Comunicazione

 

 

 

Comunicazione

 

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Comunicazione

 

 

La

Comunicazione

 

 

 

 

 

“ Per capire sé stesso l’uomo ha bisogno di essere capito dall’altro.
Per essere capito dall’altro ha bisogno di capire l’altro “
( T. Hora )

  Nella sua accezione più ampia la comunicazione viene definita come uno scambio di messaggi con l’ambiente circostante. Tutti gli esseri viventi comunicano, anche se in forme molto diversificate, sono capaci di recepire segnali dall’esterno e in risposta inviarne altri. La comunicazione è un’esperienza usuale, continua e spontanea, sia nella vita privata che in quella lavorativa : è un qualcosa di profondamente radicato nella natura umana.

Se tutti noi comunichiamo, non è però detto che lo si faccia in un modo sempre adeguato : i problemi connessi con la comunicazione possono creare disturbi e difficoltà sia nella vita privata che in quella lavorativa. Si può quindi migliorare il proprio modo di interagire con gli altri.

 

  Caratteristiche generali della comunicazione
Di solito comunichiamo mettendo in atto degli automatismi, non ci soffermiamo quindi a riflettere : ai fini di una gestione consapevole delle nostre comunicazioni, il primo passo è proprio quello di esercitare questa riflessione e discutere le caratteristiche della comunicazione, normalmente nascoste nei meandri dell’abitudine.
Quali sono gli elementi presenti all’interno di ogni forma di comunicazione interpersonale ?
a) La presenza di due persone (minimo) tra le quali avviene il processo.
Ciò vuol dire che la comunicazione è un processo interattivo che vede la partecipazione di due o più interlocutori.
b) Trasferimento di significati, idee, emozioni affetti, ..... da una persona ad un’altra.
c) Ricezione da parte del nostro interlocutore delle informazioni che gli sono state
    inviate

Spesso si vede la comunicazione come un flusso unidirezionale di informazioni da un emittente ad un ricevente. In realtà la struttura del processo è circolare.
Ogni messaggio inviato da un interlocutore viene recepito dall’altro e determina una reazione (messaggio di ritorno o feed-back).
Il feed-back è a sua volta raccolto dal primo come messaggio e determina una reazione da parte sua che viene vista, dall’altro, come nuovo messaggio e così via in un circolo potenzialmente illimitato.
A seconda delle circostanze, però, la struttura circolare può essere più o meno evidente; nel colloquio faccia a faccia risalta di più ma l’emissione di un messaggio va sempre vista come l’attivazione di un processo di scambio, di un rapporto che ha una sua durata nel tempo e che non si esaurisce nel momento in cui l’emissione è terminata.

In altre parole una penna non modifica in alcun modo i suoi aspetti esteriori passando da una persona ad un altra.
Un’idea o un pensiero sì !!
E’ calzante la metafora  in  cui si assimila il conversare al gioco del tennis, nel quale però, viene usata una pallina di pongo, che passa avanti ed indietro sopra la rete, assumendo, di volta in volta,  forme diverse .
E’  proprio questo cambiamento che fa della comunicazione uno dei processi meno facilmente interpretabili, come si può vedere dalla figura qui rappresentata :

 

Ciò che A vuol dire

Ciò che A dice

Ciò che B ascolta 

Ciò che B ritiene     

Ciò che B riformula                       

 

 


Ogni comunicazione avviene contemporaneamente su due piani: quello digitale e quello analogico.
Il primo è detto da Watzalawick piano del contenuto, il secondo della relazione.
Il piano del contenuto, comprende quelle informazioni che consideriamo il “contenuto” di una comunicazione.
Il piano della relazione si origina sia  dall’apparato vocale ma non è costituito da parole (tono della voce, volumi, suoni..), sia dal canale non verbale (mimica facciale, gesti...)
I segnali sul piano dei contenuti danno informazioni, mentre i segnali sul piano della relazione danno informazioni sulle informazioni.
Quindi, accanto al messaggio verbale, costituito da parole, vi è quello non verbale che, a sua volta, si suddivide in messaggi visivi, acustici, olfattivi, termici
 
Classificazione dei messaggi secondo le modalità sensoriali

            Visivi          : Figure - Segni - Colori - Gesti - Postura - Vestiti -  ecc.........
            Acustici      : Suoni - Musica - Parole - Indicatori - Paralinguistica - ecc.......
Visivi / Acustici : Parole
Olfattivi     : Odori
Tattili         : Carezza - Pugno - ecc.
Termici      : Freddo - Caldo - ecc.....
I messaggi visivi sono tutte quelle informazioni che il nostro corpo, durante la comunicazione, invia al destinatario attraverso la postura, il movimento delle mani, la mimica facciale, ecc.
Ma il corpo non si limita ad inviare solo messaggi visivi, invia anche messaggi tattili : possiamo immaginare un coinvolgimento intimo senza contare su questa categoria di messaggi ?
Lo stesso discorso vale per i messaggi olfattivi ( sia nel bene che nel male ! ) : un profumo ben ‘azzeccato’ individualizza la persona e ne aumenta il sex appeal; un autobus stra-affollato in piena estate produce una lenta agonia olfattiva.
I messaggi termici sono meno frequenti ma non inutili : quante volte la mamma, preoccupata per la salute del figlio, ne preme la fronte con la mano ed effettua una rozza misurazione termica, che quasi sempre serve ad incrementare lo stato d’ansia e produrre delle vere sceneggiate ?

Il contesto  all’interno del quale ha luogo l’episodio comunicativo dà la lettura e il significato del messaggio : se ci si trova in una strada buia ed all’improvviso un tizio ci minaccia con la mano stretta a pugno, rispondiamo con paura o con una emozione negativa. Ma se ci troviamo in un altro contesto, quello politico per esempio, quel particolare movimento del braccio e della mano, non produrrà paura ma sentimento di solidarietà, sempre che ci si identifichi con quell’ideologia.

Perché  comunichiamo  ?
La prima risposta sta nel fatto che abbiamo una struttura anatomo-fisiologica che ce lo permette. In assenza di una struttura cerebrale complessa come la nostra, non sarebbe possibile nessuna forma di comunicazione sofisticata
La seconda risposta fa riferimento alle sollecitazioni sociali. E’ attraverso i modelli culturali che impariamo quella particolare modalità di linguaggio che ci contraddistingue. Ed è attraverso il linguaggio che riusciamo a dominare  l’ambiente, almeno in parte.
Attraverso la comunicazione siamo in grado di raggiungere una pluralità di obiettivi.

La comunicazione assolve a molte e diverse funzioni, le principali sono :
1 - Strumentale . il messaggio viene organizzato ed inviato con l’obiettivo di ottenere determinati risultati come il soddisfacimento di un desiderio, la persuasione del destinatario rispetto al contenuto del messaggio......
2 - Controllo : il messaggio è costituito da un ordine rivolto al destinatario, il quale non può sottrarvisi pena l’erogazione di sanzioni ( nelle strutture gerarchiche, per esempio).
Ma il controllo può essere messo in atto con modalità più soft, senza cioè ricorrere ad un vero e proprio comando : è sufficiente ricorrere al “senso di colpa”.
3 - Informativa : il messaggio è finalizzato allo scopo di arricchire la cultura del destinatario. Questa funzione può essere articolata in funzioni più specifiche come : cercare delle idee, formulare delle proposte, dare dei consigli, dare delle spiegazioni......
4 - Espressiva : il messaggio ha lo scopo di esprimere un certo tipo di emozione, di stato d’animo, di affetto vissuti dall’emittente o di descrivere le emozioni che vede rappresentate nell’interlocutore.
5 - Valutativa : il messaggio è mirato ad esprimere o a far esprimere una valutazione, positiva o negativa, su sé stessi o su altri. 
6 - Sociale : il messaggio è orientato ad instaurare o mantenere un rapporto qualsiasi con il destinatario, senza avere obiettivi particolari da raggiungere.
7 - Alleviamento dell’ansia : il messaggio è prodotto con l’obiettivo di ridurre lo stato d’ansia presente nel destinatario.
8 - Stimolazione : il messaggio è inviato con l’obiettivo di spingere l’altro a comunicare. Questa funzione si esplicita nelle riunione di lavoro o all’interno dei gruppi là dove tutti dovrebbero avere il ruolo del destinatario e dell’emittente.
Spesso ci sono persone che non accettano di “entrare nel gioco”. Che fare ? Due sono le alternative possibili : o non fare assolutamente nulla, lasciando la persona nel suo   silenzio, oppure stimolarla ad esprimersi. Se si decide per quest’ultima soluzione si possono scegliere la modalità hard ( impositiva, dura) o soft (invitante, amichevole, mediazionale )
9 - Legata al ruolo : il messaggio si limita ad esprimere, da aprte dell’emittente, il rispetto di certe aspettative, collegate con il  ruolo svolto

 

 


 

I  PRINCIPI  FONDAMENTALI della COMUNICAZIONE
 

1 - Non si può non comunicare
Il comportamento non ha un suo opposto, cioè non esiste un qualcosa   che sia un non-comportamento e quindi non è possibile non avere un comportamento .
Ogni comportamento ha valore di messaggio, ne consegue che comunque ci si sforzi non si può non comunicare.
L’immobilità o il mutismo assoluti sono considerati, come ciascun comportamento, un messaggio, che risponde ad altri messaggi e che provoca a sua volta delle nuove comunicazioni.
La comunicazione esiste anche quando non è intenzionale , conscia o efficace cioè quando non si ha una comprensione reciproca.
Una singola unità di comunicazione è chiamata messaggio.
Una serie di messaggi scambiati tra persone è definita interazione.
Una volta accettato l’intero comportamento come comunicazione, non ci si fermerà ad analizzare una unità di messaggio, ma si tenderà a leggere il comportamento in modo globale, poliedrico di molti moduli comportamentali (verbali, timbrici, posturali, contestuali ).

