Hegel vita e opere

 

 

 

Hegel vita e opere

 

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Hegel vita e opere

 

HEGEL

 

Premessa

La filosofia di Hegel è vasta e sistematica (abbraccia perciò molti argomenti: storia, diritto, scienze, arte), di straordinaria complessità speculativa ed esposta spesso in un linguaggio inaccessibile, tanto che un celebre critico ha potuto scrivere:
E’ un segreto di Pulcinella che nessun interprete di Hegel sia in grado di spiegare parola per parola, una sola pagina dei suoi scritti.” (Th. Haering)
Un altro studioso però ha fatto osservare che
Hegel è stato sicuramente il filosofo più sistematico dei tempi moderni ed il suo pensiero ha raggiunto un’espressione di tale intensità da essere accessibile soltanto agli iniziati e dopo un tirocinio aspro ed incerto. Eppure è proprio il pensiero di Hegel che ha messo in movimento le due principali direzioni del pensiero contemporaneo, l’esistenzialismo con Sören Kierkegaard e il materialismo dialettico con Karl Marx: segno evidente che dentro quei pensamenti astratti vibrava una vita e l’esperienza maturata di tutto un secolo in fermento qual era il mondo spirituale tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento.” (Cornelio Fabro)
A causa di tutto ciò sarebbe ingenuo pensare di dominare tanta vastità, ricchezza e complessità di pensiero (per i quali si può dare un’occhiata alle tabelle dei confronti tra Hegel e gli altri pensatori che vengono allegate al presente lavoro) con il poco tempo che la scuola mette a disposizione. Cercheremo perciò di fornire almeno delle linee guida che permettano di farsi un’idea del tutto e di avere a disposizione dei criteri di orientamento.

 

A. La vita e le opere. Importanza del contesto storico per comprendere il suo pensiero

 

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Schema riassuntivo: Vita e opere di Hegel

Vita

  • Stoccarda, 1770 – Berlino, 1831: è il filosofo più importante dell’età della Restaurazione
  • Condiscepolo di Schelling a Tubinga, dove studia teologia
  • Collabora con Schelling alla redazione del Giornale critico di filosofia, ma poi tra i due si ha una rottura a proposito della concezione dell’Assoluto (per Hegel, l’intuizione di Schelling è come “un colpo di pistola” e la sua concezione dell’Assoluto, come “la notte in cui tutte le vacche sono nere”)
  • Nel 1807, esce la Fenomenologia dello Spirito che viene completata al rombo dei cannoni di Napoleone che sta occupando Jena nel 1806
  • Dopo un periodo in cui fa il docente privato, si dà alla carriera universitaria: sarà professore all’Università di Jena, Heidelberg e Berlino.

Scritti

  • Scritti teologici giovanili: è il titolo dato dai critici ad alcune opere giovanili di Hegel  pubblicate postume (come per altri scritti di Hegel)
  • Scritti precedenti la Restaurazione, in cui è ravvisabile secondo alcuni critici una visione progressista e rivoluzionaria della filosofia (la filosofia serve ad aiutare la realtà a diventare razionale): Fenomenologia dello Spirito (1807) e Scienza della logica (1812)
  • Scritti successivi alla Restaurazione, in cui è ravvisabile invece una visione più conservatrice della filososia (la filosofia è una presa d’atto, a posteriori, della razionalità del reale): Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (1817) e Lineamenti di filosofia del diritto (1821), un’opera interamente dedicata al Diritto, che Hegel riteneva una delle parti più importanti del suo sistema
  • Altri scritti (postumi): appartenenti ai periodi successivi, consistenti in appunti delle lezioni raccolti e pubblicati dai suoi allievi: Estetica

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  • Hegel nasce nel 1770 e muore nel 1831. Vive durante la rivoluzione francese e l’epoca napoleonica. Si afferma come il filosofo più importante dell’età della Restaurazione.
  • La collocazione storica del suo pensiero è molto importante per capire la sua filosofia, come pure quella di altri filosofi suoi contemporanei. Si ricordi in proposito quanto scriveva Fichte in uno dei suoi primi scritti: egli considerava tutta la sua filosofia come ispirata dalla rivoluzione francese e dall’idea stessa di libertà: “Il mio sistema è il sistema della libertà: come quella nazione (= la Francia rivoluzionaria) libera l’uomo dalle catene estranee, così il mio sistema lo strappa dai vincoli delle cose in sé, dagli influssi esteriori e lo colloca nel suo principio primo come essere indipendente.
  • Hegel partecipa delle idee della rivoluzione francese, in base alle quali l’uomo viene concepito come un essere pensante che non è in balìa dei fatti che lo circondano, ma ha la possibilità di sottometterli alla ragione. Seguendo la guida della ragione, l’uomo giunge a capire per esempio che l’ineguaglianza, i residui del feudalesimo, l’assolutismo, ecc. (tutti elementi che condizionavano pesantemente la realtà politica della Germania in cui Hegel viveva) devono essere aboliti e che si può creare una società più giusta in cui vivere. Poiché la realtà non è costantemente retta dalla ragione, l’uomo deve lottare affinché tutti gli aspetti irrazionali di essa siano mutati e la realtà venga a coincidere con la razionalità.
  • La sua filosofia ha perciò una carica rivoluzionaria, anche se come vedremo, dopo la Restaurazione, questa carica rivoluzionaria subisce un arresto ed Hegel diventa più conservatore.

Possiamo dividere le sue opere in tre gruppi:

  • Scritti teologici giovanili: è il titolo dato dai critici ad alcune opere giovanili di Hegel  pubblicate postume (come pure postumi sono molti altri scritti appartenenti ai periodi successivi, consistenti in appunti delle lezioni raccolti e pubblicati dai suoi allievi)
  • Scritti precedenti alla Restaurazione: Fenomenologia e Logica
  • Scritti successivi alla Restaurazione: Enciclopedia e Lineamenti

 

1. Scritti teologici giovanili (1793-1800)

  • Negli scritti giovanili prevale un interesse teologico che si connette a un interesse politico perché la vita religiosa viene intesa come strettamente congiunta a quella sociale e politica. Ciò è evidente in alcuni scritti, come la Costituzione della Germania, nel quale Hegel, riflettendo sulla situazione feudale della Germania e sull’ansia di libertà del suo popolo, sostiene che non potrà esservi una rivoluzione nelle istituzioni se non vi sarà una rivoluzione nei cuori.
  • Le Chiese cristiane che si sono affermate dopo la morte di Gesù hanno il torto di aver trasformato il messaggio genuino di Gesù in una serie di precetti esteriori che costringono all’osservanza di leggi i fedeli ma non fanno realmente leva sui loro cuori. In altri scritti Hegel spiega come questo è avvenuto:
  • con il diluvio, gli Ebrei hanno interpretato la natura e gli uomini stessi come qualcosa di estraneo a Dio. Essi diventano nemici della natura e degli altri uomini sentendosi il popolo eletto che solo ripone speranza di salvezza in Dio.
  • Gesù ha rifiutato la loro scelta ed ha predicato la religione dell’amore, in nome della profonda unità di vita che lega tutti gli esseri. In questo Gesù ha fatto una scelta molto simile a quella del mondo greco che vive il rapporto con la natura e gli altri esseri in spirito di bellezza. Hegel esalta lo spirito comunirario della polis.
  • Il messaggio di Gesù e quello della civiltà greca sono stati però sconfitti storicamente. Gesù è stato ucciso dal suo popolo che non lo ha compreso e le Chiese moderne pensano Dio negli stessi termini in cui lo pensavano gli Ebrei, invece di riproporre l’autentico messaggio dell’amore. Occorre perciò una nuova religione, un nuovo messaggio d’amore.

 

2. Scritti anteriori alla Restaurazione: Fenomenologia dello spirito (1807) e Scienza della logica (1812-16)

  • Negli scritti successivi al 1800 Hegel mostra di avere attuato una svolta nel suo pensiero e di cercare nella filosofia piuttosto che nella religione lo strumento per ricomporre le scissioni.
  • La storia successiva all’antica Grecia non viene più vista come la perdita della comunità armonica, ma viene ora valorizzata come periodo storico in cui è esaltato l’individuo singolo. Hegel considera il proprio tempo come l’inizio di una nuova epoca storica a cui pensa che anche la filosofia debba collaborare. La filosofia, con l’elaborazione dei suoi sistemi concettuali, sostituirà la religione e l’amore come strumenti per superare le scissioni che si trovano nella vita.
  • A questo mutamento di pensiero Hegel è indotto da due fattori:
  • dall’opera di Napoleone che anche in Germania sta spazzando via i pesanti residui del feudalesimo
  • dalla scoperta della moderna economia politica (particolarmente A. Smith) che gli fornisce una visione sostanzialmente ottimistica dello sviluppo della società contemporanea, in senso borghese-individualista.
  • La Fenomenologia dello Spirito, terminata al rombo dei cannoni della battaglia di Jena (che segna l’occupazione napoleonica della Germania), è tutta pervasa da questo atteggiamento di apertura verso il futuro. Durante l’occupazione francese di Jena, Hegel scorge dalla finestra Napoleone e scrive in una lettera di aver visto in lui l’“anima del mondo concentrata in un sol punto”.
  • Il compito del filosofo, in questa fase illuministica del pensiero di Hegel, viene inteso come una missione ed una lotta: egli deve battersi per la razionalizzazione del mondo, per far raggiungere a ciò che semplicemente esiste la sua forma reale ovvero razionale.
  • Scritti successivi alla Restaurazione: Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (1817) e Lineamenti di filosofia del diritto (1821)

 

  • Dopo il 1815 Hegel assumerà invece un atteggiamento conservatore: la monarchia prussiana sarà esaltata da lui come l’incarnazione dello stato perfetto, unico strumento in grado di tenere a bada le nostalgie dei reazionari e le impazienze dei liberali.
  • Al momento di esaltazione per il nuovo, ne succede uno più conservatore, che può essere interpretato come il bisogno di consolidare e a mettere al sicuro le trasformazione avvenute. Anche la Filosofia viene ora intesa diversamente da Hegel: essa non ha più il compito di annunciare e preparare una nuova epoca, ma quello di riconoscere il presente nel suo valore.
  • Il compito del filosofo, in questa fase del pensiero di Hegel, viene inteso come un prendere atto della razionalità del reale, mostrandone l’intrinseca necessità: “Comprendere ciò che è è il compito della filosofia, poiché ciò che è è la ragione”;  la filosofia  deve mantenersi in pace con la realtà e rinunciare alla pretesa assurda di determinarla e guidarla. La filosofia non può mai andare oltre il proprio tempo: deve soltanto portare nella forma del pensiero, cioè elaborare in concetti il contenuto reale che l’esperienza le offre, dimostrandone con la riflessione l’intrinseca razionalità (“La filosofia è il proprio tempo appreso col pensiero”). La filosofia arriva solo quando la realtà ha terminato il proprio percorso, dunque non può incidere sul suo farsi e ne rappresenta una semplice presa d’atto .

B. I concetti fondamentali

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Schema riassuntivo: I concetti fondamentali di Hegel

  • Nesso tra finito e infinito. Vi è una drammatica scissione tra la parte e il tutto, l’individuo e il divino (l’Assoluto). La scissione si risolve comprendendo che entrambi sono necessari: la parte non ha vita e valore se non nel tutto; il tutto non ha alcun significato se non si articola concretamente nel sistema delle sue parti.

