Storia dei dinosauri
Storia dei dinosauri
ERIC BUFFETAUT
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I dinosauri
La scoperta dei dinosauri
1. Il periodo «mitologico»
n. I primi studi scientifici
m. L'«invenzione» dei dinosauri
IV. Nuove scoperte ed evoluzione delle idee
Definizione e origine dei dinosauri
. Che cos'è un dinosauro?
n. I dinosauri fra i rettili
m. L'origine dei dinosauri
Evoluzione e classificazione dei dinosauri
1. Saurischi e Ornitischi
n. I Teropodi
m. I Sauropodomorfi
Iv. I Tireofori
v. Gli Ornitopodi
vl. I Pachicefalosauri
VIL I Ceratopsi
Vlll. L'origine degli uccelli
La biologia dei dinosauri
L Fisiologia e abitudini di vita dei dinosauri
n. L'alimentazione dei dinosauri
m. Cervello e intelligenza
IV. La riproduzione e la crescita
v. Qualche problema di ricostruzione
vl. I dinosauri nel loro ambiente
Storia delle faune a dinosauri
1. Il mondo nel Mesozoico
n. I dinosauri del Triassico
m. I dinosauri del Giurassico
n. I dinosauri del Cretacico
Prefazlone
L'estinzione dei dinosauri
L I dati del problema
n. Una pletora di ipotesi
nL Estinzione graduale o catastrofica?
IV. Una ipotesi gradualista: fu una regressione marina la causa dell'estinzione?
Le anomalie geochimiche e mineralogiche sono prove
di un evento catastrofico?
vl. Uno scenario per l'estinzione dei dinosauri
vn. Il mondo dopo i dinosauri
Conclusioni
Appendice.
I grandi giacimenti di dinosauri nel mondo
Il termine dinosauro, coniato nel 1842, oggi è entrato a far parte
del linguaggio corrente. Questo fatto denota sicuramente il successo
della scienza paleontologica presso il grande pubblico, ma presenta un
lato negativo: I'uso spesso non appropriato di tale termine tende a of-
fuscarne il reale significato. Viene considerato un dinosauro qualsiasi
grande animale estinto, qualsiasi «mostro» del passato. I dinosauri co-
stituiscono, invece, un gruppo ben definito di vertebrati, che conobbe-
ro un considerevole successo evolutivo nel corso dell'era Mesozoica
dorninando le faune continentali per oltre centocinquanta milioni di
anni, prima di scomparire improvvisamente sessantacinque milioni di
anni fa.
Oggi i dinosauri sono di moda, la stampa, il cinema, la televisione e
l'industria dei giocattoli si sono impadroniti della loro immagine.
Ouesto stato di cose, che per taluni aspetti può essere considerato un
successo della sua professione, porta il paleontologo a preoccuparsi
delle deformazioni che fanno dei dinosauri un elemento di certa mito-
logia popolare, in cui sono simili alle creature della fantascienza, in un
ruolo analogo a quello dei dragoni delle antiche leggende. Tralascian-
do gli aspetti bizzarri e spettacolari, troppo spesso privilegiati, è im-
portante far riferimento ai dati scientifici attualmente disponibili: cosa
sono realmente i dinosauri, come si possono definire e classificare,
come si sono evoluti nel corso della loro lunga storia, quali sono state
le ragioni del loro successo e quelle della loro scomparsa. Le risposte
date oggi a queste domande non sono più le stesse fornite prima degli
anni Settanta. Tutti gli aspetti dello studio dei dinosauri, dalla ricerca
sul campo di nuovi esemplari sino alle più ardite ipotesi sul loro modo
di vita o sulla loro estinzione, hannò conosciuto negli ultimi anni un
rinnovato interesse che ha cambiato l'immagine che avevamo di que-
sto gruppo di animali scomparsi. Per questo motivo il libro si apre con
un richiamo alla storia della scoperta e dell'interpretazione dei dino-
sauri, preludio all'esposizione delle nostre attuali conoscenze su que-
ste «terribili lucertole», oggi - sessantacinque milioni di anni dopo la
loro scomparsa - così familiari eppure cosl poco conosciute.
La scoperta dei dinosauri
Ciò che noi oggi sappiamo dei dinosauri è il risultato di oltre cento-
cinquanta anni di ricerche scientifiche. Ma anche prima della nascita
della paleontologia come scienza erano state scoperte ossa di dinosau-
ri, suscitando l'interesse e la speculazione intellettuale.
. Il periodo «mitologico»
Soltanto nel corso del xvm secolo il mondo scientifico riconobbe
che i fossili erano i resti, conservati nelle rocce, di organismi vissuti in
un lontano passato geologico. Ma già molto tempo prima di giungere a
un parere unanime in proposito, erano stati scoperti resti di dinosauri
(ossa e impronte fossili) ed erano stati presentati i primi tentativi di in-
terpretazione di questi oggetti enigmatici. Alcune di queste spiegazio-
ni si ritrovano in certe leggende raccolte nel secolo scorso. Infatti, quan-
do nel 1870 il viaggiatore francese Le Mesle studiò nel Sud dell'Alge-
ria le prime impronte fossili di dinosauri segnalate in Africa, annotò
come gli Arabi della regione attribuissero queste impronte tridattili a
un leggendario uccello gigante (da lui stesso considerate, del resto,
i npronte di uccelli estinti).
Alcune tribù di indiani del Nord America avevano notato grandi
ossa di dinosauri che in alcune zone erano visibili sul terreno. Nel
1892, il paleontologo Edward Drinker Cope, scoprendo ossa di questo
tipo nei depositi del Cretacico superiore del Sud Dakota, scrisse che i
Sioux della regione attribuivano queste ossa a mostri malefici che po-
polavano il sottosuolo. Se le loro ossa venivano scoperte, era perché
erano stati uccisi dal fulmine del Grande Spirito e chi le avesse raccol-
te si sarebbe esposto alla medesima sorte.
Anche in Asia la scoperta di resti di dinosauri attirò ben presto l'at-
tenzione degli animi curiosi. Un testo cinese, attribuito a un certo
Chang Qu, del periodo della dinastia dei Jin occidentali (265-316 d.C.),
riporta con queste parole la scoperta di ossa di dragone nella contea di
Wucheng, nella provincia del Sichuan:
Nella contea di Wucheng ci sono ossa di dragone. Sembra che il dragone sia volato daUa
montagna sino al cielo, ma trovando chiusa la porta del cielo, non è potuto entrare ed è rica-
duto sulla terra, dove è poi sprofondato sotto terra. E per questo che, scavando, è possibile
trovare tuttora ossa di dragone.
Il Sichuan è ricco di resti di dinosauri ed è molto probabile che le
ossa segnalate da Chang Qu potessero appartenere a uno di questi ani-
mali.
Dopo più di un millennio, uno dei primi naturalisti inglesi, il reve-
rendo Robert Plot, primo conservatore dell'Ashmolean Museum di
Oxford, nel suo Natural Histo)y of O~ord-shire, pubblicato nel 1676,
descrisse un curioso osso di grandi dimensioni trovato nella parroc-
chia di Cornwell (fig. 1). Correttamente egli vi riconobbe l'estremità
di un «osso della coscia» (un femore) pietrificato, ma identificare a chi
avrebbe potuto appartenere si rivelò più complicato. Poiché il reperto
apparteneva a una creatura nettamente più grande di un bue o di un ca-
vallo, si poteva pensare di attribuirlo a un elefante portato in Gran Bre-
tagna dai Romani, ma Plot aveva grandi dubbi al riguardo. Al termine
di una lunga dissertazione, egli giunse alla conclusione che si trattasse
più probabilmente di un femore di un uomo o di una donna di taglia
colossale. Secondo Plot, I'esistenza dei giganti era stata chiaramente
dimostrata dalla Bibbia, dalla mitologia, dalla storia e dai racconti dei
viaggiatori, e questa spiegazione, pertanto, non aveva nulla di invero-
simile. In seguito il frammento di femore di Comwell fu oggetto di in-
terpretazioni ancora più curiose (a causa della sua forma, nel 1763,
I'inglese Brookes lo chiamò Scrotum humanum e il francese Robinet,
nel 1768,1O considerò un vero e proprio scroto pietrificato, formato da
forze naturali). Soltanto nel 1871 jl geologo John Phillips riconobbe
che l'illustrazione di Plot rappresentava chiaramente l'estremità del
femore di un dinosauro, probabilmente un teropode del genere Mega-
losaurus.
Fig. I . La plù antica rappresentazione conosciuta di osso di dinosauro:figura pubblicata
nel 1677 da Robert Plot, che mostra un grande osso rinvenuto a Cornwell. presso Oxford.
Plot lo interpre~ò come unframmento osseo appartenuto a un gigante. Come ha dimostrato
poi il geologo John Phillips ne/ 1871, si tratta in realtà dell'estremità distale delfemore di
un dinosauro, probabilmente il teropode Megalosaurus.
Perché il concetto stesso di dinosauro potesse venire alla luce, biso-
gnava che fosse accettata l'esistenza nel passato di specie oggi com-
pletamente estinte, rappresentate esclusivamente da resti fossili. Que-
sta constatazione si impose tra la fine del xvllI e l'inizio del XIX seco-
lo, grazie soprattutto al lavoro di Blumenbach in Germania e di Cuvier
in Francia. Lo stesso Cuvier, nel 1808, raffigurò alcune vertebre, rin-
venute sulla costa della Normandia, che oggi sappiamo essere apparte-
nute a un dinosauro carnivoro, ma che alloM attribuì a uri coccodrillo
dall'anatomia molto particolare.
Nel 1824, William Buckland, professore di geologia a Oxford, indi-
cò con il nome di Megalosaurus, «grande lucertola», alcune ossa e
denti trovati nel Giurassico di Stonesfield, nei pressi di Oxford (fig. 2).
Si fa spesso risalire a questa pubblicazione l'inizio dello studio scien-
tifico dei dinosauri, ma l'idea che i naturalisti avevano dell'aspetto di
Megalosaurus era ancora piuttosto vaga. Le scoperte del chirurgo e
paleontologo Gideon Mantell nelle rocce del Cretacico inferiore di
Weald, a Sud di Londra, fecero progredire notevolmente le conoscen-
ze. Nel 1825 egli descrisse con il nome di Iguanodon i resti di un gran-
de rettile, i cui denti ben caratterizzati indicavano un regime alimentare
erbivoro (fig. 3). Dopo qualche esitazione, Cuvier si persuase allora
dell'esistenza nel passato di giganteschi rettili erbivori. Proseguendo
le sue scoperte, soprattutto quella di Hylaeosaurus, una forma coraz-
zata, Mantell giunse alla conclusione che era esistita, in un lontano
passato, una «età dei rettili» durante la quale questi animali, rag~iun-
Fig. 2. Una delle prime descrizioni scientifiche di un dinosauro è dovuta a Wiaiam Buckland
che, nel 1824, indicò con il nome di Megalosaurus alcuni resá fossili provenienti da depositi
del Giurassico medio di Stonesfield, vicino a Oxford. Queste illustrazioni, riprese da Buc-
kland, mostrano la parte antenore della mandibola (a sir~is~a) e alcuni denti (a dest~a) che pre-
sentano i caratteri tipici dei teropodi (corona compressa. dai bordi taglienh e seghettah).
Fig. 3. Denti di Iguanodon del Wealdiano (Cretacico inferiore) del Sussex, raffigurati da Gi-
deon Mantell che descrisse nel 1825 questo dinosauro erbivoro. Iguanodon è uno dei tre ge-
neri di rethli mesozoiei, e on Megalosaurus e Hylaeosaurus - anche quest' ultimo scoperto da
Mantell suecessivamente - che Rihard Owen, nel 1842, propose di riunire nel gruppo dei
Dinosauria.
gendo dimensioni gigantesche, avevano dominato la Terra. Il moltipli-
carsi di nuove scoperte, non soltanto in Inghilterra, ma anche sul Con-
tinente (nel 1837, ad esempio, H. von Meyer descrisse Plateosaurus
del Triassico della Germania), avrebbe rapidamente confermato que-
sta conclusione.
III. L «invenzione» dei dinosauri
Nel 1830, il paleontologo tedesco Hermann von Meyer propase di
riunire sotto il nome di Pachypoda i grandi rettili terrestri i cui resti
fossili venivano scoperti negli strati rocciosi mesozoici. Tuttavia que-
sta proposta ebbe poco seguito ed è al paleontologo britannico Ri-
chard Owen che dobbiamo il nome destinato a imporsi e a passare nel
linguaggio comune. Nel 1841 Owen presentò alla riunione della Bri-
tish Association for the Advancement of Science una relazione sui ret-
tili fossili della Gran Bretagna ed è nel testo stampato di questa rela-
zione, pubblicata nel 1842, che compare per la prima volta il termine
«Dinosauria» («lucertole terribili»), con il quale egli riuniva Megalo-
saurus, Iguanodon e Hylaeosaurus. I dinosauri di Owen si differen-
ziavano dagli altri rettili per un certo numero di caratteri anatomici le-
gati soprattutto alla locomozione, che inducevano a non considerarli
più come una semplice versione molto ingrandita delle lucertole e dei
coccodrilli attuali, ma come organismi dagli arti dritti, che sosteneva-
no il corpo al di sopra del terreno, alla stregua dei grandi mammiferi.
Questa visione dei dinosauri sarebbe stata illustrata in modo spettaco-
lare dalle ricostruzioni a grandezza naturale erette nel 1854 nel parco
di Sydenham, ad opera dello scultore Waterhouse Hawkins, sotto la
supervisione di Owen.
IV. Nuove scoperte ed evoluzione delle idee
Nella seconda metà del XIX secolo, le scoperte di dinosauri si molti-
plicarono in Europa e altrove. Ai resti frammentari descritti da Buck-
land, da Mantell e dai loro contemporanei si aggiunsero alcuni schele-
tri completi, che diedero la possibilità di ricostruire in modo più cor-
retto l'aspetto di questi animali. Nel 1861, la scoperta in Baviera di
uno scheletro quasi completo di un dinosauro molto piccolo, chiamato
Compsognathus, rivelò che alcuni di questi animali, per la loro anato-
mia, assomigliavano molto di più agli uccelli che ai grandi mammife-
ri. Nel 1878, in una miniera di carbone a Bernissart, in Belgio, alcuni
operai si trovarono di fronte uno straordinario accumulo di scheletri di
Iguanodon che, ricostruiti al museo di Bruxelles, mostrarono come
Fig. 4. Evoluzione delle ricostruzioni di uno stesso dinosauro (Iguanodon) nel corso del
tempo. A: un quadrupede rnassiCCiO il cui aspetto nel complesso ricorda quello di un grande
mamrnifero, da Waterhouse Hawkins e Owen, 1854; B: una sorta di gigantesca iguana, da
Schrnezer, 1869; C: un bipede capace di una corsa rapida, da Heilmann, 1916; D: un ani-
rnale in grado di adottare una postura bipede, ma che spesso si muoveva con postura qua-
drupede, da Norrnan, 1985.
questo dinosauro fosse ben diverso dal massiccio quadrupede cornuto
immaginato da Owen (fig. 4).
La scoperta di dinosauri al di fuori dell'Europa avrebbe dato un
nuovo impulso alle ricerche su questi animali, grazie soprattutto all'e-
splorazione dei ricchi giacimenti nordamericani. Nel 1858 la scoperta
nel New Jersey dello scheletro di un dinosauro del Cretacico, che ven-
ne chiamato Hadrosaurus, portò Joseph Leidy a ricostruire questo ani-
male con una postura bipede. Furono però le ricerche effettuate da Ed-
ward Drinker Cope e da Othniel Charles Marsh nei depositi del Giu-
rassico e del Cretacico, nelle regioni dell'America Nord-occidentale
che rivelarono veramente, nell'ultimo quarto del XIX secolo, la grande
diversità del gruppo dei dinosauri e l'aspetto bizzarro di alcuni suoi
componenti. All'inizio del xx secolo gli scavi proseguirono ad opera
di gruppi di lavoro appartenenti a tutte le grandi istituzioni scientifiche
americane e le ricerche si estesero al Canada occidentale, arricchendo
le sale dei musei degli scheletri completi di enormi dinosauri: è in que-
sto periodo che inizia la popolarità di questi animali presso il grande
pubblico.
Nel resto del mondo, i dinosauri sudafricani, indiani e sudamericani
furono scoperti a partire dalla seconda metà del XIX secolo. Negli anni
immediatamente precedenti la prima guerra mondiale i paleontologi
tedeschi esplorarono, nelle loro colonie dell'Africa orientale, gli stra-
ordinari giacimenti di Tendaguru, da cui recuperarono una immensa
collezione di dinosauri giurassici, attualmente esposta a Berlino.
Negli anni Dieci, resti di dinosauri furono trovati in Cina, mentre
nel corso della prima guerra mondiale alcuni geologi russi recuperaro-
no dalla riva cinese del fiume Amour uno scheletro di adrosauro, che
venne trasportato a San Pietroburgo. Negli anni Venti una spedizione
organizzata dall'American Museum of Natural History portò alla luce
i magnifici giacimenti di dinosauri cretacici del deserto del Gobi.
Da allora non sono mai mancati nuovi ritrovamenti in un gran nu-
mero di paesi del mondo (fig. 5). L'ultimo continente in cui si sono
scoperti resti di questi animali è l'Antartide: si è dovuto attendere il
1986 perché alcuni ricercatori argentini vi segnalassero la presenza di
dinosauri. Ma i paesi che a prima vista sembrano meglio conosciuti
continuano a riservare scoperte del tutto inattese, come testimonia il
ritrovarnento di Baryonyx, un dinosauro piscivoro molto strano, avve-
nuto nel 1983 nei depositi del Wealdiano dell'Inghilterra, dove furono
raccolti i dinosauri all'inizio del XIX secolo.
Parallelamente alle ricerche sul carnpo, punto di partenza fonda-
mentale per ogni progresso in paleontologia, nel corso del tempo an-
che le conoscenze degli specialisti sui dinosauri si sono evolute in
modo considerevole. Dopo l'entusiasmo del XIX secolo e una relativa
stasi delle ricerche verso la metà del xx secolo, lo studio dei dinosauri
Fig. 5. Mappa rappresentante la distribuzione geografica dei principali giacimenti di dino-
sauri nel mondo. Triangolo: Triassico. Quadrato: Giurassico. Cerchio: Cretacico. (Recenti
scoperte consentono di insenre anche l'ltaliafra i paesi in cui sono stati trovati resti - im-
pronte e ossa - di dinosauri. Nel 1993 è stata resa pubblica la scoperta di uno scheletro di
un plccolo d~nosauro carnivoro r~nvenuto nei depositi del Cretacico inferiore a Pietraroia
Benevento. Si tratta della prima testimonianza diretta della presenza di dinosauri in Italia -
ha conosciuto dopo il 1970 un nuovo interesse. Attualmente i dinosau-
n sono oggetto di ricerche particolarmente attive, oltre che, in alcuni
casi, di vivaci controversie relative sia alla loro fisiologia (erano ani-
mali «a sangue caldo» o «a sangue freddo»?) sia alla loro scomparsa
(la loro estinzione fu graduale o catastrofica?j.
Definizione e origine dei dinosauri
Cos'è un dinosauro?
Contrariamente a quanto si crede generalmente, non tutti i grandi
rettili mesozoici erano dinosauri. Le forme marine (ittiosauri, plesio-
sauri e mosasauri) e le forme volanti (pterosauri) non appartenevano a
questo gruppo, che comprende esclusivamente forme terrestri caratte-
rizzate da un certo numero di caratteri osteologici.
In accordo con il paleontologo britannico H. G. Seeley, che nel 1887
aveva diviso i dinosauri in due grandi gruppi (i Saurischi e gli Orniti-
schi), per molto tempo il termine «dinosauro» è stato considerato un
insieme artificiale comprendente i grandi rettili terrestri mesozoici e
non un gruppo naturale di organismi derivati da un medesimo antena-
to comune. La parola «dinosauro» perse quindi ogni reale valore si-
stematico e rimase nel linguaggio comune come un termine utile per
definire un insieme eterogeneo. Anche se rimane una grande incer-
tezza sugli stadi iniziali dell'evoluzione dei dinosauri, oggi questa
concezione è stata perlopiù abbandonata. Saurischi e Ornitischi sono
considerati come derivati da un antenato comune, un «dinosauro di base»
ancora poco differenziato, e Dinosauria costituirebbe pertanto un gruppo
«monofiletico» perfettamente valido dal punto di vista sistematico.
L'evoluzione dei dinosauri si sviluppa nel corso di oltre centocin-
quanta milioni di anni e le centinaia di specie attualmente conosciute,
benché rappresentino solo una minima parte del numero totale di spe-
cie esistite, testimoniano una considerevole diversità. La varietà degli
adattamenti certamente non facilita l'individuazione dei caratteri ana-
tomici comuni che consentono di definire il gruppo nel suo insieme.
Inoltre, i più antichi dinosauri erano ancora molto simili ai loro ante-
nati non dinosauri, di conseguenza i caratteri distintivi non sono sem-
pre facili da trovare. Tuttavia i lavori di sistematica recentemente ef-
fettuati sui dinosauri forniscono dati utili a tal fine. Secondo il paleon-
tologo britannico Michael Benton (1990) i caraKeri che permettono di
definire i dinosauri sono i seguenti:
1. Il vomere (osso che costituisce parte del palato) è allungato.
I DINOSAURI
2. L'osso sacro comprende almeno tre vertebre.
3. La faccetta articolare dell'omero sullo scapulo-coracoide è orien-
tata posteriormente.
4. L'omero presenta una cresta deltopettorale bassa che si estende
da un terzo a]la metà della sua lunghezza.
5. Il quarto dito della mano presenta al massimo tre falangi.
6. L'acetabolo (cavità del bacino in cui si articola il femore) è aper-
to.
7. La testa articolare del femore è ben differenziata, è spostata verso
l'interno del corpo dell'animale ed è separata dal resto dell'osso da un
«collo».
8. La fibula (o perone) è ridotta.
9. L'astragalo presenta un «processo ascendente» molto sviluppato.
Questa lista di caratteri, a prima vista un po' generica, permette tut-
tavia di distinguere i dinosauri dai loro parenti prossimi e quindi di de-
finire con precisione la loro collocazione fra i rettili.
Il. I dinosauri fra i rettili
Con il termine comune di «rettili», viene indicato un vasto insieme
artificiale di animali, molto più diversificati nel passato di quanto non
lo siano oggi. I dinosauri fanno parte di un grande gruppo di rettili, gli
arcosauri, attualmente rappresentati soltanto dai coccodrilli (ma anche
gli uccelli, in tutta la loro diversità, dovrebbero essere collocati in que-
sto gruppo, del quale sono in realtà un ramo molto modificato). In ori-
gine gli arcosauri si distinguono dagli altri rettili soprattutto per la pre-
senza di una «finestra anterorbitaria», una apertura situata fra le ossa
del cranio davanti alle orbite. Tale finestra, di cui rimane oscura la fun-
zione, è presente in un gran numero di dinosauri; nel corso dell'evolu-
zione di alcuni di questi (gli anchilosauri, ad esempio) essa si è richiu-
sa, come si osserva anche nei coccodrilli attuali. Sono noti resti di ar-
cosauri della fine del Permiano, circa duecentocinquanta milioni di
anni fa, ma è a partire dal Triassico che inizia la loro diversificazione.
Questo periodo in effetti è caratterizzato dallo sviluppo di un gruppo
di arcosauri molto eterogeneo, i tecodonti. Nel Triassico si verificò la
grande radiazione evolutiva di questi animali, con adattamenti a tipi di
vita diversi (carnivori terrestri, forme acquatiche piscivore, erbivori
corazzati, etc.). E tra i tecodonti che bisogna cercare i progenitori dei
gruppi di arcosauri comparsi successivamente (coccodrilli, pterosauri
e dinosauri) che conobbero un considerevole successo evolutivo nel
Giurassico e nel Cretacico. La ricostruzione dell'evoluzione dei teco-
donti e la loro classificazione pongono ancora numerosi problemi che
si è tentato di risolvere soprattutto con lo studio delle modificazioni
DEFINIZIONE E ORIGINE DEI DINOSAURI
della struttura del tarso, in particolare del tipo di articolazione tra la
gamba e il piede. I dinosauri possedevano una articolazione del tipo
«mesotarsale avanzata», I'astragalo e il calcagno erano solidamente
attaccati alla tibia e alla fibula, pertanto la flessione avveniva fra l'in-
sieme astragalo-calcagno e il resto del piede. Secondo questo approc-
cio basato sulla costruzione del tarso, i parenti più prossimi dell'insie-
me comprendente i dinosauri e gli pterosauri (rettili volanti) sarebbero
gli Ornithosuchidae, un gruppo di tecodonti carnivori dalla locomo-
zione alternativamente bipede o quadrupede.
rlI. L'origine dei dinosauri
Nei depositi del Triassico medio dell'Argentina è conosciuto un
piccolo animale chiamato Lagosuchus che sembra essere molto vicino
al progenitore dei dinosauri, con i quali condivide un gran numero di
caratteri. Lagosuchus aveva una struttura leggera, con arti allungati
(fig. 6): I'aspetto generale del suo scheletro suggerisce un animale agi-
le, capace, almeno occasionalmente, di una locomozione bipede.
Il perfezionarnento dell'apparato locomotore è una caratteristica dei
dinosauri che probabilmente spiega in gran parte la loro successiva
evoluzione. Nei rettili primitivi, così come nei primi arcosauri, gli arti,
situati lateralmente rispetto all'asse del corpo, non consentono di so-
stenerlo saldamente sul terreno; ne deriva una locomozione per repta-
zione e ondulazioni laterali del tronco e della coda. Nel corso dell'evo-
luzione di alcune linee di tecodonti gli arti si sono modificati fino a
trovarsi in posizione più verticale, permettendo di sostenere meglio il
corpo sul terreno. E proprio nei dinosauri che questa trasformazione
anatomica si è attuata maggiormente; il femore acquisisce una testa ar-
ticolare ben evidenziata, che forma quasi un angolo retto con il resto
dell'osso. La testa del femore si inserisce nella profonda cavità aceta-
bolare del bacino e il femore stesso, muovendosi su un piano parallelo
al piano sagittale (mediano) del corpo, lo sostiene sul terreno in una
Fig 6. Scheletro di Lagosuchus, tecodon~e del Triassico medio dell'Argentina, spesso consi-
derato molto vicino al progenitore dei dinosauri. Da notare la posizione dritta degli arti, che
perméae di mantenere il tronco sostenuto sul temno. Lunghezza: circa 30 cm (da Welln-
hofer).
