Educazione sessuale
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Educazione sessuale
L'EDUCAZIONE SESSUALE A SCUOLA NEL MONDO
L'Inghilterra ha una delle percentuali più alte di ragazze-madri d'Europa e l'educazione sessuale è un argomento molto dibattuto dal governo e dai media. Proprio per rispondere all’emergenza detta school pregnancy un provvedimento della revisione dell'insegnamento nelle scuole inglesi voluto dal Personal, health and sexual education ha previsto che a scuola si discuta di sesso sin dai banchi delle elementari, ai bimbi di cinque anni. Non si tratta di lezioni di sesso, ma si punta a spiegare le relazioni, il quadro e la comprensione di questi argomenti. L'educazione sessuale è invece obbligatoria per almeno un anno per tutti gli studenti a partire dai 15 anni di età.
In Francia l'educazione sessuale fa parte dei programmi scolastici fin dal 1973 ed è prevista la distribuzione di profilattici agli studenti di terza media e prima superiore.
In Germania l'educazione sessuale fa parte dei programmi scolastici fin dal 1970.
L'Olanda presenta una delle più basse percentuali di ragazze madri al mondo e il sistema olandese è spesso considerato un esempio per gli altri Paesi. A partire dalla fine del 1980 il Governo sponsorizza il programma "Amore per tutta la vita" (Lang leve de liefde), con l’obiettivo di formare i giovani ad una sessualità consapevole. Viene proposto il modello noto appunto come “doppio olandese” che prevede la duplice barriera, cioè l’utilizzo combinato di contraccettivi ormonali orali e preservativo per difendersi da gravidanze indesiderate e malattie sessualmente trasmissibili (MST).
In Svezia l'educazione sessuale fa parte integrante dei programmi scolastici fin dal 1956. Si comincia a trattare gli argomenti dalle prime classi elementari e si continua per l’intero ciclo di studi.
In Spagna dal 1985, l'educazione sessuale, non obbligatoria, è prevista per le scuole, che sono libere di decidere come applicare i programmi che possono essere inseriti come materia a sé o integrati nel curriculum di altre, ad esempio scienze.
In Portogallo dal 1990 l’educazione sessuale è materia obbligatoria a scuola.
Negli USA l’educazione sessuale facoltativa è prevista nelle scuole medie inferiori e superiori. I programmi variano a seconda dell’istituto e l'educazione sessuale si insegna in due forme principali: quella completa e quella che si limita alla sola astinenza.
- L'educazione sessuale completa insegna i metodi di contraccezione e di prevenzione delle malattie. Tratta argomenti come il passaggio alla maturità sessuale/pubertà, l'HIV, le malattie sessualmente trasmissibili, l'astinenza (castità), il problema delle ragazze-madri e come resistere alla pressione dei coetanei. Argomenti come i metodi anticoncezionali e di prevenzione delle malattie, le tendenze sessuali, la violenza sessuale e la pratica e l'etica circa l'aborto sono trattati con notevole disparità, da scuola a scuola.
- L'Educazione sessuale focalizzata sull'astinenza (castità) insegna ai ragazzi e ragazze che dovrebbero astenersi dai rapporti fino al matrimonio e non dà informazioni sui contraccettivi.
Fino ad oggi non è stata pubblicata nessuna ricerca capace di dimostrare che i programmi di sola astinenza abbiano ottenuto risultati nell’innalzare l'età dei primi rapporti tra i giovani. Nel 2007, una ricerca commissionata dal Congresso USA ha appurato che gli studenti delle Scuole Medie inferiori che avevano seguito questi programmi avevano la stessa incidenza di rapporti prematrimoniali e di uso di contraccettivi rispetto agli altri.
In Giappone l'educazione sessuale è obbligatoria a partire dai dieci o undici anni, e tocca principalmente gli aspetti biologici.
In Cina l'educazione sessuale tradizionalmente consiste nella lettura del capitolo dedicato alla riproduzione umana sui testi di biologia. Ma nel 2000 l'Associazione Cinese di Pianificazione Familiare ha introdotto un progetto quinquennale per "promuovere l'educazione alla salute sessuale tra gli adolescenti e i giovani non sposati" in dodici distretti urbani e tre contee. In questo programma, si toccano anche gli aspetti psicologici e relazionali dell'attività sessuale e la prevenzione delle malattie.
Fonte: http://www.sceglitu.it/files/26Sett2010/05%20-%20dati%20edu%20sex%20nel%20mondo.doc
Sito web da visitare: http://www.sceglitu.it/
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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L’EDUCAZIONE SESSUALE NELLA SCUOLA
1. Tra i numerosi problemi che la scuola italiana si trova oggi ad affrontare, quello dell’introduzione dell’educazione sessuale, previsto da alcune proposte di legge, riveste un’importanza tutta particolare, sia per la complessità del problema in se stesso, sia anche perché esso viene a incontrarsi con una serie di fatti e di situazioni che hanno coinvolto, in senso positivo o negativo, oltre la scuola, anche la famiglia, e in generale la cultura contemporanea.
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2. Rientrano in quest’ordine di fatti e di situazioni sul versante positivo: - una migliore conoscenza della sessualità umana, nei suoi aspetti personale e sociale; - un’accresciuta coscienza dell’importanza della dimensione sessuale per una crescita armonica ed equilibrata della persona; - una più diffusa esigenza di autenticità, di sincerità e di semplicità nei rapporti interpersonali e l’appello alla responsabilità individuale; - una più chiara consapevolezza del valore personalistico del matrimonio; - una particolare sensibilità per il significato sociale e sia pure in misura minore - anche spirituale e religioso della sessualità; - una maggiore serenità ed equilibrio educativo nel modo di affrontare questo problema della sessualità da parte degli educatori; - la presenza di un più ampio numero di specialisti nei vari settori più direttamente attinenti all’educazione sessuale.
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3. Sul versante negativo, invece, è doveroso rilevare: - la "crisi della famiglia", e in particolare la diffusa abdicazione al dovere dell’educazione o la delega di essa ad altri enti educativi; in ogni caso, i gravi condizionamenti e le crescenti difficoltà che la famiglia incontra nella sua azione educativa; - l’offuscamento e anche il rifiuto di valori etico-religiosi, nella scia del processo di secolarizzazione della cultura e di laicizzazione delle strutture sociali; - la violenza suggestiva e demolitrice, soprattutto nei confronti dei giovani, dei miti propri della società consumistica ed edonistica; - la pressione crescente, e difficilmente contrastabile, dei mezzi di comunicazione di massa, soprattutto della televisione e del cinema - l’irruzione praticamente incontrollata della stampa erotica e pornografica; - l’esaltazione dell’assoluta libertà sessuale, presentata come conquista di liberazione, e persino di nuova e più alta civiltà - la riduzione del sesso a "cosa" (oggetto) usato come merce di consumo, con grave perdita del suo significato morale, personale e sociale; - l’illusione di presunti esiti comunque positivi di una "scientifica" istruzione o informazione sessuale, staccata da una adeguata prospettiva dei valori etici e spirituali della persona.
