Idrogeno caratteristiche e utilizzi
Idrogeno caratteristiche e utilizzi
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SINTESI DELL’IDROGENO, MISURE ED UTILIZZI
L'idrogeno è l'elemento più leggero della tavola periodica. In condizioni ambientali è un gas con molecola BIATOMICA di formula H2.
Vediamo quali sono le sue caratteristiche:
- Gas inodore, incolore ed insapore
- Difficilmente reperibile
- Piccole quantità nelle emanazioni vulcaniche
- Essendo leggero “galleggia” sugli altri gas
- Si trova negli strati più alti dell'atmosfera
- Esiste soprattutto combinato con l'ossigeno
- Acidi, idrossidi e composti organici
- E' l'elemento più diffuso dell'universo
- Costituente fondamentale delle stelle dove si trasforma in elio
Sul sole, in seguito alla fusione nucleare, i nuclei di idrogeno si trasformano in nuclei di elio, con sviluppo di energia luminosa e termica (energia solare).
L’atomo di idrogeno:
- Ha numero atomico Z=1
- Possiede un protone nel nucleo
- Possiede un elettrone sull'orbitale s
- Possiede 3 isotopi (prozio, deuterio e trizio)
Vediamo quali sono i COMPOSTI BINARI DELL’IDROGENO:
- Si combina con elementi più elettronegativi, come per esempio gli ALOGENI, formando i corrispondenti idracidi in cui assume carica +1;
- Acido fluoridrico HF
- Acido cloridrico HCl
- Acido bromidrico HBr
- Acido iodidrico HI
- Si combina con elementi meno elettronegativi, come per esempio i metalli, formando i corrispondenti IDRURI in cui presenta carica -1.
- Idruro di sodio NaH
- Idruro di litio LiH
- Idruro di potassio KH
- Idruro di calcio CaH2
Nelle reazioni di ossido-riduzione (REDOX) si ha che:
- L'idrogeno perde facilmente l'elettrone, per questo si dice che è un buon riducente.
- Gli ossidi dei metalli vengono RIDOTTI con idrogeno
- Esempio di redox in cui l’idrogeno fa da RIDUCENTE:
CuO (s) + H2 (g) → Cu(s) + H2O(l)
L’idrogeno si comporta anche da combustibile:
- L'idrogeno è un ottimo combustibile in quanto in presenza di ossigeno brucia formando acqua e sviluppando molto calore
- Combustione dell’idrogeno (ovvero la SINTESI DELL’ACQUA):
H2 (g) + O2 (g) → 2 H2O(g)+ calore
METODI DI PRODUZIONE DELL’IDROGENO
In laboratorio si sfruttano reazioni di semplice realizzazione pratica che permettono di ottenere idrogeno molto puro:
Zn (s) + 2 HCl → ZnCl2 + H2 (g)
Zn (s) + H2SO4 → ZnSO4 + H2 (g)
2 Na (s) + 2 H2O(l) → 2 NaOH(aq) + H2
PRODUZIONE DI IDROGENO CON L'APPARECCHIO DI KIPP
L'apparecchio di Kipp, concepito dal chimico olandese Petrus Kipp nell' '800, permette in generale di ricavare in gran quantità i vari gas che si sviluppano sfruttando un'opportuna reazione chimica tra una soluzione acquosa acida e un solido (per l'idrogeno metallo + acido) insolubile, anche se in realtà un simile apparato viene usato principalmente per ottenere idrogeno o acido solfidrico. L'apparecchio di Kipp è formato da tre settori, 1, 2 e 3. Gli ambienti 2 e 3 sono in comunicazione tra di loro, così come i settori 1 e 3. In 2 vengono inseriti dei grani di zinco o ferro, se si vuole ottenere idrogeno gassoso, oppure dei pezzi di solfuro ferrico se il prodotto cercato è l'acido solfidrico. Nella sfera 1 viene versata una soluzione di acido cloridrico al 20 - 25% (ma un qualsiasi altro acido forte va ugualmente bene, purché se ne consideri il costo e la pericolosità) fino a che questo non sommerge completamente il solido entro la zona 2. Quando il rubinetto collegato con il recipiente 2 è chiuso, allora la pressione dell'idrogeno che si sviluppa in base alla reazione
Zn + 2HCl => ZnCl2 + H2
spinge la soluzione acida verso il basso fino a svuotare completamente la sezione 2. Ciò produce l'arresto della reazione chimica. Se invece o l'idrogeno o l'acido solfidrico prodotti vengono estratti dall'apparecchio, la soluzione di acido cloridrico non scende e la reazione continuerà senza sosta fino a che non si sarà consumata tutta la carica di metallo o di solfuro di ferro II o di solfuro di zinco.