20
I DINOSAURI
Fig. 7. Confrontofra la posizione degli arti posteriori in un
renile primitivo (in alto) e in un dinosauro (l~rannosaurus, in
basso). Nel renile primihvo ilfemore è orizzontale e gli arti,
lontani dal corpo, permenono appena di sollevarlo dal suolo.
Nei dinosauri, il femore possiede una testa ben sviluppata,
disposta secondo un angolo di circa 90° con la diafisi del-
I'osso, che quindi è in posizione vcrticale; gli arti drini per-
menono di sostenere il corpo sul terreno, rendendo possibile
una locomozione efflcace come nei grandi uccelli e nei mam-
miferi (da Gaffney).
postura che riduce i vincoli meccanici e che permette una locomozio-
ne bipede o quadrupede efficace, simile a quella dei grandi uccelli o
dei mammiferi (fig. 7).
Lagosuchus, nel Triassico medio, mostra alcuni adattamenti loco-
motori che lo avvicinano chiaramente ai dinosauri. I più antichi fossili
attribuibili a veri dinosauri provengono da strati un po' più recenti, at-
tribuiti alla base del Triassico superiore (piano Carnico), sempre in
America meridionale. Staurikosaurus, trovato in Brasile, Herrerasau-
rus ed Eoraptor, provenienti dall'Argentina, sono i rappresentanti me-
glio conosciuti di questi dinosauri molto antichi, risalenti a circa due-
centoventicinque milioni di anni fa.
Se Herrerasaurus e Staurikosaurus sembrano già essere teropodi,
Eoraptor (fig. 8) è più primitivo e potrebbe persino testimoniare uno
stadio evolutivo precedente alla differenziazione tra teropodi e sauro-
podomorfi (vedere più avanti la definizione di questi termini).
Già a partire dal Triassico superiore (parte media del piano Carnico,
circa duecentoventicinque milioni di anni fa), i grandi gruppi di dino-
sauri - per quanto si può giudicare dai resti spesso molto frammentari
- sembrano essere differenziati in ornitischi (Pisanosaurus), prosau-
ropodi (Azendohsaurus) e teropodi (Herrerasaurus). Ciò testimonia
una storia precedente, ancora in gran parte misteriosa. Attualmente gli
stadi più antichi dell'evoluzione dei dinosauri sono rappresentati sol-
tanto da impronte fossilizzate, spesso di difficile interpretazione.
Fig. 8. Cranio di Eoraptor Iwlensis uno
dei più antichi dinosauri conosciuti, delri-
nizio del Triassico superiore delrArgcnti-
na. Questo animale, considerato unero-
pode molto primitivo, presenta anche al-
cum caratteri che ricordano i prosauropO
di. Lunghezza del cranio: circa 12 cm (da
Sereno et al.).
Evoluzione e dassificazione dei dinosauri
Dopo l'«invenzione» del termine dinosauro ad opera di Owen nel
1842, sono state proposte numerose classificazioni per gli animali
molto diversi che compongono questo gruppo. Ancora oggi non esiste
una classificazione dei dinosauri che raccolga unanimi consensi da
parte degli specialisti. Ciò è dovuto in gran parte al fatto che l'evolu-
zione di questo gruppo e di conseguenza le relazioni di parentela fra i
suoi membri non sono ancora conosciute in modo soddisfacente. I dati
paleontologici, per quanto integrati costantemente da nuove scoperte,
restano lacunosi, pertanto alcune parti della storia dei dinosauri riman-
gono oscure. Per questo motivo, quindi, ogni tentativo di classificazio-
ne deve essere considerato provvisorio.
I. Saurischi e Ornitischi
Come abbiamo già visto, oggi i dinosauri sono generalmente consi-
derati un gruppo monofiletico. La divisione in Saurischia e Ornithi-
schia proposta da Seeley, pertanto, non è più l'elemento fondamentale
della classificazione, come per lungo tempo è avvenuto. Talvolta si è
pensato che alcuni dinosauri molto antichi, come Staurikòsaurus e
Herrerasaurus, rappresentassero uno stadio precedente la separazione
fra saurischi e ornitischi, ma in una recente pubblicazione, P. Sereno e
i suoi collaboratori tendono piuttosto a considerare questi generi come
teropodi, cioè come saurischi ben definiti. A ogni modo, la maggior
parte dei dinosauri conosciuti si possono facilmente riferire ai sauri-
schi o agli ornitischi, pertanto questi gruppi sistematici sono ancora
validi.
Saurischia e Ornithischia si differenziano tra loro principalmente
per la struttura del bacino (fig. 9). I saurischi hanno un bacino simile a
queUo degli altri rettili, grosso modo diviso in tre rami: I'ilio, che co-
tituisce il ramo dorsale, il pube, diretto verso il basso e anteriormente,
~chio, orientato verso il basso e posteriormente. Gli ornitischi hanno
bacino che ricorda quello degli uccelli, costituito da quattro rami.
~lio dorsale e l'ischio posteroventrale si trovano in una posizione
I DINOSAURI
Fig. 9.1 due fipi di bacino sui quali è basata la distinzione dei dinosauri in Saurischi e Orni-
tischi. Nei Saurischi (a sirostra), il pube, costituito da un unico ramo, è diretto in avanh. Ne-
gli Ornitischi (a des~ra), il pube presenta una biforcazione, con un rarno diretto aU'indietro,
parallelo aa'ischio, e un ramo anteriore più o meno sviluppato (IL: ilio; IS: ischio; P: puoe).
analoga a quella osservata nei saurischi, ma il pube è diretto verso il
basso e posteriormente, parallelamente all'ischio. Il quarto ramo è co-
stituito dal processo anteriore del pube, diretto in avanti e più o meno
sviluppato a seconda dei gruppi. Inoltre, gli ornitischi si distinguono
dai saurischi per la presenza, sulla estremità distale della mandibola
di un osso impari, il predentale. Tutti gli omitischi erano erbivori
mentre i saurischi erano sia carnivori (i teropodi), sia erbivori (i sauro-
podomorfi).
Come già detto in precedenza, la differenziazione fra Saurischia e
Ornithischia sembra essersi verificata precocemente nella storia dei
dinosauri, in quanto entrambi i gruppi sono presenti nel Triassico su-
periore. In seguito, i due grandi sottoinsiemi di dinosauri si sono di-
versificati considerevolmente sino alla fine del Cretacico (fig. 10). Sono
state descritte centinaia di specie e di generi (talvolta, bisogna dirlo,
basandosi su resti frammentari o poco diagnostici), raggruppati a loro
volta in famiglie e in altre unità tassonomiche di rango più elevato.
Non c'è accordo fra gli studiosi sul numero di queste unità, né sulle
loro relazioni di parentela, pertanto la classificazione utilizzata non deve
essere in nessun caso considerata definitiva. A grandi liriee i gruppi
sono i seguenti:
Saurischia
Theropoda
Sauropodomorpha
Ornithischia
Thyreophora
Ornithopoda
Pachycephalosauria
Ceratopsia
EVOLUZIONE E CLASSIFICAZIONE DEI DINOSAURI
Fig. 10. Filogenesi semplificata dei dinosau~i. Sono stati rappresentati soltanto i gruppi
principali.
Il. I Teropodi
I teropodi sono un gruppo eterogeneo di dinosauri carnivori. La
maggior parte delle forme era bipede, con arti anteriori nettamente più
corti di quelli posteriori, con dita provviste di artigli e fauci armate di
denti taglienti e seghettati (tuttavia alcune forme cretaciche erano
sdentate). Il gruppo si diversifica in modo considerevole nel corso del
Triassico, del Giurassico e del Cretacico, e la sua filogenesi è ancora
parzialmente conosciuta. Pertanto, la classificazione di questi dino-
sauri è tuttora piuttosto confusa.
Fig. Il . Cranio di due teropodi giurassici. A sinistra, Dilophosaurus wetherilli, un cerato-
sauro del Giurassico inferiorf degli Stoti Uniti (do Welles; lunghezzo del cranio: circa 25
cm). A destra, Yuangchuanosaurus shangyouensis, un carnosauro del Giurassico supenore
della Cina (da Dong; lunghezza del cranio: 80 cm).
Tuttavia si possono distinguere un certo numero di gruppi ancora
non ben definiti.
1. I Ceratosauria. Sono teropodi relativamente primitivi, conosciuti
soprattuttO nel Triassico superiore e nel Giurassico. Nel Triassico sono
rappresentati da animali relativamente piccoli e gracili, come Coelo-
physis, dell'America Nord-occidentale, e Liliensternus, proveniente
dall'Europa, che non superavano i 3 m di lunghezza. Nel Giurassico
inferiore i piccoli Ceratosauria sono ancora rappresentati da forme
come Syntarsus, dello Zimbabwe e degli Stati Uniti Sud-occidentali.
Dilophosaurus (fig. l l) è un animale di dimensioni maggiori (6 m)
trovato in depositi del Giurassico inferiore dell'Arizona, caratterizzato
da una curiosa doppia cresta ossea disposta lungo il cranio. Nel Giu-
rassico superiore il gruppo è rappresentato soprattutto da Ceratosau-
Fig. 12. Cranio del teropode abelisaunde Carnotaurus sastrei, del Cretacico inferiore del-
I'Argentina (da Bonaparte). Lunghezza del cranio: circa 50 cm. Da notare la presenza di un
robusto corno al di sopra delle orbite.
EVOLUZIONE E CLASSIPICAZIONE DEI DINOSAURI 25
rus nasicornis, specie rinvenuta nella Formazione di Morrison, in
America Nord-occidentale; questo animale, lungo 6 m e piuttosto ro-
busto, possedeva un corno nasale.
E possibile che i Ceratosauria abbiano dato origine a un gruppo
molto particolare di grandi teropodi del Cretacico, gli Abelisauridae,
la cui esistenza è stata individuata per la prima volta in Sud America.
Sono conosciuti soprattutto Carnotaurus sastrei, del Cretacico infe-
riore dell'Argentina, con arti anteriori molto ridotti e un cranio munito
di un paio di corni al di sopra delle orbite (fig. 12), e Abelisaurus co-
mahuensis, del Cretacico superiore. A quanto pare gli Abelisauridae
erano presenti nel Cretacico superiore in tutti i blocchi continentali
meridionali, originatisi dalla frammentazione del grande continente
Gondwana, in quanto se ne sono trovati resti in India, in Madagascar
e, probabilmente, in Africa. Sono segnalati anche in depositi del Cre-
tacico superiore in Europa, in particolare con Tarascosaurus salluvi-
cus, rinvenuto in Provenza.
2. I Carnosauria. I carnosauri furono i più grandi dinosauri carnivo-
ri (di fatto, i più grandi carnivori terrestri mai esistiti). Il loro cranio,
enorme ma alleggerito da grandi cavità, era munito di robusti denti a
forma di pugnale. Gli arti anteriori erano corti, talvolta molto ridotti,
ma gli arti posteriori erano molto robusti e possedevano grandi artigli.
I carnosauri sono conosciuti a partire dal Giurassico, soprattutto con
Megalosaurus, del Giurassico medio dell'Inghilterra e della Francia, il
primo dinosauro descritto scientificamente. Piatnitzkysaurus è una
forma contemporanea dell'Argentina, che testimonia l'ampia distribu-
zione geografica del gruppo in questa epoca. Nel Giurassico superiore
i carnosauri sono rappresentati in America settentrionale da Allosau-
rus, che poteva raggiungere circa 12 m di lunghezza, e da forme affini
in Cina (fig. 11).
I carnosauri del Cretacico inferiore sono molto poco conosciuti, ma
il Cretacico superiore costituisce, sotto certi aspetti, il loro apogeo con
Fig. 13. Ricostruzione dirannosaurus rex, carnosauro del Cretacico terminale dell'Ame-
rlca settentrionale (da Lambert). Lunghezza sino a 15 m.
26 I DINOSAURI
i Tyrannosauridae, i grandi predatori dell'America settentrionale e
dell'Asia centrale (nelle altre regioni questo ruolo eM occupato dagli
Abelisauridae). Tyrannosaurus rex, del Cretacico terminale nordame-
ricano, con arti anteriori estremamente ridotti, raggiungeva i 15 m di
lunghezza (fig. 13). Il genere asiatico Tarbosaurus eM molto simile a
Tyrannosaurus.
3. I Coelurosauria. Nella sua accezione attuale, questo gruppo com-
prende forme differenti di teropodi di struttura leggera, dagli adatta-
menti molto diversi. Alcuni erano molto piccoli, come il Compsogna-
thus (fig. 28), celurosauro di posizione sistematica incerta, del Giuras-
sico superiore di Francia e Germania, che supeMva appena le dimen-
sioni di un tacchino. Altri, come alcuni ornitomimosauria,
raggiungevano dimensioni molto più grandi.
Gli Ornithomimosauria, talvolta chiamati «dinosauri-struzzo», so-
no conosciuti a partire dal Giurassico superiore (in Thailandia), ma si
svilupparono soprattutto nel Cretacico. Alcune forme primitive posse-
devano ancora qualche dente nella parte anteriore della bocca (Harpy-
mimus del Cretacico inferiore della Mongolia), ma la maggior parte
dei rappresentanti del gruppo erano privi di denti, come Struthiomi-
mus (fig. 14), del Cretacico superiore del Nord America, o Gallimi-
mus, del Cretacico superiore della Mongolia, e il loro cranio ricorda
Fig. 14. Ricostruzione di un ornitomimosauro, Struthiomimus, del Cretacico superiore del-
I'America settentrionale (da Heilmann). Lunghezza: 34 m.
EVOLUZIONE E CLASSII;ICAZIONE DEI DINOSAURI
Fig. 15.1 Iunghissimi arti anteriori di Deinocheirus mirificus, del Cretacico superiore della
Mongolia. Fino a oggi si conoscono soltanto il cinto scapolare e le zampe antenori di que-
sto dinosauro ancora misterioso,forse appartenente agli ornitomimosauri.
quello di uno struzzo. Gli arti posteriori, molto lunghi, eMno simili a
quelli dei grandi uccelli corridori. Gli arti anteriori erano lunghi e ter-
minavano con tre dita sonili. La lunga coda doveva essere mantenuta
sollevata dal suolo per equilibrare il corpo. Ad eccezione di una ipote-
tica forma primitiva del Giurassico superiore dell'Africa orientale
(Elaphrosaurus), tutti gli Ornithomimosauria conosciuti provengono
dal Nord America e dall'Asia. L'enigmatico Deinocheirus mirificus
(fig. 15), del Cretacico superiore della Mongolia, noto esclusivamente
per un cinto scapolare e gli arti anteriori di un unico individuo, è stato
considerato affine agli omitomimosauri; si contraddistingue per i suoi
immensi arti anteriori, lunghi 2,4 m.
Gli Oviraptorosauria sono un piccolo gruppo di teropodi molto par-
ticolari, dalle mascelle corte e sdentate, con un cranio talvolta sormon-
tato da una curiosa cresta ossea (fig. 16). I loro resti sono stati trovati
Fig. 16. Cranio dell' oviraptorosauro Oviraptor mongoliensis, del Cretacico superiore della
Mongolia (da Barsbold). Il cranio sdentato è sormontato da un'alta cresta ossea. Lunghezza
de/ cranio: circa 15 cm.
Fig. 17. Dromaeosauridae. ln alto, ricostruzione di Velociraptor mongoliensis (da Lam-
bert), dromeosauride del Cretacico superiore della Mongolia. Lungheza: circa 18 m In
basso, scheletro delpiede di Deinonychus antirrhopus, dromeosauride del Cretacico;nferio-
re degli Stati IJniti, che mostra l'artiglio molto sviluppato del secondo dito (da Ostrom).
soltanto in depositi del Cretacico superiore, principalmente in Mongo-
lia, ma anche in Canada. In un primo tempo si è ipotizzato che questi
piccoli animali si cibassero delle uova di altri dinosauri, ma non si può
escludere un regime alimentare a base di molluschi.
Gli Elmisauridae sono una famiglia di piccoli teropodi ancora poco
conosciuta, che possedevano dita molto sottili munite di artigli. Seb-
bene il cranio di questi animali sia ancoM sconosciuto, probabilmente
dovevano essere piccoli predatori molto agili. I loro resti sono stati
scoperti soltanto in giacimenti del Cretacico superiore della Mongolia
e del Canada.
I Dromaeosauridae erano teropodi di dimensioni piccole o medie
(fig. 17), presenti durante il Cretacico dell'emisfero Nord. La specie
meglio conosciuta è Deinonychus antirrhopus, del Cretacico inferiore
dell'America Nord-occidentale. Questo animale, lungo circa 3 m, ave-
va una struttura leggera ed era caratterizzato dai potenti artigli ricurvi.
In particolare, I'artiglio del secondo dito del piede era ipertrofico e do-
veva costituire un'arma temibile. La coda era mantenuta rigida e oriz-
zontale dalle apofisi delle vertebre, estremamente allungate, e l'ani-
male doveva essere un corridore agile e veloce, che si lanciava sulla
preda per ucciderla lacerandola con i grandi artigli. E stato ipotizzato
EVOLUZIONE E CLASSIFICAZIONE DEI DINOSAURI
che Deinonychus si muovesse in branco per poter cacciare anche pre-
de di grandi dimensioni. I dromeosauri sono ben rappresentati nel Cre-
tacico superiore da generi come Velociraptor in Mongolia o Saurorni-
tholestes in America settentrionale che, benché più piccoli, presenta-
vano gli stessi caratteri generali di Deinonychus. La presenza di Dro-
maeosauridae in Europa è testimoniata da alcuni resti rinvenuti in
depositi del Cretacico superiore della Provenza.
I Troodontidae erano un'altra famiglia di piccoli teropodi predatori,
relativamente poco conosciuti e con ogni probabilità prossimi ai Dro-
maeosauridae, con i quali hanno in comune la presenza del grande ar-
tiglio ricurvo del secondo dito del piede. Erano in possesso di un cer-
vello particolarmente grande, in rapporto alle loro dimensioni corpo-
ree, almeno per dei dinosauri. Avevano grandi occhi rawicinati che
dovevano consentire loro una visione stereoscopica. I Troodontidae
sono conosciuti soltanto in giacimenti del Cretacico superiore dell'A-
merica settentrionale (Troodon) e della Mongolia (Saurornithoides,
Borogovia).
4. Teropodi di dubbia a~inità. Oltre ai gruppi relativamente ben de-
finiti appena descritti, esiste un gran numero di teropodi rappresentati
in molti casi (ma non sempre) da resti frammentari, per i quali rimane
incerta la collocazione sistematica. Ne descriveremo solo alcuni.
Gli Spinosauridae erano teropodi di grande taglia molto curiosi, i
cui resti furono trovati inizialmente nei depositi del Cenomaniano
(parte media del Cretacico) dell'Egitto. La caratteristica principale di
Spinosaurus aegyptiacus è quella di possedere vertebre con le neura-
pofisi estremamente allungate, che dovevano formare una alta cresta
che si estendeva lungo il dorso dell'animale (probabilmente con fun-
zione di termoregolazione: vedere più avanti). La mandibola allungata
e, in particolare, i denti non compressi e non seghettati di questa for-
ma, la differenziano dagli altri teropodi. Attualmente di Spinosaurus si
conoscono soltanto resti frammentar. rinvenuti in Egitto, in Niger e in
Marocco. Nel 1983 fu scoperto in depositi del Cretacico inferiore del-
I'Inghilterra uno scheletro quasi completo di un teropode molto parti-
colare, che venne chiamato Baryonyx walkeri e che sembra presentare
affinità con Spinosaurus, anche se talvolta viene considerato di una fa-
miglia differente (Baryonychidae). Baryonyx (fig. 18) aveva un muso
lungo e relativamente basso, munito di denti poco compressi e legger-
mente seghettati, che ricordava un po' quello di un coccodrillo. Le
neurapofisi delle sue vertebre dorsali erano relativamente allungate e
gli arti anteriori probabilmente possedevano un artiglio molto robusto.
Gli Spinosauridae sono considerati teropodi molto specializzati,
presumibilmente adattati a una dieta piscivora (all'interno dello
scheletro di Baryonyx sono stati trovati resti di pesci). Una ipotesi pos-
Fig. 18. Ricostruzione di Baryonyx walkeri, probabi/mente uno spinosauride del Cretacico
infeno~P d'lnghilterra (da Lambert). Questo teropode molto particolare, lungo circa 9 m
presumibilmente si nutriva di pesci.
sibile è che siano derivati da alcuni Ceratosauria, ma, ad eccezione di
qualche dente proveniente da giacimenti del Giurassico superiore del-
la Thailandia, non si sa quasi nulla sulla loro storia precedente il Creta-
CICO.
Avimimus portentosus è uno stranissimo dinosauro del Cretacico
superiore della Mongolia. Secondo il paleontologo russo Kurzanov
che lo ha descritto, questo animale assomigliava molto a un uccello
soprattutto a causa della morfologia dei suoi arti anteriori, e forse ii
suo corpo era ricoperto di piume. Comunque, di questa specie sono
conosciuti soltanto resti incompleti e la sua posizione sistematica è an-
cora molto oscura.
Pochi resti del cinto scapolare e degli arti anteriori è tutto ciò che si
conosce di Therizinosaurus cheloniformis, del Cretacico superiore
della Mongolia. La caratteristica principale di questa specie è la pre-
senza di artigli estremamente lunghi e stretti, leggermente ricurvi. La
sua posizione tassonomica rimane ancora sconosciuta.
111. I Sauropodomofi
Il secondo grande gruppo di Saurischi, i sauropodomorfi, compren-
de i sauropodi, fra i quali si trovano i più grandi dinosauri, e i prosau-
ropodi, un gruppo più antico e primitivo.
1.1 Prosauropodi. Questi dinosauri, diffusi dal Triassico superiore
al Giurassico inferiore, costituiscono un gruppo relativamente omoge-
neo per la sua anatomia, anche se include animali di morfologia e ta-
glia differente. Il più antico prosauropode noto, Azendohsaurus, rinve-
nuto in Marocco, risale al Carnico medio e sarebbe quindi uno dei di-
nosauri più antichi, ma è rappresentato da resti molto frammentari
Nel piano successivo del Triassico superiore, il Norico, i prosauropodi
FVfll 1171t~NF F 1'1 A~C:IFI~'A71F, DFI nlNocAl IRI
Fig. 19. Ricostruzione del prosauropode Plateosaurus. del Triassico superiore di Europa e
Croenlandia (da Lambert). Lunghezza sino a 9 m.
sono molto meglio conosciuti, in particolare con Plateosaurus (fig. 19),
di cui sono stati scoperti nurnerosi scheletri in Germania, Svizzera e
Francia. Questo dinosauro di dimensioni piuttosto grandi (fino a 9 m
di lunghezza) aveva una testa relativamente piccola, un collo relativa-
mente lungo e una lunga coda. Le proporzioni degli arti suggeriscono
che questo dinosauro poteva adottare sia una postura bipede, sia qua-
drupede. I denti a forma di foglia, con grosse crenulature, indicano un
regime alimentare erbivoro. Prosauropodi simili a Plateosaurus sono
conosciuti in diverse regioni del mondo, come Lufengosaurus (Giu-
rassico basale della Cina) e Ammosaurus (Giurassico inferiore degli
Stati Uniti).
Altri prosauropodi erano più piccoli e leggeri, come Thecodonto-
saurus (Triassico superiore della Gran Bretagna) e Massospondylus
(Giurassico inferiore dell'Africa meridionale e degli Stati Uniti). Altri
prosauropodi, al contrario, erano più massicci e marcatamente qua-
drupedi rispetto a Plateosaurus, e sembrano annunciare, per certi aspet-
ti, I'avvento dei sauropodi. Fra questi ricordiamo soprattutto Melano-
rosaurus, del Triassico superiore dell'Africa meridionale, e Riojasau-
rus, del Triassico superiore dell'Argentina.
2. I Sauropodi. I sauropodi sono i dinosauri più famosi. Fra questi
grandissimi erbivori dal collo lungo, che termina con una piccola te-
sta, con corpo massiccio sostenuto da arti colonnari e con una lunga
coda, vi sono in effetti i dinosauri più lunghi, più alti e più pesanti. Re-
sti di sauropodi sono stati rinvenuti in numerose regioni del mondo, in
depositi che vanno dal Giurassico inferiore alla fine del Cretacico, ma
i dettagli dell'evoluzione del gruppo e della sua classificazione sono
tuttora oggetto di discussione.
I più antichi sauropodi conosciuti (Vulcanodontidae), come Vulca-
nodon, del Giurassico inferiore dello Zimbabwe, e Barapasaurus, del
32 - I DINOSAURI
Giurassico inferiore e medio dell'India, mostrano ancora caratteri pri-
mitivi che ricordano quelli dei prosauropodi, come la presenza di denti
crenulag o l'assenza delle cavità (pleuroceli) che rendono più leggere
Nel Giurassico medio esistono forme più evolute, i Cetiosauridae
che comprendono Cetiosaurus, uno dei primi dinosauri conosciuti
proveniente dall'Inghilterra. Nuove informazioni riguardanti i sauro-
podi del Giurassico medio sono disponibili in seguito alle recenti sco-
perte in Argentina (Patagosaurus), e sopraKutto in Cina, con un gran
numero di scheletri in ottimo stato di conservazione trovati a Zigong
(Sichuan). Fra i generi cinesi Shunosaurus è particolarmente primitivo
e si caratterizza, tra l'altro, per la presenza, all'estremità della coda, di
una «mazza» ossea utilizzata presumibilmente come arma di difesa.
Una coda simile si osserva anche in Omeisaurus, un altro sauropode
dello stesso giacimento, di dimensioni maggiori e più evoluto.