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4. Sul piano più strettamente scolastico, almeno tre considerazioni debbono essere tenute presenti. - La prima è data dal moltiplicarsi incontrollato nella scuola d’iniziative particolari e locali di educazione sessuale, disorganiche, condotte all’insegna del semplicismo o addirittura dell’incompetenza scientifica e pedagogica, con scarsità di mezzi, senza legittimi riconoscimenti, talvolta in termini di irresponsabilità e spesso senza adeguato rispetto della persona dell’alunno e della sua sensibilità, nonché dei diritti educativi della famiglia. Questa confusa situazione esige, da una parte, un intervento ufficiale dell’autorità scolastica per una normativa competente e responsabile e, dall’altra, una consapevole azione educativa integratrice da parte della scuola. - La seconda considerazione riguarda l’esistenza di diverse ed eterogenee proposte di legge, presentate al parlamento italiano da vari partiti politici, per l’introduzione di una "informazione" o "istruzione" o "educazione" sessuale, diversamente intesa, nella scuola. - La terza considerazione, infine, riguarda più direttamente i cristiani presenti e operanti all’interno della scuola. Sono sempre più numerose le richieste di genitori, d’insegnanti e di studenti, in particolar modo di quelli eletti nei vari organi collegiali, di avere indicazioni di criteri e orientamenti operativi comuni, con i quali dare una risposta seria e responsabile ai complessi interrogativi posti da questo problema.
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5. I quesiti, infatti, che l’introduzione dell’educazione sessuale pone agli operatori della scuola sono numerosi: - l’educazione sessuale è un compito e un dovere solo della famiglia (e - per i credenti - anche della Chiesa), o lo è pure della scuola? - è possibile, in quest’ultima, distinguere tra "informazione" sessuale, definita "scientifica" e "neutra", ed "educazione" sessuale, implicante il necessario riferimento a una concezione dell’uomo e della vita? - come stabilire i contenuti, i modi, le norme e i limiti dell’intervento scolastico in questo settore? - dovrà trattarsi di un’educazione sessuale semplicemente "curricolare" (affidata cioè all’insieme delle varie discipline scolastiche) oppure potrà avvalersi anche di interventi specifici e programmati "extra-curricolari"? - chi sono gli operatori specificamente preparati per le iniziative "extra-curricolari"? - esistono garanzie da offrire e da richiedere per assicurarne la serietà scientifica e la correttezza pedagogica e morale?
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6. A simili quesiti, strettamente connessi tra loro, occorre dare una risposta. Non si può ignorare infatti che una corretta impostazione e una giusta soluzione del problema sessuale influiscono profondamente su tutto il processo educativo della persona e spesso lo condizionano. Non solo: l’educazione sessuale non si esaurisce in un singolo intervento, fatto una volta per sempre, ma deve accompagnare in modo permanente i processi evolutivi e formativi della persona, lungo l’intero arco della vita, secondo modalità adeguate alle esigenze delle singole età e alle situazioni socio-ambientali. Come qualsiasi altro aspetto dell’educazione, essa va quindi considerata nella prospettiva dell’educazione permanente.
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7. Scopo di questo documento è pertanto quello di suggerire degli orientamenti sui criteri, i modi, i mezzi, e anche i limiti in cui una corretta educazione sessuale può essere proposta all’interno della scuola, in modo scientificamente e pedagogicamente valido, rispettoso dei ritmi e delle caratteristiche di crescita dell’alunno e della responsabilità educativa della famiglia.
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8. Il documento è rivolto a tutti gli operatori scolastici (insegnanti, genitori, studenti); in particolare a quelli eletti nei consigli di classe, di circolo didattico e d’istituto, spesso chiamati a pronunciarsi e a decidere su iniziative in questo campo. La prospettiva è intenzionalmente limitata alla scuola: non già perché questa possa rivendicare il monopolio dell’educazione sessuale, ma perché, rapportato ad altri ambienti (famiglia, movimenti giovanili, Chiesa), il discorso coinvolgerebbe necessariamente altri fattori e riferimenti.
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9. È doveroso affermare, infine, che la concezione dell’uomo che sottende tutto il documento e ispira gli orientamenti proposti, è quella propria di un’"antropologia cristiana", e cioè di una visione dell’uomo e del suo destino fondata sui dati della ragione e delle scienze e illuminata dalla rivelazione cristiana.
I. PRINCIPI E CRITERI FONDAMENTALI
DELL’EDUCAZIONE SESSUALE DELLA PERSONA
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10. Non è possibile individuare e suggerire orientamenti operativi coerenti sull’atteggiamento da assumere in ordine all’intervento della scuola in tema di educazione sessuale, senza riferirsi ad alcuni principi fondamentali che ne garantiscano l’autenticità.
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11. Il primo riguarda la concezione stessa di "educazione sessuale", dove il riferimento fondamentale va fatto non tanto al sesso quanto alla persona. Il sesso infatti appartiene alla persona e dalla persona attinge valore e significato. In prospettiva pedagogica sussiste non il sesso come realtà a sé stante, ma solo la persona sessuata. Parlare quindi di "educazione sessuale" nel suo senso corretto significa parlare di educazione integrale ed armonica della persona, di cui la sessualità costituisce un elemento essenziale, ma non unico. Isolare il problema dell’educazione sessuale da quello della formazione della persona significa non solo impoverirlo, ma anche falsarlo: in pratica, renderlo insolubile.
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12. D’altra parte, non c’è dubbio che la sessualità, intesa nella sua concezione piena, è una realtà che si riflette e si esprime in tutti i piani in cui è strutturata la persona, da quello biofisiologico a quello psicologico e affettivo, sino a quello etico e spirituale. Essa pertanto non può essere considerata una dimensione marginale, bensì una realtà profonda, presente e operante in tutte le componenti della persona.
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13. La diversità - anatomica e psicologica - tra uomo e donna non significa superiorità di un sesso nei confronti dell’altro. I sessi sono diversi, ma pari per dignità e per valore; diversi ma complementari, fatti quindi per integrarsi e completarsi. Parità, differenziazione, complementarietà sono le leggi essenziali della sessualità. Per questo l’educazione sessuale può radicarsi unicamente nella coscienza e nell’accettazione del proprio sesso e nel riconoscimento della pari dignità dell’altro sesso. Inerente alla struttura e alla vita della persona, il sesso riceve dalla persona la sua dignità, e pertanto non può mai essere considerato come "cosa" o "oggetto" staccato dalla persona. Trattare il sesso come "oggetto" equivale infatti a trattare come oggetto la persona stessa.
