Costi di produzione

 

 

 

Costi di produzione

 

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Costi di produzione

 

I COSTI DI PRODUZIONE

 

LA PRODUZIONE > è la quantità di beni prodotta dall'impresa (output) mediante l'impiego di fattori produttivi (input); il processo produttivo trasforma gli input in output.

Può accadere che i beni di consumo si trovino già in natura (un frutto spontaneo), ma il più delle volte devono essere prodotti e per produrre i beni di consumo, devono essere prodotti i beni di produzione.

LA PRODUTTIVITA' DI UN FATTORE PRODUTTIVO > rappresenta la capacità dell'input di generare output.

LA PRODUTTIVITA' DELL'IMPRESA > indica l'efficienza dell'attività produttiva non a livello dei singoli fattori produttivi ma dell'intera impresa; dipende dalle capacità organizzative dell'imprenditore, in particolare dalla capacità di scegliere le tecniche produttive economicamente più efficienti.

Per tecnica produttiva si intendono le possibili combinazioni di fattori produttivi, tenendo conto dello stato della tecnologia; es. si può scavare un fossato con il lavoro di 10 uomini muniti di pala o con il lavoro di un solo operaio munito di macchina scavatrice.

LA PRODUTTIVITA' MARGINALE > indica l'incremento di produzione dovuto all'impiego aggiuntivo di un'unità di fattore produttivo.

 

I RENDIMENTI DECRESCENTI DEI FATTORI PRODUTTIVI  > l'esperienza ha dimostrato che la produttività marginale dei fattori produttivi è  iniziamente crescente e, successivamente, decrescente (si parla di “legge dei rendimenti decrescenti dei fattori produttivi). E' intuitivo che, all'inizio, aumentando le unità utilizzate del fattore produttivo, è possibile migliorare l'organizzazione produttiva; in seguito, l'incremento eccessivo di utilizzo del fattore produttivo crea problemi di gestione, con conseguenti effetti negativi sulla produttività marginale. Ora, teniamo presente la seguente distinzione:

produttività media > è data dal rapporto tra le quantità prodotte e le quantità di fattore produttivo impiegate;

produttività marginale > è il contributo alla produzione dato dall'ultima unità di fattore produttivo impiegato;

possiamo concludere che se aumenta la produttività marginale del fattore produttivo, aumenta anche la sua produttività media, mentre se diminuisce la produttività marginale anche la produttività media diminuisce.

 

QUANTO PAGARE L'UTILIZZO DI UN FATTORE PRODUTTIVO E LA SCELTA TRA L'UTILIZZO DEI MACCHINARI E DEL LAVORO

Il concetto di produttività marginale permette di risolvere due problemi dell'imprenditore:

  • quanto pagare l'utilizzo di un fattore produttivo

secondo l'impostazione di tipo neoclassico (vedi lo schema sulle teorie economiche) l'imprenditore che voglia realizzare un profitto dalla sua attività, deve pagare l'utilizzo dei fattori produttivi ad un valore inferiore (al massimo uguale) al valore della loro produttività marginale; poiché la produttività marginale ha un andamento decrescente, le unità di fattore produttivo impiegate devono essere progressivamente pagate di meno;

  • la scelta tra l'utilizzo dei macchinari o del lavoro

occorre fare una analisi benefici-costi dell'utilizzo dei macchinari e del lavoro umano e si fa ricorso alla nozione di utilità marginale ponderata > ponendo in relazione il valore della produttività marginale dell'unità aggiuntiva di fattore produttivo con il suo costo di impiego > più alto è il valore della produttività marginale ponderata maggiore risulta la convenienza di utilizzo di quel fattore produttivo.