METODI INDUSTRIALI DI PRODUZIONE DELL'IDROGENO
Nell’industria si sfruttano due processi: l'azione del vapor acqueo sul carbone rovente e la reazione tra l'acqua e gli idrocarburi ad alte temperature:
STEAM REFORMING cioè vapor acqueo su carbone rovente
C (s) + H2O(g) → CO(g) + H2 (g)
STEAM REFORMING di idrocarburi
CH4(g) + 2 H2O(l) → CO2 (aq) + 4 H2 (g)
SCHEMA DI IMPIANTO DI STEAM REFORMING
PRODUZIONE DI IDROGENO NELLE
CENTRALI NUCLEARI DI IV GENERAZIONE
PRODUZIONE BIOLOGICA DELL’IDROGENO
Una via alternativa promettente, a livello di ricerca di base, è la produzione biologica di idrogeno che sfrutta processi legati a micro-organismi come i batteri rossi, ciano-batteri e micro-alghe.
Questi microrganismi sono capaci di sfruttare una via metabolica che porta alla produzione di idrogeno, sfruttando fonti diverse.
Le micro-alghe producono idrogeno utilizzando come substrato principale acqua e luce, il processo viene chiamato bio-fotolisi.
L'acqua viene utilizzata come fonte di elettroni e protoni (H+), mentre la luce fornisce l'energia necessaria per far avvenire il processo, secondo la reazione:
2H+ + 2e- + luce → H2
Sebbene questo sia reputato il metodo più pulito ed efficiente, lo studio e la comprensione di tutti i processi coinvolti nella bio-fotolisi sono ancora a livello di ricerca di base.
Un altro problema piuttosto importante per l'applicabilità di questo processo sono i tassi di produzione di idrogeno, finora molto bassi.
PRODUZIONE DI IDROGENO PER ELETTROLISI
Si possono attuare le elettrolisi di soluzioni di acido solforico, idrossido di sodio, idrossido di potassio: in questi casi oltre all'idrogeno si ottiene ossigeno.
Nel nostro stand utilizziamo questo metodo di produzione a partire da una fonte di energia rinnovabile e cioè dal sole.
Un pannello solare viene collegato, trami un opportuno circuito elettrico, al VOLTAMENTRO DI HOFFMANN allo scopo di produrre idrogeno tramite l'energia solare. Ma vediamo un inserto sulle CELLE FOTOVOLTAICHE, responsabili della conversione dell'energia luminosa in energia elettrica.
CELLA FOTOVOLTAICA
La conversione della radiazione solare in una corrente di elettroni avviene nella cella fotovoltaica, un diodo di grande superficie costituito da una sottile fetta di materiale semiconduttore, molto spesso silicio, opportunamente trattata. Tale trattamento è caratterizzato da diversi processi chimici, tra i quali si hanno i cosiddetti “drogaggi”. Inserendo nella struttura cristallina del silicio delle impurità, cioè atomi di boro e fosforo, si genera un campo elettrico e si rendono anche disponibili le cariche necessarie alla formazione della corrente elettrica. Questa si crea quando la cella, le cui due facce sono collegate ad un utilizzatore, è esposta alla luce. L’energia che si può poi sfruttare dipende dalle caratteristiche del materiale di cui è costituita la cella : l’efficienza di conversione per le celle commerciali al silicio è in genere compresa tra il 13% e il 20 %. In pratica la tipica cella fotovoltaica ha uno spessore complessivo compreso tra 0,25 e 0,35 mm ed è costituita da silicio mono o policristallino. Essa, generalmente di forma quadrata, misura solitamente 125x125 mm e produce, con un irraggiamento di 1 kW/mq ad una temperatura di 25°C, una corrente compresa tra i 3 e i 4 A e una tensione di circa 0,5 V, con una potenza corrispondente di 1,5 - 2 Wp.