2 - Livelli comunicativi di contenuto e di relazione
In ogni comunicazione esiste un aspetto di “notizia”, relativo al contenuto del messaggio e uno di relazione inteso a definire il rapporto tra gli interlocutori.
L’aspetto relazionale è importante anche se si sviluppa a livello inconsapevole.
I messaggi: “ E’ importante togliere il freno a mano prima di partire” e “ Togli il freno a mano prima di partire, altrimenti potrai rovinare qualcosa!! “ hanno lo stesso contenuto di informazioni (aspetto di notizia), ma è evidente che definiscono relazioni molto diverse.
Ogni comunicazione ha quindi un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione di modo che il secondo classifica il primo ed è quindi metacomunicazione.

 3 - Ogni relazione è simmetrica  o complementare
 La comunicazione interpersonale può essere basata sull’uguaglianza dei comportamenti e i ruoli dei partners comunicanti, o sulla differenza.
Gregory Bateson, nel suo libro “Naven” dà a questo fenomeno il nome di scismogenesi e lo definisce come un “ processo di differenziazione delle norme del comportamento individuale derivante dall’interazione cumulativa tra individui”.
Nel primo caso la relazione viene definita simmetrica : a un comportamento di A corrisponde un comportamento simile di B che interagisce con lui.
A può presentarsi  sicuro di sé, autoritario, polemico: B risponderà con altrettanta sicurezza, polemica , autorità, ponendosi sullo stesso piano di parità con A.
La relazione basata sulla differenza, è definita complementare: nel suo ambito c’è qualcuno che assume una posizione superiore, primaria o one-up, mentre l’altro tiene la posizione corrispondente : inferiore, secondaria o one-down.
L’interazione può essere il risultato di un gioco di forze all’interno di un rapporto a due, ma può essere anche favorita da regole del contesto sociale e culturale : ne sono un esempio il rapporto tra madre-figlio, medico-paziente, insegnante-allievo.
Analizzando questa regola della comunicazione gli Autori di Palo Alto precisano che le situazioni one-up e one-down non devono essere considerate l’equivalente di buono e cattivo o forte e debole. E’ possibile avere una comunicazione efficace sia all’insegna della simmetria che della complementarità.
Il rischio che si ha in una scismogenesi simmetrica è l’escalation competitiva.
All’interno di una coppia o di un gruppo, per esempio, la competizione nei confronti del partner o di un membro del gruppo può tradursi nella necessità di essere sempre allo stesso livello dell’altro, anzi se l’altro si dimostra particolarmente  aggressivo o polemico , il tentativo sarà di esserlo un po’ di più provocando un’analoga reazione nell’altro e dando luogo perciò ad una escalation competitiva che si arresterà solo perché gli avversari sono stanchi e spossati sia fisicamente che psicologicamente.
Nella relazione simmetrica sana i partners sono in grado di accettarsi “come sono”, il che porta alla fiducia e al rispetto reciproco. 
Il problema tipico di una scismogenesi complementare è la rigidità della differenza dei ruoli per cui chi è one-down deve esserlo sempre e in ugual misura per permettere all’altro di essere sempre one-up. Così un papà può continuare a pretendere dal figlio un rapporto di dipendenza, in quanto figlio e quindi one-down, anche quando il figlio non è più un bimbo e perciò capace di indipendenza.

4 - Comunicazione digitale o numerica e comunicazione analogica.
I neuroni del nostro sistema nervoso centrale ricevono informazioni (= differenze)  attraverso le sinapsi (= elementi di unione tra neuroni).
Qui i “pacchetti” di informazione producono meccanismi eccitatori e inibitori dell’attività del neurone. Questa attività trasmette una informazione binaria (0-1 / acceso-spento).
Dall’altra parte il sistema umorale non si basa sulla numeralizzazione dell’informazione ma su un sistema che comunica liberando delle sostanze chimiche nella circolazione sanguigna.
I moduli di comunicazione umorali e neuronici coesistono e sono complementari e dipendenti uno dall’altro.
Cervello e calcolatore trattano entrambi grandi quantità  a grandi velocità di informazioni.
La circolazione delle informazioni avviene secondo la condizione limitativa del “tutto o niente”, serie di 0 e 1 per la macchina, serie di scariche più o meno frequenti per i neuroni.
Gli specialisti parlano quindi di “codice di assemblaggio” in informatica e di “patterns” in neurologia. In pratica i due termini corrispondono alla stessa nozione.
La comunicazione con l’esterno è possibile nei due casi grazie ad un linguaggio personale, simbolico per il cervello (lingua parlata, scritta, codici gestuali...), “evoluto” per la macchina ( Pascal, Fortran, C, ...)
Nella comunicazione umana si hanno due possibilità di far riferimento ad un oggetto : o lo si rappresenta con un’immagine, cioè lo si disegna, oppure gli si dà un nome, cioè lo si chiama.
Questi due modi di comunicare - quello attraverso l’immagine e quello attraverso la parola - sono rispettivamente equivalenti ai concetti di analogico e di numerico.
La comunicazione digitale non può passare che tra individui che hanno imparato il significato del codice utilizzato, mentre la comunicazione analogica può stabilirsi senza apprendimento, per percezione immaginifica : se uno straniero di cui non conoscete la lingua vi telefona per chiedervi l’ora, sarete incapaci di capire la sua richiesta  (utilizza un linguaggio digitale), ma se questo straniero vi incontra per strada  picchiettandosi il polso con l’indice con aria interrogativa capirete che vi chiede l’ora ( ha utilizzato il linguaggio analogico).
Tutte le volte che si usa una parola per nominare una cosa è chiaro che il rapporto tra il nome e la cosa nominata è un rapporto stabilito arbitrariamente.
Bateson ha fatto rilevare che “non c’è nulla di simile a cinque nel numero cinque  ; come non c’è nulla di specificatamente simile a un tavolo nella parola “tavolo”; allo stesso modo Korzybski puntualizza la stessa questione con la sua sintetica formula “La mappa non è il territorio”
Le parole sono ambigue per loro natura e la stessa frase, per quanto grammaticalmente corretta,  può assumere significati diversi in contesti diversi.
Le parole inoltre non sono in grado di esprimere la relazione esistente tra gli interlocutori.
Attraverso il canale verbale passa il contenuto di una comunicazione.
Il canale non verbale è definito invece analogico perché non è governato da regole rigide (non c’è una grammatica della comunicazione non verbale); tuttavia però ha una semantica la cui comprensione è intuitiva e immediata (anche se le parole sono “piatte” la comunicazione non verbale ci rivela se chi parla è teso, rilassato, dubbioso...)
Attraverso il canale non verbale si esprime la relazione tra gli interlocutori.

 

5 - La punteggiatura
Esiste un’altra caratteristica fondamentale della comunicazione : l’interazione cioè lo scambio di messaggi fra interlocutori.
Ogni comunicazione è un processo circolare e, quindi, non ha un inizio ben definito.
Si tende a definire una serie di comunicazioni come una sequenza continua di scambi.
Watzlawick l’ha definita come “la punteggiatura della sequenza di eventi”. Significa due cose : il modo con cui i partners di un’interazione tagliano la loro comunicazione, che a un primo approccio potrebbe essere considerata come un susseguirsi ininterrotto di scambi, in un susseguirsi di segmenti;  e designa  lo sguardo ( il punto di vista) con cui ciascun interagente vede il suo comportamento e quello del partner.
Per dare un esempio umoristico : in un’esperienza di condizionamento di un topo in laboratorio, il topo potrebbe punteggiare così la sua comunicazione con il ricercatore : “ Ho addestrato bene il mio ricercatore. Ogni volta che premo sulla leva , lui mi da dà mangiare !”
Il taglio della sequenza dei fatti cambia da un interlocutore all’altro e molte liti ed incomprensioni possono essere spiegate in questo modo.