IL METODO DI PRODUZIONE > è dato dalla combinazione di input necessari per ottenere un'unità di output. Come già detto, un prodotto può essere realizzato mediante diversi metodi di produzione; ad esempio, si possono utilizzare più macchinari e meno lavoro e viceversa; spetta all'imprenditore decidere la combinazione di fattori produttivi che, nel complesso, aumenta la produttività dell'impresa e minimizza i costi di produzione. Dunque, possiamo dire che:

l'imprenditore deve

  • pagare l'utilizzo dei fattori produttivi non oltre il valore della loro produttività marginale
  • impiegare il fattore produttivo con più alta produttività marginale ponderata.

 

IL COSTO DI PRODUZIONE è il sacrificio economico-finanziario che l'imprenditore deve sopportare per ottenere la produzione (pagamento dei salari, acquisto dei macchinari...); in generale, si può affermare che se la produttività dei fattori produttivi aumenta, diminuiscono i costi di produzione e la produttività dei fattori è influenzata dalle innovazioni organizzative nonchè dalle innovazioni tecnologiche. E' intuitivo che, solo conoscendo i costi di produzione, l'imprenditore può verificare se i ricavi superano i costi determinando, così, un margine di profitto.

COSTI FISSI sono quei costi che non variano con l'aumentare o il diminuire della produzione > sono i costi che l'imprenditore deve sostenere anche se la produzione è nulla. Così, ad esempio, per l'imprenditore è un costo fisso la locazione di un capannone al cui interno avviene l'attività produttiva; ma la distinzione tra costi fissi e costi variabili è valida solo in relazione al breve periodo; infatti, nel lungo periodo anche gli impianti possono variare e, quindi, tutti i costi devono essere considerati variabili.

COSTO MEDIO FISSO è determinato dal rapporto tra costo fisso e quantità prodotte > il valore ottenuto rappresenta la misura in cui i costi fissi devono essere ripartiti su ogni bene prodotto > è agevole osservare che, poiché i costi fissi non variano al variare della produzione, se aumentano le quantità prodotte il costo fisso medio per unità di prodotto diminuisce.

COSTI VARIABILI sono quei costi che variano con il variare delle quantità prodotte; sono variabili i costi relativi alle materie prime, al lavoro, ai macchinari.

COSTI MEDI VARIABILI si ottengono dai costi variabili totali divisi per le unità prodotte > essi rappresentano la parte di costo variabile che grava su ogni unità prodotta.

COSTI TOTALI sono determinati dalla somma dei costi fissi e dei costi variabili.

In sintesi, possiamo affermare che i costi di produzione comprendono sia i costi fissi sia i costi variabili; nel breve periodo i primi sono stabili mentre i secondi variano con il livello della produzione.

COSTO MEDIO è dato dal rapporto tra il costo totale sostenuto e la quantità prodotta (si ottiene dividendo i costi totali per le quantità prodotte); il costo medio rappresenta il sacrificio economico-finanziario sostenuto dall'imprenditore per realizzare un'unità di produzione. Esso può anche essere considerato come la somma dei costi fissi medi e dei costi variabili medi.

L'individuazione del costo medio di produzione è di fondamentale importanza per l'imprenditore che, per realizzare un profitto, deve applicare al bene prodotto un prezzo superiore al costo medio di produzione; d'altra parte il prezzo del prodotto è un fattore importante nella lotta commerciale tra imprenditori che producono lo stesso bene per cui l'imprenditore che voglia mantenere un prezzo competitivo, dovrà cercare di ridurre i costi medi di produzione al di sotto di quelli delle imprese concorrenti facendo attenzione a mantenere inalterata la qualità del prodotto. La produzione che corrisponde al costo medio minimo costituisce il punto di ottimo tecnico > in tal caso l'impresa utilizza gli impianti nel miglior modo possibile riducendo al minimo i costi sostenuti per ogni prodotto.

IL PREZZO DEL PRODOTTO è il ricavo monetario dell'imprenditore per la vendita di un determinato bene. Il costo medio di produzione è l'esborso monetario che l'imprenditore ha sostenuto per produrre un'unità di un determinato bene > per evitare perdite economiche, il prezzo di vendita del prodotto non può essere inferiore al costo di produzione.