Strumento per ricomporre la scissione
à per il giovane Hegel è la religione
à per lo Hegel più maturo, è la filosofia

  • Il vero è l’intero. Tutto ciò che chiamiamo finito non esiste. Per lo Hegel più maturo è la filosofia che ci fa comprendere come il tutto sia legato alle sue parti e come queste si risolvano nel tutto. Es. del boccio, del boccio e del frutto. I singoli momenti non hanno realtà, ma la assumono solo in relazione all’intero processo in cui si articola lo sviluppo della pianta.

à organicismo hegeliano

  • Poiché solo i concetti sono in grado di cogliere la totalità (cum + capere), allora ne risulta che la vera realtà delle cose è concettuale. La verità non è mai scissa dal suo concetto e può essere colta solo dalla filosofia, che è una costruzione concettuale.

à critica di Marx a Hegel (in La sacra famiglia):
Secondo Hegel, dal punto di vista ontologico, viene prima il concetto delle sue manifestazioni concrete e necessarie. Mentre, ad esempio, l’uomo comune pensa che prima esistano le mele, le pere, le fragole e le mandorle reali e poi il concetto ‘di frutto’, il pensatore idealista ritiene che prima esista ‘il frutto’ e poi, in seguito, a titolo di sue manifestazioni necessarie e derivate, la mela, la pera, ecc. Secondo Marx, in tal modo, l’idealista ‘stravolge’ l’ordine delle cose.

  • Se la verità non è mai scissa dal suo concetto, allora dobbiamo ammettere che logica e realtà si identificano, realtà e pensabilità sono la stessa cosa. Il vero è l’intero, ma l’intero può essere colto solo dal concetto ovvero dalla logica e dal pensiero, dunque la realtà delle cose sta nei concetti, la realtà e la logica si identificano. Secondo Hegel – potremmo dire – il pensiero non è qualcosa di parallelo o di superiore rispetto alle cose, ma costituisce la parte più intima delle cose.

 

  • Il senso comune considera immediatamente reale, esterno al pensiero e da esso indipendente, anche un semplice fatto o fenomeno accidentale. Nella concezione hegeliana della verità, al contrario, una tale esistenza empirica appartiene a un grado molto basso dell’esteriorità "apparente". Nessuna cosa singola, proprio perché isolata, "astratta" dal tutto, può avere significato o realtà. Essa è pura contingenza, è una possibilità che appunto in quanto tale poteva non essere. Merita invece il nome di "realtà effettiva" (Wirklichkeit) unicamente ciò che è necessario, ciò che ha in sé la propria ragion d’essere in quanto è una totalità autofondata.

à In questo senso va intesa la celebre formula dei “Lineamenti della filosofia del diritto”: "ciò che è razionale è reale, e ciò che e reale è razionale". Essa non vale per singole esistenze empiriche o per singole rappresentazioni mentali, ma esclusivamente per la totalità del reale e della sua struttura razionale. Per Hegel la ragione abita il mondo, ne costituisce il valore e il senso, che spetta al filosofo riconoscere.

  • Il vero è l’intero, ma l’intero non è solo il risultato ma il risultato assieme a tutti i momenti del suo sviluppo. L’intero, l’assoluto solo alla fine del processo diventa tale. Non si può immaginare di cogliere l’intero senza ripercorrere tutte le singole tappe del suo sviluppo (seme, fiore, frutto).

 

à si può dire perciò che l’intero, l’essere è nella sua sostanza il Soggetto. Il soggetto va inteso come ciò che realizza la propria essenza nel cambiamento, orientato alla piena realizzazione di se stesso e al divenir se stesso. Es. del sasso che è tale solo perché attraverso un processo di cambiamenti permane tale (il soggetto è il potere di “essere presso di sé nella sua alterità”). La pianta è il soggetto nel senso che è ciò che sta presso di sé nella sua alterità, ciò che noi individuiamo come permanente in una serie di cambiamenti ciascuno dei quali nega il precedente (boccio, fiore, frutto) ma che pure nel loro succedersi costituiscono il concetto di pianta.

à per cogliere questa realtà dinamica e cangiante, fatta di negazioni, occorre una nuova logica, differente rispetto a quella tradizionale, la dialettica. La logica tradizionale è fissa e stabile nelle sue determinazioni (A è A e non può essere non A) e perciò inadeguata a cogliere la realtà dinamica del concetto. La dialettica invece lo è perché è in grado di non considerare separatamente e astrattamente gli opposti ma di coglierne l’implicazione reciproca, la sintesi (cfr. Eraclito, legge segreta del mondo).
La dialettica si articola in tre momenti:

  • Tesi, momento intellettivo-astratto (boccio, fiore, frutto)
  • Antitesi, momento dialettico o negativo-razionale (Aufhebung= togliere, ma anche conservare) (il fiore è la negazione del boccio)
  • Sintesi, momento positivo-razionale (boccio, fiore e frutto sono l’intero)
  • sono tre aspetti di uno stesso atto logico
  • talvolta Hegel si riferisce ad essi con le espressioni (non sempre utilizzate in modo univoco):

in sé
per sé
in sé e per sé

à La filosofia arriva solo quando la realtà ha compiuto il suo processo di formazione. Essa ne svela il senso perché attraverso i suoi concetti ricompone tutti i momenti dello sviluppo della realtà e ce li svela; essa – come già dicevamo a proposito della logica – non è qualcosa di parallello o superiore alla realtà, ma ne costituisce l’intima essenza, la rivelazione del suo senso.
La filosofia perciò va concepita come presa d’atto di ciò che è accaduto e poiché tale presa d’atto avviene attraverso dei concetti, si può dire che la filosofia “è il proprio tempo appreso col pensiero” ovvero quell’attività intellettuale che svela il senso di ciò che sta accadendo nel proprio tempo, intendendolo come momento finale di un lungo processo che lo ha prodotto. 
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Il nesso del finito e dell’infinito, cioè del tutto con le sue parti, è il problema centrale della filosofia.

 

Gli scritti giovanili di Hegel (pubblicati postumi) offrono un’utile introduzione ai concetti fondamentali che il filosofo svilupperà nella fase più matura del proprio pensiero. Partiremo perciò da essi per iniziare la nostra esposizione; in particolare, esporremo il contento degli scritti di argomento teologico.
La teologia giovanile hegeliana, quale appare soprattutto nell’abbozzo di sistema di Francoforte, è basata essenzialmente sui concetti di unità e unificazione. Su tale base si fonda perciò l’interpretazione logica della Trinità: il Padre è l’unità ancora indistinta; il Figlio è l’uomo che si è staccato attraverso una scissione; lo Spirito Santo è l’unificazione, attuata attraverso la mediazione dell’amore. L’amore funge qui da forza operante la sintesi. Essa, come è presente nell’intero universo, così è presente nel singolo uomo: il quale dapprima è immerso in una unità innocente e inconsapevole; poi se ne stacca per seguire il proprio egoismo e allora la vita gli si presenta come qualcosa di estraneo. Infine l’uomo ritrova la sua vita attraverso l’amore, che lo riconcilia col senso della vita.
In tal modo si delinea un’opposizione fondamentale al centro dell’universo: da un lato l’universale (il divino, l’assoluto, l’eterno), dall’altro l’individuo. Dal punto di vista della scissione, entrambe queste parti sono insufficienti e infelici; l’universale separato dall’individuo è il dio degli Ebrei, lontano e privo di amore; d’altra parte, anche l’individuo isolato si sente privo di significato e di valore. Solo l’unione di entrambi dà luogo alla vita autentica di tutti e due gli elementi. Il che riveste un significato ancor più universale: non solo la parte non ha alcun significato, se non si risolve senza residuo nel tutto, ma anche il tutto non ha vita e valore, se non si articola concretamente nel sistema delle singole parti.
Il nesso del finito e dell’infinito, cioè del tutto con le sue parti, è quindi il problema centrale della filosofia. E soltanto una filosofia che sia dialettica, cioè penetrazione concreta dell’opposizione e della conciliazione delle parti della vita, può comprendere questo nesso. Essendo poi la scissione al centro dell’universo, la dialettica dovrà avere necessariamente un ritmo triadico, dovendo essa rispecchiare i tre momenti idealmente successivi dell’unità originaria, della scissione e della sintesi finale. La scissione tuttavia non è da eliminarsi dell’universo; anzi essa è la forza operante che tutto muove: senza di essa la totalità rimarrebbe ferma, paralizzata, senza possibilità di sviluppo.
Il compito di ricucire le scissioni, svolto dalla religione nelle epoche precedenti, nell’epoca moderna viene affidato alla filosofia. La filosofia ha a che fare con idee e strutture razionali, non con rappresentazioni religiose, dunque i suoi strumenti sono i concetti. I concetti (dal latino cum + capere, prendere insieme, raggruppare, unificare; il termine tedesco Begriff  ha un’etimologia analoga) colgono la verità dell’universo unificando il particolare con l’universale.

 

  • Il vero è l’intero”.

Tutto ciò che chiamiamo finito non esiste”.
Il finito deve sempre negarsi per risolversi nell’universale

La verità è dunque qualcosa di dinamico, cioè risulta da un processo che riconduce sempre il particolare all’universale; essa non sta mai nel singolo esistente, ma costituisce la struttura e la connessione delle esistenze, e dunque è processo. Questa processualità consente, per riprendere un esempio di Hegel, di riconoscere la realtà della pianta soltanto se la si ricollega alla nozione di organismo vivente, se si pone in relazione questo con l’organismo in generale, e così via in una processualità circolare che permette di comprendere razionalmente la singola cosa solo cogliendola come momento di una realtà complessiva che, nel suo insieme, spiega le singole esistenze e spiega anche se stessa come totalità. Ecco l’esempio che fa Hegel:
Il boccio dispare nella fioritura, e si potrebbe dire che quello vien confutato da questa; similmente, all’apparire del frutto, il fiore vien dichiarato una falsa esistenza della pianta, e il frutto subentra al posto del fiore come sua verità. Tali forme non solo si distinguono, ma ciascuna di esse dilegua anche sotto la spinta dell’altra, perché esse sono reciprocamente incompatibili.
Ma in pari tempo la loro fluida natura ne fa momenti dell’unità organica, nella quale esse non solo non si respingono, ma sono anzi necessarie l’una non meno dell’altra; e questa eguale necessità costituisce ora la vita dell’intero. (Fenomenologia dello spirito, vol. 1, p. 2)
Il boccio, come il fiore e il frutto, non hanno in sé la propria verità e la propria ragion d’essere. La verità è l’intero processo, la pianta, articolata nei momenti ricordati. Da un lato dunque la realtà della pianta, come quella di ogni altro essere, è la totalità dei suoi momenti (il boccio, il fiore, il frutto…), dall’altro ogni momento nega se stesso e solo così può affermarsi nella totalità. Questa dinamica, fondamento della concezione dialettica del reale, caratterizza ogni esistenza particolare e l’Assoluto stesso. Il verò è il tutto e non la parte, e quindi è la pianta la realtà concreta e provvista di significato, non i diversi momenti . Leggiamo direttamente il testo hegeliano in cui viene espresso questo concetto:
Il vero è l'intero. Ma l'intero è soltanto l'essenza che si completa mediante il suo sviluppo. Dell'Assoluto si deve dire che esso è essenzialmente Risultato, che solo alla fine è ciò che è in verità; e proprio in ciò consiste la sua natura, nell'essere effettualità, soggetto, o svolgimento di se stesso. Per quanto possa sembrare contraddittorio che l'Assoluto sia da concepire essenzialmente come risultato, basta tuttavia riflettere alquanto per renderci capaci di questa parvenza di contraddizione. Il cominciamento, il principio, l'assoluto, come da prima e immediatamente vien pronunziato, è solo l'Universale. Se io dico: “tutti gli animali”, queste parole non potranno mai valere come una zoologia; con altrettanta evidenza balza agli occhi che le parole: “divino”, “assoluto”, “eterno”, ecc. non esprimono ciò che quivi è contenuto; e tali parole in effetto non esprimono che l'intuizione, intesa come l'immediato. Ciò che è più di tali parole, e sia pure il solo passaggio a una proposizione, contiene un divenir-altro che deve venire riassimilato; ossia è una mediazione.
(Tratto da: G. W. F. Hegel, Fenomenologia dello Spirito, Prefazione, in: Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1971, vol. XVIII, pag. 498)