Nel Giurassico superiore i sauropodi sono numerosi, diversificati e
ben conosciuti, grazie sopraKutto agli importanti giacimenti dell'A-
merica Nord-occidentale, dell'Africa orientale e della Cina. Negli ulti-
mi anni sono stati scopeni abbondanti resti di sauropodi anche in alcu-
ni depositi del Giurassico superiore della Thailandia. I Diplodocidae
(come Diplodocus, che superava i 25 m di lunghezza, e Apatosaurus
plU corto, ma più massiccio) si distinguono per la presenza di un collo
e di una coda molto lunghi e per i loro denti cilindrici a forma di mati-
ta. Un altro gruppo di sauropodi coevi è caratterizzato, al contrario, da
denti relativamente larghi, a forma di spatola, e da un cranio corto e
alto. Si tratta dei Camarasauridae - rappresentati principalmente da
Camarasaurus (fig. 20) dell'America settentrionale e da forme simili
europee - e dai Brachiosauridae. Questi ultimi sono rappresentati so-
prattutto dal genere Brachiosaurus, conosciuto in America settentrio-
nale e in Africa orientale (giacimento di Tendaguru). Questi sauropodi
si distinguono dagli altri in particolare per la presenza di arti anteriori
nettamente più lunghi di quelli posteriori (mentre nella maggior parte
dei sauropodi avviene il contrario) e per le loro notevoli dimensioni
(I'esemplare di Brachiosaurus brancai dell'Africa orientale ricostrui-
to al Museo di Berlino, con i suoi 12 m di altezza, rappresenta il più
grande scheletro completo di dinosauro finora conosciuto). Rimango-
no ancora da chiarire la posizione sistematica dei sauropodi del Giu-
rassico superiore della Cina, soprattutto di Mamenchisaurus, dal collo
particolarmente allungato, e di Euhelopus.
Ricordiamo, inoltre, la scoperta nei depositi del Giurassico supe-
riore degli Stati Uniti (For nazione di Morrison) di sauropodi di di-
mensioni straordinarie, ai quali sono stati attribuiti nomi evocatori
(Ultrasaurus, Supersaurus, Seismosaurus). Di questi animali sono
stati trovati finora soltanto resti frammentari che, se da un lato denota-
EVOLUZIONE E CLASSIFICAZIONE DEI DINOSAURI
Fig 20 Sauropodi. In alto a destra, cranio del camarasauride Camarasaurus, del Ciurassico
superiore degli Stati Uniti (da Osborn e Mook; lunghezza del cranio: ó0 cm); le naricsono
in posizione molto arretrata, molto vicino alle orbite. In basso, scheletro di Bra~osaurus
brancai, ilpiù grande dinosauro di cui si conosca uno scheletro completo (altezza: 12 m), del
Giurassico superiore della Tanzania (da Janensch).
no dimensioni nettamente superiori a quelle dei più grandi sauropodi
rappresentati da scheletri completi, non consentono però di chuanre
del tutto le loro relazioni filetiche (Ultrasaurus sembra essere un bra-
chiosauride mentre Supersaurus e Seismosaurus dei diplodocidi).
Il Cretacico inferiore viene spesso considerato come un penodo di
declino per i sauropodi, ma ciò è dovuto probabilmente più alla scarsi-
tà dei giacimenti che a una effettiva diminuzione di specie. I Brachio-
sauridae, a quanto pare, sono ancora presenti in questa epoca (Peloro-
saurus, Pleurocoelus), accompagnati da diverse altre forme di duWia
affinità. I sauropodi più numerosi e diversificati nel Cretacico sono
comunque i Titanosauridae, caratterizzati soprattutto dalla morfologia
delle vertebre caudali (concave anteriormente, convesse nella parte
posteriore). Una curiosa particolarità di alcuni titanosaun è la presen-
za di placche ossee dermiche, che ricoprivano una parte del dorso.
Questa famiglia, presente in Africa a partire dal Cretacico infenore,
potrebbe essere apparsa già nel Giurassico superiore. Nel Cretacico
superiore è particolar nente rappresentata nei continenti mendionali,
in India (Titanosaurus), in Sud America (Laplatasaurus, Saltasaurus),
oltre che in Madagascar e in Africa. Un genere di titanosaundi (Ala-
mosaurus) è stato rinvenuto nelle regioni meridionali del Nord Amen-
- I DINOSAURI
Fig. 21. Bacino del segnosauro Segnosaurus galbi-
nensis, del Cretacico della Uongolia, da Perle (lun-
ghezza dealio: circa 80 cm). Benché l'aspetto gene-
rale de! bacino sia da saurischo, il pube orientato
postenormenfe ncorda gli orniá.~chi
ca in depositi del Cretacico terminale. I Titanosauridae sono molto co-
muni nel Cretacico superiore in Europa. Diversamente, in Asia centra-
le i sauropodi del Cretacico superiore (Nemegtosaurus, Opisthocoeli-
caudia) sembrano appartenere ad altri gruppi di posizione sistematica
ancora-incerta In ogni caso, contrariamente a quanto talvolta afferma-
to, i sauropodl continuarono a essere presenti sino alla fine del Creta-
CICO in numerOse regioni del mondo.
3. I Segnosauri. I Segnosauria costituiscono un piccolo gruppo di
dinosauri molto particolari - sopraKuKo per quel che riguarda la strut
tura del bacino (fig. 21) e per la forma dei denti - provenienti dai de-
posltl del Cretacico superiore dell'Asia e rappresentati da pochi generi
di dimensioni medie o grandi (Segnosaurus, Enigmosaurus, Erliko-
saurus, Nanshiungosaurus). Si è ipotizzato che fossero un gru
metà strada fra i prosauropodi e gli ornitischi, ma è più probabile che
fossero dei saurischi particolari, con caraKeri vicini ai prosauropodi
Fforse lo strano Therfzinosaurus, descritto in precedenza p
s gn
IV. I Tireofori
I Thyreophora sono ornitischi «corazzati», dal corpo ricoperto par-
zialmente di placche ossee. Si dividono principalmente in due grandi
gruppi, gli Stegosauria e gli Ankylosauria, conosciuti a partire dal
Giurassico medio. Nel Giurassico inferiore esistevano tireofori primi-
tiVi, difficili da collocare in uno dei due gruppi o nell'altro. Sono pre-
senti in Europa (Scelldosaurus, dell'Inghilterra, ed Emausaurus della
Germania), in America seKentnonale (Scutellosaurus, degli Stati Uni-
ti) e in Asia (Tatisaurus, della Cina). Questi animali, ancora di taglia
modesta, avevanO un'armatura costituita da numerose piccole placche
ossee di forma ovale, che ncoprivano il tronco, il collo e la coda Le loro
relazioni filetiche con i tireofori successivi sono ancora poco chiare.
Fig. 22. Scheletro dello stegosauro primitivo Huayangosaurus taibaii del Giurassi~o medio
della Cina (da Dong). Lun~hezza:I rca 4 m.
1. Gli Stegosauri. Si tratta di un gruppo di tireofori di dimensioni
medie e grandi (sino a 9 m di lunghezza), quadrupedi, con arti poste-
riori molto più lunghi di quelli anteriori, testa piccola, muniti di una o,
più frequentemente, due fi]e di placche o spine ossee, disposte !ungo il
dorso e la coda. Spesso si è attribuito a queste placche una funzlone di-
fensiva, ma è possibile altresì che svolgessero un ruolo nella regola-
zione termica (vedere più avanti).
Lo stegosauro più antico e primitivo che si conosca è Huayango-
saurus taibaii (fig. 22), del Giurassico medio del Sichuan (Cina). Que-
sto animale, di dimensioni piuttosto ridotte, contrariamente a quanto Sl
osserva negli stegosauri più evoluti, presenta ancora una finestra ante-
rorbitale e le sue placche dermiche sono ancora poco sviluppate. Ste-
gosauri più grandi ed evoluti (Lexovisaurus, con il dorso munito di
una doppia fila di robuste spine ossee) sono presenti in strati un po' plU
recenti affioranti in Normandia e in Inghilterra. ]I periodo di maggiore
sviluppo degli stegosauri sembra essere il Giurassico superiore, in par-
ticolare con il celebre Stegosaurus, dell'America settentrionale, che
presentava sul dorso una doppia fila di placche ossee altemate e, all'e-
stremità della coda, alcune coppie di spine ossee. Contemporanea-
mente viveva in Africa orientale Kentrosaurus, con il dorso munito di
una doppia fila di spine ossee, e ìn Cina Tuojiangosaurus. Gli stego-
sauri divennero più rari nel Cretacico inferiore, epoca in cui sono rap-
presentati soprattutto in Cina (Wuerhosaurus). Del Cretacico supe-
riore è noto soltanto un esponente del gruppo, Dravidosaurus, prove-
niente dall'India e ancora poco conosciuto, ed è probabile che gli ste-
gosauri si siano estinti prima deila fine del Cretacico.
2. Gli Anchilosauri. Sono tireofori che presentano un'armatura di
placche ossee, disposte a mosaico, particolarmente sviluppata, che ri-
copre la testa, il collo, il dorso, i fianchi e la coda. Alcune ossificazioni
formano delle spine, soprattutto nella regione del collo e dei fianchi.
I DINOSAIIRI
Fig. 23. Ankylosauria. In alto, ricostruzione del nodosauride Struthiosawus, lungo circa 3 m
del Cretacico superiore d'Europa (da Moreno). In basso, mazza caudale di Anlcylosaurus
del Cretacico superiore dell'America settentrionale.
Si conoscono resti frammentari di anchilosauri in depositi del Giuras-
sico, ma è soprattutto nel Cretacico che questi animali si diversificano.
Vengono classificati in due famiglie, i Nodosauridae e gli Ankylosau-
ridae. Questi ultimi presentano all'estremità della coda una caratteri-
stica massa ossea sferoidale, probabilmente usata a scopo difensivo
che è assente nei Nodosauridae (fig. 23).
I Nodosauridae sono noti a partire dal Giurassico medio (Sarcole-
stes, dell'Inghilterra). Si sviluppano, però, soprattutto nel Cretacico
con Hylaeosaurus, del Wealdiano inglese, uno dei primi dinosauri de-
scritti da Mantell, Silvisaurus, del Cretacico inferiore degli Stati Uniti,
e Minmi, del Cretacico inferiore dell'Australia.
Nel Cretacico superiore i Nodosauridae sono presenti sia in Nord
America (Nodosaurus, Edmontonia), sia in Europa con il genere Stru-
thiosaurus, segnalato in Austria, in Transilvania e in Francia. Il primo di-
nosauro scoperto in Antartide è un nodosauride del Cretacico supe-
nore.
Gli Ankylosauridae sembrano essere esclusivi del Cretacico. I più
antichi sono del Cretacico inferiore terminale della Mongolia (Shamo-
saurus). Nel Cretacico superiore sono frequenti in America settentrio-
nale (Ankylosaurus, Euoplocephalus) e in Asia centrale (Pinacosau-
EVOLUZIONE E CLASSII~ICAZIONE DEI DINOSAURI 37
rus, Talarurus, Tarchia). Il gruppo degli Ankylosauria sopravvisse sino
alla fine del Cretacico. Come gli stegosauri, dovevano essere animali
piuttosto lenti, presumibilmente erbivori, in possesso di denti piccoli e
poco specializzati, che permettevano appena di masticare il cibo.
V. Gli Ornitopodi
Gli Omitopodi costituiscono all'interno degli Ornithischia un grup-
po diversificato, diffuso dall'inizio del Giurassico alla fine del Creta-
cico. Uno degli aspetti peculiari della loro evoluzione, nel corso di un
intervallo di tempo così esteso, è il perfezionamento del loro apparato
masticatorio, probabilmente come risposta adattativa alle trasformazioni
della vegetazione. Gli ornitopodi più piccoli erano in prevalenza bipedi,
mentre le forme più pesanti potevano essere sia bipedi che quadrupedi.
1. Gli Heterodontosauridae. Comprendono piccoli ornitopodi (da I
a 2 m di lunghezza) provenienti principalmente dai giacimenti riferibi-
li al Giurassico basale dell'Africa meridionale (Heterodontosaurus).
Devono il loro nome alla presenza, nella mascella e nella mandibola,
di un paio di grandi denti caniniformi (fig. 24). I denti posteriori ave-
vano una corona alta, pertanto questi animali erano già in grado di ma-
sticare i vegetali che costituivano la loro dieta.
2. Gli Hypsilophodontidae. Questa famiglia riunisce ornitopodi di
piccola e media taglia, piuttosto «conservatori» per la loro anatomia,
diffusi a partire dal Giurassico medio (Yandusaurus, della Cina) sino
alla fine del Cretacico (Parksosaurus, Thescelosaurus, dell'America
settentrionale); resti di Hypsilophodontidae sono stati recentemente
rinvenuti in Antartide, in rocce del Cretacico superiore. Una delle for-
me del gruppo meglio conosciute è Hypsilophodon, del Cretacico in-
feriore inglese, un piccolo bipede che era probabilmente un rapido
Fig. 24. Cranio di Heterodontosaurus tucki. del Giurassico inferiore dell'Africa australe
(da Norman). Lunghezza: 10 cm circa. Si notino le diverseforme dei denti.
38 I DINOSAURI
corridore. Dryosaurus (fig. 37), diffuso nel Giurassico superiore sia in
America settentrionale, sia in Africa orientale, talvolta viene riferito a
una famiglia distinta, i Dryosauridae. Tra gli ornitopodi che alcuni stu-
diosi includono negli Hypsilophodontidae, ma che hanno una posizio-
ne sistematica discussa, ricordiamo Tenontosaurus, un animale di di-
mensioni piuttosto grandi (raggiungeva 7 m di lunghezza) del Cretaci-
co inferiore degli Stati Uniti, e Rhabdodon, un ornitopode frequente
nei depositi del Cretacico superiore in Europa. Il successo evolutivo
degli ipsilofodontidi, durato un lungo intervallo di tempo, è pro-
babilmente da mettere in relazione all'efficacia dell'apparato mastica-
torio, come si può dedurre dalla struttura del cranio.
3. Gli Iguanodontidae. Questi grandi ornitopodi apparvero nel Giu-
rassico superiore (Carnptosaurus, dell'America settentrionale e dell'In-
ghilterra) e vedono il loro maggiore sviluppo nel Cretacico inferiore,
in particolare con Iguanodon, ben documentato in Europa (Inghilterra,
Belgio, Francia, Germania e Spagna), ma presente anche in America
settentrionale.
Le specie più piccole di questo genere erano probabilmente in pre-
valenza bipedi, ma le forme più robuste, come Iguanodon bernissar-
tensis, che raggiungeva 9 m di lunghezza, adottavano per lo più una
postura quadrupede. Nel Cretacico inferiore gli Iguanodontidae ave-
vano una vasta distribuzione geografica che includeva, oltre all'Ame-
rica settentrionale e l'Europa, I'Africa (con Ouranosaurus, munito di
una «vela» dorsale che ricopriva le lunghe spine neurali delle verte-
bre), I'Asia (con diverse specie poco conosciute) e l'Australia (con
Muttaburrasaurus). Nel Cretacico superiore la famiglia sembra subire
un declino, probabilmente da porre in relazione alla concorrenza degli
Hadrosauridae, ma in Europa è ancora presente (Craspedodon). Il ge-
nere Rhabdodon, menzionato in precedenza, è riferito da alcuni stu-
diosi agli iguanodontidi.
4. Gli Hadrosauridae. Questi «dinosauri dal becco ad anatra», così
soprannominati a causa del loro muso, largo e piatto, apparvero verso
la fine del Cretacico inferiore, diversificandosi in maniera eclatante
nel corso del Cretacico superiore, grazie soprattutto all'efficacia delle
loro «batterie dentarie» (fig. 30), formate da numerosi denti sostituiti
continuamente, che consentivano a questi animali di cibarsi di vegetali
fibrosi e coriacei. Generalmente vengono suddivisi in due sottofami-
glie (fig. 25), una comprendente forme a cranio piatto (Hadrosauri-
nae), I'altra caratterizzata da animali con il cranio omato da protube-
ranze di fomme diverse (Lambeosaurinae). Alcuni autori considerano
questi due gruppi come due famiglie distinte, originatesi da gruppi dif-
ferenti di Iguanodontidae; a ogni modo non sembrano esserci dubbi
sul fatto che gli antenati degli adrosauri vadano cercati fra gli iguano-
Fig. 25. Hadrosauridae. In alto, cranio dell'adrosaurino Anatotitan copei, del Cretacico su-
periore dell'America settentrionale (da Weishampel e Horner); lunghezza 1,1 m. Al centro,
cranio del lambeosaurino Larnbeosaurus magnicristatus, del Cretacico superiore dell'Ame-
rica settentrionale (da Weishampel e Horner); lunghezza: 75 cm. In basso, cranio del lam-
beosaurino Parasaurolophus; lunghezza: circa 75 cm. La sezione a sinistra mostra lo svilup-
po (in nero) dei diverticoli del condotto nasale all'interno della cresta.
dontidi, ai quali somigliano notevolmente per quel che riguarda lo
scheletro postcraniale. Probabilmente gli adrosauri altemavano la lo-
comozione bipede a quella quadrupede. Per lungo tempo sono stati
considerati animali semi-acquatici, ma questa interpretazione attual-
mente viene considerata errata (vedere in seguito).
Gli adrosauri a cranio piatto (Hadrosaurinae) sono presenti in Asia
centrale all'inizio del Cretacico superiore (Gilmoreosaurus). Fomme
primitive continuano a esistere sino alla fine del Cretacico in Cina (Ta-
I mNnAA I rl2 1
Vl. I Pachicefalosauri
I pachicefalosauri sono un gruppo di ornitischi conosciuti esclusi-
vamente nel Cretacico. Sono caratterizzati dallo straordinario spessore
delle ossa del cranio, che gli conferisce una fomma a «cupola», sebbene
il loro cervello fosse di dimensioni molto ridotte (fig. 26). Il significa-
to eto ntev o I e .~ne .~ore èt" tlcrAtt A r~; I t A1 A ¨ ¨ A A .~.. --
Fig. 26. Cranio del pachicefalosauro Pachycephalosaurus wyorningensis, del Cretacico su-
periore dell'America settentrionale; lunghezza: circa 60 cm. La sezione a destra mostra lo
spazio piuttosto ristretto occupato dal cervello all'internAlol cranin
EVOLUZIONE E CLASSIFICAZIONE DEI DINOSAURI 41
probabilmente i pachicefalosauri utilizzavano il loro cranio come
arma nel corso di combattimenti intraspecifici. Questi animali erano
bipedi, di dimensioni piccole o medie, possedevano denti esili, di
struttura semplice, che indicano una dieta erbivora.
Il più antico pachicefalosauro conosciuto, Yaverlandia bitholus,
proviene dai depositi del Cretacico inferiore dell'isola di Wight. Gli
altri generi sono del Cretacico superiore, soprattutto dell'America set-
tentrionale (Pachycephalosaurus, Stegoceras, Stygimoloch) e dell'A-
sia centrale (Goyocephale, Homalocephale). Un unico esemplare è
stato segnalato in una regione gondwaniana, nel Madagascar (Majun-
gatholus).
Vll. I Ceratopsi
I Ceratopsia, riuniti con i pachicefalosauri nel gruppo dei Margino-
cephalia, sono i «dinosauri cornuti» del Cretacico. In effetti, questa
denominazione è adeguata soltanto per gli esponenti più evoluti del
gruppo, mentre le forme più primitive non presentano corna. Invece
un carattere comune a tutti i membri del gruppo è la forma del muso,
che termina con un becco stretto e alto.
1. Gli Psittacosauridae. Questi piccoli dinosauri del Cretacico infe-
riore asiatico, sono caratteri77ati 11alla m~rfoll~ia llella narte anteriore
Fig. 27. Ceratopsia. In alto, il ceratopo primitivo Psittacosaurus mongoliensis, del Cretaci-
co infenore della Mongolia (da Osborn); lunghezza: 1,5 m. In basso, cranio di uno degli ul-
timi ceratopsidi, Triceratops horridus, del Cretacico terminale dell'America settentrionale
(da Hatcher); lunghezza del cranio: 1,2 m.
42 I DINOSAURI
del cranio, che ricorda il becco di un pappagallo, a cui fa riferimento il
loro nome (fig. 27). All'estremità del becco, nella mascella, si trova un
osso rostrale particolare, presente esclusivamente nei ceratopsi, e ciò
dimostra che è a questo gruppo che bisogna riferire gli Psittacosauri-
dae. A giudicare dalle proporzioni dei loro arti, questi animali erano
principalmente bipedi. La famiglia è rappresentata soltanto dal genere
Psittacosaurus, diffuso alla fine del Cretacico inferiore in gran parte
dell'Asia, dalla Siberia alla Thailandia, attraverso la Mongolia, la
Cina e, forse, il Giappone.
2. I Neoceratopsia. Questo gruppo di ceratopsi include forme più
evolute rispetto agli Psittacosauridae. Non tutti sono muniti di corna,
ma tutti presentano un «collare» più o meno sviluppato, formato dalle
ossa della parte posteriore e superiore del cranio (principalmente il pa-
rietale e lo squamoso), e che si estende al di sopra della regione del
collo. I Neoceratopsia sono conosciuti esclusivamente nel Cretacico
superiore. I più primitivi tra loro, con un collare ancora relativamente
poco sviluppato, coma assenti o appena accennate, non superavano 3 m
di lunghezza e costituiscono la famiglia dei Protoceratopsidae (fig. 34),
conosciuti in Asia centrale (Protoceratops e Bagaceratops) e in Ame-
rica settentrionale (Montanoceratops e Leptoceratops), esistenti sino
alla fine del Cretacico insieme a Ceratopsidae più evoluti. Questi
ultimi, tipici dell'America settentrionale, possedevano corna molto
sviluppate che potevano trovarsi sul muso (Centrosaurus), sul
muso e sul collare (Styracosaurus), oppure sul muso e sopra gli oc-
chi (Triceratops e Torosaurus), fa eccezione Pachyrhinosaurus,
che sul muso presentava un semplice inspessimento osseo. Lo svi-
luppo del collare osseo, talvolta interessato da grandi aperture, è
variabile. I Ceratopsidae, in possesso di batterie dentarie che testi-
moniano un alto grado di specializzazione, mostrano una netta di-
versificazione nel Cretacico superiore in Nord America e alcuni ge-
neri raggiungono dimensioni considerevoli (9 m di lunghezza per
Triceratops, uno degli ultimi dinosauri) (fig. 38). La funzione delle
corna e del collare osseo dei Ceratopsidae non è ancora del tutto
chiara: oltre a svolgere una funzione di difesa contro i predatori,
probabilmente ricoprivano anche un ruolo nel comportamento intra-
specifico. Sembra che questi animali presentassero un accentuato di-
morfismo sessuale.
vm. L'origine degli uccelli
Nel XlX secolo, alcuni paleontologi, fra i quali Thomas Huxley, sot-
tolinearono le strette somiglianze fra i dinosauri e gli uccelli. Per lun-
go tempo, tuttavia, a causa della presunta assenza nei dinosauri della
EVOLUZIONE E CLASSIFICAZIONE DEI DINOSAURI
I
Fig. 28. Confronto tra lo scheletro del più antico uccello conosciuto, Archaeopteryx lith
graphica, del Ciurassico supenore della Baviera, e quello di un piccolo dinosawo teropoa
proveniente dagli stessi depositi, Compsognathus longipes. Si osservi la notevole somiglua
za di molti caratteri osteologici. L'apertwa alare di Archaeopteryx era di circa 45 cm
Compsognathus raggiungeva circa I m di lunghezza.
clavicola, osso presente negli uccelli, si è cercata l'origine degli uc-
celli in un gruppo più antico e primitivo, i tecodonti. Verso il 1970
il paleontologo americano J. Ostrom riprende l'ipotesi che gli uc-
celli derivino dai dinosauri. Oggi, invece, sappiamo che alcuni di-
nosauri possedevano la clavicola. Inoltre, grazie soprattutto agli
studi del paleontologo tedesco P. Wellnhofer, è stato messo in evi-
denza che lo scheletro del più antico uccello conosciuto, Archaeop-
~eryx (con la bocca munita di denti, le dita artigliate e la lunga coda,
~caratteri individuati nei sei scheletri provenienti da depositi del
Giurassico superiore della Baviera) ricorda moltissimo quello dei
piccoli teropodi come Compsognathus (fig. 28). La maggior parte
dei paleontologi oggi ritiene che gli uccelli abbiano avuto origine
dai dinosauri teropodi. Alcuni teropodi, soprattutto Archaeorni-
thoides, del Cretacico superiore della Mongolia, presentano carat-
teri del cranio che mostrano una stretta affinità con gli uccelli. Per
quanto riguarda gli uccelli un po' più recenti di Archaeopteryx, come
Iberornis e Concornis, della Spagna, e Sinornis, della Cina, tutti del
Cretacico inferiore, essi occupano una posizione intermedia tra Ar-
chaeopteryx, ancora molto rettiliano sotto molti aspetti, e gli uccel-
li moderni.
Sembra pertanto molto probabile che gli uccelli derivino da piccoli
dinosauri carnivori o insettivori, di abitudini arboricole, muniti di sca-
glie allungate, che si sarebbero in seguito trasformate in penne, in gra-
do di consentire un inizio di volo planato. Alcune ossa ritrovate in roc-
ce del Triassico superiore del Texas, che potrebbero appartenere a un
uccello (Protoavis) molto più antico di Archaeopteryx, sono da consi-
derarsi di posizione tassonomica incerta.
Uccelli e dinosauri fanno parte di un medesimo gruppo di arcosauri, I
pertanto non è esatto sostenere che i dinosauri si siano estinti senza la-
sciare discendenti. I loro discendenti, gli uccelli, sono ancora tra noi e
conoscono un successo evolutivo considerevole. I
La biologia dei dinosauri
Sin dai primi studi effettuati al riguardo, i dinosauri apparvero come
creature di natura paradossale: certo, si potevano considerare rettili gi-
ganti, ma la loro anatomia non era del tuKo simile a quella dei rettili at-
tuali e le loro abitudini di vita rimasero a lungo misteriose. Anche
quando furono scoperti i primi scheletri pressoché completi, le loro di-
mensioni, spesso enormi, e le loro forme, talvolta curiose, indussero a
speculazioni audaci sul loro modo di vivere. In seguito a un rinnovato
interesse per questi animali, intorno al 1970, i nuovi approcci portaro-
no a rimettere in discussione molte delle interpretazioni sulla biologia
e sulle abitudini di vita dei dinosauri. Da allora, ricerche e ipotesi al ri-
guardo si sono moltiplicate.