COSTO MARGINALE rappresenta il sacrificio economico-finanziario aggiuntivo che l'imprenditore deve sostenere per produrre un'unità aggiuntiva di bene > se il costo medio indica in che modo il totale dei costi di produzione si ripartisce sul singolo prodotto, il costo marginale ci dice come variano i costi di produzione al variare della quantità prodotta, in altre parole il costo marginale corrisponde alla variazione del costo totale > per l'imprenditore è importante conoscere il costo marginale della produzione per stabilire quando non è più conveniente produrre ulteriormente > conoscendo i costi di produzione e il prezzo di vendita del bene prodotto, l'imprenditore può individuare quale quantitativo di produzione deve realizzare e riuscire a vendere per essere, quanto meno, in pareggio tra ricavi e costi.

ANDAMENTO DEI COSTI AL VARIARE DELLE QUANTITA' PRODOTTE

I costi totali aumentano all'aumentare della produzione e viceversa;

i costi variabili aumentano all'aumentare della produzione e viceversa;

i costi fissi non variano al variare della produzione;

i costi fissi medi diminuiscono all'aumentare della produzione;

il costo medio prima decresce e poi cresce all'aumentare delle quantità prodotte;

il costo marginale prima decresce e poi aumenta all'aumentare delle quantità prodotte.

 

LE ECONOMIE DI SCALA riguardano le grandi produzioni e si tratta della riduzione dei costi che le grandi imprese riescono ad ottenere rispetto alle imprese dello stesso settore ma di minori dimensioni. Si pensi alle imprese di grandi dimensioni che ottengono dalle banche prestiti a minore tasso di interesse (le banche, infatti, non corrono rischi per eventuali insolvenze, potendosi rivalere sui beni dell'impresa) o che acquistano, in grande quantità, materie prime e semilavorati ottenendo considerevoli sconti. D'altra parte solo le grandi imprese, impegnate in grossi volumi di produzione, hanno convenienza ad adottare quelle costose innovazioni che aumentano la produttività dell'impresa facendo diminuire i costi medi di produzione.

DISECONOMIE DI SCALA riguardano sempre le grandi imprese: si pensi all'aumento dei costi di produzione derivante della difficoltà di effettuare controlli di gestione e di qualità del prodotto....

La grande impresa è soggetta anche ad un altro rischio: normalmente ha elevati costi fissi (data la dimensione degli impianti) per cui, nei periodi di crisi economica in cui le vendite si riducono, anche con la produzione ridotta, va incontro a gravi perdite economiche.

 

LE ECONOMIE E LE DISECONOMIE ESTERNE. Si parla di economie esterne quando i costi di produzione sono ridotti da una situazione favorevole esterna all'impresa; si pensi alle autostrade, ai collegamenti ferroviari ecc. creati dall'intervento pubblico che fanno diminuire i costi di trasporto e, quindi, i costi di produzione complessivi. Si parla, invece, di diseconomie esterne quando, all'esterno dell'impresa vi sono situazioni che ostacolano il processo produttivo e che fanno aumentare i costi di produzione dell'impresa (es. la pubblica amministrazione è inefficiente e, quindi, determinate autorizzazioni vengono rilasciate in ritardo).

I BENEFICI E I COSTI SOCIALI. L'attività di impresa, a sua volta, può portare benefici o costi all'esterno di essa. Si pensi ad una produzione di miele con le api che impollinano vari tipi di piante: questa situazione produttiva porta benefici ad altre imprese agricole e all'ambiente naturale; al contrario, il fumo delle ciminiere di un'impresa causando danni all'ambiente e alla salute delle persone, determina un costo sociale che incide su soggetti estranei all'impresa ma non sui costi dell'attività per cui l'imprenditore non è interessato ad eliminarlo. Di norma interviene lo Stato che regolarizza le attività produttive in modo da ridurre al minimo i costi sociali (per esempio, obbligando l'imprenditore ad adottare misure contro l'inquinamento).