Un preciso elemento del comportamento di A è uno stimolo proprio perché è seguito da uno stimolo fornito da  B e questo da un altro fornito da A.
Questo rincorrersi di scambi costituisce una specie di catena di anelli che si sovrappongono, ognuno di questi è paragonabile alla sequenza stimolo-risposta-rinforzo.
La comunicazione umana è molto di più di un semplice scambio di informazioni perché si tratta di un processo che consente di definire e modellare continuamente la relazione tra le persone.
La comunicazione, quindi,  modella la relazione.
E’ importante capire che la “punteggiatura  organizza gli eventi comportamentali ed è quindi vitale per le interazioni in corso” e che la  natura di una relazione dipende in gran parte  dal modo con cui i partners punteggiano i loro scambi.
Così una madre si lamentava del suo ruolo di cerniera tra suo marito e i suoi figli ( “se non ci fossi io a funzionare da legame, non si parlerebbero mai...”), mentre il marito rimproverava alla moglie di fare da schermo tra i figli e lui ( “ lei non sopporta che ci si parli direttamente senza passare attraverso lei, lei deve essere sempre presente”)
Questo processo avviene sempre anche se non ce ne rendiamo conto ; la conoscenza però dei parametri e dei principi della comunicazione consente una gestione mirata della propria comunicazione.



LA  COMUNICAZIONE  VERBALE

.... Ma se è tutto qui il male ! Nelle parole!
                                                                                              Abbiamo tutti dentro un mondo di cose;                                                                                                                    ciascuno un suo mondo di cose! E come
                                                                                              possiamo intenderci , signore, se nelle parole
                                                                                              ch’io dico metto il senso e il valore
                                                                                              delle cose come sono dentro di me; mentre
                                                                                              chi le ascolta, inevitabilmente le assume
                                                                                              col senso e col valore che hanno per sé,
                                                                                              del mondo com’egli l’ha dentro ? Crediamo
                                                                                              d’intenderci; non ci intendiamo mai!..........

                                                                                                                              L. Pirandello “Sei peronaggi
                                                                                                                             in cerca d’autore”

La comunicazione verbale è quella parte di comunicazione che passa attraverso il canale verbale, cioè che si esprime attraverso l’uso delle parole.
Può essere parlata o scritta.
Saper comunicare significa sapersi esprimere. Sapersi esprimere significa farsi capire; per farsi capire occorre suscitare interesse in chi ascolta le nostre parole o legge quello che scriviamo.
Le regole necessarie per comunicare in modo positivo sono :
1) conoscere il destinatario del messaggio;
2) usare appropriati veicoli di trasmissione;
3) saper suscitare interesse;
4) informare in modo esaustivo: completezza  +  precisione;
5) saper ascoltare  e valutare le reazioni del destinatario;
6) suscitare interesse con stimoli nuovi;
7) essere chiari;
8) riascoltare e valutare di nuovo le reazioni del destinatario, sempre, all’infinito.

 

Quattro domande-guida possono aiutare ad organizzare la comunicazione verbale e poterne trarre dei benefici in rapporto agli scopi che ci si è prefissi :

1) Perché  (lo scopo della comunicazione e l’obiettivo).
In relazione ad un particolare obiettivo lo scopo comunicativo può essere diverso: informare ( portare a conoscenza dell’interlocutore notizie o informazioni che non conosce) o far agire ( in seguito alla comunicazione l’interlocutore dovrà prendere una posizione o fare qualcosa di concreto).

2) Con chi  (interlocutore).
Chi è la persona con la quale devo comunicare ? Conosce il problema ?
E’ interessato ? Quali competenze ha ? Che ruolo ha ? Cosa si aspetta ? Cosa può temere ? Che reazioni può avere ? Su cosa saremo quasi sicuramente d’accordo? Su cosa invece potrà dissentire ?

3) Che cosa  (l’oggetto).
Qual è l’argomento del quale devo parlare ? Su quali argomenti è meglio soffermarsi ? Che cosa è meglio evitare ?

4) Come  
Da dove è meglio affrontare la situazione ? Quando è opportuno arrivare al nocciolo ? Come riuscire a far esprimere l’interlocutore sull’argomento in discussione ?


 

 

 LA  COMUNICAZIONE  NON  VERBALE

Comunicare non equivale a parlare. Secondo Meharabian (1972) l’impatto complessivo determinato da un messaggio sul destinatario è percentualmente così suddivisibile:
7%       verbale (parole)
38%     paraverbale (volume ed espressività della voce, velocità dell’eloquio.......)
55%     movimenti del corpo

La comunicazione non verbale ha tre effetti fondamentali :
1) Classifica i significati verbali e definisce la relazione : durante una interazione comunicativa il significato reale da attribuire ai messaggi verbali dipende dalla comunicazione non verbale.
Tutti sappiamo per esperienza che i messaggi non verbali sono più difficilmente manipolabili, e quindi più attendibili.
Se è relativamente semplice mentire con le parole, basta un po’ di attenzione, diventa estremamente difficile tenere sotto controllo il corpo, la voce, le mani e tutti gli altri aspetti della CNV.

2) Aumenta l’efficacia della comunicazione verbale perché può rinforzare il messaggio.
Come nota Argyle, gli esperimenti dimostrano che in caso di non congruenza tra messaggi verbali e non verbali siamo portati a concedere una maggiore credibilità al messaggio non verbale.
I segnali sul piano del contenuto e su quello della relazione possono essere congruenti o incongruenti.   
Fintantoché i segnali sul piano della relazione presentano una totale congruenza con le parole dette, non li cogliamo con particolare attenzione, cioè li percepiamo come intesi a “sottolineare o evidenziare, sostenere ciò che abbiamo detto”.
Ad esempio se un oratore ci colpisce in modo particolarmente positivo, questa nostra impressione non si basa mai solo sui segnali del piano del contenuto, ma sul fatto che i suoi segnali non verbali sono estremamente congruenti con le parole dette. Se non fosse così non potrebbe convincerci. Si può quindi dedurre che la congruenza convince. L’incongruenza ( la dissonanza tra i segnali dei due piani) ha naturalmente l’effetto opposto : non ha alcuna forma di persuasione.

3) Consente l’espressione “filtrata” di contenuti ambigui, contraddittori, imbarazzanti e così difende emittente e ricevente.
In una frase per esempio come: ”Credo che, tutto sommato, si debba considerare l’ipotesi di rivedere alcuni aspetti del lavoro” può essere la razionale conclusione di una consulenza o di una perizia; se però, viene pronunciata da un sottoposto nel corso di un colloquio con un superiore, accompagnata da un tono cauto e da qualche pausa di incertezza, è un modo per evitare al secondo di dire brutalmente “Lei ha sbagliato!” e al primo di sentirsi giudicato.

 

 Aspetti generali della CNV

La comunicazione non verbale rappresenta, come si è detto precedentemente, il “linguaggio analogico” e non è sempre sotto il controllo della volontà e del comportamento razionale. Può essere infatti prodotta in tre modi :

  • inconsapevole
  • consapevole ma non scelta : il pianto, il rossore, le espressioni di noia, paura, disgusto sono segnali NV dei quali ci accorgiamo ma non possiamo controllare.
  • pienamente intenzionale : i gesti di saluto o di richiamo .

 Le espressioni non verbali

 

Particolare importanza hanno le espressioni della comunicazione non verbale.
E’ possibile nascondere quello che sentiamo, le nostre emozioni ? Tentiamo continuamente di farlo, ma il nostro corpo non sa mentire e spesso contraddice la parola.
Immobile o in movimento, il corpo è una continua fucina di messaggi. Una corsa sulla spiaggia, uno scatto sulla sedia, possono rivelare molto di più di qualche ora di colloquio.
Nessun gesto è senza significato, anche se negli adulti è spesso difficile scoprirlo.
La grammatica ancora sconosciuta del corpo è molto più facilmente riconoscibile nei bambini, perché non hanno ancora ben sviluppato le difese ed i condizionamenti tipici dell’adulto.
E’ interessante constatare che l’uomo non percepisce una serie di stimoli in rapida successione come una sequenza di elementi separati, ma una figura globale.
Spesso diciamo che una persona provoca in noi una “impressione” che è unica anche se nella realtà questa impressione consiste in tantissime impressioni parziali che si susseguono in modo rapido.
Percepiamo quindi come “simultaneo” la costituzione fisica, l’atteggiamento, la mimica, la gestualità ecc...Ma quale informazione è veramente la “prima”?
Quando incontriamo una persona, il primo elemento corporeo che richiama la nostra attenzione è il volto. Istintivamente cioè cerchiamo di mettere a fuoco le informazioni che le espressioni del viso possono comunicare in modo non consapevole come nelle emozioni o volontariamente come avviene con i segnali interattivi e sociali.
Argyle sostiene che le espressioni del volto comunicano tre messaggi particolari :
1) il carattere e la personalità
2) le emozioni
3) i segnali interattivi ( feed-back )
Guardando un bambino che si muove, si avverte fino a che punto egli si contrae e si tende sotto l’influenza della contrarietà e degli avvenimenti della vita. La sua reazione è, in primo luogo, fisica. Ma anche crescendo ci sono alcune parti del corpo che non imparano mai a mentire.
Per esempio gli occhi.
Le pupille di fronte ad un evento piacevole, nelle stesse condizioni di luce, hanno sempre la stessa reazione: si dilatano. Il piacere quindi provoca una dilatazione, il dolore o l’atteggiamento negativo, provoca invece una contrazione.

