Economia aziendale appunti

 

 

 

Economia aziendale appunti

 

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L’ATTIVITÁ ECONOMICA E LE AZIENDE

  1. COSA STUDIA L’ECONOMIA AZIENDALE

 

È una disciplina che si colloca nell’ambito della SCIENZA ECONOMICA ( che a sua volta fa parte delle SCIENZE SOCIALI.

 

 

L’ECONOMIA AZIENDALE condivide con le altre discipline economiche alcune caratteristiche:

    • È una scienza empirica perché ricerca leggi ed uniformità di fenomeni complessi, ina maniera deduttiva/induttiva;
    • È una scienza positiva, in quanto descrive ed interpreta la realtà;
    • È una scienza normativa, in quanto cerca di individuare e proporre regole, norme di comportamento valide per il conseguimento dei fini;
    • È una scienza sociale, in quanto analizza i comportamento degli individui, nella prospettiva del loro agire economico.

L’analisi scientifica dell’economia aziendale comprende:

      • GESTIONE: che studia il funzionamento delle aziende e le condizioni di equilibrio;
      • RILEVAZIONE: realizza il sistema informativo aziendale, studiando le tecniche di determinazione e rappresentazione delle quantità tipiche di ogni azienda;
      • ORGANIZZAZIONE: analizza le modalità di definizione delle azioni da compiere per realizzare i processi produttivi all’interno di un’impresa, la loro distribuzione ai diversi livelli  della struttura aziendale,il loro coordinamento.

 

  1. DA COSA NASCE L’ESIGENZA DI STUDIARE L’ECONOMIA AZIENDALE?

 



Dai BISOGNI (che possono riguardare sia l’individuo che la complessità)

 

Bisogni come :

Sono disponibile in QUANTITÁ LIMITATA.
Sono dei BISOGNI ECONOMICI e quindi costituiscono dei BENI ECONOMICI.

 VESTIRSI;
  • MANGIARE;
  • AVERE UNA CASA;
  • VIAGGIARE

 

Bisogni come :

Sono disponibile in QUANTITÁ ILLIMITATA.
Sono dei BISOGNI  NON ECONOMICI ,

 DORMIRE;
  • RESPIRARE;

 

Per soddisfare questi bisogni io devo svolgere un’ATTIVITÁ che diviene ECONOMICA: è l’insieme delle azioni finalizzare al soddisfacimento dei bisogni attraverso l’acquisizione di beni economici. L’attività può essere SEMPLICE O COMPLESSA e questo dipende dai bisogni.

 

 

 

 

 


L’ATTIVITÁ ECONOMICA si può scindere in 2 parti:

  • ACQUISTARE / CONSUMARE;
  • PRODURRE/ VENDERE ;

 

Chi produce e vende è l’AZIENDA : organismo o struttura attraverso cui si svolge l’attività di produzione e di consumo.
Nell’epoca primitiva PRODUZIONE e CONSUMO coincidevano.
Con l’industrializzazione, è diventato tutto più complesso e perciò si è reso necessario scindere le due attività.

 

 

 


L’introduzione della moneta ha agevolato la diffusione degli scambi e l’assegnazione di valori omogenei ai beni economici. In un’economia monetaria ciascun bene è misurato dalla stessa unità di misura e scambiato in contropartita ad una data quantità di moneta.

 

 

MONETA (100)

  

 

 


La cui finalità è il GUADAGNO

 DIFFERENZE TRA AZIENDE
 

TRASFORMAZIONE

 

AZIENDE DI PRODUZIONE

 

 

1. AZIENDA INDUSTRIALE
ES. BARILLA

 

2. AZIENDA DI SERVIZI
ES. WIND

 

3. AZIENDE MERCANTILI
Che acquistano prodotti finiti e li rivendono
Es. COOP, CONAD

 

4. AZIENDE FINANZIARIE
ES. BANCHE

 

AZIENDE DI EROGAZIONE

  

 


                                                         

 

AZIENDE DI CONSUMO
Sono quelle aziende che consumano per soddisfare i propri bisogni.
Es. AZIENDA FAMILIARE;
STATO;
REGIONE;
PROVINCIA;
COMUNE

  

 


Esistono anche AZIENDE COMPOSTE in cui esiste il processo di PRODUZIONE + CONSUMO ( ES. ASL).
Secondo alcuni studiosi, anche le REGIONI, PROVINCE e COMUNI sono da considerare AZIENDE COMPOSTE.

L’ AZIENDA  ( PUBBLICA – PRIVATA – NO PROFIT) può definirsi un SISTEMA DI FORZE:

  • Interdipendenti in quanto si stabiliscono tra esse relazioni di varia intensità che determinano la capacità dell’impresa di agire secondo parametri di efficienza;
  • Strumentali  all’attività di produzione;
  • Complementari in quanto tutte necessarie ai fini dello svolgimento dell’attività di produzione o di consumo.
  • L’AZIENDA DI PRODUZIONE E LE SUE COMPONENTI

 

Affinché la produzione sia attuata occorre l’impiego di risorse allo scopo destinate, definite FATTORI PRODUTTIVI.
I FATTORI ORIGINARI della produzione sono:

  • CAPITALE: assume diverse configurazioni:
  • quando è rappresentato da denaro o altre disponibilità finanziarie equivalenti si parla di FATTORI PRODUTTIVI GENERICI;
  • quando è costituito da beni e servizi, destinati alla produzione ed ottenuti sui mercati di scambio cedendo le disponibilità finanziarie si parla di FATTORI PRODUTTIVI SPECIFICI (o TECNICI); questi a loro volta possono essere formati da:
    • BENI MATERIALI: costituiti da beni in senso stretto;
    • BENI IMMATERIALI: costituiti da servizi o utilità che non hanno materialità.

 

Il capitale può essere ancora suddiviso in:

  • FATTORI A FECONDITÁ SEMPLICE: in questa categoria rientrano quei beni economici il cui utilizzo si esaurisce in un solo ciclo produttivo (ad esempio le materie prime);
  • FATTORI A FECONDITÁ RIPETUTA: in questa categoria rientrano quei fattori che partecipano ad una successione di cicli ( ad esempio, i macchinari, i fabbricati).

 

  • LAVORO: è ottenuto mediante relazioni di scambio, considerata la particolare natura e la centralità dell’azione umana in ogni forma di struttura sociale, esso sia da considerare fattore originario e sottoposto a vincoli di natura sia etica che giuridica.

La PRODUZIONE si attua nelle imprese secondo queste fasi:

 

 

 

 

 


Ciascuna azienda può essere osservata come un sistema di forze.
Le FORZE che costituiscono il sistema aziendale consistono nelle seguenti:

  • MEZZI :  (finanziari, macchinari, attrezzature, fabbricati, arredamento, materie prime …) sono quei beni destinati alla produzione e al consumo;
  • PERSONE : (forza lavoro, impiegati, quadri dirigenti, operai, tecnici, imprenditore, ricerca e sviluppo, amministratori, soci e azionisti, politici…) sono quei soggetti che partecipano all’attività aziendale;
  • ORGANIZZAZIONE : ( struttura che può essere piramidale, cioè chi è al vertice comanda o come sta accadendo negli ultimi tempi nelle amministrazione pubbliche si cerca di coinvolgere i cittadini attraverso il processo del BILANCIO PARTECIPATO. La struttura è rappresentata graficamente dall’organigramma ( ). L’organizzazione prevede delle regole organizzative che sono costituite da CARICHE, FUNZIONI, MANSIONI, COMPITI.

 

 

 


Le componenti del sistema sono finalizzate all’attività di produzione o di consumo. Esse sono:

  • STRUMENTALI all’attività di produzione o di consumo;
  • COMPLEMENTARI in quanto tutte necessarie per il raggiungimento di tale finalità e per questo la loro utilità risulta incrementata;
  • INTERDIPENDENTI in quanto stabiliscono tra di esse relazioni di varia intensità che determinano la capacità dell’impresa di agire secondo parametri di efficienza.

L’azienda è quindi un sistema di forze interdipendenti, strumentali e complementari ai fini dello svolgimento dell’attività di produzione o di consumo.

Nelle AZIENDE NO PROFIT c’è la figura del VOLONTARIO che svolge il proprio lavoro all’interno dell’azienda senza ricevere alcun compenso in moneta e in tale azienda nel momento in cui si costituisce non c’è una spartizione di mansioni, ma esiste solo la MISSION, cioè solo la finalità dell’azienda.

L’azienda è osservabile almeno da due prospettive:

  • dal punto di vista STATICO: che riflette la struttura che la compone;
  • dal punto di vista DINAMICO: costituito la susseguirsi di operazioni necessarie per realizzare la finalità della produzione o del consumo.

Alcuni studiosi di economia aziendale hanno proposto numerose definizioni dell’azienda in generale, sottolineando ora un aspetto ora un altro:

  • DOMINICIS: “ … organizzazione di beni (persone e cose materiali) che svolge una determinata attività umana, in vista di uno o più bisogni da soddisfare”. È una definizione che sottolinea la STRUTTURA, ma che lascia sullo sfondo il dinamismo dei cicli produttivi.
  • ZAPPA : “istituto economico destinato a perdurare che, per il soddisfacimento dei bisogni umani,ordina e svolge in continua coordinazione la produzione o il procacciamento o il consumo della ricchezza”.  È una definizione che pone l’attenzione sulla STRUTTURA e sulle OPERAZIONE ECONOMICHE.
  • AMADUZZI : “ l’azienda è un sistema di forze economiche che sviluppa, nell’ambiente di cui è parte complementare, un processo di produzione o di consumo o di produzione e consumo insieme…”.  Si pone l’attenzione anche sul CONTESTO SOCIO – ECONOMICO nel quale opera l’azienda.

 

  • LE FINALITÁ DELL’IMPRESA

 

Affinché i prodotti o i servizi realizzati siano in grado di soddisfare i bisogni occorre che essi abbiano valore, cioè che vi sia qualcuno disposto a riconoscere l’utilità che deriva dall’uso di quei prodotti o servizi, e tale utilità viene misurata dal prezzo.
L’impresa, organizzando ed attuando i processi produttivi, deve riuscire ad impiegare le risorse disponibili in modo economicamente efficiente, realizzando prodotti o servizi il cui valore sia maggiore del valore delle risorse utilizzare.
La finalità istituzionale dell’impresa è senza alcun dubbio quella di creare durevolmente valore, in termini di produzione ed equa distribuzione di ricchezza.
Occorre utilizzare le risorse scarse in modo da ottenere il massimo risultato, che è un metodo per agire secondo efficienza, ma soprattutto nel senso più pieno di realizzazione di beni che abbiano valore.

  • I CARATTERI DISTINTIVI DEL SISTEMA AZIENDALE

 

L’impresa instaura relazioni esterne ai propri confini, al momento dello scambio degli input e dell’output.
Alla base vi è la definizione di sistema come entità costituita da un insieme di elementi interrelati, orientata al raggiungimento di un determinato fine, spesso caratterizzata da nessi di reciproca influenza con altri sistemi ad essa esterni.
Questo filo logico permette di analizzare ciascun fenomeno scientifico in una prospettiva diversa. In assenza di uno schema sistemico, ogni fenomeno è rappresentato e studiato come un oggetto in sé rilevante, le cui parti sono collegate da un funzionamento determinato; l’analisi procede partendo dalle proprietà, dalle caratteristiche delle singole parti per giungere alla descrizione dell’oggetto di studio.
Questa impostazione richiama alcuni concetti che sono fondamentali per lo studio di qualsiasi sistema:

  • STRUTTURA: cioè l’insieme degli elementi che rientrano nel sistema e delle relazioni che tra di essi emergono;
  • CONTESTO AMBIENTALE: cioè il complesso dei sistemi esterni che interagiscono con un dato sistema, separato da questi da un confine;
  • CONTROLLO DEL SISTEMA: cioè la capacità di adattare la struttura e le relazioni per neutralizzare o sfruttare i  condizionamenti e le opportunità che si manifestano nell’ambiente.

I sistemi possono essere classificati in relazione

    • al livello più o meno elevato di complessità;
    • al grado d’intensità delle interdipendenze con il contesto;
    • alla capacità di adattamento all’influenza dei fattori che provengono dal contesto esterno.

L’azienda in quanto sistema è :

  • APERTO  in quanto vive di continui scambi con il contesto esterno di materie, energia ed informazioni;
  • DINAMICO in quanto caratterizzato da relazioni vitali tra gli elementi della struttura e da interazioni con i sistemi esterni;
  • ECONOMICO in quanto svolge l’attività di produzione o di consumo dei beni;
  • COMPLESSO in considerazione della varietà degli elementi della struttura e del dinamismo delle relazioni;
  • PROBABILISTICO in quanto il funzionamento ed il risultato del sistema è sottoposto all’incertezza, al rischio di mancare il conseguimento dei fini.

Tale aspetto:
- nell’AZIENDA PRIVATA è costituito dal MERCATO DI SBOCCO;
- nell’AZIENDA PUBBLICA      “          dalla RICERCA DEL CONSENSO;
- nell’AZIENDA NO PROFIT      “         dal RECUPERO DELLE RISORSE

 

  • IL RAPPORTO AZIENDA - AMBIENTE

L’azienda è un’organizzazione che agisce attraverso continui scambi di materie, energia ed informazioni, inserita in un ambiente che è la sintesi delle interazioni con i sistemi che fanno parte.
L’azienda è influenzata nella struttura e nei comportamenti dalla situazione che caratterizza l’ambiente.

 

 

Esso può essere distinto in:

AMBIENTE GENERALE ( o MACROAMBIENTE)

AMBIENTE SPECIFICO ( o MICROAMBIENTE)

Richiama condizioni e caratteristiche relative all’ambito + ampio nel quale è inserita l’azienda (sistema politico, istituzionale, culturale, ect..).

È composto dagli operatori, dagli agenti economici con i quali interagisce sulla base di scambi di mercato.

Nel caso degli attori del macroambiente, l’influenza degli scambi è solo indiretta rappresentando la cornice fatta di circostanze, condizioni, vincoli che intervengono nell’agire di tutti gli operatori.

In tal caso l’influenza degli scambi sulla struttura e sui componenti dell’azienda è diretta;

Esso è composto da:

  • AMBIENTE FISICO NATURALE che comprende le caratteristiche naturali e territoriali dello spazio in cui opera l’impresa (il clima, la morfologia, le risorse naturali disponibili, le vie di comunicazione, la popolazione…);
  • AMBIENTE POLITICO – ISTITUZIONALE: cioè l’organizzazione ed il ruolo esercitato dagli organi del potere politico, nonché l’insieme delle norme che definiscono l’ordinamento giuridico. Si tratta di variabili che influenzano ampiamente il percorso di sviluppo dell’attività d’impresa, concedendo opportunità e vantaggi o ponendo vincoli che ne limitano l’autonomia;
  • AMBIENTE SOCIO – CULTURALE: rappresentato dall’insieme di valori culturali ed etici e dalle conoscenze diffuse in un dato contesto, che esprimono nel complesso incentivi o ostacoli all’affermazione di modelli che riconoscono centralità all’attività d’impresa;
  • AMBIENTE ECONOMICO – GENERALE: riguarda da un lato l’organizzazione generale dell’attività economica ed in particolare l’intervento dello Stato che può integrare o sostituire del tutto l’iniziativa privata; dall’altro la struttura produttiva e lo stadio di sviluppo dell’economia che influenza lo sviluppo dell’attività imprenditoriale.

 

È costituito dalle organizzazione e dagli individui con cui l’impresa interagisce sulla base di scambi di mercato.

 

 

Gli scambi che consentono all’impresa di svolgere la funzione produttiva avvengono in mercati che costituiscono nel complesso l’ambiente specifico e che possono essere classificati in:

  • MERCATO DELLE MATERIE PRIME;
  • MERCATO DELLE TECNOLOGIE;
  • MERCATO DEL LAVORO;
  • MERCATO DEI CAPITALI;
  • MERCATO DI SBOCCO.

 

 

 

 

 

 


Questo modello non consente di cogliere le molteplici variabili che definiscono in modo più esaustivo il sistema competitivo proprio di ogni impresa. Pertanto è necessario introdurre il concetto di SETTORE:definito da un aggregato di imprese similari in base ad uno o più criteri.
Ciascuna impresa può far parte di settori differenti, in funzione di criteri che sono stabiliti per individuare i processi omogenei.
Il settore è circoscritto in base alla tipologia di prodotti o servizi realizzati.
L’ambito competitivo va oltre il settore e infatti i bisogni possono essere soddisfatti da:

 

  • prodotti identici;
  • prodotti simili;
  • prodotti diversi

Il livello competitivo di un settore è determinato dai concorrenti potenziali che attratti da prospettive di convenienza economica potrebbero decidere di intraprendere una nuova attività costituendo nuove imprese.
La soluzione dei problemi di convenienza ad entrare o meno in settori nuovi è condizionata dalle cosiddette barriere all’entrata ( cioè si riferisce all’entità e alla qualità degli investimenti necessari):

  • qualora le prospettive di sviluppo di un settore sono consistenti e le barriere all’entrata sono basse (come nel caso del settore settile o calzaturiero) è facile che l’azione dei concorrenti potenziali diventi concreta;
  • nei settori avanzati, dove si realizzano prodotti che incorporano elevati livelli di sapere scientifico e tecnologico (come telecomunicazioni, biotecnologico, informatica…) le barriere all’entrata costituiscono un valido deterrente all’emersione di nuovi concorrenti.
  • RISCHIO ECONOMICO DI IMPRESA E RESPONSABILITÁ SOCIALE

 

Un’espressione del valore creato da un’impresa è quella del cosiddetto valore aggiunto.

 

 


In sostanza:

  • nell’impresa si svolgono i processi produttivi dai quali si ottengono i prodotti e i servizi utili per il soddisfacimento dei bisogni;
  • l’attività di produzione richiede l’impiego di un capitale destinato a tale scopo;
  • il capitale viene impiegato per acquisire i fattori produttivi specifici indispensabili per ottenere i prodotti o i servizi, alla cui realizzazione quell’impresa si specializza;
  • l’impresa utilizza lavoratori che remunera periodicamente;
  • i fattori produttivi sono combinati in base a criteri che tendono a massimizzare il loro uso;
  • i prodotti o servizi sono collocati sui mercati se incorporano o offrono un’utilità economica per soddisfare determinati bisogni;
  • il valore dei prodotti o dei servizi è misurato dai prezzi che si formano sui mercati di collocamento;
  • il collocamento dei prodotti o servizi consente il recupero delle disponibilità finanziarie da impiegare per rigenerare i processi produttivi, remunerare il lavoro ed il capitale originariamente destinato all’attività d’impresa, distribuendo ricchezza utile al soddisfacimento dei bisogni di tale soggetti.

 

Pertanto le finalità e gli obiettivi aziendali sono:

  • FINALITÁ NATURALE o ORIGINANTE: cioè il soddisfacimento dei bisogni umani;
  • FINALITÁ ISTITUZIONALE: si identifica nella capacità dei processi produttivi di creare durevolmente valore;
  • OBIETTIVO FUNZIONALE: costituito dalla necessità dell’impresa di perdurare nel tempo, mediante il rinnovo di processi produttivi atti a generare valore;
  • OBIETTIVO STRUMENTALE: che costituisce in realtà una condizione/obiettivo, nel senso di identificarsi non come obiettivo assoluto, ma amministrativo posto alla base della continuità aziendale e quindi determinate per il raggiungimento delle finalità istituzionali.

La finalità di creazione del valore si pone in una relazione circolare e con l’obiettivo di perdurabilità e con la condizione di economicità: la perdurabilità è essenziale ai fini della crezione durevole del valore: infatti per perdurare è necessario rispettare la condizione di economicità.

L’impresa nasce in virtù di un capitale investito in quell’attività, sottratto a scelte alternative, in attesa di adeguata remunerazione che è aleatoria in quanto sarà possibile solo se l’impresa sarà nella condizione di creare valore.