In conclusione, possiamo affermare che i principali benefici sociali prodotti dall'impresa sono:

  • la creazione di posti di lavoro che garantiscono un benessere economico-sociale diffuso;
  • la creazione di ricchezza che, consentendo un incremento delle entrate pubbliche, permette un aumento della spesa pubblica.

 

Secondo l'economista John M. Clark, puo' dirsi che un corso di economia abbia ottenuto un reale successo se gli studenti raggiungono una totale comprensione del significato del costo in tutti i suoi molteplici aspetti!

 

Fonte: http://share.itismajo.it/polotecnicobraidese/1213-3a/Materiali/i%20costi%20di%20produzione.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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Costi di produzione

 

Riassunto CAPITOLO 13

I COSTI DI PRODUZIONE

 

I beni ed i servizi dei quali usufruiamo quotidianamente sono prodotti da imprese. Adesso cercheremo di comprendere meglio quali decisioni contribuiscano a determinare la curva di offerta e come le decisioni dell’impresa relative ai prezzi e alle quantità da offrire sono condizionate dalla situazione del mercato in cui essa opera.

 

  • CHE COSA SONO I COSTI
    • – Ricavo totale, costo totale e profitto

Normalmente gli economisti ipotizzano che l’obiettivo dell’impresa sia la massimizzazione del profitto (meglio definito come risultato netto di produzione). 

Vediamo allora di mettere in luce alcuni dati essenziali:

  • RICAVO TOTALE – somma che l’impresa incassa complessivamente dalla vendita del proprio prodotto;
  • COSTO TOTALE – somma che l’impresa spende complessivamente per acquistare i fattori di produzione;
  • PROFITTO (o RISULTATO NETTO DI PRODUZIONE)  - differenza tra ricavo totale e costo totale.

 

Per vedere come un’impresa possa massimizzare il RNP occorre prima considerare il problema della misurazione del ricavo totale e del costo totale.

 

    • – Il costo come costo-opportunità

In generale, diciamo che il costo di un bene è ciò a cui si deve rinunciare per goderne.

In particolare, il costo-opportunità  di un bene fa riferimento a tutto ciò a cui bisogna rinunciare per poterlo acquisire: quando un economista parla dei costi di produzione di un’impresa, include tutti i costi-opportunità che questa sostiene per realizzare la propria produzione di beni o servizi.

I costi opportunità di produzione di una impresa sono in parte evidenti e in parte occulti. Distinguiamo:

  • costi espliciti – sono i costi che generano un flusso di denaro (es. salari ai dipendenti);
  • costi impliciti – sono i costi che non generano flusso di denaro (reddito a cui l’imprenditore rinuncia per dedicarsi alla propria attività; capitale finanziario investito nell’impresa).

Questa distinzione tra costi impliciti ed espliciti sottolinea una differenza importante tra il punto di vista dell’economista e quello di un contabili nell’analisi delle attività economiche. Infatti, gli economisti sono interessati a studiare le modalità secondo le quali le imprese prendono le proprie decisioni di prezzo e di produzione e  perciò, nel valutare i costi, prendono in considerazione tutti i costi- opportunità. I contabili, invece, si limitano a registrare tutti i movimenti monetari da e verso l’impresa e prendono in considerazione i soli costi espliciti, ignorando quasi completamente quelli impliciti.

 

In base a quanto abbiamo detto, dobbiamo dunque distinguere tra profitto economico e profitto contabile:

  • profitto economico  - è dato dal ricavo totale meno il costo totale,, che comprende sia i costi espliciti sia quelli impliciti;
  • profitto contabile – è il ricavo totale meno i costi espliciti.

 

Vale la pena di notare come il profitto contabile, non prendendo in considerazione i costi impliciti, è sempre maggiore del profitto economico.

