Cucina piemontese ricette
Cucina piemontese ricette
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Cucina piemontese ricette
BAGNA CAUDA
La Bagna Càuda (Salsa Calda) è un condimento tradizionale piemontese dal colore marrone e dalla consistenza fluida. Per la preparazione occorrono: burro, olio extravergine di oliva, aglio e acciughe sotto sale.
Per rendere la salsa più delicata si mette la panna. L'aggiunta di mezzo bicchiere di vino rosso ed un cucchiaio di aceto imbruniscono il colore e donano un odore più aspro.
come si fa
Si spela l'aglio e poi si affetta finemente. Qualora si desiderasse rendere l'aroma meno aggressivo, si mette l'aglio a bagno nel latte per un paio di ore prima dell'uso e, poi, si fa sgocciolare e lo si asciuga. Dopo aver fatto sciogliere il burro in un tegame su un fornello a fuoco molto lento, si unisce l'aglio e lo si fa rosolare. Quando comincia a disfarsi, si aggiungono i filetti di acciuga e si versa l'olio un pò alla volta. Si mescola lentamente con un cucchiaio di legno: la Bagna Càuda dovrà cuocere sino a quando le acciughe saranno completamente sciolte.
un po' di storia
Le origini di questo condimento risalgono al tardo Medioevo quando i vignaioli per festeggiare la spillatura del vino nuovo desiderarono un piatto insolito: un piatto rustico, dal sapore deciso da contrapporre ai consueti pasti glassati e profumati dei signori. Si scelse di accompagnare i buoni ortaggi piemontesi con il prezioso aglio (prescritto dagli Statuti Medioevali e dai Bandi Campestri come coltura obbligatoria per ogni coltivatore proprietario), l'acciuga salata in barili e l'olio di oliva, scarsamente prodotto in Piemonte. La "Bagna Càuda" divenne un piatto conviviale della stagione invernale. Si dice che, anche in passato, vi fossero varianti alla ricetta originale come la Bagna Càuda Madama Reale. La famosa "Madama Reale", Giovanna Battista di Savoia-Nemours, avesse richiesto la preparazione a corte, ma pare fosse un piatto pomposo e barocco, del tutto estraneo allo spirito ed al significato della vera "Bagna Càuda". I cuochi di corte cominciavano a servire diverse pietanze, tutte intinte nella bagna cauda ed in altre salse barocche
curiosità e istruzioni per l'uso
La Bagna Càuda è servita abitualmente con verdure tradizionali piemontesi quali: peperoni, cardi, cavoli, radicchio, porro, carote, topinambur ed insalate; patate al vapore, cipolle e bietola rossa al forno, peperoni abbrustoliti e cavolfiore lessato. È, inoltre,un ottimo condimento per gli spaghetti, le uova sode e quelle strapazzate.
BAGNET ROS (BAGNET 'D TÔMATICHE)
Il Bagnet Ros, salsa rossa, è una salsa della tradizione piemontese. Gli ingredienti sono: pomodori maturi, cipolla grossa, aglio, carota, olio di oliva, aceto di vino, peperoncino rosso, zucchero e sale.
come si fa
Si lavano e si tritano i pomodori, la carota, la cipolla e l'aglio. Al composto ottenuto, si uniscono il peperoncino, l'aceto, lo zucchero, il sale e l'olio di oliva. Si pone tutto in un contenitore lasciando cuocere a fuoco lento per circa tre ore. Si passano, quindi, le verdure al setaccio e si aggiungono olio di oliva e un pò di sale. La salsa si conserva in vasetti di vetro a chiusura ermetica per qualche tempo, versandovi sopra un filo di olio.
un po' di storia
Presso la corte sabauda nel XIX secolo la carne era servita accompagnata da diverse salse tra le quali vi era il Bagnèt Ross. Vialardi, cuoco di Carlo Alberto, descrisse una variante di questa salsa nei suoi trattati gastronomici con il nome di "Salsa fredda di tomatiche".
curiosità e istruzioni per l'uso
In Piemonte, il Bagnet Ros accompagna un piatto della tradizione: il Bollito alla Piemontese. Talvolta può essere consumato sul pane.
BAGNET VERD
Il Bagnèt Verd è una salsa dalla consistenza fluida e di colore verde.