Il rischio che può correre un’impresa è detto:

RISCHIO ECONOMICO DI IMPRESA

  


 

Trova origine nell’incertezza concernente la futura evoluzione dell’ambiente in cui l’azienda opera e con cui interagisce.

 

Trova origine nel fatto che la gestione di ogni impresa presuppone anteriormente l’impiego di capitale, necessario per acquisire i fattori produttivi, dalla cui conveniente combinazione si deve ottenere la ricchezza sufficiente a rigenerare i fattori produttivi stessi ed in via residuale a remunerare il capitale originario investito.

 

I soggetti che a vario titolo sono portatori di interessi nell’impresa (“STAKEHOLDERS”) non coincidono con la sola componente personale del sistema di forze; si distinguono in:

  • PORTATORI INTERNI DI INTERESSI: rappresentati dai proprietari, dagli amministratori e dai lavoratori dipendenti in genere;
  • PORTATORI ESTERNI DI INTERESSI: soggetti variamente interessati all’andamento aziendale (banche, fornitori, Stato, clienti…).

Spetta agli organi aziendali di governo individuare i percorsi gestionali che meglio neutralizzano il rischio, mediante l’adozione delle regole di buona amministrazione e di atteggiamento volti alla ricerca lungimirante dei giusti equilibri.
Bisogna ricordare che ogni attività produttiva, incidendo direttamente sull’economica delle singole imprese, producono riflessi sulle altre economie direttamente e indirettamente legate alle attività produttive, fino ad arrivare all’intero contesto economico di un Paese.
In relazione a ciò emerge la forte caratterizzazione sociale.
Tale responsabilità sociale delle aziende rinnova l’esigenza di richiamare comportamenti amministrativamente razionali e corretti volti alla ricerca degli equilibri che favoriscano la perdurabilità dell’azienda nel tempo e la creazione della ricchezza necessaria allo sviluppo della stessa ed al progresso dell’economica generale.

  • LE AZIENDE PUBBLICHE

Tra le aziende di erogazione, assumono particolare rilievo le aziende erogatrici pubbliche, rappresentate da entità governate da un soggetto di natura pubblica. Esse si possono classificare in:

Tutte e 3 tendono al soddisfacimento di
BISOGNI PUBBLICI

  


Essi si individuano mediante valutazioni inerenti:

  • opportunità politica ad intervenire per soddisfare un certo bisogno;
  • l’accettabilità sociale dell’intervento pubblico;
  • l’efficacia economica dell’azione pubblica
 AZIENDE PUBBLICHE DI PRODUZIONE (IMPRESE): operano al fine di soddisfare dei bisogni, beni o servizi di pubblica utilità destinati allo scambio;
  • AZIENDE PUBBLICHE DI EROGAZIONE (o di CONSUMO): in esse si svolge l’attività di consumo, ovvero la raccolta ed il successivo impiego di mezzi per il soddisfacimento diretto dei bisogni della collettività;

La loro identificazione può effettuarsi mediante il ricorso a due principi tra loro contrapposti:

  • PRINCIPIO STATALISTA: in cui è lo Stato a definire le funzioni di propria competenza e quelle da delegare ad altri enti o da attribuire ai soggetti privati;
  • PRINCIPIO della SUSSIDIARIETÁ: in cui è privilegiata l’autonomia degli individui, delle famiglie e degli altri soggetti privati e si dà spazio all’intervento degli enti pubblici solo in relazione a quei bisogni che i privati non riescono a soddisfare autonomamente.
 AZIENDE PUBBLICHE COMPOSTE: in cui avvengono contemporaneamente processi produttivi e di erogazione.

 

Le aziende pubbliche, sotto il profilo degli assetti istituzionali e delle funzioni di competenza, si suddividono in 3 classi differenti:

    • AZIENDE PUBBLICHE TERRITORIALI: possono operare solo in un determinato territorio e mirano al soddisfacimento di molteplici bisogni della collettività che risiede nella propria area territoriale di competenza;
    • AZIENDE PUBBLICHE FUNZIONALI (o ENTI PUBBLICI NON ECONOMICI): erogano servizi ai cittadini, indipendentemente dall’area territoriale di appartenenza, ai fini del soddisfacimento di singole categorie di bisogni.

Ognuna di esse fa capo ad un’azienda territoriale che ne definisce gli indirizzi, ne condizione le decisioni e ne esercita il controllo. E si suddividono in:

      • nazionali: es. INPS, INAIL;
      • regionali: es. AUSL; EDISU;
      • comunali o provinciali: es. Istituto Autonomi Case Popolari; Aziende di promozione turistica,…
    • IMPRESE PUBBLICHE: producono beni o servizi a domanda individuale e li scambiano verso un corrispettivo economico, come le imprese dell’acqua, del gas, dei rifiuti…

ATTIVITÁ SVOLTE

AZIENDA CHE LE SVOLGE

  • Regolazione dei rapporti sociali economici attraverso l’emanazione di leggi e decreti;

Aziende pubbliche territoriali

  • Produzione di beni collettivi

Aziende pubbliche territoriali

  • Produzione ed erogazione di beni e servizi a domanda individuale (come servizi sanitari o di pubblica utilità)

Aziende pubbliche territoriali
Aziende pubbliche funzionali
Imprese pubbliche

  • Emanazione di indirizzi, programmi e linee guida

Aziende pubbliche territoriali
Aziende pubbliche funzionali

 

 

  • 1.  Le aziende pubbliche territoriali

Esse hanno quasi sempre natura di aziende composte perché non solo erogano, grazie alle risorse acquisite mediante l’imposizione tributaria, beni e servizi pubblici di natura collettiva, ma producono anche beni a domanda individuale per poi cederli verso il corrispettivo diretto di denaro.
A parti dal 1990 diverse riforme ne hanno esteso l’autonomia di tale aziende sotto i profili:
(per quanto riguarda le Province e Comuni):

  • statuario: è consentito ai Comuni e alle Province di dotarsi di un proprio statuto che disciplini, nell’ambito dei principi fissati dalla legge, le norme fondamentali dell’organizzazione dell’ente;
  • normativo: Comuni e Province hanno la possibilità di emanare dei Regolamenti applicabili nell’ambito del proprio territorio;
  • organizzativo ed amministrativo: possono autorganizzarsi e scegliere il proprio assetto strutturale;
  • impositivo e finanziario: possono istituite ed applicare tributi propri in armonia con la Costituzione;

(per quanto riguarda le Regioni):

  • ogni Regione ha un proprio statuto che ne determina la forma di governo ed i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento;
  • le Regioni organizzano l’esercizio delle funzioni amministrative a livello locale attraverso i Comuni e le Province;
  • con la riforma del 2001, le Regioni hanno assunto delle funzioni che prima spettavano allo Stato.

Allo Stato è consentito, secondo la Costituzione, la potestà di legiferare in una serie di materie ( politica estera, difesa, ordine pubblico, giustizia…).

  • Alle Regioni è riconosciuta la potestà legislativa concorrente, cioè legiferare in materie come la tutela e la sicurezza del lavoro, la protezione civile,la tutela della salute e in tutte le altre numerose materie non esplicitamente citate dalla Costituzione.

I Comuni e le Province sono titolari di FUNZIONI PROPRIE (che devono realizzare con autonome risorse finanziarie):
FUNZIONI PROPRIE del COMUNE

  • servizi alla persona ed alla comunità (Istruzione Scolastica, Servizi Sociali, Beni Culturali…);
  • assetto e utilizzazione del territorio (Edilizia, Urbanistica, Trasporto Pubblico Locale…);
  • sviluppo economico (Commercio, Artigianato, Industria, Agricoltura…);

FUNZIONI PROPRIE della PROVINCIA

  • Difesa del suolo;
  • tutela e valorizzazione ambientale;
  • valorizzazione dei beni culturali;
  • viabilità e trasporti;

 

ma possono anche dover far fronte ad altre funzioni, delegate loro dallo Stato o dalle Regioni, ricorrendo alle risorse finanziarie appositamente trasferite loro da tali enti:

FUNZIONI DELEGATE DALLO STATO AL COMUNE:

  • polizia locale;
  • elettorati;
  • anagrafici e di stato civile;

 

FUNZIONI DELEGATE DALLO STATO ALLA PROVINCIA

  • Sanità, igiene e profilassi pubblica;
  • Istruzione secondaria di secondo grado e formazione professionale.

 

Le aziende pubbliche territoriali si distinguono anche per la provenienza dei mezzi, la cui principale fonte è rappresentata dai tributi che rappresentano il compenso indiretto che le aziende pubbliche ottengono per la produzione dei beni pubblici collettivi.
Gli strumenti di prelievo tributario a disposizione delle aziende territoriali sono:

  • imposte: così denominate perché non correlate ad alcun servizio specifico fornito dall’azienda pubblica (es. ICI);
  • tasse: riscosse a fronte di specifici servizi erogati ai cittadini ( es. tassa sui rifiuti urbani);
  • mezzi riconducibili ai corrispettivi economici diretti che i cittadini versano all’azienda a fronte dei beni di natura individuale di cui usufruiscono (es. servizi scolastici, di trasporto…);
  • rendite ricavate grazie ai beni patrimoniale posseduti dalle aziende (es. immobili di proprietà…);
  • trasferimenti di risorse finanziarie ricevuti dall’azienda pubblica territoriale da parte di un’azienda pubblica territoriale sovraordinata per la realizzazione di determinati servizi.
    • Le aziende non profit

 

Sono aziende pubbliche anch’esse finalizzate al soddisfacimento dei bisogni pubblici (di natura sanitaria, tutela dell’ambiente, di cultura..);sono governate da soggetti privati.

Sono aziende composte o di pura erogazione in relazione all’esercizio di attività produttiva, e costituiscono il cosiddetto Terzo Settore, “terzo” perché distinto dal settore delle aziende di produzione private e da quello delle aziende pubbliche.

ELEMENTI IN COMUNE CON LE AZIENDE PUBBLICHE

DIFFERENZE CON LE AZIENDE PUBBLICHE

Perseguono finalità di natura sociale;

natura giuridica privata

 

 

ELEMENTI IN COMUNE CON LE IMPRESE

DIFFERENZE CON LE IMPRESE

natura giuridica privata;

nelle aziende no profit, il conseguimento di un risultato positivo economico non è uno degli obiettivi dell’azione aziendale, ma un mezzo indispensabile per il conseguimento dei fini e per la sopravvivenza nel tempo dell’azienda.

Le fonti da cui tali aziende acquisiscono i mezzi da impiegare nella propria attività economica possono essere:

  • interne: gli eventuali redditi da lavoro dei soggetti che fanno parte dell’azienda, le rendite ricavate grazie ai beni patrimoniale posseduti, o, solo nel caso di aziende composte, i corrispettivi economici riscossi a fronte dell’attività produttiva;
  • esterne: comprendono le donazioni e i contributi volontari ricevuti da soggetti singoli o da enti.

Vi sono delle teorie che spiegano la motivazione della nascita e dello sviluppo di tali aziende:

  • TEORIA DELLA FORNITURA DI BENI PUBBLICI (di Weisbrod): essa si propone di spiegare il fatto che molti beni pubblici siano forniti ai cittadini da aziende private non profit e non da aziende pubbliche perché quest’ultime decidono di erogare beni/servizi sulla base delle esigenze espresse dalla maggioranza della popolazione, scontentando la restante.
  • TEORIA DEL FALLIMENTO DEL CONTRATTO (Hansmann): sostiene che le aziende no profit intervengono per ovviare alle inefficienze delle imprese private nel campo della fornitura dei servizi pubblici.

 

CAPITOLO II: LA COMPONENTE PERSONALE

La componente personale è da considerarsi preminente poiché è quella che dà l’impulso primo che dà origine al sistema e da cui dipende l’azione delle altre componenti (mezzi e organizzazione).

 

  • Il soggetto aziendale

 


 

COMPONENTE PERSONALE

Composta da

  1. coloro che danno vita all’azienda;
  2. coloro che contribuiscono allo svolgimento dell’attività produttiva.
 
  • È il soggetto che concepisce un progetto aziendale;
  • conferisce i mezzi necessari per la realizzazione dello stesso;
  • predispone la struttura aziendale;
  • organizza il relativo funzionamento
    La componente soggettiva personale è una componente complessa, nell’ambito della quale si possono riscontrare numerosi soggetti che a vario livello partecipano allo svolgimento dell’attività aziendale. È possibile distinguere 3 differenti livelli:

  • LIVELLO VOLITIVO: è composto da quei soggetti che detengono di diritto e/o di fatto il dominio o potere di controllo dell’azienda. Normalmente questo livello corrisponde con la proprietà dell’impresa, anche se nell’economie moderne è possibile riscontrare situazioni differenti in cui di comando risulta di fatto esercitato da soggetti diversi dai proprietari.

È questo livello che determina i PERCORSI AZIENDALI.

  • LIVELLO DIRETTIVO / AMMINISTRATIVO: è composto da quei soggetti che hanno il compito di attuare le linee di indirizzo tracciate dal livello volitivo, di cui interpretano la volontà realizzando gli obiettivi posti. Tale ruolo viene assunto alternativamente sia dagli stessi proprietari che da soggetti non proprietari (manager).
  • LIVELLO ESECUTIVO: in cui si indicano tutti i soggetti che materialmente svolgono l’attività economico – produttiva.
  • Il soggetto economico

Il soggetto aziendale può distinguersi in:

  • SOGGETTO GIURIDICO sotto un aspetto giuridico/formale;
  • SOGGETTO ECONOMICO sotto un aspetto economico/aziendale.

SOGGETTO ECONOMICO: persona o gruppo di persone che impersonificano il potere volitivo attraverso cui si controlla direttamente o indirettamente l’amministrazione dell’azienda. Tale controllo è riconducibile ai proprietari dell’impresa o a quella parte della proprietà in grado di esercitare di diritto e di fatto il potere volitivo.
Esso coincide con il soggetto economico aziendale nella sua connotazione sostanziale.
Esso assume il governo dell’impresa, nel senso della conduzione e di amministrazione secondo un insieme di principi, istituzioni e meccanismi regolatori.
È in possesso da un lato del POTERE DI COMANDO  e del POTERE DI GESTIONE (riferibile al livello direttivo amministrativo).
Il soggetto aziendale deve rivelare dei caratteri e delle competenze non comuni; due aspetti fondamentali:

  • MANAGERIALITÁ: si intende far riferimento alla capacità di attuazione dei disegni strategici e delle linee di indirizzo strumentali alla realizzazione del progetto aziendale, ciò favorendo percorsi atti a garantire non solo l‘efficacia dell’attività aziendale, ma anche l’efficienza e l’economicità;

 

  • IMPRENDITORIALITÁ: insieme di valori e caratteri riconducibile:
    • qualità come l’intuizione, la creatività o capacità d’ideazione, spirito innovatore;
    • profili naturali del carattere;
    • capacità di finanziare con capitali propri il progetto aziendale.

 

SOGGETTO ECONOMICO

GOVERNO AZIENDALE

POTERE DI COMANDO

 

POTERE DI GESTIONE

 

IMPRENDITORIALITÁ
MANAGERIALITÁ

  

 


MODELLI MANAGERIALI

In cui ambito manageriale risulta svincolato, a livello di autonomia operativa dalla proprietà

 

MODELLI IMPRENDITORIALI PURI e RELATIVI

In cui l’autonomia decisionale rispetto al potere di comando risulta più o meno fortemente limitata

 

 

Si possono riscontrare MODELLI DIREZIONALI

 

  • Il soggetto giuridico e le strutture legali d’impresa

 

SOGGETTO GIURIDICO: si intende il soggetto a cui fanno capo i diritti e le obbligazioni derivanti dall’esercizio dell’attività economica d’impresa.
L’attività aziendale può svolgersi :

  • In forma individuale dando luogo all’IMPRESA INDIVIDUALE
  • In forma collettiva dando luogo all’IMPRESA COLLETTIVA

 

IMPRESA INDIVIDUALE

IMPRESA COLLETTIVA (o SOCIETARIA)

    • Soggetto giuridico è rappresentato dalla singola persona;
    • assume diritti ed obbligazioni derivanti dallo svolgimento dell’attività;
    • risponde, oltre che con la ricchezza apportata in azienda anche con il proprio patrimonio personale;
    • in esse, il singolo imprenditore/proprietario riveste la figura di soggetto aziendale, limitando le eventuali collaborazioni a pochi individui;
    • Il ricorso a tale tipo di impresa si riscontra per l’esercizio di attività artigianali o imprese di piccole dimensioni.
    • Nelle forme collettive l’individuazione del soggetto giuridico rileva variamente in funzione delle differenti tipologie societarie;
    • Con questa denominazione,si vuole far riferimento a quelle iniziative inerenti progetti aziendali, per il cui perseguimento due o + soggetti (soci) si associano, conferendo la ricchezza adeguata;
    • Le motivazioni alla base dell’instaurazione di un simile tipo di società possono essere diverse:
  • In presenza di progetti aziendali che richiedono entità finanziarie consistenti,difficilmente nelle disponibilità di un singolo individuo, la forma societaria può favorire il finanziamento del progetto stesso, dividendo tra i partecipanti (soci) il carico finanziario ed il relativo rischio di impresa;
  • Alcuni esempi possono riguardare lo svolgimento di attività produttive per le quali è previsto obbligatoriamente l’esercizio in forme societarie tipologicamente determinate (attività assicurativa, bancaria…);
  • In altri casi può essere una mera convenienza fiscale a favorire la scelta della forma societaria;

 

Nel momento in cui l’imprenditore risulta affiancato da soggetti appartenenti al suo stesso nucleo familiare, si è in presenza della cosiddetta impresa familiare che continua ed essere un’impresa individuale in cui l’imprenditore rimane l’unico responsabile, mentre i collaboratori familiari prestano la loro attività in modo continuativo acquistando particolari diritti

Il codice civile precisa le tipologie societarie utili per l’esercizio dell’attività commerciale in forma collettiva che si distinguono in:
FORME SOCIETARIE PERSONALI:

  • costituite da quelle tipologie di società in cui la persona assume rilievo preminente nel senso di rappresentare il riferimento fondamentale sul piano giuridico;
  • in queste forme societarie risponde non solo la società ma anche le singole persone associate;
  • i soci possono essere chiamati a rispondere delle obbligazioni sociali con il proprio patrimonio personale (illimitatezza della responsabilità) ed anche al di là di quella che è la quota proporzionale di partecipazione alla società, ciò in conseguenza del vincolo di solidarietà che lega i differenti soci l’un l’altro.

Rientrano in tale tipologia di società:

    • SOCIETÁ IN NOME COLLETTIVO: è la forma + semplice di società utile per l’esercizio dell’attività commerciale. Pochi soci legati da vincoli di parentela e di forte fiducia, conferendo una ricchezza in misura libera (capitale sociale) danno origine ad una società delle cui obbligazioni rispondono tutti in via illimitata e solidale. I soggetti che entrano in contatto con tali società (fornitori, clienti…) oltre al capitale sociale rappresentato dalla ricchezza conferita dai soci in sede di apporto, hanno come ulteriore garanzia il patrimonio personale di tutti i soci.

 L’amministrazione spetta di diritto agli stessi soci che la possono esercitare disgiuntamente o congiuntamente. Si ha l’unione di POTERE DI COMANDO + POTERE VOLITIVO nelle stesse persone.

    • SOCIETÁ IN ACCOMANDITA SEMPLICE: presenta due differenti categorie di soci:
        • soci accomandatari: conservano la responsabilità illimitata e solidale e il diritto di amministrazione della stessa società;
        • soci accomandanti: si vedono limitata la responsabilità derivante dalle obbligazioni sociale alla sola ricchezza conferita. Essi non possono assumere la carica di amministratori, fungono sostanzialmente da finanziatori, limitando il rischio alle sole quote conferite in società. Il potere di comando rimane attribuito a tutti i soci, il livello direttivo inerente il potere di gestione non può che attribuirsi ai soli soci accomandatari escludendo con ciò i soci accomandanti.