I. Fisiologia e abitudini di vita dei dinosauri
Nonostante le loro peculiarità anatomiche, i dinosauri furono a lun-
go considerati, dal punto di vista fisiologico, rettili «come gli altri»,
vale a dire animali «a sangue freddo», o, in termini più scientifici, pe-
cilotermi ed ectotermi. Gli animali pecilotermi, al contrario degli
omeotermi che mantengono quasi costante la loro temperatura corpo-
rea, hanno una temperatura interna variabile. I rettili attuali sono peci-
lotermi, mentre gìi uccelli e i mammiferi sono omeotermi. Attualmen-
te, in natura, la maggior parte dei pecilotermi sono anche ectotermi,
cioè harmo una temperatura corporea che è funzione di quella dell'am-
biente estemo; negli endotermi, al contrario, I'attività metabolica del-
l'animale è sufficiente a permettere il mantenimento di una temperatu-
ra indipendente da quella dell'ambiente esterno. Mentre un mammife-
ro omeotermo ed endotermo come l'uomo mantiene la sua temperatu-
ra interna intorno ai 37°C indipendentemente dalle variazioni della
temperatura estema (entro certi limiti, naturalmente) grazie a diversi
meccanismi metabolici, un reKile pecilotermo ed ectotermo, come una
lucertola, ha una temperatura che varia in funzione dell'ambiente
esterno. Quando fa freddo, un rettile è intorpidito e diventa inattivo,
deve riscaldarsi al sole per un certo intervallo di tempo prima di poter
I DINOSAURI
ridiventare attivo. Nel complesso, gli omeotermi sono in grado di
mantenere un maggior livello di attività rispetto ai pecilotermi.
Verso la fine degli anni Sessanta, la concezione classica dei dino-
sauri pecilotermi ed ectotermi fu rimessa in discussione, specialmente
dai paleontologi americani John Ostrom e Robert Bakker, che misero
in evidenza come diversi dati relativi ai dinosauri facevano pensare ad
animali capaci di attività continua e di comportarnenti relativamente
complessi, simili a quelli riscontrabili attualmente negli animali «a
sangue caldo». Ne scaturì un dibattito sulla fisiologia e sui modi di
vita dei dinosauri che non si è ancora concluso, ma che, in ogni caso,
ha contribuito notevolmente a modificare la nostra visione di questi
animali. I principali argomenti utilizzati in questo dibattito saranno
esaminati in seguito.
1. La locomozione. Come già illustrato, i dinosauri si distinguono
da tutti gli altri rettili per la posizione parasagittale dei loro arti, che
per netteva loro di mantenere il corpo sollevato dal suolo e di avere un
tipo di locomozione efficace. Lo studio dello scheletro del dromeosau-
ro Deinonychus antirrhopus indusse Ostrom a concludere che questo
carnivoro di taglia media doveva essere rapido e agile, in particolare
durante la caccia. Una revisione degli studi sull'anatomia di diversi al-
tri gruppi di dinosauri, effettuata tra gli altri da Bakker, condusse a
conclusioni analoghe: I'efficienza della locomozione dei dinosauri era
certamente molto più elevata di quanto non ammettessero le antiche
concezioni. Le recenti ricostruzioni mostrano dinosauri capaci di ga-
loppare, saltare, ergersi in posizioni che suggeriscono un livello di at-
tività elevato, quindi un metabolismo altrettanto elevato. Gli autori di
alcune di queste ricostruzioni sono andati forse troppo lontano, rap-
presentando sauropodi dal collo in posizione troppo verticale (che
comporterebbe la frattura delle vertebre cervicali!), o ceratopsidi al ga-
loppo, cosa che, a giudicare dall'anatomia dei loro arti anteriori, risul-
terebbe impossibile.
2. Le impronte. Una delle più importanti fonti di informazione circa
la locomozione dei dinosauri è lo studio delle impronte lasciate da
questi animali, che si trovano molto di frequente (talvolta in grandissi-
mo numero) sulla superficie degli strati di arenarie o calcari. Piste fos-
sili di questo tipo, lasciate da dinosauri appartenenti a diversi gruppi
(fig. 29), sono state scoperte in numerose regioni del pianeta a partire
dall'inizio del XIX secolo e il loro studio attualmente riscuote un rin-
novato interesse.
Queste piste forniscono preziose informazioni sulla postura dei di-
nosauri. Uno dei dati più interessanti è che le impronte della coda, un
solco continuo tra le impronte dei piedi, sono estremamente rare. Evi-
dentemente la maggior parte dei dinosauri si spostava tenendo la coda
LA BIOLOGIA DEI DINOSAURI
Fig. 29. Piste di un dinosauro bipede (teropode, a sinistra) e di uno quadrupede (sauropode,
a destra). Nel secondo caso è visibile l'impronta della mano da~anti a quella del piede.
sollevata dal suolo e non trascinandola come mostrato in molte vec-
chie ricostruzioni. Questo discorso è vaiido sia per le forme bipedi che
per quelle quadrupedi. I bipedi, probabilmente, mantenevano il corpo
in posizione quasi orizzontale e la coda svolgeva il ruolo di bilanciere,
equilibrando la parte anteriore del corpo. Alcune forme avevano le
vertebre caudali con apofisi molto allungate o presentavano un siste-
ma di tendini ossificati che aumentavano la rigidità della coda, facili-
tandone l'assetto orizzontale. Fra i quadrupedi, sembra che perfino i
sauropodi fossero in grado di mantenere la lunghissima coda sollevata
dal suolo, grazie a una muscolatura molto potente.
Le piste dei dinosauri confermano inoltre l'assetto verticale degli
arti e la loro posizione parasagittale. Esse sono generalmente strette:
questi animali non si muovevano con arti disposti lateralmente rispet-
to al corpo - come oggi si osserva nella maggior parte dei rettili - ma
piuttosto come i mammiferi e i grandi uccelli attuali.
Inoltre, grazie allo studio delle impronte è possibile dedurre la velo-
cità di spostamento di un dinosauro. Lo zoologo britarmico R. McNeill
Alexander si è occupato in particolare di questo problema e ha messo
a punto alcune equazioni che consentono di stimare la velocità di un
dinosauro partendo dalla lunghezza del passo e dalla sua altezza all'an-
ca (ugualmente ricavabile dalla distanza delle impronte). Le possibili
fonti di errore sono numerose e le stime della velocità devono essere
considerate solamente indicative. La maggior parte dei calcoli effet-
tuati su piste lasciate da diversi tipi di dinosauro indica velocità piutto-
sto basse, dell'ordine di qualche chilometro all'ora. Un risultato di
questo tipo può sorprendere se si pensa alle speculazioni di autori
-
48 I DINOSAURI LA BIOLOGIA DEI DINOSAURI 49
come Bakker a proposito della velocità dei dinosauri, tuttavia non bi-
sogna dimenticare che, per la maggior parte del tempo, un animale
non si sposta alla sua velocità massima, cammina piuttosto che corre-
re. Pertanto bisogna considerare normale che la maggior parte delle
piste fossili corrispondano a dinosauri che si spostavano a una velocità
moderata. Comunque esistono alcuni esempi che indicano spostamen-
ti molto più rapidi: uno dei più conosciuti si riferisce a una pista di un
teropode del Cretacico inferiore del Texas, partendo dalla quale è stata
calcolata una velocità di circa 40 km/h.
D'altronde bisogna ricordare che limiti alla velocità di spostamento
erano imposti dalle dimensioni stesse di alcuni dinosauri. Come ha di-
mostrato McNeill Alexander, la resistenza meccanica delle ossa impe-
diva ai più pesanti dei dinosauri (in particolare ai sauropodi) di supera-
re una certa velocità, oltre la quale le ossa degli arti non avrebbero re-
sistito ai contrasti generati dai loro movimenti.
Le indicazioni fornite dalle impronte dei dinosauri sono dunque
nell'insieme, sostanzialmente in accordo con l'ipotesi che vede questi
animali capaci di una attività sostenuta.
3.11 comportamento sociale dei dinosauri. Ricostruire il comporta-
mento di animali scomparsi non è mai cosa facile. Per quanto riguarda
i dinosauri, lo studio delle piste può fornire qualche indicazione, come
messo in evidenza soprattutto da Ostrom. In effetti, numerosi siti han-
no rivelato le impronte di un gran numero di dinosauri della stessa
specie che si muovevano nella medesima direzione, per nessuna altra
ragione apparente se non quella di appartenere a un branco. Indicazio-
ni analoghe di comportamento gregario sono note per tipi diversi di di-
nosauri (teropodi, sauropodi, ornitopodi, etc.). Questa ricostruzione è
sostenuta da altri dati, in particolare la presenza in alcuni giacimenti di
un gran numero di resti fossili riferibili a esemplari di dinosauri della
stessa specie, che fa pensare alla simultanea distruzione di un branco.
Esempi di questo tipo sono stati descritti soprattutto per ceratopsidi
del Cretacico superiore dell'Alberta e per adrosauri del Cretacico su-
periore del Montana. I branchi in questione probabilmente riunivano
un numero di individui molto alto.
Questi indizi di comportamento gregario in dinosauri di specie dif-
ferenti ricordano quanto si osserva attualmente in alcuni mammiferi,
sia per quel che riguarda gli erbivori che vivono in branco, costituito
talvolta da un grandissimo numero di individui, sia per i carnivori che
cacciano in gruppi. Nei rettili attuali i comportamenti sociali sono
meno sviluppati. Nel caso dei dinosauri si può pensare pertanto a un
legame fra comportamenti sociali e una qualche forma di omeotermia.
Le informazioni disponibili sul comportamento dei dinosauri al mo-
mento della riproduzione, argomento approfondito in seguito, induce
ad analoghe conclusioni.
4. l rapporti predatorilprede. In natura si osserva che il rapporto fra
il numero dei predatori e quello delle loro prede, in un ecosistema
dato, dipende dalla fisiologia termica dei predatori. Un predatore
omeotermo ed endotermo, per mantenere la sua temperatura costante,
deve «alimentare» il suo elevato metabolismo consumando un mag-
gior numero di prede rispetto a un predatore pecilotermo ed ectoter-
mo, che è in grado di trascorrere senza nutrirsi periodi relativamente
lunghi di attività rallentata. Per ricorrere a un esempio semplificato, si
può dire che con lo stesso numero di antilopi possono nutrirsi più coc-
codrilli (ectoterrni) che leoni (endotermi).
Robert Bakker ha proposto di utilizzare il rapporto fra il numero dei
predatori e il numero delle prede per verificare la sua ipotesi dell'o-
meotermia dei dinosauri. In teoria il metodo è semplice, in quanto si
tratta di contare i carnivori e gli erbivori presenti all'interno di una
medesima fauna a dinosauri. Secondo Bakker, i risultati ottenuti indi-
cherebbero per i dinosauri rapporti predatori/prede simili a quelli regi-
strati per diverse comunità di mammiferi attuali e indurrebbe a favori-
re l'ipotesi di dinosauri omeotermi. Tuttavia, in pratica, I'aleatorietà
della fossilizzazione rende questo metodo poco affidabile, perché non
è affatto sicuro che i resti fossili di un giacimento o in un insieme di
giacimenti rispecchino fedelmente la composizione della fauna esi-
stente nel periodo considerato, quindi le reali percentuali di predatori e
di prede.
5-1 dati della istologia ossea. Contrariarnente a quanto si potrebbe
pensare, in molti casi le ossa fossilizzate conservano i minimi dettagli
della loro struttura microscopica ed è quindi possibile studiare la loro
istologia. Nel XIX secolo, I'anatornista Gratiolet, studiando al micro-
scopio un osso lungo di dinosauro rinvenuto nell'Ariège dall'abate
Pouech, vi aveva riconosciuto strutture istologiche simili a quelle dei
mammiferi - concludendo erroneamente che si trattava di resti di un
mammifero. Si è dovuto attendere oltre un secolo affinché questi studi
si moltiplicassero e perché si sviluppasse una nuova branca della pa-
leontologia, la paleoistologia, soprattutto ad opera dello studioso fran-
cese Armand de Ricqlès.
In un primo momento, i risultati ottenuti dalla paleoistologia negli
anni Settanta sono parsi molto favorevoli alla tesi dell'omeotermia dei
dinosauri. In effetti, essi mettevano in evidenza due tipi di strutture
considerate come indicatrici dell'omeotermia. In primo luogo il tessu-
to haversiano, formato dalla modificazione del tessuto osseo intorno ai
vasi sanguigru. L'abbondanza di «canali di Havers» (dal nome dell'a-
natomista inglese che ne scoprì l'esistenza) in alcune ossa di dinosau-
ro, già messe in evidenza da Gratiolet, le rende simili alle ossa dei
grandi mammiferi, suggerendo quindi tipi di fisiologia analoghi. L'al-
tro aspetto dell'istologia ossea dei dinosauri considerato come indica-
tore di omeotermia è in rapporto diretto con la crescita dell'osso. Nei
rettili attuali, la crescita delle ossa non è continua: a causa della loro
ectotermia questa dipende dalle variazioni della temperatura dell'am-
biente esterno e rallenta durante i periodi meno favorevoli all'attività
di questi animali. L'osso di un ectotermo, visto in sezione, mostra
quindi «anelli di crescita», successioni di zone, corrispondenti a perio-
di di crescita rapida, separate da linee che testimoniano il rallentamen-
to o l'arresto della crescita. Questo tipo di struttura istologica è chia-
mata «lamellare-zonale». L'aspetto generale è paragonabile a quello
della sezione di un tronco d'albero e il numero degli anelli può essere
utilizzato, come nel caso degli alberi, per stimare l'età dell 'animale (se
si ammette che gli anelli si formino al ritmo di un paio all'anno). In
animali omeotermi come i mammiferi, al contrario, la crescita è molto
più continua, in quanto l'attività metabolica mantiene un andamento
pressoché costante, indipendentemente dalle variazioni ambientali. In
questi casi si ha una struttura detta «fibro-lamellare», priva di anelli di
crescita. In alcune ossa di dinosauro si riscontra questa tipologia isto-
logica.
La scoperta della coesistenza di tessuto haversiano e di tessuto fi-
bro-lamellare nelle ossa dei dinosauri fu inizialmente considerato un
argomento molto importante a favore dell'omeotermia di questi ani-
mali. Ma il problema si rivelò più complesso in seguito al lavoro del
paleontologo britannico R. Reid che, studiando un numero elevato di
ossa fossili di dinosauro riuscì a dimostrare che esse presentavano an-
che il tessuto lamellare-zonale. In alcuni casi il tipo fibro-lamellare e
quello lamellare-zonale coesistono nello stesso animale. Ciò suggeri-
sce un tipo di crescita davvero particolare, che non corrisponde del tut-
to a quella di un omeotermo. Per quanto riguarda il tessuto haversiano,
la sua distribuzione sembra essere legata principalmente ai vincoli cui
l'osso viene sottoposto, piuttosto che a un tipo particolare di fisiolo-
gia. Il suo sviluppo in alcuni dinosauri potrebbe essere dovuto soprat-
tutto alle grandi dimensioni di questi animali.
6. Che tipo difisiologia avevano i dinosauri? Allo stato attuale delle
ricerche, la questione della fisiologia termica dei dinosauri non può
essere considerata definitivamente risolta. Diversi indizi inducono a
pensare che essi non fossero semplici pecilotermi come i rettili attuali.
In mancanza di dati su molti aspetti della loro anatomia interna (siste-
ma circolatorio, sistema digestivo, etc.), la ricostruzione precisa della
loro fisiologia incontra enormi difficoltà. Sono stati suggeriti alcuni
meccanismi per spiegare come, pur essendo ectotermi, i dinosauri
avrebbero potuto acquisire un certo grado di omeotermia. Il più con-
vincente è l'«omeotermia di massa», che consente a un animale di
grande taglia di conservare meglio la sua temperatura interna rispetto
a un animale piccolo. Infatti, se la superficie cresce secondo il quadra-
to delle sue dimensioni lineari (la sua lunghezza), il suo volume cresce
secondo il cubo. Più un animale è grande, più il rapporto fra il suo vo-
lume e la sua superficie è minore. Poiché è attraverso la superficie del
corpo che avvengono gli scambi di temperatura con l'ambiente ester-
no, un animale grande si riscalderà più lentamente di uno di piccole di-
mensioni, ma si raffredderà anche più lentamente. Quindi, un animale
ectotermo delle dimensioni di un dinosauro sauropode avrebbe potuto
mantenere a lungo una temperatura interna del corpo quasi costante
indipendentemente dalle variazioni della temperatura dell'ambiente
estemo (ad esempio fra il giorno e la notte), già soltanto in virtù del
volume elevato rispetto alla superficie corporea. Questo tipo di omeo-
termia, tuttavia, può essersi sviluppato soltanto nei dinosauri di grandi
dimensioni, mentre non è applicabile alle numerose forme di piccola
taglia.
Tenuto conto della grande diversità del gruppo, bisogna però sotto-
lineare che non tutti i dinosauri avevano necessariamente lo stesso tipo
di fisiologia. Alcuni di essi avevano probabilmente acquisito meccani-
smi particolari per regolare la loro temperatura interna. E il caso so-
prattutto di quelle forme che presentano vertebre dorsali con spine
neurali estremamente allungate, che sostenevano probabilmente una
specie di vela. Una disposizione di questo tipo si riscontra in alcuni te-
ropodi (Spinosaurus, del Cretacico dell'Africa), sauropodi (Amarga-
saurus, del Cretacico inferiore dell'America meridionale) e ornitopo-
di (Ouranosaurus, del Cretacico inferiore dell'Africa). Probabilmente
queste strane strutture dorsali, irrigate da un gran numero di vasi san-
guigni, avevano la funzione di un radiatore di calore o di pannello so-
lare, a seconda della disposizione che ne davano gli animali: il sangue
che circolava nella «vela» raffreddandosi o riscaldandosi, contribuiva
a modificare la temperatura corporea. Le grandi placche o le spine os-
¨see presenti sul dorso degli stegosauri svolgevano forse un ruolo ana-
logo (il loro studio istologico mostra che erano fortemente vascolariz-
zate). Infine, è anche possibile che il tipo di metabolismo dei dinosauri
variasse con l'età, come suggeriscono studi recenti, di cui si parlerà
più avanti, a proposito della crescita di questi animali.
Un lavoro pubblicato nel t992 dai ricercatori americani R. Barrick
e W. Showers ha cercato di mettere in evidenza con un metodo diretto
l'omeotermia nei dinosauri. Questo studio si basa sulla misura delle
differenze di temperatura fra diverse parti del corpo di un animale. In
un ectotermo le estremità sono più fredde del tronco, che conserva
meglio il calore a causa del suo maggiore volume. Negli omeotermi le
differenze sono molto meno accentuate. Barrick e Showers hanno mi-
surato le differenze di temperatura tra le ossa di diverse parti del corpo
di un grande rettile attuale (il varano di Komodo), di diversi mammi-
feri e di dinosauri differenti. La misura delle variazioni è possibile a
partire dagli isotopi dell'ossigeno (016 e Ols) contenuti nelle ossa, in
quanto il loro rapporto varia in funzione della temperatura alla quale
l'osso si è formato. Poiché il rapporto dipende in gran parte dalla tem-
peratura estema, il metodo non permette di stabilire temperature asso-
lute, ma rivela le eventuali variazioni di temperatura esistenti, ad esem-
pio, fra gli arti e il tronco. I risultati ottenuti indicano che i dinosauri stu-
diati mostrano variazioni di temperatura da un punto all'altro del corpo
piuttosto esigue, più vicine a quelle osservate nei mammiferi attuali che
nel varano di Komodo. Questo è un argomento a favore dell'omeoter-
mia che sarà necessario verificare su un gran numero di dinosauri.
Allo stato attuale delle conoscenz~e è difficile definire con esattezza
la fisiologia termica dei dinosauri. E possibile che non fosse del tutto
simile a quella degli animali oggi viventi. I dinosauri forse «funziona-
vano» in un modo originale, secondo un modello oggi non più esisten-
te. Si potrà facilmente comprendere, quindi, quanto sia arduo rico-
struire la loro fisiologia.
L'alimentazione dei dinosauri
Per ricostruire l'alimentazione dei dinosauri i paleontologi dispon-
gono di dati diretti e indiretti. I primi sono rari: si tratta principalmente
del contenuto dello stomaco, cioè dei resti fossilizzati dell'ultimo pa-
sto dell'animale, trovato all'interno dello scheletro, al livello dell'inte-
stino. Non si conoscono che pochi casi ben documentati. Lo scheletro
di un Compsognathus, piccolissimo teropode trovato in Baviera nel
secolo scorso, contiene i resti di una lucertola del genere Bavarisau-
rus, a testimonianza del fatto che questo predatore di dimensioni ridot-
te si nutriva, tra l'altro, di piccoli rettili. Un altro caso noto è quello
dello scheletro di un adrosauro del Cretacico superiore del Wyoming,
conservato con l'impronta di gran parte della sua pelle, attualmente
esposto al Museo Senckenberg di Francoforte. Il contenuto dello sto-
maco di questo animale è composto in gran parte da aghi di conifere e
da semi di piante terrestri; ecco uno degli argomenti che inducono a ri-
vedere il modo di vita degli adrosauri e a non considerarli più animali
prevalentemente acquatici.
Più spesso, tuttavia, in assenza del contenuto dello stomaco, il regi-
me alimentare dei dinosauri dev'essere ricostruito a partire dalle loro
ossa e dai loro denti. Per quel che riguarda i teropodi, muniti di robusti
denti taglienti e seghettati, così come di potenti artigli, non c'è dubbio
che fossero carnivori. Alcuni autori hanno ipotizzato che i teropodi
molto grandi, come i tirannosauri, fossero troppo pesanti per essere
stati cacciatori attivi e si cibassero soprattutto di carogne. Comunque
non si conoscono che pochi carnivori terrestri che siano soltanto ne-
crofagi, inoltre l'esame dell'anatomia dei tirannosauri suggerisce piut-
tosto che essi fossero predatori effficienti, altrettanto rapidi e attivi dei
grandi dinosauri erbivori che dovevano costituire le loro prede. Alcuni
denti di teropodi, presumibilmente perduti nel corso del pasto, sono
stati trovati fra le ossa di dinosauri erbivori, che in qualche caso con-
servano addirittura le tracce dei morsi dei predatori.
Il regime alimentare di altri teropodi è più misterioso. Esistono mol-
ti interrogativi per quel che riguarda le forme sdentate come gli ornito-
mimidi. Attualmente si è propensi a ritenere che fossero carnivori e
che si cibassero di prede di piccole e medie dimensioni, che venivano
inghiottite intere. Quanto agli strani oviraptorosauri, si è ipotizzato,
come indica il nome stesso, che si nutrissero di uova, ma un'altra pos-
sibilità è che la loro alimentazione fosse costituita da molluschi.
I prosauropodi sono stati considerati da alcuni studiosi carnivori o
onnivori, ma i loro denti lanceolati con grosse crenulature suggerisco-
no piuttosto una dieta erbivora. Per quel che riguarda i sauropodi, la
caratteristica più eclatante è il contrasto fra la relativa esilità del loro
apparato masticatorio e l'enormità del loro volume corporeo. Come
potevano questi animali, in queste condizioni, ingerire l'immensa
quantità di vegetali necessari a mantenerli in vita? Molto proba-
bilmente il metabolismo dei sauropodi più grandi era diverso da quel-
lo dei grandi mammiferi attuali, poiché sembra impossibile che essi
abbiano avuto bisogni alimentari comparabili, in proporzione, a quel-
li, ad esempio, di un elefante che, con un peso molto minore, deve pas-
sare la maggior parte del tempo ad alimentarsi. L'esilità dei denti dei
sauropodi era certamente compensata dall'esistenza di una sorta di
ventriglio, dove gli alimenti ingeriti erano sminuzzati da pietre in-
ghiottite dall'animale, come nel caso di certi uccelli. Alcune di queste
pietre, denominate gastroliti, sono state rinvenute all'interno dello
scheletro di sauropodi: tra il bacino e le costole di un esemplare del
Giurassico superiore del Nord America, ad esempio, sono stati trovati
addirittura 64 ciottoli smussati.
Presumibilmente tutti gli ornitischi erano erbivori, ma si osservano
differenze considerevoli nella forma dei denti, delle mascelle e delle
mandibole, che indicano adattamenti a diete diverse. Le forme coraz-
zate (stegosauri e anchilosauri) avevano denti piccoli e relativamente
semplici, quindi si può dire poco circa le loro reali abitudini alimenta-
ri. Negli ornitopodi si osserva una evoluzione verso apparati mastica-
tori più complessi ed efficaci (fig. 30), in particolare nel corso del Cre-
tacico; le batterie dentarie degli adrosauri, azionate da movimenti
I DlNOSAlJRI j LA E~IOLOGIA DEI DINOSAURI
~ig. 30. L'apparato masticatorio nei due gruppi di ornitischi evoluti, prowisti di «batterie
dentarie(viste in sezione trasversale). A siDisrra, un ceratopside: i movimenti corrispondo-
no a un movimento verticale «a cesoia». A destra, un adrosauro: la supeffcie di masticazio-
ne più obliqua permette di triturare maggiormente il cibo (da Gaffney).
complessi delle mascelle e delle mandibole, permettevano loro di con-
sumare una vegetazione fibrosa e coriacea (come visto in precedenza,
questa includeva aghi di conifere e semi). Anche per i ceratopsidi il
becco potente e le batterie dentarie li rendevano erbivori molto effi-
cienti. Sembra piuttosto verosimile l'ipotesi di una coevoluzione fra le
angiosperme (piante con fiori) e questi tipi di dinosauri erbivori.
III. Cervello e intelligenza
Per poter comprendere appieno il modo di vita dei dinosauri, biso-
gnerebbe avere una idea piuttosto precisa delle loro capacità «intellet-
tive», se così si può dire. Evidentemente non è facile giudicare la com-
plessità dei comportamenti di animali di cui non rimangono che ossa.
