizzarlo che si è già allontanato, sia pure a pochi centimetri di distanza, ma così velocemente che rimane estremamente difficile seguirlo sia pure con lo sguardo ed anche la sua cattura presenta alcune difficoltà.
Volendolo catturare è consigliabile una giornata calda ma con sole coperto.
SCARITES
Per restare nel campo dei Coleotteri parliamo dello Scarites laevigatus (vedi 7), un Coleottero tipico della spiaggia, anche se non molto comune. Corpo nero-lucido, nettamente diviso tra la parte anteriore (capo e torace), e quella posteriore (addome), distinguibile con molta chiareza e due grandi mandibole ai lati della testa. Differentemente da altri generi della stessa famiglia, ha le due zampe anteriori atte allo scavo ma, come altri individui dello stesso genere, è lucifugo, ossia preferisce una giornata con poco sole o nuvolosa o meglio ancora il crepuscolo, piuttosto che il sole pieno.
Fig. 7 Scarites laevigatus.
Naturalmente come tutti i Carabidi, famiglia alla quale appartiene, si nutre cacciando insetti. Similmente alla maggior parte dei Coleotteri della stessa famiglia, lo Scarites, non avendo le ali membranose, è inadatto al volo.
CALOSOMA
Un carabide che invece vola ed è fornito, a differenza della maggior parte dei suoi simili, di una bellissima livrea dai colori eccezionalmente vistosi e cangianti, è il Calosoma sycophanta (vedi 8). Questo carabide, straordinario per la bellezza delle sue elitre, color verde-lucido con riflessi ramati, è protetto in tutta Europa per la sua validità nella lotta contro gli insetti nocivi (particolarmente attivo come predatore di bruchi della Thanmetopoea processionaria). Qualche volta durante gli spostamenti cade in mare e così si rinviene sulla spiaggia affogato o non più in grado di riprendere il volo.
Fig. 8 Calosoma sycophanta.
Alcuni anni fa, appunto, mi è capitato, durante la mia consueta passeggiata sulla spiaggia tra il "fosso bianco" e il fiume "Fine", di imbattermi in alcune centinaia di tali insetti, caduti in mare probabilmente durante uno spostamento e, ormai diventati pasto per Gabbiani
CETONIA
Spesso arriva addosso con un sordo ronzio, quando meno uno se lo aspetta, e qualche rara volta riesce anche ad aggrapparsi alla maglietta o alla camicia, proprio nel punto in cui è andata a sbattere, ma la maggior parte delle volte cade per terra a pancia in su, e lì rimane agitando le zampette, finché non riesce a rimettersi in posizione di partenza. E' di colore verde-brillante con bei riflessi bronzei o verde-azzurri cangianti. Questo Scarabeide, è la Cetonia. Per noi, comuni mortali, basta così, Cetonia (vedi 9), Moscon d' oro, oppure Zonza (parola che onomatopeicamente ricorda il rumore che l' insetto fa volando), per gli specialisti è la Cetonia aurata o un altro coleottero di un genere molto simile, la Potosia cuprea. Insetto frequentatore di giardini fioriti, di orti, ma anche di qualsiasi altra zona dove nelle vicinanze ci siano piante fiorite, specialmente Rose, ma non disdegna neppure i frutti, siano essi Susine o Pesche o Fichi. Una curiosità: questo insetto, a differenza di altri Coleotteri, può volare senza divaricare le elitre.
Fig. 9 Cetonia aurata, moscon d' oro o zonza.
Un gioco abbastanza crudele e cattivo, al quale però noi ragazzi non sapevamo resistere, consisteva nel catturare uno di questi innocui insetti (Cetonia o Potosia non aveva importanza), legargli ad una zampetta un filo di cotone e, tenendo in mano l' altro capo, lasciare andare l' insetto perché volasse in cerchio, oppure, liberare l' insetto dopo aver legato all' altro capo del filo, una strisciolina di carta.
Alcuni degli insetti fin qui incontrati sono piuttosto frequenti, e la loro presenza sulle nostre spiagge, non suscita meraviglia. Altri invece sono rari, o quanto meno, raro è incontrarli sulla spiaggia pertanto, per individuarli, durante una passeggiata occorre prestare molta attenzione.
MOSCA
Un insetto che invece si incontra spesso e non richiede particolari accorgimenti per essere individuato, è la Mosca (vedi 10). Questo insetto noioso, fastidioso, molesto, si incontra abitualmente dappertutto e ciò vuol dire che anche sulla spiaggia è praticamente di casa. Specialmente in certe particolari giornate, quando non concede un attimo di tregua e, cacciato da un lato torna alla carica dall' altro. Dovunque ci siano delle sostanze organiche in decomposizione, la Mosca è presente, e la spiaggia è colma di questo materiale gettato a riva dalla risacca.