Gli ingredienti utilizzati sono: cipolla, aglio, uova, mollica di pane, prezzemolo, olio, aceto, sale, pepe, un pizzico di zucchero. Sono diffuse diverse varianti: alcuni non mettono lo zucchero ed aggiungono acciughe e/o dei cucchiai di passata di pomodoro; altri, in sostituzione del pepe, utilizzano peperoncino piccante.
come si fa
Il prezzemolo e l'aglio devono essere lavati, asciugati, tritati finemente e amalgamati con due tuorli d'uovo sodi. Si aggiunge la mollica di pane, ammorbidita ed imbevuta di aceto, l'olio, il sale, il pepe ed un pizzico di zucchero sino a ad avere una salsa liscia e colante. Si lascia riposare un giorno e poi è pronta per il consumo.
un po' di storia
La ricetta originale scritta da Giovanni Vialardi, cuoco e pasticcere di Carlo Alberto, risale al XIX secolo ed è contenuta nel libro "Cucina Borghese".
curiosità e istruzioni per l'uso
Il Bagnèt Verd è una salsa che, oltre ad essere un ottimo ingrediente per insaporire le carni bollite, può essere consumata anche sul pane oppure sulle tartine. Questa salsa, ricoperta di olio, si conserva in vasetti di vetro a chiusura ermetica per qualche tempo.
MOSTARDA D'UVA O 'COGNA'
La mostarda d'uva è costituita da mosto d'uva cotto a cui viene aggiunta frutta di stagione quali: mele cotogne, zucca, pere, fichi, prugne, noci, nocciole tostate, scorza d'arancia e di limone. Essa ha la consistenza di una confettura e il colore scuro è dovuto all'uso del mosto di uva, di solito si tratta di: barbera, dolcetto, nebbiolo e moscato. Non è assolutamente piccante.
La zona di produzione comprende i territori del Monferrato alessandrino e casalese nei quali è chiamata "mostarda d'uva monferrina" e quelli dell'astigiano e del cuneese dove il prodotto viene chiamato "Cognà".
come si fa
Si parte dal mosto che con lenta evaporazione si riduce ad un terzo. La frutta di stagione è mondata manualmente e tagliata a pezzi grossolani. Poi la si unisce al mosto e si fa cuocere ancora per 4-5 ore sino ad amalgamare il tutto. Un tempo, si usavano pentole molto basse e larghe per favorire la concentrazione del mosto. Attualmente sono utilizzate bacinelle in acciaio inossidabile, con rimescolatore per poter favorire l'evaporazione e consentire la cottura in circa 24 ore. Il condimento è, quindi, messo in vasetti di vetro a caldo e sterilizzato dove può mantenersi per un anno.
un po' di storia
La ricetta antica si tramanda di cascina in cascina con evidenti modifiche negli ingredienti in base ai frutti disponibili al momento della preparazione. Da testimonianze orali raccolte nei luoghi di produzione emerge che "La Cognà era la salsa dei poveri". In un ampio lavoro sull'alimentazione medievale in Piemonte si rileva la presenza, in quasi tutti gli inventari familiari di un mortaio, usato ovviamente per il sale, ma anche in modo specifico di un "molinetum lapidis pro mostarda". Pur non essendo di facile individuazione, la mostarda doveva essere costituita in buona parte da mosto d'uva.
curiosità e istruzioni per l'uso
La Mostarda d'Uva o Cognà è un ottimo accompagnamento per la polenta, i bolliti ed i formaggi. Si rivela ottima se spalmata sul pane. Inoltre, se è unita alla neve può diventare un sorbetto.
MOSTARDA DI MELE
La mostarda di mele è una salsa agrodolce, semiliquida, ottenuta dal succo di mele biellesi, possibilmente della varietà locale "Dolce piatto" senza aggiunta né di zucchero né di miele o di altri dolcificanti.