Gli indizi di comportamento sociale rivelato dalle impronte, o quelli di
cure parenta3i forniti dalle uova e dai nidi, forniscono informazioni in
tal senso. Inoltre, si è anche cercato di trarre delle conclusioni parten-
do direttamente dalla misura del volume del cervello dei dinosauri e
dal rapporto fra questa misura e quella del volume corporeo. Il cervel-
lo non si fossilizza, ma si possono conoscere il suo volume e il suo
aspetto generale grazie ai calchi della cavità endocranica. Già da mol-
to tempo si è notato che alcuni dinosauri possedevano un cervello
molto piccolo in rapporto alle loro dimensioni corporee. Nei sauropo-
di il volume del cervello rappresenta appena 1/100000 del volume
complessivo del corpo (contro 1/40 circa nell'uomo). Tuttavia questo
rapporto varia molto tra un gruppo di dinosauri e un altro. Sono stati
calcolati dei coefficienti di encefalizzazione che tengono conto del vo-
lume del cervello e di quello del corpo, grazie ai quali è possibile crea-
re una scala di valori articolata delle diverse «capacità cerebrali» dei
differenti gruppi. In proporzione, i sauropodi hanno il cervello più pic-
Fig. 31. Ricostruzione di Stegosaurus del Giurassico superiore degli Stah Uniti, che mostra
l'espansione del midollo spinale al livello dell'osso sacro, di volume nettamente superiore a
quello del cerlello. Lunghezza tota/e dell ' anima/e: 6-7 m (da Gaffney).
colo, seguiti dai tireofori e dai ceratopsi. Gli omitopodi hanno un cer-
vello più grande, ma i coefficienti più elevati si trovano tra i teropodi.
In particolare, è nei piccoli teropodi del Cretacico superiore, come
Troodon, che si riscontrano i cervelli in proporzione più grandi
(1/1000 del volume corporeo). Inoltre, lo sviluppo degli emisferi cere-
brali dei piccoli teropodi era più accentuato che negli altri dinosauri,
compresi i grandi teropodi come Tyrannosaurus. Queste caratteristi-
che suggeriscono buone capacità di coordinazione, probabilmente più
sviluppate che negli altri dinosauri. Da questo si deduce che il livello
di «intelligenza» era molto diverso a seconda dei gruppi: doveva esi-
stere una vasta gamma di comportamenti, da quelli più tipici dei rettili
a quelli propri degli uccelli.
Talvolta si afferma che alcuni dinosauri (in particolare gli stegosau-
ri) possedessero due cervelli, il secondo dei quali, molto più volumi-
noso di quello racchiuso nella cavità endocranica, situato al livello
dell'osso sacro. In realtà si tratta di una espansione de3 midollo spinale
al livello delle vertebre sacrali (fig. 31 ) che si osserva anche in molti
altri vertebrati e che tende a essere più sviluppato tanto più l'animale è
grande. Non deve sorprendere, quindi, che questo rigonfiamento fosse
particolarmente evidente in alcuni dinosauri - ma non si tratta in alcun
caso di un secondo cervello.
IV. La riproduzione e la crescita
Si conosce veramente poco del comportamento sessuale dei dino-
sauri. Può darsi che alcune specie presentassero un dimorfismo se~-
suale, messo in evidenza per esempio, dalla differenza nello svilupp~
degli ornamenti del cranio nei ceratopsi e negli adrosauri dalla cresi.
cefalica. Alcune di queste strutture ossee possono essere stati elementi
di attrazione per conquista delle femmine. Si è ipotizzato che i pachi-
56 IDINosA LABIOLOGIADEIDINOSA~RI
cefalosauri maschi, per questo motivo, fossero soliti combattere urtan-
do i loro crani massicci. Informazioni più dettagliate sulla riproduzio-
ne dei dinosauri si devono alle numerose scoperte di uova fossili,
mentre quello che si conosce sulla loro crescita è dovuto al ritrova-
mento di scheletri di animali anche molto giovani.
1. Le uova di dinosauro. Intorno al 1850, I'abate Pouech aveva tro-
vato nelle rocce del Cretacico superiore dell'Ariège, alcuni frammenti
dei gusci di uova di dinosauro, ma questa scoperta non ebbe seguito.
Le scoperte di Matheron in Provenza un decennio più tardi (gusci in-
completi che egli attribùì a Hypselosaurus, successivamente identifi-
cato come un titanosauro) non attirarono più di tanto l'attenzione. Sol-
tanto la scoperta di un gran numero di uova, immediatamente attribui-
te a Protoceratops, in sedimenti del Cretacico superiore della Mongo-
lia, ad opera di una spedizione americana negli armi Venti, rivelò sia
agli specialisti che al grande pubblico, I'abbondanza delle uova di di-
nosauro in alcuni giacimenti. Attualmente resti di uova sono stati indi-
viduati in numerose parti del mondo, in depositi risalenti sino al Trias-
sico superiore, anche se la maggior parte dei giacimenti in questione è
riferibile al Cretacico superiore.
Le uova dei dinosauri pongono spesso delicati problemi di identifi-
cazione. L'unico metodo sicuro per identificare la specie alla quale
l'uovo corrisponde è di trovare l'embrione all'intemo, o di rinvenire i
resti del neonato nelle sue vicinanze. Questi casi sono piuttosto rari:
associazioni di questo tipo sono state scoperte in Mongolia, negli Stati
Uniti, in Canada, in Romania e, forse, in India. In Francia, dove le
uova di dinosauro si rinvengono talvolta a centinaia nei livelli del Cre-
tacico terminale, dalla Provenza all'Ariège, nessun resto di embrione
è stato ancora segnalato. In assenza di una associazione con resti ossei,
si è tentato di stabilire una classificazione dei tipi di guscio basata
principalmente sulla struttura microscopica. La forma e la disposizio-
ne dei prismi di calcite che formano il guscio dell'uovo in effetti varia-
no, ma l'esatto significato di queste variazioni non è ancora del tutto
evidente, quindi le classificazioni e la «paratassonomia» basate su
questi caratteri forniscono soltanto indicazioni molto approssimative
sulla diversità dei tipi di uova e soprattutto sulla natura degli animali
che le hanno deposte. A ciò si deve aggiungere che non sempre si è
prestata la necessaria attenzione alla forma e alle dimensioni delle
uova intere, che invece possono essere ricostruite con precisione uti-
lizzando metodi geometrici, anche quando le uova sono deformate e
frammentarie, come quasi sempre accade (fig. 32).
Tuttavia, anche quando non si conosce con certezza la specie di ap-
partenenza, lo studio della disposizione delle uova all'interno del nido
fornisce informazioni su alcuni aspetti del comportamento riprodutti-
L~SSE Dl SIMMETRL~
Fig. 32. Metodo di ricostruzione dellaforrna originaria d. un uovo di dinosauro. A partire
daframrnenti del guscio ricollocati nella loro posizione di origine, si ricostruisce un «meri-
diano~,cheperrotazioneconsentediottenerelaformadea'uovoprirnadellaoeforrnazione
dovuta allafossilizzazione (da Larlt~er e Le Loeuff~.
vo dei dinosauri. Scavi realizzati nell'Aude negli anni Ottanta suggeri-
scono che alcune grandi uova (di capacita superiore a 21), attribuite a
sauropodi titanosauridi, erano state deposte in gruppi disposti in circo-
lo. Lo studio di numerosi giacirnenti di uova nella regione di Corbiè-
res rivela che i dinosauri del Cretacico terminale nidificavano in am-
bienti sedimentari molto diversi come ghiaie e limi fluviali, o fanghi
calcarei lacustri.
Dati particolarmente interessanti provengono da siti dove uova, em-
brioni e neonati sono stati trovati associati. Questo è il caso particolare
del giacimento del Cretacico superiore del Montana scavato dal pa-
leontologo arnericano J. Horner. Nei sedimenti depositati sulle rive di
un antico lago sono stati scoperti gruppi di anidi» di dinosauro conte-
nenti uova e resti di esemplari giovani e adulti. Molte specie di dino-
s~wri fiequentavano simul~D~o e in gruppo queste aree di nidifi-
IDINOSAuRI I LARlo AnFlnlNl)(;AllRl ;U
cazione, comportamento che ricorda quello di alcuni uccelli attuali.
Lo studio minuzioso dei nidi ha permesso di mettere in evidenza alcu-
ne differenze nel comportamento parentale delle differenti specie. In-
fatti, gli adrosauri del genere Maiasaura deponevano le loro uova al-
I'interno di una sorta di cratere scavato nel terreno (fig. 33). Dopo la
schiusa delle uova, i giovani restavano nel nido, o in prossimità di
esso, per un lungo periodo, come testimonia la scoperta nei nidi dei re-
sti di giovani che non erano più neonati. Probabilmente gli adulti sor-
vegliavano i nidi per un certo periodo dopo la schiusa e portavano il
cibo ai piccoli fino a quando questi avessero.raggiunto l'età di qualche
mese. Al contrario, gli ipsilofodontidi del genere Orodromaeus sem-
brano avere lasciato il nido (fig. 33) più rapidamente e non sembra che
i genitori portassero il cibo ai piccoli.
I comportamenti parentali rivelati dallo studio delle covate e dei
piccoli di alcuni dinosauri ricordano dunque quanto si osserva negli
uccelli. Non bisogna comunque dimenticare che gli unici rettili arco-
sauri sopravvissuti sino a oggi, i coccodrilli, mostrano anch'essi com-
portamenti come la costruzione di «nidi», la sorveglianza della covata
e cure ai neonati.
E stato ipotizzato che alcuni dinosauri fossero ovovivipari: i piccoli
sarebbero nati direttamente dopo un periodo di incubazione all'inter-
no del corpo della madre. Questa ipotesi finora non è comprovata da
nessuna scoperta di resti di embrioni all'intemo dello scheletro di un
adulto. R. Bakker ha avanzato l'ipotesi che i sauropodi fossero vivipa-
ri poiché i neonati sarebbero stati troppo grandi per poter essere conte-
nuti dentro un uovo. In realtà, il ritrovamento di resti di sauropodi
molto giovani lascia pensare che i neonati fossero molto più piccoli
degli adulti e le più grandi uova di dinosauro note hanno il volume ne-
cessario per contenerli.
2. La crescita. Per molto tempo le informazioni sulle prime fasi del-
I'esistenza dei dinosauri sono state carenti a causa della mancanza di
resti di giovani - o anche perché non si riconoscevano come tali. At-
tualmente invece le nostre conoscenze sono migliorate tanto da defini-
Fig. 33. Uova e nidi di dinosauri. In alto, ricostruzione del «nido» dell'adrosauro Maiasaura
peeblesorum, del Cretacico superiore del Montana. Le uova erano covate in una specie di
«cratere)scavato nel suolo dalla madre (da Coombs). In basso, disposizione delle uova di
un ipsilofodontide (O~maeus makelai), del Cretacico superiore del Montana (da Hor-
ner e Corman).
Fig. 34. Crescita del cranio nel ceratopo Protoceratops andrewsi. del Cretacico superiore
della Mongolia. Nello stadio adulto (in alto), il cranio è lungo quasi 50 cm. Da notare come,
nel corso della crescita, aumentano le dimensioni del collare osseo e si sviluppa un accenno
di corno nasale.
re «serie di crescita», che vanno dall'animale giovanissimo fino all'a-
dulto, relative a diversi tipi di dinosauri: teropodi (Syntarsus), prosau-
ropodi (Mussaurus), ipsilofodontidi (Orodromaeus), adrosauridi (Ma-
iasaura), ceratopsi (Psittacosaurus, Protoceratops) e altri ancora.
Queste serie permettono di seguire le modificazioni anatomiche nel
corso della vita di un individuo (fig. 34). I dinosauri neonati erano
di solito molto più piccoli rispetto agli adulti (d'altronde le uova
dei dinosauri non hanno mai un volume eccezionale; le più grandi
di esse hanno comunque dimensioni inferiori di quelle di Aepyornis
- uccello corridore del Madagascar - che sono le più grandi uova di
uccello mai conosciute). Si pone però il problema riguardante la ra-
pidità della loro crescita: i dinosauri crescevano lentamente, il che
implicherebbe una durata della vita molto lunga per raggiungere la
taglia dell'adulto, o la loro crescita era abbastanza rapida da con-
sentire loro di raggiungere grandi dimensioni in pochi anni? Recen-
ti studi sull'istologia ossea di giovani dinosauri (in particolare Syn-
tarsus e Maiasaura) indicano che il tessuto osseo era altamente va-
scolarizzato nei giovani, deducendo che la crescita fosse rapida nei
primi anni, come negli uccelli e nei mammiferi. In seguito questa ral-
lentava notevolmente e la fisiologia dell'animale doveva assumere un
carattere più rettiliano. Anche da questo punto di vista i dinosauri sem-
brano seguire un modello fisiologico peculiare, forse senza equivalen-
ti attuali.
Durante la crescita potevano manifestarsi modificazioni di tipo al-
lometrico, vale a dire che in alcuni stadi della crescita alcune parti del
corpo si sviluppavano di più rispetto ad altre, provocando cambiamen-
ti morfologici nel corso del tempo. Per questo motivo, ad esempio, le
creste del cranio di alcuni adrosauri in proporzione erano più piccole
nei giovani che negli adulti - cosa che in passato ha indotto a classifi-
care giovani e adulti in generi differenti (le specie attribuite al genere
Procheneosaurus, ad esempio, si sono rivelate in realtà forme giovani-
li dei generi Corythosaurus e Lambeosaurus).
Si conosce ancora poco della crescita di alcuni dinosauri per la
mancanza di resti fossili. Questo è il caso dei sauropodi, ma la recente
scoperta di individui molto giovani in depositi della Thailandia, potrà
forse colmare ben presto questa lacuna.
V. Qualche problema di ricostruzione
Per ricostruire i dinosauri in quanto organismi viventi bisogna fare i
conti con diversi interrogativi: quanto pesavano, che aspetto avevano
quelle parti del corpo, compresa la pelle, che normalmente non si con-
servano fossilizzate, di che colore erano.
Queste diverse domande, tutte legate, in un modo o nell'altro, alla
mancanza di dati dovuta alla fossilizzazione, saranno ora brevemente
affrontate.
1.11 peso dei dinosauri. I paleontologi, colpiti dalle dimensioni gi-
gantesche di alcuni dinosauri, per lungo tempo si sono cimentati nella
stima del peso che questi animali potevano raggiungere da vivi. La
tecnica più utilizzata consiste semplicemente nel misurare il volume
di una ricostruzione dell'animale in scala ridotta, nel calcolare, a parti-
re da questo, il volume corporeo dell'animale reale, moltiplicando in-
fine questo volume per la densità presunta dell'animale. La maggior
parte degli animali ha una densità prossima a quella dell'acqua, cioè
una tonnellata per metro cubo, e si può ragionevolmente supporre che
i dinosauri avessero la medesima densità. Certo i risultati ottenuti con
questo metodo variano in funzione della ricostruzione utilizzata in
partenza - e perché questa sia attendibile, per realizzarla bisogna di-
sporre di uno scheletro abbastanza completo. Un altro metodo, meno
usato, consiste nel considerare la circonferenza di alcune ossa (I'ome-
ro e il femore, ad esempio), sapendo che negli animali attuali tra que-
ste misure e il loro peso esiste una relazione rappresentabile su un gra-
fico con una retta. Misurando le circonferenze in questione e riportan-
do le misure sul grafico è possibile stimare il peso dell'animale. I ri-
sultati ottenuti con i diversi metodi mostrano talvolta differenze
significative, come dimostra la tabella che segue, in cui sono indicate
le masse in tonnellate, ottenute da più autori per diversi dinosauri.
Colbert nel 1962 (colonna 1) e Alexander nel 1989 (colonna 2) hanno
utilizzato le misure del volume di un modello ridotto, mentre Ander-
son e i suoi collaboratori nel 1985 (colonna 3) si sono serviti del dia-
metro delle ossa.
Tyrarmosaurus rex
Diplodocus carnegiei
Bracbiosaurus brarlcai
Stegosaurus ungulatus
Triceratops prorsus
Le divergenze osservate sono dovute ai differenti metodi impiegati
e, nel caso dei risultati di Colbert e Alexander, alle differenze tra le ri-
costruzioni adottate per effettuare le misure dei volumi. Il caso di Bra-
chiosaurus mostra quale grado di incertezza si incontri in queste stime
del peso. Ad ogni modo un risultato rimane: alcuni dinosauri, i sauro-
podi in particolare, raggiungevano pesi elevatissimi. Si ricordi che at-
tualmente l'animale terrestre più pesante è l'elefante africano, che rag-
giunge 5,5 t e che, di conseguenza, Brachiosaurus brancai pesava
come 6 elefanti secondo la stima minore, 8 secondo la stima media, 16
secondo quella maggiore! Tuttavia non bisogna dimenticare che esi-
stevano dinosauri molto leggeri, soprattutto fra i piccoli teropodi dalle
ossa cave, che forse pesavano poco più di uccelli di analoghe dimen-
sioni.
2. La pelle dei dinosauri. I dinosauri, come la grande maggioranza
degli altri vertebrati fossili, sono conosciuti principalmente per le loro
ossa, le parti dure del corpo che hanno le maggior probabilità di fossi-
lizzarsi. Per risalire all'aspetto di un dinosauro da vivo è importante ri-
costruire le masse muscolari e questo è possibile, in una certa misura
partendo dalle tracce delle inserzioni muscolari presenti sulle ossa,
così come è necessario avere una idea per quanto possibile precisa del-
la parte esterna dell'animale, cioè dell'aspetto del suo rivestimento
dermico. Per analogia con i rettili attuali, sono stati immaginati dino-
sauri coperti di scaglie e persino muniti di spine. In tempi più recenti,
in seguito agli studi sulle strette relazioni fra certi piccoli teropodi e gli
uccelli, alcuni paleontologi non hanno esitato a raffigurare dinosauri
coperti di piume. In realtà non esiste ancora nessuna prova concreta
dell'esistenza di un piumaggio nei dinosauri (non sono state trovate le
impronte di penne, che si osservano invece in alcuni uccelli fossili, a
partire dal più antico di loro, Archaeopteryx). Al contrario, I'aspetto
della pelle è conosciuto in qualche dinosauro. La pelle, in quanto ma-
teria organica, si conserva soltanto in casi eccezionali: I'unico esem-
pio segnalato proviene da depositi del Giurassico inferiore dell'Inghil-
terra, dove sono state scoperte tracce della pelle di Scelidosaurus. Ma
si conoscono in un certo numero di giacimenti alcune impronte della
pelle, conservate in sedimenti a grana fine. Nel 1852 Mantell segnala
l'impronta della pelle della zampa anteriore di un sauropode, trovato
in Inghilterra in sedimenti del Cretacico inferiore; si può osservare la
presenza di tubercoli disposti a rosetta. In seguito, sono state rinvenute
impronte della pelle di ceratopsi (Cretacico superiore del Canada) e di
adrosauri (Cretacico superiore degli Stati Uniti e del Canada). Le cele-
bri «mummie» di adrosauri del Wyoming sono infatti scheletri fossi-
lizzati con tutto intorno l'impronta naturale di gran parte della pelle.
Anche in questo caso, la pelle aveva un aspetto granuloso o a tuberco-
li. Alcuni adrosauri possedevano una sorta di cresta lungo il collo, il
tronco e la coda. Un altro esempio di un'impronta di pelle molto gra-
nulosa è quello dello strano teropode Carnotaurus, del Cretacico infe-
riore dell'America meridionale. Nel 1992, il paleontologo americano
S. Czerkas ha segnalato l'impronta della pelle in un sauropode diplo-
docide del Giurassico superiore del Wyoming. L'aspetto più inatteso
Fig. 35. Presenza di spine curanee in un sauropode: la scoperta di impronte della pelle ben
conservate in un giacimento del Ciurassico supenore del Wyoming rivela la presenza di spi-
ne lungo la coda, al di sopra delle vertebre (in basso). E probabile che in questo animale, si-
mile a Diplodocus, esistesse una cresta spinosa lungo tutto il dorso dell'animale (da Czer-
kas).
di questa scoperta è l'esistenza di una fila di spine dermiche di forma
conica lungo la coda (fig. 35); è probabile che questa fila proseguisse
anche sul tronco e sul collo, dando all'animale un curioso aspetto spi-
noso. Scoperte inusuali come questa mostrano come la ricostruzione
di come erano da vivi i dinosauri sia piena di insidie.
3.11 colore dei dinosauri. I pochi resti di pelle dei dinosauri, men-
zionati in precedenza, non hanno mantenuto la loro colorazione origi-
nale e gli artisti che tentano di ricostruire questi animali per quanto ri-
guarda il colore devono essenzialmente fare appello alla loro immagi-
nazione. I dinosauri più grandi, soprattutto i sauropodi, sono quasi
sempre rappresentati di un colore grigiastro, per analogia con i grandi
mammiferi attuali come gli elefanti o i rinoceronti. Ma alcuni studiosi
hanno notato che molti rettili odierni hanno colori piuttosto vivaci, e
questo è vero anche per gli uccelli, che dei dinosauri sono i discenden-
ti. Pertanto sono state proposte ricostruzioni di dinosauri variopinti,
striati o maculati. Bisogna riconoscere, però, che mancano dati con-
creti al riguardo.
VI. I dinosauri nel loro ambiente
Data la diversità dei loro adattamenti, è chiaro che i dinosauri vive-
vano in ambienti molto diversi, che non sempre è facile ricostruire con
precisione. I dati sedimentologici spesso forniscono informazioni sul-
I'ambiente nel quale le carcasse di dinosauri si sono fossilizzate, piut-
tosto che su quello in cui sono vissuti questi animali. Senza entrare nel
merito delle interpretazioni paleoecologiche proposte per i diversi
gruppi di dinosauri, è interessante notare quanto si siano evoluti i con-
cetti in questo campo. In effetti, vafi tipi di dinosauri sono stati a lungo
considerati animali acquatici o semiacquatici. L'interpretazione del ri-
cercatore tedesco Wilfarth, che negli anni Quaranta considerava prati-
camente tutti i dinosauri abitanti di acque marine poco profonde, è un
esempio estremo, ma fino all'inizio degli anni Settanta molti paleon-
tologi ritenevano che i sauropodi e gli adrosauri in particolare avesse-
ro abitudini semiacquatiche.
Per quel che riguarda i sauropodi, questa interpretazione si basava
su alcuni caraKeri anatomici (narici situate sulla sommità del cranio,
vertebre con una struttura leggera mentre gli arti erano massicci, e.tc.)
ma soprattutto sull'idea secondo la quale le dimensioni di questi ani-
mali erano tali che essi avevano bisogno della spinta di Archimede per
sostenere il peso enomme del loro corpo, pertanto dovevano passare la
maggior parte della loro esistenza più o meno immersi nei laghi o nel-
le paludi. Un grande numero di ricostruzioni classiche testimonia que-
sto modo di vedere, mostrando talvolta i sauropodi completamente
immersi, con solo la sommità del capo che raggiungeva la superficie
dell'acqua per consentire all'animale di respirare. Nel 195 1, il paleon-
tologo britannico K. A. Kermack dimostrò l'impossibilità di una tale
interpretazione: ad alcuni metri di profondità, la pressione dell'acqua
sulla gabbia toracica avrebbe reso impossibile la respirazione. Secon-
do l'interpretazione attuale, I'anatomia dei sauropodi indica invece
animali ben adattati alla vita sulla terraferma, con particolari meccani-
smi atti a ridurre il peso (soprattutto con l'alleggerimento delle verte-
bre) (fig. 36), che si cibavano più verosimilmente delle foglie degli al-
beri che di piante acquatiche. Evidentemente, ciò non esclude che in
qualche occasione passassero del tempo in acqua, come fanno oggi gli
elefanti.
Per quanto concerne gli adrosauri, I'idea di abitudini semi-acquati-
che si fondava sul loro «becco ad anatra», interpretato come indicatore
delle loro abitudini alimentari a base di piante d'acqua dolce. La loro
lunga coda compressa lateralmente fu considerata un organo natato-
rio, come nei coccodrilli, e alcune «mummie» trovate in Wyoming
mostravano una sorta di palmatura delle zampe anteriori. Inoltre, i
complicati tubi che prolungavano le cavità nasali all'intemo delle cre-
ste ornanti il cranio di alcuni adrosauri furono spesso considerati come
riserve d'aria, utilizzate dall'animale per andare sott'acqua. Eppure
nel 1922, il paleontologo tedesco Krausel, studiando il contenuto dello
stomaco di un adrosauro, dimostrò che l'animale si era cibato di piante
terrestri. La reinterpretazione globale degli adattamenti degli adrosau-
ri, intrapresa da J. Ostrom a partire dagli anni Sessanta, fomisce un'i-
Fig. 36. Vertebra cervicale del sauropode Camarasaurus, del Giurassico superiore degli
Stati Uniti. La struttura è resa molto leggera dallo sviluppo di vaste cavità, separate da sot-
til i lame ossee, che sono d isposte lungo le direzioni delleforze applicate sul le vertebre. Que-
sto tipo di adattamento ha per risultato una considerevole riduzione del peso per un animale
terrestre di dimensioni molto grandi.
dea ben diversa del loro modo di vivere: la coda, rinforzata da tendini
ossificati, doveva essere piuttosto rigida e quindi poteva essere utiliz-
zata solo in parte per muoversi nell'acqua, e le potenti batterie dentarie
non fanno pensare a una dieta costituita da tenere piante acquatiche.
Quanto ai tubi del cranio, la loro funzione resta discussa, ma sembra
convincente l'ipotesi del paleontologo americano D. Weishampel, se-
condo la quale servivano da cassa di risonanza, che permettevano all'a-
nimale di emettere suoni più o meno modulati e diversi da una specie
all'altra, svolgendo così un ruolo nel comportamento sociale. Gli
adrosauri pertanto sono attualmente considerati come animali essen-
zialmente terrestri, il che non esclude che alcune specie all'occasione
potessero spingersi in acque poco profonde.
In accordo con le più recenti concezioni sulle abitudini di vita dei
dinosauri, si è evoluta anche l'interpretazione degli ambienti in CUI
essi vivevano. Contrariamente a quanto si credeva in precedenza, oggi
si ritiene che i dinosauri non abitassero necessariamente le regioni
umide e paludose. Sembra che nel Giurassico inferiore dell'America
Nord-occidentale o nel Cretacico superiore dell'Asia centrale, diverse
specie di dinosauri vivessero in ambienti molto aridi, quasi desertici.