La caratteristica di una cella fotovoltaica è funzione di tre variabili fondamentali: intensità della radiazione solare, temperatura e area della cella:
- L'intensità della corrente varia in modo proporzionale al variare dell'intensità dell'irraggiamento, crescendo al crescere di questa.
- La temperatura non ha un effetto significativo sul valore della corrente, al contrario, esiste una relazione di proporzionalità tra questa e la tensione cioè diminusce la tensione al crescere della temperatura.
- L'area della cella non ha alcun effetto sul valore della tensione viceversa esiste una diretta proporzionalità tra questa e la corrente disponibile.
I processi di produzione delle celle fotovoltaiche sono diversi a seconda del tipo di cella che s’intende realizzare. Le differenze maggiori si hanno nella formazione della fetta di silicio, denominata “wafer”, che è la struttura principale sulla quale verranno eseguiti diversi trattamenti, specialmente di natura chimica, che porteranno alla creazione della vera e propria cella.
Il wafer di monocristallo si produce con il metodo Czochralsky , basato sulla cristallizzazione che si origina immergendo un “seme” di materiale molto puro nel silicio liquido; viene poi estratto e raffreddato lentamente per ottenere un “lingotto” di monocristallo, che avrà forma cilindrica (da 13 a 30 cm di diametro e 200 cm di lunghezza). Il lingotto verrà drogato P mediante l’aggiunta di boro e poi affettato in wafer aventi uno spessore compreso tra i 250 e i 350 micrometri.
Il wafer di policristallo si origina invece dalla fusione e successiva ricristallizzazione del silicio di scarto dell’industria elettronica (“scraps” di silicio, come avviene anche per il wafer di monocristallo). Da questa fusione si ottiene un “pane” che viene tagliato verticalmente in lingotti con forma di parallelepipedo. Un successivo taglio orizzontale porta alla creazione di fette aventi uno spessore simile a quello delle celle di monocristallo (250 - 350 micrometri). Rispetto al monocristallo, il wafer di policristallo consente efficienze comunque interessanti a costi inferiori. Perché il wafer diventi una vera e propria cella fotovoltaica, occorre (sia per il mono che per il multicristallo) “pulirlo” mediante un attacco in soda e introdurre nel materiale atomi di fosforo (è il drogaggio di tipo N), affinché si realizzi la “giunzione p-n” .
E' proprio la GIUNZIONE P-N la zona in cui ha origine il flusso di elettroni che dà origine alla corrente elettrica.
PRODUZIONE CHIMICA DI IDROGENO
A PARTIRE DALL’ALLUMINIO IN AMBIENTE BASICO
Un sistema amatoriale per produrre una mediocre quantità di idrogeno utilizzando dei prodotti di facile recupero è quello che sfrutta la reazione della soda caustica NaOH sciolta nell'acqua con l'alluminio. Maggiore è la superficie del metallo esposta alla soluzione, maggiore sarà la velocità del processo; nel caso l'alluminio sia polverizzato, la reazione assumerà un carattere violento e quasi esplosivo. Il processo si svolge secondo la seguente equazione chimica:
2 NaOH + 2 Al + 2H2O → 2 NaAlO2 + 3 H2
Essendo esotermica, comporta una notevole produzione di calore, ne consegue quindi una produzione non indifferente di vapore acqueo, che il più delle volte deve essere eliminato utilizzando un elemento igroscopico come il cloruro di calcio, o per mezzo della semplice condensazione. Oltre all'idrogeno, viene prodotto anche un secondo composto, l'alluminato di sodio. In pratica, circa 80 g di NaOH si combineranno con 54 g di alluminio per dar luogo a 67,2 l in condizioni normali.