 

  • La dottrina dell’ “universale concreto”

In base a quanto abbiamo detto, in tutta la filosofia di Hegel diventa centrale l’analisi della relazione tra universale e particolare e soprattutto del passaggio dall’uno all’altro, nella determinazione di quello che viene definito “l’universale concreto”.
Da una parte, l’universale non coincide con nessuno dei momenti particolari in cui si articola; ma d’altra parte non è neppure immaginabile come separato da essi, così come non è possibile pensare la frutta prescindendo dai frutti specifici, ma d’altro lato non è nemmeno proponibile identificare il concetto con qualcuna delle sue specificazioni (la frutta con i singoli frutti).
La soluzione, che è poi il punto di partenza del sistema hegeliano, consiste nel considerare il particolare come qualcosa che non si esaurisce in se stesso, ma rimanda ad altro, e l’universale come lo sviluppo completo di questi riferimenti, in modo da abbracciare l’intero processo in cui si articola. La verità, secondo Hegel, non è mai scissa dal suo concetto. Le cose finite esistono in maniera negativa, cioè scisse dalla propria verità, che esse acquistano solo in un movimento progressivo di svelamento delle proprie potenzialità (sostanza come soggetto). Di conseguenza ogni singola cosa (il particolare) non può mai trovare la sua verità (e dunque la sua realtà), se non rapportandosi alla totalità di relazioni che lo costituiscono.

 

  • La verità non è mai scissa dal suo concetto: l’identificazione tra logica e pensiero

Questa idea – la verità non è mai scissa dal suo concetto – ci porta a capire anche un altro dei fondamenti  del pensiero di Hegel: logica e realtà si identificano. Il piano del pensiero e il piano dell’essere sono la stessa cosa. Se una cosa acquista la propria verità attraverso il concetto, allora logica e realtà sono la stessa cosa. La logica non descrive una realtà che è da essa indipendente; la realtà non potrebbe esistere senza la logica perché la logica è la possibilità di cogliere il concetto ovvero la verità della cosa.
Si potrebbe utilizzare un esempio per chiarire il concetto che l’intima essenza delle cose è il pensiero. Quando il sacerdote dice “Vi dichiaro marito e moglie” non sta descrivendo qualcosa, ma sta compiendo qualcosa con le sue parole: le sue parole creano una realtà che è il vincolo matrimoniale che unisce i coniugi. La stessa cosa succede con il concetto hegeliano: esso non si limita a descrivere  qualcosa che c’è già, ma lo fa realmente esistere nella sua forma più completa. Il concetto non fotografa una realtà che c’è già, ma è il mezzo grazie al quale questa realtà esiste. Il concetto è infatti l’unico strumento che abbiamo per collegare tutti gli aspetti isolati di una cosa e percepirne la totalità. Quando il boccio non c’è più e si è trasformato in frutto, è il concetto che ci permette di raccordare il fiore al frutto e di avvertire la loro unità in un’unica realtà.

  • Il Tutto reale non è costituito soltanto dal risultato, ma da questo insieme al divenire che l’ha prodotto

 

L’intero non è solo il risultato, la meta raggiunta, bensì il risultato assieme a tutti i momenti del suo sviluppo. Si vedano i seguenti passi tratti dalla Fenomenologia:
Il Tutto reale non è costituito soltanto dal risultato, ma da questo insieme al divenire che l’ha prodotto
Il Tutto è l’essenza che si compie mediante il proprio sviluppo”
“Il Tutto è l’automovimento di compenetrazione tra l’individualità e l’universale.”
“Solo il Tutto ha vera e propria realtà”

Secondo Hegel, l’errore di Kant (e poi di Fichte), consiste nel concepire l’infinito, l’Assoluto, come forma astratta e vuota, opposta alle determinazioni finite, come un ideale irraggiungibile che le trascende (si ricordino le illusioni dialettiche della ragione kantiana).
L’aver definito l’Assoluto come risultato, cioè come l’insieme dei vari momenti che ne costituiscono lo sviluppo significa inoltre per Hegel prendere le distanze dal suo amico e compagno di studi Schelling (che insieme a Fichte è l’altro grande esponente dell’idealismo tedesco). Secondo Schelling infatti l’assoluto può essere colto attraverso un atto immediato, fulmineo, simile all’intuizione estetica, che secondo Hegel è invece più tipica dell’arte che della filosofia, la sola che è in grado di cogliere l’assoluto nella sua processualità dialettica.
L’intuizione di cui parlava Schelling sembrava a Hegel un colpo di pistola. Contro

quell’entusiasmo che, come un colpo di pistola, comincia immediatamente dal sapere assoluto’, bisogna più sobriamente ricordare – sostiene Hegel – che l’assoluto ‘è essenzialmente risultato, che solo alla fine è ciò che è in verità’. Non c’è alcuna via diretta al vero, la ragione è per essenza mediazione, ‘duro lavoro del concetto’… A conclusione dello svolgimento dialettico del sapere e del reale, quando lo spirito è pienamente rivelato, si comprende che ‘il vero è l’intero”.

 

  • La filosofia è il proprio tempo appreso col pensiero

(dalla Prefazione ai Lineamenti di filosofia del diritto, 1821)

L’idea dell’assoluto come risultato si ritrova anche alla base della celebre concezione hegeliana della filosofia:

La filosofia viene sempre troppo tardi. In quanto pensiero del mondo, appare solo quando la realtà ha compiuto e terminato il suo processo di formazione.

Hegel sostiene che l’universale non solo esiste veramente (cioè non è una creazione della nostra mente – se Hegel fosse vissuto nel medioevo, nella disputa sugli universali avrebbe aderito perfettamente alla posizione più radicalmente realistica) ma è una realtà più effettiva del particolare.
La filosofia che coglie i concetti è l’unica in grado di rivelare la verità delle cose. La filosofia non è dunque qualcosa di accessorio o parallelo alla realtà, ma è essa stessa che rivela l’essenza più intima della realtà e ne svela la verità perché coglie il concetto, ovvero l’intima connessione dei particolari nell’universale:

La storia della filosofia non è per Hegel un divenire parallelo o superiore al mondo, ma costituisce ‘la parte più intima della storia del mondo’.” (Loewith)

La filosofia rappresenta dunque il momento culminante di un processo storico complessivo, come lo sforzo speculativo più intenso, compiuto per far propria l’eredità del passato e per intendere la direzione complessiva e il senso del movimento storico del presente. E’ in questo senso che va intesa la celebre definizione hegeliana nei Lineamenti di filosofia del diritto:
“la filosofiaè il proprio tempo appreso col pensiero”. 

Questa frase si trova all’interno della Prefazione ai Lineamenti della Filosofia del Diritto. E’ in questo contesto che va letta e compresa:

…per quel che si riferisce all’individuo ciascuno è senz’altro figlio del suo tempo ed anche la filosofia è il proprio tempo appreso col pensiero. È altrettanto folle pensare che una qualche filosofia precorra il suo mondo attuale, quanto che ogni individuo si lasci indietro il suo tempo e salti oltre su Rodi. Se la sua teoria nel fatto oltrepassa questo, se si costruisce un mondo come deve essere, esso esiste bensí, ma soltanto nella sua intenzione, in un elemento duttile col quale si lascia plasmare ogni qualsiasi cosa.”

Anche qui il discorso è più semplice di quel che appare: esso è tutto centrato in quella citazione che viene da Esopo, il famo-so scrittore di favole greco. Esopo racconta di un atleta spaccone, il quale, in una cerchia di amici, si vanta: «Guardate che a Rodi, quando si sono svolti i giochi, ho fatto un salto veramente strabiliante, che non potete immaginare». Allora uno degli astanti dice: «Va bene, ora non siamo a Rodi, ma la nostra Rodi è qui, salta qua, salta adesso, faccelo vedere adesso questo salto spettacolare». Naturalmente il salto l’atleta non lo riesce a fare, ne viene fuori questa morale: che bisogna confrontarsi col presente, è inutile fare come l’atleta spaccone e dire: «Il presente è brutto, lasciamo stare, non ci penso neppure, ma invece come sarebbe bella un’altra realtà, come sono stato bravo a Rodi». Hegel vuol dire che non è ammissibile un pensiero astratto, utopistico, che vuol calare belle idee nella realtà: bisogna confrontarsi con la realtà quale essa è, qui è Rodi e qui bisogna saltare. Come Machiavelli, bisogna descrivere la realtà effettuale, le repubbliche che esistono, non quelle che si immaginano, o si desiderano: la filosofia è il proprio tempo appreso col pensiero.