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14. Se la sessualità coinvolge la totalità della persona, essa ne riceve il suo triplice, e insieme unitario, significato: - individuale, in quanto è al servizio dello sviluppo dell’io sessualmente differenziato, in tutte le sue espressioni; - sociale, in quanto si pone al servizio della comunione interpersonale e della trasmissione della vita umana; - religioso, in quanto si pone al servizio della crescita della realtà interiore della persona e del suo rapporto e dialogo con l’Assoluto.
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15. Questi medesimi significati e valori, che la sessualità riceve dalla persona, si fanno a loro volta norma e criterio del suo agire libero e responsabile. La sessualità infatti non è un "dato" di cui occorre semplicemente prendere atto, ma è piuttosto un "compito" e un "progetto" da attuare liberamente e responsabilmente lungo l’arco dell’intera esistenza. È questa la radice dell’eticità, intrinseca alla dimensione sessuale dell’uomo; eticità da interpretarsi non solo e non tanto nel suo lato negativo di possibili deviazioni o abusi da respingere, quanto piuttosto nel suo aspetto positivo di ordinata realizzazione di sé, secondo il progetto globale della propria esistenza.
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16. Dal momento che la sessualità comprende la totalità della persona, si può parlare di un’"educazione sessuale" dell’intelletto, del sentimento, del comportamento. Il primo deve essere formato a una visione genuina della sessualità, della sua struttura, dei suoi dinamismi e delle sue finalità. Il secondo va educato a sentire in modo corretto e umano le suggestioni dell’attrattiva sessuale. Il terzo va sollecitato a seguire le indicazioni della ragione e le norme della coscienza morale, mantenendo il dominio della pulsione sessuale.
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17. Se l’educazione sessuale è solo un aspetto dell’educazione integrale della persona, essa implica di necessità il riferimento a una concezione dell’uomo e cioè a un’"antropologia". Educare infatti è un’attività finalistica: presuppone una determinata concezione dell’uomo e, nell’uomo, del significato della sessualità. È proprio movendo dalla concezione dell’uomo e della sessualità umana che si riscontrano, oggi, diverse interpretazioni di "educazione sessuale", che occorre tener presenti e valutare attentamente. Tra esse, quattro sembrano particolarmente operanti nella cultura contemporanea.
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18. La prima si caratterizza per il suo profilo igienico-sanitario: l’educazione sessuale si riduce a semplice "informazione scientifica e neutrale" sul sesso e sui suoi meccanismi anatomici e fisiologici, ed è ordinata a garantire un uso "igienico" della funzione sessuale e a prevenire eventuali malattie con l’aiuto di adeguate conoscenze e precauzioni medico-sanitarie. Manca, in questa visione, qualsiasi riferimento ai valori etici della sessualità, che esulerebbero da un’impostazione rigorosamente "scientifica", e apparterrebbero tutt’al più alle opzioni individuali della persona. Così pure perdono significato gli aspetti più tipicamente umani della sessualità, e cioè gli aspetti psicologici, affettivi, sociali e spirituali.
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19. La seconda interpretazione, che non si contrappone alla prima ma la fa propria e la porta alle estreme conseguenze, si potrebbe chiamare edonistica e ludica. Scopo primario dell’educazione sessuale sarebbe quello di mettere l’individuo in grado di fruire al massimo del piacere sessuale, senza limiti e inibizioni. Esso sarebbe non soltanto un diritto, ma un dovere. Primo compito dell’educazione sessuale sarebbe quello di liberare l’uomo dai numerosi "tabù" di ogni genere - soprattutto sociali, morali e religiosi - che ancora lo condizionano e pongono limiti al pieno godimento del sesso. Permissivismo, erotismo, rapporti sessuali precoci, autoerotismo, omosessualità, pornografia ecc. sarebbero altrettanti "diritti civili" da perseguire e da instaurare in una società moderna, senza autoritarismi e moralismi. In una simile prospettiva, l’espressione "educazione sessuale" perde ogni significato, per ridursi, tutt’al più, a una "informazione scientifica" sul sesso e sui suoi meccanismi di funzionamento ordinata al godimento del piacere sessuale. È l’oggettivazione e l’idolatria del sesso; non è più il sesso per la persona e per i suoi fini umani, ma è piuttosto la persona al servizio delle pulsioni fisiologiche e istintuali del sesso.
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20. Il terzo indirizzo operante nella cultura contemporanea è quello antropologico-culturale. Secondo questa concezione - oggi molto diffusa soprattutto ad opera dei grandi mezzi di comunicazione sociale -, le norme che regolano i costumi e i comportamenti sessuali non sarebbero naturali e primarie, espressione della struttura dell’uomo, ma derivate e acquisite, prodotte cioè dalla società e dalla cultura e, pertanto, mutevoli come i modelli socio-culturali. In particolare, i costumi sessuali attuali sarebbero il prodotto della società capitalistico-borghese e tenderebbero a perpetuare il potere e l’ingiustizia: divisione di classe, sopraffazione dell’uomo sull’uomo, falso moralismo in funzione di dominio e di potere. Non esisterebbe, pertanto, un’etica universale e assoluta; ogni norma, anche in campo sessuale, sarebbe relativa. Lo sforzo di trasformazione di una determinata società implicherebbe anche un mutamento nell’interpretazione della sessualità e dei costumi sessuali. Questo modo di vedere, che si associa spesso ai due precedenti, origina varie forme di relativismo morale, oggi molto diffuse.
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21. La quarta interpretazione, che si potrebbe definire personalistica, vede nell’educazione sessuale un aspetto dell’educazione integrale della persona. Uno, non l’unico. Un aspetto essenziale e fondamentale, per l’influsso che esso esercita su tutti gli altri, ma non il più alto nella gerarchia dei valori. Un aspetto da inserire e da sviluppare, in modo armonico e dinamico, nell’insieme dei fattori che compongono la personalità. Esso non è soltanto da accettare, ma anzi da avvalorare nella sua intrinseca positività. Obiettivo e meta dell’educazione sessuale è, infatti, lo sviluppo di una sessualità ordinata e matura in senso psicologico, etico e spirituale. Questa visione personalistica dell’educazione sessuale riceve maggior luce e consistenza se inserita nella concezione cristiana dell’uomo e del suo destino.
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22. Nella prospettiva personalistica, l’"educazione sessuale" non può ridursi all’istruzione igienico-sanitaria o all’informazione anatomo-fisiologica, anche se una seria informazione scientifica e igienico-sanitaria fanno parte di un itinerario completo di educazione sessuale. Esse vanno tuttavia integrate da numerosi altri aspetti (come quello psicologico, affettivo, sociale, etico, spirituale) e inserite in una prospettiva finalistica che dia significato al dinamismo complessivo della sessualità.