La zona di produzione comprende: la Valle Elvo, la Valle di Mosso ed altri comuni della provincia di Biella.
come si fa
Dopo la raccolta, le mele sono lasciate maturare ancora per circa un mese. Poi vengono schiacciate con una macchina a cilindri dentati e la poltiglia ottenuta è passata in un torchio. Il succo viene immediatamente portato a bollore in un grosso paiolo che in passato era di rame mentre adesso è in acciaio inox. Dopo il bollore, si procede ad una schiumatura per eliminare le eventuali impurità e si lascia consumare a fuoco lento per un tempo variabile dalle 15 alle 18 ore. La mostarda è messa, ancora calda, in vasetti di vetro a chiusura ermetica e si conserva per molto tempo.
un po' di storia
La mostarda di mele probabilmente ha origini medievali: per la sua preparazione, in passato, venivano utilizzati i frutti avanzati durante l'inverno. Successivamente, la varietà Dòsc piat fu individuata come la più idonea per la sua dolcezza leggermente speziata che conferiva alla mostarda il caratteristico sapore.
curiosità e istruzioni per l'uso
La mostarda di mele è usata come salsa per insaporire la polenta o le carni bollite particolarmente saporite come la paletta. Si rivela un ottimo accompagnamento per i formaggi tipici della zona come il Beddo.
MIELI DEL PIEMONTE
La produzione di miele avviene in quasi tutto il Piemonte e risulta diversificata per le svariate situazioni altimetriche presenti ed una flora altrettanto variabile.
Tra le varietà monoflorali vi sono:
miele di acacia: è chiaro e fluido ed è il più importante della nostra regione;
miele di tiglio: è un miele cristallizzato con un gradevole aroma;
miele di castagno: è di colore scuro, aromatico e profumato e tende a non cristallizzare;
miele di tarassaco: ha un colore intenso, l'aroma molto marcato e caratteristico e si presenta sempre cristallizzato;
miele di rododendro: è di colore molto chiaro, presenta un aroma assai delicato ed ha una consistenza burrosa.
Tra le varietà multiflorali si ha il miele millefiori di alta montagna, di colore chiaro, cristallizza finemente con ottime caratteristiche aromatiche.
Da zone particolarmente vocate provengono i seguenti mieli piemontesi, dalle peculiari caratteristiche organolettiche:
Miele di Pragelato: miele millefiori di montagna raccolto durante la piena fioritura del rododendro;
Miele della Val Grana: mieli monoflorali di Tarassaco, di Robinia e di Castagno, oltre al millefiori;
Mieli delle Valli di Lanzo: mieli monoflorali di castagno, di tiglio, di acacia, di rododendro, oltre al millefiori di montagna;
Miele Ossolano: miele di tiglio di castagno, di rododendro e di acacia;
Miele Biellese: mieli di castagno e di acacia della Valle Cervo; la produzione avviene in pianura, collina e montagna;
Miele della Val Sangone: miele di castagno ed il millefiori di montagna.
un po' di storia
Sin dal Medioevo in Piemonte veniva praticata l'apicoltura, soprattutto nelle aree pedemontane e montane, in particolar modo nel Canavese e nelle vallate cuneesi. In uno studio del 1922 sui mieli italiani emergeva la specializzazione del territorio subalpino, con ben 22 mieli piemontesi su 43 presi in considerazione.
Palpitun
Dolce tradizionale di Mongrando, preparato in occasione della festa del paese e ancora oggi molto diffuso. La maggior parte delle ricette di cucina povera, si sono con il tempo diversificate, poiché ogni famiglia le ha adattate ai propri gusti e alle proprie esigenze. Anche il palpitun ha subito la stessa sorte (c’è chi lo prepara con mele e pere mescolate, che lo aromatizza con un liquore amaro): quella che segue è una delle versioni più tradizionali.
Ingredienti
2 Kg di pere morbide, 2 panini raffermi, 2 bicchieri di latte, 250 gr di amaretti, 75 g r di cacao zuccherato, 3 cucchiai di zucchero, 2 uova, una bustina di lievito, un cucchiaino di caffè in polvere, 50 g di burro, 2 cucchiai di rhum, un pizzico di sale, burro e pan grattato per la teglia.
Sbucciate e private del torsolo le pere, affettarle e farle rosolare in un tegame con il burro, aggiungendo un po’ di acqua se si asciugano troppo. Nel frattempo far rivenire nel latte i panini, strizzarli poi e tagliargli grossolanamente con la mezzaluna,. Riunire le pere, gli amaretti sbriciolati, il cacao, lo zucchero e il caffè in polvere, le uova, il rhum e un pizzico di sale e il pane.
Mescolare bene per ottenere un impasto omogeneo, aggiungere infine lo lievito e amalgamarlo al composto. Imburrare una teglia e cospargerla di pan grattato o semolino, versarvi il composto, distribuirvi qualche fiocchetto di burro sulla superficie, cuocere a 180 – 200°C per 40 minuti. Servire tiepida.