  • La teoria della sostanza come Soggetto

(“l’Essere è nella sua sostanza ‘soggetto’”)

La vera sostanza delle cose è l’universale concreto, come articolazione e sviluppo di tutti i suoi momenti. Questa fondamentale concezione della sostanza, Hegel la riprende da Aristotele. Scrive infatti Hegel  - ed è questa una delle più fondamentali proposizioni della sua filosofia - “l’Essere è nella sua sostanza ‘soggetto’”. Che cosa significa? Per rispondere a questa domanda dobbiamo entrare proprio nel cuore della logica hegeliana. Dire che la sostanza è soggetto vuol dire che la realtà è un processo in cui ogni essere è costituito dall’unione di forze contraddittorie: un sasso è un sasso solo fintanto che riesce a rimanere la stessa cosa attraverso i processi che vengono a interagire con esso: il sasso è ciò che permane tale nel continuo divenire degli eventi che gli possono capitare (è scolorito dal sole, levigato dall’acqua, scheggiato da un altro sasso, … ma rimane pur sempre un sasso: sasso è ciò che permane identico nel divenire, nel mutamento, nel farsi altro da quello che è). La stessa cosa avviene per una pianta, che è se stessa pur nel divenire continuo delle sue forme (boccio, fiore, frutto…); prima è boccio, ma poi il boccio viene negato da un’altra forma che  prende il suo posto e così via.
L’accento però deve essere posto sulla processualità e non sulla permanenza. Intendere la sostanza come soggetto significa infatti sottolinearne la processualità e lo sviluppo. Essa non è più il fondamento dell’essere e della continuità, ma si identifica con il cambiamento, orientato però alla completa realizzazione di sé, al “divenir se stesso”.
Sia nel caso del sasso che della pianta, però, questo processo attraverso cui l’identità o la sostanza si realizzano in una serie di sviluppi successivi non è consapevole e perciò essi sono “soggetti” a un livello minimo. Solo l’uomo è l’essere che si rende conto del suo sviluppo e che rispetto al sasso o alla pianta ha la possibilità di modellare la propria vita secondo le nozioni della propria ragione.
In maniera molto efficace, Hegel riassume il concetto di soggetto appena esposto dicendo che il “soggetto” è il potere di un’entità di “essere presso di sé nella sua alterità”. Solo questa forma di esistenza può incorporare il negativo nel positivo. Il negativo e il positivo cessano di essere opposti quando la forza attiva del soggetto rende la negatività parte dell’unità dello stesso soggetto. (Marcuse, Ragione e rivoluzione, p.119)

 

  • Inadeguatezza della logica tradizionale a cogliere l’universale concreto. Necessità di una nuova logica: la dialettica

(“La dialettica è la natura stessa del pensiero”)

Hegel prende inoltre le distanze dalla logica tradizionale. Essa è infatti inadeguata a cogliere questa nuova concezione della realtà che riconosce la vera sostanza delle cose nel loro concetto:
“nulla è reale se non l’idea. Si tratta allora di riconoscere, nell’apparenza del temporaneo e del transitorio, la sostanza che è immanente e l’eterno che è attuale.(dai Lineamenti di filosofia del diritto)
La logica tradizionale – quella codificata da Aristotele – è una logica formale, indifferente al contenuto; la logica di Hegel vuole invece essere una logica concreta, perché le cose esistono realmente solo come universali. La logica tradizionale è inoltre statica perché fissa in categorie finite la realtà, che invece è caratterizzata dal movimento e dalla processualità. La logica hegeliana si contrappone infine alla logica tradizionale, fondata sul principio di identità e di non contraddizione, accusandola di considerare astrattamente gli opposti come chiuso ciascuno nella sua immediatezza, nel suo isolamento, e perciò di non poter giungere alla mediazione, ossia a cogliere l’unità degli opposti nella loro sintesi.
La nuova forma di pensiero di cui necessita la concezione della realtà elaborata da Hegel è la dialettica:
Uno dei capisaldi della Logica consiste nella comprensione di questo fatto: La dialettica è la natura stessa del pensiero.” (Enciclopedia, pr. 11).
Che cos’è, dunque, la dialettica, questo elemento così importante nella filosofia di Hegel? E’ insieme metodo logico e struttura ontologica del reale, “legge segreta del mondo”, potremmo dire, se volessimo riprendere la terminologia di Eraclito (di cui Hegel scrive: “non c’è proposizione d’Eraclito che io non abbia accolto nella mia logica.”), nel senso che la realtà stessa è divenire dialettico. La dialettica caratterizza ogni aspetto della realtà e più in generale lo sviluppo stesso dell’Idea nel suo farsi mondo. La dialettica è, in sostanza, un modo nuovo, e difficile da capire, che Hegel propone per interpretare il mondo. E’ la dinamica del ricongiungimento dell’individuale con l’Assoluto, inteso non come qualcosa di separato dai suoi momenti, ma come la totalità di tali momenti, come l’intero. Come abbiamo già detto, ciò implica la ridefinizione della nozione di sostanza, che viene da Hegel considerata non come compiuta in sé, ma come processualità. La sostanza è il Soggetto.

Una breve ricostruzione storica dello sviluppo del concetto di dialettica ci aiuterà a capire meglio la dialettica hegeliana. Fin dall’antichità al termine dialettica si associa, da un lato, un significato gnoseologico, in quanto indica, come nel pensiero di Platone e Aristotele, un metodo della conoscenza, dall’altro un significato ontologico-metafisico, definendo la struttura stessa del reale (Eraclito: tutto scorre, i contrari coincidono).

Per molti secoli, a partire dalla Scolastica, prevale il significato aristotelico di dialettica, che la identifica con la logica. Solo con Fichte si assiste alla riaffermazione della dialettica come struttura del reale e come metodo della conoscenza a un tempo. Fichte recupera la dialettica dalla condanna ad opera di Kant. Questi aveva parlato di “dialettica trascendentale” per indicare le antinomie e i paralogismi in cui la ragione incorre nella pretesa di cogliere la totalità, andando quindi oltre l’ambito dell’esperienza possibile. La conoscenza in senso proprio è per Kant fissata alle determinazioni dell’intelletto. E’ appunto questa la posizione che Hegel pone in discussione. 
Secondo Hegel l’intelletto coglie la cosa come compiuta in sé, determinata, ma non ne coglie la verità, che è superamento delle determinazioni ed esplicitazione di ogni realtà particolare con l’universale. La totalità, che per Kant è al di là di ogni esperienza possibile, e ha soltanto una funzione regolativa della conoscenza, è per Hegel il vero di ogni realtà determinata. Per cogliere tale realtà occorre dunque una nuova forma di pensiero, in cui il finito deve sempre negarsi per risolversi nell’universale. La ragione, che conserva il significato kantiano (la conoscenza dell’universale, ma evidentemente intesa con segno opposto), è la funzione conoscitiva per eccellenza; la dialettica, che della ragione è espressione,  ne costituisce il metodo.
Possiamo dire perciò che il rapporto che vi era in Kant tra intelletto e ragione si rovescia in Hegel: per Kant l’intelletto coglie il vero, la ragione le apparenze; per Hegel la conoscenza intellettuale è quella che ci dà una visione parziale della realtà e deve essere superata in funzione della conoscenza razionale.

  • La dialettica, ovvero il movimento concettuale che riflette il movimento della realtà, ha tre momenti:
  • l’intellettivo-astratto: la cosa viene colta come compiuta in sé, determinata, distinta da ogni altra cosa (boccio, fiore, frutto sono delle realtà separate, a sé stanti).
  • quello dialettico o negativo-razionale (Aufhebung= “togliere”, ma anche “conservare”): il vero determinato dall’intelletto viene tolto, non per essere soppresso, ma per essere riaffermato nel momento razionale, che unisce finito e infinito, particolare e universale; si nega che la cosa possa sussistere da sola, ma questa negazione non è un punto di arrivo: è il mezzo che ci permette di riconoscere che la cosa sussiste nella totalità delle sue relazioni (il fiore è la negazione del boccio; il frutto è la negazione del fiore)
  • quello positivo-razionale o speculativo (boccio, fiore, frutto sono una totalità inscindibile, determinazioni diverse dell’unico concetto di “pianta”, totalità dei tre momenti).
  • I tre momenti del processo dialettico vanno intesi come tre aspetti di uno stesso atto logico e quindi di ogni verità in genere; la loro distinzione ha un valore meramente espositivo (storico); in realtà essi sono intimamente connessi nell’unità atemporale del Concetto:

Solo l’elemento naturale, in quanto è finito è soggetto al tempo. Il vero, invece, cioè l’Idea, lo Spirito, è eterno.” (Enciclopedia, pr. 258)

Un collegamento tra Hegel e S. Agostino a proposito del Tempo. Per capire meglio la concezione hegeliana del tempo, probabilmente occorre fare riferimento a S. Agostino ed alla sua teoria del tempo. Secondo S. Agostino, il tempo non ha essere. Perché allora all’uomo sembra che l’essere sia temporale? Perché l’uomo – risponde S. Agostino – è imperfetto e la temporalità è il suo modo di avvertire la realtà, modo che scaturisce appunto dalla sua imperfezione. Ciò che l’uomo chiama passato è la realtà che egli non può modificare; ciò che egli chiama futuro è la realtà che non conosce ancora. Ma Dio vede il passato e non lo modifica non perché non può ma perché nella sua infinita perfezione decide di non modificarlo. Allo stesso modo Dio vede il futuro, lo ha già in sé, quindi per lui non è futuro. Passato e futuro derivano allora da una doppia incapacità della conoscenza umana: di modificare e di conoscere.
Parafrasando questa argomentazione, potremmo dire che il tempo esiste solo in relazione al finito, mentre dal punto di vista dell’Assoluto esso non esiste.

  • Per fare riferimento a questi tre momenti, Hegel ricorre spesso ad una specifica terminologia: in sé (che potremmo rendere con l’espressione: “essere implicito”), per sé (“essere esplicito”), in sé e per sé (sintesi dei due momenti precedenti);
  • in sé”: indica la cosa senza riferimento ad altro, indipendentemente dalle relazioni con gli altri oggetti; tali relazioni esistono, ma sono ancora allo stato virtuale, potenziale (es. il seme, che contiene tutta la pianta), dunque si tratta della cosa nella totalità delle sue potenzialità, non ancora attuate: non vi è stato ancora il processo che ha fatto dispiegare tutte le sue potenzialità)
  • per sé”: indica le potenzialità della cosa che si dispiegano (fiore, frutto…), ma sussistono in maniera negativa, perché ciascuna non esaurisce il concetto della cosa, ma rimanda ad altro
  • in sé e per sé”: indica la cosa che ha manifestato la totalità delle sue potenzialità e ha perciò raggiunto il proprio concetto

E’ bene specificare però che tale terminologia non sempre ha un uso univoco e talvolta è soggetta a oscillazioni. Si vedano i seguenti esempi:

Se l’embrione è in sé l’uomo, non lo è tuttavia per sé.”

“Il seme è in sé la pianta ma per essa deve morire come seme, e quindi uscire fuori di sé al fine di poter diventare, dispiegandosi, la pianta per sé (o in sé e per sé).”

 

  • La seguente tabella ci aiuterà a riassumere tutti i concetti finora esposti.

 

La dialettica come concezione generale di ogni realtà

 

La struttura dialettica del sistema filosofico di Hegel

Ogni aspetto della realtà ha uno sviluppo dialettico, ovvero processuale e dinamico, che si può riassumere nei tre momenti di tesi, antitesi e sintesi.
Il pensiero riesce a cogliere questo sviluppo soltanto se diventa un pensiero dialettico, diverso dalla logica tradizionale fissa nei suoi concetti, e attento alla negatività che è parte costitutiva del reale.
La dialettica è dunque a un tempo legge di sviluppo della realtà e legge del pensiero (cfr. Eraclito).

La concezione dialettica della realtà viene riassunta da Hegel nel suo sistema filosofico, che contiene tutte le sue concezioni (sul concetto di “sistema”, vd. più avanti).