PRODUZIONE CHIMICA A PARTIRE DAGLI IDRURI
Un'altra reazione impiegabile è la seguente: NaBH4 + 2H2O → NaBO2 + 4 H2
Il sodio-boro-idruro NaBH4 è un idruro misto (cioè contiene 2 metalli), che reagisce lentamente con l'acqua per liberare 4 moli di idrogeno per ogni mole di composto a temperatura ambiente. In condizioni appropriate vengono liberati 0,213 g di idrogeno per 1 g di sodio-boro-idruro, ovvero 2,37 litri (gas a STP) per mole di composto. A temperature ordinarie, una volta messi a contatto NaBH4 e acqua, viene liberato dalla reazione solo un piccolo quantitativo dell'ammontare teorico d'idrogeno ricavabile dalla reazione. La diminuzione nella velocità iniziale di evoluzione dell'idrogeno è dovuta alla crescita del pH della soluzione che è causata dalla formazione degli anioni basici metaborato. A 298 K la variazione di entalpia (condizioni standard) della reazione d'idrolisi è pari a -217 kJ quindi la reazione è esotermica. Quando si utilizza il sodio-boro-idruro per produrre idrogeno è auspicabile che la reazione sia sufficientemente veloce da soddisfare i bisogni del sistema nel quale il gas viene impiegato. L'idrolisi viene quindi accelerata impiegando dei catalizzatori.
PRODUZIONE DALLA FOTOLISI DELL’ACQUA
Per fotolisi si intende la separazione dell’acqua nei suoi elementi grazie all’energia luminosa.
Nel 2006, la rivista Science ha pubblicato lo studio di un gruppo di ricerca internazionale che ha messo a punto una tecnica spettrografia ai raggi X e cristallografia per fotografare la fotolisi dell'acqua, premessa per lo sviluppo di tecnologie che usano la luce solare per la divisione dell'acqua e la produzione di idrogeno da fonti rinnovabili. La tecnica ha permesso di osservare i passaggi della reazione di ossidazione dell'acqua, legami atomici e molecolari, gli scambi tra catalizzatore e proteina. Il catalizzatore scoperto è stato chiamato "Photosyntesis 2" ed è una molecola di 4 atomi di manganese e uno di calcio.
USI DELL’IDROGENO
- Come combustibile nelle industrie chimiche
- Propellente nei missili e nei razzi vettori
- Combustibile nella fiamma ossidrica
- Per idrogenare idrocarburi nell'industria delle benzine
- Materia prima dell'industria chimica, per esempio per la sintesi dell'ammoniaca o dell'acido cloridrico
- Nell'industria dei grassi per idrogenare gli oli ed ottenere così le margarine
- COME VETTORE ENERGETICO
IDROGENO NELLA PILA A COMBUSTIBILE
H2 (g) + 1/ 2 O2 (g) → H2O(g)+ calore
Il calore liberato corrisponde a 285,8 kJ per ogni mole di acqua prodotta in condizioni standard ovvero a 25°C e 1 ATM di pressione.
CELLULARE A IDROGENO
Il primo prototipo sperimentale è il Motorolo SLVR L7 che pare abbia già superato la prima fase del test. L’energia per la ricarica della batteria viene ricavata dalla Angstrom Micro Hydrogen platform, ovvero una cella a combustibile che utilizza, appunto, l’idrogeno. Finora la sperimentazione non ha richiesto ulteriori modifiche al dispositivo, il che fa ben presagire.