FORME SOCIETARIE REALI (o di CAPITALI):

    • in cui prevale l’elemento reale del capitale;
    • si attua la spersonalizzazione della società stessa, nel senso che si dà vita ad un’entità giuridica con vita propria, distinta e separata dalle persone fisiche dei singoli soci: la responsabilità di quest’ultimi risulta limitata alla sola ricchezza conferita in società con esclusione del patrimonio personale.
    • Il ricorso a tali forme dovrebbe giustificarsi con fabbisogni finanziari mediamente più elevati rispetto a quelli determinati da progetti per i quali può rivelarsi adottabile una società di persone;
          • SOCIETÁ PER AZIONI costituisce il prototipo delle società di capitali, rivelandosi la tipologia societaria idonea per progetti aziendali che richiedono strutture aziendali di grande dimensione (capitale minimo di 120.000€).

La denominazione della forma societaria lascia intendere una suddivisione in quote denominate azioni (titoli indivisibile ed aventi taglio uguale che danno luogo sia a diritto patrimoniali sia a diritti non patrimoniali). La facile trasmissibilità delle azioni favorisce un continuo rinnovarsi dei soci, limitando il loro interesse ai diritti patrimoniali, sottoscrivendo AZIONI PRIVILEGIATE(es.AZIONI DI RISPARMIO) che danno diritto a  privilegi di tipo patrimoniale

 

 

Le forme adottabili per una società per azioni possono ricondursi a 3 sistemi:
SISTEMA TRADIZIONALE: la cui struttura si suddivide in:

  • assemblea degli azionisti: è l’assemblea dei proprietari delle azioni e quindi la proprietà societaria, costituisce l’organo volitivo a cui risulta giuridicamente attribuito il potere di comando;
  • consiglio di amministrazione: a cui si demanda il potere di gestione della società. La scelta di ogni amministratore dovrebbe derivare dall’individuazione di soggetti in possesso dei caratteri di managerialità o in termini di prestigio ed immagine, in modo da favorire una maggiore rappresentatività della società nei rapporti con l’ambiente esterno;
  • collegio sindacale: rappresenta l’organo di controllo della società. I componenti sono nominati dall’assemblea dei soci e hanno compiti di varia natura che possono sinteticamente ricondursi a funzioni di vigilanza sul rispetto delle norme di legge e di statuto e a funzioni di amministrazione. Il controllo contabile è attribuibile a un organo esterno.

 

 

 

SISTEMA DUALISTICO: è uno dei nuovi sistemi adottabili dalle Spa ed è suddiviso in 3 organi:

  • assemblea degli azionisti:rappresenta la proprietà, ma si vede spogliare del potere di comando a favore di altri organi (consiglio di sorveglianza);
  • consiglio di sorveglianza: ha funzioni sia di controllo non contabile che funzioni decisionali di livello strategico;
  • consiglio  di gestione: è l’organo amministrativo a cui spetta il compito di svolgere le operazione necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale (potere di gestione). Il controllo contabile è affidato a un soggetto esterno.

La società di revisione è obbligatoria per le società che fanno ricorso al mercato dei capitali.
SISTEMA MONISTICO: si articola in:

  • assemblea degli azionisti: mantiene le attribuzioni tradizionali;
  • consiglio di amministrazione: con attribuzione di compiti gestionali;
  • comitato per il controllo della gestione: con compiti di controllo di legalità e di corretta amministrazione.

Il controllo contabile è affidato a un soggetto esterno.
Nell’ambito delle società per capitali si riscontra la presenza de:

    • SOCIETÁ IN ACCOMANDITA PER AZIONI:

 per la quale possono ribadirsi le stesse considerazioni esposte per la società per azioni. Il principale elemento di differenziazione è rappresentato dalla doppia categoria di azionisti:
SOCI ACCOMANDATARI: responsabilità (illimitata e solidale) e devono assumere la carica di amministratori;
SOCI ACCOMANDANTI:responsabilità limitata nel caso dei soci accomandanti;

    • SOCIETÁ A RESPONSABILITÁ LIMITATA: 
      • nella quale tutti i soci assumono responsabilità limitatamente alla quota conferita in società.
      • Il capitale sociale (minimo fissato è di 10.000€) è rappresentato da QUOTE e AZIONI;
      • Si ad arra a società a carattere familiare o a società con assetti proprietari piuttosto ristretti;
      • L’amministrazione è affidata agli stessi soci.

FORME SOCIETARIE COOPERATIVE:

    • costituite da società dotate di personalità giuridica;
    • aventi scopo mutualistico, cioè che la finalità della società si rivolge a soddisfare i bisogni dei soci;
    • ci può essere un numero variabile di soci;
    • i soci possono assumere la RESPONSABILITÁ LIMITATA che quella ILLIMITATA  e SOLIDALE;
    • ogni socio ha diritto ad un solo voto;
    • vantaggi di ordine finanziario e di natura fiscale.

 

IN BREVE:

FORME COLLETTIVE

SOCIETÁ DI PERSONE

SOCIETÁ  DI CAPITALI

SOCIETÁ COOPERATIVE

Società in nome collettivo (snc);

Società per azioni (spA)

A responsabilità limitata;

Società in accomandita semplice (sas)

Società in accomandita per azioni (sapa)

A responsabilità illimitata

 

Società a responsabilità limitata (srl)

 

 

  • I modelli di governo aziendale

 

È possibile distinguere vari modelli,i cui tratti differenziali possono individuarsi principalmente in 2 elementi:

  • COMPOSIZIONE DELL’ASSETTO PROPRIETARIO;
  • STABILITÁ DELL’ASSETTO STESSO;

 

La combinazione tra POTERE DI COMANDO + POTERE DI GESTIONE (o DIREZIONALE) esprime il governo aziendale che tradizionalmente può ricondursi può ricondursi a differenti modelli di riferimento:

  • MODELLO PATRONALE:
    • (tipico in Italia) si riscontra in quei contesti con tessuto di imprese in cui la figura dell’imprenditore/ proprietario appare predominante e quindi l’assetto proprietario fortemente concentrato nelle mani di un unico individuo o nucleo familiare;
    • POTERE DI COMANDO + POTERE DIREZIONALE = nelle mani di uno o pochi individui;
    • Il management (se presente) è influenzato dalla presenza costante dell’imprenditore o della proprietà che si assume tutte le responsabilità di governo e di direzione dell’impresa, attribuendo agli amministratori solo deleghe di tipo esecutivo o ruoli collaborativi e propositivi;
    • Rara la possibilità di riscontrare modelli direzionali ideali (imprenditoriali/manageriali), soprattutto nelle aziende di grande dimensione;
    • Si può rilevare la presenza di assetti proprietari fortemente concentrati che consentono l’individuazione di un’identificazione tra la figura dell’azionista e l’impresa: ne derivano chiari effetti in termini di vincoli sul piano del reperimento dei mezzi finanziari, limitato dalle disponibilità della proprietà e del connesso dei capitali oltre allo scarso potenziali finanziario e a una carente integrazione con il mondo creditizio;
  • MODELLO PUBLIC COMPANY:
    • (tipico della realtà anglosassone) rivela un’impostazione secondo cui il capitale dell’azienda risulta frazionato tra numerosi azionisti, nessuno dei quali preminente o di riferimento, per cui quasi del tutto assente appare l’identificazione con l’impresa;
    • La partecipazione di investitori di varia provenienza si dirife essenzialmente più al conseguimento di risultati di redditività che alla volontà di detenere il “controllo” delle partecipate;
    • In tali contesti il valore delle azioni e del dividendo costituisce uno dei parametri economici chiave, favorendo conseguenti atteggiamenti di management che individua nella performance immediata il proprio valore guida, trovando il favore della massa degli azionisti;
    • ASSENZA DI CONDIZIONAMENTI SUL PIANO FINANZIARIO: favorita dalla possibilità di “finanziare” l’attività dell’impresa grazie al ricorso al mercato azionario e nel minor costo del capitale;
    • MANAGEMENT PARTICOLARMENTE QUALIFICATO E COMPETENTE la cui autonomia decisionale può risultare anche molto spinta conducendo a modelli direzionali di tipo manageriale;

 

  • MODELLO CONSOCIATIVO:
    • (modello tipico in Germania e Giappone);
    • è a metà strada tra la PUBLIC COMPANY e l’IMPRESA PADRONALE;
    • il capitale di tali imprese è detenuto in misura prevalente e generalmente duratura da un nucleo ristretto di azionisti (generalmente banche), nessuno con assoluta prevalenza rispetto agli altri;
    • è evidente l’effetto in termini di maggiore stabilità del potere di controlli e conseguenti benefici per le aziende;
    • benefici posso individuarsi nell’assenza di pressioni sul management che può operare liberamente favorendo politiche di investimento nel medio –lungo termine; valorizzazione di beni immateriali;
    • il comune interesse verso la continuità dell’impresa favorisce un’evidente condizione di stabilità;
    • si evita così il rischio di scalate ostili o di sconvolgimenti nell’assetto proprietario dell’azienda;
    • qui trova attuazione la configurazione imprenditoriale/manageriale con la presenza di complesse strutture organizzative con organi dagli specifici compiti che rafforzano lo spirito di appartenenza all’impresa e favoriscono la presenza di un efficace sistema di controlli incrociati;
    • ASPETTI NEGATIVI: rischio di burocratizzazione nell’adozione di atteggiamenti conservatori o eccessivamente prudenziali in campo strategico;
    • A livello italiano, tale modello si può riscontrare nel settore finanziario; istituti di credito e compagnie di assicurazione con assetti proprietari in cui risulta assente un unico azionista, ma un nucleo di 3 o 4 istituzioni finanziarie che condividono il potere di comando e assegnano compiti direzionali (MODELLI DIREZIONALE IMPRENDITORIALE/MANAGERIALE).

 

  • Le aggregazioni aziendali

Sono delle rappresentative di unioni tra + imprese, aventi carattere duraturo e finalità generalmente economica.

Le principali finalità che conducono alle forme aggregative si possono distinguere:

      • finalità esterne: nel momento in cui l’aggregazione è volta a favorire il controllo del mercato;
      • finalità interne: nei casi in cui l’aggregazione aziendale si dirige a razionalizzare l’ordinamento e la gestione dell’impresa;

 

Sul piano aziendale, le esigenze tecniche delle moderne attività produttive comportano la necessità di uno sviluppo dimensionale dell’impresa con conseguenti specializzazioni funzionali, che o la grande dimensione o la formazione di aggregazioni fra imprese consentono di realizzare. In tali situazioni si è in presenza di vere e proprie integrazioni fra i processi aziendali delle varie imprese, mediante azioni di potenziamento delle singole economie combinate.
È possibile distinguerle in :

  • INTEGRAZIONI ORIZZONTALI: in cui è possibile distinguere combinazioni in cui l’attività produttiva delle imprese partecipanti è similare. Tali integrazioni sono riconducibili ad aggregazioni di imprese operanti sullo stesso piano produttivo;
  • INTEGRAZIONI VERTICALI: in cui le imprese partecipanti si trovano su differenti livelli di un processo produttivo. ( es. Settore metallurgico in cui la materia prima ottenuta dall’impresa estrattiva risulta sottoposta alle varie lavorazioni passando attraverso diverse aziende);

 

MOTIVAZIONI:

  • ECONOMICHE;
  • EXTRA – ECONOMICHE.

Esistono inoltre nelle aggregazioni aziendali:

  • ACCORDI DI PARTECIPAZIONE: hanno lo scopo di tutelare gli interessi delle imprese associate nei confronti di tutte le altre parti sociali;
  • GRUPPI AZIENDALI: rappresentano la forma aggregativa i cui vincoli assumono a livello massimo mantenendo autonomia sul piano giuridico, dipendono dallo stesso soggetto economico.

 

  • Le tipologie di aggregazione aziendale

Si possono distinguere in:

AGGREGAZIONI INFORMALI

AGGREGAZIONI FORMALI

Trovano origine nei rapporti economico – finanziari esistenti tra diverse aziende, che non si fondano sulla presenza di un formale accordo;

in cui la definizione dell’accordo si basa sulla presenza di un negozio formale atto ad identificare gli elementi costitutivi dello stesso;

Tali rapporti non rivestono caratteri stabili potendo ricondursi a diverse motivazioni:

sono aggregazioni a carattere transitorio, rivolte alla ricerca delle imprese partecipanti di soluzioni adeguate ai problemi gestionali o alla possibilità di sfruttare favorevolmente occasioni di sviluppo;

    • Nei casi in cui alcune imprese hanno la capacità di influenzare altre imprese più piccole;

si crea spesso una struttura organizzativa autonoma, a cui si assegna il compito dei progetti e il rispetto degli obblighi assunti dalle singole aziende partecipanti;

    • Nel caso di rapporti aventi natura finanziaria, le operazioni di finanziamento mediante prestiti operati da un’impresa a favore dell’altra, possono trasformarsi in motivo di influenza sulle scelte dell’impresa debitrice;

 

In tale ambito si possono considerare i cosiddetti gentlemen’s agreements, rappresentativi accordi che si stringono fra  più imprese senza alcuna formalizzazione, fondandosi sulla fiducia personale ed affidabilità dei partecipanti.

Rientrano in tale ambito:
ASSOCIAZIONI DI PARTECIPAZIONE: in base alle quali più aziende si associano transitoriamente per l’esercizio congiunto di una singola operazione o di più operazioni svolte in un determinato intervallo di tempo. L’autonomia dei partecipanti è limitata esclusivamente dall’oggetto del rapporto associativo e dalle modalità previste per la determinazione e la ripartizione dei risultati. Es. Joy ventures: + imprese che mettono in comune determinati fattori produttivi al fine di sviluppare congiuntamente ed entro un tempo limitato una determinate attività.
CARTELLI: intese tra + imprese di uno stesso settore, sorte al fine di limitare la concorrenza, regolando la produzione o il controllo dei prezzi o ancora le politiche di vendita.
CONSORSI: rappresentativi di accordi tra una pluralità di imprese che, mediante una organizzazione comune, disciplinano o svolgono determinate fasi della loro attività. Serve per favorire attività collaborative che permettono di superare i limiti insiti nelle singole combinazioni produttive.
AFFITTO DI AZIENDA: trasferimento in locazione di tutto il patrimonio di un soggetto all’affittuario che paga per ciò un canone annuo fisso o variabile commisurato ai ricavi o ai risultati gestionali.
VENDITA E AFFITTO: un’impresa vende alcune o tutte le sue attività ad un’impresa finanziaria, stipulando contestualmente con la stessa un contratto di affitto che le consente l’uso dei beni per un periodo di tempo generalmente lungo (20 – 30 anni), riuscendo perciò ad ottenere un finanziamento vantaggioso derivante dalla vendita e continuando a svolgere l’attività produttiva.

 

  • I gruppi  aziendali

 

Nell’ambito delle aggregazioni definite formali, un ruolo preminente deve essere sicuramente riservato ai cosiddetti gruppi aziendali

 

 

 

Il concetto di partecipazione deriva dall’acquisizione da parte di un’impresa delle quote o azioni del capitale di rischio di altre imprese, delle quali diviene praticamente socio. L’impresa che detiene le quote si denomina partecipante, la società il cui capitale di rischio è detenuto parzialmente o totalmente dalla partecipante si denomina partecipata.
Tale concetto di partecipazione si connette direttamente con quello di controllo, cioè con la possibilità di esercitare il potere di comando nella società partecipata.
Le singole partecipazioni possono assumere consistenza differente dando luogo a distinzioni di controllo:

  • detenzione della totalità o maggioranza dei diritti di voto (controllo di diritto);
  • detenzione di diritti di voto sufficienti ad esercitare una influenza dominante (controllo di fatto): questo trova espressione differente a seconda delle singole situazioni:
  • in contesti societari con assetti proprietari fortemente frazionati (public company) può essere sufficiente anche una partecipazione del 15 – 20% per esercitare un’influenza dominante;
  • in società con assetti proprietari ristretti anche la detenzione di una quota pari al 40 -45% può non essere sufficiente per determinare il controllo;
  • questo controllo può derivare anche da rapporti di tipo non patrimoniale, connessi a vincoli contrattuali o economici.
  • detenzioni di diritti di voto sufficienti ad esercitare un’influenza notevole (collegamento).

Il gruppo aziendale si realizza mediante legami patrimoniali che vincolano una pluralità di imprese ad un medesimo soggetto economico ( società controllante) che domina:

  •  di diritto                    società capo gruppo o società holding;
  • di fatto                        società controllate

Il controllo può avvenire anche indirettamente mediante la presenza di partecipazioni “a cascata”: tale controllo si attua nel momento in cui la società A controlla una società B che a sua volta detiene il controllo di una terza società C; in tale si dirà che la società A (holding – capo gruppo) controlla direttamente B ( sub – holding o società intermedia) e indirettamente C.

 

Le strutture di gruppo sono riconducibili a 3 schemi principali:

  • struttura semplice: quando una società capo –gruppo controlla o domina direttamente un certo numero di altre società;
  • struttura complessa :quando la capo – gruppo ha partecipazioni di controllo diretto che gli consentono di operare anche un controllo su altre società;
  • struttura a catena: si ha in quelle situazioni di partecipazione reciproca tra 2 o + imprese o combinazioni di controllo indiretto nel controllo reciproco (partecipazioni circolari).

I percorsi che possono portare alla costituzione di un gruppo sono variegati:

  • acquisto di una partecipazione nel capitale di un’impresa già esistente;
  • creazione ex –novo di una unità produttiva giuridicamente distinta;
  • scorporo di una parte dell’azienda o di un suo ramo di attività;
  • costituzione di un’apposita società capo –gruppo alla quale + imprese affidano la direzione del gruppo;

 

MOTIVAZIONI:

  • il gruppo aziendale costituisce una formula valida per la risoluzione di problemi di natura strutturale dell’attività produttiva delle imprese costituenti il gruppo con conseguente migliorante degli equilibri aziendali.
  • È opportuno distinguere quelle situazioni:
    • in cui la situazione del gruppo genera una vera e propria unità economica (gruppi economici);
    • da quei casi in cui la nascita del gruppo deriva solo da ragioni finanziarie o di altra natura (gruppi finanziari);
  • Ci sono anche situazioni miste in cui si possono individuare + sottogruppi economici, cioè insiemi di imprese operanti in settori differenti, riuniti tra loro dal legame finanziario di una holding finanziaria.

 

  • Le altre forze personale dell’azienda

Il riferimento è a tutti coloro che collaborano con l’imprenditore per il buon funzionamento dell’azienda .
È possibile riscontrare in tal caso diversi livelli:

 

 

 

 

  • Produttività e remunerazione del fattore lavoro

Si cerca di individuare soggetti che teoricamente dovrebbero assicurare l’espletamento efficace ed efficienti dei compiti assegnati.
È rilevante il concetto di produttività = cioè il rendimento derivante dal rapporto tra effetto utile connesso all’impiego del fattore e quantità impiegata del fattore stesso.

 

 

Il rendimento della forza lavoro operante nell’azienda dipende da fattori soggettivi (qualità fisiche, morali, professionali) che da fattori soggettivi ( remunerazione, salubrità del posto di lavoro, controllo sulla quantità e qualità del lavoro…).
Dal punto di vista delle remunerazioni di tipo economico si ricordano le forme tipiche:

  • Retribuzione: a seconda del personale impiegatizio o operaio assume la denominazione di stipendio e salario che possono essere:
  • In misura fissa;
  • In misura variabile (legate alla quantità di lavoro prestata): essa è legata inoltre all’andamento aziendale, nel senso che la remunerazione crescerà in presenza di risultati aziendali positivi.
  • posizione previdenziale: atta a garantire al lavoratore dipendente la pensione al momento in cui cesserà di svolgere l’attività lavorativa. Tipici riferimenti del livello retributivo sono rappresentati dai seguenti fattori:
  • contrattazione collettiva;
  • retribuzione media esistente;
  • capacità retributiva dell’azienda;
  • apprezzamento delle qualità e capacità del personale
  • sviluppi di carriera: cioè le politiche di incentivazione basate su sistemi remunerativi atti a motivare e trattenere i lavoratori presso l’azienda.