Fig. 10 Musca domestica.
Oltre alla molestia che può arrecare, la Mosca, per le sue peculiari abitudini di posarsi su ogni sorta di lordura, è veicolo di pericolose malattie come il tifo, la dissenteria, il tracoma la poliomielite.
Tra le altre cose l' insetto, avendo un ciclo riproduttivo piuttosto rapido (una decina di giorni), riesce, con successivi adattamenti o mutazioni, a resistere ai vari insetticidi fin qui proposti diventando quasi indistruttibile.
Una notizia particolarmente curiosa, per avere un' idea della rapidità e potenzialità riproduttiva della Mosca domestica, ci è stata fornita dai risultati di una ricerca fatta dall' entomologo americano L.O.Howard.
In uno studio di alcuni anni fa, Howard ha calcolato che una Mosca domestica (nella sua breve esistenza riesce a deporre 6-7 volte ed ogni volta 80-100 uova) che iniziasse a deporre a metà Aprile, verso la metà di Settembre i suoi discendenti avrebbero raggiunto la cifra sbalorditiva di 5.600 miliardi di individui ed un peso complessivo di 80.000 tonnellate. Il tutto, originato da una sola Mosca.
Dopo queste poco consolanti notizie sulla Mosca domestica (praticamente valgono per tutte le altre specie dello stesso genere), catturiamone una e osserviamola attraverso una lente di ingrandimento.
Intanto, come tutti i Ditteri, la Mosca ha solamente un paio di ali essendo il secondo sostituito da due appendici lunghe 2-3 millimetri, terminanti con un rigonfiamento a "bottone" o a "clava", chiamate bilancieri i quali, nel momento stesso che l' insetto muove le ali per spiccare il volo, si mettono in vorticoso movimento rotatorio necessario alla stabilizzazione dell' insetto stesso durante il volo. Il capo è quasi tutto occupato da due grandi occhi rosso-bruni, sfaccettati. Tra gli occhi sono situate le antenne terminanti con un terzo articolo (l' arista), piuttosto grosso. Al disotto delle antenne si trova la proboscide succhiante, completata dal labbro inferiore fornito di numerosi lobi. Tutto il corpo è ricoperto da rade, anche se numerose, setole sensoriali, corte e rigide.
Questa più accurata osservazione per riaffermare, se ce ne fosse stato ancora bisogno, che comunque la si guardi, la Mosca, rimane sempre un insetto brutto, schifoso e disgustoso.
AMMOFILA DELLA SABBIA
E' questo un insetto (Ammophila adriansei) un po' particolare, lungo da 25 a 30 millimetri e con una vita tanto sottile che il corpo pare diviso in due tronconi attaccati tra di loro con un filo, testa e torace da una parte, addome dall' altra. E' un Imenottero appartenente alla famiglia degli Sfecidi, ed è conosciuta come l' Ammofila delle sabbie (vedi 11).
Fig. 11 Ammophila adriansei.
Sempre in continuo movimento, quando non vola o cammina, molleggia sulle zampe alzando e abbassando l' addome, pare una ballerina che compia esercizi ritmici. Rapida, scattante, quasi si fa fatica a seguirla con gli occhi, tanto sono veloci i movimenti, sempre alla ricerca di un posto dove scavare il nido.
Poi si ferma e, se il posto scelto è di suo gradimento, comincia a scavare nella sabbia con le zampe anteriori. La tana scavata diventa sempre più profonda, l' insetto sparisce alla vista, ma la sabbia continua ad accumularsi davanti all' ingresso. Ogni tanto l' insetto riappare per spargere il mucchietto di rena che via-via si va formando davanti l' ingresso per poi tornare all' interno e riprendere a scavare.
Finita l' opera l Ammofila si mette alla ricerca della preda, generalmente un "bruco" di farfalla, che paralizzerà con una puntura e poi, con fatica, trasporterà nella tana preparata in precedenza. Su questo bruco verrà deposto un uovo il quale, quando si schiuderà, troverà già pronto il desinare. Ora non rimane che richiudere il buco con dei sassolini e, il lavoro è compiuto.
Ma, per il nostro insetto l' opera non è ancora finita. Altre uova attendono di essere deposte perché ci sia un margine di sicurezza per la specie che deve continuare.