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23. Le considerazioni fatte permettono anche di chiarire l’equivoco di una presunta "neutralità" dell’informazione "scientifica" sulla sessualità. Se questa è una realtà che investe le strutture e i dinamismi profondi della persona, l’educazione sessuale trascende la sfera della pura descrizione e informazione "scientifica", e implica necessariamente il riferimento a criteri interpretativi dell’intera realtà umana e, quindi, anche dei suoi valori etici e spirituali: per questo non può mai essere "neutrale".
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24. Pertanto, qualsiasi progetto o itinerario educativo, in campo sessuale, è possibile solo nella prospettiva di una "educazione all’amore". La sessualità deve essere responsabilmente orientata all’amore: solo l’amore, infatti, inteso come incontro tra due persone, uomo e donna, costituisce il senso fondamentale che caratterizza la sessualità umana. L’intero dinamismo della sessualità - dal piano fisiologico a quello affettivo e spirituale - è chiaramente orientato al dialogo d’amore e al dono di sé. Ma e l’uno e l’altro si possono realizzare a diversi livelli: non solo a livello di relazioni "sessuate". Le prime sono caratterizzate dalla "totalità", e quindi presuppongono e sviluppano la donazione personale piena in una complementarietà unica e definitiva che pone l’uomo e la donna al servizio della vita e trovano il loro luogo significativo e normativo nel matrimonio. Le seconde escludono l’aspetto propriamente genitale della sessualità umana e sono vissute dall’uomo e dalla donna nei loro reciproci e quotidiani rapporti, all’insegna dell’amore di affetto, che non è né di origine né di natura genitale, ma è intessuto di rispetto, stima, scambio di aiuto, amicizia, dialogo e dono di sé a livello spirituale. Così l’itinerario pedagogico, attento agli stadi di maturazione fisio-psicologica e spirituale del bambino, del fanciullo, dell’adolescente e del giovane, aiuterà a vivere responsabilmente le relazioni "sessuate" tra uomo e donna, aprendo la persona a discernere e a seguire la propria vocazione: quella di donarsi ai fratelli o nella condizione di vita verginale per il regno di Dio o nella condizione del matrimonio, nel quale solo ha pienezza di significato la dimensione "genitale" della sessualità umana.
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25. Nella prospettiva dell’educazione sessuale come educazione all’amore è da sottolineare il tono di "positività" che essa deve assumere. In quanto tale, essa non è dunque il male o la sorgente prima del male, da fuggire e da combattere, anche se è vero che - come ogni altra realtà umana, fisica e spirituale - può essere malamente impiegata, contro l’ordine etico e gli autentici valori della persona. Accettare la propria sessualità, viverla serenamente nell’ambito della norma morale e nei modi della propria vocazione, costituisce il fine dell’educazione sessuale. La sessualità è realtà in sé buona, appartiene alla creazione di Dio, fa parte della struttura dell’uomo, ha importanti funzioni nell’esistenza umana.
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26. Anche una sana "coeducazione" rientra negli obiettivi di una visione armonica e globale della formazione giovanile. Scopo della "coeducazione" è quello di porre ragazzi e ragazze nelle condizioni migliori per un incontro positivo e rasserenante, tale da avviarli e sostenerli in un dialogo costruttivo. Occorre tuttavia richiamare l’attenzione degli educatori sulla distinzione tra promiscuità e coeducazione. La prima è una convivenza di soggetti d’ambo i sessi all’insegna della spontaneità, della naturale attrazione, del disimpegno dai valori etici. La seconda è una scelta educativa, compiuta e dall’educatore e dagli educandi. Al sistema monosessuale si preferisce oggi, generalmente, quello coeducativo - a condizione che sia veramente tale - perché si è convinti che ragazzi e ragazze devono impegnarsi a conoscersi, ad ascoltarsi, a imparare gli uni dagli altri, a superare le inevitabili difficoltà, le tensioni derivanti dalla mutua presenza e a prepararsi così ai compiti della vita. Va tuttavia sottolineato come la coeducazione non escluda, ma anzi implichi momenti formativi distinti fra ragazzi e ragazze, e interventi individuali.
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27. L’interpretazione dell’educazione sessuale nella prospettiva dell’amore riceve ulteriori arricchimenti e si apre su nuovi orizzonti, se inserita consapevolmente in una visione cristiana della vita. Per il credente infatti tutta la persona, unità di spirito e di corpo, è dono e creatura di Dio. Il rispetto e la stima che egli deve avere di sé, come figlio di Dio, si estende a tutta la persona, compreso il proprio corpo, diventato, per il battesimo, tempio vivo dello Spirito santo. Il cristiano sa che anche la sessualità è opera e dono di Dio: dono da accogliere con gratitudine, da onorare e rispettare nell’ordine in cui è posto, finalizzato al servizio della vita, in quella unità e stabilità di rapporto tra uomo e donna che è fondata sul matrimonio. Il cristiano sa che la piena donazione di sé all’altro nell’amore coniugale è non solo continuazione dell’atto creativo di Dio nel mondo, ma è addirittura, per l’elevazione del matrimonio a sacramento, segno e strumento di comunicazione della grazia che salva, e cioè di comunione con la vita stessa di Dio. Così come sa che la verginità consacrata per il regno costituisce la partecipazione più piena e radicale all’amore di Dio per gli uomini, attraverso il servizio e la donazione indivisa di sé a Dio e ai fratelli. Infine il cristiano sa anche, attraverso la Rivelazione confermata dalla stessa esperienza umana - che il disordine provocato dal peccato è una realtà che pesa anche sulle capacità di dominio e di orientamento della sessualità. È consapevole che la castità, in tutte le sue forme, da quella prematrimoniale a quella matrimoniale, fino a quella consacrata e al celibato volontario, è una "virtù", per tutti, nessuno escluso, e postula quindi sforzo, mortificazione, rinuncia; così come postula il ricorso alla preghiera, ai sacramenti, ai mezzi di grazia.
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28. L’ultima riflessione, sempre sul piano dei principi generali, riguarda i "protagonisti" dell’educazione sessuale nella scuola. È ai genitori che spetta, innanzitutto, il diritto-dovere primario, inviolabile e inalienabile, dell’educazione dei figli, mai totalmente delegabile, neppure alla scuola. Questa, a cui pure compete un ruolo specifico nell’educazione sessuale degli alunni, non può mai ignorare e misconoscere la priorità del diritto-dovere dei genitori. Tale diritto-dovere riguarda tutta l’educazione, ma in modo particolare quegli aspetti di essa che toccano la sfera più intima della persona, qual è, appunto, l’educazione sessuale. La scuola, pertanto, nel definire contenuti, metodi e tempi del suo intervento, deve coinvolgere direttamente le singole famiglie, rispettarne gli orientamenti etici, pedagogici e religiosi e la piena libertà degli alunni di partecipare o no alle specifiche iniziative "extracurricolari" da essa promosse.