 

Anche gli aspetti extra – economici caratterizzano il fattore lavoro

 

 

 


CAPITOLO III: LA COMPONENTE MEZZI

La vita dell’azienda è scandita da diverse tappe:

  • istituzione = cioè nascita dell’azienda;
  • funzionamento = fase in cui l’azienda vive, cresce e si sviluppa: è una fase rivolta allo svolgimento dei processi produttivi, grazie al cui regolare fluire l’azienda produce e distribuisce ricchezza; *
  • cessazione: fase conclusiva del processo aziendale

 


* La fase di funzionamento si connette con l’amministrazione aziendale à con quella parte del governo aziendale, consistente nella conduzione delle operazioni e nello svolgimento di ogni altra attività necessaria a tal fine.
Tale amministrazione si compone di 3 settori interdipendenti:

  • ORGANIZZAZIONE: parte dell’attività amministrativa rivolta alla definizione della struttura aziendale in funzione delle finalità aziendali e delle mutevoli condizioni in cui ogni impresa si trova ad operare;
  • *GESTIONE: processo vitale riguardante la combinazione e lo svolgimento delle varie operazioni aziendali;essa risulta tradizionalmente articolata in 2 processi aziendali:
    • Processi tecnici: riguardano la specifica attività di produzione nei suoi aspetti tecnici;
    • Processi amministrativi:riflettono l’economia dei processi tecnici di produzione e la sostanza economica delle operazioni aziendali.
    • L’insieme dei processi TECNICO – AMMINISTRATIVI comprende:
  • acquisizione dei fattori produttivi;
  • combinazione dei fattori produttivi;
  • esecuzione del processo lavorativo;
  • ottenimento dei prodotti;
  • vendita dei prodotti.
  • RILEVAZIONE: complesso delle determinazioni quantitative, monetarie e non che favoriscono la razionalità delle decisioni amministrative.

 

*Nell’ambito delle varie operazioni gestionali è possibile cogliere 2 aspetti:

La stretta dipendenza dei due aspetti è confermata dal fatto che un’operazione finanziaria non solo dà origine ad operazioni economiche, ma rivela di per sé effetti economici che interessano i processi di produzione.

 aspetto finanziario : che nasce dall’esistenza della moneta e del credito che vale a dare espressione quantitativa a tutte le operazioni aziendali;
- aspetto economico: si collega con gli impieghi finanziari per l’acquisizione dei fattori produttivi e dei servizi atti allo svolgimento dell’attività produttiva di ogni altra operazione di utilizzo dei fattori produttivi stessi.

 

      • Concetto di utilità e di mezzo aziendale

Ai fini dello svolgimento dell’attività produttiva aziendale risulta necessaria l’acquisizione degli opportuni mezzi (= fattori o risorse) atti ad dotare l’azienda dell’adeguata struttura funzionale.
 

 

 

Di ogni fattore con l’utilità economica di tutti gli altri fattori di cui l’azienda si dota;

 

È riferita alla compatibilità con l’attività aziendale in cui il mezzo è impiegato, nel senso di strumentalità dello stesso ai fini del raggiungimento delle finalità aziendali da intendere in senso tecnico e/o economico.

 

UTILITÁ ECONOMICA
 

 

 


Nel caso di mezzi

  • la cui utilità economica si esaurisce totalmente con un unico atto produttivo si parlerà di fattori a fecondità semplice ( materie prime, combustibili…);
  • laddove il mezzo è suscettibile di essere utilizzato più volte, distribuendo la sua utilità in ripetuto atti produttivi si parlerà di fattori produttivi a fecondità ripetuta (es. fabbricati, impianti macchinari, attrezzature…).

In sintesi si possono definire mezzi aziendali tutti quei fattori/risorse che presentano:

  • UTILITÁ ECONOMICA PROPRIA: compatibile con l’attività produttiva specifica e strumentale ai fini della realizzazione degli obiettivi a cui si riferisce la relativa destinazione;
  • NESSO DI COMPLEMENTARIETÁ: nel senso di attitudine di ogni singolo fattore a cedere l’utilità posseduta in combinazione con altri fattori generando un positivo effetto combinatorio;

i mezzi aziendali con ogni utilità economica suscettibile di essere utilizzata nell’ambito del processo aziendale possono distinguersi:

  • UTILITÁ CONNESSA  a fattori materiali;
  • UTILITÁ CONNESSE A FATTORI IMMATERIALI GIURIDICAMENTE TUTELATI (ES. brevetti, marchi, concessioni…);
  • UTILITÁ CONNESSE A FATTORI IMMATERIALI A LORO VOLTA ARTICOLABILI IN:
  • risorse tangibili (promozione, ricerca, sviluppo, organizzazione…);
  • risorse umane (prestazioni lavorative);
  • servizi.

Le relative modalità di acquisizione di tali utilità si possono individuare nelle seguenti formule:

      • conferimento: apporto di beni e/o fattori da parte dei soggetti proprietari dell’impresa;
      • acquisizione dall’esterno: consistente nell’acquisto operato da terze economie di mezzi materiali e immateriali variamente connessi a diritti e/o servizi;
      • produzione interna :cioè ottenimento di specifiche utilità economiche mediante un percorso che favorisce la dotazione di fattori materiali e/o immateriali derivanti dallo svolgimento di un processo combinatorio;
      • autogenerazione: generazione di utilità favorita dagli effetti combinatori dei precedenti mezzi.

 

Nell’ambito produttivo è possibile distinguere tra FATTORI GENERICI e FATTORI TECNICI

 

Sono tutte quelle utilità che solo potenzialmente costituiscono un fattore tecnico di produzione dell’azienda.

 

Sono tutte quelle utilità necessarie allo svolgimento strettamente produttivo dell’azienda

  

 


      • Le fonti di finanziamento
        • Le fonti da cui attingere la ricchezza necessaria per l’acquisizione dei mezzi si trovano primariamente nei proprietari dell’azienda: in tal caso, la ricchezza sarà conferita sotto forma di mezzi monetari ossia fattori generici che rappresentano una fonte di derivazione propria (capitale proprio);
        • la ricchezza può derivare anche dal ricorso al capitale di prestito o di credito (= finanziamento indiretto o diretto di soggetti terzi all’azienda):si parlerà di capitale di terzi identificabile nei debiti dell’azienda connesse a somme di denaro ricevute in prestito e da restituire ad una data scadenza :
  • per operazioni di vero e proprio finanziamento diretto : DEBITI DI FINANZIAMENTO: quando l’azienda riceve da terzi mezzi finanziari da impiegare per l’acquisto dei fattori produttivi. La durata può variare da brevi a lunghi periodi (come nel caso dei mutui)
  • per operazioni di dilazione della data di pagamento o finanziamento indiretto : DEBITI DI FORNITURA o di FUNZIONAMENTO : riguarda la possibilità di acquisire fattori produttivi dai fornitori, facendo ricorso al credito eventualmente concesso dagli stessi, anziché pagare per contanti. La durata è breve (entro 12 mesi). Esse sono delle forme indirette di finanziamento.

 

      • La misurazione delle utilità economiche: le quantità monetarie

 

La sfera finanziaria deve dare espressione quantitativa a tutte l operazioni aziendali  e trova essenziale riferimento nel:

Valori numerari certi: poiché è sufficiente la semplice enumerazione delle quantità di monete esistenti per pervenire alla sua misurazione

  



denaro

 

 

Quantità monetarie rappresentative di valori

 

Essi a differenza del denaro, sono sempre valori numerari, ma poiché si connettono ad eventi futuri e alla relative incertezze che possono tradursi in mancate riscossione o in esborsi inferiori, si definiscono:

  • Valori numerari assimilati (crediti e debiti di funzionamento);
  • Valori nominali ( crediti e debiti di finanziamento);
  


crediti

Si parla di
VALORI FINANZIARI

 debiti

 

 

 

Tali valori possono avere delle :
variazioni positive: quando si ha un incremento della consistenza di cassa o dei crediti o una diminuzione dei debiti;

Variazioni finanziarie attive:                                                +denaro
                                               +crediti
                                               - debiti

  

 

 


Variazioni negative (o passive): quando si è in presenza di un decremento della consistenza di cassa o dei crediti e di un aumento dei debiti;

Variazioni finanziarie passive:                                                         - denaro
                                               - crediti
                                               + debiti

  

 

 


La sfera finanziaria permette di dare espressione monetaria anche alla sfera economica, ossia a quella parte delle operazioni che si collega con gli impieghi dei mezzi finanziari per l’acquisizione dei fattori produttivi e dei servizi per lo svolgimento dell’attività produttiva.
Ne discende che gli impieghi di mezzi finanziari, segnati dalle relative variazioni finanziarie passive danno origine a costi.
La fase terminale del processo produttivo aziendale, cioè la vendita dei prodotti, comporta la presenza di variazioni finanziarie attive che vengono assunte come misure monetarie (valori) dell’operazione di vendita: a tali valori si riserva la denominazione di ricavi.

 

      • La dinamica economico – finanziaria dei mezzi aziendali

La fase iniziale di ogni azienda necessita di una dotazione iniziale di ricchezza per consentire il reperimento dei mezzi aziendali necessari per lo svolgimento dell’attività produttiva: la ricchezza conferita dall’imprenditore sotto forma di mezzi monetari = è il capitale proprio di apporto.

L’insieme dei mezzi e delle fonti costituisce il capitale dell’impresa corrisponde all’equazione:

A = P+N

  

 


A= struttura aziendale ;
P+N= fonti (proprie e di terzi) da cui la stessa discende;
N= all’inizio costituito solo da mezzi finanziari derivanti da fonti proprie.

Prima di costituire un’impresa, è opportuno seguire uno studio approfondito per considerare tutti gli aspetti determinanti ai fini della realizzazione del progetto aziendale, sia in termini tecnico – produttivi, sia in termini di disponibilità economico – finanziarie.

1° PASSO: assolvimento di obblighi giuridici e fruizione di servizi strettamente connessi all’avvio dell’azienda (oneri legali, consulenze, indagini di mercato, campagne promozionali;
2° PASSO: acquisizione di fattori esterni (stabilimenti, impianti, macchinari, materie prime…);
3° PASSO: acquisizione del fattore lavoro dipendente destinato sia alla funzione produttiva che a quella amministrativa.
4°PASSO: È ovvio che al crescere delle esigenze aziendali in termini di fattori produttivi cresce il correlato fabbisogno finanziario necessario per la loro acquisizione, che non sempre è coperto dalla dotazione iniziale conferita dal soggetto aziendale: è per questo motivo che alcuni fattori produttivi posso essere acquistati facendo ricorso a quello che è denominato capitale di terzi, cioè debiti di finanziamento e debiti di funzionamento.

L’insieme dei fattori/utilità economiche acquisite dall’azienda, compreso il fattore lavoro, al fine dello svolgimento dell’attività produttiva è detto CAPITALE LORDO.
A esso si contrappongono le fonti di finanziamento di varia natura (proprie e di terzi) che hanno favorito l’acquisizione delle dotazione aziendale, per cui solo la parte che non è gravata da debiti può considerarsi proprietà dell’imprenditore e dei soci ed è detto CAPITALE NETTO.

Una volta acquisiti i fattori produttivi può avere inizio la vera e propria attività di funzionamento aziendale che si concreta nella combinazione dei fattori produttivi con conseguente trasformazione da cui derivano i prodotti.
Data una dotazione iniziale di utilità acquisite, i conseguenti consumi totali o parziali delle singole utilità acquisite danno vita all’ottenimento di un’utilità economica complessa, rappresentata dai prodotti.

Fattori produttivi ® Consumi ® Utilità complesse

il valore dei prodotti è economicamente maggiore della semplice sommatoria delle stesse utilità consumate ed è detto valore aggiunto.
La vendita dei prodotti finiti rappresenta la fase conclusiva del processo produttivo aziendale che risulta pertanto composto dalle seguenti fasi:

  • acquisizione utilità;
  • combinazione utilità;
  • esecuzione del processo lavorativo;
  • ottenimento del processo lavorativo;
  • vendita utilità complesse

 

a completare il ciclo dovrebbe derivare l’incremento dei mezzi finanziari: le risorse finanziarie ottenute consentono:

  • il proseguimento dell’attività aziendale attraverso il loro reimpiego in nuove acquisizioni di fattori favorendo l’alimentazione di un nuovo processo produttivo e conseguente sviluppo di processi aziendali con un

 

Che consentono una costante rotazione tra mezzi finanziari e mezzi economici

 continuo rinnovo di acquisizioni,
combinazioni,
ottenimento di prodotti
vendita

 

Lo svolgimento del processo produttivo si sviluppa secondo un percorso in cui si genera un continuo interscambio tra zona finanziaria e zona economica del capitale dell’impresa

  

 


La composizione delle fonti di finanziamento deve basarsi su criteri razionali e decisioni adeguate, nel senso che la struttura degli indebitamenti deve comporsi  sincronizzarsi con i tempi medi di ritorno degli impieghi.
Al fine di consentire il raggiungimento dell’equilibrio aziendale, è necessario che la rotazione mezzi finanziari/mezzi economici/mezzi finanziari assicuri nella fase terminale del ciclo una produzione di ricchezza in grado non solo di recuperare i consumi dei fattori impiegati al fine di ottenere l’utilità complessa, ma anche un’ulteriore ricchezza che nell’insieme costituisce il valore generato dall’attività aziendale.

      • La formazione del reddito di impresa: il reddito totale

 

 

Denota un andamento positivo dell’azienda, nel senso che la combinazione produttiva avviata ha favorito la produzione di ricchezza e si parla di

Reddito totale (Rt):
Rt = Cf>Ci

 La sezione dei mezzi aziendali dovrebbe essere interamente rappresentata da mezzi finanziari che serviranno primo ad estinguere debiti ancora presenti. Solo a quel punto la struttura del capitale contrapporrà la sezione dei mezzi finanziari residui alla sezione delle fonti ancora da estinguere rappresentate dal capitale netto. Confrontando questa ricchezza finale con la ricchezza inizialmente conferita al momento della costituzione si potrà desumere se l’andamento riferibile all’intera vita dell’azienda ha prodotto un incremento o un decremento
 


Reddito = indica il risultato aziendale riferibile al soggetto che ha immesso nell’impresa il capitale iniziale.

Si rende opportuno procedere ad una serie di operazioni rivolte ad un calcolo di normalizzazione e ad una verifica di congruità economica.

CALCOLO DI NORMALIZZAZIONE: tale fase si articola in 2 distinte operazioni:

  • serve per rendere omogenee le due unità monetarie che esprimono le grandezze a confronto (capitale finale e capitale iniziale), nel senso cioè che le variazioni del potere di acquisto della moneta eventualmente intercorse nel periodo di tempo che divide la costituzione dell’azienda dalla sua cessazione, devono essere annullate adottando adeguati coefficienti di svalutazione o rivalutazione;
  • per considerare eventuali ulteriori immissioni di capitali operate dalla proprietà durante la vita dell’azienda, così come di eventuali prelevamenti di utili o diminuzioni di capitale effettuate durante il funzionamento.

 

VERIFICA DI CONGRUITÁ ECONOMICA
Occorrerà verificare se la differenza incrementativi riscontrabile dal confronto sia rappresentativa di una semplice eccedenza o di una eccedenza per remunerare congruamente il capitale inizialmente conferito dalla proprietà. Si parla di remunerazione del capitale conferito in quanto fino a questo punto tutti i fattori impiegati dall’azienda durante l’attività aziendale, espressi dai costi di acquisizione e di utilizzazione, dovrebbero aver trovato remunerazione, nel senso di copertura mediante i ricavi di vendita.
Il fattore denaro ricevuto da terzi a titolo di capitale di prestito dovrebbe essere remunerato dagli interessi connessi che l’azienda ha corrisposto ai finanziatori.
Rimane ancora privo di compenso il fattore denaro quale capitale apportato dall’imprenditore al quale deve spettare la conseguente remunerazione riferita all’intero periodo di vita dell’azienda.
Le risorse finanziarie (fattori generici) apportate dalla proprietà, non presentando un costo per la loro acquisizione, comportano il sorgere di un onere figurativo di cui tenere conto.

Reddito totale = non è solo una semplice eccedenza del capitale, ma è necessario che l’eccedenza sia di misura tale da aver reso conveniente l’investimento operato nel capitale di rischio dell’azienda per tutti gli anni di durata della vita aziendale.

 

 A tal fine, è utile il ricorso al concetto di costo opportunità = inteso come misura del sacrificio derivante dalla rinuncia generale dalla scelta di investimento: mediante tale concetto si valuta qual è il rendimento eventuale a cui si è rinunciato, nel momento in cui si è deciso di investire il capitale costituendo l’azienda, anziché operare un investimento alternativo.
Il rendimento derivante dall’investimento operato in azienda risulterà conveniente nel momento in cui risultasse superiore al rendimento derivante dall’investimento alternativo a cui è rinunciato per procedere appunto alla costituzione dell’azienda.

Nel momento in cui un investimento connesso al conferimento di capitale di rischio in un’azienda risultasse inferiore al rendimento connesso a tale parametro, l’investimento nell’impresa si rivelerà non conveniente e quindi svantaggioso per l’investitore.

      • La formazione del reddito d’impresa: risultato di periodo e reddito di esercizio

 

Per poter capire se si è prodotta ricchezza, è necessario valutare ad intervalli di tempo brevi , favorendo così la possibilità di intervenire con adeguati correttivi ed accorgimento sia nel caso di andamenti non soddisfacenti, sia in presenza di andamenti positivi che possono essere ulteriormente migliorati; senza contare poi quei casi in cui la conoscenza tempestiva di andamenti negativi irreversibili può favorire la cessazione anticipata dell’impresa che risulta meno dannosa di cessazioni aziendali generate da disfunzione con liquidazioni forzate in applicazione di procedure concorsuali.
A ciò non sono interessati solo i proprietari, ma anche altre categorie di soggetti (finanziatori, lavoratori,fornitori…). Inoltre, esiste anche un obbligo di legge che impone a tutte le imprese la redazione del cosiddetto bilancio di esercizio
 

 


Per procedere alla determinazione periodica di tale andamento si suole far riferimento a singoli intervalli di tempo,denominati periodi amministrativi = la cui durata coincide con 12 mesi dell’anno solare. Entro tali intervalli di tempo si sviluppa il complesso delle operazioni gestionali che si denomina esercizio: ne deriva che si determina il risultato periodico denominato reddito di esercizio.
È opportuno segnalare che il risultato di periodo deriva in buona parte da determinazioni soggettive, connesse a stime, giudizi e apprezzamenti da parte di chi procede al relativo calcolo.

      • La determinazione del reddito di esercizio nella sua correlazione con il capitale di funzionamento

 

I fattori acquisiti dall’azienda generano la produzione di incremento solo nel momento in cui, risultando utilizzati in combinazione, cedono l’utilità posseduta favorendo l’ottenimento del prodotto e la successiva vendita.
Nel momento in cui il funzionamento aziendale risulta suddiviso in + periodi amministrativi, le utilità acquisite dall’azienda in un dato esercizio possono anche rimanere temporaneamente inutilizzate, in attesa di impieghi successivi (rimanenze attive): in tal caso, esso continuerà a mantenere la propria connotazione economica, senza contribuire per il momento all’incremento del capitale.