SCOLIA
A poca distanza dall' acqua, subito sulla duna o nell' immediato retroduna, tra le prime associazioni vegetali, si trova un altro rappresentante del grande ordine degli Imenotteri, il più grosso rappresentante italiano ed europeo di questo ordine, la Scolia dalla fronte gialla (vedi 12), Scolia flavifrons, appartenente alla famiglia degli Scolidi. Il genere di solito frequenta fiori delle Ombrellifere; come l' Eringio, Eryngium maritimum o la Pastinaca marina, Echinophora spinosa. La femmina, è più grande del maschio, raggiungendo i 45¬50 millimetri di lunghezza. Di colore nero con vistose macchie gialle sul corpo e sulla fronte, e fornita di due potenti mandibole falciformiai lati del capo, capaci di infiggere, se disturbata, dolorose ferite, oltre naturalmente ad usare il pungiglione che è la sua arma naturale.
Fig. 12 Scolia flavifrons.
Le sue prede preferite sono le larve dello Scarabeo rinoceronte, Oryctes nasicornis, che riesce a scovare nascoste nei tronchi marcescenti o sotto cumuli di foglie.
Dopo averle paralizzate con una puntura vi depone sopra un uovo. Alla schiusa, la larva troverà cibo in abbondanza. Il bruco, prima di trasformarsi in immagine si impupa,nel terreno, in un bozzolo sericeo di colore bruniccio.
Malgrado il suo aspetto minaccioso, non è aggressiva e si lascia avvicinare, sfiorare e, talvolta, persino toccare senza reagire ma continuando a succhiare il nettare, anche se naturalmente è consigliabile usare una certa cautela.
Sempre sulla spiaggia si troveranno ancora, a rappresentare varie specie a rappresentare quest' ordine, varie specie di vespidi di diversa grandezza, da piccolissimi di pochi millimetri di lunghezza, fino a un paio di centimetri o più. Insetti sociali, come le Api, Apis mellifera, o le Vespe, Vespa germanica, Vespa vulgaris, Vespa crabro, oppure solitari, come la Xilocopa violacea, un grosso apide nero con ali di colore viola-blu metallico.
Per un individuo in buona salute e che non sia soggetto a particolari forme allergiche, la puntura di quasi tutti questi insetti non provoca alcun effetto, se non un momentaneo dolore accompagnato, per qualche ora, da un fastidioso insistente prurito. L' unico imenottero veramente pericoloso, quello che ha provocato e continua a provocare reazioni allergiche scomposte, è un vespide, il più grosso vespide italiano, la "Vespa crabro", meglio nota come Calabrone. Una puntura di questo insetto è in grado di scatenare, reazioni allergiche tali da provocare uno choc anafilattico e causare, talvolta, la morte per blocco delle vie respiratorie.
Ma non pensiamoci e continuiamo la nostra passeggiata, anche se, naturalmente, dovremo usare una certa cautela avvicinandosi agli animali che incontreremo.
FORMICALEONE
Somiglia ad una Libellula, anche se un poco più piccolo, ha abitudini più "serotine" o meglio più crepuscolaried è meno rapido nel volo. Il suo nome volgare, è Formicaleone e può far pensare a chissà quale spaventoso animale, invece è davvero molto grazioso, delicato, etereo. Vederlo in volo è piuttosto difficile, ma a noi interessa di più scovare ed osservare la sua larva.
Fig. 13 Myrmeleon formicarius, formicaleone.
Vedendola non si direbbe la larva dell' elegante aggraziato Myrmeleon formicarius (vedi 13 è questo il suo nome scientifico), che volteggia svolazzando, nelle serate estive, alla ricerca di prede. E' un piccolo bruco grasso, tozzo, biancastro, lungo più o meno 20 millimetri con capo piccolo, bruniccio, fornito di due robuste mandibole foggiate a tenaglia.
Alquanto singolare è anche il suo comportamento nella cattura delle prede.
Sta immobile sul fondo di una piccola buca a forma di imbuto e non appena una formica, o altro insetto di grandezza simile, passa sull' orlo del cratere, con impercettibili movimenti provoca una piccola frana e la conseguente caduta dell' incauto "passeggero", il quale verrà afferrato con le robuste mandibole e immediatamente divorato.
FARFALLE
Sono molte le farfalle che frequentano questo tratto di spiaggia e spesso le ritroviamo addirittura al largo, sul mare molto lontane dalla riva, probabilmente alla ricerca di una compagna che ha lanciato il "messaggio d' amore", attraverso l' emissione di speciali feromoni.
L' ordine al quale appartengono questi insetti, è quello dei Lepidotteri e se ne incontrano, come abbiamo già visto, di varie famoglie, generi e specie.
CAVOLAIA
La più comune è la Cavolaia o Pieris brassicae (vedi 14), una pieride che, come la cugina Rapaiola, Pieris rapae, frequenta le piante di Crucifere che crescono sulle dune.
Fig. 14 Pieris brassicae, cavolaia.