I tre momenti del movimento dialettico che caratterizza ogni cosa

Esempio

Formule utilizzate per indicare ciascuno di questi momenti

Altre formule utilizzate

Altre formule utilizzate

I tre momenti dello sviluppo dialettico della realtà nel sistema metafisico di Hegel

Parte del sistema  che studia ciascuno di questi momenti

Ulteriori triadi (a loro volta suddivise in triadi, ecc.: qui vengono segnalate solo le più importanti) in cui si articola ciascuno dei tre momenti del sistema

Momento intellettivo astratto

(la cosa viene colta isolatamente)

Il boccio

“in sé”

Posizione

 

Tesi

l’Idea in-sé

La logica

1. Essere
2. Essenza
3. Concetto

Momento negativo-razionale

(la cosa viene negata nella sua finitezza); Aufhebung

Il fiore

“per sé”

Negazione

 

Antitesi

l’Idea per sé o fuori-di-sé,

La filosofia della natura

  • Meccanica
  • Fisica
  • Organica

Momento positivo-razionale

(la cosa viene colta nella totalità delle sue determinazioni)

Il frutto

“in sé e per sé”

Negazione della negazione

Sintesi

l’Idea in-sé e per sé

La filosofia dello spirito

1. Spirito soggettivo
1. Antropologia
2. Fenomenologia
3. Psicologia

2. Spirito oggettivo
1. Diritto
2.Morale
3. Eticità
1.Famiglia
2. Società civile
3. Stato

3. Spirito assoluto
1. Arte
2. Religione
3. Filosofia

 

  • Ciò che è razionale è reale:

  e ciò che è reale è razionale” (dalla Prefazione ai Lineamenti di filosofia del diritto, 1821)

Reale dunque è solo l’universale, i suoi momenti sono solo delle apparenze. Solo la ragione è in grado di cogliere l’universale e perciò solo la ragione coglie la realtà delle cose: ciò che è razionale è reale.
Nella struttura concettuale del sistema hegeliano il termine “Realtà” viene ad assumere un significato particolare. “Reale” viene a significare non tutto ciò che esiste in effetti (che dovrebbe piuttosto essere chiamato “apparenza”), ma ciò che si trova in accordo con i principi della ragione. “Reale” è ciò che è secondo ragione (razionale) e nulla altro. Per esempio, lo Stato diviene una realtà solo quando si basa sulle effettive possibilità degli uomini e permette il loro pieno sviluppo. Ogni forma di Stato preliminare a questa non è ancora razionale e, conseguentemente, non ancora reale.
Questo principio fondamentale della filosofia di Hegel viene espresso nel celebre aforisma che fa da titolo a questo paragrafo e che si trova nella prefazione ai Lineamenti di filosofia del diritto. E’ nel contesto delle riflessioni etico-politiche che costituiscono il testo che ne va inteso propriamente il significato, il quale si connette all’impostazione ideologica della filosofia hegeliana (vd. l’ultimo punto di questi concetti fondamentali: solo l’universale è libero):

  • Con la prima parte dell’aforisma Hegel intende dire che la razionalità non è pura idealità, dover essere, utopia immaginata dai filosofi (e cita la Repubblica platonica), ma la forma stessa di ciò che esiste. Essa costituisce e governa effettivamente il mondo.
  • Con la seconda parte Hegel sottolinea che il reale non è caos, ma il dispiegarsi di una struttura razionale. E’ la ragione a costituirne il contenuto e il significato; essa è il connettivo che lega fra loro gli eventi più disparati, che sarebbero altrimenti privi di senso. Tale razionalità deve essere rinvenuta nel reale attraverso l’esercizio della filosofia. Ciò che conta non è tanto raccogliere un coacervo di dati eterogenei, disparati, sconnessi, quanto guardare al di là del transitorio e del particolare per cogliere la trama universale, necessaria, che lega fra loro fatti ed eventi.

La doppia interpretazione possibile di Hegel: quella conservatrice (scritti successivi alla Restaurazione) e quella progressista (scritti precedenti alla Restaurazione) sta alla base della differenziazione dei suoi discepoli in una Destra e in una Sinistra hegeliane. Quando Hegel morì, i suoi seguaci si divisero infatti in due correnti che lo studioso David Strauss designò con termini desunti dalle consuetudini del Parlmanto francese come Destra (o “vecchi hegeliani”, la generazione più vecchia) e Sinistra (o “giovani hegeliani”, la generazione più giovane, quella dei nati dopo il 1800) hegeliane. Queste due correnti differivano essenzialmente su due punti:

  • Nell’interpretazione politica di Hegel: l’atteggiamento conservatore della Destra era portato a sottolineare l’identità ontologica fra realtà e ragione e la visione della Filosofia come una presa d’atto di ciò che esiste. L’atteggiamento rivoluzionario della Sinistra si soffermava invece sul carattere progressivo della filosofia hegeliana, secondo il quale il mondo è un processo dinamico, che è chiamato a farsi razionale; la filosofia va intesa dunque come critica dell’esistente ovvero come un progetto di trasformazione rivoluzionaria delle istituzioni politiche contemporanee.
  • All’ interpretazione ora conservatrice ora rivoluzionaria di Hegel era pure connessa la differente interpretazione della Religione data dalla Destra e dalla Sinistra. Hegel infatti aveva sottolineato che la Religione, come la Filosofia e l’Arte, è una forma in cui si esprime lo spirito assoluto; identica per contenuto, essa perciò differisce solo per forma dall’Arte e dalla Filosofia (intuizione, rappresentazione, concetto). Ebbene, secondo la Destra, proprio perché sostanzialmente identica nel contenuto alla Filosofia, la Religione è una forma dello spirito da valorizzare (la Filosofia deve proprio per questo conservare la Religione). La Sinistra invece insisteva sul carattere di superamento della Religione da parte della Filosofia: proprio perché quest’ultima si esprime in concetti è superiore alla Religione e dunque ne rappresenta il superamento e la distruzione.

Tra i maggiori esponenti della Destra hegeliana si ricordano: K. Conradi, G. A. Gabler, E. Herdmann; tra gli esponenti della Sinistra: D. F. Strauss, B. Bauer, M. Stirner, A. Ruge, M. Hess.
Accanto a questi pensatori vanno poi ricordati altri due filosofi. Anzitutto, Ludwig Feuerbach, che pur partendo da posizioni hegeliane interpretate nel senso della “Sinistra hegeliana” è il primo ad approdare a posizioni chiaramente antihegeliane. E poi Karl Marx, che fu in contatto con i “giovani hegeliani”, in particolare con Bruno Bauer,  e che si orientò a studiare filosofia partendo da posizioni sostanzialmente hegeliane. Tuttavia giunse anch’egli a criticare Hegel sulla scia di Feuerbach e di altri pensatori antihegeliani come Trendelemburg.

E’ qui che si innesta la critica del filosofio Feuerbach a Hegel: nel ritenere più concreto il concetto che i momenti in cui si articola, Hegel inverte il rapporto tra soggetto e predicato, facendo esistere per primi i concetti (i predicati) rispetto agli oggetti (i soggetti) cui essi si riferiscono. Hegel, in sostanza, fa del Concetto qualcosa di più reale dell’oggetto concreto: l’equivoco di fondo dell’idealismo è quello di fare del concreto (dell’essere, della natura, dell’uomo, del finito, ecc.) un predicato o attributo dell’astratto (del pensiero, dello spirito, di Dio, dell’infinito ecc.), anziché dell’astratto un predicato o un attributo del concreto: “Il vero rapporto tra pensiero ed essere non può essere che questo: l’essere è il soggetto, il pensiero è il predicato. Il pensiero dunque deriva dall’essere, ma non l’essere dal pensiero” (Feuerbach, Tesi provvisorie per una riforma della filosofia).
Tale critica sarà ripresa da Marx a proposito dei rapporti tra l’individuo e lo Stato: Hegel fa dello Stato una realtà più importante dell’individuo, mentre invece è vero il contrario.

 

  • L’organicismo

 

La filosofia di Hegel è perciò una forma di organicismo, termine con il quale si indica che tutti i fatti culturali sono connessi tra loro e che “un fatto culturale di per sé non è significativo se non è posto in relazione con altri fatti del proprio e di altri ordini. Non si può scindere perciò il diritto dall’arte, dalla religione e dalla filosofia: tutti i fatti culturali sono connessi tra loro e tutti sono riconducibili alla vita unitaria dello Spirito, che è unico. La realtà è dunque come il corpo umano, un grande organismo in cui circola lo stesso sangue,  che sgorga identico ovunque esso venga punto. La cultura è qualcosa che emerge in tutti gli aspetti della vita spirituale di un’epoca. Hegel parla perciò di Zeitgeist, espressione tedesca che si può tradurre con “spirito del tempo”.
L’organicismo è in altri termini lo stesso concetto di monismo idealistico di cui si può parlare facendo riferimento a Schelling: tutto ciò che esiste è espressione di un unico principio spirituale.  Ma l’organicismo di Schelling sbaglia a concepire la realtà come un tutto in cui non si distinguono le parti (“l’Assoluto di Schelling – sostiene Hegel – è come la notte in cui tutte le vacche sono nere”); Hegel al contrario vede la realtà nei suoi aspetti concreti: le parti si spiegano solo in riferimento al tutto, ma conservano comunque il loro significato autonomo. Se è vero che nel corpo umano le singole parti si spiegano solo in riferimento al tutto, è comunque vero che le singole parti entrano a comporre il tutto di cui sono parti e che possono distinguersi l’una dall’altra.
La più compiuta espressione dell’organicismo hegeliano si trova nella grandiosa costruzione del suo sistema filosofico, per il quale vedi più avanti.

 

  • Lo Spirito va inteso come spirito universale e insieme come spirito individuale.  Lo Spirito oggettivo.

A quanto si diceva nel punto precedente si può aggiungere quanto segue circa i rapporti tra spirito universale e spirito individuale.
Quando si legge Hegel si sente spesso parlare di io, soggetto, spirito, idea. La vera essenza della realtà è idea (da qui il termine idealismo, con il quale si caratterizza il sistema di Hegel). Il soggetto di cui parla Hegel però non va identificato con l’io individuale, ma con l’Io universale o Idea (scritti con la maiuscola) che indicano una realtà soggettiva impersonale, ovvero l’intera umanità.
La dottrina hegeliana si riferisce non già allo spirito dell’individuo, ma all’intera umanità come unità che si sviluppa. E’ caratteristica dell’umanità quella di poter di poter stabilire una continuità fra individui e generazioni diverse, per cui, pur restando ogni individuo responsabile per se stesso, tutti gli individui concorrono a formare quell’organismo collettivo che è l’umanità.
Per Hegel, l’individuo non è concepibile al di fuori della collettività cui appartiene; si istituisce così una sorta di continuità fra la vita dell’individuo e la vita della specie, per cui la prima si svolge e si integra naturalmente nella seconda. L’individuo, tanto esaltato dall’etica del Settecento (vedi ad esempio Kant) non è che un’astrazione per la nuova sensibilità sociale dell’Ottocento, per la quale l’individuo deve sempre essere integrato nella famiglia e nella società.
Come aveva sostenuto nei suoi scritti giovanili, Hegel vede la condizione ideale di vita nella perfetta fusione di individuo e collettività che si è realizzata nella città greca. Ma che cosa significa propriamente dire che lo Spirito perviene a una vita più alta nella famiglia, nella comunità sociale e nello Stato? Lo spirito dell’individuo (spirito soggettivo) si forma all’interno dello Spirito di un popolo, ovvero in una collettività caratterizzata da certi valori che si tramandano (tradizione) ai nuovi membri mediante l’educazione. E’ impossibile perciò parlare dell’individuo senza fare riferimento alla collettività ed alla cultura da cui proviene: la collettività, lo Stato, sostiene Hegel, sono ontologicamente più importanti dell’individuo (la polis, che tanto piaceva al giovane Hegel, che la esaltava come modello di armonia e di vita felice, è superiore all’individuo come il tutto è superiore alla parte; la mano non può essere concepito senza fare riferimento al corpo ).
Proprio per caratterizzare questa realtà ultra-soggettiva, che cioè va al di là dei singoli soggetti individuali, Hegel non usa più l’espressione spirito soggettivo, ma spirito oggettivo.  E’ questa una concezione dello spirito che Hegel riprende dagli illuministi: da Montesquieu, che parlava di “spirito delle leggi” (ovvero come insieme delle consuetudini e delle credenze non scritte che rendono possibile presso un popolo la vita di certe leggi) e da Voltaire, che scriveva che la cosa più importante nella Storia, ovvero ciò che merita di essere conosciuto è: “lo spirito, i costumi, le usanze delle nazioni principali.” (Saggio sui costumi).
La vita spirituale di un popolo si esprime nel complesso delle sue creazioni artistiche, religiose e culturali: è nell’arte, nella religione e nella filosofia che lo Spirito raggiunge i gradi più alti della propria verità e consapevolezza. Esse differiscono solo per il modo in cui esprimono tale consapevolezza (intuizione, rappresentazione, concetto).