Pere martin sech al vino
Le martin sech sono una varietà rustica di pere tardive, detta cannellino, un tempo molto coltivate, oggi quasi introvabili. Piccole, a forma panciuta, di buona conservabilità, hanno buccia sottile, dura, dal colore tendente al ruggine. La polpa è bianca, soda e poco succosa. È una pera ideale da cuocere con il vino, poiché durate la cottura non si spappola e cede la pectina, che contiene in buona parte, rendendo lo sciroppo denso e gelatinoso.
Ingredienti
8 pere “mqrtin sec” (oppure 8 piccole pere Kaiser), 2 dl di vino rosso, ½ bicchiere d’acqua, 100 gr di zucchero, un pezzetto di cannella, 2 chiodi di garofano, una striscia di scorze di limone non trattato.
Lavare bene le pere e senza sbucciarle né togliere il picciolo, sistemarle in un tegmane in modo che stiano in piedi, ben affiancate; bagnarle con il vino allungato con acqua che deve quasi ricoprirle. Unire le spezie, lo zucchero e la bucci a di limone, cuocere a fuoco basso eo a regame coperto per circa 15 minuti. Poi scoperchiare e lasciare cuocere ancora per 15 minuti in modo che il liquido si restringa e formi uno sciroppo denso. Si possono servire tiepide o fredde con il loro sugo di cottura
Pesche ripiene
La pesca è un frutto che appare spesso sulle tavole biellesi, sia cruda che cotta; la varietà detta “della vigna” a polpa bianca che diventa rosso vivo intorno al nocciolo, è tra le più apprezzate e adatte alla preparazione di composte e torte, ma è ormai difficile da reperire. Per la cottura in forno sono indicate anche le pesche gialle, spaccatele, a polpa soda, mature al punto giusto.
Ingredienti
5 pesche spaccatele non troppo mature, 4 cucchiai colmi di zucchero, 1 cucchiaio di cacao in polvere, 5 amaretti grossi o 15 piccoli, 5 cucchiai di marsala, 1 tuorlo d’uovo, 30 g di burro, la buccia grattugiata di ½ limone non trattato.
Lavare le pesche, aprirle a metà, togliere il nocciolo e scavare un po’ di polpa in modo da ingrandire le cavità di 8 mezze pesche, sbucciare le 2 mezze pesche restanti e tritarne la polpa insieme a quella tolta; unirvi gli amaretti finemente pestati, il cacao, 3 cucchiai di zucchero, la scorza di limone, il tuorlo e 2 cucchiai di marsala.
Disporre le pesche in una pirofila imburrata, riempirle con la crema, cospargele di zucchero e mettere su ciascuna un fiocchetto di burro; distribuire il restante marsala sul fondo del recipiente e porre in forno caldo per circa mezz’ora in modo che si formi una crosticina asciutta. Sono ottime sia tiepide che fredde.
Ratafià di Andorno
La parola ratafià giunse in Francia dalle Antille e indicava l’acquavite prodotta con la canna da zucchero. In quel lontano Paese “ranc” significa spirito e “tafia” canna zuccherina. Si può presumere che i biellesi che intrattenevano ottime relazioni commerciali con Lione e Marsiglia conobbero oltralpe il ratafià delle Antille e che pensarono di chiamare allo stesso modo quello andornese fruttando così una fama già acquisita e consolidata. Fra gli andornesi che si dedicarono a questa produzione si distinse Giovanni Antonio Rapa che preparava in segreto i suoi liquori e divenne fornitori dei vip dell’epoca, dal re Umberto I ai vari pontefici. Fra le leggende vi è quella che l’inventore sia stato un pio eremita che viveva nei boschi nei pressi di Andorno, lo estraeva dai succhi di ciliegine selvatiche. Un’altra ipotesi sostiene che le prime a produrlo siano state le monache cistercensi del monastero di Santa Maria della Sala e che il pittore Bernardino Galliari, oltre a introdurre la cultura della menta nel nord Italia avrebbe collaborato alla sua preparazione. Come si vede, un così amabile prodotto dal gusto così fruttato e dolce, può vantare innumerevoli e illustri padri e numerose leggende.