GALATEA
Un po' più rara, ma pur sempre presente, è la Galatea (vedi 15), Melanargia galathea, (famiglia dei Satiridi), dalle ali bianche con variegate macchie grigio¬verdi. Le larve di questa Farfalla si fissano agli steli delle Graminacee.
Fig. 15 Melanargia galathea.
Numerosi sono anche i Licenidi, rappresentati dalla Lycaena bellargus con ali azzurre, Lycaena icarus con ali grigio¬celesti e dalla Heodes dorilis con ali aranciate. Le larve di queste farfalle vivono sui vari trifogli e Medicago, piante della famiglia delle Leguminose, alle quali rodono anche i fiori.
Ma lo scettro di regina delle farfalle appartiene senza dubbio alle rappresentanti dei Papilionidi. Questa famiglia annovera le più belle, le più vivaci e le più grandi farfalle diurne della nostra zona. Due generi e poche specie di questa famiglia, sono presenti nel nostro areale.
MACAONE
Da noi è ancora abbastanza comune, anche se non come una volta, il Macaone (vedi 16), Papilio machaon, che si distingue per le sue stupende ali colorate da elaborati disegni bruni su fondo giallo e terminanti con due appendici caudali azzurre vivacizzate da due occhi rossi. In genere frequenta le Ombrellifere, ma non disdegna neppure le composite del genere Scolymus o Carthamus.
Fig. 16 Papilio machaon, macaone.
PODALIRIO
Il secondo genere presente, l' Iphiclides, è un po' più raro del primo ed è rappresentato dal Podalirio (vedi 17), Iphiclides podalirius, la cui larva vive sui susini selvatici, del genere Prunus, ed è per questa ragione che scomparendo queste piante, anche la Farfalla è divenuta più rara. Le ali sono di colore giallo¬chiaro con strie triangolari brune, e terminano con due lunghe appendici tipo coda di Rondine. L' ala inferiore è dotata, nella parte terminale di due occhi rosso¬azzurri.
Fig. 17 Iphiclides podalirius, podalirio.
Per non contribuire, anche involontariamente, alla scomparsa di questa specie dalla nostra zona, sarebbe opportuno evitare la cattura degli esemplari occasionalmente rinvenuti e, muniti eventualmente di macchina fotografica, fotografarli nel loro ambiente naturale.
Allontaniamoci ancora qualche metro verso l' interno, non troppi però altrimenti cambia l' ambiente della nostra osservazione, e indaghiamo tra i vari generi di piante che caratterizzano la duna come per esempio: l' Agropyron, l' Ammophila, l'Eryngium, la Calystegia, l' Echiniphora, la Medicago, l' Helichrysum. Ci imbatteremo in un pullulare di vita che non avremmo mai immaginato potesse esistere in quel luogo così assolato, arido e, a prima vista, inospitale. Decine, centinaia di piccoli insetti, lunghi da pochi millimetri fino ad un paio di centimetri, fuggiranno via impauriti, disturbati dalla nostra vicinanza.
I "Grilli" per primi, probabilmente sono quelli che si spaventano di più, seguiti poi da tutti gli altri.
GRILLI
Invano si prova a controllarli con lo sguardo, si vedono per un attimo, si riesce anche a indovinare il punto di atterraggio, ma l' animale è sparito. Un lampo di luce rossastra quando spiega le ali, poi più nulla. Questa particolarità mimetica, di scomparire agli occhi del nemico, è conosciuta sotto il nome di "crittismo", legata peraltro al "fanerismo" proprio di alcune specie che è, al contrario, la possibilità di rendersi improvvisamente vistosi e appariscenti, per incutere timore.
Fig. 18 Tettigonia viridissima, grillo.
CAVALLETTA
Non manca tra questi insetti neppure la Cavalletta comune (vedi 19) (Chorthippus bicolor o la Anacridium aegyptia, ambedue noti ai più sempre come "grilli", senza alcuna distinzione).
Fig. 19 Chorthippus bicolor, cavalletta.
GRILLO CAMPESTRE
Chi non si è lasciato sedurre almeno una volta, sia pure per pochi attimi, in un caldo pomeriggio estivo dal loro canto? Per non parlare poi degli appassionati struggenti richiami d' amore notturni del Grillo campestre (vedi 20), quell' insistente e monotono "cri-cri" che l' animale emette nella speranza di conquistare qualche femmina sperduta chissà dove. Ebbene, quel canto viene emesso dall' insetto sfregando insieme particolari organi stridulatori, situati nei femori delle zampe posteriori, le cosiddette "zampe saltatorie". Anche l' organo dell' udito è situato nelle zampe, infatti, questi "Ortotteri" sono particolarmente sensibili alle vibrazioni prodotte da altri animali che captano attraverso particolari aperture poste sulle "tibie del primo paio di zampe. Si potrebbe dire che questi animali "parlano" e "ascoltano" con... i piedi. Probabilmente però riescono a capirsi molto meglio di altri... animali... i quali per parlare o ascoltare, si servono di altri organi.