Storia delle faune a dinosauri
Nel corso dei quasi centosessantacinque milioni di anni che separa-
no l'origine dei dinosauri dalla loro estinzione, il mondo nel quale si
sono evoluti questi animali si modificò considerevolmente. La storia
del gruppo, quindi, si sviluppò in un contesto geografico, climatico e
biologico in trasfommazione e proprio questi cambiamenti ebbero una
influenza considerevole sull'evoluzione di questi animali.
mondo nel Mesozoico
1. La geografa. Quando comparvero i dinosauri, all'inizio del
Triassico superiore, circa duecentotrenta milioni di anni fa, la geogra-
fia del pianeta era completamente diversa da quella attuale in quanto
le masse continentali erano riunite insieme in un unico grande blocco
la Pangea. Nel corso del Giurassico e del Cretacico, i movimenti legati
alla tettonica delle placche, provocarono lo smembramento di questo
unico blocco portando inizialmente alla separazione in due «super-
continenti», il Gondwana al Sud (America meridionale, Africa, Mada-
gascar, India, Australia e Antartide) e la Laurasia al Nord (America
settentrionale ed Eurasia). Questi due blocchi, divisi per gMn parte del
Mesozoico da un oceano che è stato chiamato Tetide, si frammentaro-
no allo stesso modo a causa della deriva dei continenti, con l'apertura
dell'oceano Atlantico a partire dalla fine del Giurassico. Alla fine del
Cretacico, sessantacinque milioni di anni fa, le masse continentali era-
no dunque molto più differenziate rispetto al Triassico e la disposizio-
ne dei continenti ricordava maggiormente quella che noi conosciamo
Oggi.
A questa evoluzione della geografia, legata al movimento dei conti-
nenti, si associano i cambiamenti dovuti alla variazione del livello del
mare (anch'essa legata principalmente, nel Mesozoico, alla variazione
dell'attività delle dorsali medio-oceaniche, che provocavano cambia-
menti del volume dei bacini oceanici). Si è potuta ricostruire una cur-
va di variazione relativa al livello dei mari per tutto il Mesozoico Nei
periodi caratterizzati da un alto livello del mare (trasgressioni), le zone
continentali erano ampiamente inondate: estesi mari epicontinentali
STORIA DELLEFAUNE A DINOSAURI
poco profondi occupavano territori oggi emersi (è la situazione preva-
lente per gran parte del Giurassico e del Cretacico, periodi nei quali
l'Europa, ad esempio, si presentava come un arcipelago). Al contrario,
nei periodi in cui il livello del mare era basso (regressioni), I'estensio-
ne delle terre emerse aumentava a scapito di quella dei mari epiconti-
nentali.
2. l climi. La ricostruzione dei climi del Mesozoico pone ancora nu-
merosi problemi poiché i modelli proposti devono tener conto di una
geografia e di circolazioni atmosferiche differenti da quelle attuali.
Evidentemente le condizioni climatiche non potevano essere identiche
all'interno della Pangea triassica e sulle terre emerse già ben differen-
ziate del Cretacico superiore. La combinazione di metodi paleontolo-
gici (in particolare con lo studio dei resti vegetali in quanto indicatori
climatici) e fisico-chimici (gli isotopi dell'ossigeno possono essere
utilizzati come una specie di «termometro») fornisce comunque utili
indicazioni paleoclimatiche. Una delle conclusioni più importanti è
che il mondo mesozoico sembra aver avuto i poli privi di calotte gla-
ciali, anche se le temperature in queste aree dovevano essere notevol-
mente più basse rispetto a quelle delle latitudini meno elevate, almeno
in certe epoche. Esistevano certamente differenze climatiche legate
alla latitudine, ma dovevano essere molto meno accentuate di oggi.
Allo stesso modo, sembra che anche le variazioni climatiche stagiona-
li, per quanto riguarda la temperatura, siano state meno accentuate di
oggi. Questo non significa, tuttavia, che i climi nel Mesozoico fossero
stati perfettamente uniformi. I dati sedimentologici, per esempio, indi-
cano l'esistenza, in certi periodi, di vaste zone aride; sarebbe un errore
quindi rappresentare i paesaggi mesozoici esclusivamente composti
da foreste e acquitrini tropicali.
3.11 mondo vegetale. Gli ultimi dinosauri, alla fine del Cretacico,
vissero inseriti in un mondo vegetale ben diverso da quello che aveva-
no conosciuto i loro antenati del Triassico. Le flore continentali del
Triassico e del Giurassico sono state dominate da felci, cicadine e co-
nifere. All'inizio del Cretacico iniziò l'espansione delle piante con fio-
ri, le angiosperme, che occupano un posto dominante nella flora attua-
le e che nel Cretacico superiore costituivano una parte molto impor-
tante delle associazioni vegetali. Il mondo vegetale conobbe una sorta
di rivoluzione nel corso del Cretacico e quasi certamente lo sviluppo
delle angiosperme durante questo periodo influenzò l'evoluzione
dei dinosauri erbivori, che dovettero adattarsi a un nuovo tipo di ve-
getazione.
4.11 mondo animale. Il Mesozoico è spesso definito «I'età dei retti-
li». Già prima dell'inizio del Triassico questi animali, grazie al loro
tipo di riproduzione per uovo amniotico, avevano potuto emanciparsi
dall'ambiente acquatico per conquistare i continenti. Nel Triassico i
refflli si diversificarono notevolmente oltre che in arnbiente continen-
tale anche nei mari, con nurnerosi gruppi adattati all'ambiente marino
e nell'aria, infatti è al Triassico superiore che si riferiscono i più anti-
chi refflli volanti, o pterosauri (questi animali si svilupparono nel cor-
so del Mesozoico e furono presenti sino alla fine del Cretacico). A par-
tire dalla fine del Triassico i dinosauri occuparono gran parte delle nic-
chie ecologiche sui continenti, relegando gli altri refflli (tartarughe,
coccodrilli, lucertole e, a partire dal Cretacico, serpenti) a ruoli simili a
quelli che essi ricoprono nelle faune attuali.
I mammiferi comparvero nel Triassico superiore, quasi contempo-
ranearnente ai dinosauri, e la loro espansione sembM essere stata
«bloccata» dal successo di questi ultimi, visto che, durante tutto il Me-
sozoico, rimasero animali di piccola taglia (i più grandi mammiferi
mesozoici oltrepassano appena le dimensioni di un gatto), relativa-
mente «discreti» in confronto ai dinosauri. Questo non significa asso-
lutamente che i mammiferi fossero rari nel Mesozoico: I'analisi detta-
gliata di alcuni ricchi giacimenti rivela al contrario l'abbondanza di in-
dividui e la diversificazione di numerose linee evolutive. Ma solo la
scomparsa dei dinosauri alla fine del Cretacico-permise ai mammiferi
di conoscere il successo evolutivo che continua sino ai giorni nostri.
Per quel che riguarda gli uccelli, bisogna considerarli come un ramo
particolare di dinosauri teropodi. Il più antico uccello è sicuramente
Arcluleopteryx, del Giurassico superiore della Baviera, che mantiene
ancora numerosi caratteri da dinosauro. I resti di uccelli presenti nei
depositi del Cretacico sono ancora relativamente rari e testimoniano
una rapida diversificazione nel corso di questo periodo.
L'elenco della fauna mesozoica appena esposto è evidentemente as-
sai incompleto, in quanto non tiene conto né dei pesci, né degli inver-
tebrati - e le interazioni con i dinosauri probabilmente non furono così
limitate come si potrebbe pensare.
II. I dinosauri del Triassico
Le ossa dei più antichi dinosauri conosciuti (Herrerasaurus, Stauri-
kosaurus, Eoraptor) provengono da rocce fonnatesi all'inizio del
Triassico superiore, circa duecentoventicinque milioni di anni fa.
Questi resti sono stati trovati in America meridionale (Argentina e
Brasile), ma sarebbe prema~ro giungere alla conclusione che i dino-
sauri ebbero origine in questa regione, tanto più che impronte di aspet-
to «dinosauroide» sono state segnalate in rocce della stessa et~, o poco
piantiche, in altri paesi del mondo (tra gli allri, in Europa, nei dinto,r-
ni del Massicclo Centrale). Se alcune di queste impmnte devono esse-
re valutate con cau~ela, in quanto potrebbero essere state lasciate da
animali che non erano dinosauri, altre invece sono quasi sicuramente
appartenute a dinosauri primitivi e testimonierebbero una vasta distri-
buzione geografica del gruppo già a partire da fasi molto antiche della
sua evoluzione. La rapida diffusione dei primi dinosauri in tutto il
mondo non deve sorprendere, considerando la geografia del nostro
pianeta nel Triassico: la maggior parte delle terre emerse era riunita in
un immenso supercontinente, di conseguenza si osserva una relativa
uniformità delle faune terrestri, in assenza di effettive barriere geogra-
fiche. Questa situazione si protrasse sino alla fine del Giurassico,
quindi non è strano ritrovare, alla fine del Triassico e all'inizio del
Giurassico, i primi grandi erbivori, i prosauropodi, rappresentati da
forme molto simili in Cina, in Europa, in America settentrionale, in
America meridionale, in Africa australe e in India. Insieme a questi
saurischi erbivori vivevano anche i teropodi, ancora piuttosto piccoli e
relativamente poco conosciuti, ma che sembra avessero già una vasta
distribuzione geografica. Gli omitischi del Triassico sono ancora co-
nosciuti in modo molto limitato (il genere argentino Pisanosaurus ri-
mane enigmatico).
Il successo evolutivo dei dinosauri e il loro dominio nell'ambito
delle faune a vertebrati continentali si inizia a realizzare nel corso del
Triassico superiore. Le associazioni faunistiche dominate da tecodon-
ti, rettili-mammiferi e altri rettili ancora (in particolare i rincosauri),
dove i dinosauri rappresentano un elemento secondario, vengono so-
stituite da faune in cui i dinosauri svolgono un ruolo preponderante.
Gli studiosi hanno opinioni discordi sulle cause di questo successo.
Alcuni paleontologi sostengono l'ipotesi di una «superiorità» adattati-
va dei dinosauri, dovuta in primo luogo alla maggiore efficienza del
loro apparato locomotore rispetto a quella dei loro concorrenti. Altri,
come il paleontologo britannico Michael Benton, pensano invece che i
dinosauri non furono affatto la causa del declino dei loro concorrenti:
essi infatti avrebbero approfittato della scomparsa di questi ultimi in
seguito a una «estinzione di massa» avvenuta nel corso del Triassico.
Questa crisi biologica, che avrebbe risparmiato i dinosauri e avrebbe
aperto loro numerose nicchie ecologiche divenute vacanti, avrebbe
consentito il loro successo. La questione è ancora aperta in quanto si
conosce ancora troppo poco sulla natura e sulla cronologia delle estin-
zioni del Triassico superiore.
III. I dinosauri del Giurassico
I dinosauri del Giurassico inferiore assomigliano ancora in modo
considerevole a quelli del Triassico superiore: se alla fine del Triassico
si verificò una grande estinzione, come pensano alcuni studiosi, evi-
70 I DINOSAURI
dentemente questa interessò solo in parte i dinosauri. All'inizio del
Giurassico, in effetti, si ritrovano prosauropodi e diversi teropodi si-
mili a quelli del Triassico. Inoltre gli ornitischi divennero molto più
abbondanti, con forme di piccole dimensioni e di struttura leggera
come Heterodontosaurus e Fabrosaurus, rinvenuti in Africa meridio-
nale, ma sono presenti anche i primi dinosauri corazzati con placche
ossee come Scelidosaurus (Inghilterra), Emausaurus (Germania) e
Scutellosaurus (America Nord-occidentale).
Per molto tempo le faune a dinosauri del Giurassico medio sono sta-
te poco conosciute, a causa della mancanza di ricchi giacimenti - no-
nostante qualche eccezione, come alcune località del Batoniano ingle-
se, da cui, all'inizio del XIX secolo, sono venuti alla luce resti di Mega-
losaurus e, qualche tempo dopo, di Cetiosaurus. Gran parte dei dino-
sauri del Giurassico medio conosciuti erano rappresentati soltanto da
resti incompleti, provenienti dai depositi marini dell'Europa occi-
dentale, relativi a carcasse trasportate in mare. Negli anni Ottanta
questa situazione è cambiata a seguito della scoperta di alcuni ric-
chissimi giacimenti nei depositi continentali del Giurassico medio
della Cina. Il più spettacolare è quello di Dashanpu, nei pressi della
città di Zigong, nella provincia del Sichuan, dove sono stati portati alla
luce dozzine di scheletri completi. Le scoperte cinesi forniscono infor-
mazioni preziose sull'inizio della storia di numerosi gruppi di dino-
sauri, che avrebbero dominato le faune «classiche» del Giurassico su-
periore. I gruppi in questione sono soprattutto i sauropodi, con forme
ancora molto primitive come Shunosaurus e Datousaurus e di altre
più evolute come Omeisaurus, e gli stegosauri, con il rappresentante
più primitivo del gruppo, Huayangosaurus. Insieme a questi animali
vivevano piccoli ornitopodi e teropodi. La relativa uniformità delle
faune a dinosauri a scala mondiale alla fine del Giurassico inferiore e
nel Giurassico medio è rivelata dalla scoperta di sauropodi primitivi in
India (Barapasaurus), nello Zimbabwe (Vulcanodon) e in Argentina
(Patagosaurus) e da quella di stegosauri (Lexol~isaurus) in Normandia
e in Inghilterra.
Il Giurassico superiore può essere considerato, sotto certi aspetti
come «I'età dell'Oro» dei dinosauri, ma questa impressione è dovuta
in gran parte alla ricchezza dei diversi giacimenti di quest'epoca, alcu-
ni dei quali sono conosciuti a partire dal secolo scorso. Da ricordare
soprattutto i giacimenti della Formazione di Morrison in America
Nord-occidentale e quello di Tendaguru, in Tanzania, che hanno forni-
to una gran quantità di scheletri magnificamente conservati. Inoltre di-
nosauri del Giurassico superiore sono stati scoperti in Asia, in partico-
lare in Cina e in Thailandia, e anche in Europa, dal Portogallo alla Ba-
viera, passando per la Normandia, la Boulonnais e l'Inghilterra. Le
faune di quest'epoca sono generalmente dominate dai diversi sauro-
STORIA DELLE FAUNE A DINOSAURI
Fig. 37. Somiglianze tra dinosauri del Ciurassico superiore di continenti diversi: dell'orni-
topode Dlyosaurus si conoscono due specie molto simili, Dryosaurus altus, deD'America
Nord-occidentale e Dryosaurus lenwvorbecki, della Tanzania (da (~alton). La stretta somi-
glianzafra queste due specie testimonia la possibilità difacili migrazionifra queste due re-
gioni prima dell'apertura dell'oc~al10 Atlantico.
podi, talvolta di enormi dimensioni (il più grande scheletro completo
conosciuto, alto 12 m, appartiene a Brachiosaurus, trovato a Tendagu-
ru, ma resti incompleti trovati negli Stati Uniti fanno pensare ad animali
ancora più grandi). Tra gli altri erbivori sono presenti stegosauri e orl~ito-
podi di piccole e medie dimensioni. I teropodi sono diversificati, da pic-
coli animali come Compsognathus a grandi predatori come Allosaurus,
che poteva raggiungere una dozzina di metri di lunghezza, o Cerato-
saurus, lungo circa 6 m, caratteristico per il suo corno nasale. Nono-
stante qualche differenza regionale, le faune del Giurassico superiore
mostrano ancora notevoli somiglianze da un continente all'altro: Bra-
chiosaurus e l'omitopode Dryosaurus (fig. 37), infatti, sono stati rin-
venuti sia in America Nord-occidentale, sia in Tanzania. Alla fine del
Giurassico la separazione dei supercontinenti è solo al suo inizio e gli
scambi faunistici avvengono ancora agevolmente.
IV. I dinosauri del Cretacico
La fine del Giurassico viene spesso considerata come un momento
di crisi nell'evoluzione dei dinosauri. In realtà questa impressione è
dovuta probabilmente a una documentazione paleontologica meno
completa per il Cretacico inferiore rispetto a quella disponibile per il
Giurassico superiore. In America settentrionale, in particolare, i dino-
sauri dell'inizio del Cretacico sono molto meno conosciuti di quelli
della fine del Giurassico. Tuttavia esistono giacimenti significativi di
dinosauri del Cretacico inferiore: è il caso di quelli del Wealdiano del-
I'Inghilterra, del Belgio e della Germania. Anche in Francia, in Spa-
gna e in Romania sono stati scoperti resti interessanti. Per quel che ri-
guarda l'Asia, si conoscono depositi di questa età in Mongolia, in
Cina, in Laos e in Thailandia. In Africa, la maggior parte dei depositi
del Sahara sono riferibili al Cretacico inferiore, mentre la fauna del-
I'America meridionale inizia a essere conosciuta grazie alle recenti sco-
perte in Argentina.
Più che a una rottura rispetto al Giurassico superiore, sembra si sia
verificata una graduale ricomposizione delle faune a dinosauri, dovuta
allo sviluppo di gruppi sino ad allora relativamente poco diffusi, men-
tre comincia a diminuire l'importanza di altri. I sauropodi del Cretaci-
co inferiore sono piuttosto poco conosciuti, ma a fianco di alcune fa-
miglie già presenti nel Giurassico si sviluppa un gruppo che incontrerà
un grande successo nel Cretacico superiore, i Titanosauridae. Tra gli
altri dinosauri erbivori gli stegosauri sembrano essere in declino, ma
un altro gruppo di Ornitischi corazzati, gli anchilosauri, comparsi nel
Giurassico, aumentano di importanza. Uno degli eventi più significa-
tivi del Cretacico inferiore è l'espansione dei grandi ornitopodi, rap-
presentati in Europa e in America settentrionale dal genere Iguanodon
e da forme affini in Africa (Ouranosaurus), in Australia (Muttaburra-
saurus) e in Asia. Nel Cretacico inferiore si assiste anche all'inizio
dell'espansione dei ceratopsi, che vedranno il loro apogeo con i dino-
sauri cornuti del Cretacico superiore: uno dei più antichi rappresen-
tanti di questo gruppo, Psittacosaurus, è rappresentato da diversi
esemplari provenienti dalla Siberia, dalla Mongolia, dalla Cina e dalla
Thailandia. I pachicefalosauri, dal cranio massiccio, sono presenti nel
Cretacico inferiore con il loro più antico rappresentante, Yaverlandia,
del Wealdiano dell'isola di Wight. I teropodi del Cretacico inferiore
non sono conosciuti molto bene, ma è da ricordare la presenza dei
Dromaeosauridae, agili carnivori dai piedi provvisti di un enorme arti-
glio tagliente (in particolare Deinonychus dell'America settentriona-
le), così come i grandi Abelisauridae nei continenti del Sud (Carno-
taurus, trovato in Argentina, si distingue per un paio di corni che gli
sovrastano le orbite). Bisogna ricordare anche gli stranissimi Spino-
sauridae, con il cranio allungato che ricorda quello dei coccodrilli, che
probabilmente si nutrivano di pesci; sono conosciuti in Africa (Spino-
saurus) e in Europa (Baryonyx).
Si conoscono pochi giacimenti riferibili all'inizio del Cretacico su-
periore, da cento a ottanta milioni di anni fa. Nonostante ciò, questa
sembra essere una fase cruciale della storia dei dinosauri per molte ra-
gioni. In questo momento importanti eventi paleogeografici iniziano
ad avere notevoli conseguenze sulla biogeografia mondiale, come l'a-
pertura dell'oceano Atlantico meridionale e la deriva del sub-conti-
nente indiano verso Nord. Nel Cretacico superiore non c'è più la rela-
tiva uniformità del Giurassico (fig. 38) e si possono distinguere bio-
province ben caratterizzate. Una provincia «asiamericana» compren-
de l'America Nord-occidentale e gran parte dell'Asia, collegate da un
ponte continentale al livello dello stretto di Bering. La fauna di questa
regione è dominata dagli adrosauri e (soprattutto in America setten-
v~
Fig. 38. Differenziazione dellefaune nei dinosauri del Cretacico superiore. Nei continenti
del Nord, i grandi predatori terrestri sono tirannosauridi come Tyrannosaurus rex (A) in
America settentrionale e Tarbosaurus bataar (B) in Asia centrale. Nei continenti del Sud,
questo ruolo è ricoperto dagli abelisauridi, come Abelisaurus comahuensis (C) dell'Argen-
tina e Indosuchus raptorius (D) dell'lndia. Nell'arcipelago europeo, afauna ..mista», erano
presenti gli abelisauridi (E: mascellare trovato in Provenza), ma i tirannosauridi non sem-
brano essere rappresentati. La scale di riferimento sottostanti lefigure rappresentano 10 cm
(da Buffetaut, Mechin e Mechin-Salessy).
trionale) dai ceratopsidi; i grandi camivori sono rappresentati dai ti-
rannosauri, i piccoli predatori da dromeosauri e troodontidi. A questa
regione zoogeografica si contrappone l'insieme dei blocchi continen-
tali riuniti nel Gondwana, che sin da ora sono già in gran parte separati
gli uni dagli altri, ma che mantengono una notevole somiglianza delle
faune. In America meridionale, in Africa, in Madagascar e in India, gli
erbivori dominanti sono i titanosauri e i grandi camivori sono rappre-
sentati dagli Abelisauridae. Tuttavia non erano del tutto impossibili gli
scambi tra queste due grandi province: nel corso del Cretacico supe-
riore un titanosauro (Alamosaurus), originario a quanto pare dell'A-
merica meridionale, raggiunse l'America settentrionale, mentre nel
senso opposto, alcuni adrosauri fecero il loro ingresso in Sud America.
Alcune regioni del mondo sono caratterizzate in questa epoca da una
fauna «mista». E il caso dell'Europa, che allora era costituita da un ar-
cipelago popolato da una fauna che ricorda sotto molti aspetti quella
dei continenti del Sud, con titanosauri e abelisauri, ma che comprende
anche fomne di affinità «asiamericana», come dromeosaun e adrosaun
- oltre ad animali che sembrano essere endemici, come l'omitopode
Rhabdodon e l'anchilosauro Struthiosaurus.
Sempre nel corso del Cretacico, il mondo vegetale subisce un pro-
fondo carnbiamento, con lo sviluppo delle piante con fiori. L'espan-
sione di alcuni gruppi, con le mandibole dotate di efficaci «batterie
dentarie», come gli adrosauri e i ceratopsidi, è molto probabilmente
legata allo sviluppo di queste nuove risorse alimentari.
Il Cretacico superiore non è affatto un periodo di declino per i dino-
sauri, ma anzi è contraddistinto da una notevole diversificazione di
questi animali. Alcuni gn~ppi «antichi», come i sauropodi, conoscono
con i titanosauri una grande radiazione evolutiva nei continenti del
Sud. Altrove, dinosauri comparsi in momenti più recenti, come gli
adrosauri e i ceratopsi, mostrano una moltiplicazione di specie. Insie-
me a questi erbivori dominanti, se gli stegosauri sono scomparsi, gli
anchilosaun sono ancora numerosi e, come alcuni omitopodi relativa-
mente primitivi (Hypsilophodontidae), sopravvivono sino alla fine del
Cretacico. Fra i teropodi, oltre ai grandi tirannosauri e agli abelisauri
esiste un gran numero di fomme diverse di piccola e media taglia, alcu-
ne delle quali, per quanto conceme la loro anatomia, sono molto simili
agli uccelli. In questa epoca sono presenti alcuni strani teropodi $den-
tati, gli Omithomimidae e gli Oviraptoridae, le cui abitudini di vita
non sono state ancora completamente comprese.
Alla fine del Cretacico, i dinosauri sono presenti in tutte le parti del
mondo e a tutte le latitudini. In effeKi, si conoscono dinosauri del Cre-
tacico superiore sia in Antartide (anchilosauri e ipsilofodontidi), sia
nell'Artico canadese e in Alaska (adrosauri e ceratopsi). Queste regio-
ni, in questa epoca, erano già situate a latitudini molto elevate. I resti
vegetali che accompagnano questi dinosauri indicano l'esistenza di
foreste e quindi di un clima molto meno rigido di oggi, tuttavia resta
da nsolvere una questione spinosa: come sopravvivevano questi dino-
sauri artici e antartici durante la lunga notte polare, che doveva essere
caratterizzata dall'abbassamento della temperatura e, soprattutto, dal-
la forte diminuzione delle risorse alimentari? Nessuna risposta defini-
tiva è stata ancora data a questi interrogativi: i dinosauri, durante la
cattiva stagione, effettuavano grandi migrazioni di centinaia o miglia-
ia di chilometri, oppure disponevano di meccanismi fisiologici che
consentivano loro di sopravvivere durante la lunga notte polare?
In ogni caso, i dinosauri alla fine del Cretacico erano un gruppo in
espansione, molto diversificato e presente in tutto il mondo, capace
quindi di adattarsi a condizioni ambientali estremamente diverse Allo
stato attuale delle conoscenze la loro scomparsa definitiva al passag-
gio Cretacico-Terziario, circa sessantacinque milioni di anni fa, è an-
cora avvolta nel più totale mistero.
L'estinzione dei dinosauri
1.1 ooli del problemo
La questione tanto discussa della scomparsa dei dinosauri alla fine
del Cretacico non è che uno degli aspetti - certamente spettacolare -
del problema più vasto riguardante la grande crisi che ha investito il
mondo vivente al passaggio fra il Mesozoico e il Cenozoico. Se è pos-
sibile distinguere chiaramente queste due ere geologiche ciò si deve al
fatto che, da lungo tempo, i paleontologi hanno riconosciuto i caratteri
distintivi fra «I'età dei rettili» e «I'età dei mammiferi». I rettili, che
avevano svolto un ruolo predominante dal Triassico, furono decimati
con la scomparsa dei dinosauri, ma anche degli pterosauri e, nei mari,
dei plesiosauri e dei mosasauri. Tuttavia, i vertebrati non furono i soli
a essere interessati dagli eventi che ebbero luogo sessantacinque mi-
lioni di anni fa. Anche gli invertebrati marini furono drasticamente
coinvolti, con la scomparsa di gruppi che avevano ricoperto un ruolo
di primaria importanza nei mari del Mesozoico, come le ammoniti e le
belemniti fra i cefalopodi, e le rudiste, strani bivalvi costruttori di sco-
gliere. A queste scomparse totali si aggiunsero numerose estinzioni al-
I'intemo di gruppi che non scomparvero completamente, ma che so-
pravvissero con fomme molto poco diversificate. I foraminiferi plan-
ctonici, ad esempio, si estinsero quasi completamente, a eccezione di
un numero limitatissimo di specie che furono all'origine della «rina-
scita» del gruppo nel Terziario. Gli eventi biologici della fine del Cre-
tacico corrispondono bene a quella che oggi viene chiamata estinzione
di massa, verificatasi nel corso di un breve intervallo di tempo e a sca-
la planetaria, che ha interessato van gruppi biologici appartenenti ad
habitat diversi. Una stima effettuata indica che alla fine del Cretacico
si sono estinte circa 1'80% delle specie viventi, facendo di questa epo-
ca una delle più grandi fasi di estinzione della storia del pianeta.