Le espressioni della comunicazione non verbale sono moltissime e diversificate; una classificazione ampiamente accettata le raccoglie in cinque categorie principali: la cinesica, la prossemica, la paralinguistica, gli artefatti, i fattori ambientali.

1 . CINESICA

Sono le espressioni  realizzate attraverso posizioni corporali, comportamenti gestuali, espressioni facciali. Tutti quei fenomeni che stanno in bilico tra il comportamentale e il comunicativo.
I principi fondamentali che si trovano alla base dello studio della cinesica, o studio sistematico dell’aspetto comunicazionale dei movimenti del corpo, misurati in contesti interpersonali, sono i seguenti :
A -  Come altri eventi della natura, nessun movimento o espressione del corpo è senza significato nel contesto nel quale si verifica.
B -  Come altri aspetti del comportamento umano, la posizione del corpo, il movimento e l’espressione del volto sono tipicizzati, e quindi soggetti ad una analisi sistematica.
C - Anche se si riconoscono i limiti, finché non si sia dimostrato il contrario, il movimento sistematico del corpo dei membri di una comunità viene considerato quale funzione del sistema sociale al quale il gruppo appartiene.
D - L’attività visibile del corpo, come l’attività acustica, influenza sistematicamente il comportamento degli altri membri di un qualsiasi gruppo particolare.
E -  Finché non venga dimostrato il contrario, questo comportamento sarà considerato una funzione comunicativa analizzabile.
(Tratto dal terzo capitolo di The Natural history of an interview e da alcuni saggi di Birdwhistell).””
Le espressioni realizzate attraverso il corpo offrono una ampia gamma di possibilità. Le principali sono:

 

  • La postura

E’ l’atteggiamento posturale che la persona assume in un determinato momento, i movimenti che cambiano o modificano la posizione del corpo.
Lowen, noto psicanalista americano, osserva: “Il problema della sicurezza emotiva di un individuo non può essere separato dal problema della sua sicurezza fisica, del suo aderire con i piedi al suolo”
Allo stesso modo nella filosofia zen si parla di “hara” (ventre) ossia “ del centro della terra “ dell’uomo come punto di baricentro.
Durkheim sostiene che l’uomo occidentale ha il baricentro spostato verso l’alto, all’altezza delle spalle o addirittura della testa. Una simile situazione provoca un inevitabile disequilibrio sia fisico che psichico.
Anche Fromm in “ Avere o essere” parla di due atteggiamenti interiori che si riflettono inevitabilmente all’esterno , quello di voler “essere” e quello di voler “avere”.
Tanto più è evidente l’atteggiamento del voler “avere” tanto meno la persona ha consapevolezza del suo “essere nella realtà”.
Esiste, in questo caso, un atteggiamento di possesso delle cose : “ io HO un corpo ” piuttosto che “ io SONO il mio corpo ”.

Sulla posizione eretta è importante soffermarsi sulla valutazione dello spostamento del peso corporeo.
Poiché le posture e le posizioni assunte da un corpo sono moltissime è difficile inventariarle tutte. E’ possibile però individuarne alcune che riassumono alcune caratteristiche generali e che si presentano con più frequenza.
Le varie scuole di bioenergetica che si rifanno  alle teorie reichiane e agli studi di Lowen, riconoscono cinque tipologie che individuano cinque caratteri “tipici”:

1- Il tipo cerebrale
Ha un corpo magro e contratto anche se apparentemente può sembrare atletico.
Ha atteggiamenti muscolari intesi a tenere insieme il corpo per paura “che cada a pezzi” .Il contatto con il proprio corpo è scarso e bloccato con un evidente “raggelamento” delle emozioni. Questo si verifica, dicono gli studiosi, perché la persona , in tempi remoti, ha avuto l’impressione che le venisse negato il diritto di esistere. La reazione  è quindi una forte ansia di essere accettata e riconosciuta. 
Sono, questi, individui normalmente sospettosi, molto sensibili razionali e al tempo stesso intuitivi.
Le evidenti aree di tensione sono alla base del cranio, nelle gambe, nei muscoli della parte pelvica, nel diaframma.

2 - Il tipo dipendente
Possiede atteggiamenti di resistenza dovuti alla paura dell’abbandono e dell’isolamento : ne consegue un comportamento di continua ricerca di attenzione  e di considerazione da parte degli altri.
La particolarità sta nella sua magrezza e nella muscolatura poco sviluppata. Le spalle sono curvata  e denotano mancanza di aggressività e di intraprendenza. Il petto è incavato e le ginocchia sono serrate . L’impressione è che sia un corpo che ha bisogno di un sostegno.
Tende ad appoggiarsi agli altri, presentando un bisogno continuo e costante di contatto con gli altri per avere aiuto e calore

3 - Tipo dominante
La persona sente il bisogno di dominare ed essere superiore in qualsiasi situazione, con la forza o con la seduzione.
Ha il corpo che si allarga sopra la vita e si assottiglia sotto questa.
Si verifica una tensione nella testa, nel collo, nel bacino, e nelle gambe. E’ come se l’energia fluisse solo nella parte alta del corpo.
Apparentemente sicuro di sé, sembra saper dominare le situazioni, è però presente una sorta di paura di essere sopraffatti e usati.

4 - Tipo sottomesso
Ha un corpo schiacciato verso il basso, curvato in avanti come se stesse sotto sforzo. Sono tipiche la compressione della parte mediana e lo schiacciamento e rientranza delle natiche. Sembra che in questo modo siano trattenuti rabbia e aggressività.

5 - Tipo rigido
E’ un individuo che sente l’esigenza di controllare le proprie emozioni senza lasciarsi coinvolgere dai rapporti con gli altri. E’ dominato da un orgoglio molto rigido e una qualsiasi forma di sottomissione equivale per lui alla morte.
I muscoli sono tesi e tendono il corpo all’indietro. Il collo e le spalle sono sostenute in modo rigido come se dovessero trattenere rabbia e risentimento.
Il petto rigonfio dà l’immagine di sicurezza ma è  solo desideroso di tenerezza.
La struttura fisica e l’armonia muscolare è  equilibrata.

La postura svolge una funzione importante per molti animali per segnalare dominanza, sottomissione, minaccia e molti altri atteggiamenti interpersonali.
Gli animali comunicano la dominanza attraverso le dimensioni, la forza attraverso il gonfiamento del petto; la paura e la sottomissione  attraverso comportamenti opposti.
Gli esseri umani adulti esprimono la dominanza stando eretti, gonfiando il petto, mettendo le mani sui fianchi, insomma richiamano il “petto in fuori” di militaresca memoria (!!).
La sottomissione invece si esprime abbassando il capo, raggomitolandosi facendo ogni tanto “ sparire “ la testa fra le spalle.
Alcuni studiosi rilevano che uno dei modi attraverso cui la postura comunica dominanza è la rilassatezza, che si esprime in :
- posizione asimmetrica delle braccia e delle gambe
- inclinazione laterale
-  rilassamento delle mani
- inclinazione all’indietro
La rilassatezza  comunica però anche antipatia. Le persone tendono ad essere rilassate con gente che trova simpatica e molto rilassate con individui che trova antipatici o che non rispetta. Gli uomini, tuttavia, sono poco rilassati in compagnia di persone che percepiscono come una minaccia.