Fig. 20 Gryllus campestris, grillo moro.
Narra un divertente aneddoto, di uno studioso di entomologia interessato allo studio dei "grilli" il quale tentava di spiegare ai suoi allievi in quale modo questi insetti emettessero i suoni e attraverso quali meccanismi i suoni stessi fossero, da questi, percepiti.
Alcune specie di Ortotteri, disse, emettono i suoni attraverso particolari organi stridulatori, situati nei femori delle zampe posteriori, e li ricevono attraverso delle fenditure situate, nelle tibie delle zampe anteriori.
Insomma, concluse, la maggior parte di questi animali, "parla" e "ascolta" con le zampe.
E, per avvalorare questa sua chiarificazione, prese un grillo, lo posò sul tavolo e gli ordinò di saltare.
Naturalmente il Grillo, sollecitato dalle vibrazioni della voce, spiccò un salto. Lo scienziato lo riprese e dopo avergli tolto le zampe lo rimise sul tavolo ripetendo lo stesso ordine, ma questa volta il grillo non saltò. Ecco, disse rivolto ai suoi allievi, questo è quanto si voleva dimostrare. Come vi avevo detto, un grillo privato delle zampe diventa sordo.
ACRIDA
Altri generi dello stesso ordine sono presenti sulle nostre dune marine, si tratta dell' Acrida turrita (vedi 21), e della Truxalis nasuta, tutte e due appartenenti, come quelli già visti al sottordine dei Celiferi. La famiglia è quella degli Acrididi, ma tutte e due le specie, rassomigliano molto poco ai grilli, per lo meno a quelli più comuni che noi conosciamo. La testa allungata, di forma tronco¬conica, con la parte apicale rivolta verso l' alto in modo inusitato, gli occhi composti, simili a quelli delle altre specie, ma molto ravvicinati tra loro e situati alla sommità della testa, le antenne quasi pennate, compresse alla base, morbide come due piumette collocate tra gli occhi.
Fig. 21 Acrida turrita.
La maggior parte delle famiglie e dei generi appartenenti a quest' ordine sono gregari, onnivori, di una voracità spaventosa e molto prolifici. Per questo, gli sciami di cavallette che, in particolari periodi ciclici, invadono le regioni più calde del Mediterraneo possono raggiungere il numero di miliardi di individui, e la loro voracità, provocare danni così rilevanti da essere paragonati a vere e proprie "piaghe bibliche".
MANTIDE RELIGIOSA
Non so quanti maschi, e tra questi ci mettiamo anche il "macho" del genere "homo", accetterebbero di rischiare quello che rischia il maschio della Mantide, per .... un' ora d' amore.
Si sta parlando della Mantide religiosa (22), nome scientifico: Mantis religiosa, insetto abbastanza comune nella zona, anche se di difficile individuazione per una certa forma di mimetismo che l' animale usa per confondersi con la realtà circostante.
Fig. 22 Mantis religiosa, mantide.
Corpo allungato, snello, rivestito da una livrea verde chiara nella forma più comune, ma ne esiste anche una varietà bruna.
Capo mobilissimo, di forma triangolare con un vertice rivolto verso il basso, dove si trova la bocca, e due corte antenne filiformi situate sul lato opposto, tra grandi occhi posizionati agli altri due vertici.
Mantide religiosa, infatti sembra che preghi, ma sarà poi vero? L' insetto, nella posizione di attesa o di riposo, tiene le due zampe anteriori piegate e unite, come due mani giunte nella preghiera. Queste zampe sono molto robuste, compresse lateralmente e munite, sulle creste dei femori e delle tibie, di una doppia fila di spine terminanti con un lungo uncino. La Mantide rimane in....."religiosa attesa" della preda stando, come abbiamo detto, immobile con le zampe giunte. Ma quando questa è a tiro, con una mossa fulminea fa scattare le zampe, estendendo in avanti tibie e femori e, richiudendole subito dopo. Il malcapitato, prigioniero tra questi due articoli richiusisi come tenaglie e impedito nella fuga dalle spine di cui questi sono forniti, non ha più scampo. Infatti, la Mantide, riportando le zampe "raptatorie" (così vengono chiamate le zampe anteriori), in posizione di riposo, verrà a trovarsi proprio davanti alla bocca un... "boccone" al quale è impossibile resistere.