 

Tale utile determina l’incremento del capitale netto che risulta costituito dal capitale di apporto + dall’incremento in questione.
Può essere destinato a:

  • alla distribuzione (sotto forma finanziaria), al proprietario o ai soci, comportando in tal caso, dal lato dei mezzi, una diminuzione delle risorse finanziarie disponibili e dal lato delle fonti, una diminuzione del capitale proprio;
  • all’impiego all’interno dell’azienda (reinvstimento)
 Alla fine di ogni processo produttivo il capitale di funzionamento (mezzi  e fonti di finanziamento) modificato rispetto alla fase di partenza nel senso che alcuni mezzi aziendali avranno già svolto la loro funzione cedendo l’utilità incorporata e contribuendo al relativo incremento denominato = utile
 

 


Nella sezione dei mezzi, il completamento del ciclo completa la rotazione con il ritorno sotto l’originaria forma finanziaria dei mezzi stessi che si uniscono a quelli non ancora utilizzati incorporando l’utilità residua da cedere.
Il calcolo del consumo dei fattori produttivi è da correlare alla ricchezza realizzata che debba basarsi sul necessario mantenimento dell’integrità economico – finanziaria del capitale, ossia della capacità della combinazione produttiva di favorire l’invarianza del valore del capitale mediante l’effetto reintegrativo generato dalla ricchezza realizzata (ricavi).
Bisogna tener conto di diversi problemi riconducibili a:

  • possibili variazioni dei prezzi di scambio dei fattori produttivi che del potere d’acquisto della moneta;
  • necessità di considerare il valore che la residua utilità economica rivela nell’ambito di una combinazione produttiva che risulta collocata nell’ambito del + ampio sistema aziendale.

Ai fini della rappresentazioni gestionale periodica di impresa si combinano 2 processi di misurazione/valutazione intimamente interconnessi riconducibili a:

  • RAPPORTO tra UTILITÁ CONSUMATE e RICCHEZZA prodotta nel periodo amministrativo considerato;
  • DETERMINAZIONE DEL VALORE attribuibile alle utilità residue ancora da utilizzare ai fini dello svolgimento della combinazione produttiva;

ogni INCREMENTO/DECREMENTO della dotazione patrimoniale dell’impresa deriva dalla congiunta considerazione:

    • della correlazione tra utilità consumate e ricchezza realizzata;
    • effetti derivanti dal processo valutativo volto ad attribuire razionali valori economici alle utilità/fattori suscettibili di ulteriore utilizzo.

 

STRUTTURA DEL CAPITALE

MEZZI (A)

FONTI DEI MEZZI (N+P)

ZONA FINANZIARIA:

  • denaro;
  • crediti di funzionamento
  • crediti di finanziamento

FONTI PROPRIE

  • capitale di apporto;
  • utile di esercizio.

ZONA ECONOMICA:

  • fattori produttivi a fecondità semplice:
    • materie prime;
    • utilità acquisite (fattore lavoro e beni immobili di terzi);
  • fattori produttivi a fecondità ripetuta:
    • spese di contribuzione;
    • fabbricati;
    • impianti;
    • macchinari

FONTI DI TERZI:

  • debiti di funzionamento;
  • debiti di finanziamento

 

Crediti e debiti sono fonte di incertezza perché:

  • il fatto che al momento di una vendita di un prodotto aziendale il regolamento anziché avvenire per contanti, può essere operato a dilazione, comporta il differimento nel tempo della effettiva riscossione;
  • nel momento in cui si è in presenza di crediti e debiti espressi in moneta non di conto (moneta estera) poiché in tali casi all’incertezza riguardante il grado di esigibilità, si aggiunge l’incertezza riguardante le previsioni del cambio in base alla quale scadenza i valori saranno convertiti in moneta di conto.

 

      • L’incidenza dei fattori produttivi nella formazione del reddito periodico d’impresa.

L’INCIDENZA DEI FATTORI PRODUTTIVI MATERIALI A FECONDITÁ SEMPLICE: LE RIMANENZE ATTIVE DI MAGAZZINO

I fattori a fecondità semplice ( materie prime, materiali di consumo…) hanno l’attitudine a cedere l’utilità posseduta nel momento stesso in cui risultano utilizzati nel processo produttivo, permanendo in azienda per tempi tendenzialmente brevi, favorendo un rapido rigiro finanziario.
Avendo come riferimento un dato intervallo temporale, può accadere che i fattori acquisiti entro tale periodo possano risultare non ancora utilizzati ( rimanenze di magazzino) alla chiusura del periodo stesso, perciò si rende necessario misurare quanta parte dei fattori acquisiti è stata utilizzata, in modo da poter correttamente attribuire al periodo in questione solo i consumi dei fattori acquisiti, che hanno favorito la produzione di ricchezza, mediante il conseguimento di ricavi.
Pertanto, il contributo che le merci hanno offerto alla formazione del risultato di periodo è rappresentato dal cosiddetto costo di utilizzazione (Cu) che deriva dalla differenza tra valori riferiti a fattori assunti in carico dall’azienda (ΣCa) in un dato periodo e valori connessi alla eventuale rimanenza dei fattori assunti in carico (Raf).

 

Costo di utilizzazione (Cu) = costi di acquisizione (ΣCa) – rimanenze finali ( Raf)

Il ragionamento per le merci può valere anche nell’ambito delle aziende di produzione industriale il percorso risulta maggiormente complesso: i beni acquisiti in forma grezza (materie prime), subiscono un apposito trattamento, a livello di lavorazione, ai fini dell’ottenimento di un output finale variamente elaborata (prodotto finito).
Bisogna distinguere i fattori a fecondità semplice in ragione dello stato di avanzamento del processo di trasformazione, poiché nella realtà operativa accade normalmente che nel momento in cui giunge la chiusura di un dato periodo amministrativo, si possono presentare differenti situazioni in funzione del grado di lavorazione subito dai fattori stessi e cioè:

  •  laddove in presenza di fattori che rivelano la forma grezza del momento della loro acquisizione di materie prime;
  • In presenza di completamento del processo di trasformazione si parlerà di prodotti finiti;
  • A livello intermedio è a fattori per i quali l’iter di trasformazione non è ancora completato si parlerà di semilavori o prodotti in corso di lavorazione.

 

Il problema è costituito dal valore assegnabile ai fattori ai diversi gradi di lavorazione, in quanto è evidente che i trattamenti lavorativi progressivamente operati sulle materie prime consentono di combinare tante singole utilità semplici, per pervenire ad un’unità complessa che incorpora il maggior valore connesso alla validità della combinazione stessa.
Ai fini del calcolo di utilizzazione, sorgerà l’esigenza di considerare congiuntamente gli utilizzi connessi ad altri fattori produttivi che contribuiscono tecnicamente al processo di fabbricazione.
È come se l’impiego tecnico, favorisse una sorta di trasferimento delle utilità semplici,contenute nei singoli fattori, nell’ambito di un fattore rappresentativo di un’utilità complessa (prodotto finito).
Le rimanenze in magazzino risultano costituite sia da utilità economiche singole connesse a fattori acquisiti non ancora utilizzati sul piano tecnico ed economico, sia da utilità economiche singole che legate a fattori già utilizzati sul piano strettamente tecnico risultano ancora incorporate in fattori produttivi rappresentativi delle utilità complesse destinate alla vendita o in corso di completamento.

Un breve cenno va fatto al fattore generico denaro che può considerarsi un fattore produttivo a fecondità semplice, in conseguenza del fatto che una volta impiegato esaurisce la sua utilità di potere d’acquisto.
Il denaro rivela effetti economici diretti in termini di oneri che si devono corrispondere ai soggetti che ne hanno concesso la disponibilità (finanziatori esterni o proprietari).
Nel caso di debiti verso terzi, l’effetto economico del prestito sarà rappresentato dagli interessi passivi o oneri finanziari i quali contribuiranno alla determinazione del risultato di periodo, mentre la disponibilità della ricchezza apportata dai proprietari darà luogo ai cosiddetti oneri figurativi che solo figurativamente partecipano alla determinazione del risultato di periodo.

 

L’INCIDENZA DEI FATTORI PRODUTTIVI IMMATERIALI A FECONDITÁ SEMPLICE: UTILIZZI TECNICI ED UTILIZZI ECONOMICO.

Fanno parte di fattori produttivi immateriali a fecondità semplice i mezzi riconducibili a fattori tecnici immateriali come:

  • Acquisizione di servizi: es. l’acquisizione di un fabbricato senza doverlo comprare, vi sono delle formule riconducibili ai contratti di locazione, che dietro pagamento di un corrispettivo (canone di affitto) consentono al conduttore di fruire della disponibilità di un bene di terza proprietà. In tali casi il fattore che si acquisisce è la disponibilità fisica dell’immobile per un determinato periodo di tempo definito tramite il contratto. Il costo che si sostiene serve ad identificare l’utilità economica che potrà derivare da ciò.
  • Acquisizione del fattore lavoro: è chiaro che ciò che si acquisisce è costituito dalla prestazione che l’individuo è pronto a rendere disponibile a favore dell’azienda con il suo materiale intervento, così come l’utilità economica connessa a tale prestazione è misurata dalla remunerazione corrisposta.

L’INCIDENZA DEI FATTORI PRODUTTIVI IMMATERIALI A FECONDITÁ SEMPLICE: I RISCONTI ATTIVI

Derivano da operazioni che nel periodo hanno avuto la loro manifestazione finanziaria senza che si sia verificata la completa manifestazione economica corrispondente a quella;
essi rappresentano la parte economicamente non consumata di una più ampia utilità già acquisita.

 Anche i fattori produttivi immateriali generano, per la parte non ancora non utilizzata, delle rimanenze attive di esercizio , anche se nel caso dei fattori immateriali si può parlare di rimanenze puramente contabili precisamente definite come risconti attivi

 

 

L’INCIDENZA DEI FATTORI PRODUTTIVI IMMATERIALI A FECONDITÁ RIPETUTA: LA PROCEDURA DI AMMORTAMENTO

Tra i fattori produttivi a fecondità ripetuta aventi natura materiale:

  • rientrano i mezzi di proprietà dell’azienda rappresentati da beni immobili, macchinari, impianti, attrezzature industriali e commerciali, strumenti informatici, automezzi…;
  • sono fattori che si possono utilizzare più volte con conseguente allungamento dei tempi di rotazione, ossia del ritorno sotto forma finanziaria dei mezzi (fattori a lento rigiro). È per questo motivo che si parla di immobilizzazione o di attività fisse;
  • In tali casi, l’individuazione di utilizzazioni e rimanenze segue lo stesso iter dei fattori produttivi a fecondità semplice. A livello concreto risulta diffusa la pratica dell’ammortamento

Procedura mediante la quale si procede all’individuazione dell’utilità consumata e alla determinazione del valore di rimanenza.

  

 


  • il costo di utilizzazione di tali fattori a lunga durata si denomina quota di ammortamento (Q) e si avranno tante quote di ammortamento per quanti sono i fattori produttivi a fecondità ripetuta. Il calcolo avviene rapportando il costo di acquisizione del fattore per la durata

La previsione circa la durata utile di un fattore produttivo a fecondità ripetuta deve sempre avvenire sulla base di un percorso valutativo razionale che eviti valutazioni eccessivamente discoste da quella che può ragionevolmente considerarsi rappresentativa dell’effettivo utilizzo del fattore.

 economica prevista.

 

 

  • L’effettiva incidenza dei fattori produttivi a fecondità ripetuta di natura materiale, oltre che con l’ammortamento, trovano espressione anche in opportuni interventi che si dirigono a mantenerne l’efficienza (manutenzioni e riparazioni) o a favorirne il rinnovo.

Lo stesso discorso si può fare per i fattori immateriali a fecondità ripetuta:

  • beni consistenti in diritti (concessioni, brevetti, licenze…) e tutte quelle situazioni in cui l’immaterialità si riconduce ad impieghi di capitale consistenti in attività di marketing, di ricerca, di sviluppo….;
  • essi riescono a cedere la loro utilità proprio grazie alla loro interdipendenza e complementarietà con gli altri fattori globalmente con l’entità aziendale. Pertanto l’assenza fisica dei mezzi evidenzia l’elevata aleatorità che si esprime in relazione degli esiti futuri e alla possibilità di ravvisare tale utilità futura. È opportuno che il periodo di ammortamento in cui l’utilità deve ripartirsi sia breve;
  • le utilità economiche pluriennali generate da impieghi nel fattore lavoro: remunerazioni periodiche (salari e stipendi); addestramento, formazione, qualificazione;
  • impieghi in campo pubblicitario per il lancio di nuovi prodotti;
  • spese legali, studi di fattibilità…

 

LE UTILIZZAZIONI DI FATTORI CONNESSI A MANIFESTAZIONI FINANZIARIE FUTURE: I RATEI PASSIVI E I FONDI RISCHI ED ONERI

Tra i fattori produttivi che possono generare ricchezza, occorre menzionare anche quelli che, pur non avendo ancora avuto manifestazioni finanziaria, hanno generato effetti economici.
Il fenomeno può riferirsi all’acquisizione di utilità economiche rappresentate da fattori immateriali a fecondità semplice, come nel caso delle locazioni o di denaro ricevuto in prestito.

QUANDO NON SI HA UN CORRISPONDENTE FINANZIARIO

  



Si parla in tali casi di ratei passivi: rappresentano una sorta di debito presunto avente il compito di misurare il consumo (costo) attribuito al periodo amministrativo N secondo competenza economica con riferimento ad operazioni che hanno avuto la loro manifestazione economica nel periodo senza aver la corrispondente finanziaria.
                                                                                         

MANIFESTAZIONI FINANZIARIE FUTURE

                                                                                           Per quanto riguarda eventi con
manifestazione finanziaria futura si parla di fondi per rischi ed oneri

 

Grandezze che si dirigono ad integrare e/o rettificare misurazioni di grandezze già riscontrate, la cui determinazione si è rivelata non del tutto calibrata.

  

 


Fenomeni in questione possono essere:

  • eventi futuri rappresentativi di consumi e perdite certi nella loro manifestazioni, ma incerti nella misura o data di sopravvivenza;
  • eventi futuri rappresentativi di veri e propri rischi, che in caso di futura verificazione genererebbero dei consumi.

 

DINAMICA DEI MEZZI AZIENDALI E DETERMINAZIONI DI PERIODO: SCHEMA DI SINTESI

In sintesi, le singole utilità acquisite in un dato periodo amministrativo dall’impresa alla chiusura dello stesso pei roso possono denotare varie condizioni:

ASSENZA DI UTILIZZO

In tal caso i relativi residui costituiscono dei mezzi ancora da utilizzare, ossia delle rimanenze economiche degli elementi attivi del capitale di funzionamento.

 

UTILIZZAZIONE TECNICA (TRASFERIMENTO DELL’UTILITÁ ECONOMICA)

 

Fenomeno tipico del processo di trasformazione delle aziende industriali,in seguito ad utilizzo tecnico del fattore, la cui utilità semplice risulta incorporata per trasferimento con altre unità semplici in un’unità complessa. Giova sottolineare come nel loro insieme tali consumi di utilità diano luogo al cosiddetto costo di fabbricazione.

 

UTILIZZAZIONE ECONOMICA

 

L’utilità posseduta dal singolo fattore non solo è stata ceduta tecnicamente all’utilità complessa, ma risulta definitivamente realizzata sul piano della rotazione economico finanziaria a seguito della collocazione sul mercato.

 

      • Ricavi di esercizio e rimanenze passive

I ricavi sono il riflesso della fase conclusiva del processo produttivo aziendale, cioè la vendita dei prodotti e delle merci o il corrispettivo dei servizi forniti: è chiaro che la relativa misura deve poter essere in grado di coprire adeguatamente i costi correlati.
Per i ricavi si rende necessario considerare la possibilità di sfasamento tra aspetto finanziario e aspetto economico: tale ipotesi può accadere in tipologie di aziende finanziarie come le imprese assicuratrici, le aziende di credito nelle quali la continua e regolare anticipazione dei realizzi rispetto agli impieghi genera appunto dei ricavi che risultano conseguiti anticipatamente rispetto ai correlati costi.
In tali ipotesi, la parte economicamente non ancora maturata si denomina rimanenza passiva (Rp) e deve portarsi in detrazione dei ricavi conseguiti (V).
Nel momento in cui tali ricavi anticipati si maturassero in diretta proporzione al tempo saremmo in presenza di risconti passivi (rp):cioè di rimanenze ad operazioni generatrici di ricavi già manifestati sul piano finanziario, ma non ancora su quello economico.

      • I componenti a manifestazione finanziaria futura: i ratei attivi

 

Nelle situazioni in cui la maturazione proporzionalmente temporale di un ricavo si collega all’ipotesi opposta di manifestazione finanziaria posticipata, la maturazione economica del ricavo deve considerarsi nell’ambito del risultato economico di periodo quale ricavo a manifestazione finanziaria futura, la cui misurazione si affida ad un componente finanziario di capitale avente natura di credito presunto e si denomina rateo attivo (rs).

      • La formazione dei prezzi di vendita e la remunerazione dei consumi di utilità

 

La misura dei ricavi di vendita trova nella congruità dei prezzi di vendita il necessario riferimento, rendendo opportuno individuare le procedure di fissazione del prezzo di vendita.
Bisogna valutare i consumi e le utilizzazioni dei vari fattori che si sono dovuti impiegare per ottenere un prodotto o un’utilità economica complessa.
La configurazione del costo di prodotto si articola nella seguente struttura:

 

COSTO TECNICO

Si determina considerando il costo sostenuto per l’utilizzazione di fattori produttivi strettamente tecnici, necessari per la fabbricazione del prodotto

 

COSTO TOTALE

 

Comprende i costo connessi all’attività amministrativa, costi di distribuzione, oneri finanziari e costi di natura fiscale. Complesso dei costi che l’azienda ha dovuto sostenere per acquisire e combinare i fattori produttivi al fine di completare il processo produttivo.

 

COSTO ECONOMICO

 
Rappresenta il riferimento atto a stabilire la convenienza economica ad attuare una data produzione

Ci sono periodi in cui i prezzi di un prodotto sono distribuiti a prezzo di costo o sottocosto: sono attribuibili a situazioni di difficoltà aziendale o a condizioni di particolare vantaggio competitivo

      • La struttura del reddito di esercizio

 

STRUTTURA DEL REDDITO DI PERIODO

COMPONENTI NEGATIVI

COMPONENTI POSITIVI

  • costi utilizzazione fattori produttivi tecnici f.s e f. r.

    (rimanenze attive iniziali di magazzino + costi acquisto – rimanenze attive finali di magazzino);

  • costi di utilizzazione fattori produttivi a f.s. non tecnici ( risconti attivi iniziali + costi di acquisto – risconti attivi finali);
  • costi  di utilizzazione fattori produttivi a f.r. non tecnici (ammortamenti);
  • costi a futura manifestazione finanziaria;
  • imposte e tasse;
  • utile di esercizio
  • ricavi di competenza ( rimanenze iniziali passive + ricavi conseguiti – rimanenze passive finali);
  • ricavi a futura manifestazione finanziaria

 

Il risultato economico è detto utile di esercizio, derivante dall’eccedenza dei ricavi rispetto ai costi, diventando parte del capitale e andando a costituire il relativo incremento e l’aumento della grandezza Capitale Netto che scaturisce dalla differenza tra i mezzi aziendali e le fonti di terzi .
A –P = N
In presenza di andamenti gestionali non positivi, il riscontro di risultati negativi (eccedenza dei costi sui ricavi) se prolungato può condurre all’azzeramento del capitale proprio.
A = P
Ancora più critica si rivela la situazione in cui gli andamento gestionali comportassero oltre all’assorbimento del capitale netto, anche l’intaccamento di tutte le fonti di terzi comportando una situazione deficitaria (D) che porta ad una liquidazione forzata.
A + D = P

 

      • Capitale e reddito

 

Reddito di esercizio e capitale di funzionamento derivano da determinazioni interconnesse poiché un’attribuzione periodica di ricchezza (reddito di esercizio) che si possa considerare economicamente razionale non può non tenere conto dell’integrità economica del capitale.

Nella sua essenza il capitale di funzionamento rappresenta utilizzazione future e remunerazioni relative a utilizzazione future, laddove il reddito rappresenta il risultato di una comparazione tra utilizzazioni avvenute e remunerazioni correlative a quelle utilizzazioni.