Ingredienti
2 kg di ciliegie nere selvatiche o amarene
2 kg di zucchero
100 g di mandorle amare sgusciate e senza pelle
3 g di cannella
3 g di macis
10 chiodi di garofano
Noce moscata
1 l e mezzo di alcol a 24 gradi
Fate passare il sugo delle ciliegie ben mature attraverso un pezzo di tela, spremendo forte finché sia uscito tutto il sugo. Mettete ciò che rimane nel mortaio con le mandorle, la cannella, il macis, i chiodi di garofano e la decima parte di una noce moscata. Pestare bene il tutto e mettere la pasta ottenuta nel sugo delle ciliegie.
Lasciate macerare e fermentare il tutto, coperto, per sette giorni. Quindi passare il sugo con la tovaglia raccogliendo il liquido in una terrina.
Aggiungere ancora un chilo e mezzo di zucchero, mescolate finché sia fuso, unite un litro e mezzo di alcol, filtrate ancora il tutto e versate il ratafià nelle bottiglie.
Polenta cunscia (= polenta condita)
La pulenta cunscia è uno dei pochi piatti biellesi la cui notorietà ha varcato i confini del nostro territorio. È una crema morbida di granoturco arricchita di burro e formaggio locale, ingredienti sempre disponibili all’alpe dove forse è nata. Espressione di una cultura gastronomica forzatamente frugale, la polenta diventa un piatto suntuoso quando è degnamente accompagnata.
Ingredienti
350 g di farina di mais
2 l di acqua
1 l di latte
2 hg di toma
1 hg di fontina
1 hg di burro di cascina
Aglio e salvia (facoltativi)
Sale e pepe
Nel paiolo di rame portare a bollore l’acqua e il latte con un pugno di farina. Che serve a togliere il sapore di “acqua bollita”.
Quando l’ebollizione è vivace salare e aggiungere a pioggia la farina rimestando energicamente con la frusta per evitare che si formino grumi. Tenere la polenta molto morbida perché cocendo si addenserà un poco.
Cuocere a fuoco moderato per almeno 50 minuti. Preparare il formaggio tagliato a fettine. In un pentolino far soffriggere il burro con l’aglio e la salvia (che andranno poi eliminati): il burro deve rosolare ma non annerire perché renderebbe indigesto e non piacevole il risultato.
A cottura quasi ultimata aggiungere il formaggio alla polenta, rimestare perché si sciolga perfettamente. Servire in piatti preriscaldati. Ogni commensale aggiungerà la quantità di burro che più gli aggrada, una macinata di pepe ed eventualmente un cucchiaio di parmigiano grattugiato.
Paste d melia (pasticcini di granoturco)
Sono pasticcini un po’ rustici, diffusi anche nel novarese e in Lombardia. Un tempo erano venduti dai panettieri e costituivano un dolce classico per concludere il pasto domenicale. L’aggiunta di fiori di sambuco essiccati li rende più friabili e profumati.
Ingredienti
200 gr di farina bianca, 200 g di fioretto o farina gialla macinata fine, 120 g di burro, 2 cucchiai di fiori di sambuco essiccati, 180 g di zucchero, 2 uova più un tuorlo, sale, una bustina di lievito vanigliato, qualche cucchiaio di latte.
Mescolare bene le due farine con lo lievito, unire il sale, lo zucchero, le uova e il tuorlo, i fiori di sambuco e il burro morbido a pezzetti. Mescolare tutti gli ingredienti prima con una forchetta e poi impastare con le mani aggiungendo qualche cucchiaiata di latte tiepido se l’insieme fosse troppo asciutto. Sulla spianatoia infarinata stendere la pasta con il matterello ad uno spessore uniforme di circa mezzo centimetro. Ricavarne delle forme regolari tonde o a losanga non troppo piccoli. Disporle su una teglia da forno rivestita di carta oleata, un po’ distanziate le une dalle altre e cuocerle per circa 25 minuti in forno preriscaldato a180 °C. quando sono fredde riporle in scatole di latta dove si conserveranno per parecchi giorni
Crostoni di pane con fundua d zeile (fonduta di acetosa)
Ingredienti
2 noci di burro
2 uova
100g di formaggio locale non troppo stagionato (toma o maccagno)
un mazzetto di foglie di acetosa (Rumex acetosa)
latte.