Quanto si diceva, all' inizio di questo paragrafo, sulle "abitudini" della Mantide, è dovuto, più che alla sua voracità o alla sua insaziabilità, al suo continuo bisogno di proteine animali. Appunto per via di questo continuo bisogno di cibo, nella specie si verificano moltissimi casi di cannibalismo e tra questi sono compresi anche episodi di divoramento del "partner".
Infatti, è successo di assistere ad episodi in cui, durante l' accoppiamento la femmina cominciasse a divorare il maschio, (che per un accentuato dimorfismo sessuale è molto più piccolo di lei), prima ancora che il rapporto amoroso avesse avuto termine, iniziando dalla testa mentre gli organi genitali, più in basso, continuavano la loro funzione.
Continuando nella nostra passeggiata, un po' sull' arenile e un po' sulle dune, capita spesso di incontrare alcune piante, caratteristiche di questo areale, come l' Eryngium, l' Echinophora, o la Lavatera arborea, letteralmente ricoperte dalle cimici delle piante.
EMITTERI
Questi insetti (vedi 23), appartenenti all' ordine degli Emitteri, hanno il corpo generalmente depresso, ovverosia schiacciato, il capo è poco mobile e dotato di un apparato boccale a forma di rostro pieghevole verso il basso, le ali anteriori trasformate in semielitre e le antenne costituite da vari articoli, divergenti o molto divergenti tra di loro.
Fig. 23 Pyrrhoris apterus, cimice.
Quasi tutti "puzzano" essendo forniti verso la metà del corpo, di ghiandole in grado di emettere un odore nauseabondo capace di contaminare anche fiori e frutti da essi visitati.
Soffermiamoci a guardarli un minuto, senza toccarli però, a causa del "puzzo", e noteremo che, malgrado tutto, sono belli. Quello che più colpisce, sono i vivaci colori che caratterizzano alcuni di essi, oppure i disegni, che fanno apparire altri, come "maschere africane".
Se ne trovano con il corpo ricoperto da espansioni spinescenti, compresa la base delle antenne, come la Phyllomorpha laciniata lunga una decina di millimetri, oppure, come la Tingide del Pero, (Stephanitis pyri), con il corpo ricoperto da espansioni membranose, traforate come una trina e talmente belle, che sembrano irreali. E' un peccato che per apprezzarlo in tutta la sua bellezza occorra una lente di ingrandimento (l' insetto è lungo appena tre millimetri).
Ma probabilmente il campione dell' eleganza, è il Graphosoma italicum (vedi 24), un Emittero a strisce longitudinali rosse e nere, frequentante le infiorescenze della Carota selvatica Dauchus carota. Spesso, su queste ombrelle, gli insetti sono così numerosi che (sia per la forma a coppa assunta dall' ombrella stessa quando appassice, sia come abbiamo detto per il numero degli insetti presenti), sembra di essere in uno stadio pieno di tifosi milanisti.
Fig. 24 Graphosoma italicum.
Tra i detriti che il mare accumula sulla spiaggia (canne, alghe, lattine, cespugli sradicati dalle piene dei fiumi), ma particolarmente tra la vegetazione della duna, si incontrano anche dei rettili.
RETTILI
E tra questi spiccano i Sauri, rappresentati nella nostra zona dalla la Podarcis sicula o Lucertola campestre, la più comune e il Rogiolo, Lacerta viridis, anch' essa presente ma un po' più rara della prima, un Colubride il Biacco, Coluber viridiflavus, e un Anguide, l' Orbettino o Anguis fragilis
LUCERTOLA
Alcuni, come la Lucertola (vedi 25) campestre, si vedono scomparire veloci tra l' erba lasciando come segno del loro passaggio un' effimera traccia sulla sabbia, di altri si indovina il passaggio, proprio dall' impronta lasciata.
Fig. 25 Lacerta viridis, lucertola.
Anni addietro era possibile incontrare anche piuttosto frequenemente la Biscia dal collare, da noi conosciuta come "Serpe botraccia" (da botro, fosso), scientificamente Natrix¬natrix, però la zona umida e acquitrinosa che allora caratterizzava questa parte di retroduna e permetteva il proliferare di Rane e Rospi, alimento primo di questo rettile, ora è scomparsa e questa situazione ha costretto la Biscia a procurarsi altre zone di caccia.