In senso economico, il capitale è tale in quanto è capace di produrre reddito, dalla cui misurazione discende la misurazione del capitale stesso.
Il reddito rivelerebbe una funzione originante e misuratrice del capitale.
È possibile individuare 3 diverse configurazioni di capitale:

  • Capitale economico: si ha nel momento in cui l’identificazione del capitale aziendale risulta operata in funzione delle capacità prospettiche dell’impresa di produrre ricchezza. Si fonda su appropriate proiezioni future.
  • Capitale di funzionamento o di gestione: volto alla rappresentazione del patrimonio a disposizione dell’azienda in un dato momento rappresenta una grandezza che costituisce al tempo stesso il risultato della dinamica gestionale passata e la premessa di quella futura;
  • Capitale di liquidazione: si ha nel momento in cui si l’azienda cessa di esistere

Tornando al capitale di funzionamento, il problema che nella realtà concreta si pone maggiormente attiene il fatto che all’esigenza amministrativa di interpretazione economica dei fatti si contrappone il rilievo pubblicistico (imposto per legge) dei documenti in cui  reddito di esercizio e capitale di funzionamento risultano rappresentati.
Il problema riguarda l’inevitabile relatività delle valutazioni che genera la possibilità di adottare variegati sistemi valutativi ai fini delle determinazioni in questione. Tali sistemi:

  • sistemi a valori passati ( o storici): la cui base valutativa è costituita dai valori riferiti a scambi già avvenuti,riguardante gli specifici elementi oggetti di apprezzamento;
  • sistemi a valori correnti: la cui base valutativa è fondata sui valori di mercato ossia su valori basati su pressi che si formano sui mercati di beni uguali o similari a quelli oggetto di valutazione;
  • sistemi a valori futuri: il cui riferimento è costituito dal realizzo futuro ritraibile dall’impiego di ogni singolo fattore nell’ambito della specifica combinazione produttiva.

 

Il reddito si suddivide in :

REDDITO CONSUMABILE:fonda il proprio percorso sulla necessità di dare quanto più possibile espressione economica al reddito di periodo e quindi al capitale di funzionamento;
REDDITO PRODOTTO: basa la sua determinazione secondo criteri analitico distinti costanti nel tempo e senza consentire grandi margini di discrezionalità atti a tener conto della unitarietà temporale degli esercizi aziendali.

Nel momento in cui la ricchezza prodotto dalle vendita si rivelasse superiore alla misura necessaria a remunerare i consumi delle utilità impiegate il mantenimento all’interno dell’impresa di tale extra ricchezza (profitto) si rende necessario e ciò al fine di potenziare la combinazione produttiva, assicurando così la sopravvivenza dell’impresa e favorendo il possibile sviluppo.

 

CAPITOLO IV: L’ECONOMICITÁ E GLI EQUILIBRI AZIENDALI

Tra le finalità di un’azienda, bisogna distinguere:
una finalità naturale o originante (soddisfacimento dei bisogni);
una finalità istituzionale (creazione del valore).

 

Tale condizione di economicità si concretizza nella capacità dell’azienda di produrre ricchezza in quantità adeguata ai fattori produttivi impiegati e nell’equa distribuzione della stessa tra color che hanno concorso alla sua produzione.

 La perdurabilità dell’azienda del tempo è identificata come caratteristica implicita per il perseguimento delle finalità aziendali e si esplicita nella continuità dell’azienda, rappresentando l’obiettivo funzionale dell’impresa in combinazione con la condizione di economicità.

 

 

Tale obiettivo può essere meglio considerato quale fase propedeutica ad una successiva fase di sviluppo, rappresentando un primo obiettivo dell’azienda nel senso di ricerca di una propria dimensione, in termini di adeguato posizionamento sul mercato.

 Nel momento in cui obiettivo istituzionale è il funzionamento nel tempo, si deve conseguentemente parlare di capacità dell’azienda di operare nel contesto economico di appartenenza garantendosi la sopravvivenza e lo sviluppo.

 

  • L’economicità aziendale

 

La continuità nel tempo richiede la capacità costante nel tempo di pervenire al raggiungimento delle condizioni per favorire prima fra tutte la condizione di econimicità, configurabile sinteticamente nella capacità aziendale di produzione ed equa distribuzione della ricchezza.
Pertanto la struttura aziendale e la conseguente gestione devono essere funzionali al raggiungimento di tale condizione/obiettivo che può essere finalizzata sotto vari profili riconducibili ai seguenti equilibri:

  • equilibrio economico
  • equilibrio tecnico.

 

Si dice in equilibrio economiconel momento in cui attraverso la propria attività produttiva riesce ad ottenere risultati economico rappresentativi di “reddito” e in grado di remunerare costantemente le utilizzazione dei fattori utili allo svolgimento del processo produttivo, compresi gli elementi per i quali l’azienda non ha direttamente sostenuto un impiego di ricchezza in termini di potere d’acquisto.
Connesso con il concetto di equilibrio economico risulta quello di equilibrio monetario –finanziario, a livello di struttura finanziaria e connessa correlazione tra le entrate e le uscite monetarie e variazioni finanziarie che misurano i riflessi economici delle operazioni gestionali. È una condizione di breve termine, in quanto l’azienda deve in ogni momento essere pronta a far fronte con i propri mezzi finanziari agli impieghi finanziari che via via si manifestano nel corso della gestione.
Il giudizio di economicità deve tener conto anche dello svolgimento efficiente della combinazione produttiva ( equilibrio tecnico) e cioè dell’adeguato rendimento fisico – tecnico dei diversi fattori produttivi.
Si tratta di rendimento connessi con rapporti quantitativi non monetari, espressi dalla relazione tra quantità fisica del prodotto ottenuto in un dato tempo e quantità impiegata di un dato fattore (produttività).
In sintesi, l’esigenza per l’impresa di perseguire la condizione /obiettivo di economicità, ponendosi alla base dell’esistenza di qualsiasi tipologia di azienda, seppur con specifiche peculiarità, trova la sua essenza nella correttezza del processo di formazione della ricchezza e nella conseguente equa distribuzione.
 

 

 


  • Definizione e grandezze di riferimento

 

Sono le caratteristiche fondamentali del sistema aziendale e trovano evidenti punti di collegamento nel concetto di equilibrio economico.

 

PERDURABILITÁ
ECONIMICITÁ
AUTONOMIA ECONOMICA

 

 

equilibrio economico

si basa sulla capacità dell’azienda di produrre durevolmente reddito

 

 

rappresenta il fattore fondamentale dell’economicità

 

 

Si esprime mediante la capacità dell’impresa di reintegrare costantemente tutti quei fattori produttivi impiegati nell’attività dell’impresa, compresi i fattori con riflesso figurativo.

Si è in presenza di reddito laddove l’attività gestionale evidenzia l’attitudine a produrre un flusso di ricchezza (ricavi) tale da favorire la copertura di tutte le acquisizioni/utilizzazioni (costi) dei fattori produttivi necessari per lo svolgimento dell’attività produttiva, compresi gli interessi sul capitale di rischio ed il salario direzionale, oltre il rischio di impresa (cosiddetti oneri figurativi).

 

CONSUMI FATTORI PRODUTTIVI FECONDITÁ SEMPLICE    +
CONSUMI FATTORI PRODUTTIVI FECONDITÁ RIPETUTA    +
CONSUNI A RIFLESSO FIGURATIVO                                                          =
 


UTILITÁ COMPLESSE                 VENDITA                          RICCHEZZA PRODOTTA

 

La grandezza in questione favorisce un’adeguata analisi della ricchezza stessa grazie a molteplici riflessi informativi da essa derivanti a vario livello tra cui:

  • L’accrescimento di valore che i beni acquisiti ed impiegati dall’azienda hanno avuto in seguito allo svolgimento dell’attività produttiva;
  • La ricchezza rivolta alla remunerazione delle componenti sociali direttamente o indirettamente interessate all’andamento aziendale (lavoratori, proprietari, finanziatori....).
 

Tale ricchezza potrà configurarsi riferendosi ad una grandezza diversa dal reddito, identificabile con il
VALORE AGGIUNTO

  


 

  • L’equilibrio redditale

Il reddito di esercizio è il risultato economico attribuibile alla gestione di un esercizio, cioè di un risultato delle operazioni aziendali allo svolgimento delle quali partecipano tutte le forze del sistema aziendale.
La determinazione dei singoli risultati di periodo risulta variamente intrisa di valutazioni soggettive; non può ritenersi un risultato economicamente compiuto poiché la sua entità si ricollega sia ad operazioni del passato sia alle condizioni future dell’azienda: è un’entità astratta e ipotetica.

Affinché un’azienda possa definirsi in equilibrio, si richiede la tendenza al raggiungimento di una condizione perfetta di equilibrio che risulti assicurata dall’ottenimento di risultati economici tali da produrre un extra – lavoro (profitto).
Un’azienda capace di remunerare tutti i fattori produttivi impiegati, ma non in grado di raggiungere risultati superiori a questo assumerebbe una condizione stativa, rapidamente superabile in un ambiente in via di sviluppo, giungendo in breve ad una successiva situazione di squilibrio.
Il profitto così inteso rappresenta un ulteriore margine di ricchezza da reimpiegare adeguatamente nel processo produttivo, per la continuità e lo sviluppo della vita dell’impresa e della collettività in cui essa opera.

  • La congruità della grandezza reddito e delle sue componenti

 

Per essere in presenza di reddito non è sufficiente un risultato economico positivo di semplice eccedenza dei ricavi sui costi, ma occorre che tale eccedenza sia tale da remunerare adeguatamente quelli che si sono denominati oneri figurativi e cioè:

  • REMUNERAZIONE DEL CAPITALE INVESTITO
  • PREMIO PER IL RISCHIO DI IMPRESA
  • SALARIO DIREZIONALE

 

Bisogna individuare i relativi parametri di riferimento che consentano di attribuire al risultato economico il significato di reddito.
L’espressione di congruità delle remunerazioni va interpretata in senso relativo,tenendo cioè conto delle condizioni di ambiente che caratterizzano i differenti costi in cui le aziende operano.
Si pone il problema di dover individuare dei parametri di riferimento per determinare i limiti entro i quali una remunerazione possa considerarsi congrua.
Partendo dalla remunerazione del capitale di rischio, si evidenzia come la stessa costituisca un calcolo di interesse in termini di rendimento, quale compenso per l’utilizzo di un capitale.
Alcune brevi considerazioni si rendono opportune in ordine ai due elementi costitutivi del calcolo:

  • base di riferimento (il capitale): ci si chiede se la remunerazione debba attenere il solo capitale apportato dai proprietari o anche la ricchezza via via risparmiata mediante accantonamento alle cosiddette riserve. Da ritenere più equa una base che tenga conto anche di quella parte delle riserve costituita da “capitale degli azionisti”;
  • tasso di remunerazione : il riferimento fondamentale per valutare la convenienza dell’imprenditore o dei soci ad investire nell’azienda specifica, è costituito dal tasso di rendimento degli investimento privi di rischio e cioè dal rendimento che i capitali apportati nell’azienda potrebbero o avrebbero potuto avere se investiti in impieghi alternativi senza rischio o a rischio limitato. Tale criterio detto tasso – opportunità si basa sulla convenienza per l’investitore ad impiegare capitali ad un tasso di rendimento non inferiore a quello derivante da investimento alternativi riscontrabili sul mercato.

 

Strettamente connesso con la determinazione dell’interesse di computo del capitale è l’elemento che considera il cosiddetto rischio di impresa e cioè del rischio economico riferibile all’attività intrapresa, quale rischio che l’incerto affluire dei ricavi non sia tendenzialmente atto a fronteggiare nel dinamismo dell’ambiente le esigenze di congrua remunerazione dei fattori produttivi.

Per quanto riguarda il salario direzionale,è opportuno sottolineare che tale onere figurativo è un elemento presente sostanzialmente nelle sole imprese individuali e nelle società di persone: è costituito dalla remunerazione che spetta per l’opera direzionale svolta dall’imprenditore nell’ambito della sua azienda e si potrebbe parametrare con i valori medi riscontrabili nei salari corrisposti per attività direzionale svolta in aziende similari, per attività e dimensioni.

 

  • Profitto e valore aziendale

 

Il profitto è rappresentativa dell’extra – reddito e cioè dell’eccedenza di ricchezza che permane dopo la remunerazione di tutti i fattori produttivi compresi gli oneri figurativi e che l’azienda è in grado di conseguire per varie motivazioni.

 

RICCHEZZA PRODOTTA (RICAVI VENDITE)      -
CONSUMI FATTORI PRODUTTIVI A F.S.        -
CONSUMI FATTORI PRODUTTIVI A F.R.        -
CONSUMI A RIFLESSO FIGUTATIVO            =
 



PROFITTO

La capacità di un’azienda di conseguire risultati economico di misura tale non solo di remunerare i fattori produttivi impiegati, ma anche da evidenziare la presenza di un extra – guadagno, si connette con i vantaggi che la combinazione produttiva è in grado di favorire risultando innovativa e più competitiva rispetto alle altre aziende: si tratta del vantaggio competitivo che consente alle aziende di godere dei connessi effetti positivi in termini di risultati economici e di produzione del valore.
Questa eccedenza può essere ricondotta nella gran parte dei casi alle doti imprenditoriali e deve permanere in azienda, ai fini della sua espansione e del suo sviluppo, risultando una sorta di compenso spettante all’organismo aziendale.

           Il PROFITTO può identificarsi nella ricchezza economica che la combinazione aziendale è in grado di esprimere in termini di produzione, ossia di valore creato: trova la sua origine nelle capacità dell’azienda stessa di posizionarsi sul mercato godendo di una particolare situazione favorevole determinata dall’insieme di più variabili riconducibili alle doti imprenditoriali, alla collocazione ed ubicazione, all’organizzazione aziendale….
Questo insieme di variabili, rappresentato da fattori intangibili, costituisce a tutti gli effetti un mezzo aziendale denominato avviamento.

  • È una grandezza che deriva sia dall’effetto combinatorio positivo determinato dai vari fattori produttivi impiegati nell’attività aziendale sia dalla capacità sistematica dell’impresa di risultare funzionale;
  • Trova espressione in una capacità intrinseca dell’azienda, che esiste in quanto esiste quella specifica combinazione aziendale e continuano ad essere presenti quegli elementi competitivi
  

 

 

  1. L’equilibrio finanziario

 

L’equilibrio finanziario = indica la capacità dell’impresa di assumere una struttura finanziaria per garantire un sincronico flusso delle entrate e delle uscite e di conseguenza positivi riflessi in termini economici.
È possibile identificare 2 dimensioni dell’equilibrio finanziario:

  • DIMENSIONE STATICA: inerente la struttura finanziaria assunta dall’azienda;
  • DIMENSIONI DINAMICA: riguardante l’adeguatezza della gestione finanziaria, nel senso di capacità amministrativa di razionalizzare i percorsi finanziari d’impresa.

 

Bisogna ricorda l’intreccio tra sfera finanziaria e sfera economica, i cui effetti influenzano reciprocamente i rispettivi equilibri che rappresentano parti del più ampio equilibrio aziendale. A tal proposito, rivelano:

  • delimitazione della sfera finanziaria;
  • determinazione del fabbisogno finanziario e delle correlate forme di finanziamento;
  • razionalizzazione della struttura finanziaria e dei relativi flussi.

 


I due aspetti sono presenti nella dinamica aziendale ed in effetti l’attività gestionale si attua in conseguenza di una serie di decisioni tendenti ad utilizzare i mezzi finanziari in direzioni di investimenti in beni economico che, alimentando il ciclo produttivo, generano la riproduzione di disponibilità finanziarie che rinnovano e potenziano il ciclo stesso

 Lo studio dei costi e dei ricavi, riguarda l’aspetto economico della gestione;
  • l’esame delle variazioni finanziarie interessa la sfera finanziaria concernente appunto l’analisi delle provviste di capitale, delle sue relative variazioni e dei corrispondenti impieghi secondo criteri di convenienza economica.

 

  • Le dimensioni della sfera finanziaria

I processi aziendali generano una sorta di rotazione tra mezzi finanziari e mezzi economico, nel senso che i mezzi finanziari si convertono all’inizio del ciclo in mezzi economici ed i mezzi economici si riconvertono in mezzi finanziari al termine del ciclo.

Ammontare delle risorse necessarie per lo svolgimento di una data attività.

 In relazione a ciò,  rileva il concetto di fabbisogno finanziario

 

La genesi del fabbisogno finanziario risiede nell’anteriorità della manifestazione dei costi rispetto ai ricavi, fenomeno comune a gran parte delle aziende di produzione.
Tale percorso si presenta sin dalla costituzione di ogni azienda in quanto l’attivazione del processo produttivo comporta l’esigenza in termini di conoscenza della misura dei mezzi finanziari necessari all’avvio dell’attività.
Per determinare il fabbisogno finanziario iniziale bisogna inserire nel calcolo alcuni fattori fondamentali:

      • dimensione aziendale: la relazione tra dimensione aziendale e fabbisogno finanziario è evidente in quanto al crescere della dimensione dell’azienda, maggiori saranno le relative esigenze finanziarie: quanto più prevalgono nella combinazione produttiva fattori a lenta velocità di rotazione tanto più crescerà il fabbisogno finanziario iniziale dell’impresa;
      • settore di attività: il fabbisogno è distinto a seconda del settore di attività poiché è indubbio che le esigenze finanziarie di un’impresa industriale o mercantile risultano differenti rispetto a quelle di un’impresa di servizi o di un’impresa assicuratrice.

 

Per giungere ad una misurazione di tale fabbisogno, gli strumenti in questione devono favorire la conoscenza di informazioni inerenti la misura degli investimento strutturali di lungo/ breve termine  e la ricerca delle forme più convenienti di copertura del fabbisogno finanziario connesso.
In proposito, si rende necessario l’adozione del piano finanziario che comprende :

  • piano dei finanziamenti: riguarda il reperimento dei mezzi finanziari occorrenti per fronteggiare il fabbisogno di capitale evidenziato dal piano degli investimenti;
  • piano degli investimento: rappresenta lo strumento per razionalizzare le decisioni riguardanti l’allocazione delle risorse aziendali tra i vari investimenti. Esso può articolarsi in più piani:
  • piano degli investimenti durevoli: è configurabile in un prospetto in cui risulta esposto il complesso dei beni durevoli. Tra di essi,le classi più comuni di fattori a fecondità ripetutua riportate normalmente in tale piano:

terreni;
fabbricati;
impianti;
macchinari ed attrezzature tecniche;
mobili ed arredamenti;
automezzi;
brevetti, diritti di concessioni…;
costi di impianto.
Il collegamento di tale piano con il fabbisogno finanziario iniziale emerge chiaramente poiché esso segna l’entità della prima parte del fabbisogno finanziario dell’impresa che coincide con il totale dei valori monetari di ciascun elemento patrimoniale elencato nel prospetto.
Tra i fattori produttivi a fecondità semplice rientrano:
fattore lavoro (stipendi e salari);
materie prime e materiali di consumo;
costi per servizi industriali;
spese amministrative

  • piano degli investimenti di breve durata;
  • piano economico medio: piano che pone a raffronto i costi e i ricavi in funzione della determinazione di un risultato economico medio. Occorre considerare i costi che l’impresa ha previsto di sostenere mediamente in un periodo amministrativo per lo svolgimento della sua attività produttiva; tra questi costi si dovrà tenere conto solo di quelli che generano variazioni finanziarie (costi monetari), poiché i costi che non hanno diretto riscontro finanziario non devono computarsi
  • piano del fabbisogno finanziario iniziale

Il totale dei cosiddetti costi monetari rappresenterà la somma annua complessiva che l’impresa dovrà mediamente destinare all’acquisto dei fattori produttivi a f.s., la cui misura non costituisce il connesso fabbisogno finanziario: per pervenire a tale grandezza occorre tener conto della velocità di
circolazione degli stessi fattori e cioè del n° delle volte in cui in un periodo annuale essi ritornano sotto forma monetaria.
Tale determinazione assume il nome di tasso di rinnovo del processo produttivo che dipende dal ciclo monetario che indica quanto tempo impiega la moneta uscita per acquisire i fattori produttivi a ritornare in azienda grazie alle vendite dei beni prodotti dall’azienda stessa.
Quanto + breve sarà la durata di tale ciclo, tanto più rapida risulterà la velocità di circolazione dei fattori di breve durata e tanto minore il connesso fabbisogno finanziario.
Il valore annuo sarà determinato rapportando al totale dei costi monetari il relativo tasso di rinnovo: tale misura risulterà aumentata di un importo inerente la presenza di un fondo cassa da tenere costantemente disponibile in azienda per esigenze correnti.