Da quanto appena illustrato, si comprende come la scomparsa dei
dinosauri non può essere considerata fuori dal suo contesto. Le ipotesi
che pretendono di spiegare l'estinzione di questi animali senza com-
prendere le cause delle altre scomparse del limite Cretacico-Terziario non
sono affatto convincenti, mentre la maggior parte degli specialisti oggi
76 I DINOSAURI
cerca risposte globali sull'estinzione di massa della fine del Cretacico.
II. Una pletora di ipotesi
La fine dei dinosauri ha eccitato l'immaginazione dei ricercatori
delle più diverse discipline e sono state proposte dozzine di ipotesi Se
si eliminano le più fantasiose (stemminio ad opera degli extraterrestri
suicidio collettivo, etc.), rimane un certo numero di teorie che hanno
ricevuto, in momenti diversi, I'adesione di paleontologi rispettabili, tal-
volta ancora chiamate in causa, nonostante non siano plausibili. Non è
pertanto inutile ricordare brevemente alcune di queste ipotesi.
1. Senescenza del gruppo. Secondo questa ipotesi i dinosauri nel
loro insieme avrebbero conosciuto, nel corso del Cretacico, un genera-
le declino dovuto ad una sorta di degenerazione biologica. Il gruppo
nel suo insieme sarebbe diventato «vecchio» da un punto di vista evo-
lutivo. Questa «senescenza» sarebbe caratterizzata da fenomeni di gi-
gantismo, dall'apparizione di strutture anatomiche aberranti (coma e
collari ossei dei ceratopsi, omamenti del cranio degli adrosauri, etc.)
Quindi i dinosauri sarebbero stati votati all'estinzione, a causa della
loro incapacità di adattarsi ai repentini cambiamenti delle loro condi-
zioni di esistenza, di fatto condannati da una sorta di «esaurimento ge-
netico». Questo tipo di ipotesi incontrò un certo successo nella prima
metà del xx secolo, quando si era propensi a confrontare l'evoluzione
dei gruppi di organismi con la vita dell'individuo, parlando di fasi di
giovinezza, maturità e senilità. Questo presunto parallelismo non è so-
stenuto da alcun meccanismo biologico conosciuto, pertanto ipotesi di
questo tipo non hanno più avuto seguito in ambito scientifico, tuttavia
vengono presentate talvolta in alcune pubblicazioni divulgative. In
ogni caso, il Cretacico superiore non sembra affatto essere stato un pe-
riodo di declino per i dinosauri, al contrario, è stato piuttosto caratte-
rizzato dalla diversificazione di questi animali.
2. La concorrenza dei mammiferi. Già dall'inizio del XIX secolo è
noto che i mammiferi furono contemporanei ai dinosauri e c'è chi ha
voluto vedere nella concorrenza dei primi la causa della scomparsa dei
secondi. Una concorrenza diretta, però, con l'occupazione delle stesse
nicchie ecologiche non appare convincente, in quanto i più grandi
mammiferi mesozoici conosciuti superano appena le dimensioni di un
gatto. E stato suggerito anche che i piccoli mammiferi si cibassero del-
le uova dei dinosauri, provocando in questo modo la loro scomparsa.
Questa ipotesi deve essere definitivamente abbandonata non solo per-
ché oggi sappiamo che alcuni dinosauri sorvegliavano le loro covate
quindi l'accesso alle loro uova non doveva essere affatto agevole, ma
anche perché, a partire dall'origine dei due gruppi nel Triassico, i mam-
L'ESTINZIONE DEI DlNoSAURI 77
miferi hanno coabitato con i dinosauri, senza che questi ne risentisse-
ro, per un intervallo di tempo di oltre centocinquanta milioni di anni.
3. Epidemie. La scomparsa dei dinosauri è stata talvolta attribuita a
malattie infettive. Si tratta di una ipotesi poco convincente in quanto, alla
fine del Cretacico, esistevano una dozzina di specie di dinosauri distribui-
te in tutto il mondo ed è diffficile immaginare una epidemia in grado di
colpire organismi così diversi. Una variante recente di questa teoria, do-
vuta a Robert Bakker, sostiene che l'estinzione dei dinosauri in America
settentrionale sia stata causata dall'introduzione in questa regione di ma-
lattie nuove in seguito all'instaurarsi di nuovi collegamenti geografici.
Oltre alle obiezioni mosse in precedenza, questa ipotesi non spiega l'estin-
zione dei dinosauri su scala planetaria, pertanto non può essere accettata.
4. Cambiamenti della vegetazione. Si è ipotizzato che i cambiamen-
ti avvenuti nel mondo vegetale nel corso del Cretacico avrebbero po-
tuto privare i dinosauri erbivori della loro alimentazione e quindi pro-
vocare la loro estinzione (oltre a quella dei loro predatori, i dinosauri
camivori). In realtà il grande cambiamento della vegetazione del Cre-
tacico, vale a dire l'espansione delle angiospemme, iniziò nel Cretacico
inferiore e sembra piuttosto che alcuni dinosauri abbiano approfittato
di questa nuova risorsa alimentare. Nel corso del Cretacico, lo svilup-
po di gruppi con un apparato masticatore particolarmente evoluto,
come i ceratopsi e gli adrosauri, sembra essere stato addirittura favori-
to dal cambiamento della vegetazione in questa epoca.
Le ipotesi appena menzionate sono soltanto esempi, scelti perché
periodicamente appaiono in opere riguardanti i dunosauri. Oltre ai punti
deboli propri di ciascuna di esse, tutte questspiegazioni tengono conto
esclusivamente dei dinosauri, escludendo tutti gli altri gruppi scomparsi
nello stesso periodo, quindi non possono essere considerate accettabili.
III. Estinzione graduale o catastrofica?
Oggi il problema delle estinzioni della fine del Cretacico si pone
principalmente in termini di durata e di drammaticità del fenomeno.
Bisogna immaginare un lento declino dei gruppi coinvolti, che ha por-
tato a una estinzione graduale, scaglionata nel corso di alcuni milioni
di anni? Oppure, al contrario, ammettere che fu un fenomeno breve e
drastico che provocò la scomparsa simultanea di moltissime specie
negli ambienti più diversi? La risposta è tutt'altro che evidente, so-
prattutto a causa di problemi di datazione: è difficile provare l'esatta
simultaneità di eventi verificatisi circa sessantacinque milioni di anni
fa, in quanto il potere di risoluzione dei metodi disponibili attualmente
non è suffficiente. Ma la disputa fra catastrofismo e gradualismo, che
poteva sembrare terminata con l'affermazione di quest'ultimo, è più
78 I DINOSAURI
accesa che mai in seguito a scoperte geochimiche inattese. La questio-
ne della scomparsa dei dinosauri oggi deve essere affrontata in questa
ottica.
IV. Una ipGtesi gradualista: fu una regressione marina la causa
dell ' estinzione?
Secondo una ipotesi formulata nel 1964 dal paleontologo francese
L. Ginsburg, ripresa in seguito da diversi autori, sarebbe stato un ab-
bassamento generale del livello del mare, alla fine del Cretacico, a
provocare le estinzioni verificatesi in questa epoca, compresa quella
dei dinosauri. Questa regressione marina, ben documentata da dati
geologici, avrebbe fatto emergere la maggior parte della piattaforma
continentale che costeggia le terre emerse, riducendo pertanto in
modo considerevole l'estensione e la diversità degli habitat accessibili
ai numerosi organismi marini che normalmente popolano questa zona.
In tali condizioni di crisi ecologica e di accentuata competizione, un
numero molto alto di specie sarebbe scomparso. Sui continenti la re-
gressione avrebbe provocato il deterioramento delle condizioni clima-
tiche, con l'instaurarsi di climi più continentali, escursioni termiche
più forti e inverni più rigidi. Un clima di questo tipo sarebbe stato fata-
le per i dinosauri, almeno per quelli dalla fisiologia rettiliana. E inte-
ressante osservare che l'idea del deterioramento climatico come causa
dell'estinzione dei dinosauri è stata proposta anche da studiosi che non
attribuiscono alcun ruolo specifico alla regressione marina.
Questa ipotesi ha incontrato un certo successo fra coloro che fanno
fatica ad ammettere che eventi catastrofici abbiano potuto svolgere un
ruolo importante nella storia della Terra e degli esseri viventi. In effetti
essa chiama in causa fenomeni lenti e graduali, che si svolgono in mi-
lioni di anni, e l'idea di un cambiamento climatico come motivo prin-
cipale dell'estinzione delle specie è accettata in modo poco critico sia
da alcuni specialisti che dai profani.
Eppure l'ipotesi della regressione e del deterioramento climatico
concomitante resiste appena all'analisi e al confronto con i dati. Per
quel che riguarda la vita nei mari, la regressione avrebbe dovuto inte-
ressare soprattutto gli organismi bentonici, che popolano il fondale
marino, e molto meno le forme planctoniche, che non dovrebbero ri-
sentire della diminuzione della superficie della piattaforma continen-
tale immersa. Invece si osserva il contrario, con le estinzioni più ecla-
tanti fra le specie planctoniche. Per quanto riguarda invece la vita sui
continenti, I'ipotesi della regressione induce a immaginare un deterio-
ramento climatico di entità straordinaria, poiché avrebbe dovuto inte-
ressare sia le regioni polari, che quelle equatoriali. In effetti, alla fine
del Cretacico, i dinosauri erano diffusi su tutte le terre emerse e si
L'ESTINZIONE DEI DINOSAURI 79
estinsero ovunque. Ebbene, alcuni degli organismi che sopravvissero
agli eventi della fine del Cretacico erano molto sensibili ai cambia-
menti climatici. Si pensi in particolare ai numerosi rettili diversi dai
dinosauri, come ad esempio i coccodrilli, le lucertole o le tartarughe,
che non si capisce bene come, tenuto conto della loro fisiologia, avreb-
bero potuto sopportare un maggiore deterioramento del clima su scala
planetaria. Invece questi animali furono interessati in modo marginale
dagli eventi del limite Cretacico-Terziario. I dati quantitativi concer-
nenti il clima del Cretacico (forniti dagli studi sugli isotopi dell'ossi-
geno, sulla paleobotanica, etc.) sono ancora relativamente ambigui. E
Fig. 39. Le ultimefasi della storia dei dmosauri nel Sud della Francia (dipartimento de/-
I'Aude) I giacimenti del Maastrichtiano inferiore (Ml) dell'alta valle dell'Aude hanno rive-
lato unafauna dominata da sauropodi titanosauridi. Nelle Corbières oriemaiigli strati dl
Maastrichtiano superiore (MS), più recenti di qualche milione di anl7i, col7tel7gollo ul7a,tàu-
na in cui dominancJ gli adrosauri. Nel col-so del Maastrichtial7cl si reali a U17 nettissir//o
cambiamentofaunistico,frmse legato alle conse~uen-e dell'abhassamento del lil~ello de~
mare. La scomparsa dei dinosauri al limite tra il Maastrichtiano e il Paleocene (P) semhra
essere dovuta, al contrario, a un even o di altra natura, verosimi/mente di tipo catastrofico
(disegno di C. Briand, da Le Loeuff, Buffetaut e Martin).
80 I DINOSAURI
possibile che durante il Maastrichtiano si sia verificato un certo raf-
freddamento, ma questo veniva dopo un periodo particolarmente cal-
do e i dinosauri avevano già superato periodi di clima relativamente
temperato nel Cretacico inferiore. Inoltre, nel corso della loro lunga
storia, i dinosauri erano sopravvissuti, senza averne particolarmente
risentito, a numerose fluttuazioni del livello del mare, che avevano
dato luogo a regressioni di grande ampiezza. In base ai dati stratigrafi-
ci più recenti, la principale fase di regressione del Cretacico terminale
è avvenuta molti milioni di anni prima della fine del Cretacico. Recen-
ti scoperte nella Francia meridionale (fig. 39) indicano che i dinosauri
vivevano ancora durante gli ultimi stadi del Maastrichtiano, vale a dire
dopo la regressione che, nell'ipotesi di Ginsburg, avrebbe dovuto es-
sere loro fatale.
Infine, un punto essenziale è quello di sapere se i dinosauri si siano
estinti in modo graduale o improvviso alla fine del Cretacico. Molti
paleontologi sostengono, senza molte prove tangibili, che le faune a
dinosauri negli ultimi milioni di anni del Cretacico mostrano una di-
minuzione della diversità dei gruppi, testimonianza di un declino gra-
duale che alla fine portò all'estinzione. Uno studio statistico approfon-
dito, realizzato da una équipe di ricercatori americani a partire da ri-
cerche sul campo intensive in una regione particolarmente favorevole
(il Montana), ha mostrato, nel 1991, che non vi sono indizi circa la di-
minuzione della diversità dei dinosauri nel corso del Maastrichtiano.
Questo risultato, che sarebbe interessante confrontare con studi analo-
ghi in altre regioni del mondo, evidentemente è più compatibile con
una ipotesi catastrofista che con una gradualista.
Nonostante il favore che ancora incontra presso alcuni paleontolo-
gi, I'ipotesi che vede una regressione marina come la causa delle estin-
zioni della fine del Cretacico deve probabilmente essere abbandonata.
V. Le anomalie geochimiche e mineralogiche sono prove di un
evento catastrof co?
Il rinnovato interesse per gli eventi catastrofici nella storia della
Terra è dovuto in larga misura alla scoperta di anomalie geochimiche,
concentrate in uno strato sottile, in rocce formatesi nel corso del pas-
saggio tra il Cretacico e il Terziario, circa sessantacinque milioni di
anni fa. In particolare si riscontra un considerevole arricchimento in
iridio, un metallo normalmente molto raro nella crosta terrestre, se-
gnalato nel 1980 da un gruppo di ricercatori americani in un sottile
strato d'argilla che segna il limite Cretacico-Terziario in Italiafissato
con precisione dalle estinzioni dei foraminiferi planctonici). Questo li-
vello argilloso ricco di iridio è stato successivamente identificato in
numerosi siti in tutto il mondo. Gli scopritori di queste anomalie geo-
L'ESTINZIONE DEI MNOSAURI 8 l
chimiche (W. e L. Alvarez e i loro collaboratori) le interpretarono
come la conseguenza di una catastrofe di origine extraterrestre, a se-
guito della collisione con la Terra di un asteroide ricco di iridio, di un
diametro di circa 10 km. L'energia sviluppata dall'impatto avrebbe
proiettato nell'atmosfera una enorme quantità di polveri ricche di iri-
dio. Prima di ricadere sulla superficie terrestre e formare il livello ar-
gilloso del limite Cretacico-Terziario, questa polvere avrebbe oscurato
l'atmosfera per alcuni mesi, impedendo alla luce del sole di raggiun-
gere la superficie della Terra, interrompendo quindi i processi di foto-
sintesi. Il deterioramento della flora causato da questo evento sa-
rebbe stato il punto di partenza di una catastrofe ecologica globale,
ulteriormente aggravata da drastici cambiamenti di temperatura. L'e-
stinzione dei dinosauri e quella di numerose altre specie alla fine del
Cretacico sarebbe quindi il risultato di questa catastrofe di origine ex-
traterrestre.
Questa ipotesi è stata accolta in modo diverso nel mondo scientifi-
co; molti paleontologi si sono mostrati a priori molto scettici nei con-
fronti del ritorno di un neocatastrofismo, che ritenevano superato
dopo il XIX secolo, mentre un gran numero di geochimici, geofisici e
astrofisici hanno accolto favorevolmente questa ipotesi. Col passar del
tempo, gli indizi di un evento straordinario nella storia della Terra al
passaggio Cretacico-Terziario si sono moltiplicati, con la scoperta nei
livelli rocciosi relativi al limite in questione, di minerali con deforma-
zioni «da shock», indicatori di altissime pressioni (che potevano esse-
re state prodotte dall'impatto), di sferule presumibilmente originatesi
al momento della collisione, etc.
Tuttavia, la reale natura di questo evento straordinario è stata ogget-
to di un acceso dibattito: la sua origine, piuttosto che extraterrestre,
avrebbe potuto essere interna al globo terrestre? Questa discussione ha
avuto inizio con la scoperta di considerevoli quantità di iridio nei pro-
dotti portati in superficie da alcuni vulcani che emettono lave basalti-
che, in particolare alle Hawaii e a Réunion. Questi vulcani sorgono in
corrispondenza di «punti caldi», zone della superficie terrestre in cui i
flussi di risalita, deffl «pennacchi», portano in superficie materiale
fuso proveniente dalle regioni profonde del mantello della Terra, che
si pensa presentino alte concentrazioni di iridio. Secondo una ipotesi
elaborata principalmente dal geofisico francesemcent Courtillot, gli
eventi della fine del Cretacico sarebbero legati al parossismo dell'atti-
vità vulcanica legata a un «punto caldo», della quale si trovano tracce
tangibili nei Trapps del Deccan, in India. Questi sono costituiti dalla
enorme sovrapposizione di colate basaltiche, dello spessore di molte
migliaia di metri, che si estendow per centinaia di migliaia di km2.
Recenti datazioni con metodi paleontologici, magnetostratigrafici e
radiome~ici hanno dimos~ato che la messa in posto dei Trapps del
Deccan è avvenuta in un tempo relativamente breve su scala geologi-
ca, dell'ordine di cinquecento o mille anni, e questo periodo di intensa
attività vulcanica continua anche dopo il passaggio Cretacico-Terzia-
rio. L'anomalia che riguarda l'iridio avrebbe quindi come causa que-
sto tipo di vulcanismo (legato al «punto caldo» che oggi è situato sotto
l'isola di Réunion). I quarzi che presentano deformazioni da shock
avrebbero potuto formarsi ad alte pressioni all'intemo dei condotti
vulcanici (anche se questa ipotesi è molto discussa). Per quanto ri-
guarda gli effetti sugli esseri viventi, le polveri e i gas vulcanici emessi
nel corso delle eruzioni del Deccan avrebbero avuto conseguenze di-
sastrose sull'ambiente del pianeta, che avrebbe condotto (come nell'i-
potesi dell'impatto) alla rottura di diverse catene alimentari e alle
estinzioni osservate. Questa situazione di degrado ambientale genera-
lizzato sarebbe durata per centinaia di migliaia di anni.
L'esistenza dei Trapps del Deccan è un fatto incontestabile; I'ipotesi
«vulcanica» ha incontrato un certo consenso tra coloro che esitano ad
ammettere che l'evoluzione degli organismi viventi sia stata influen-
zata da cause extraterrestri. Tuttavia, questa ipotesi mostra alcuni pun-
ti deboli. In primo luogo, il vulcanismo basaltico del Deccan non è di
tipo esplosivo, come è necessario ipotizzare per spiegare la distribu-
zione dell'iridio su tutta la superficie del globo. Inoltre, soltanto chia-
mando in causa un evento di origine extraterrestre potrebbe spiegarsi
la presenza di alcuni indizi geochimici. Uno di questi casi riguarda le
magnetiti nickelifere segnalate dai ricercatori francesi Eric Robin e
Robert Rocchia in numerosi siti in cui affiora il limite Cretacico-Ter-
ziario. Queste magnetiti sono degli specifici indicatori di materia
meteoritica surriscaldata e ossidata nell'atmosfera e, secondo i loro
scopritori, la loro presenza proverebbe in modo definitivo l'avvenuto
impatto al limite Cretacico-Terziario. La scoperta nello Yucatan (Mes-
sico) di una struttura geologica di grandi dimensioni che potrebbe cor-
rispondere al cratere di impatto, così a lungo cercato, conforterebbe
l'iootesi extraterrestre
VT TTnnrPn~7rin nPr /tin7i~)n n uri
Se appare sempre più probabile che un oggetto extraterrestre di
grandi dimensioni sia entrato in collisione con la Terra alla fine del
Cretacico, resta da capire come un evento di ordine fisico abbia potuto
provocare le estinzioni osservate, in particolare quella dei dinosauri.
Per molto tempo è stato difficile spiegare il caranere selenivo delle
estinzioni della fine del Cretacico: perché i dinosauri scomparvero
completamente, mentre altri renili come i coccodrilli, le lucertole, i
serpenti e le tartarughe soprawissero senza esserne coinvolti? Alcune
versioni delle iootesi catastrofiste imolicano eventi di una tale violen-
84 1 DINOSAURI
za che ci si chiede come anche il più piccolo degli esseri viventi abbia
potuto sopravvivere. Anualmente si tende a preferire una ipotesi che
tenga conto sia dell'impano del meteorite, sia della selenività delle
estinzioni (fig. 40). Questa ipotesi, proposta nel 1984 da chi scrive e
ripresa in modo molto più dettagliato nel 1992 dai ricercatori america-
ni Sheehan e Fastovsky, chiama in causa l'interruzione di alcune cate-
ne alimentari basate sui vegetali. In numerosi luoghi dell'America set-
tentrionale si è osservato che l'anomala concentrazione dell'iridio del
limite Cretacico-Terziario è accompagnata da una profonda perturba-
zione della flora, rivelata dallo studio dei pollini e delle spore conser-
vate nei sedimenti lacustri, dove l'iridio è stato individuato. Al «pic-
co» di concentrazione dell'iridio corrisponde un picco relativo alle
spore delle felci, dovuto a una consistente diminuzione dell'abbon-
danza dei pollini delle angiosperme. Al di sotto del livello ricco di iri-
dio, il rapporto fra le felci e le piante con fiori ritorna normale. Di una
crisi breve e «reversibile» nel mondo vegetale si sono trovati indizi
anche in altri siti, sempre in corrispondenza del limite Cretacico-Ter-
ziario (ad esempio a Hokkaido, in Giappone).
Possiamo pertanto delineare il seguente scenario per spiegare la scom-
parsa dei dinosauri in seguito all'impatto di un asteroide. La conse-
guenza più importante di questo impatto è stata l'immissione nell'at-
mosfera di una grandissima quantità di polveri, che avrebbe impedito
ai raggi del sole di raggiungere la superficie terrestre, o avrebbe co-
munque agito da filtro, rendendo impossibile la fotosintesi. La vegeta-
zione quindi diminuì rapidamente, privando i grandi erbivori terrestri
(è il caso dei dinosauri) di tutte le risorse alimentari. L'interruzione di
questa catena alimentare provocò dapprima l'estinzione dei dinosauri
erbivori, poi quella dei predatori (i dinosauri carnivori) che di essi si
nutrivano. Al contrario, le catene alimentari che non erano basate sui
vegetali viventi furono solo parzialmente colpite. Per quanto riguarda
in particolare, gli animali di acqua dolce (fra i vertebrati pesci, anfibi,
alcune tartarughe, coccodrilli), dove la maggior parte delle catene ali-
mentari si basa su detriti organici in sospensione, le estinzioni al limite
Cretacico-Terziario furono molto limitate. Lo stesso discorso vale per
gli organismi che si nutrivano di materia organica in decomposizione
nell'humus (vermi, insetti, etc.) e delle catene alimentari fondate su di
essi, comprendenti piccoli rettili (lucertole, tartarughe terrestri) e gran
parte dei mammiferi di piccole dimensioni del Cretacico superiore.
Questo scenario, che deve essere approfondito e sviluppato, sembra
spiegare abbastanza bene le estinzioni selenive osservate in ambiente
continentale. Può essere applicato anche all'ambiente marino, dove si
registra l'abbanimento delle catene alimentari fondate sul fitoplancton
e una maggiore resistenza dei gruppi di animali bentonici, filtratori
della materia organica presente nel sedimento.
L'ESTINZIONE DEI DINOSAURI 85
Questo scenario si accorda bene con l'idea dell'impatto meteoriti-
co, in quanto consente di scartare l'ipotesi di una distruzione a lungo
termine del mondo vegetale. Nell'ipotesi di una oscurità durata alcuni
mesi, prima che le polveri immesse nell'atmosfera ricadano sulla su-
perficie terrestre a formare il livello argilloso arricchito in iridio, la ve-
getazione ha potuto ricostituirsi partendo da semi, spore e rizomi (le
felci sono fra le prime piante a ricolonizzare il terreno, come si os-
serva oggi dopo l'incendio di una foresta). Se le condizioni nefaste per
la vegetazione fossero durate troppo a lungo, gli ecosistemi non sareb-
bero stati in condizione di «recuperare» come fecero all'inizio del Ter-
ziario.
Nonostante sia stata di breve durata, rispeno alla scala dei tempi
geologici, la catastrofe della fine del Cretacico fu fatale ai dinosauri.
Questo fu un evento che ebbe ripercussioni cruciali nella storia degli
essen viventi.
VII. Il mondo dopo i dinosauri
Descrivere l'evoluzione degli esseri viventi dopo la scomparsa dei
dinosauri non fa parte evidentemente degli scopi di questo libro. Non
si può fare a meno di sottolineare ancora una volta l'importanza che
questa scomparsa ebbe nella storia dei vertebrati. Come detto in prece-
denza, i mammiferi comparvero nel Triassico, quasi contemporanea-
mente ai dinosauri. Per più di centocinquanta milioni di anni si sono
evoluti e diversificati notevolmente, ma sono rimasti, se così si può
dire, all'ombra dei dinosauri, ai quali non furono in grado di contende-
re le nicchie ecologiche. Dalla fine del Triassico sino al Cretacico ter-
minale i vertebrati terrestri di dimensioni medie e grandi furono quasi
esclusivamente dinosauri; nessun mammifero mesozoico conosciuto
supera le dimensioni di un gatto e molti di questi sembrano essere stati
forme arboricole e nonurne.