BISCIA DAL COLLARE
L' incontro con la Biscia, rettile assolutamente inoffensivo, è quanto meno singolare, che vale la pena descriverlo. Il rettile se molestato, e molto spesso anche prima di asserlo, tenta di fuggire. Se la fuga non è possibile, la Biscia si rivolta verso l' intruso spalancando la bocca soffiando e sibilando, dardeggiando la lingua e muovendo il collo avanti e indietro, tutto per spaventare l' assalitore. Contemporaneamente, se la situazione di pericolo persiste, emette tramite due ghiandole situate nella "cloaca", una sostanza estremamente fetida e puzzolente, rigettando anche il cibo assunto da poco. Se l' assalitore insiste ancora e, il rettile si accorge che per lui non c' è scampo, allora spalanca la bocca, lascia penzolare la lingua, ruota le pupille e, tremando violentemente si rivolta a "pancia all' aria" immobilizzandosi e fingendosi morto. Questa morte, solo apparente, può indurre l' assalitore a desistere dai suoi propositi bellicosi. E' questo il momento che "il morto" aspettava, un attimo di disattenzione è sufficiente perché il "rettile" si riprenda e scompaia facendo perdere le tracce.
Allevare Biscie in terrario è abbastanza semplice, basta disporre di una vasca adatta allo scopo e di un allevamento di Rane o Rospi per alimentarle. Vanno bene anche piccoli pesci di acqua dolce, purché tutte queste prede siano vive.
Chi scrive ha allevato personalmente due Natrix per quasi due anni, ma non disponeva di allevamenti di Anfibi. Tutto andò bene fino a quando potei catturare delle Rane, però le cose si complicarono durante il periodo invernale, quando Rane e Rospi scomparvero. Venni a conoscenza che tali rettili si possono nutrire anche artificialmente forzandoli ad alimentarsi con cuori di pollo. Procurarsi i cuori non era difficile, il difficile era convincere le Biscie ad accettarli, però dovevo provare. Lasciare liberi i rettili in periodo invernale neppure da pensarlo, voleva dire farli morire di fame o assiderati.
Presi dei cuori di pollo e, dopo averli ripuliti dai residui di grasso che li rivestivano, li introdussi nelle fauci delle Biscie, spingendoli in fondo alla gola con un dito.
In decine e decine di volte che ho provveduto a questa incombenza, i rettili non hanno mai reagito, né cercando di mordere quando venivano alimentati, né attaccando quando tentavo di prenderli. Comunque l' anno dopo, nel mese di Settembre, le lasciai libere.
Una volta mi capitò di trovare sulla spiaggia anche un esemplare di Vipera aspis, un "Aspide", nome con il quale è più comunemente conosciuta.
Questi rettili che molto difficilmente si incontrano sulla spiaggia, era arrivato fin lì trasportato sicuramente dalla piena, seguita ad un violento temporale estivo, all' interno di qualche fascio di canne o di qualche cespuglio sradicato sull' argine del fiume, e l' incontro, anche se per natura non temo questi rettili, non fu gradito.
UCCELLI DI RIPA
Fino alla tarda Estate e spesso, se la stagione lo consente, fino agli ultimi giorni di Ottobre, lo si vede correre velocemente lungo la battigia. Si ferma, introduce il becco nella rena, ancora bagnata dall' ultima onda e riparte. Difficilmente si lascia spaventare, anzi pare quasi indifferente alla presenza dell' uomo, e spesso è così fiducioso che si lascia avvicinare fino a un metro o poco più. Poi vola via, rapido, con un frullo e un verso a metà tra il grido e il fischio.
Si vogliono ricordare tutti quegli uccelli di piccola o media taglia, i cosiddetti uccelli "limicoli" o, uccelli di ripa (si nutrono di piccoli animaletti granchiolini o vermi nascosti tra la sabbia o i ciottoli della riva), come i Piovanelli, i Gambecchi, i Frullini i Piro¬piro (vedi 26).
Fig. 26 Piro piro.
Sono animali sicuramente monogami e, anche vivendo in piccoli branchi di una decina di individui, la coppia si tiene sempre unita. Infatti se uno dei due viene abbattuto, il compagno tenterà di soccorrerlo volandogli intorno, posandoglisi accanto e richiamandolo con delle grida acute che, in quella circostanza, più che grida di richiamo, paiono grida di terrore.
MEDUSE
Non capita tutti gli anni né su tutte le spiagge, né quando capita succede sempre con la stessa intensità, ma può accadere di trovare la spiaggia, in particolare l' arenile e il mare in prossimità di questo, colorata di azzurro e invasa da migliaia, milioni di piccoli esseri cartilaginei trasportati dal vento e dalle onde.
VELELLA
Sono Celenterati conosciuti comunemente come Velelle (Velella spirans), molto simili alla Caravella portoghese (Physalia physalis), piccole Meduse appartenenti all' ordine dei Sifonofori, sottordine dei Disconanti. Sono però nomi troppo difficili da tenere a mente, meglio dire: Meduse.
