Tolomeo e la visione greca dell'universo in Aristotele

 

 

 

Tolomeo e la visione greca dell'universo in Aristotele

 

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Tolomeo e la visione greca dell'universo in Aristotele

Soggetto:   La concezione tolemaica
Disciplina: Filosofia
Titolo della lezione: La visione greca dell'universo in Aristotele

  1. Il pensiero greco costruì un sistema del mondo millenario, che venne  abbattuto dalla rivoluzione fisico-astronomica di Copernico e soprattutto di Galileo. Bisogna chiarire subito che cosa s'intende con il concetto di sistema: il sistema rappresenta: 
  2. l'unificazione della realtà dell'universo;
  3. la rappresentazione geometrica del movimento dei mondi celesti, a partire dall'esigenza posta da Platone: risolvere l'irregolarità del movimento visibile dei pianeti, nella regolarità e costanza di ciò che è sempre uguale a se stesso;
  4. l'uso del circolo e della sfera, considerati dai pitagorici e da Platone quali espressione del movimento perfetto, in quanto sempre uguale a se stesso;
  5. il sistema delle sfere celesti omocentriche;
  6. Aristotele, il grande filosofo discepolo di Platone, pose la distinzione fra         mondo celeste e mondo terrestre, fra moti naturali e moti violenti.
  7. Il mondo terrestre, o sublunare, risulta dalla mescolanza dei quattro elementi semplici: terra, acqua, aria, fuoco. Peso e leggerezza dei corpi dipendono dalla diversa dose di mescolanza dei quattro elementi: terra e acqua  tendono verso il basso, aria e fuoco tendono verso l'alto. Questa tendenza è attribuita alla physis, è cioè "naturale". Il divenire e il mutamento incessante degli enti della terra sono la conseguenza di queste tendenze, che agitano i corpi. In altre parole, se non fossero mescolati insieme, i quattro elementi nell'universo sarebbero quieti, ciascuno nel suo luogo naturale: la sfera della terra al centro, avvolta da una sfera d'acqua, a sua volta avvolta da una sfera d'aria, il tutto racchiuso da una sfera di fuoco.
  8. Quindi un corpo pesante muove verso il basso, un corpo leggero verso l'alto. Alto e basso corrispondono alla direzione dei luoghi naturali degli elementi. Questo spiega il moto rettilineo dei corpi terrestri verso l'alto (l'aria e il fuoco) e verso il basso (l'acqua e la terra). L'esperienza sensibile comune coincide perciò con la teoria scientifica.
  9. Invece i movimenti contrari al moto naturale, sono detti violenti, e dipendono dall'azione di una forza esterna che "ripugna" alla natura del corpo mosso: come quando il vento spinge verso il basso la fiamma del cerino, o quando l'arco sospinge la freccia verso l'alto. Il moto violento dura fino a quando la forza applicata al corpo non viene a cessare.
  10. Il mondo terrestre è il mondo del movimento di generazione e corruzione, alterazione qualitativa, alterazione quantitativa, spostamento irregolare. Invece il cielo è eterno e immutabile, nulla nasce e nulla muore, nulla diviene, il moto perciò è solamente di luogo: regolare e perfetto, cioè sempre uguale (circolare).
  11. Anche la physis, o natura, dei corpi celesti, sole stelle e pianeti, è del tutto differente. La loro ùle, o materia, è un quinto elemento divino, l'ètere, che è trasparente come cristallo, incorruttibile, senza peso. Anche le sfere celesti, sull'equatore delle quali sono fissate le stelle e i pianeti, il Sole e la Luna, sono costituite da questo quinto elemento.
  12. Il movimento dei corpi che si muovono nel mondo terrestre è sempre rettilineo. Ad esso si contrappone dunque il moto circolare delle sfere celesti, uniforme e perenne: movimento perfetto, perché non ha né inizio né fine, è eterno e sempre uguale a se stesso. A questo riguardo, impariamo che per i greci perfetto, perfezione non hanno il significato moderno di "al massimo grado possibile" e simili, ma quello di compiuto, compiutezza. L'ideale greco non sta nello smisurato, ma nel limite realizzato, nella misura.
  13. L'intero universo è pieno: il vuoto non è concepibile (tranne che per gli atomisti!). L'universo è pieno di ètere. Inoltre l'universo è finito, cioè definito da un limite: la sfera estrema è il cielo delle stelle fisse, che Aristotele chiama anche primo mobile, perché trasporta le cosiddette stelle fisse e produce quel moto che si trasmette per contatto alle altre sfere, e giunge fino alla sfera della luna, che costituisce il limite inferiore del mondo celeste. La terra invece è immobile al centro dell'universo. La centralità e l'immobilità della terra rappresenta uno dei pilastri della cosmologia aristotelica.
  14. La cosmologia aristotelica si appropria il grandioso modello di Eudosso di Cnido, il grande astronomo vissuto nella prima metà del quarto secolo. Però il modello di Eudosso era puramente geometrico e finalizzato alla soluzione di problemi teorici. Le sue sfere erano finzioni e artifici matematici capaci di dar conto delle apparenze sensibili, e perciò di "salvare i fenomeni". La separazione tra la fisica e un'astronomia puramente "di calcolo" verrà poi teorizzata nell'ambiente alessandrino, e particolarmente dal grande Tolomeo, vissuto ad Alessandria nel secondo secolo dell'era cristiana: la costruzione cosmologica tolemaica è in grado di spiegare, e soprattutto di calcolare, i moti celesti.
  15. Invece Aristotele fonda la sua cosmologia sulla fisica che abbiamo descritto. Fisica per Aristotele fa ancora riferimento alla physis delle origini. Al di là del primo mobile, o cielo delle stelle fisse (mobile, si badi bene, vuol dire mosso) c'è Dio: definito come colui che muove, senza essere a sua volta mosso. Dunque Dio, o Motore Immobile (è la traduzione letterale del latini medievale Motor immobilis), muove il primo mobile, cioè il primo cielo, quello delle stelle fisse: il quale a sua volta è mosso da Dio. Come?
  16. Poiché per Aristotele ogni movimento presuppone una causa che muove, Dio muove senza esser a sua volta mosso, cioè restando perfettamente immobile. Ciò è possibile perché Dio attrae a sé il primo cielo: lo attrae in quanto amato. Dunque il primo cielo è mosso dal suo amore per la perfezione divina, e ruota per la propria perfezione naturale. La sua rotazione trascina nello stesso movimento le altre sfere dei cieli. Anche i moti del mondo terrestre sono la conseguenza estrema di questo slancio di movimento verso Dio.
  17. Perciò la fisica e la cosmologia aristoteliche sono finalistiche. Il movimento ha una causa finale, ossia non è deterministico. Inoltre la perfezione dei cieli fa sì che il loro movimento circolare sia guidato da menti divine, che sovraintendono ad essi. Il cielo è perciò il luogo previlegiato del divino.
  18. Aggiungiamo che tutti gli enti del mondo terrestre sono composti da due principi: la materia, ùle, e la forma, morphé. La loro nascita, trasformazione e morte corrisponde al rapporto di unione e separazione di questi due principi. Invece i cieli non separano mai la loro ùle, l'ètere, dalla forma sferica, a causa della loro semplicità assoluta. Il Dio che muove senza essere mosso, al di là del cielo delle stelle fisse, non ha materia, è pura forma.

 

Fonte: http://www.istituto-santanna.it/Pages/LiceoScientifico/Materiale/Tolomeo.doc

Sito web da visitare: http://www.istituto-santanna.it/

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