La postura probabilmente è legata all’immagine che noi abbiamo del nostro corpo :
le adolescenti che sono soddisfatte del proprio seno  e quelle che se ne vergognano adotteranno posture completamente diverse.
Le persone possono esaltare o mascherare la loro statura, le loro gambe, o altre caratteristiche del proprio corpo.
Alcune interpretazioni psicoanalitiche di posture sono state date da diversi studiosi, nonostante questo, però, non esiste nessuna dimostrazione scientifica circa la validità di queste interpretazioni.
Ecco alcuni esempi :
1) Braccia chiuse, incrociate : autoprotezione, ritirata
2) Gambe strettamente incrociate : autoprotezione, ritiro
3) Gambe accavallate in modo esibizionistico : civetteria
4) Nessun movimento del bacino : inibizione sessuale
5) Rigido comportamento marziale : nasconde ansia
6) Portamento vanitoso, affettato : conflitto tra desiderio di invio di messaggi  sessuali e la timidezza.
7)Tronco abbassato, indolente e immobile : debolezza, richiesta di aiuto

 

  •   I gesti e i movimenti del corpo

Con la parola “gesti“ si indicano le azioni volontarie che hanno l’obiettivo di comunicare , compiute dalle mani, dalla testa, o da altre parti del corpo.
Occorre distinguere tre principali movimenti corporei :
1 - gli emblemi sono segnali convenzionali. Questi segnali non verbali, solitamente movimenti delle mani, hanno una diretta traduzione verbale quindi un senso molto preciso, riconosciuto nell’ambito di un certo gruppo culturale (per un italiano stringersi nelle spalle significa : “non lo so...., non che fare..., che importa? ..)
2 - gli illustratoriillustrano il discorso mentre viene pronunciato. I modi sono vari: si può dare enfasi ad una parola, si può tracciare in aria il percorso del pensiero, le mani possono disegnare un’immagine o mostrare un’azione. Sono di solito le mani ad illustrare il discorso, ma i movimenti delle sopracciglia e delle palpebre come il tronco e tutto il corpo possono intervenire spesso per sottolineare le parole. La gestualità aumenta di pari passo con la partecipazione al discorso : si gesticola di più del solito quando si è arrabbiati, inorriditi, agitati, addolorati o entusiasti. Gli illustratori diminuiscono quando si ha difficoltà a decidere cosa dire esattamente e tendono a scomparire quando c’è preoccupazione e cautela nel parlare.
Nel caso di bugie, molti autori confermano che i gesti illustratori diminuiscono in modo rilevante.
3 - le manipolazioni sono tutti quei movimenti in cui una parte del corpo cura, massaggia, strofina, trattiene, pizzica, graffia, o manipola un’altra parte del corpo. Tipicamente è la mano ad eseguire la manipolazione ma può essere anche una qualunque parte del corpo (la lingua contro l’interno della guancia, i denti che mordicchiano, una gamba sull’altra....) Nella manipolazione possono rientrare oggetti-pretesto come la penna, la sigaretta....
Si tratta spesso di comportamenti ai margini della coscienza.
Le persone, in genere, si comportano molto più correttamente nel ruolo di osservatore/spettatore che in quello di esecutore. Chi esegue un atto manipolatorio viene lasciato tranquillo a completarlo in libertà : gli altri distolgono lo sguardo per discrezione finché non è finita. E’ quello che guarda, quindi,  a violare le norme di buona educazione. Quando al semaforo due macchine si fermano è quello che sbircia nel finestrino il maleducato, non l’altro che approfitta della sosta per pulirsi il naso con l’indice della mano .


  • Le espressioni del volto

Il volto è il canale più rilevante della comunicazione non verbale. E’ importante per l’espressione delle emozioni  e degli atteggiamenti verso gli altri.
Gli esseri umani sono in grado di assumere, a piacere, un gran numero di espressioni facciali diverse. Coloro che hanno studiato il problema hanno identificato sei espressioni emozionali : felicità, tristezza, sorpresa, collera, paura, disgusto/disprezzo.
Vi sono poi espressioni non propriamente emozionali : interesse, vergogna, dolore, trasalimento, fervore religioso, perplessità, stupore
Fisiologicamente  si è osservato, attraverso registrazioni elettromiografiche,  che l’espressione delle emozioni è più marcata  sul lato sinistro  del volto ( il lato sx dal punto di vista del soggetto).
Tuttavia, questa asimmetria si registra solo per le emozioni espresse intenzionalmente, non per quelle spontanee, l’effetto risulta maggiore nel caso di emozioni negative. Si è osservato che il lato sinistro del volto è visto come felice e recettivo, il lato destro, invece, è considerato attivo, estroverso e meditativo.
L’idea che l’emisfero cerebrale destro sia specializzato nel trattamento delle emozioni ha fatto pensare che un lato del viso potesse essere più autenticamente emotivo.
L’emisfero destro, però, controlla gran parte dei muscoli della metà sinistra del viso e il sinistro  della metà destra.
Questo fa pensare che le emozioni si rilevino con maggiore intensità sulla parte sinistra del volto.

 

  • Lo sguardo

L’azione del guardare è d’importanza fondamentale nell’ambito dei comportamenti sociali.
Il comportamento visivo rappresenta un elemento particolarmente importante tra quelli veicolati dal volto, in quanto ha particolari capacità di attivazione su chi riceve lo sguardo ed è capace di coinvolgerlo attivamente in un’interazione.
Il particolare potere dello sguardo è dovuto forse al fatto che esso rappresenta nella prima infanzia una ricompensa, oppure è a sua volta legato ad altre ricompense ( si pensi all’importanza degli sguardi tra madre-figlio). La fissazione prolungata dello sguardo, però, può avere un forte significato aggressivo e di sfida, e quindi il comportamento visivo dovrà essere attentamente calibrato per poter essere piacevole e non indurre ansia.
Ne consegue che l’esperienza di essere guardato è in generale appagante, a patto che gli sguardi che vengono rivolti dagli altri non siano insistenti: in questo caso prevale una sensazione di disagio, e siamo indotti a credere che chi ci guarda abbia abbia comunque delle ‘cattive’ intenzioni o sia un individuo ‘deviante’.
Visto che lo sguardo è una componente dell’intimità, e visto d’altro canto la sua componente ansiogena, all’interno del rapporto il suo uso dipenderà anche da altri elementi, come per esempio la vicinanza fisica: due persone molto vicine, tendono a non rivolgersi direttamente lo sguardo, poiché la vicinanza fisica è già un indicatore molto forte di un rapporto intimo.
L’uso dello sguardo dipende anche direttamente dagli eventuali rapporti di dominanza tra gli interlocutori e dal loro sesso. In generale l’individuo dominante tende a non guardare il sottoposto, dimostrando così la sua superiorità con la rinuncia al controllo visivo dell’interlocutore.
Come rileva Ellyson lo status o la dominanza si riflettono nella quantità di sguardi mentre si ascolta: le persone di status più elevato guardano relativamente poco quando ascoltano e guardano maggiormente mentre parlano. La spiegazione di questo comportamento è abbastanza ovvia: una persona con molto potere vuole assicurarsi che gli altri stiano ad ascoltare seguendo le sue parole; una persona con poco potere vuole essere certa di capire quello che l’altro dice.
Le donne tendono ad utilizzare maggiormente il contatto visivo, specialmente quando interagiscono con persone dello stesso sesso, e lo usano in modo diverso rispetto ai maschi. Questi ultimi guardano il volto dell’interlocutore quando ascoltano, mentre le donne tendono a guardare l’altro mentre parlano.
L’uso dello sguardo naturalmente varia a seconda delle caratteristiche personali di ognuno: gli estroversi usano occhiate più lunghe degli introversi. Le persone che guardano di più tendono ad essere percepite in modo più favorevole, e in particolare come più competenti, cordiali, credibili, autorevoli e socialmente abili.
Parecchi ricercatori hanno rilevato che sentimenti di cordialità, gioia, sorpresa, eccitazione, sono accompagnati da una maggiore frequenza di sguardi, mentre l’ansia, la sottomissione, la depressione, la rabbia, il fastidio e l’imbarazzo sono accompagnati da meno frequenza: si guarda quindi maggiormente durante gli stati d’animo positivi.

 

2.  LA  PROSSEMICA

Il linguaggio, benché sia il principale sistema attraverso cui gli uomini comunicano, non è però l’unico.
Il comportamento prossemico è un esempio di un sistema di comunicazione non-verbale.
Hall considera la prossemica, in quanto sistema di comunicazione, come “... una transazione tra due o più individui, o tra uno o più individui, e l’ambiente”.          

Lo studio delle relazioni spaziali interpersonali e dei meccanismi regolatori della distanza nelle micro-interazioni umane si basa in gran misura sul concetto di Spazio Personale.
Hall definendo  la distanza personale dice :” (...) la si potrebbe pensare come una piccola sfera protettiva o una bolla trasparente che un organismo mantiene tra sé e gli altri” .
Horowitz, Duff e Stratton hanno introdotto il termine body buffer zone ovvero “zona cuscinetto” . Questa zona  rappresenta infatti uno strumento atto sia a difendere l’individuo da rapporti interpersonali troppo ravvicinati, sia a differenziare l’individuo dall’ambiente, sottolineandone l’identità e l’individualità.
La bolla che circonda l’individuo non deve essere vista come un cerchio regolare e continuo, ma come una figura geometrica che si deforma a seconda che riguardi la zona che si trova davanti, dietro di fianco all’individuo stesso.
La bolla più allargata è quella che si frappone nei confronti di un altro che ci sta di fronte, probabilmente per ‘difenderci’ contro un pericolo di intrusione, accentuato dalla possibilità di incontrare lo sguardo dell’altro e di ricevere i segnali mimici.
Se non vogliamo farci coinvolgere dobbiamo allontanare l’altro oltre il nostro limite di sicurezza.
Se l’altro ci sta dietro, non vedendolo, possiamo facilmente ignorarlo. La posizione laterale è una via di mezzo : l’altro è visibile, ma nello stesso tempo i messaggi che ci invia hanno una portata limitata poiché manca il supporto dello sguardo.
E’ possibile distinguere quattro distanze che dipendono dal tipo di interazione : intima, personale, sociale e pubblica.