Costituite da piccoli dischi di consistenza chitinoso-cartilaginea di forma ovale, sormontati da una piccola vela triangolare sempre della stessa sostanza, questi animali nascono a grandi profondità, da un piccolo uovo e, per la presenza di gocce lipidiche (grassi), più leggere dell' acqua, contenute nell' embrione risalgono verso la superficie sulla quale galleggiano e si muovono trasportati dal vento o dalle correnti. Una volta raggiunta la superficie dell' acqua non possono più immergersi, impediti anche da piccole camere d' aria che si formano in seguito alla metamorfosi della larva in individuo adulto.
A volte la proliferazione di questi animali è tale che la spiaggia viene ricoperta da milioni di individui, spinti a riva dalle onde e che formano ammassi lunghi anche chilometri.
Nell' Atlantico, alcuni anni fa, durante una ricerca scientifica, una nave oceanografica avvistò un banco di Velelle largo più di mille metri e lungo 260 chilometri.
Per fortuna il contatto con questi animali non è pericoloso. Per chi avesse la sventura di capitare in mezzo ad un banco di Velelle, tolta una sensazione di viscido che può causare il contatto con l' animale, la Velella non provoca altro danno. Pericolosa invece, ma per fortuna molto meno frequente, è la Caravella portoghese la quale dispone di tentacoli lunghi anche 50 metri, forniti di numerose capsule urticanti.
Nella stessa maniera in cui si possono incontrare le Velelle, sulla spiaggia si incontrano anche le Meduse, cugine di queste, ma molto più pericolose. Quando una forte mareggiata le spinge a riva, il pericolo, se non commettiamo la sciocchezza di prenderle in mano, è passato, ma se l' incontro avviene in mare, il discorso cambia.
COTILORIZA
Due sono le specie di Meduse che si possono incontrare più frequentemente sulle nostre spiagge. A volte è una specie di oltre 20 centimetri di diametro, con ombrello piatto, rassomigliante ad un "uovo al tegamino", e tanti tentacoli corti, e tozzi colorati verso l' esterno in blu-violetto, la Cotylorhiza tubercolata.
PELAGIA NOCTILUCA
Più spesso il mare e la spiaggia sono letteralmente invasi per lunghi tratti dalla Pelagia noctiluca (vedi 27), Medusa tristemente nota ai bagnanti che hanno la sventura di capitare nel raggio d' azione dei suoi tentacoli. Costituita da una massa gelatinosa a forma di ombrello, non più di 8-10 centimetri di diametro, colore variabile dal porpora al bruno, fornita di otto tentacoli colorati e molto elastici, capaci di inusitati allungamenti diventando così invisibili e pericolosi. Ed è quest' ultima capacità che rende questa specie temibile e rischiosa. Essendo questi tentacoli,come già detto, praticamente invisibili, il contatto, può avvenire anche a notevole distanza dall' animale stesso e può provocare delle ustioni lineari che finiscono col causare formazioni di bolle e conseguenti attacchi febbrili.
Fig. 27 Pelagia noctiluca, medusa.
Ma una passeggiata sulla spiaggia, specialmente dopo una giornata di "Libeccio" o un discreto vento di "Maestrale", è spesso l' occasione per incontri davvero singolari.
I "Cirripedi" sono dei piccoli crostacei anche se, a prima vista, si potrebbero scambiare per molluschi come "Gasteropodi" o "Bivalvi".
BALANI
Questi animali, sono i "Balani" (vedi 28), Balanus balanus, (normalmente stanno attaccati agli scogli), conosciuti dai pescatori come "Denti di cane", ma che troveremo abbarbicati a canne, pezzi di legno, ossi di Seppia, tappi di sughero e persino a qualche bottiglia di plastica.
Fig. 28 Balanus balanus, balano.
LEPAS ANATIFERA
Un altro crostaceo si incontra spesso sulla spiaggia, anche questo attaccato ai più disparati sostegni, la Lepas anatifera (vedi 28), Il nome della specie è dovuto alla somiglianza di questo crostaceo con piccole Anatre, in particolare le "Oche dalla faccia bianca". Infatti, in epoche abbastanza lontane, ma non troppo, si parla del periodo medievale era credenza diffusa che da queste singolari creature, nascessero le "Oche dalla faccia bianca". Questa credenza era così radicata che religiosi inglesi del XII secolo non si facevano scrupolo di mangiare le vere "Oche" nei periodi di astinenza, sostenendo che non erano fatte di carne ma appartenevano al regno marino.
Fig. 29 Lepas anatifera.
La passeggiata che abbiamo intrapreso insieme, è terminata. Non rimane che salutarci ed augurarci che quanto abbiamo visto, o le notizie apprese, siano utili per indagini e ricerche più approfondite ed accurate.

 

 

 

 

 

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