 

  • Solo l’universale è libero.  La libertà coincide con la necessità

 

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Schema riassuntivo: Solo l’universale è libero. La libertà coincide con la necessità

  • L’idealismo tedesco va compreso nel contesto della Rivoluzione francese, tanto che si è parlato di esso come della “teoria della Rivoluzione francese”

 

  • Per i rivoluzionari, se fino alla loro epoca l’uomo era vissuto in balia di vincoli naturali e sociali che lo costringevano a vivere in un certo modo, ora si apriva invece l’epoca della libertà e della possibilità di autodeterminarsi
  • Tutto ciò deriva dalla persuasione che la Ragione può governare il mondo e plasmarlo secondo le esigenze dell’uomo.

 

  • Ma come può il pensiero governare la realtà se ciascuno si attiene ad un proprio concetto di Ragione e non esistono norme univerali cui tutti si debbano attenere?
  • Secondo Hegel, come per Platone e Cartesio, esiste una verità che trascende i singoli individui ed è di carattere universale.

 

  • L’uomo libero è dunque quello che agisce secondo Ragione, perciò la sua libertà consiste nell’adeguarsi alla ragione universale che governa il tutto.

La libertà coincide dunque con la necessità (la struttura razionale e necessaria dell’essere); essa non consiste nell’esercitare l’arbitrio ma nell’adeguarsi alla razionalità del tutto.

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Solo ciò che è universale è libero pienamente appunto perché in quanto intero, totalità non ha fuori di sé nulla che lo limiti. Si ricordi il concetto di sostanza in Spinoza, un filosofo fatto rinascere dagli idealisti tedeschi, che parlano di Spinoza Renaissance: “la sostanaza è ciò che è in sé e che si concepisce per sé”, ovvero piena autosofficienza ontologica e gnoseologica.
La libertà perciò coincide con la necessità in quanto non esiste la libertà come arbitrio, ovvero come possibilità di fare ciò che si vuole: la libertà dell’individuo sta nel sapersi adeguare all’ordine razionale (geometrico, diceva Spinoza) della realtà di cui fa parte. Si ricordi l’etica stoica. L’individuo è libero in quanto sa riconoscersi nell’universale.
Questo principio fondamentale della filosofia hegeliana come pure tutti gli altri (SOGGETTO, SPIRITO, CONCETTO) derivano dall’idea di ragione, così come viene delineandosi in connessione alle lotte politiche e sociali della Rivoluzione francese. Tali concetti, perciò, vanno compresi e chiariti tenendo presente tale contesto.
L’idealismo tedesco (Fichte, Schelling, Hegel) è stato considerato come la teoria della Rivoluzione francese, perché le idee della Rivoluzione (lo Stato e la società possono essere organizzate su basi razionali; l’individuo può essere padrone di se stesso e della propria vita; ecc.) determinano in grande misura la struttura concettuale dei sistemi di questi filosofi. Se fino alla rivoluzione francese l’uomo era vissuto vittima delle forze della natura e della società, ora – secondo i rivoluzionari – si apriva un’epoca nuova in cui l’uomo doveva gestire i rapporti con la natura e gli altri uomini sulla base della conoscenza, il mondo doveva essere ordinato secondo ragione. Il concetto di ragione è dunque centrale nella filosofia di Hegel, così come lo era nella rivoluzione, dove esso aveva trovato la sua deificazione nell’Essere supremo che Robespierre voleva fosse al centro di una nuova religione. Hegel stesso mise in rapporto il suo concetto di ragione con la Rivoluzione francese e lo fece con grande enfasi. La rivoluzione infatti, secondo Hegel, aveva asserito l’esigenza che
nella costituzione di uno Stato non si debba ritener valido se non ciò che vada riconosciuto secondo il diritto di ragione.”
E aveva pure sostenuto che
“l’esistenza dell’uomo trova il suo fondamento nella mente umana, cioè nel pensiero, ispirato dal quale l’uomo crea il mondo della realtà. Anassagora  fu il primo ad asserire che il Nous governa il mondo, ma fino a oggi nessuno è giunto a riconoscere che il pensiero governa il mondo”.
La Rivoluzione francese era stata la prima a riconoscerlo: l’uomo è un essere pensante e dunque non è in balìa dei fatti che lo circondano, ma ha la possibilità di sottometterli alla ragione. Seguendo la guida della ragione, l’uomo giunge a capire per esempio che l’ineguaglianza, i residui del feudalesimo, l’assolutismo, ecc. devono essere aboliti e che si può creare una società più giusta in cui vivere. Poiché la realtà non è costantemente retta dalla ragione, l’uomo deve lottare affinché tutti gli aspetti irrazionali di essa siano mutati e la realtà venga a coincidere con la razionalità
Secondo Hegel la rivoluzione non ha fatto che proclamare il principio che la ragione, il pensiero dovrebbero dominare la realtà. In altri termini, ciò che gli uomini pensano sia vero, giusto e buono dovrebbe essere realizzato nell’effettiva organizzazione della loro vita sociale e individuale. Tale principio costituisce anche il nucleo teorico fondamentale del suo sistema filosofico.
Ma qui sorge spontanea un’obiezione: essendo variabili le opinioni dei singoli individui, risulta immediatamente chiaro che se l’uomo non è in possesso di concetti e principi di pensiero che indichino norme universali, cioè valide per tutti e condivise da tutti, il suo pensiero non può pretendere di governare la realtà. Per Hegel (e lo vedremo meglio quando ci occuperemo più avanti delle sue critiche agli empiristi) questo problema non si pone perché, allineandosi ad uno dei filoni dominanti della tradizione filosofica occidentale, quello che va da Platone (le idee che stanno al di fuori del mondo e che sono indipendenti dai singoli soggetti che le percepiscono) a Cartesio (le verità vere ed evidenti che si impongono a tutti), Hegel sostiene che tali principi universali o concetti esistono. Il loro complesso costituisce appunto la ragione: “vivere secondo ragione”  o “seguendo i dettami della la ragione” ecc., sono dei modi di dire che non significano altro che agire “seguendo le norme universali e le verità evidenti condivise da tutti”.
Secondo Hegel il bisogno di fare filosofia nasce solo quando si avvertono delle scissioni e la filosofia serve appunto a sanarle. E questo vale anche per la filosofia di Hegel, che, nel momento storico in cui sorge ha lo scopo, secondo il suo autore, di spiegare il principio che avrebbe consentito di ristabilire l’unità e la totalità mancanti.
Tale principio è il concetto di ragione. Tramite di esso diventa evidente che l’uomo può vivere secondo ragione e sottomettere ad essa ogni aspetto della realtà e che dunque non vi è alcuna cesura tra il soggetto e l’oggetto, lo spirito e la realtà. La ragione è la vera forma della realtà in cui ogni antagonismo di soggetto e oggetto si integra a formare un’autentica unità e universalità. Secondo Hegel tutto è ragione e tutto è soggetto universale in divenire, perciò nella sua filosofia ogni aspetto dell’essere viene sottomesso all’idea onnicomprensiva di ragione: il mondo inorganico così come quello organico, la natura così come la società.
Hegel era convinto che i tempi erano ormai maturi perché la realizzazione della libertà umana fosse a portata di mano: l’uomo poteva essere libero, poteva sviluppare tutte le sue possibilità solo se il suo mondo era interamente dominato dalla ragione. Potremmo dire che il sistema hegeliano, in cui viene mostrato che tutto – ma veramente tutto: dai fatti naturali alle idee religiose e filosofiche, alle forme politiche, ecc. – è espressione della ragione, anticipa una condizione in cui tale possibilità sia stata raggiunta. L’ottimismo storico in cui la filosofia hegeliana respira fornì la base del cosiddetto panlogismo hegeliano (dal greco, pan = tutto e logos = ragione), che considera ogni forma dell’essere come un aspetto della ragione: le leggi della natura sorgono dalla struttura razionale dell’essere e conducono, attraverso un continuum, alle leggi dello spirito. E’ questa condizione della realtà che Hegel considera la “verità”.
Nella parte del suo sistema dedicata alla Filosofia della Natura Hegel. espone il suo panlogismo e ci mostra come tutta la natura sia pervasa intimamente dallo spirito, ma in una forma inconsapevole (cfr. Schelling).  Solo con la comparsa dell’uomo nel regno animale, comincia ad entrare in campo lo spirito vero e proprio e il soggetto. (Attenzione, però: non si tratta dell’uomo comune che crede all’apparenza delle cose, ma dell’uomo filosofo, che è in grado di negare le apparenze per raggiungere la verità del concetto). Lo Spirito deve percorrere una lunga storia prima di riconoscersi come spirito assoluto e ragione. Ed è appunto questa storia che ci viene narrata da Hegel nella Fenomenologia dello spirito, vero e proprio romanzo di formazione filosofico il cui protagonista che giunge a maturazione è, appunto, lo Spirito.


C. Esemplificazioni dei concetti fondamentali di Hegel

 

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Schema riassuntivo: Esemplificazioni dei concetti fondamentali

  • Il boccio, il fiore e il frutto

 

  • “L’uomo non è altro che la serie delle sue azioni”
  • Lo Stato è più reale dell’individuo

 

  • La Storia etico-politica del mondo assume senso solo se intesa come totalità

(e la stessa cosa vale per gli altri settori della Storia: Arte, Religione, Filosofia)

  • La Storia dell’Arte

 

  • La Storia della Religione
  • La Storia della Filosofia

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La realtà è la manifestazione di un unico principio spirituale, tale principio è l’universale e si afferma attraverso un processo che attraverso una serie di manifestazioni parziali che si negano successivamente, approda alla verità finale costituita dall’intero. Le singole parti hanno senso solo in rapporto al tutto che le lega.
Hegel applica questo metodo interpretativo a una grande quantità di fenomeni (artistici, religiosi, politici, culturali). Esso si rivela a volte molto fecondo e ricco di intuizioni, che costituiranno la base per ulteriori sviluppi nella riflessione filosofica (si pensi alla ripresa effettuata da Marx o dagli esistenzialisti di certe analisi hegeliane, come la dialettica servo-signore, che compare nella Fenomenologia dello Spirito). Altre volte, invece, lo stesso metodo di riconduzione della parte al tutto appare meno efficace ed un po’ forzato perché esamina gli eventi storici a posteriori (post factum), leggendoli come il presupposto necessario  di eventi successivi, la cui concatenazione risponde alla realizzazione di un “tutto” che viene individuato e fissato arbitrariamente dal filosofo Hegel a posteriori. Si tratta insomma di una necessità che coglie soltanto Hegel e che altri potrebbero fare fatica a riconoscere nella logica delle cose.
Vediamo alcuni esempi di queste analisi.