Dal punto di vista economico, un’impresa genera profitto soltanto se i suoi ricavi totali sono superiori a tutti i costi-opportunità, sia impliciti che espliciti.

 

  • PRODUZIONE E COSTI

Le imprese incorrono in costi per acquistare i fattori necessari alla produzione dei beni e dei servizi che vengono (lavoro, materie prime, macchine, ecc.).

Vediamo ora una funzione di produzione, cioè la relazione che intercorre tra la quantità  di fattori utilizzata per produrre un bene e la quantità prodotta.

Dobbiamo innanzitutto tenere presente che il criterio-guida che governa le scelte di un individuo razionale è quello  della “marginalità”  che lo porta a domandarsi quanto prodotto in più può ottenere da un incremento marginale (cioè minimo ed arbitrario, di solito fissato in 1 unità) delle risorse impiegate.

Il prodotto marginale  di un fattore di produzione  “i” (PMAi) è l’aumento di quantità prodotta che si può ottenere  grazie all’aumento di una unità del fattore stesso.

PMAi = Δ p

             Δ i

 

Se noi osserviamo una funzione di produzione, notiamo che essa non è una retta ma man mano che cresce si incurva, cioè diventa sempre più piatta all’aumentare del numero delle risorse “i” impiegate. Questo effetto è dovuto al fatto che il prodotto marginale è decrescente: il  prodotto marginale di un fattore di produzione decresce al crescere delle quantità utilizzate del fattore stesso.

 

La pendenza della funzione di produzione è determinata dal prodotto marginale del fattore “i” ed è per questo che mano a mano che aumenta la funzione di produzione si appiattisce.

 

Curva di costo totale

       

 

La curva di costo totale diventa progressivamente più ripida all’aumentare della quantità prodotta a causa del prodotto marginale decrescente. Vediamo così come la curva del costo totale riflette quella della funzione di produzione.

 

  • DIVERSE MISURE DI COSTO

Abbiamo dunque visto come il costo totale di un’impresa dipende dalla funzione di produzione.

Dai dati di costo totale di un’impresa possiamo dedurre altre misure dei costi che ci possono essere utili  nell’analisi delle decisioni di produzione e di prezzo.

 

3.1 – Costi fissi e costi variabili

Il costo totale di un’impresa può essere  suddiviso in due componenti:

  • i costi fissi – non variano al variare della quantità prodotta ed esistono anche se la quantità prodotta è pari a 0. Sono costi fissi, ad esempio, l’affitto dei locali d’impresa, lo stipendio di un contabile: essi devono essere pagati a prescindere dalla quantità di prodotto.
  • I costi variabili – sono quei costi che cambiano in funzione della quantità prodotta. Sono tali, ad esempio, i costi che derivano dall’acquisto delle materie prime e le retribuzioni per gli addetti alla produzione.

 

3.2 – Costo media e costo marginale

L’imprenditore deve decidere quanto prodotto produrre. In questa decisione giocano un ruolo fondamentale le modalità con cui i suoi costi variano al variare del livello di produzione. A tal fine, importantissime risultano essere le risposte a queste due domande:

  • quanto costa in media una unità di prodotto?
  • Quanto costa aumentare la produzione di una unità?

Entrambe queste risposte sono importanti per capire come le imprese decidono il livello di produzione. Vediamole.

  • quanto costa in media una unità di prodotto? Per trovare il costo di una unità prodotta, dobbiamo dividere il costo totale per la quantità prodotta: è questo il costo medio totale. Dal momento che il costo totale è dato dalla somma dei costo fisso e costo variabile, il costo medio totale può essere espresso come somma di costo medio fisso e costo medio variabile. Il costo medio fisso pari al costo fisso diviso per la quantità prodotta; il costo medio variabile è pari al costo variabile diviso per quantità prodotta.