Dopo l'estinzione dei dinosauri i mammiferi sopravvissuti «trova-
rono», in alcuni casi, continenti vuoti, sui quali conobbero la straordi-
naria radiazione evolutiva, preludio al mondo attuale. Tunavia, biso-
gna attendere milioni di anni per veder comparire grandi mammiferi,
confrontabili per dimensioni ad alcuni dinosauri di taglia media.
Il paleontologo canadese Dale Russell ha immaginato che alcuni
piccoli teropodi avrebbero potuto diventare creature intelligenti di aspet-
to umanoide, se la loro evoluzione non si fosse arrestata a causa della
crisi della fine del Cretacico. Senza giungere alle estreme conseguen-
ze di questa ipotesi, è possibile pensare che l'evoluzione dei mammi-
feri (e quindi quella della nostra specie) non sarebbe stata la stessa se
una catastrofe non avesse messo fine al dominio dei dinosauri. Non ci
sono gli elementi per ritenere, come troppo spesso si afferma, che i di-
nosauri fossero destinati all'estinzione, e il caso fortuito di un impatto
tra la Terra e un asteroide sembra proprio aver avuto un ruolo determi-
nante nella successiva evoluzione degli esseri viventi sulla Terra.
Non si può fare a meno, per concludere, di attenuare questa affer-
mazione: parlare di estinzione dei dinosauri alla fine del Cretacico è
esano soltanto se si esclude il gruppo dei loro discendenti, estrema-
mente modificati: gli uccelli. Come abbiamo visto, tuttO fa pensare
che gli antenati degli uccelli vadano ricercati fra alcuni piccoli dino-
sauri teropodi. SonO questo punto di vista, i discendenti dei dinosauri
sono ancora tra noi, e in gran numero, rappresentati anualmente da ol-
tre 8000 specie di uccelli (contro circa 6000 specie di mammiferi).
Conclusioni
Fra le migliaia di organismi estinti che la paleontologia ha riportato
alla luce in appena due secoli, i dinosauri occupano un posto a parte.
Molti di loro sono più familiari al grande pubblico (soprattuno fra i
giovanissimi) di quanto non lo siano animali viventi oggi. Questa po-
polarità è stata favorita e amplificata dalla letteratura e dal cinema. Nel
1853 Charles Dickens fa riferimento a Megalosaurus nel suo roman-
zo Bieak House e il poeta tedesco Victor von Scheffel introduce nel
1854 un lguanodon nel suo poema comico L'ultimo ittiosauro. Nel
1912, venne pubblicato il celebre romanzo d'avventura di Conan Doyle
The lost world (11 mondo perduto), nel quale alcuni esploratori scopro-
no nel cuore del Sud America un altopiano popolato da dinosauri. Da
allora i dinosauri hanno avuto un ruolo di primo piano in un numero
incalcolabile di romanzi e di fumeni di fantascienza. Nel 1914, un sau-
ropode è stata la «vedette» di uno dei primi cartoni animati, Gertie the
Dinosaur, dell'americano Winsor McCay - precursore della celebre
sequenza di Fantasia di Walt Disney dedicata ai dinosauri e alla loro
estinzione, sul tema musicale della Sagra della Primavera di Stravin-
sky. Nel 1925,11 mondo perduto viene portato sugli schermi, con i di-
nosauri animati di Willis O'Brien, che qualche anno più tardi doveva
far rinascere queste creature scomparse in un capolavoro del cinema
fantastico, King Kong. Da ailora in poi i dinosauri non hanno più ab-
bandonato gli schermi.
Soggetti di romanzi e di film, modelli per giochi e gadgets, supporti
pubblicitari, i dinosauri sono senza dubbio di moda e il successo delle
esposizioni a loro dedicate lo conferma. Sicuramente è un merito delle
scienze paleontologiche quello di aver fano «rivivere» così bene ani-
mali i cui ultimi rappresentanti si sono estinti da sessantacinque milio-
ni di anni e che nessun essere umano ha mai potuto osservare in vita.
Non si può fare a meno di interrogarsi sulle cause di questo successo,
evocare il gigantismo e la bizzarria di molti di loro. Si può ammettere
una corrispondenza fra l'immagine che la paleontologia ci ha dato dei
dinosauri e alcuni bisogni dello spirito umano ai quali, in passato, han-
no risposto dragoni e altre creature favolose. Ma l'immagine dei dino-
sauri oggi non è più soltanto quella di mostri temibili: entrare in un ne-
I DINOSAURI
gozio di giocattoli ci mostra chiaramente come questa immagine sia
diventata ambigua, con il feroce tirannosauro più o meno robotizzato
accanto ai simpatici ceratopsidi e sauropodi di pelouche. Comunque
non bisogna dimenticare l'aspeno commerciale: i dinosauri si vendo-
no bene, quindi vengono sfrunati in tutti i modi possibili. Resta da
svolgere soltanto una indagine - interessante a priori - sul posto che i
dinosauri occupano nell'immaginario collettivo. Ma qui si abbandona
il campo della paleontologia per entrare in quello della psicologia...
Appendice.
I grandi giacimenti di dinosauri nel mondo
Come mostra la mappa della fig. 5, si conoscono resti di dinosauri in
numerosissime regioni del mondo. La lista che segue non pretende di
essere esaustiva e presenta, in ordine stratigrafico, le principali forma-
zioni geologiche contenenti fossili di questo tipo.
I. Triassico
1. Europa. Numerosi scheletri di prosauropodi (Plateosaurus in
particolare) provengono dai depositi del Norico (Triassico superiore)
della Germania e delle regioni limitrofe (Svizzera e Francia orientale).
Recentemente dinosauri molto simili sono stati trovati in Groenlandia.
Numerose sono le piste di dinosauro del Triassico superiore, pre-
senti soprattutto nei pressi del Massiccio Centrale francese e in Sviz-
zeral.
2. Asia. Per molto tempo i resti di prosauropodi (Lufengosaurus,
etc.) trovati in abbondanza nei livelli rossi di Lufeng, nello Yunnan
(Cina meridionale), sono stati riferiti al Triassico superiore, ma secon-
do alcuni autori sarebbero in realtà ascrivibili alla base del Giurassico.
Resti di prosauropodi sono stati segnalati in depositi del Triassico su-
periore in India.
3. Africa. I principali giacimenti triassici africani, contenenti so-
prattuno prosauropodi, sono ubicati in Africa australe (parte inferiore
della Formazione di Elliot, Norico). In Marocco è stato segnalato un
prosauropode molto antico (Azendohsaurus) in rocce del Carnico me-
dio (Formazione di Argana).
4. America meridionale. I più antichi dinosauri conosciuti (i sauri-
schi Eoraptor e Herrerasaurus, I'ornitischio Pisanosaurus) proven-
I Una singola impronta, probabilmente lasciata da un piccolo dinosauro, è presente nei li-
velli triassici (Carmco medio) di Monte Serra (Monti Pisani, Toscana). Se il dato fosse con-
fermato, si tratterebbe dell'impronta di uno dei più antichi dinosauri conosciuti. La presenza
di dinosauri è confermata dalle piste rinvenute sul Monte Pelmetto (Cadore, Belluno) nelle
rocce della dolomia principale (Norico, Triassico superiore). Sono state individuate un cen-
tinaio di impronte appartenenti a piccoli teropodi, prosauropodi e ornitischl.
90 I DINOSAURI
gono dalla Formazione di Ischigualasto (Carnico medio) dell'Argenti-
na. In Brasile, un dinosauro primitivo, Staurikosaurus, è stato rinve-
nuto nella Formazione di Santa Maria (Carnico). Dinosauri triassici
piU recenti, soprattutto prosauropodi, provengono da depositi del No-
rico in Argentina (Forrnazioni di Los Colorados e di El Tranquilo).
5. America settentrionale. I principali giacimenti di dinosauri trias-
sici nordamericani si trovano in Arizona e in Nuovo Messico (Forrna-
zione di Chinle, di età compresa tra il Carnico e il Norico, contenente
soprattutto il teropode Coelophysis) e in Texas (Gruppo di Dockum).
Le piste di dinosauro sono frequenti nei depositi del Triassico supe-
riore del Gruppo di Newark, affioranti nella costa Nord-orientale degli
ta i ni i.
Il. Giurassico
1. Europa. I dinosauri dell'inizio del Giurassico sono piuttosto rari
in Europa, perché questo periodo è rappresentato soprattutto da depo-
siti marini. Livelli contenenti impronte sono conosciuti in Francia
(Vendée, Lozère, Aveyron)2. I principali resti scheletrici provengono
dalla costa meridionale dell'lnghilterra (I'ornitischio Scelidosaurus
del Sinemuriano) e dalla Normandia (il teropode Liliensternus, del-
I'Hettangiano della Manche). In rocce un poco più recenti (Toarciano)
sono stati trovati, in Germania, il sauropode Ohmdenosaurus e l'orni-
tischio Emausaurus.
Per quanto riguarda il Giurassico medio, in Inghilterra i depositi del
Batoniano contengono soprattutto il teropode Megalosaurus e il sau-
ropode Cetiosaurus. Per il Calloviano si conoscono dinosauri (in par-
ticolare il teropode Eustreptospondylus e lo stegosauro Lexovisaurus)
nell'Oxford Clay in Inghilterra e in Nortnandia. Dinosauri del Giuras-
sico superiore (teropodi, sauropodi, stegosauri, etc.) sono stati segna-
lati in Inghilterra, in Normandia, nel Boulonnais, nel Giura e in Porto-
gallo. I calcari litostratigrafici del Giurassico superiore (Titonico) del-
la Baviera e della Provenza hanno restituito resti del piccolo teropode
Compsognathus.
2. Asia. Si è fatto riferimento in precedenza della possibilità che gli
strati a prosauropodi di Lufeng siano da ascrivere al Giurassico infe-
riore. In India nella Forrnazione di Kota (Giurassico inferiore-medio)
è stato trovato il sauropode primitivo Barapasaurus.
Per il Giurassico medio, la fauna più importante è quella della parte
inferiore della Formazione di Shaximiao, del Sichuan (Cina), di cui
Z In località Lavini di Marco, presso Roverelo (Trento), nei calcari grigi dell~inizio del
Glwassico, sono state di recente scoperte numerose piste di dinosawo. Le impronte sono
state riferite a teropodi e a forme primitive di sauropodi e di omitopodi.
I GRANDI GIACIMENTI Dl DINOSAURI NEL MONDO 9 1
fanno parte sauropodi (Shunosaurus), teropodi (Gasosaurus), stego-
sauri primitivi (~uayangosaurus) e ornitopodi (Yandusaurus).
I dinosauri del Giurassico superiore sono ben rappresentati in Cina
(parte superiore della Forrnazione di Shaximiao nel Sichuan, con il
sauropode Mamenchisaurus, il teropode Yuangshuanosaurus, lo ste-
gosauro Tuojiangosaurus). Resti di teropodi e sauropodi provengono
anche dalla Forrnazione di Sao Khua, in Thailandia.
3. Africa. I dinosauri africani del Giurassico inferiore sono ben co-
nosciuti in Sud Africa e nel Lesotho (parte superiore della Formazione
di Elliot, Formazione di Clarens), con prosauropodi e ornitischi (Leso-
thosaurus). Anche il sauropode primitivo Vulcanodon, dello Zimba-
bwe, è riferibile al Giurassico inferiore.
Per il Giurassico medio sono stati trovati resti di sauropodi nei de-
positi del Batoniano del Marocco e del Madagascar.
Una delle principali faune del Giurassico superiore è quella di Ten-
daguru in Tanzania, con i sauropodi Brachiosaurus e Dicraeosaurus,
il teropode Elaphrosaurus, lo stegosauro Kentrosaurus e l'ornitopode
Dryosaurus.
4. America meridionale. Nei depositi del Giurassico medio dell'Ar-
gentina (For nazione di Canadon Asfalto) sono presenti teropodi (Piat-
nitzkysaurus) e sauropodi (Patagosaurus).
5. America settentrionale. Dinosauri del Giurassico inferiore sono
stati rinvenuti nel Canada orientale (Nuova Scozia) e soprattutto nelle
regioni Sud-orientali degli Stati Uniti (Formazione di Kayenta, Het-
tangiano-Sinemuriano), con il teropode Dilophosaurus e l'ornitischio
Scutellosaurus.
I dinosauri del Giurassico superiore sono particolarmente ben rap-
presentati nella Formazione di Morrison (Kimmeridgiano-Titonico)
dell'America Nord-occidentale (Montana, Wyoming, Utah, Colorado,
Nuovo Messico, etc.) con sauropodi (Diplodocus, Apatosaurus, Cama-
rasaurus), teropodi (Allosaurus, Ceratosaurus), stegosauri (Stegosau-
rus) e ornitopodi (Camptosaurus, Dryosaurus).
111. Cretacico
1. Europa. I dinosauri del Cretacico inferiore europeo sono ben co-
nosciuti nei depositi del Wealdiano (Valanginiano-Barremiano) del
Sud dell'Inghilterra, con l'ornitopode Iguanodon, I'anchilosauro Hy-
laeosaurus, il teropode Baryonyx e alcuni sauropodi. Iguanodon è fre-
quente nei depositi della stessa età in Belgio (giacimento di Bernis-
sart), in Germania, nella parte orientale del bacino di Parigi, in Spagna
e in Romania.
92 I DrNoSAu
In Inghilterra, in Normandia e nello Champagne (Francia) sono
shti trovati dinosauri in depositi del Cretacico inferiore un po' più re-
centi3.
I dinosauri dell'inizio del Cretacico superiore sono rari in Europa,
rappresentati da resti frammentari in Inghilterra e in Francia. Ricche
faune a dinosauri, invece, provengono da depositi del Campaniano e
soprattutto, del Maastrichtiano presenti in Austria (strati di Gosau,
Carnpaniano, in particolare con l'anchilosauro Struthiosaurus), in
Spagna, in Francia meridionale (dove una fauna del Maastrichtiano
inferiore dominata da titanosauri è sostituita nel Maastrichtiano supe-
riore da una fauna dominata da adrosauri) e in Transilvania (fauna del
Maastrichtiano superiore con titanosauri e adrosauri).
2. Asia. Dinosauri del Cretacico inferiore sono noti soprattutto in
Mongolia, in Siberia, in Cina e in Thailandia. Il capostipite dei cera-
topsi, Psittacosaurus, è diffuso in tutte queste regioni nell'Aptiano-
Albiano, talvolta accompagnato da altre forme (ornitomimosauri pri-
mitivi, sauropodi, iguanodontidi).
All'inizio del Cretacico superiore sono riferibili depositi della
Mongolia interna (Iren Dabasu) con adrosauri primitivi.
Faune del Cretacico superiore (Santoniano-Maastrichtiano) sono
ben conosciute in Mongolia e comprendono diversi teropodi (Veloci-
raptor, Tarbosaurus, ornitomimosauri, oviraptorosauri), sauropodi
(Nemegtosaurus), segnosauri, adrosauri (Saurolophus), anchilosauri
(Pinacosaurus), ceratopsi (Protoceratops) e pachicefalosauri. Dino-
sauri del Cretacico superiore sono presenti anche in Cina, con gli adro-
sauri Tanius e Tsintaosaurus.
La fauna indiana di questa epoca (Formazione di Lameta, Maastri-
chtiano) è di tipo «gondwaniano» con titanosauri e abelisauridi.
3. Africa. La presenza di dinosauri del Cretacico inferiore è segna-
lata in Africa nel Sahara, in particolare in Niger (Formazione di El-
rhaz, Aptian~) con l'iguanodontide Ouranosaurus, sauropodi, teropo-
di, etc.
Le forme dell'inizio del Cretacico superiore (Cenomaniano) sono
rappresentate in Egitto (oasi di Baharia) e in Marocco dal teropode
Spinosaurus in particolare. Dinosauri del Cretacico superiore sono
3 Di recente. ossa di un sauropode (presurnibilmeae un brachiosauride) e imp~nte di te-
ropodi di rnedia e grande taglu sono state rinvenute in rocce calcaree del Cretacico inferiore
~nti in diverse loallitil ddl'lstria. Rocce analo~he affiorano in Friuli e in Puglill. ma
smo a oggi non b nno restituito nessun fossile di oiwsauro. La prinu testirnonianza dirett~
dellp~senzdi dir~auri in depositi italiani è costituib dilllo scheledi un piccolo tero~
pode (forse ulovaoe _i~), rinvenulo nei catalri m~nosi del C~cico irlferi~
re (B~nem~Apliano) di Piel(Benevenlo).
I GRANDI GIACIMENTI Dl DiNOSAURI NEL MONDO 93
presenti anche in Sudan e in Madagascar (Campaniano, con titanosau-
ri e un presunto abelisauride).
4. America meridionale. Oltre a diverse piste trovate in Brasile, i di-
nosauri del Cretacico inferiore sudamericano sono stati segnalati so-
prattutto in Argentina, con l'abelisauride Carnotaurus (Formazione di
Gorro Frigio, Albiano).
Giacimenti del Cretacico superiore sono molto numerosi in Brasile
(Formazione di Bauru) e soprattutto in Argentina (Formazioni di Los
Alamitos, di Lecho, di Rio Neuquen e altri, prevalentemente di età
Campaniano-Maastrichtiano). La fauna è composta da titanosauri,
abelisauridi, ma anche da qualche adrosauro, proveniente dalle regioni
settentrionali.
5. Antartide. Nella Penisola antartica sono stati scoperti resti di di-
nosauri (anchilosauri, ipsilofodontidi) del Cretacico superiore (Cam-
paniano).
6. Australia. Una associazione faunistica a dinosauri è stata segna-
lata nei depositi dell'Aptiano-Albiano del Nuovo Galles del Sud
(Gruppo di Otway) caratterizzata dalla presenza di ipsilofodontidi. Da
formazioni di età analoga del Queensland provengono l'iguanodonti-
de Muttaburrasaurus e l'anchilosauro Minmi. La Formazione di Win-
ton, del Cretacico superiore, è conosciuta soprattutto per la presenza di
un gran numero di piste.
7. America settentrionale. La presenza di dinosauri del Cretacico
inferiore è testimoniata soprattutto nei depositi della Formazione di
Cloverly (Aptiano) del Montana, con il teropode Deinonychus e l'or-
nitopode Tenontosaurus. La formazione di Lakota (Barremiano) del
Sud Dakota ha restituito resti di Iguanodon. Impronte di teropodi e
sauropodi sono numerose nella Formazione di Glen Rose (Aptiano-
Albiano) del Texas.
I giacimenti a dinosauri del Cretacico superiore (principalmente
Campaniano e Maastrichtiano) sono molto numerosi nelle regioni oc-
cidentali degli Stati Uniti e del Canada, dall'Alberta al Texas, con una
fauna molto varia comprendente teropodi, adrosauri, ceratopsi, pachi-
cefalosauri e anchilosauri. I sauropodi titanosauridi sono presenti sol-
tanto nelle regioni più a Sud. I dinosauri delle Formazioni di Judith Ri-
ver (Campaniano) e-di Lance (Maastrichtiano, con Tyrannosaurus e
Triceratops) sono conosciuti particolarmente bene. Giacimenti apola-
ri» del Cretacico superiore sono stati scoperti nello Yukon e in Alaska.
GIURASSIC
TRIASSICO
superiore
I DINOSAUR.
PIANO - 65
Maastrichtiano
Carnpaniano
Santoniano
l Coniaciano
Turoniano
Cenomaniano
Albiano
Aptiano
Barremiano
Hauteriviano
Valanginiano
Bemasiano
Titoniano
Kimmeridgiano
Oxfordiano
Calloviano
Bathoniano
Bajociano
Aaleniano
Toarciano
Pliensbachi ano
Sinemuriano
Hettangiano
205
Retico
Norico
I Carnico
mediO LadinicO
Anisico
inferiore I Scitico (Werfeniano) _ 250
,
Scala d ei ¨empi geologici per 1' era Mesozoica. IJna el a suddi- isa in Mnità cr onostrahgl-a-
fiche di rango inferiore, corrispondenti a in-ervalli di tempo più hrel~i, c ome il periodo (es.
Culrassico), I 'epoca (es. Giurassico superiore o Malm)fino aU' unitàfondamentale, il piano
(es. Klmmeridgiano). A destra, Ie età assolute in milioni di anni.
Glossario
Angiosperme: piante con fiori.
Anima/i «a sanguefreddo~: animali che presentano la temperatura interna del corpo variabi-
le in funzione deDa tempeMtuM dell'ambiente esterno. Questi animali (come rettili e anfi-
bi) sono pecilotermi (o eterotermi) in quanto hanno una temperatura corporea variabile ed
ectotermi, cioè hanno una tempeMtura corporea funzione di quella dell'ambiente esterno.
Anima/i «a sangue caldo>~: animali che presentano la temperatura intema del corpo indipen-
dente dalle condiziom di temperatura dell'ambiente estemo. Questi animali (mammiferi e
uccelli) sono omeotermi, cioè mantengono quasi costante la temperatura unterna del cor-
po, ed endotemmi in quanto il metabolismo consente loro di avere una temperatura interna
corporea indipendente dalla temperatura esterna.
Catena alimentare: in un ecosistema, è la struttura alimentare che comprende diversi livelli
di organismi produttori e consumatori (ad es. piante, erbivori, carmvori).
Cicadee: piante simili a palme comparse nel Triassico, che ebbero una vasta diffusione nel
Mesozoico; anualmente sono rappresentate da pochissimi generi.
Cretacico: ultimo periodo dell'era Mesozoica (da 140 a 65 milioni di anni fa).
Dimorfismo: presenza di due morfologie distinte nell'ambito della stessa specie, che in mol-
ti casi sono in relazione con le dirferenze fM maschio e femmina (dimorfismo sessuale).
Fisio/ogia: scienza che studia i processi della materia vivente e delle funzioni di organi e
tessuti.
Foraminifero: organismo marino unicellulare con guscio.
Fossi/e: ciò che si conserva di un organismo vissuto nel passato, conservato in rocce sedi-
mentarie.
Fossi/izzazione: insieme dei processi che portano alla formazione di un fossile.
Gash olite: pietra usata da alcuni uccelli e da alcuni dinosauri per triturare il cibo nel ventri-
glio o nello stomaco.
Genere: unità di classificazione che comprende una o più specie correlate (ad es. Velocirap-
tor).
Giurassico: periodo intemmedio dell'era Mesozoica (da 1°,0 a 140 milioni di anni fa).
Gonduana: supercontinente dell'emisfero meridionale comprendente gli attuali America
meridionale, Africa, Madagascar, India, Australia e Antartide.
Ittiosauri: renili marini simili a delfini vissuti nell'era Mesozoica.
Laurasia: supercontinente dell'emisfero senentrionale comprendente gli anuali America
senentrionale ed EuMsia.
Mesozoico: era geologica comprendente Triassico, Giurassico e Cretacico (da 220 a 65 mi-
lioni di anni fa).
Metabo/ismo: insieme di processi interni del corpo di un organismo, come, ad esempio, la
degradazione del cibo per liberare energia.
Monofi/etismo: origine di gruppi diversi di organismi da un unico antenato comune.
Pa/eonto/ogia: scienza che studia gli organismi vissuti nel passato geologico in base ai loro
resti fossili.
Pangea: supercontinente che alla fine dell'era Paleozoica e all'inizio dell'era Mesozoica
comprendeva tutte le terre emerse.
Pterosauri: rettili volanti del Mesozoico.
Rodiazione evolutiva: diffusione di organismi in nuovi ambienti a seguito dell'acquisizione
di nuovi caMtteri (Mdiazione adattativa).
Specie: unità di classificazione di base. Un genere può comprendere più specie (ad es. Igua-
nodon bernissartensis, Iguanodon mantel/i).
Tecodonti: rettili triassici da cui si originarono dinosauri, pterosauri e coccodrilli
Terziario: era geologica che segue il Mesozoico (da 65 a 1,7 milioni di anni fa)
Tetide: oceano che nel Mesozoico separava i supercontinenti Laurasia e Gond vana
Tettonica: branca della Geologia che studia i fenomeni che interessano la crosta terrestre e le
sue tMsformazioni. L'ipotesi della Tettonica delle Placche considera la crosta terrestre di-
visa in placche (o zolle), in movimento relativo tra loro.
Triassico: primo periodo dell'era Mesozoica (da 220 a 190 milioni di anni fa)
Ventriglio: stomaco masticatore degli uccelli e di alcuni dinosauri, in cui sono presenti i ga-
Bibliografia essenziale
Fra le traduzioni in italiano di opere di caranere generale riguardanti la paleontologia ri-
cordiamo:
E H COLHERT Anima/i e continenti alla deriva, Milano, Mondadori, 1977.
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Fra i testi di buon livello divulgativo in lingua italiana nguardanti più da vicino la classi-
ficazione, I'evoluzione, le scoperte e le ipotesi sui dinosauri segnaliamo:
AA VV., Sul/e orme dei dinosauri, Venezia, Enzzo, 1984.
M.L. BOZI, S. BRUNO, S. MAUGERI, Dinosauri: misteri svelati e nuove incognite, Firenze, Giun-
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S.l. CZERKAS, S.A. CZERKAS, Dinosauri, Novara, De Agostini, 1993.
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D. LAMBERT, DIAGRAM GROUP, I dinosauri dalla A alla Z. Milano, Vallardi, 1989.
C. MC GO VEN, Dinosauri e draghi sputafuoco, Milano, Sperling & Kupfer, 1993.
.N. WILFORD, L'enigma dei dinosauri, Milano, Longanesi, 1987.
Una segnalazione particolare menta la raccolta di articoli comprendente anche quelli sui
dinosauri italiani:
G. LIGABUE (a cura di), «Il tempo dei dinosauri», Milano, Le Scienze, Quademo n. 76,1994.
Per quel che riguarda l'immensa produzione in lingua inglese di particolare interesse
sono:
R.T. BAKKER, The Dinosaurus heresies, New York, William Morrow & Co., 1986.
S.M. CZERKAS E.C. OLSEN, Dinosaur Past and Present, vv. I-U, Los Angeles, Natural History
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D.B. WEISHAMPEL, P. DODSON, H. OMOLSKA (a cura di), The Dinosauria, Berkeley-Los Angeles-
Oxford, University of California Press, 1990.
fonte: http://worldlibrary.net/eBooks/Wordtheque/it/AAABES.TXT
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