Sciogliere il burro in un padellino; tritare con la mezzaluna le foglie di acetosa ben mondate, unirle al burro, coprire e lasciare a fiamma bassa per 1 o 2 minuti;aggiungere il formaggio tagliato a pezzetti diluendo il tutto con poco latte. Appena il formaggio comincia a sciogliersi amalgamarvi l’uovo mescolando con un cucchiaio di legno in modo da ottenere un composto cremoso. Servire subito su crostoni di polenta o di pane casereccio insaporendo con pepe macinato al momento.
Fiori di sambuco in frittelle
Ingredienti
20 corimbri di sambuco
100g di zucchero a velo (o zucchero semolato)
125g di farina 00
2 uova
1 pizzico di sale
1 bicchiere di latte
Olio
Burro
Raccogliere i fiori in luogo pulito e lontano da fonti di inquinamento, controllare bene che siano privi di piccoli insetti, allargarli su un vassoio e cospargerli con un poco di zucchero a velo. Preparare la pastella battendo i tuorli con lo zucchero, unire la farina, un pizzico di sale e diluire con il latte. A parte montare a neve gli albumi e incorporarli al composto. Passare i fiori nella pastella tenendoli per il peduncolo, friggerli in una padella con olio e burro abbondanti, rigirandoli quando sono dorati. Farli asciugare su carta da cucina e cospargerli con zucchero prima di servirli caldi
Biscotti neri
Ingredienti
180 g di farina 00
120 g di farina di castagne
150 g di zucchero di canna integrale
100 g di burro
50 g di pinoli sgusciati
1-2 cucchiai di latte o panna
1 uovo
1 pizzico di sale
1 pizzico di cannella
1 pizzico di bicarbonato di sodio
Setacciare insieme le farine, unire il burro ammorbidito ma non sciolto, l’uovo, lo zucchero, il sale, la cannella e il bicarbonato, mescolare con
le mani e lavorare per pochi minuti, aggiungendo il latte se l’impasto risultasse troppo asciutto. Raccogliere a palla, lasciare riposare in frigo
per 30 minuti avvolto in pellicola da cucina, poi stendere con il matterello in spessore uniforme. Ritagliare in forme a piacere e inserire in ciascuna
forma 4-5 pinoli. Disporre su di una teglia rivestita di carta forno e cuocere a 180° per 15 minuti circa.
Mac tabe
Ingredienti
200 g di castagne secche
150 g di riso da minestra
1 l di latte circa
Sale
Lavare le castagne e metterle ad ammollare coperte di acqua per circa 12 ore, scolarle, privarle di eventuali pellicine e versarle in
una casseruola coperte con acqua facendole cuocere finchè l’acqua è quasi del tutto consumata. Schiacciarle con la forchetta, aggiungere il latte caldo
e un pizzico di sale, far prendere il bollore e unire il riso, portare a cottura a fuoco vivace in modo che la minestra si addensi.
Distribuirla nei piatti e lasciarla intiepidire prima di consumarla.
Grulle (castagne secche bollite)
Il 1° novembre al ritorno dalla funzione religiosa pomeridiana nei cimiteri, ci si riuniva a casa di un parente. Sulla tavola non mancava mancavano mai le castagne fresche bollite (frue) e le grulle che i bambini mangiavano così con il latte e che spesso gli adulti invece “irrobustivano” con il vino.
Ingredienti
400 g di castagne secche, acqua, un pizzico di sale, latte freddo o vino
Ris e riondelle (riso e malva)
Tritare un mazzetto di foglie di malva, una carota, mezza cipolla, una gamba di sedano con le sue foglie. Mettere in un recipiente del altte, versarvi il tutto e cuocere per 10 minuti. Aggiungere il riso, del burro a crudo, un po’ d’olio e salare. Terminare la cottura e servire con un po’ di formaggio grattugiato
Ris e malastre (minestra di riso e viole del pensiero)
Dopo averle sbucciate mettere a bollire le patate e insieme aggiungere una manciata di malastre. A metà cottura aggiungere il riso.
Quando le patate sono cotte, estrarle dalla pentola e metterle in un piatto. Schiacciarle con una forchetta unitamente ad un pezzo di burro crudo così da formare un impasto omogeneo, mentre la minestra con il riso continua a cuocere. Versare le patate schiacciate e del latte bollente nella minestra e salare. Rimestare il tutto e servire calda
Fonte: http://www.ecomeal.info/Ppiemonte/docs/ORTAGGI.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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