CmeT = Costo totale /Quantità = CT/Q

 

  • quanto costa aumentare la produzione di una unità? A questa domanda si risponde calcolando il costo marginale, cioè l’aumento del costo totale indotto da un aumento unitario della quantità prodotta:

Cma = Δ Costo totale/ ΔQuantità =  ΔCT/ΔQ

 

Questi concetti non aggiungono alcuna nuova informazione sui costi di produzione ma esprimono in una forma diversa le informazioni già contenute nella curva di costo totale di una impresa:

  • il costo medio totale (CMEt) di dice qual è il costo dell’unità di prodotto se si ripartisce il costo uniformemente su tutta la produzione;
  • il costo marginale (CMA) ci dice come aumenta il costo totale in conseguenza dell’aumento di una unità della quantità prodotta.

 

Le curve dei costi e la loro forma

 

Le informazioni più importanti le possiamo trarre dall’osservazione:

-     la forma della curva di costo marginale

  • la forma della curva di costo medio totale
  • la relazione tra le curva di costo marginale e di costo medio totale.

 

    • Curva del costo marginale crescente (CMa) – il costo marginale di un’impresa aumenta all’aumentare della quantità di prodotto.  Questo riflette la caratteristica del prodotto marginale decrescente: se l’impresa produce poco, ha pochi addetti e una parte delle attrezzature non vengono utilizzate può facilmente sfruttare la capacità produttiva inutilizzata a basso costo. Questo vuol dire che produrre una unità di prodotto in più è più costoso se il livello di produzione è già elevato.
    • Curva del costo medio totale (CmeT) a U  - per comprendere la ragione di questa forma dobbiamo ricordare che il CMeT è dato dalla somma del CMeF e del CmeV. Ora, ili CmeF diminuisce progressivamente al crescere della produzione dal momento che un ammontare predeterminato viene ripartito su una base di produzione più ampia; il CMEV al crescere della produzione aumento più che proporzionalmente a causa del Pma decrescente. Il CmeT riflette la somma di entrambe le caratteristiche: a livelli molto bassi di produzione il CMeT è elevato perché il costo fisso  si ripartisce su una base ristretta; poi il CMeT diminuisce progressivamente fino a raggiungere un minimo dopo di che ricomincia a salire spinto dalla crescita del CmeV. Il punto più basso della curva da U corrisponde alla quantità che minimizza il CmeT: questa quantità è definita dimensione efficiente dell’impresa.
    • La relazione tra CMa e CmeT – Riportiamo, per comodità il grafico precedente depurato da quanto non ci serve adesso ed osserviamo quanto segue.

 

 

Se il costo marginale è inferiore al costo medio totale, il costo medio totale è decrescente; se il costo marginale è superiore al costo medio totale, il costo medio totale è crescente.

Questa affermazione ha un importante corollario: la curva di costo medio totale e quella di costo marginale si intersecano in un punto corrispondente alla dimensione efficiente cioè nel  punto in cui troviamo la quantità di prodotto che minimizza il costo medio totale.

Con semplicità, possiamo dire che il costo medio totale è come la media dei voti degli esami dati mentre il costo marginale si può paragonare al voto del prossimo esame: se il voto del prossimo esame sarà superiore alla media degli esami dati, questa aumenterà; se sarà inferiore allora la media scenderà.

La spiegazione di questo sta nel fatto che per bassi livelli di produzione la curva di costo marginale è più bassa di quello di costo medio totale, quindi, quest’ultima è decrescente ma dopo l’intersezione delle due curve, quella di costo marginale  è superiore e, quindi, quella di costo medio totale è crescente.

Il costo medio totale deve cominciare a crescere esattamente nel punto di intersezione delle due curve, che non potrà che essere il punto di minimo della curva stessa. Questo punto minimo della curva di costo totale gioca un ruolo fondamentale nell’analisi delle imprese in concorrenza perfetta.