  • Il boccio, il fiore, il frutto sono solo apparenze del concetto “pianta”; tale concetto sorge come momento finale di un processo che vede la negazione di ciascuno di questi momenti presi isolatamente e li ricomprende nell’unità di un unico concetto, quello di pianta, appunto.

 

  • L’uomo non è altro che la serie delle sue azioni. Una persona si giudica da quello che ha fatto, dalla totalità delle azioni che ha compiuto ed in cui si è espressa la propria personalità. Il fatto che una certa azione sia collocata prima piuttosto che dopo un’altra, spesso non è necessario per ricostruirne la personalità: basta osservare i vari atti e dare loro un senso prendendoli come totalità. E’ il legame logico tra le azioni che ne determina il senso, non il legame cronologico.

E’ la totalità che dà senso alle parti e la totalità si può osservare solo alla fine, quando lo spirito ha concluso il suo percorso; prima, non è possibile farlo e chi ci provasse ne avrebbe un’immagine distorta, parziale, inautentica.
Per chiarire meglio quanto stiamo dicendo, possiamo ricorrere ad un esempio, osservando che quanto abbiamo appena detto vale anche per i personaggi danteschi, che sono estremamente vividi, colpiscono fortemente la fantasia del lettore, e che, paradossalmente, risultano più vivi nell’aldilà di quando erano in vita. Da dove traggono tutta questa intensità?
Il critico Auerbach, in un suo celebre saggio sulla Commedia , richiamandosi appunto ad Hegel, sostiene che essi sono così intensi proprio perché vengono incontrati da Dante quando ormai hanno concluso la loro vita: Dante li può infatti osservare in un momento in cui nessun vivente avrebbe mai potuto coglierli, ovvero dal punto di vista di chi osserva una totalità conchiusa, quando le anime hanno ormai terminato il loro percorso esistenziale e dispiegato le proprie potenzialità, manifestando tutta la loro essenza. Il punto d’avvio del saggio di Auerbach sulla Divina commedia, è, come dicevamo, proprio una pagina delle Lezioni di estetica in cui Hegel sostiene che Dante “immerge il mondo vivente dell’agire e del patire, e più precisamente delle azioni e dei destini individuali, in una esistenza immutabile”. Auerbach sottolinea inoltre come la struttura dell’universo dantesco vada messa in relazione all’idea tomistica secondo la quale nessun uomo può realizzare sulla terra l’essenza umana o la nozione completa della propria individualità. Tale essenza viene invece realizzata perfettamente dalle anime dell’aldilà.

 

  • Lo Stato è più reale dell’individuo

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Schema riassuntivo: La concezione dello Stato

  • L’individuo è una realtà meramente apparente. Solo lo Stato, in cui l’individuo è inserito, ha realtà.  à critica al giusnaturalismo: l’individuo, fuori dallo Stato non ha diritti

 

  • Ripresa di questa concezione da Aristotele: l’uomo come “animale politico”.
  • Se solo lo Stato è reale e non l’individuo, allora andranno respinte tutte quelle teorie politiche che fanno dello Stato qualcosa che deriva ed è al servizio del solo individuo: vd. ad es. le teorie democratiche, liberali, contrattualistiche.

 

  • Al contrario, lo Stato di Hegel è uno stato etico (cioè una specie di famiglia in grande, dove il legame tra i cittadini non è riconducibile al semplice disciplinamento degli egoismi individuali, ma si basa sulla condivisione di  precisi princìpi etici): la sovranità dello Stato deriva dallo Stato stesso e non dagli interessi degli individui. Se infatti fosse così  non si riuscirebbe a spiegare la “reale, effettiva maestà dello Stato in nome della quale i cittadini sono chiamati in tempi gravi anche al supremo sacrificio della vita” (Bobbio).
  • Tutte queste riflessioni, si condensano nella visione dello Stato all’interno del sistema dialettico di Hegel.

Lo Stato si sviluppa dialetticamente in tre momenti (che costituiscono l’eticità):

  • tesi: la famiglia rappresenta la cellula fondamentale dello Stato
  • antitesi: la società civile è il momento in cui la famiglia si disgrega perché sorgono più famiglie con interessi conflittuali à sorgono norme che disciplinano i molteplici interessi in conflitto. E’ questo lo Stato dei liberali e dei democratici:  l’averlo fatto diventare solo un momento dello sviluppo dello Stato, mostra chiaramente il valore che Hegel dava alle concezioni democratiche e liberali .
  • sintesi: lo Stato è il momento in cui si riafferma la famiglia perché si pone come una famiglia in grande affermandosi come realtà etica (la famiglia non è un semplice contratto di convivenza ma un impegno etico tra i propri membri) contro il semplice disciplinamento di egoismi della società civile.
  • momento culminante dello Spirito oggettivo, lo Stato è l’Assoluto stesso: “L’ingresso di Dio nel mondo è lo Stato.” in quanto nella vita dello Stato (che abbia raggiunto la sua forma ottimale) si realizzano al meglio (in modo razionale) tutti gli aspetti della vita dello Spirito. à cfr. Platone: l’uomo trova piena realizzazione solo nello Stato ideale.

 

  • lo Stato ideale è per Hegel una monarchia costituzionale in cui detiene il potere una casta di funzionari che, platonicamente, pensa e sa quel che vuole, mentre il popolo non sa quel che vuole.

Nel corso delle successive elaborazioni di questo concetto, emerge sempre più evidente come l’idea di monarchia espressa da Hegel venga a coincidere sempre più con lo Stato prussiano di cui egli era suddito.

  • La Storia della civiltà è anzitutto la Storia delle istituzioni politiche che gradualmente, a partire dal dispotismo orientale, portano alla realizzazione dello Stato moderno in cui si afferma la libertà di tutti.

 

  • La Storia è dunque un processo caratterizzato da un preciso disegno che ha lo scopo di realizzare un preciso obiettivo: la visione della Storia è dunque provvidenziale (in senso laico ) in Hegel. E i popoli e gli individui non sono che gli strumenti attraverso cui questo disegno si attua. à vd. concezione hegeliana della Storia.
  • Da notare, infine, che se è vero che nell’ambito della Storia politica, lo Spirito raggiunge la sua affermazione (libertà di tutti), è vero anche che lo Spirito che si manifesta nella Storia non è ancora assoluto, cioè totalmente libero e cosciente di sé. Tale diviene soltanto nelle tre forme dell’arte, della religione e della filosofia, da Hegel considerate come le forme supreme della cultura umana, quelle in cui lo spirito si afferma pienamente come autocoscienza.

Arte, eligione e Filosofia sono sullo stesso piano in quanto rappresentano i momenti supremi della vita dello spirito; differiscono però quanto alla forma in cui avvertono l’Assoluto (intuizione, rappresentazione, concetto).

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L’individuo non è reale, ma apparente; la sua realtà sta nella sua appartenenza ad una comunità (famiglia, Stato) di cui esso è parte. L’individuo è il particolare sprovvisto di senso se non si inserisce nello Stato che è l’universale. L’individuo in quanto tale è considerato qualcosa di accidentale e di meramente “naturale”, cioè ancora nulla di “spirituale”. L’individuo sociale, invece, non preesiste allo Stato, ma è una sua formazione interna e un suo risultato, una sua funzione ed un suo fondamento. Hegel riprende questa teoria da Aristotele, che scrive nella Politica:

“…è chiaro che …l’uomo è un animale che per natura deve vivere in una città e che chi non vive in una città, per la sua propria natura e non per caso, o è un essere inferiore o è più che un uomo… Perciò è chiaro che l’uomo è l’animale più socievole di ogni ape e di ogni altro animale che viva in greggi… Infatti l’uomo è l’unico animale che abbia la favella…la comunità di uomini costituisce la famiglia e la città.  E nell’ordine naturale la città precede la famiglia e ciascuno di noi. Infatti il tutto precede necessariamente la parte, perché tolto il tutto, non ci sarà più né piede né mano, se non per omonimia , che si ha, per esempio, quando si parla di una mano di pietra; ma questa in realtà è una mano morta…E’ dunque chiaro che la città è per natura e che è anteriore all’individuo perché se l’individuo, preso a sé, non è autosufficiente, sarà rispetto al tutto nella stessa relazione in cui lo sono le altre parti. Perciò chi non può entrare a far parte di una comunità, chi non ha bisogno di nulla, bastando a se stesso, non è parte di una città, ma è o una belva o un dio.

Va ricordato che per i Greci, l’individuo era concepibile solo come cittadino. Ultimo cronologicamente, lo Stato ha però una priorità ontologica sull’individuo, il quale comincia a esistere realmente solo quando è titolare di diritti all’interno di uno Stato.
La sovranità dello Stato, secondo Hegel, deriva dallo Stato medesimo, il quale ha in sé stesso e non al di fuori di sé, la propria ragion d’essere ed il proprio scopo. Il che equivale a dire che lo Stato non è fondato sugli individui e sui loro interessi (come sostengono le teorie liberali e democratiche), ma sull’idea di Stato, ossia sul concetto di un bene universale. Quello di Hegel è dunque uno Stato etico. Questo bene universale che sta alla base della costituzione di uno Stato non è il frutto di una elucubrazione a tavolino, ma qualcosa che sgorga necessariamente dalla vita collettiva e storica di un popolo: “ogni popolo ha quindi la costituzione che gli è adeguata".
Seguendo il consueto schema dialettico, Hegel suddivide la fase culminante dello spirito oggettivo, l’eticità, in tre momenti: famiglia (tesi), società civile (antitesi), Stato (sintesi).

  • La cellula fondamentale dello Stato è la famiglia, come unione naturale e spirituale di due individui fondata sull’amore e sulla fiducia.