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Con la famiglia, protagonisti dell’educazione sessuale sono innanzitutto i docenti, nell’ambito della propria disciplina d’insegnamento per la parte che si può definire "curricolare"; ma sono anche gli "esperti", chiamati dalla scuola come collaboratori nella programmazione di specifiche iniziative "extracurricolari". Ma poiché l’educazione, in tutti i suoi aspetti, è sempre anche "autoeducazione", vanno ricordati tra i "protagonisti" gli alunni stessi, nella misura in cui si fanno collaboratori di una ricerca educativa seria, adeguata alle esigenze dell’età e dell’ambiente, tesa all’individuazione del significato vero, umano e liberante, della sessualità.
II. MODALITÀ E AMBITI DI INTERVENTO
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29. Sulla base dei principi enunciati nella prima parte di questo documento, è importante ora proporre indicazioni operative e suggerimenti pratici capaci di orientare e guidare l’opera dei cristiani nei confronti dell’intervento scolastico in tema di educazione sessuale. Saranno presentati due ordini di indicazioni: uno di carattere generale, che, in linea di massima, può valere per ogni grado di scuola; l’altro di natura particolare, in riferimento ai diversi gradi della scuola. Sarà proposta, infine, una breve riflessione sugli operatori dell’educazione sessuale nella scuola e sulla esigenza della loro preparazione.
A. Orientamenti generali
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30. La prima indicazione, che scaturisce dai principi sopra enunciati, è che l’educazione sessuale non può costituire, nella scuola, una "materia" da insegnare, da collocarsi cioè accanto alle altre "discipline" e da affidarsi a un singolo insegnante, concepita come un corso sistematico, articolato in un regolare programma obbligatorio per tutti, da tenersi nell’ambito dell’orario scolastico. Come aspetto dell’educazione integrale - al pari dell’educazione morale, sociale, intellettuale - essa chiama in causa la totalità dell’istituzione scolastica, nell’insieme delle discipline, delle attività, dei metodi delle persone e dei rapporti educativi e culturali che congiuntamente fanno la scuola. Ogni disciplina quindi è chiamata, per la sua parte, a contribuire a quell’opera di illuminazione, di orientamento e di guida, in cui consiste l’educazione sessuale, offrendo il proprio concorso, in vista di quella prospettiva unitaria - antropologica, etica e religiosa - in cui la sessualità umana trova il suo pieno significato. Non sono pertanto da avallarsi, per il loro carattere riduttivo e deformante, quelle iniziative scolastiche che pretendono di risolvere questo problema, affidandone la trattazione sistematica a un solo docente (di scienze, di lettere, di religione, ecc.), o a specifici corsi "curricolari" obbligatori.
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31. L’educazione sessuale non può essere circoscritta alla semplice informazione o istruzione. È convinzione diffusa che l’educazione sessuale si risolva informando nel modo più "scientifico" e "oggettivo" possibile gli alunni sulla realtà sessuale. Per molti poi tale modo di procedere riguarda quasi esclusivamente il piano "genitale" e assume un aspetto puramente anatomo-fisiologico, sanitario e, spesso, anticoncezionale. Ora, un’esatta e tempestiva informazione anche sugli aspetti anatomici, fisiologici e sanitari, presentati in modo adatto e a tempo opportuno, fa parte integrante d’una seria educazione sessuale e ne costituisce addirittura una condizione necessaria. Ma sarebbe un grossolano errore, una vera e propria deformazione del problema, limitare l’educazione sessuale a questi soli aspetti, dimenticando tutti gli altri. Si può anzi affermare che un’informazione prematura e inopportuna di taluni aspetti concernenti la sessualità può riuscire gravemente dannosa allo sviluppo ordinato della personalità.
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32. L’informazione o istruzione sessuale, anche quando si definisce rigorosamente "scientifica", non può mai essere "neutrale", così come non è mai "neutrale" la cultura offerta dalla scuola. È abbastanza frequente trovare, anche all’interno della scuola, impostazioni che negano, in questo problema, qualsiasi riferimento a valori etici interpretativi della sessualità umana, per attenersi ai dati "scientifici" (biologici, fisiologici, sociologici) considerati come "neutrali". In realtà, come nessun progetto educativo in generale è pensabile fuori da una concezione dell’uomo, così, a maggior ragione, ciò è impossibile nel complesso settore dell’educazione sessuale. La concezione dell’uomo propone il quadro di riferimento e offre i criteri interpretativi anche della realtà sessuale. Dall’altra parte l’idea della "neutralità" del fatto sessuale rientra anch’essa in una ben precisa "antropologia", tipica d’uno scientismo materialistico e agnostico, che ignora la realtà "totale" dell’uomo, specialmente la sua natura e dignità spirituale, riducendolo a dimensioni puramente naturalistiche. Analoghe osservazioni sono da farsi nei confronti di una interpretazione meramente "sanitaria" dell’educazione sessuale, nella misura in cui essa significa la pratica riduzione della sessualità a "genitalità", e per la mancanza di qualsiasi riferimento di valori affettivi, etici e spirituali della sessualità umana.
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33. L’educazione sessuale esige interventi continui e progressivi. Proprio perché non si esaurisce nella semplice informazione "scientifica" sulla sessualità, ma coinvolge tutti gli aspetti della personalità, l’educazione sessuale non è risolta una volta per sempre, ma accompagna tutta la vita dell’uomo, dalla prima infanzia alla fanciullezza, all’adolescenza, alla giovinezza, alla maturità, alla vecchiaia. Essa esige quindi continuità e progressività d’interventi educativi, commisurati non solo all’età, ma anche alla situazione, alla diversa maturazione e al vissuto particolare della persona. La progressività dell’azione educativa non sta perciò in una semplice graduazione quantitativa delle informazioni, ma piuttosto nel suo costante riferimento alle nuove situazioni che insorgono nel soggetto da educare, alle diverse problematiche addotte dall’età, dalla cultura, dall’ambiente, e soprattutto all’approfondimento dei valori in cui la sessualità è chiamata ad attuarsi nei diversi stati di vita.
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34. Come ogni altro aspetto del processo educativo, l’educazione sessuale vuole essere quanto più possibile personalizzata e individualizzata. Non solo il ragazzo e la ragazza sentono e vivono la propria sessualità in modo dissimile, ma l’uno e l’altra, per una molteplicità di fattori concreti - personali, familiari, ambientali, esperienziali - reagiscono diversamente a ogni influsso educativo. Di qui l’esigenza, non solo di prevedere interventi separati e iniziative differenziate - a certe età e per particolari problemi, per alunni e alunne - ma anche di lasciare spazi per iniziative individualizzate, da affidarsi ad adulti idonei e competenti.