 

Quella intima implica il contatto fisico, quella personale un’interazione a due, o comunque con pochi altri individui, quella sociale interessa un numero più numeroso ( ad esempio gli invitati ad un pranzo di gala), quella pubblica un’interazione con molti individui ( ad esempio un attore sul palcoscenico di fronte ad una sala gremita).
Al variare della distanza è ovvio che cambierà il tipo di afferenza sensoriale che giunge a chi partecipa all’interazione :  la distanza intima o personale permette l’acquisizione di informazioni attraverso l’olfatto e tatto, mentre in situazioni sociali e pubbliche rimangono funzionali solo più vista ed udito.
A distanze minori rivestiranno più importanza gli elementi comunicativi non verbali di tipo cinestesico ( l’espressione del volto, i movimenti del volto e del tronco), mentre con l’aumentare della distanza interpersonale tendono ad avere la prevalenza i segnali verbali e quelli non verbali fortemente formalizzati ( lo scuotimento della mano in segno di saluto).
Quali distanze si scelgono, al variare della situazione? Molto dipende dal tipo di comunicazione che si vuole mettere in atto. Se desideriamo avere una comunicazione con più persone, tenderemo a porci in un punto visibile, ad una distanza maggiore di quella che divide gli individui che ascoltano; questo espediente ci fornisce un modo per richiamare l’attenzione e per segnalare che ciò che stiamo dicendo è rivolto a tutti.
Se invece, all’interno di una stanza affollata desideriamo comunicare qualcosa ad un amico, allora ci avvicineremo molto a lui, molto di più  di quello che faremo se fossimo soli in una stanza vuota.
In linea di massima l’essere umano tende ad avere una distanza interpersonale minore con gli individui che più gradisce.

Ogni individuo tende a mantenere nei confronti degli altri una distanza personale la cui ampiezza varia in funzione delle situazioni in cui viene a trovarsi.
L’ampiezza della  ‘zona cuscinetto’ risulta significativamente correlata con l’ambiente di appartenenza.
In tal senso gli individui che vivono in condizioni di isolamento, cioè con scarse possibilità di partecipazione ad una vita comunitaria più allargata, il carcere per esempio, tendono a frapporre tra sé e gli altri distanze notevolmente più ampie, quasi ad accentuare il loro stesso isolamento.

Occorre inoltre considerare il comportamento nello spazio come una delle manifestazioni del processo di socializzazione, in cui si rilevano istanze individuali e meta-individuali.
Si possono quindi suddividere questi aspetti in tre categorie che si riferiscono alle caratteristiche di personalità, al contesto culturale e al sesso.
Le ricerche condotte sul rapporto tra spazio e caratteristiche di personalità ,  dimostrano che il concetto di sé e la fiducia negli altri sono fattori strettamente correlati al comportamento spaziale.
Individui aventi una positiva immagine di sé e un’alta fiducia negli altri si pongono a distanze più ristrette rispetto ad altre figure sociali che non individui che hanno un concetto di sé negativo e una scarsa fiducia.

 Un aspetto strettamente correlato con l’uso dello spazio è costituito dall’appartenenza  etnico-culturale.
Hall, nei suoi studi sulla prossemica, ha rilevato come i vari gruppi culturali siano caratterizzati da comportamenti spaziali molto diversi.
Parlare attraverso la porta di casa, stando fuori, per la maggior parte degli americani non significa affatto essere dentro casa; per i tedeschi invece lo stare sulla soglia è una invasione della privacy.
In Germania le porte delle case private, degli alberghi, degli edifici pubblici, sono quasi sempre doppie in modo da ottenere il massimo isolamento acustico. Le strutture architettoniche vengono incontro a queste esigenze di protezione e difesa dell’ego: i balconi sono fatti in modo tale da impedire gli sguardi ‘indiscreti’, i cortili sono cintati.....Negli uffici le porte sono chiuse per non trovarsi troppo ‘esposti’ e per non dare al lavoro un tono troppo rilassato e disdicevole alla serietà degli affari.
Negli uffici americani invece le porte sono aperte e spesso le pareti sono trasparenti.
Per noi le pareti di una casa sono fisse, in Giappone sono mobili. Le camere delle locande giapponesi si modificano in continuazione : una parete sparisce, e viene servito il pranzo; finito di mangiare è tempo di dormire ed ecco che si srotola il giaciglio là dove si è mangiato, meditato e chiacchierato.
In Medio Oriente veniamo colpiti da due impressioni contradditorie : negli spazi pubblici ci sentiamo pressati, spinti, urtati dalla folla,  veniamo sommersi dagli odori e dal frastuono; mentre nelle case (che sono molto diverse dai nostri monolocali) ci sentiamo fuori posto per il troppo spazio.
Gli Arabi infatti non amano stare da soli e nelle loro abitazioni non esiste una privacy materiale come la intendiamo noi. Nei luoghi pubblici non avvertono alcuna intrusione, qualunque sia la vicinanza degli altri; usano probabilmente qualche altro sistema per isolarsi: smettere di parlare per chiudersi nel mutismo.
Gli arabi sono in effetti il gruppo culturale che manifesta la minore ampiezza di zona cuscinetto, per loro le distanze ampie assumono una connotazione negativa e sono indice di scortesia e di indifferenza.
Gli occidentali hanno attribuito connotazioni negative al fenomeno dell’affollamento, perché vivono seguendo la norma del non-contatto.
Data la minor ampiezza degli spazi personali nei popoli mediterranei rispetto ai popoli nordici si è ipotizzato  che individui appartenenti a ‘gruppi di contatto’ (arabi, greci, italiani) abbiano schemi di comportamento caratterizzati da distanze minori rispetto a quelli appartenenti a ‘gruppi non-contatto ( scozzesi, tedeschi, svedesi, americani).
Anche negli animali, come osserva Hedinger, si distinguono due categorie di vertebrati : quelli che seguono il principio del contatto e quelli del non-contatto.
I primi tollerano stretti contatti fisici non solo casualmente, ma li ricercano deliberatamente; tra questi i cinghiali, i gufi, le tartarughe, molti primati, i ricci e , stranamente anche gli istrici.
I secondi, invece, evitano ogni contatto stretto con individui della stessa specie, spesso ritraendosi di fronte alla mano umana non amando essere coccolati; tra questi i gatti e i cani (almeno nelle varietà non del tutto addomesticate), le tortore, i gabbiani, le rondini, molti ruminanti, i pinguini.
Tutti i comportamenti sociali hanno luogo in un ambiente fisico.Talvolta gli ambienti sono organizzati intenzionalmente da chi li usa o da architetti, con idee sul come produrre certe interazioni.
La posizione della scrivania in un ufficio, per esempio,  influenza la relazione fra chi la occupa e suoi visitatori.
Anche la decorazione e il colore degli spazi influisce sull’interazione sociale.
Da alcuni esperimenti condotti in aule scolastiche risulta che bambini esaminati in stanze di colore blu, giallo, giallo-verde e arancione hanno ottenuto dodici punti di Q.I. in più rispetto a quelli esaminati in stanze bianche, marroni, o nere.

Ecco una tabella su “ Gli umori creati dal colore” tratta da Burgoon e Saine in The Unspoken Dialoge  (1978) :
 
Colori             Umori

  • rosso                  ardente, affettuoso, adirato, provocatorio, contrario, ostile, pieno di vitalità, eccitazione, amore
  • blu                     freddo, piacevole, tranquillo, lontano, infinito, sicuro, trascendente
  • giallo                sgradevole, eccitante, ostile, allegro, gioioso, gioviale
  • arancione          eccitante, ‘disturbato’, a disagio, provocatorio, contrario, stimolante.
  • porpora             depresso, triste, dignitoso, maestoso
  • verde                 freddo, piacevole, tranquillo, padrone di sé
  • nero                  triste, sensibile, ansioso, timoroso, scoraggiato, abbattuto, melanconico, infelice               
  •  marrone           triste, non tenero, scoraggiato, infelice, abbattuto, indifferente
  • bianco               gioioso, allegro, indifferente, freddo

Per concludere questa parte dedicata alla prossemica, Umberto Eco  sostiene che “ (...) lo spazio parla, e parla anche quando non vogliamo ascoltarlo; parla per precise convenzioni culturali, ma parla anche in base a profondi radicamenti biologici (che Hall va a ricercare nel comportamento animale) così che l’ignoranza del linguaggio spaziale può portare l’uomo ( dai rapporti interpersonali, alle grandi decisioni), alla propria distruzione.”