Una volta completati i piani degli investimenti come sopra richiamati, la parte corrispondente del paino finanziario si articolerà sulla base della distinzione tra:

  • fabbisogno finanziario connesso agli investimenti di lunga durata;
  • fabbisogno finanziario iniziale connesso agli investimenti di breve durata;
  • fondo cassa.

Le esigenze finanziarie dell’impresa in normale funzionamento (ossia in esercizi successivi al primo) presentano fabbisogni ovviamente più contenuti rispetto alla fase costitutiva: ciò deriva dal fatto che le risorse finanziarie necessarie al funzionamento di breve termine (fabbisogno finanziario corrente = che dovrebbe essere assicurato dal flusso di ricavi generato dalla gestione operativa dell’impresa stessa) si concretizzano nella misura volta a rigenerare i fattori consumati, tendenzialmente quelli a fecondità semplice e ciò comporta un fenomeno denominato finanziamento da ricavi.
Il rinnovo dei fattori a f. r. avviene secondo cadenze periodiche piuttosto ampio per cui il relativo fabbisogno finanziario trova copertura mediante la capacità gestionale di graduale recupero nel tempo dei mezzi finanziari inizialmente impiegati o attraverso il ricorso a fonti esterne di finanziamento.

Rinnovo dei fattori produttivi a fecondità semplice

 

Rinnovo dei fattori produttivi a fecondità ripetuta

  

 

 

 


Dal punto di vista contabile, si rendono utili a tal fine i cosiddetti preventivi finanziari o budget mediante i quali si procede all’individuazione delle presunte riscossioni ed ai presunti pagamenti dell’esercizio che sommati al fondo cassa iniziale, favoriranno la conoscenza del fondo cassa finale.

 

  • Le fonti di finanziamento

 

Il piano finanziario (oltre ad indicare il fabbisogno emergente dalla programmata struttura aziendale e dalla conseguente gestione corrente) si deve completare con l’individuazione delle fonti di copertura del fabbisogno stesso

Nell’ambito delle fonti proprie rientrano gli utili conseguiti dall’impresa che non vengono distribuiti e che costituiscono le cosiddette riserve: in quest’ambito è possibile ricondurre i contributi che l’impresa è in grado di ottenere da enti ed istituzioni pubbliche in relazione a leggi agevolazione finanziaria. È possibile per le aziende richiedenti ricevere finanziamenti a vari livelli; si tratta di finanziamenti a fondo perduto.

  • fonti di terzi:intese come fonti provenienti da indebitamenti con terzi. Derivano dal ricorso a finanziamenti da terze economie, trovando espressione nei debiti di funzionamento e di finanziamento. Esse sono caratterizzate da:
    • obbligo di restituzione secondo tempi e modalità determinate;
    • onerosità.

 

  


È possibile riscontrare varie tipologia di forme di finanziamento esterne all’azienda come:

    • FORME DI FINANZIAMENTO DI LUNGA DURATA (OLTRE 5 ANNI):
  • prestito obbligazionario: costituisce una forma di finanziamento basata sull’emissione di titolo obbligazionari da parte dell’impresa. Il costo del prestito è rappresentato in questo caso dagli interessi che periodicamente l’impresa corrisponde agli obbligazionisti, impegnandosi alla restituzione ad una data scadenza del capitale ricevuto.
  • mutuo: è un finanziamento oneroso in base al quale una parte (mutuante) concede ad un’altra parte (mutuatario) la disponibilità per un certo periodo di tempo di una somma di denaro. Di durata generalmente lunga (10/20/30 anni), ha una struttura che può variare un funzione delle condizioni che possono ricondursi essenzialmente a due forme:
  • a tasso di interesse fisso;
  • a tasso di interesse variabile
  • prestito subordinato: si tratta di veri e propri debiti verso terzi finanziatori, il cui diritto al rimborso può essere esercitato solo dopo che siano stati soddisfatti tutti gli altri creditori non subordinati. Di medio – lungo termine, contrappone un carico di oneri finanziari notevole in conseguenza dell’ovvio maggiore tasso di interesse riconosciuto per tale forma di finanziamento;
  • prestito senza scadenza: sono finanziamenti ricevuti da terzi che non presentano una definita data di scadenza che consente di assimilare nella sostanza tali forme di debito ai mezzi propri.

 

    • FORME DI FINANZIAMENTO DI MEDIO TERMINE ( TRA 1 E 5 ANNI) E DI BREVE TERMINE ( MENO DI 1 ANNO):
  • aperture di credito: consiste nell’affidamento concesso all’azienda da una banca, relativamente alla possibilità di utilizzo di risorse finanziarie messe a disposizione entro limiti prestabiliti (fido) e ad un tasso di interesse convenuto. La somma con il fido non viene necessariamente prelevata interamente sin dal primo momento, ma consente di operare i prelevamenti in base alle necessità, tenendo conto che durante il rapporto è possibile operare dei versamenti di somme di denaro per ridurre l’esposizione debitoria dell’impresa verso la banca;
  • anticipazioni a scadenza fissa: cioè l’erogazione di somme di denaro da parte di una banca per le quali l’impresa che riceva il prestito si impegna a rimborsare nel breve periodo le somme ricevute, aumentate dagli interessi. La somma viene inizialmente erogata in unica soluzione dalla banca a favore dell’impresa che a fronte del prestito viene chiamata ad offrire delle garanzie rappresentate da titoli o da merci. Una forma particolare di anticipazione si connette con i crediti aziendali, nel senso che le imprese che operano vendite con concessioni di dilazioni di regolamento ai clienti possono ottenere finanziamenti secondo varie formule riconducibili alle seguenti:
    • anticipazione salvo buon fine: in cui l’impresa riceve prima della scadenza l’importo del credito senza che avvenga la cessione del credito stesso;
    • sconto di cambiali: in cui l’impresa, cedendo formalmente ad una banca  crediti verso clienti rappresentati da cambiali attive, riceve il netto ricavo dei crediti stessi sempre con clausola buon fine.
  • project financing: è una specifica forma di finanziamento adatta per le imprese che operano su commessa, cioè su ordinazioni di clienti inerenti opere generalmente di lunga durata. Tale forma di finanziamento comporta l’erogazione della somma di denaro da parte dell’istituto finanziatore. Le modalità di rimborso del prestito si collegano direttamente alle entrate derivanti la commessa;
  • factoring: modalità di finanziamento effettuata da operatori specializzati a ciò per certi versi simile alle anticipazioni su crediti, in quanto comporta la possibilità per l’impresa richiedente di ricevere in via anticipata l’importo di un credito. Il ricorso a tale forma è tipico di quelle imprese che operano politiche di vendita basate su regolari dilazioni di pagamento. Tale operazioni può assumere due principali forme:
      • factoring pro – solvendo: consiste in un’operazione di prestito che può a sua volta articolarsi secondo differenti modalità di funzionamento a seconda che i relativi crediti fungano da vera e propria garanzia per il finanziamento (in questo caso si è in presenza di una sorta di anticipazione a scadenza fissa su crediti)ovvero da titoli che vengono scontati con anticipo del netto ricavo ( ricorda le modalità dello sconto di cambiali);
      • factoring pro – soluto: si è in presenza di una vera e propria concessione dei crediti, poiché il factor acquista di fatto gli stessi, assumendosi in pieno il rischio di insolvenza e l’onere della gestione dei crediti.
  • leasing: consiste in una forma di finanziamento in base alla quale un’impresa, rivolgendosi ad un istituto specializzato di leasing  può disporre senza dover procedere all’acquisto immediato di un bene nella forma della locazione. L’istituto di leasing interviene nell’operazioni acquistando o finanziando la costruzione del bene richiesto dall’impresa divenendone proprietario. Dopo concede in locazione tale bene all’impresa richiedente dietro pagamento di una serie di canoni,comprensivi di una quota,parte del valore del bene e di una quota parte relativa agli interessi dovuti sul capitale impiegato. Al termine del periodo contrattuale di locazione è normalmente prevista la cosiddetta clausola di riscatto che consente al conduttore di riscattare la proprietà del bene dietro pagamento di una somma già stabilita all’inizio del contratto;
  • situazioni in cui il finanziamento risulta operato da
  • una parte di un socio dell’impresa: in tal caso occorre distinguere le situazioni in cui:
    • il socio assume la veste di terzo finanziatore a tutti gli effetti, ciò operando un prestito alla società che si impegna a restituire quello che diviene un vero e proprio debito di finanziamento ad una certa scadenza, pagando nel contempo un interesse;
    • dove l’erogazione delle somme da parte del socio venisse operata a titolo di capitale proprio, si sarebbe in presenza dei cosiddetti versamenti in conto capitale che non soggetti a restituzione se non al momento della liquidazione della società stessa;
  •  o da una società appartenente al medesimo gruppo: si è in presenza di un prestito che assume gli stessi caratteri di un qualsiasi finanziamento da terzi. È una sorta di autofinanziamento di gruppo, cioè di capacità del gruppo, come insieme di aziende, di ritrovare al proprio interno le risorse necessarie per il soddisfacimento del fabbisogno finanziario di gruppo.

 

I DEBITI DI FUNZIONAMENTO costituiscono dei finanziamenti indiretti: le relative dilazioni comportano l’inclusione nel prezzo di vendita praticato dai fornitori di un interesse implicito la cui misura definisce il costo della dilazione stessa che consente di abbreviare la durata del ciclo monetario e la necessità di copertura del fabbisogno finanziario.

La scelta delle varie fonti di finanziamento costituisce un passaggio fondamentale ai fini di una razionale struttura finanziaria dell’impresa. I fattori principali a cui fare riferimento sono rappresentati da:

  • struttura legale che l’impresa intende assumere;
  • la composizione degli investimenti;
  • condizioni del mercato finanziario e del mercato creditizio;
  • convenienza economica;
  • politiche di approvvigionamento e politiche di vendita programmate dall’impresa;
  • regime fiscale che disciplina le varie fonti di finanziamento.
  1. Le correlazioni fonti - impieghi

 

Gli investimenti necessari all’avvio e al funzionamento del processo produttivo aziendale e le fonti di finanziamento destinate alla copertura del fabbisogno finanziario generato dagli stessi determinano la struttura finanziaria dell’impresa.
L’esigenza di finanziare le differenti tipologie di mezzi con adeguati fonti di finanziamento in grado di rispettare la rotazione più o meno lenta degli investimento: è chiaro che nel caso di fattori produttivi a fecondità ripetuta la relativa lunga durata necessita di una fonte di finanziamento di lungo termine tendenzialmente di natura propria; nel caso di finanziamenti per conto di terzi ciò favorirebbe la presenza di oneri figurativi e a tali effetti negativi si aggiungerà anche una costante difficoltà di liquidità già nel breve termine a causa delle diversa duration dei tempi di recupero dell’investimento e di restituzione del prestito.
È possibile poi valutare il grado di liquidità dell’azienda, ciò estrapolando dai mezzi di breve durata, tutti i crediti a breve e le disponibilità di cassa e presso banche per il relativo confronto con tutti i debiti di breve durata. Ulteriormente utile a tal proposito può risultare il calcolo del cosiddetto ciclo monetario che consiste nella determinazione della durate media del percorso che impiega la moneta dal momento dell’acquisto dei fattori produttivi.

  1. I processi di autofinanziamento e l’analisi dei flussi finanziari

 

La capacità dell’azienda di perseguire condizioni di equilibrio duraturo dovrebbe favorire la possibilità di attuare le cosiddette politiche di autofinanziamento mediante i processi di ritenzione degli utili aziendali.

 

 

 

 


Sostanzialmente nel momento in cui il flusso di ricavi generato dalle vendite fosse in grado di sopravanzare i costi gestionali e gli oneri figurativi, il profitto perseguito favorirà un duplice effetto:

  • rigenerazione dei fattori produttivi consumati e potenziamento gestionale mediante reinvestimento della extra – ricchezza ottenuta con ampliamento della capacità produttiva;
  • ritorno sotto forma monetaria delle risorse impiegate a vario titolo e la contestuale presenza di un’eccedenza finanziaria, il cui rimpiego nel processo produttivo favorisce lo sviluppo aziendale.

 

CAPITOLO V: LA COMPONENTE ORGANIZZATIVA

La divisione del lavoro consente di incrementare a livelli dimensionali maggiori risultati dell’attività economica: grazie ad essa si ottiene un generale incremento della produttività, dovuto al fatto che la divisione del lavoro implica che le molteplici attività necessarie per concludere i cicli produttivi sono frantumate in una successione di azioni e compiti, svolti da persone diverse.
La divisione del lavoro può essere osservata:
a LIVELLO MACROECONOMICO: emerge il fatto che la produzione di beni e servizi differenti è svolta da aziende che operano in settori differenti, cioè si guarda all’interno di ciascuna azienda;
a LIVELLO MICROECONOMICO: la divisione del lavoro riguarda la suddivisione del ciclo produttivo svolto da ciascuna azienda in molteplici fasi, ognuna delle quali è affidata a lavoratori a livello macroeconomico; cioè si guarda a ciò che accade nel sistema economico complessivo.

Emerge come è importante il ruolo svolto dalla componente organizzativa.
 

 


  • Insieme di attività che consentono di realizzare il coordinamento e l’integrazione del lavoro all’interno dell’azienda;
  • Disegna il funzionamento aziendale determinando le fasi del lavoro che devono essere realizzate e definendo le regole in forza della quali si ottiene il coordinamento delle stesse;
  • Definisce i criteri, i metodi e le procedure necessarie per consentire il coordinamento delle attività specializzate sul fondamento della divisione del lavoro;
  • È parte integrante dell’amministrazione aziendale, svolgendo una fondamentale funzione strumentale alla gestione;
  • Le sue scelte condizionano i rendimento delle risorse impiegate nell’azienda, influenzando la capacità di raggiungere, mantenere e migliorare l’equilibrio economico;
  • È la componente del sistema che consente di dotare l’azienda di tutte le risorse (tecniche e umane) necessarie per la realizzazione nel modo più efficiente dei processi produttivi.

                               

      • La localizzazione aziendale e la dimensione ottima

La localizzazione identifica l’ambito territoriale dove l’azienda intende svolgere la propria attività. Nella scelta risultano variamente influenti alcuni aspetti connessi ai mercati di approvvigionamento dei fattori produttivi e della manodopera, ai mercati di collocamento dei prodotti o ai mezzi di comunicazione e di trasporto.
È possibile ubicare in zone territoriali diverse le varie fasi strutturali aziendali, in funzione dello svolgimento più efficace ed efficiente delle varie funzioni aziendali
Per quanto riguarda le scelte di localizzazione, si assiste ad un fenomeno in grado di influenzare intensamente la divisione del lavoro settoriale sul piano internazionale: il riferimento è al progressivo processo di integrazione dei mercati, dallo sviluppo delle tecnologie informatiche e delle telecomunicazioni, dall’abbattimento delle barriere normative nazionali e dalla crescente riduzione dei costi di trasporto. Tale processo di integrazione conosciuto con il termine di globalizzazione,comporta l’allargamento dei mercati: anche le aziende minori si trovano ad operare in uno scenario di maggiore complessità, caratterizzato dall’intensificazione della concorrenza, ma che allo stesso tempo offre nuove opportunità. In questo quadro, spesso le scelte di localizzazione puntano a sfruttare condizioni esistenti in altri paesi rispetto a quello natale per usufruire di consistenti riduzioni dei costi di produzione.
Passando all’elemento dimensionale, è noto come le unità di produzione vengano spesso classificate in piccole, medie o grandi imprese. La suddivisione delle aziende in categorie dimensionali rimanda ad una classificazione basata su criteri di misura ampiamente condivisi.
La dimensione dell’impresa è condizionata da una pluralità di variabili, la cui reciproca coerenza è necessaria per garantirne l’equilibrio della gestione.
Il concetto di dimensione è però relativo, in quanto un’azienda definita piccola, media o grande in una realtà economica, se rapportata ad un contesto diverso può assumere una connotazione dimensionale diversa.
Il problema fondamentale per l’imprenditore è quello di ricercare e giungere alla dimensione ottima, cioè alla combinazione più efficiente in termini di produttività e redditività.

 

      • La struttura organizzativa

La scelta dei criteri di individuazione, classificazione ed assegnazione alle unità organizzative il lavoro da svolgere, crea la struttura organizzativa di ciascuna impresa.
I criteri di divisione del lavoro seguono due logiche che determinano il grado di specializzazione:

        • divisione orizzontale: concerne il frazionamento dell’intero processo produttivo in una serie di attività elementari, individuate in funzione delle caratteristiche tecniche o in funzione della natura e dei mercati di sbocco dei prodotti.

Le attività elementari sono unità raggruppate in compiti (presentano diversi livelli variabili di difficoltà tecnica);
ed attribuiti a determinate posizioni, cioè alle unità organizzative elementari (sono ordinate in organi ai quali è attribuito lo svolgimento di funzioni complesse).
L’insieme dei compiti assegnati a ciascuna posizione costituisce una mansione ( sono costituite da una pluralità di compiti da svolgere e sono caratterizzate da varietà).
I criteri adottati nella divisione del lavoro in senso orizzontale determinano il tasso di specializzazione: anche una specializzazione molto accentuata può trascinarsi dei rischi, in quanto un’azienda molto specializzata diventa poco flessibile, inadatta a reagire con sollecitudine ai mutamenti del contesto ambientale.
L’attenzione alle motivazioni individuali è lo strumento che invece consente l’integrazione degli obiettivi aziendali con quelli del lavoratore: pertanto una struttura organizzativa non può essere governata solo dalle esigenze connesse ai processi tecnici di trasformazione, equiparando il lavoro umano con quello di una qualsiasi macchina.

        • Divisione verticale: riguarda le definizione delle competenze di comando e di coordinamento: alcuni organi risulteranno in un posizione gerarchica di comando, altri in una posizione subordinata.

La distribuzione del potere tra i vari organi definisce il grado di accentramento della struttura. Il potere è distribuito utilizzando lo strumento della delega, mediante la quale si trasferiscono ad organi posti a livelli gerarchici inferiori parte delle competenze.

 

L’organigramma è la rappresentazione grafica che evidenzia gli organi della struttura ed i livelli gerarchici nei quali sono situati.
Ovviamente, esso non può esplicitare in modo compiuto le mansioni, i compiti corrispondenti alle diverse posizioni: intervengono a tal scopo i mansionari: documenti dettagliati con i quali sono descritte le mansioni  o i compiti attribuiti, le procedure ed i regolamenti che stabiliscono la sequenza di svolgimento delle operazioni.

 

      • I principali modelli si struttura organizzativa
  • Struttura elementare: tipica delle piccole aziende, elementare in quanto le diverse funzioni non sono ben distinte. Tutte le attività fanno riferimento all’imprenditore, aiutato da dipendenti con posizioni intermedie ma con scarsa autonomia, in quanto prevale uno stretto rapporto gerarchico. Il vantaggio risiede nella possibilità di formare rapporti diretti tra l’imprenditore e i dipendenti.