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35. Ogni intervento specifico e programmato (e cioè extracurricolare) di educazione sessuale nella scuola, deve coinvolgere direttamente le singole famiglie degli alunni. Il diritto e la responsabilità educativa primaria della famiglia nei confronti dei figli esigono che, in un settore di tanta importanza, tutte le famiglie degli alunni (e non soltanto una loro rappresentanza) siano cointeressate nelle decisioni, nell’elaborazione dei programmi, nella scelta delle persone specializzate a cui affidarne le fasi dell’attuazione. Ciò presuppone, da parte della scuola, l’esigenza di specifiche iniziative d’informazione e di formazione, anche nei confronti dei genitori e degli stessi insegnanti, in modo da renderli sensibili al problema ed edotti dei contenuti che si intendono proporre, nonché dei metodi più opportuni che si intendono seguire.
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36. Il fatto che la scuola avverta l’esigenza e il dovere, almeno entro determinati limiti, di intervenire nel settore dell’educazione sessuale, non significa che la scuola debba svolgere questo compito con le sole sue forze, ricorrendo cioè soltanto agli insegnanti e ai genitori di cui dispone o, nel migliore dei casi, ai componenti l’equipe medico-psico-socio-pedagogica. Non sempre infatti il personale della scuola è in grado, per preparazione specifica - contenutistica e didattica - di attuare convenientemente apposite iniziative di educazione sessuale. Alcune volte sarà pertanto opportuno avvalersi anche di persone - medici, psicologi, pedagogisti, assistenti sociali, consulenti familiari, animatori di gruppi giovanili, sacerdoti, ecc. - non dipendenti direttamente dall’istituzione scolastica. La loro scelta dovrà essere tuttavia accettata, oltre che dall’autorità scolastica, anche dai genitori degli alunni, e verificata in relazione ai contenuti che si ha in animo di proporre, prima e durante lo svolgimento dei piani programmati.
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37. Considerazioni analoghe sono valide circa i tempi da destinare alle iniziative specifiche extracurricolari di educazione sessuale, e alla loro collocazione nel quadro dell’attività generale della scuola. Non sempre cioè è opportuno che esse si svolgano durante le ore di lezione. A volte - anche per meglio salvaguardare la libertà di partecipazione - sarà preferibile che si tengano fuori dall’orario scolastico. Soltanto una prudente valutazione, caso per caso, può suggerire quale sia la scelta migliore da proporre.
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38. Le osservazioni precedenti, e altre facilmente intuibili, portano a concludere che ogni intervento scolastico nel settore dell’educazione sessuale va rivolto a gruppi di alunni sufficientemente omogenei e non troppo numerosi, come può essere una classe o anche un gruppo di alunni provenienti da diverse classi parallele.
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39. La partecipazione alle iniziative extracurricolari di educazione sessuale deve essere libera. Per quanto utile e conveniente possa reputarsi, in generale, l’intervento della scuola in questo ambito educativo, tuttavia la partecipazione degli alunni alle specifiche iniziative extracurricolari può essere solo facoltativa. È l’offerta di un servizio, non può essere obbligo. Ogni alunno e ogni singola famiglia devono giudicare l’opportunità o no di avvalersene, in tutto o in parte.
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40. Una parola, infine, sulla globalità dell’azione educativa e sui limiti dell’esperienza scolastica. Se - come si è più volte affermato - l’intervento della scuola anche in tema di sessualità deve avere intenti promozionali della persona, esso non può prescindere dal fare riferimento, oltre che alla dimensione culturale e sociale della sessualità, anche ai valori etici interpretativi e normativi del comportamento sessuale. È indubbiamente l’aspetto più delicato e difficile del problema, perché chiama direttamente in causa la concezione dell’uomo e della vita. D’altra parte la configurazione della scuola italiana d’oggi è quella di un’istituzione pluralistica, dove confluiscono e si confrontano diverse concezioni del mondo. Pur tenendo presente che la scuola non è l’unico ambiente educativo e che ogni alunno può trovare altrove (famiglia, movimenti e associazioni giovanili, gruppi, parrocchia, ecc.) il completamento della sua formazione nella prospettiva educativa liberamente scelta, tuttavia anche la scuola è tenuta a prospettare, nel modo che le è proprio - e cioè obiettivo e critico - il quadro completo dei riferimenti culturali e morali. Sarebbe contraddittorio, infatti, parlare di "educazione sessuale" ove si evitasse d’illustrare anche le dimensioni sociali, culturali, morali e religiose della sessualità, adeguate ovviamente al grado di maturazione psicologica e culturale degli alunni.
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La scuola non può imporre una determinata concezione etico-religiosa, ma - nel rispetto del quadro di valori morali, proposti anche dalla Costituzione - deve accogliere quelli prospettati dalle famiglie degli alunni e dalla tradizione culturale del paese, offrendone con obiettività le motivazioni che li giustificano, di modo che l’alunno sia gradualmente guidato a prendere criticamente coscienza di tutta la complessa problematica della sessualità e della validità dei principi etici che la illuminano e la reggono. In questa visione non può mancare - anche per motivi semplicemente culturali e sociali - la presentazione motivata dell’interpretazione etico-religiosa della sessualità, propria del cristianesimo, che permetta agli alunni sia di rimuovere tanti pregiudizi sulla concezione cristiana della sessualità, sia di aprirsi alle prospettive positive dell’amore cristiano.
B. Orientamenti particolari
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41. Se già nella prima infanzia l’educazione sessuale deve farsi attenta e vigile, nella scuola materna, o della seconda infanzia, essa costituisce una meta delle attività formative. Il bambino manifesta già interrogativi e curiosità circa il problema della nascita e della diversità dei sessi, con modalità differenti, rispecchianti l’ambiente domestico di provenienza. Nella scuola materna l’educazione sessuale fa corpo con il processo educativo globale del bambino. I compiti dell’educatrice si possono pertanto così riassumere: avviare una comunità di bambini e bambine, fondata sul rispetto reciproco e sulla convinzione della pari dignità personale dei sessi; favorire un atteggiamento positivo sulla sessualità e su tutto ciò che le si riferisce; accogliere con serenità le domande dei bambini e rispondervi con naturalezza.
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42. Negli anni della fanciullezza, ossia della scuola elementare, la sessualità presenta un aumento di specificità rispetto all’età precedente, secondo i principi della differenziazione e dell’integrazione. Il fanciullo diventa un indagatore della realtà circostante e, se debitamente coadiuvato, anche della propria vita interiore. È pertanto legittimo attendersi da lui perplessità, incertezze e nuove esigenze anche in campo sessuale. L’educazione sessuale, impartita nella scuola elementare dal maestro, dovrà svolgersi in forma occasionale, in un clima di riguardo e di dialogo. Essa prenderà le mosse da fatti concreti, da domande rivolte dagli alunni, da letture fatte, da sollecitazioni suscitate dal singolo, per dar vita a conversazioni che interessano tutti. I fini educativi che il maestro deve proporsi consistono nel presentare la vita come un dono che sboccia dall’unione del padre e della madre in un gesto d’amore; nel favorire la convivenza di fanciulli e di fanciulle, avvalorata dal mutuo rispetto, dalla collaborazione reciproca, dalla stima vicendevole, come premessa ai compiti che li attendono in futuro; nel far considerare la sessualità come un bene e un valore da coltivare, e perciò da proteggere da possibili deviazioni, indotte da contesti permissivi o da situazioni negative.