 

Perchè la comunicazione s’inceppa : le barriere alla comunicazione interpersonale

Un aspetto importante da tenere in considerazione è costituito dagli ostacoli alla comunicazione. Questi dovrebbero, per quanto possibile, essere individuati prima di attivare una comunicazione in modo da eliminarli o per lo meno tenerne conto.
Una comunicazione che non considera la presenza di eventuali barriere non può essere efficace.
Le barriere principali sono:

  • Saturazione : troppi messaggi simultaneamente riducono in modo considerevole le possibilità di ricezione.
  • Distrazione : la noia dovuta alla qualità del messaggio o una sua monotona ripetizione abbassa i livelli di attenzione.
  • Presupposti impliciti : le posizioni degli interlocutori sono già decise prima di iniziare la comunicazione.
  • Schemi di riferimento incompatibili : sull’oggetto della comunicazione si riflettono posizioni ideali e sistemi di valore radicalmente diversi.
  • Interferenze emotive : pensieri di altra natura ostacolano la ricezione e la comprensione dei messaggi.
  • Presentazione confusa : gli argomenti da trattare vengono esposi in modo disordinato e mal strutturato.
  • Mancanza di canali : se è necessario verificare l’impatto del nostro messaggio, è meglio disporre anche del canale non verbale e quindi poterlo incontrare faccia a faccia.
  • Pregiudizi : opinioni preconcette, capaci di condizionare la posizione dell’interlocutore.
  • Stereotipi : opinioni precostituite e generalizzate su persone o gruppi sociali la cui forma estrema è il razzismo.
  •  

GLI APPROCCI ALLA COMUNICAZIONE


   Analisi Transazionale

E’ una tecnica della comunicazione messa a punto dallo psicoterapeuta statunitense E. Berne, il quale ispirandosi alla psicoanalisi e alle psicologia della Gestalt, struttura la sua teoria basandosi sulle “transazioni”, cioè, sui rapporti di scambio, di trattativa, caratteristici della comunicazione umana.
Descrive  tre stati dell’Io :
- lo stato dell’Io Bambino è un insieme di sentimenti, pensieri e modelli di comportamento che risalgono alla nostra infanzia individuale;
- lo stato dell’Io Adulto è caratterizzato da un insieme autonomo di sentimenti, atteggiamenti e modelli di comportamento che risultano appropriati alla realtà del momento.
- lo stato dell’ Io Genitore è un insieme di sentimenti, pensieri e modelli di comportamento incorporati dall’esterno
Una persona tenderà, di volta in volta, ad assumere uno di questi stati dell’Io.
Esistono 4 approcci per individuare lo stato dell’Io attivo in un preciso momento :
- approccio comportamentale : osservazione di parole, voce, gesti, espressione, atteggiamento,
- approccio sociale :  osservazione dello stato dell’Io suscitato negli altri
- approccio storico :  si basa sulla consapevolezza che il comportamento presente ha un precedente, sia nel ricordo di un comportamento simile da parte di una figura significativa nel passato, sia di ricordi di precedenti simili e comportamenti nella propria infanzia.
- approccio fenomenologico : consiste nell’autodiagnosi fondata sul vissuto personale.

 

 

 

Programmazione Neurolinguistica

Con questa espressione si indica il procedimento fondamentale usato dagli esseri umani per codificare, trasferire guidare e modificare il comportamento.
Nel nome della teoria (PNL) stanno i suoi fondamenti :
- “Programmazione” si riferisce al fatto che ogni individuo utilizza strategie per 
raggiungere determinati risulti;
- “Neuro” indica che ogni comportamento deriva dai processi neurologici;
- “Linguistica” perchè questi processi neurologici vengono ordinati in sequenze, in base
agli schemi linguistici e ai sistemi di comunicazione.
Il linguaggio dà forma al pensiero, dicono i filosofi, ma la mappa che viene così a crearsi non è il territorio, avvertono i cibernetici. Per agire sul territorio, ovvero sulla realtà, è necessario agire sulla mappa, così come viene percepita da noi e da chi ci sta intorno, e sui processi comunicativi che concorrono a costruirla. Non soltanto quindi sul linguaggio verbale, ma anche sul linguaggio del corpo, della voce, del comportamento, delle interazioni, con le loro grammatiche e sintassi.
I mezzi con cui  sondiamo  il territorio sono i canali sensoriali che intervengono anche a livello mentale ; disponiamo, infatti, di rappresentazioni mentali che ordiniamo secondo sequenze, in base alle quali strutturiamo il nostro comportamento.

 

 

 
Pragmatica della comunicazione

Verso la fine degli anni  ‘60, P. Watzlawick, D. Jackson, J.H. Beavin, membri della scuola di Palo Alto - luogo di confluenza di antropologia, cibernetica, psicologia e psichiatria - interpretano la pragmatica come studio degli effetti della comunicazione sul comportamento e come base per teorica della psicoterapia.
Perché il termine “pragmatica “ della comunicazione ?
La comunicazione umana può rientrare nel campo di 3 approcci : la sintassi, la semantica, la pragmatica. La prima ha per oggetto la trasmissione di informazioni: tratta dei problemi della codificazione, dei canali di trasmissione, della ricezione dei messaggi.... La seconda si interessa al senso di un messaggio e al modo in cui questo viene prodotto e capito. La terza si occupa del  fatto che la comunicazione tocca il comportamento.
La pragmatica della comunicazione si fonda su alcune nozioni-chiave :
1- non si può non comunicare
2- i livelli comunicativi di contenuto e di relazione
3- la dualità dei messaggi : digitali e analogici
4- la punteggiatura della comunicazione
5- ogni interazione è simmetrica o complementare

 


COME  SI  COMUNICA ?

 

 

 

  • CINESICA  ( da KINESIS   =  MOVIMENTO ) :
  • POSTURA
  • GESTUALITA’
  • MOVIMENTO
  • MIMICA FACCIALE
  • SGUARDO

 

  • LINGUAGGIO :
  • VOCALE DIRETTO
  • VOCALE A DISTANZA
  • SCRITTO

 

  • PARALINGUISTICA :
  • QUALITA’ DELLA VOCE :
  • TONO DELLA VOCE
  • RITMO DELLA CONVERSAZIONE
  • VELOCITA’
  • INTENSITA’ DEL SUONO
  • VOCALIZZAZIONI :
  • EMISSIONE DEI SUONI
  • SOSPENSIONI
  • PRONUNCIA :
  • INFLESSIONI DIALETTALI

 

  • PROSSEMICA
  • USO DELLO SPAZIO
  • DISTANZA DAGLI ALTRI
  • ORIENTAMENTO VERSO GLI ALTRI

 


Esercizio


COSA  SIGNIFICA  COMUNICARE  ?

“ Come un vascello rivela al suono se è avariato o meno, così gli uomini   provano con i loro discorsi se sono saggi o sciocchi “
( Demostene )

 “ Per capire sé stesso l’uomo ha bisogno di essere capito dall’altro.
Per essere capito dall’altro ha bisogno di capire l’altro “
( T. Hora )

“ La mappa non è il territorio “ ( Korzbisky )

 

  • Scambio di informazioni tra due o più entità in grado di emettere e ricevere segnali, intendendo per “scambio” un processo interattivo in cui è presente un meccanismo di feed-back o retroazione

 

  • La definizione più semplice di comunicazione è quella di una trasmissione di informazione per mezzo di messaggi utilizzando un codice. Ma con ciò abbiamo definito solo l’informazione; perché si abbia comunicazione tra esseri viventi bisogna che si stabilisca tra essi un rapporto; l’informazione deve essere seguita da una informazione di ritorno che assicuri la fonte di emissione del messaggio che è stato ricevuto; con ciò si ha comunicazione cioè messa in comune dell’informazione.

       

  • .........................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….

CRITERI  DI  PERCEZIONE

 

  • L’atteggiamento : atteggiamento posturale e movimenti che cambiano la posizione del corpo ( es: spostare il peso spostandosi in avanti, accavallare le gambe.......)
  •  
  • Mimica : tutti i fenomeni che si osservano sul volto di una persona, inclusi i processi psicosomatici come ad esempio il pallore, il rossore.......
  •  
  • Gestualità : tutti i gesti delle braccia, il linguaggio delle mani, molte azioni come   l’aprire una porta, spegnere una sigaretta......................
  •  
  • Distanza : la distanza che si assume rispetto agli altri, i movimenti repentini mirati a modificare questa distanza.
  •  
  • Tono : tutti i fenomeni che ci appaiono quando una persona parla ( es : la melodia del discorso, il ritmo, il volume della voce, i sospiri, le pause.........)