AUTO A IDROGENO
L’uso dell’idrogeno liquido, così come lo sta sperimentando il costruttore BMW, è ben conosciuto, motori del genere sono stati messi a punto sin dagli anni Trenta. Comporta il non trascurabile vantaggio di avere un’automobile pressoché identica a quella che conosciamo, per modo di funzionamento e prestazioni. Il grosso interrogativo riguarda il trasporto del carburante, che va in pratica "congelato" a 253 gradi sotto zero. Operazione che richiede un grosso dispendio energetico e soprattutto pone non poche incognite sul piano della sicurezza: anche se la Bmw ha esibito serbatoi testati per resistere a ogni genere di collisione e di inconveniente, un’esplosione avrebbe conseguenze devastanti. E’ ben vero che la benzina di per sé è tutt’altro che sicura, ma quello del suo incendio sembra essere un rischio con cui siamo ormai abituati a convivere.
L’alternativa, si diceva, sono le fuel cell, sorta di batterie chimiche capaci di produrre corrente elettrica combinando l’idrogeno (sempre lui) con l’ossigeno dell’aria. In questo caso a spingere la vettura non sarebbe più il nostro vecchio caro motore a pistoni, ma un ben più efficiente motore elettrico. Qui il problema dello stoccaggio dell’idrogeno potrebbe essere aggirato producendolo direttamente a bordo, ma a partire, ahimé, ancora una volta da un combustibile fossile, il metano o il metanolo. Che peraltro verrebbero utilizzati in quantità ben inferiori rispetto all’impiego diretto come carburanti, e dunque con un secco taglio agli odierni fiumi di CO2. Del resto anche la produzione industriale di idrogeno liquido, così come avviene oggi, parte da derivati del petrolio, e dunque allo stato attuale delle cose neppure la prima soluzione annullerebbe del tutto l’immissione di anidride carbonica nell’atmosfera.
MOTO A IDROGENO
Il prototipo della Società Intelligence Energy è perfettamente funzionante ed è composto da una cella di propulsione separabile dalla struttura e utilizzabile anche per altri scopi, come per esempio spingere una piccola vettura, un'imbarcazione ecc.
La moto è molto silenziosa, per avere un'idea la sua rumorosità è paragonabile a quella di un personal computer, inoltre le emissioni inquinanti sono nulle. E' proprio la rumorosità che fa venire qualche dubbio sia ai centauri, abituati da sempre a sentire il rombo del motore, che agli addetti alla sicurezza stradale che sostengono che il rumore delle moto, anche se sgradito, avverte i pedoni del sopraggiungere del veicolo, pertanto è aiuto alla sicurezza.
I progettisti stanno pertanto pensando di introdurre un rumore "artificiale" che abbia la funzione di aumentare la sicurezza nel traffico cittadino, mentre questo può eventualmente essere spento quando si desidera ridurre a al minimo il disturbo dovuto alla rumorosità.
La potenza media del motore è di 1 kW ma in caso di necessità e per breve tempo è in grado di erogare ben 6 kW (per esempio nel caso di una brusca accelerazione).
La velocità massima raggiunta è di circa 80 km/h e, parlando di autonomia, con un "pieno" può funzionare per circa 4 ore che equivale a dire circa 160 km. La cella di propulsione può essere ricaricata attraverso un piccolo generatore funzionante a elettricità delle dimensioni di una scatola di scarpe, il tempo di ricarica è di circa 5 minuti.
Il peso è di circa 80 kg e sono necessari circa 7,3 secondi per passare da 0 a 50 km/h.
Il telaio principale è in lega di alluminio e i colori attualmente prodotti sono nero superlucido e bianco iridescente, il costo dovrebbe aggirarsi intorno ai 6.500 euro.
Diciamo che definirla moto forse è un po' troppo, attualmente come caratteristiche si avvicina più a uno scooter per uso cittadino, anche se è ragionevole aspettarsi da un momento all'altro l'uscita di un modello con caratteristiche di potenza e velocità più "serie".