Questo che abbiamo appena affermato vale sempre, in tutti i casi anche quando si è in presenza di curve non conformi a quelle che abbiamo osservato e che rappresentano la maggior parte dei casi.

Ad esempio, possiamo avere una curva di costo di questo tipo (in rassetto) piuttosto che quella che normalmente osserviamo (tratteggiata):

 

       

Molte imprese fanno registrare un iniziale aumento del prodotto marginale che diventa decrescente solo a partire da un determinato livello di produzione e perciò presentano curve di costo leggermente diverse da quelle viste fino ad ora. Notiamo, in particolare, come le curve di costo marginale e di costo medio variabile abbiano un tratto discendente prima di prendere l’andamento crescente che normalmente le caratterizza.

 

  • I COSTI NEL BREVE E NEL LUNGO PERIODO

I costi di una impresa spesso dipendono dall’orizzonte temporale in esame.

 

    • - Il rapporto tra costo medio totale di  breve e di lungo periodo

Poiché molti costi sono fissi nel breve periodo ma variabili nel lungo, la curva di costo di lungo periodo di un’impresa  è diversa da quella di breve periodo.

 

Da questo grafico vediamo come le curve di CMeT e di lungo periodo siano correlate: la curva di CMeT di lungo periodo ha una forma più appiattita di quelle di breve periodo ed è sempre più bassa di queste. Tali proprietà discendono dal fatto che le imprese godono di una maggiore flessibilità nel lungo periodo.

Quanto tempo ci vuole per essere nel lungo periodo? La risposta dipende dall’azienda che si sta considerando: per una grande impresa industriale, per costruire un nuovo impianto produttivo ci può volere più di un anno; invece, un individuo che gestisce un chiosco  può acquistare un semplice strumento ed installarlo in un’ora. Dunque, non tutte le imprese possono adeguare i propri impianti produttivi nello stesso spettro temporale.

 

4.2 - Economie e diseconomie di scala

La forma della curva di costo medio totale di breve e di lungo periodo ci fornisce informazioni molto importanti sulla tecnologia di produzione di un bene.

  • Economie di scala – la proprietà di cui gode la curva di CMeT nel lungo periodo nel tratto in cui il CMeT diminuisce all’aumentare della quantità prodotta;
  • Diseconomie di scala – la proprietà di cui gode la curva di CMeT nel lungo periodo nel tratto in cui il CMeT aumenta all’aumentare della quantità prodotta;
  • Rendimenti di scala costanti – la proprietà di cui gode la curva di CMeT nel lungo periodo nel tratto in cui il CMeT rimane invariato all’aumentare della quantità prodotta.

Cosa produce economie o diseconomie di scala?

Le economie di scala spesso si generano perché volumi più elevati di produzione permettono di sfruttare la specializzazione dei lavoratori che permette a ogni lavoratore di massimizzare la propria produttività in una specifica mansione (es. catene di montaggio).

Le diseconomie di scala sono provocate spesso da problemi di coordinamento, impliciti in qualsiasi organizzazione di grandi dimensioni: quanto più prodotto viene prodotto tanto più il gruppo manageriale è ampio e quanto meno efficace nel controllare i costi.

Questa analisi spiega perché le curve di CMeT di lungo periodo hanno sovente la forma ad U: per bassi livelli di produzione l’impresa trae beneficio dell’aumento di dimensione perché gode degli effetti di una maggiore specializzazione senza patire i danni causati dai problemi di coordinamento; a elevanti volumi di produzione tutti i benefici della specializzazione del lavoro sono già sfruttati e i problemi di coordinamento si aggravano al crescere della dimensione aziendale. Dunque, la curva di costo medio di lungo periodo è decrescente a bassi volumi di produzione grazie ai benefici della specializzazione e crescente a elevanti volumi di produzione a causa dei problemi di coordinamento.

 

Fonte: http://www.sociologia.uniroma1.it/users/studenti/Riassunti/Mankiw_Riassunti/13_MANKIW.doc

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