 

  • Struttura funzionale: il criterio di fondo parte dalla considerazione che l’azienda è suddivisa in una serie di aree funzionali; per cui l’attribuzione delle posizioni ed il raggruppamento in organi avviene seguendo la logica delle aree. Il modello prevede la formazione di due livelli gerarchici:
  • direzione generale: preposta all’elaborazione delle strategia, alla composizione di eventuali conflitti tra aree ed al controllo dei risultati;
  • aree funzionali: concorrono all’elaborazione delle decisioni e rendono operativi gli indirizzi stabiliti. Alle aree sono affiancati spesso gli organi staff.

La struttura funzionale è adatta alle aziende impegnate soltanto in un settore.
I vantaggi sono collegati all’alto tasso di specializzazione ottenuto dalle aree, al conseguente incremento dei rendimenti delle risorse impiegate e allo sfruttamento delle conoscenze tecniche che maturano al loro interno.

 

  • Struttura multidivisionale: al cui interno di creano delle divisioni nelle quali si svolgono tutte le funzioni inerenti un determinato prodotto o un determinato mercato di sbocco. Le divisioni sono organizzate come delle imprese e riproducono al proprio interno una struttura funzionale. Esse godono di ampia autonomia, graduata in funzione del potere decisionale. I limiti sono dati dal rischio di incremento dei costi causato dalla moltiplicazione delle aree funzionali che svolgono le stesse mansioni, ma in divisioni diverse.

 

  • Struttura a matrice: tipica delle aziende che producono su scommessa.

(- un’azienda produce per il magazzino se la produzione viene programmata ed attuata in base a determinate previsioni di assorbimento del mercato prima che la domanda del prodotto si esprima effettivamente;
un’azienda produce su scommessa quando è la domanda, il cliente che commissiona un determinato prodotto secondo parametri tecnici da questi stabiliti).
La produzione su scommessa ha per oggetto prodotti complessi la cui ultimazione richiede tempi lunghi. La struttura a matrice si caratterizza per la presenza di organi posto ai lati di un’immaginaria matrice rappresentati dalle aree funzionale e dalle unità di progetto.
L’intento è quello di associare i vantaggi delle struttura funzionale e delle struttura multidivisionale.

 

Nella realtà le strutture organizzative si articolano secondo modalità che più aderiscono agli specifici obiettivi aziendali; non bisogna pensare alla struttura organizzativa come un assetto immutabile.

      • Funzioni e processi aziendali

 

La gestione aziendale si concretizza in un complesso di operazioni e attività coordinate finalizzate al raggiungimento delle finalità aziendali. È possibile pervenire a delle scomposizioni astratte dell’unità economica aziendale per migliorare la comprensione e l’analisi del fenomeno aziendale.
Si distinguono due principali modalità di studio dell’azienda e cioè:

  • studio per funzioni: si rivolge ad identificare i singoli sub- sistemi operativi in base ai quali risorse, fattori produttivi utilizzati e competenze risultano accomunati da un punto di vista tecnico.
  • studio per processi: fonda la propria impostazione sugli obiettivi delle operazioni che risultano accomunate dall’identità del fine per il quale vengono effettuate.

 

      • Le funzioni aziendali

Con tale espressioni si intendono indicare i singoli sub- sistemi operativi in base ai quali risorse, fattori produttivi utilizzati e competenze risultano accomunati da un punto di vista tecnico.
È tradizionalmente diffusa l’impostazione secondo cui si distinguono le seguenti principali funzioni aziendali:

Sono funzioni caratteristiche (o operative) rivolte al raggiungimento degli obiettivi aziendali, assumendo caratterizzazione specifica in funzione del settore di attività

 Marketing
  • Produzione e logistica
  • Ricerca e sviluppo

 


Sono funzioni integrative (o ausiliarie) sono un’attività di supporto al governo aziendale.

 Pianificazione strategica
  • Organizzazione e personale
  • Amministrazione e controllo

 

    • Le funzioni caratteristiche

 

MARKETING:  è una funzione complessa rivolta a regolare i rapporti tra azienda ed ambiente esterno per favorire l’analisi dell’ambiente in cui l’azienda opera.
L’impresa attua delle vere e proprie strategie di marketing che trovano in appositi strumenti revisionali (piani) la definizione dell’obiettivo di mercato che s’intende raggiungere (target market).
I piani di marketing si propongono di individuare i percorsi in grado di favorire l’attuazione delle strategie aziendali in funzione del prodotto offerto e/o del mercato scelto.
L’analisi dell’ambiente comporta la necessità di distinguere variabili sulle quali l’impresa determina un controllo da quelle svincolate al controllo dell’impresa.
Le prime sono costituite dai seguenti elementi:

 

 

  • Prodotto: le strategie aziendali devono tener conto del ciclo di vita di un prodotto composto da:
  • progettazione: fase di ideazione e successiva realizzazione del prodotto da offrire;
  • introduzione e lancio: fase in cui il prodotto è introdotto sul mercato;
  • sviluppo;
  • maturità: fase in cui l’impresa vive il confronto con i concorrenti cercando di mantenere la propria quota di mercato;
  • declino: è la fase che chiude il ciclo sia per scelta aziendale, sia per cambiamenti dei gusti di mercato o superamento tecnologico dei prodotti offerti che escono fuori- mercato.
  • Prezzo: elemento cui i processi decisionali dei clienti sono tradizionalmente sensibili. Le politiche di prezzo consistono nei vari metodi di determinazione del prezzo, compresi gli aspetti connessi che trovano in alcuni fattori il relativo riferimento:
  • Costi: identificazione di una configurazione di costo per individuare il livello inferiore al di sotto del quale la fissazione del prezzo risulterebbe decisiva in senso negativo;
  • Domanda: considerare i livelli della domanda;
  • Concorrenza: influenza la fissazione del prezzo, in funzione di politiche aggressive delle imprese concorrenti.
  • Distribuzione: consiste nel percorso seguito dal bene offerto dall’impresa per raggiungere il cliente. È possibile distinguere canali distributivi di diversa lunghezza:
    • Canale diretto: si ha nel momento in cui il produttore raggiunge il consumatore direttamente senza la presenza di intermediari;
    • Canale corto: è il dettagliante a rappresentare l’unico intermediario presente fra il produttore e il consumatore;
    • Canale lungo: quando il numero di intermediari è uguale o superiori a due.
  • Promozione: insieme di strumenti rivolti a creare l’immagine dell’azienda e a far conoscere i prodotti. Gli strumenti promozionali sono rappresentati da:
    • Forme di vendita mediante personale: costituisce un’attività informativa rivolta ai singoli clienti per informarli e convincerli all’acquisto del prodotto aziendale;
    • Pubblicità: si identifica con una forma impersonale di comunicazione rivolta a fasce ampie di consumatori mediante l’uso dei mass media per sollecitare la domanda;
    • Vendita promozionale: per favorire il processo di acquisto dei consumatori e migliorare l’efficacia dell’attività distributiva, mediante azioni di sollecitamente con effetto a breve termine;
    • Tele – marketing.

 

 

 

 

 

 

RICERCA E SVILUPPO: assolve al fondamentale compito di consentire all’azienda il miglioramento delle proprie capacità di adattamento alle mutevoli condizioni del mercato.
Si rende necessario separare il concetto di RICERCA dal concetto di SVILUPPO

 

 

 

 

 

 

 

 

 


FUNZIONE PRODUZIONE E LOGISITCA: è l’insieme di attività di trasformazione delle materie acquistate dall’impresa in prodotti con l’obiettivo di soddisfare le aspettative del mercato.

 

FUNZIONE PRODUTTIVA

FUNZIONE LOGISTICA

Si basa sull’impiego di risorse tecniche, umane e informative e deve garantire la predisposizione e razionale utilizzazione della capacità produttiva necessaria allo svolgimento efficace ed efficiente dell’attività tecnica.

Le varie tipologie di processi produttivi sono:

            • produzione su scommessa: caratterizzata dal fatto che il prodotto viene ottenuto su richiesta del cliente ( si tratta di prodotti molto complessi e di dimensione notevole);
            • produzione in serie: identifica quelle produzioni in cui il prodotto risulta ottenuto in quantità molto elevata e ciò senza che necessariamente esista un ordine precedente

L’obiettivo fondamentale è quello di mettere in relazioni la funzione di produzione con le vendite in modo da garantire la consegna dei prodotti richiesti nei tempi e nei quantitativi effettivi, mantenendo i costi logistici al più basso livello.

Il criterio si fonda sul presupposto che la durata del ciclo di fabbricazione sia pari o inferiore al tempo che il mercato è disposto ad attendere tra il momento dell’emissione dell’ordine ed il ricevimento effettivo.

 

Dal punto di vista operativo, le fasi che si susseguono sono:

  • progettazione del prodotto: in questa fase ci si occupa anche del
    • GRADO DI AUTOMAZIONE DEGLI IMPIANTI;
    •  MODALITÁ SIA DELLE RISORSE TECNICHE CHE DELLE RISORSE UMANE;
    • DISPOSIZIONE FISICA DEI REPARTI E DEGLI IMPIANTI IN FUNZIONE DELLA SEQUENZA DELLE OPERAZIONI DA ESEGUIRE
  • determinazione dei metodi di produzione e delle tecnologie utilizzabili, dei cicli di fabbricazione e delle attrezzature necessarie per ottenere quel determinato prodotto;

è evidente che diviene fondamentale una corretta politica delle scorte:l’attività di gestione delle scorte deve essere in gradi di consentire la rilevazione e valorizzazione delle disponibilità fisiche, di individuare i lotti e i tempi di riordino, di garantire un adeguato livello di servizio al cliente, di ridurre gli oneri di gestione.

 

 

Le tecniche di gestione si distinguono in:

  • tecniche di gestione a scorte: la cui domanda deriva direttamente dalle richieste del mercato, parte dalla previsione dei consumi, determinata analizzando le vendite degli anni precedenti, al fine di stabilite una quantità da tenere in giacenza per soddisfare la domanda. Quando le scorte scendono al di sotto di un livello considerato accettabile viene emesso un ordine per il reintegro delle scorte;
  • tecniche di gestione a fabbisogno: il calcolo del fabbisogno viene eseguito sulla base del Piano Principale di Produzione (MSP) scomposto ed analizzato in funzione della distinta base. Questo sistema determina il fabbisogno di tutti i codici posti a livelli successivi a quello zero riportati nella distinta base.

I requisiti di tale modello sono:
1. produzione di tipo flessibile e discontinua che consente un controllo dei flussi dei materiali e l’eliminazione delle scorte;
2. frequenti rapporti con i fornitori attraverso la localizzazione degli stessi nelle immediate vicinanze dello stabilimento;
3. domanda tendenzialmente costate ed adeguata e frequente collegamento con i clienti attraverso sistemi di produzione elettronica dei dati.

    • LE FUNZIONI INTEGRATIVE O AUSILIARIE

 

ORGANIZZAZIONE E GESTIONE DEL PERSONALE: tale funzione si occupa di uno dei più importanti fattori produttivi presenti nel sistema aziendale e cioè il fattore lavoro. Essa studia e fornisce all’azienda la sua struttura organizzativa, suddividendo le mansioni tra il personale e coordinando il suo operato. La gestione del personale provvede all’acquisizione delle risorse umane occorrenti e alla loro gestione.

 

FINANZA: il ruolo assegnato alla finanza aziendale è quello del reperimento delle risorse finanziarie sul mercato dei capitali attraverso l’osservazione del costo, la composizione delle forme di finanziamento, l’adozione di tecniche connesse alla gestione della liquidità e della distribuzione dei dividendi.
Gli obiettivi della funzione finanza riguardano:

        • scelta di una struttura finanziaria;
        • politica dei dividendi;
        • valutazione degli investimenti in capitale fisso: convenienza economica ad effettuare un investimento e viene determinata ponendo a confronto le entrate e le uscite monetarie prodotte dallo stesso;
        • gestione degli equilibri finanziari e monetari;
        • gestione del capitale circolante;
        • scelta in termini di strumenti di finanziamento

CONTROLLO GESTIONALE: attività volta alla produzione di informazioni con le quali analizzare e rendere noti i risultati della gestione. Tale attività di controllo ha come destinatario principale il management aziendale, ovvero colore che devono prendere decisioni e rispondere dei risultati ottenuti.
L’importanza della funzione di controllo emerge ad ogni evidenza costituendo un processo di continua ponderazione della gestione passata, presente e futura con conseguenti effetti positivi sui processi decisionali aziendali.
Un processo direzionale si esplicita a livello di:

  • controllo preventivo: serve per verificare l’adeguatezza e validità dei programmi aziendali rispetto agli obiettivi aziendali;
  • controllo consuntivo: fondato su rilevazioni di tipo concomitante e susseguente, volto alla verifica periodica dei risultati delle operazioni intraprese dall’azienda nel fluire della gestione, al fine di verificare se i risultati delle azioni stesse sono coerenti con gli obiettivi prefissati dai programmi aziendali.

Gli strumenti a disposizione dell’impresa per l’esercizio di tali controlli sono:

      • piani e programmi: sono strumenti di controllo tipicamente revisionale, danno vita all’attività di programmazione e di pianificazione, favorendo la formulazione dei programmi di breve e lungo termine riguardanti l’azienda nella sua interezza o di sue parti;
      • contabilità analitica:si rivolge a comprendere i risultati economici aziendali e a rendere razionali i percorsi decisionali aziendali, mediante lo studio dei costi e dei ricavi di produzione;
      • contabilità generale e bilancio: elabora sistematicamente i dati grezzi dalle rilevazioni elementari per pervenire alla determinazione del risultato economico di esercizio e del connesso capitale di funzionamento;
      • rilevazioni extra – contabili

 

Tali scritture complesse si attuano per mezzo di un sistema di conti che trova nella partita doppia la metodologia diffusa. Sono 2 i registri fondamentali mediante i quali tale metodo si esplicita:

  • libro mastro: libro di scritture sistematiche in cui le operazioni sono riportate secondo gli aspetto che le operazioni stesse hanno interessato;
  • libro giornale: in cui le operazioni vengono rilevate indicando le somme da addebitare e accreditare nei singoli conti in cui l’operazione trova registrazione. È un libro obbligatorio per legge.

 

PIANIFICAZIONE STRATEGICA: con questa espressione si individua una funzione che serve per riflettere attraverso appositi strumenti il moto futuro dell’azienda nella sua interezza, servendo da guida per l’azione amministrativa e da controllo sull’efficienza economica dell’azienda.
In ogni impresa la pianificazione strategica si articola in un processo costituito da più fasi che partendo

  • dall’analisi dell’ambiente: comporta lo studio dell’ambiente interno ed esterno all’impresa, ciò con l’obiettivo di anticipare da un lato le tendenza dell’economia, della concorrenza e identificare i punti di forza e di debolezza dell’impresa, analizzando le risorse e le capacità presenti in essa;
  • passa attraverso la definizione delle aree di attività e degli obiettivi aziendali
  • per giungere all’individuazione delle strategie da adottare e relativi piani operativi.

La funzione di pianificazione strategica si attua attraverso un’azione amministrativa tesa a costituire un sistema di conoscenze prospettiche sulla vita dell’azienda, concretandosi nei cosiddetti piani di impianto o strategici diretti a predeterminare le strutture aziendali, sulle quali si svilupperà la gestione, e i piani di esercizio o operativi che mirano a predeterminare l’andamento delle operazioni aziendali per un concreto periodo di tempo sulla base della struttura aziendale già esistente.

      • I processi aziendali

Con l’espressione processo si intende un insieme di attività correlate aventi un obiettivo comune.
Il processo aziendale si sviluppa secondo un insieme di attività interdipendenti, svolte utilizzando input di varia natura utilizzati per ottenere un dato output. A tal riguardo, si evidenzia immediatamente che nell’ambito di un processo è possibile rinvenire operazione ed attività funzionalmente differenti.
Nell’ambito di un processo le varie funzioni aziendali si intrecciano e si combinano con la comune finalizzazione del raggiungimento degli scopi aziendali.
La logica di fondo dell’impostazione per processi è basata sul concetto pregnante che obiettivo preminente è l’orientamento al cliente finale ed alla sua soddisfazione. Si suppone che ogni attività aziendale denoti la presenza di un fornitore e di un cliente: un processo aziendale può raffigurarsi come una catena in cui ogni anello assume la natura di fornitore e di cliente.

      • Vantaggio competitivo e creazione del valore

 

Nell’ambito degli studi specifici ha assunto particolare importanza l’opera di Porter che ha introdotto un concetto ben delineato di vantaggio competitivo e un modello di analisi, la catena del valore attraverso cui è possibile identificare e valutare le attività aziendali generatrici di valore.
La sua analisi parte dalla considerazione che determinante del successo o del fallimento di un’impresa è la concorrenza la quale indirettamente individua le attività aziendali in grado generare una posizione redditizia e sostenibile nell’ambito del settore industriale nel quale essa opera.
Nel contesto competitivo il comportamento delle aziende si articola in due strategie di fondo:

  • Strategia basata sui costi: nella quale l’obiettivo è ideare, produrre e commercializzare un prodotto in maniera più economica rispetto ai propri concorrenti.;
  • Strategia basta sulla differenziazione: in cui il fine è quello di fornire al cliente un prodotto che per fattori di qualità e di servizio e per caratteristiche intrinseche viene da questi percepito come unico o superiore;
  • Focalizzazione: che potrà essere di costo o di differenziazione; la differenza sostanziale risiede nel contesto competitivo di riferimento che in questa coincide con un segmento ristretto di un più ampio settore di attività.

 

Il vantaggio competitivo è la capacità dell’azienda di sviluppare e sostenere nel lungo termine competenze distintive in grado di generare un differenziale che possa essere recepito positivamente dal mercato nel quale opera.
La sostenibilità del vantaggio competitivo risiede nella capacità dell’azienda di resistere agli effetti erosivi prodotti dal comportamento della concorrenza e dall’evoluzione del settore nel quale opera. Ciò è possibile solo le singole attività aziendali vengono svolte come se fossero sub – sistemi in stretta relazione tra loro e facenti parte di un sistema più ampio quale l’azienda: l’identificazione delle stesse e del modo come queste partecipano alla formazione del valore viene definito catena del valore.

 

Nell’ambito delle attività aziendali in grado di partecipare in maniera adeguata alla formazione del margine finale si distinguono:

    • attività primarie: insieme di tutte quelle attività che partecipano in modo diretto alla formazione del margine in quanto collegare alla creazione fisica del prodotto, alla sua vendita e alla sua localizzazione sul mercato. Sono tali:

 

  • logistica in entrata: attività collegate al ricevimento, magazzinaggio, distribuzione dei fattori produttivi;
  • attività operative:attività dirette alla trasformazione dei fattori per l’ottenimento del prodotto finito;
  • logistica in uscita:comprende la raccolta, l’immagazzinamento e la distribuzione fisica dei prodotti finiti;
  • marketing e vendite: attività che servono per far conoscere il prodotto al cliente e ad indurlo all’acquisto;
  • servizi: attività che tendono a migliorare e sostenere il valore del prodotto finale.
    • attività di supporto: comprende:
  • approvvigionamento: attività dirette all’acquisizione degli input necessari allo svolgimento di tutte le altre attività aziendali;
  • sviluppo della tecnologia: attività di miglioramento e sviluppo del prodotto ed i processi di ingegnerizzazione;
  • gestione delle risorse umane: comprende tutte le fasi riguardanti il personale;
  • attività infrastrutturali: attività legate ai processi decisionali, di pianificazione ed in genere amministrativi dell’azienda.

 

È evidente come sia necessario ai fini dei processi di ottimizzazione e coordinamento dei collegamenti esistenti tra le attività realizzare un flusso informativo costante ed adeguato, al fine di svolgere al meglio le operazioni aziendali e calibrare le decisioni importanti per il raggiungimento di un vantaggio competitivo.

 

Fonte:   http://blog.reteluna.it/comunicazionelecce/wp-content/uploads/2008/02/appunti-di-economia-aziendale.doc

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 


 

 

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