Jacques-Louis David vita e opere

 

 

 

Jacques-Louis David vita e opere

 

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Jacques-Louis David vita e opere

 

Jacques-Louis David (1748-1825)
Dopo un apprendistato presso il pittore tardo-rococò Vien, si recò a Roma nel 1775 avendo vinto il Prix de Rome. Il Prix de Rome era una borsa di studio che l’Accademia di Francia assegnava ai giovani artisti più promettenti per consentire loro un periodo di soggiorno e di studio nella città eterna. Il David si trattenne a Roma fino al 1780. Qui ebbe modo sia di conoscere le teorie artistiche del Winckelmann, sia di studiare l’arte antica e rinascimentale. Predilesse le pitture di storia, utilizzando episodi classici da proporre come «esempi di virtù» al mondo contemporaneo. Infatti il suo fu un neoclassicismo di grossi contenuti etici e virili che egli opponeva alle mollezze ed effeminatezze del mondo rococò.
In un suo secondo soggiorno romano, nel 1784, dipinse «Il giuramento degli Orazi» che gli diede notevoli successi. Per le sue idee e temperamento partecipò attivamente alla Rivoluzione Francese e al periodo napoleonico, producendo sempre quadri storici (anche quando raffiguravano eventi a lui coevi) ma dai contenuti di stringente appello civile. Quadri come «Il giuramento della pallacorda» (1790-91), rimasto incompiuto, la «Morte di Marat» (1793), «Le Sabine» (1799), «Bonaparte valica il Gran San Bernardo» (1800), «Incoronazione di Napoleone» (1805-07). Dopo la Restaurazione, David concluse la sua vita a Bruxelles dedicandosi alla pittura di soggetti mitologici, allineandosi a quel gusto di accademismo neoclassico che proseguì per tutto l’Ottocento, ma che nella storia classica e n
ella mitologia non cercava più alcuna finalità etica.
 Il giuramento degli Orazi, 1784
Il giuramento degli Orazi è di certo il quadro neoclassico più famoso e quello che meglio sintetizza le nuove concezioni artistiche di David. L’immagine è costruita con perfetto equilibrio, con linee nette e colori freddi. La scena è collocata in un ambiente di severa e spartana solidità. L’ambiente è raffigurato secondo i principi della prospettiva centrale. Ciò dà un senso di equilibrio orizzontale che accentua la solennità del momento rappresentato. Il quadro si divide idealmente in tre riquadri distinti, segnati dai tre archi a tutto sesto dello sfondo. Nel primo riquadro ci sono i tre fratelli Orazi. Sono visti di scorcio così che sembrano quasi formare un corpo solo. Hanno le gambe leggermente divaricate in avanti, il braccio proteso. I loro lineamenti sono tesi, le espressioni sono concentrate: esprimono tutta la determinazione che li porta a sacrificare la loro vita per la patria. Al centro, nel secondo riquadro, c’è il padre. Ha un aspetto solenne. Ha in mano le tre spade che sta per consegnare ai figli dopo aver raccolto il loro giuramento. L’altra mano è sollevata in alto, a simboleggiare la superiorità del principio per il quale vanno a combattere: la difesa della patria e delle loro famiglie. Nel terzo riquadro ci sono le moglie degli Orazi con due figli. Sono accasciate ed addolorate anche se non compiono gesti di teatrale disperazione. Non piangono neppure. La loro sofferenza è intensa ma composta. Sopportata con grande dignità, perché comprendono la necessità del sacrificio dei loro uomini.
Il soggetto storico è qui utilizzato con un unico contenuto: l’esaltazione dell’eroismo. Eroi sono coloro che volontariamente scelgono di mettere a rischio la propria vita per il bene comune dei propri familiari e della propria terra. L’eroe, in questo quadro, ha caratteri di intensa virilità che contrastano con i molli caratteri dei tanti damerini che affollavano la società aristocratica del Settecento. Ma non è un attributo solo degli uomini. Eroiche sono anche le donne che devono pagare il prezzo del dolore. La differenza psicologica dei personaggi viene resa in forme visibile dalle loro pose: diritte e tese le linee che formano gli uomini, curve e sinuose le linee che disegnano le donne.
Rispetto alla pittura rococò, che cercava la sensualità della visione con colori tonali, luci calde e ombre accoglienti, la pittura di David si mostra al contrario fortemente idealizzata. La luce che illumina la scena è netta e tagliente, le forme sono disegnate con grossa precisione, il rilievo dei corpi è affidato al più classico del trattamento chiaroscurale. Nulla deve essere seducente per l’occhio o i sensi. L’immagine deve invece colpire la coscienza dell’osservatore. Non deve offrirgli consolanti sensazioni estetiche ma deve smuovergli il cuore. Deve richiamarlo a valori forti. Valori come l’eroismo. Valori tanto necessari in una fase storica come questa in cui la società francese si prepara a quella rivoluzione destinata a cambiare il corso della storia europea.
Il richiamo all’eroismo è il grande contenuto di questo quadro. Un contenuto etico. Un contenuto forte. E, per far ciò, il David abbandona del tutto quella sensazione di attimo fuggente che caratterizza tutta la pittura del Settecento rococò. Egli sceglie di rappresentare la vicenda secondo la tecnica del momento pregnante. Il momento eterno. Quel momento in cui la coscienza cambia per sempre per una scelta che non può più farci tornare indietro. Quel momento da consegnare per sempre alla storia.
Il quadro di David fu realizzato a Roma e poi trasportato a Parigi. Il successo che ebbe fu immenso e decretò la fama di David. La data della sua esecuzione, a soli quattro anni dallo scoppio della Rivoluzione Francese, fanno sì che questo quadro ben rappresenti il clima prerivoluzionario della Francia. Un clima in cui, anche grazie ai quadri di David, si avvertiva la necessità di un ritorno ai valori etici forti che avrebbero consentito ai francesi il sacrificio di tante vite umane pur di affermare i nuovi valori di libertà, uguaglianza e fraternità.
Il David ha utilizzato la storia classica per altri quadri simili a questo. Ricordiamo «Belisario riconosciuto» (1781), «Il dolore di Andromaca», «Le Termopili», «I Littori portano a Bruto i corpi dei suoi figli» (1789), e «Il Ratto delle Sabine» (1799). Ma in nessuno di questi quadri David riesce a raggiungere un uguale livello di comunicatività e di sintesi tra contenuto e forma. Nelle sue altre opere di soggetto storico si avverte un’ispirazione più di maniera ed una eccessiva teatralità scenica che stemperano l’emozione che l’immagine vuole trasmettere.
I littori riportano a Bruto i corpi dei suoi figli, 1789
Il quadro rappresenta un episodio della storia romana. Bruto, ritratto in primo piano sulla sinistra, condannò i propri figli a morte perché colpevoli di tradimento contro la patria. Dietro la sua figura, che ricorda il ritratto etrusco chiamato «Bruto capitolino» conservato a Roma, si vedono i littori che riportano i corpi dei figli di Bruto. Sulla sinistra il gruppo delle donne, madre e sorelle delle vittime, si disperano per l'accaduto. Anche questo quadro, come il «Giuramento degli Orazi» sfrutta un episodio della storia romana per proporre un concetto etico: il valore della patria è un valore supremo, superiore anche all'affetto che un padre prova per i propri figli. In realtà, per la crudezza quasi spietata dell'episodio, ed anche per una composizione formale meno controllata e compatta, il quadro risulta meno emozionante e coinvolgente rispetto al «Giuramento».