 

 

Tratto da : ISFOL “Competenze trasversali e comportamento organizzativo” - F. Angeli, 1992

 

 BIBLIOGRAFIA
Comunicazione e interazione

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  •  

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Waztzlawick P. "La realtà inventata", Astrolabio (**)

 

Legenda

  • Testo di facile leggibilità o per un primo approccio all’argomento (*)
  • Testo di maggiore approfondimento (**)
  • Testo specialistico (***) 

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LA COMUNICAZIONE

La comunicazione (dal lat. cum = con, e munire = legare, costruire

e dal lat. communico = mettere in comune, far partecipe).

La comunicazione è un bisogno di tutti gli esseri viventi e rappresenta la condizione indispensabile per qualsiasi forma di interazione  con l’ambiente circostante, è essenzialmente uno scambio d’informazioni.

Per comunicare si utilizzano diversi sistemi: la parola scritta e parlata, i gesti, i segnali elettromagnetici ovvero il telefono e il computer. Anche il silenzio è una forma di comunicazione.

La comunicazione non è una prerogativa esclusivamente umana anche gli animali si scambiano informazioni anche se lo scambio è molto limitato.

 

GLI ELEMENTI DELLA COMUNICAZIONE

Fanno parte della comunicazione i seguenti elementi:

  • L’emittente, è colui che comunica qualcosa
  • Il destinatario, è colui a cui è destinata l’informazione
  • Il ricevente, è colui che riceve la comunicazione
  • Il messaggio, è il contenuto della comunicazione
  • Il codice, è la lingua o i segni che si usano per comunicare e deve essere comune sia all’emittente che al ricevente
  • Il canale, è il mezzo con cui avviene la comunicazione
  • Il contesto, è il luogo dove avviene la comunicazione

 

IL FEED-BACK

Feed-back dall’inglese “azione all’indietro”. Nella comunicazione il messaggio dell’emittente genera una risposta del destinatario, il quale diventa così a sua volta emittente di un’informazione di ritorno, ed appunto questo meccanismo si chiamo feed-back. In mancanza di feed-back non c’è vera comunicazione ma solo trasmissione di informazioni.

 

IL LINGUAGGIO VEBALE E NON VERBALE

Il linguaggio verbale è costituito dalle parole e da un insieme di regole, parliamo della lingua (italiano, inglese, francese, spagnolo ecc)

Il linguaggio non  verbale è costituito dai gesti, dallo sguardo, dal tono della voce, dal comportamento ecc.

I segni che costituiscono il linguaggio non verbale si possono così riassumere:

  • Il corpo, questo è il primo strumento di comunicazione, es: un bacio, una carezza
  • Il paralinguaggio sono i suoni che accompagnano la voce umana tipo il pianto, l’intonazione i sospiri ecc
  • I gesti che normalmente accompagnano il linguaggio verbale anche da soli hanno un significato
  • L’aspetto ovvero l’abito, la pettinatura, gli accessori possono dire molto di noi
  • Lo sguardo e le espressioni facciali comunicano emozioni e stati d’animo

 

 

 

 

 

 

I CODICI

E necessario, per comunicare , che l’emittente e il ricevente usino lo stesso codice.

I codici si dividono in:

  • Codici  verbale: le lingue
  • Codici non verbali: il linguaggio dei gesti,  il codice informatico, stradale, musicale, meteorologico, musicale e visivo quest’ultimo è uno dei più antichi infatti l’uomo iniziò a comunicare con i suoi simili attraverso dei segni grafici rudimentali che con il passare del tempo si sono affinati fino a diventare immagini.

I TESTI

Il testo, dal latino textus (con significato originario di tessuto o trama), è un insieme di parole, correlate tra loro per costituire un'unità logico-concettuale.

Nella comunicazione scritta esistono varie tipologie testuali come:

  • Il testo descrittivo che comunica le caratteristiche di un oggetto, di un luogo o di una persona
  • Il testo narrativo che ricostruisce una serie di fatti collocandoli nel tempo
  • Il testo espositivo che espone una particolare tesi
  • Il testo argomentativo che da istruzioni, indicazione, ordini

Nella comunicazione scritta si possono individuare varie funzioni come:

  • La funzione creativa o poetica, es.:il romanzo che è un testo letterario non finalizzato a scopi pratici ma soprattutto a sollecitare il piacere di chi legge; la poesia che ha come principale caratteristica il verso
  • La funzione informativa, es.:l’articolo di giornale, una notizia può dirsi completa se viene specificato chi, che cosa, dove, quando e perché dell’avvenimento a cui si rifinisce la notizia: è il famoso metodo delle 5 W (dalle parole inglesi who, what, where, when, why); il libro di testo che da un informazione esauriente su un certo argomento
  • La funzione espressiva, es.: la lettera privata, è un testo espressivo in cui l’emittente comunica sensazioni e punti di vista personali; il diario è un testo in cui spesso l’emittente e destinatario coincidono, in genere è scritto a mano
  • La funzione persuasiva, es.: il volantino che tenta di indurre chi lo riceve alla lettura attraverso parole ed immagini

 

Una forma molto particolare di comunicazione è il fumetto.

Il fumetto è una forma di comunicazione mista ovvero figurativa e verbale. Il termine fumetto deriva dall’inglese balloon ossia la nuvoletta che esce dalla bocca dei personaggi in cui sono riportati i discorsi.

I fumetti nascono negli Stati Uniti alla fine dell’Ottocento.

Il fumetto ha delle regole tipo:

  • L’elemento costitutivo dei fumetti è la vignetta
  • Le vignette sono racchiuse all’interno di una cornice. L’insieme delle vignette che occupano una pagina intera costituisce la tavola
  • Le vignette che formano una breve storia su una sola linea costituiscono una striscia (dall’inglese strip).

All’interno delle vignette ogni forma di espressione, dal pensiero ai suoni viene organizzata graficamente ecco alcune tipologie:

  • La nuvoletta che racchiude le battute e i pensieri dei personaggi
  • La didascalia fornisce informazioni al lettore per comprendere cambiamenti di luogo o di tempo
  • L’onomatopea esprime graficamente suoni o rumori
  • Il lettering rende evidente attraverso la scelta di caratteri colori ecc. la funzione espressiva.

 

LA COMUNICAZIONE DI MASSA

La comunicazione di massa ( la massa è l’insieme di persone che non si conoscono, separate nello spazio, che hanno scarsa possibilità di interazione) è l’insieme delle tecniche di comunicazione che consente la diffusione di testi, suoni e immagini mediante stampa, radio, computer, televisione e cinema.

  • La stampa è un insieme di procedimenti messi in atto per riprodurre immagini e parole in più copie. È tra le più tradizionali forme di comunicazioni esistenti, ha il merito di consentire la diffusine su larga scala di libri e testi scritti
  • La radio è un mezzo di comunicazione di massa caratterizzato da un vasto raggio di azione e capace di trasmettere qualsiasi messaggio sonoro.
  • Il cinema è un mezzo di comunicazione basata sulla fotografia. E’ una forma di spettacolo che si basa sulla proiezione di immagini in movimento e rappresenta il primo mass media dell’età industriale.
  • Il termine televisione è composto da due parole, tele e visione e significa “vedere da lontano” La televisione nasce da un intreccio di invenzioni e dall’ampliamento della fotografia,della cinematografia e della radiofonia.

LA COMUNICAZIONE TELEFONICA E GLI SMS

La comunicazione telefonica è una comunicazione essenzialmente orale. Essa manca, quasi totalmente, dell’aspetto visivo: ne l’emittente ne il ricevente possono vedere l’altro e di conseguenza non possono usare il linguaggio non verbale, ma possono usare il paralinguaggio. La diffusione del telefono ha avuto una conseguenza importantissima sulle modalità di comunicazione umana. Il telefono svolge una funzione più immediata e diretta della lettera, precedentemente usata come principale forma di comunicazione a distanza.

Un'altra forma di comunicazione avviene attraverso gli “SMS” (Short Message Service), ovvero brevi messaggi di testo che possono essere inviati da un cellulare all’altro. Inoltre è possibile inviare SMS anche da Internet verso i cellulari. Questo tipo di comunicazione è usata soprattutto dai giovani.

Gli SMS hanno trovato anche impieghi alternativi tipo: la scuola che li utilizza per avvertire i genitori dei ritardi o delle assenze dei figli.

La diffusione degli SMS e la loro brevità, hanno sviluppato originali forme di linguaggio, utili per recuperare spazio tipo: c6= ci sei, cmq= comunque, tvb= ti voglio bene.

 

Fonte: http://www.maffeopantaleoni.it/LA%20COMUNICAZIONE%20sito.doc

Sito web da visitare: http://www.maffeopantaleoni.it

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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