VAPORETTI A IDROGENO
Fincantieri si conferma come una realtà che punta sulla ricerca e sull'innovazione e la cui integrazione tra settore militare e settore civile è in grado di produrre risultati interessanti per quest'ultimo. Già impegnata nella costruzione di sommergibili per la Marina italiana a celle combustibili, la società ora è a capo dello studio per la realizzazione di un prototipo di vaporetto a idrogeno, in grado di eliminare gli impatti negativi prodotti dai mezzi di trasporto pubblico utilizzati a Venezia. All'iniziativa, che vede Fincantieri come coordinatrice, oltre che come presentatrice del progetto al ministero, sta lavorando da oltre un anno un raggruppamento di imprese su spinta di Confindustria Venezia, Actv e dell'Hydrogen park di Marghera. L'obiettivo è quello di arrivare alla realizzazione di un'unità navale destinata al trasporto passeggeri in contesti ecosensibili, come quello della laguna di Venezia, ma anche i navigli milanesi la cui navigabilità potrebbe essere recuperata per l'Expo del 2015. Il vaporetto sarà concepito in modo tale da abbattere le varie forme di inquinamento, da quello idrodinamico a quello atmosferico, sviluppando soluzioni tecnologicamente avanzate, attraverso l'impiego di un sistema di propulsione ibrida, che abbina l'utilizzo dell'idrogeno a quello dell'energia elettrosolare.
SALDATRICI A IDROGENO PER OREFICERIA
Saldatrice ossidrica ad alcol metilico: Il principio di funzionamento del generatore è basato sulla dissociazione elettrolitica dell'acqua per ottenere Idrogeno ad un elevata purezza per trattamenti termici in genere, adatta per laboratori di oreficeria, argenteria, bigiotteria, occhialeria, meccanica di precisione, lucidatura delle lavorazioni di materiale acrilico come Plexiglas, con speciale cannello, ecc. L'elevata temperatura della micro fiamma, raggiunge circa 3000 °C. di colore verde depurata dall'apposito liquido disossidante, permette di eseguire saldature di tipo dolce e forte senza la necessità di riscaldare grandi masse di materiale. Inoltre un altro buon vantaggio per questi generatori, è quello di evitare accumuli di gas ad alta pressione, perché sono in grado di generare la quantità di gas necessaria al momento dell'utilizzo con un notevole risparmio rispetto al tradizionale sistema a bombole. La manutenzione di norma è estremamente semplice ed economica, in questo modello ridotta al minimo, in quanto il generatore dispone di controllo elettronico del liquido elettrolitico con rabbocco automatico dell'acqua distillata con riserva in tanica 10 litri.
IDROGENODOTTO DI AREZZO
E’ stato inaugurato il 30 aprile 2008 il Progetto “Idrogeno per Arezzo”. Per la prima volta un’area urbana sarà servita da un idrogenodotto sotterraneo da 80m3/ora che erogherà idrogeno per produrre energia e per l’utilizzo industriale a zero emissioni. Arezzo si caratterizza per la presenza di una importante industria orafa, che utilizza ampiamente l’idrogeno per i suoi processi produttivi, come le saldature e l'eliminazione degli ossidi. Ricordiamo alcune forme di produzione dell’idrogeno: con steam reforming dal metano, da gassificazione di biomasse e da fonti rinnovabili (via elettrolisi da eolico, mini idroelettrico o fotovoltaico). Le applicazioni, oltre all’impiego industriale, prevedono l’uso delle celle a combustibile per la generazione di elettricità, freddo e calore. Il laboratorio dimostrativo HydroLAb , servirà alla formazione del personale, alla manutenzione delle celle, oltre ad un ruolo di “networking” con gli attori della filiera. Il progetto prevede la messa a punto di una proposta di tipologia di tubazione per idrogeno in aree urbane con la quantificazione dettagliata dei costi per la realizzazione di una rete capillare per la distribuzione.
Fonte: http://www.isitgofreeschool.it/didattica/upload/doc1643/appunti%20da%20studiarexSU18.doc
sito web: http://www.isitgofreeschool.it/
autore: ISIT DI GORIZIA
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