La morte di Marat, 1793

Se il giuramento degli Orazi è di certo il quadro neoclassico per eccellenza, la morte di Marat è il quadro che più di ogni altro dà immagine al dramma della Rivoluzione Francese. Anche qui il contenuto del quadro è l’eroismo, ma nel doloroso prezzo che tale scelta impone: il sacrificio della propria vita.
La Rivoluzione Francese era scoppiata nel 1789. Dopo la deposizione della monarchia si ebbe in Francia un periodo di grossa instabilità politica, caratterizzata da un periodo violento e sanguinoso. Tra i protagonisti di questa cruenta fase della Rivoluzione, che culminò con la condanna e l’esecuzione del re Luigi XVI, ci fu anche Jean-Paul Marat. L’uomo politico fu assassinato nel 1793 da Carlotta Corday. Marat, che soffriva di dolori reumatici, trascorreva la maggior parte del suo tempo immerso in una vasca con l’acqua calda. Carlotta Corday lo sorprese mentre era nella vasca, e lo pugnalò con un coltello.
David, che era amico di Marat, ricordò la sua morte con un quadro che divenne immediatamente famoso. L’artista voleva esaltare le virtù eroiche di Marat e, nel contempo, rendere emozionante e densa di significato la sua morte. Scelse così, come «momento pregnante», non il momento in cui venne assassinato, ma il momento successivo in cui il corpo inanimato ci mostra tutta la cruda realtà della morte. Marat è solo. Il quadro nella parte superiore è completamente vuoto e scuro. Nella parte inferiore ci mostra il corpo in tutta la solitudine e il silenzio della morte. Tutta la composizione è giocata su pochissimi elementi rappresentati con linee orizzontali e verticali. Marat, nel momento in cui fu assassinato, stava rispondendo ad una donna che gli aveva scritto perché era in difficoltà finanziarie. Marat, pur non essendo ricco, le stava inviando un assegno che si intravede sul piccolo tavolino affianco al calamaio. Il particolare è da David volutamente inserito nel tessuto narrativo della scena per sottolineare come Marat fosse una persona di animo generoso. Il coltello, usato dalla donna, è a terra sporco di sangue. Marat ha ancora in una mano la lettera e nell’altra la penna per scrivere. Questo braccio, che ricorda il braccio del Cristo nel quadro della Deposizione di Caravaggio, è abbandonato a terra, creando l’unica linea diagonale della scena. La testa, appoggiata sul bordo della vasca, è reclinata così da mostrarci il viso di Marat.
Tutto il quadro ispira un silenzio che non può essere rotto in alcun modo. Esso rimane come la testimonianza più lucida e commovente di quel periodo del Terrore che avrebbe portato al sacrificio di tante vite umane.

IL ratto delle Sabine, 1794-99

«Le Sabine» è un quadro che viene concepito e realizzato subito dopo il «Giuramento degli Orazi» e ne prosegue il fortunato filone. L'episodio leggendario di storia romana rievocato è in questo caso il ratto delle Sabine. Il popolo romano, nei primi tempi della loro storia, era formato soprattutto da uomini, e ciò pregiudicava ovviamente la possibilità di riprodursi. Cercarono quindi di procurarsi delle donne rapendole al vicino popolo dei Sabini. Quando questi si resero conto dell'accaduto, mossero guerra ai romani. La guerra fu tuttavia scongiurata dall'intervento pacificatrice proprio delle donne rapite, che riuscirono a riportare la pace acconsentendo ad un unione matrimoniale con i romani. L'episodio, in questo caso,  tende a dare alla donne il ruolo anch'esse di protagoniste della storia, soprattutto quali elementi che tendono alla pace, donne che invece nei quadri precedenti, quali «Il Giuramento» o «Il Bruto», subivano i dolorosi lutti provocati dalle necessità di stato.

 

Fonte: http://www.blocconote.it/alisce/scuola/arte/DAVID.doc

Sito web : http://www.blocconote.it/alisce/scuola.asp

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