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43. Il triennio della scuola media inferiore è un periodo di trasformazioni psicofisiologiche, affettive, intellettuali. Il preadolescente si fa sensibile ai cambiamenti che subisce, al richiamo dell’altro sesso, al mondo circostante saturo, in fatto di sessualità, di allegorie, allusioni e simbologie, per lui ancora non del tutto chiare. I ragazzi di quest’età cominciano ad avvertire il significato dell’attrattiva fra i sessi e dei rapporti fra loro, sentono le prime infatuazioni reciproche, desiderano spiegazioni più complete circa i fenomeni generali della sessualità maschile e femminile. Gli insegnanti daranno, sui singoli temi, informazioni sempre più precise e appropriate alle esigenze del momento e dei singoli, in relazione alla maturazione di ciascuno, non tralasciando di prestare attenzione all’ambiente socio-culturale d’appartenenza. Forniranno inoltre notizie preventive circa la fenomenologia differenziale della pubertà, per evitare a ragazzi e ragazze facili apprensioni, turbamenti interiori, false interpretazioni di essa, ossia per assisterli nell’affrontare con serenità le tipiche trasformazioni psicofisiologiche della preadolescenza. Approfondiranno infine quell’atteggiamento positivo nei confronti della sessualità che, iniziatosi nella scuola materna e continuato nelle elementari, va precisato poi nell’adolescenza. Occorre infatti che la sessualità s’integri progressivamente nella coscienza della persona in forma ordinata e non conflittuale. Anche se nella preadolescenza il metodo migliore d’intervento è quello occasionale e non quello sistematico (la qual cosa esige una sufficiente preparazione in materia da parte dei docenti), non si escludono accanto a questo lavoro, ogni qual volta il consiglio di classe e l’assemblea dei genitori lo reputino opportuno e dispongano di uno o più esperti, incontri liberi per gruppi di preferenza omogenei (data la disparità di maturazione psicologica degli alunni di questa età), oppure anche eterogenei secondo la convenienza accertata di volta in volta. L’importante è che i responsabili di queste iniziative siano a conoscenza della preparazione degli specialisti indicati, ma soprattutto della loro sensibilità educativa e del loro orientamento culturale.
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44. La scuola secondaria superiore comprende la prima adolescenza (14-15 anni) e la seconda adolescenza (16-18 anni), le cui differenze si palesano non tanto sul piano del pensiero astratto-formale, quanto piuttosto su quello psicofisiologico e affettivo-emotivo. Nascono le prime amicizie tra coetanei del medesimo e dell’altro sesso, erompe il desiderio di un interscambio personale con l’altro, si manifesta l’ambivalenza tra amicizia e amore, affiorano sentimenti nuovi come la donazione di sé all’altro, progetti di vita per l’avvenire, la brama d’incontri sempre più complessi e gratificanti. Nel sottolineare l’essenziale bontà della reciproca attrattiva fra i sessi, meritevole quindi di positiva attenzione, non si può dimenticare che essa va guidata verso l’autentico progresso della personalità giovanile. Nell’adolescenza l’educazione sessuale deve sviluppare sistematicamente gli argomenti connessi con l’anatomia e la fisiologia maschile e femminile; rispondere alle reali esigenze e interrogativi, ora espressi ora taciuti, degli studenti; toccare i problemi relativi al loro sviluppo psicosessuale e quelli acuiti dal contesto socio-culturale in cui vivono. La preoccupazione educativa primaria degli insegnanti e degli altri educatori che entrano in scuola sta nell’istituire, sulle realtà sessuali, un discorso essenzialmente positivo: di ciò infatti hanno preminente bisogno i giovani. Un insegnamento così impostato non ignora certo gli aspetti devianti del problema (come l’autoerotismo, l’omosessualità, i rapporti prematrimoniali, la contraccezione), il difficile lavoro del decondizionamento per affiancare i soggetti in difficoltà, l’abbandono in cui versano i figli di numerose famiglie e le circostanze negative di cui sono vittime; non li pone però al centro dell’attenzione degli adolescenti, che hanno bisogno di conoscere in concreto la verità e ciò che essa implica per la loro quotidiana esistenza.
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L’educazione sessuale nel biennio, data la disparità di maturazione psicofisiologica dei soggetti, è da compiersi in genere per gruppi sessualmente omogenei, anche se per taluni argomenti, a giudizio e degli insegnanti e dei genitori, può essere attuabile un’educazione comune. Quest’ultima è nel triennio successivo la via generalmente più adatta per tutto ciò che concerne la sessualità. Un argomento quanto mai sentito dagli adolescenti riguarda l’esercizio esplicito della sessualità, che non si può evidentemente affrontare senza una data concezione dell’uomo e del mondo. La risposta autenticamente umana, ripresa e approfondita dal cristianesimo, rigetta sia il libertarismo sessuale, che lascia il soggetto arbitro di sé di fronte alle sue tendenze e ai suoi impulsi, sia il relativismo, che collega tale esercizio alla raggiunta completezza psicosociale della persona, e riconosce invece che l’esercizio della sessualità trova il suo pieno significato, e pertanto la sua legittimazione e giustificazione, soltanto in quella pienezza di donazione personale che si realizza nella condizione del matrimonio. È necessario fare intendere che siffatta concezione, la quale agli uni appare oppressiva della libertà e agli altri mortificante delle attitudini esuberanti della gioventù, trova fondamento e sostegno non solo in motivazioni religiose e morali specifiche, bensì anche nelle correnti più moderne e significative della psicologia umanistica, e si pone ultimamente al servizio degli autentici valori della persona.
C. Gli operatori
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45. Circa l’educazione sessuale, molti insegnanti ed educatori sono oggi in crisi per una duplice ragione. Da una parte, avvertono la necessità d’intervenire per aiutare gli alunni in difficoltà, molte delle quali sono indotte da un ambiente sollecitante in senso negativo. Dall’altra parte, si sentono impari ad affrontare gli argomenti in parola, per essere stati socializzati spesso in situazioni costrittive, per non avere risolto i loro problemi personali, per avere un atteggiamento avverso o problematico nei confronti della tematica sessuale, per non avere infine una preparazione adeguata in proposito. Questa crisi è oggi aggravata da altri due elementi. Il primo sta nel fatto che gli alunni, assai più di ieri, con estrema facilità e naturalezza rivolgono all’insegnante domande, ora semplici ora impegnative, desiderosi di avere da lui indicazioni pertinenti, o solo di conoscere il suo pensiero sui quesiti proposti. Il secondo dipende dalla situazione in cui viene a trovarsi il docente, il quale non può più pensare che gli aspetti relativi alla sessualità siano del tutto estranei alla scuola e alla sua competenza; non può sempre dire agli alunni di rivolgersi ai genitori o ad altri educatori; non può neppure lasciarli abbandonati a loro stessi di fronte alla pubblicizzazione della sessualità e all’esaltazione dell’erotismo.
