Tolomeo e la visione greca dell'universo in Aristotele
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Tolomeo e la visione greca dell'universo in Aristotele
Soggetto: La concezione tolemaica
Disciplina: Filosofia
Titolo della lezione: La visione greca dell'universo in Aristotele
- Il pensiero greco costruì un sistema del mondo millenario, che venne abbattuto dalla rivoluzione fisico-astronomica di Copernico e soprattutto di Galileo. Bisogna chiarire subito che cosa s'intende con il concetto di sistema: il sistema rappresenta:
- l'unificazione della realtà dell'universo;
- la rappresentazione geometrica del movimento dei mondi celesti, a partire dall'esigenza posta da Platone: risolvere l'irregolarità del movimento visibile dei pianeti, nella regolarità e costanza di ciò che è sempre uguale a se stesso;
- l'uso del circolo e della sfera, considerati dai pitagorici e da Platone quali espressione del movimento perfetto, in quanto sempre uguale a se stesso;
- il sistema delle sfere celesti omocentriche;
- Aristotele, il grande filosofo discepolo di Platone, pose la distinzione fra mondo celeste e mondo terrestre, fra moti naturali e moti violenti.
- Il mondo terrestre, o sublunare, risulta dalla mescolanza dei quattro elementi semplici: terra, acqua, aria, fuoco. Peso e leggerezza dei corpi dipendono dalla diversa dose di mescolanza dei quattro elementi: terra e acqua tendono verso il basso, aria e fuoco tendono verso l'alto. Questa tendenza è attribuita alla physis, è cioè "naturale". Il divenire e il mutamento incessante degli enti della terra sono la conseguenza di queste tendenze, che agitano i corpi. In altre parole, se non fossero mescolati insieme, i quattro elementi nell'universo sarebbero quieti, ciascuno nel suo luogo naturale: la sfera della terra al centro, avvolta da una sfera d'acqua, a sua volta avvolta da una sfera d'aria, il tutto racchiuso da una sfera di fuoco.
- Quindi un corpo pesante muove verso il basso, un corpo leggero verso l'alto. Alto e basso corrispondono alla direzione dei luoghi naturali degli elementi. Questo spiega il moto rettilineo dei corpi terrestri verso l'alto (l'aria e il fuoco) e verso il basso (l'acqua e la terra). L'esperienza sensibile comune coincide perciò con la teoria scientifica.
- Invece i movimenti contrari al moto naturale, sono detti violenti, e dipendono dall'azione di una forza esterna che "ripugna" alla natura del corpo mosso: come quando il vento spinge verso il basso la fiamma del cerino, o quando l'arco sospinge la freccia verso l'alto. Il moto violento dura fino a quando la forza applicata al corpo non viene a cessare.
- Il mondo terrestre è il mondo del movimento di generazione e corruzione, alterazione qualitativa, alterazione quantitativa, spostamento irregolare. Invece il cielo è eterno e immutabile, nulla nasce e nulla muore, nulla diviene, il moto perciò è solamente di luogo: regolare e perfetto, cioè sempre uguale (circolare).
- Anche la physis, o natura, dei corpi celesti, sole stelle e pianeti, è del tutto differente. La loro ùle, o materia, è un quinto elemento divino, l'ètere, che è trasparente come cristallo, incorruttibile, senza peso. Anche le sfere celesti, sull'equatore delle quali sono fissate le stelle e i pianeti, il Sole e la Luna, sono costituite da questo quinto elemento.
- Il movimento dei corpi che si muovono nel mondo terrestre è sempre rettilineo. Ad esso si contrappone dunque il moto circolare delle sfere celesti, uniforme e perenne: movimento perfetto, perché non ha né inizio né fine, è eterno e sempre uguale a se stesso. A questo riguardo, impariamo che per i greci perfetto, perfezione non hanno il significato moderno di "al massimo grado possibile" e simili, ma quello di compiuto, compiutezza. L'ideale greco non sta nello smisurato, ma nel limite realizzato, nella misura.
- L'intero universo è pieno: il vuoto non è concepibile (tranne che per gli atomisti!). L'universo è pieno di ètere. Inoltre l'universo è finito, cioè definito da un limite: la sfera estrema è il cielo delle stelle fisse, che Aristotele chiama anche primo mobile, perché trasporta le cosiddette stelle fisse e produce quel moto che si trasmette per contatto alle altre sfere, e giunge fino alla sfera della luna, che costituisce il limite inferiore del mondo celeste. La terra invece è immobile al centro dell'universo. La centralità e l'immobilità della terra rappresenta uno dei pilastri della cosmologia aristotelica.
- La cosmologia aristotelica si appropria il grandioso modello di Eudosso di Cnido, il grande astronomo vissuto nella prima metà del quarto secolo. Però il modello di Eudosso era puramente geometrico e finalizzato alla soluzione di problemi teorici. Le sue sfere erano finzioni e artifici matematici capaci di dar conto delle apparenze sensibili, e perciò di "salvare i fenomeni". La separazione tra la fisica e un'astronomia puramente "di calcolo" verrà poi teorizzata nell'ambiente alessandrino, e particolarmente dal grande Tolomeo, vissuto ad Alessandria nel secondo secolo dell'era cristiana: la costruzione cosmologica tolemaica è in grado di spiegare, e soprattutto di calcolare, i moti celesti.
- Invece Aristotele fonda la sua cosmologia sulla fisica che abbiamo descritto. Fisica per Aristotele fa ancora riferimento alla physis delle origini. Al di là del primo mobile, o cielo delle stelle fisse (mobile, si badi bene, vuol dire mosso) c'è Dio: definito come colui che muove, senza essere a sua volta mosso. Dunque Dio, o Motore Immobile (è la traduzione letterale del latini medievale Motor immobilis), muove il primo mobile, cioè il primo cielo, quello delle stelle fisse: il quale a sua volta è mosso da Dio. Come?
- Poiché per Aristotele ogni movimento presuppone una causa che muove, Dio muove senza esser a sua volta mosso, cioè restando perfettamente immobile. Ciò è possibile perché Dio attrae a sé il primo cielo: lo attrae in quanto amato. Dunque il primo cielo è mosso dal suo amore per la perfezione divina, e ruota per la propria perfezione naturale. La sua rotazione trascina nello stesso movimento le altre sfere dei cieli. Anche i moti del mondo terrestre sono la conseguenza estrema di questo slancio di movimento verso Dio.
- Perciò la fisica e la cosmologia aristoteliche sono finalistiche. Il movimento ha una causa finale, ossia non è deterministico. Inoltre la perfezione dei cieli fa sì che il loro movimento circolare sia guidato da menti divine, che sovraintendono ad essi. Il cielo è perciò il luogo previlegiato del divino.
- Aggiungiamo che tutti gli enti del mondo terrestre sono composti da due principi: la materia, ùle, e la forma, morphé. La loro nascita, trasformazione e morte corrisponde al rapporto di unione e separazione di questi due principi. Invece i cieli non separano mai la loro ùle, l'ètere, dalla forma sferica, a causa della loro semplicità assoluta. Il Dio che muove senza essere mosso, al di là del cielo delle stelle fisse, non ha materia, è pura forma.
Fonte: http://www.istituto-santanna.it/Pages/LiceoScientifico/Materiale/Tolomeo.doc
Sito web da visitare: http://www.istituto-santanna.it/
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