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46. Se questa è la nuova situazione in cui viene a trovarsi il docente nella scuola d’oggi, occorre con urgenza che egli riveda contenuti e metodi della sua preparazione già al livello universitario. Non è più credibile, infatti, l’assioma secondo il quale la conoscenza della materia specifica abilita all’insegnamento. Il futuro insegnante ha l’assoluta necessità di attingere le conoscenze fondamentali della pedagogia, intesa come teoria e scienza dell’educazione, e di acquisire contenuti sufficienti delle scienze dell’uomo, come la psicologia, la sociologia, l’antropologia culturale ecc. Inoltre i futuri docenti non possono prescindere da una preparazione che li aiuti a comprendere i dinamismi evolutivi della sessualità, i mutamenti sociali e i riflessi che hanno su di essa la cultura e i suoi modellamenti sull’individuo. Tale preparazione va tuttavia dispensata in modo da porre solide fondamenta del sapere, ma al tempo stesso da infondere il desiderio per ulteriori approfondimenti durante l’espletamento della funzione docente, ossia in guisa tale da stimolare nei giovani l’aspirazione all’autopromozione sul piano personale e professionale, mediante un continuo impegno di aggiornamento, nell’ottica dell’interdisciplinarità, delle nuove tecnologie, dell’innovazione educativa.
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47. Analoghe osservazioni vanno fatte nei confronti dei vari specialisti (medici, psicologi, sociologi, esperti di educazione, ecc.) che la scuola può chiamare per l’attuazione di specifiche iniziative extracurricolari. Anch’essi hanno bisogno d’integrare la loro preparazione specializzata, universitaria e anche post-universitaria, con la conoscenza essenziale di quelle scienze umane che permettano loro di assumere la sessualità in una visione più completa e globale, in prospettiva educativa.
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48. Un compito particolare di illuminazione e di fondazione etica e religiosa della sessualità spetta nella scuola - sia all’interno del suo specifico insegnamento sia nell’ambito di iniziative extracurricolari - all’insegnante di religione, soprattutto se sacerdote. La preparazione teologico-morale, l’esperienza di educatore e di formatore delle coscienze, la pratica pastorale che lo pone continuamente a contatto con le più concrete e svariate situazioni personali e familiari, fanno dell’insegnante sacerdote una persona particolarmente idonea per intervenire, col suo apporto specifico, nel campo dell’educazione sessuale. Tuttavia anche il sacerdote insegnante di religione nella scuola dovrà preoccuparsi di integrare e di aggiornare continuamente la sua preparazione teologico-morale circa la sessualità con la dimensione psicologica, pedagogica, culturale e sociale di essa, in una visione organica ed equilibrata.
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49. Sempre per quanto concerne la funzione e il ruolo degli operatori scolastici, non va dimenticato che l’educazione sessuale costituisce un argomento di particolare complessità, perché vi è coinvolta direttamente la persona dell’adulto. Questi raggiunge risultati positivi non soltanto per l’insieme delle conoscenze che possiede, per quanto esatte e profonde siano, ma anche per l’equilibrio psicologico della sua personalità. L’educatore, in altri termini, per fare da guida, deve essere libero da conflitti, presentare una sana stabilità socio-emotiva, possedere una concezione unificante della vita di natura etica.
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50. Analogo impegno di formazione e preparazione dovrà essere svolto - con opportune iniziative - nei confronti della famiglia, affinché sia in grado di porsi in dialogo costruttivo con i docenti circa i problemi attinenti l’educazione sessuale nei vari stadi evolutivi. La famiglia potrà così acquisire una mentalità aperta e dialogante nell’attuale pluralismo scolastico, assumere una posizione consapevole ed equilibrata nelle varie discussioni sulle modalità di intervento, risolvere problemi particolari, individuare iniziative di recupero in casi specifici.
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51. Questo vasto impegno di preparazione e aggiornamento degli educatori - docenti, genitori, esperti - è senza dubbio compito urgente della scuola, e delle associazioni ed organismi culturali e professionali che operano all’interno di essa. Ma è anche compito della comunità ecclesiale dare vita a iniziative organiche e sistematiche per la preparazione e formazione degli educatori in questo particolare settore, avvalendosi dell’opera delle associazioni e movimenti cattolici e dell’apporto specifico dei vari esperti dei consultori familiari di ispirazione cristiana.
CONCLUSIONE
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52. Il problema che si è cercato di affrontare, in questo documento, è di tale importanza da giustificare la meditata attenzione, le precisazioni e anche le ragionevoli cautele con cui è stato trattato. Anche l’esperienza di altri paesi, in cui da tempo l’educazione sessuale è stata introdotta nella scuola, è significativa al riguardo. Essa sta a indicare come non ogni "educazione sessuale" promuova autenticamente la persona, ma soltanto quella che, attenta all’integralità delle sue dimensioni, aiuta a scoprire il senso vero della sessualità umana, come dono e progetto da attuare nella libertà responsabile. La scuola è un settore troppo importante e delicato perché ogni avventura pedagogica e ogni sperimentazione arrischiata sulle scelte educative essenziali possa essere accolta acriticamente. A scontare gli eventuali errori, compiuti per troppa leggerezza, potrebbero essere intere generazioni di giovani. L’ultima parola di questo documento è pertanto un pressante invito alla responsabilità. Per tutti: credenti e non credenti, dentro la scuola e fuori da essa. Il processo formativo della persona, in tutte le sue dimensioni, compresa quella sessuale, appare sempre meno prerogativa di ben determinati ambienti (famiglia, scuola, Chiesa), per diventare il risultato del complesso intrecciarsi dei numerosi e spesso contrastanti messaggi e stimoli della più vasta "città educativa". Di questa "città educativa" la scuola dovrebbe tuttavia costituire, per il mondo giovanile, la "coscienza critica". Ciò è possibile solo a patto che i giovani siano aiutati a scoprire i grandi valori che fondano e illuminano l’esistenza, personale e sociale, e a tradurli in criteri di comportamento. Per questo, nonostante tutti gli interrogativi e le pur legittime perplessità, bisogna credere alla scuola e alla sua funzione, e lavorare con coraggiosa convinzione per restituirla alla sua innata finalità di ambiente di promozione umana: di tutto l’uomo e di tutti gli uomini.
Ufficio nazionale per la pastorale scolastica
Fonte: http://www.parrocchiasantalucia.net/Mag073.doc
Sito web : http://www.parrocchiasantalucia.net/
Autore : Anastasio A. card. Ballestrero - Presidente della CEI, Ufficio nazionale per la pastorale scolastica - Roma, 06/04/1980
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