Quando i figli crescono e creano altre famiglie, ciascuna con interessi propri, il sistema unitario e concorde della famiglia si frantuma nel sistema conflittuale della società civile, che appunto perciò viene disciplinata da norme giuridico-amministrative. Sorgono a questo punto le classi e i ceti sociali, come unioni basate sulla difesa dei propri interessi.
E’ nella società civile che si può vedere quel tipo di Stato teorizzato dai liberali e dai democratici: uno Stato messo al servizio dell’individuo, che sorge esclusivamente per disciplinare gli egoismi individuali; ma secondo Hegel lo Stato non può ridursi a questo perché – come vedremo – si fonda su una base etica che va al di là del semplice disciplinamento degli egoismi. “Nella separazione della società civile dallo Stato Hegel vuole colpire le teorie precedenti, care ai giusnaturalisti, che, identificando lo Stato con la società civile, cioè con un’associazione volontaria che nasce da un contratto per la protezione esterna dei beni dei singoli individui, non riuscivano a rendere conto della reale, effettiva maestà dello Stato in nome della quale i cittadini sono chiamati in tempi gravi anche al supremo sacrificio della vita.” (Bobbio, in Dizionario di politica, Utet, voce Società civile). La comunità intesa come società civile non è ancora dunque lo Stato: perché ci sia lo Stato ci vogliono valori condivisi (come accade nella famiglia), non un semplice disciplinamento degli egoismi. à la famiglia è la tesi, la società civile ne è l’antitesi, lo Stato è la riaffermazione della tesi mediante la negazione della società civile.

  • Lo Stato, una sorta di famiglia in grande, rappresenta il momento culminante dell’eticità, ossia l’affermazione dell’unità della famiglia (tesi) al di là della dispersione della società civile (antitesi). Esso è l’espressione dello spirito di un intero popolo (e non di due soli individui, come la famiglia); da qui la sua natura etica, cioè basata sull’affermazione di precisi valori condivisi.

Lo Stato è per Hegel l’Assoluto stesso, ovvero il “Dio reale”: “L’ingresso di Dio nel mondo è lo Stato.”
Lo Stato ideale è per Hegel una forma di monarchia costituzionale in cui un’ “assemblea delle rappresentanze di classi” detiene il potere legislativo, mentre quello esecutivo è affidato a ministri e pubblici funzionari. La sovranità statale si incarna cioè in una classe di funzionari dedita al pubblico bene. Classe che platonicamente pensa e sa quello che vuole, mentre il popolo “non sa quello che vuole” e perciò risulta privo della possibilità di controllare dal basso mediante procedure i propri governanti.
Hegel identifica lo stato ideale con la monarchia prussiana.

 

Hegel

Giusnaturalismo

Teorie liberali dello Stato: Locke, Kant (“insocievole socievolezza”), ecc.

Rousseau

Marx

Teoria dello Stato come realtà a sé, al di là degli individui.
Questi sono concepibili solo in funzione dello Stato.

Hegel contesta che esistano dei diriitti inalienabili dell’individuo prima e indipendentemente dal fatto che egli viva in uno Stato.
L’individuo acquista questi diritti solo vivendo all’interno di uno Stato

La concezione individualistica e utilitaristica dello Stato sostiene che lo Stato è generato dall’esigenza dell’individuo di difendere meglio i propri interessi e la propria sicurezza.
Hegel la rifiuta perché lo Stato ha un fine in sé che è superiore a quello degli interessi individuali.

La volontà generale che non coincide con la volontà di tutti è un concetto che si avvicina molto alla visione hegeliana dello stato etico.
Tuttavia Hegel rifiuta la democrazia russoiana come governo del popolo: il popolo fuori dallo Stato, per Hegel, è solo una moltitudine informe.  Hegel respinge inoltre l’idea che alla base dello Stato possa esservi (come sosteneva Rousseau nel Contratto sociale) un contratto scaturiente dalla volontà arbitraria degli individui.

 

 

  • L’intera Storia etico-politica del mondo, di cui sono protagonisti gli Stati, va letta come una totalità di eventi dotata di senso.

La meta finale della Storia del mondo è l’affermarsi della coscienza che tutto è Spirito, inteso come un’attività che non subisce imposizioni dall’esterno, ma cerca e costruisce da se stessa la propria verità e la propria felicità (cfr. Fichte), in una parola come un’attività libera: la storia del mondo è la storia della libertà. (riferendoci al contesto storico, sociale e politico in cui sono sorte le teorie di Hegel, potremmo dire con Marcuse che “la storia del mondo, come la considera Hegel, esalta e mette sull’altare la storia della classe media”, p. 263).
Hegel muove dunque dal presupposto basilare dell’assoluta razionalità della Storia (“La ragione governa il mondo”): essendo manifestazione dello Spirito, la storia presenta una finalità universale, che lega insieme, indirizza e spiega tutti gli eventi particolari.
Il soggetto effettivo e la forza motrice della Storia è lo Spirito, ovvero l’universale, non l’individuale. Il che significa che il vero protagonista delle vicende storiche è lo Spirito (quello che Hegel chiama Weltgeist, “spirito del mondo”) e non i singoli individui che muoiono, lottano e combattono sul teatro della storia, inconsapevoli di quello che stanno facendo e utilizzati dallo Spirito come burattini per raggiungere i suoi fini.
Della finalità della storia infatti gli individui non sono consapevoli. Essi agiscono in base a passioni, a motivi egoistici e interessi personali. Tutti questi elementi costituiscono il materiale che lo Spirito ha a disposizione per costruire la Storia: partendo dai motivi egoistici dei singoli, esso li indirizza verso la propria finalità generale (è questo il famoso tema dell’astuzia della Ragione, in tedesco: List der Vernunft). Gli individui sono di conseguenza strumenti inconsapevoli dell’agire universale dello Spirito. Hegel fa l’esempio di Giulio Cesare, che “doveva compiere quello che era necessario per rovesciare la decrepita libertà; la sua persona perì nella lotta ma quello che era necessario restò” (Lezioni sulla filosofia della storia). Giulio Cesare,  per ambizione o desiderio di gloria, conduce una certa azione politica; la Ragione, la Storia, si serve astutamente della sua ambizione per realizzare un suo fine, cioè il passaggio da una forma politica decrepita (la repubblica) ad una più adeguata ai tempi (l’impero). Si potrebbe parlare anche di Provvidenza in termini laici: la Provvidenza di cui parla Hegel non è infatti la volontà divina, ma la Ragione.
Giulio Cesare è anche un esempio di quelli che Hegel chiama individui cosmico-storici, come furono Alessandro Magno o Napoleone. Le azioni di questi individui, come quelle di tutti gli altri, hanno sempre origine da interessi personali, ma nel loro caso si identificano con gli interessi universali. Questo fa di loro gli uomini della storia (Welthistorische Individuen), che si identificano con il vero soggetto della storia, lo “spirito del mondo”, il cui fine è di realizzare quelle azioni e quelle istituzioni che attuano l’interesse della libertà e della ragione.
Lo sviluppo finalistico delle vicende storiche viene ricostruito da Hegel individuando alcune tappe fondamentali. I passi più importanti della liberazione dello Spirito sono costituiti infatti dal suo inizio in Oriente e dalla sua fine in Occidente. Il divenire del mondo si inizia con i grandi imperi in Oriente, in Cina, India, Persia; il processo continua, attraverso la vittoria decisiva dei Greci sui persiani, nelle creazioni politiche greche e romane sul Mediterraneo, per concludersi con gli imperi cristiano-germanici del Nord-Ovest.

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Schema riassuntivo: La concezione della Storia

  • La Storia è una totalità di eventi concatenati tra loro che hanno uno scopo preciso, cioè il raggiungimento di un’epoca storica in cui l’uomo è libero di plasmare e dominare il mondo secondo il suo volere ed  il suo pensiero (cfr. il Nous di Anassagora che governa il tutto; cfr. Illuminismo)

 

  • Ricostruire la Storia politica del mondo significa dunque evidenziare la trama di relazioni tra gli eventi che hanno portato all’affermazione della libertà dell’uomo. Il percorso ricostruito da Hegel è il seguente:
  • imperi dispotici orientali: si afferma la libertà di un solo individuo
  • vittoria dei Greci sui Persiani e creazioni politiche greche e romane nel Mediterraneo: si afferma la libertà di alcuni individui
  • imperi cristiano-germanici del Nord-Ovest: si realizza la libertà di tutti
  • La Storia si muove verso il raggiungimento di questo scopo e perciò essa è governata da un preciso disegno ovvero dalla Ragione universale.

 

  • La Ragione è come la Provvidenza di cui si parla nella religione cristiana: solo che la Ragione hegeliana è una forma di Provvidenza laica, che cioè non si identifica con la volontà divina.
  • In questo disegno gli individui e le passioni che agiscono sul palcoscenico della Storia sono mossi come burattini dalla Ragione, che servendosi delle loro inclinazioni li indirizza in realtà al raggiungimento dei propri scopi (list der Vernunft, astuzia della Ragione).

 

  • Gli individui cosmico-storici (Alessandro Magno, Cesare, Napoleone) sono quelli le cui passioni e ambizioni si identificano con quelli della Ragione universale che guida i fatti storici.

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  • Le storie dell’Arte, della Religione e della Filosofia obbediscono allo stesso sviluppo finalistico della storia politica.

Se è vero che nell’ambito della Storia politica, l’universale acquisisce la propria autoconsapevolezza attraverso una serie di vicende che hanno a che fare con le organizzazioni degli Stati per l’affermazione della libertà, è vero anche che lo spirito che si manifesta nella storia non è ancora assoluto, cioè totalmente libero e cosciente di sé. Tale diviene soltanto nelle tre forme dell’arte, della religione e della filosofia, da Hegel considerate come le forme supreme della cultura umana, quelle in cui lo spirito si afferma pienamente come autocoscienza.
Tali forme sono accomunate dalla medesima consapevolezza assoluta che la realtà è Spirito, ma differiscono per il modo in cui sviluppano tale consapevolezza: l’arte attraverso l’intuizione, la religione attraverso la rappresentazione, la filosofia attraverso il concetto. Anche in questo caso tale consapevolezza non è immediata ma il risultato di un lungo processo.
E’ bene sottolineare, che arte, religione e filosofia hanno lo stesso contenuto e soltanto differenza di forma non vuol dire che queste tre forme dello spirito siano semplicemente direzioni o aspetti alternativi e differenti della vita dello spirito. Al contrario, arte, religione e filosofia sono legate da un rapporto storico-dialettico di sviluppo irreversibile (che rientra nel quadro generale e necessario dello sviluppo dell’Idea nel suo negarsi nella natura per ritrovarsi nello spirito: vd. sistema filosofico di Hegel) per cui giungono gradualmente al loro culmine, ciascuna facendo posto alla successiva, sicchè nella storia lo spirito è passato necessariamente dall’arte alla religione e, infine, alla filosofia.
Va infine ricordato, che in base alla concezione organicistica delle forme dello spirito tipica della filosofia hegeliana, vi è una sostanziale corrispondenza tra i momenti della storia dell’arte, della religione, della filosofia e della storia politica (vd. tabella finale).
La Storia dell’Arte, come la Storia etico-politica, obbedisce allo stesso principio della totalità su cui ci siamo già soffermati. La storia dell’arte ha senso solo come totalità di eventi artistici che trovano la loro giustificazione nella meta finale che viene raggiunta solo dopo aver oltrepassato le singole tappe. L’arte avverte l’universale nella forma dell’intuizione sensibile (= nella materia, nella natura, in ciò che cade sotto i sensi). L’arte è l’apparire sensibile dell’idea come bellezza. Hegel, come i romantici, vede nell’intuizione estetica una forma di verità, inferiore tuttavia alla religione e alla filosofia.
Il processo di sviluppo della storia dell’arte si articola in tre momenti:

  • arte simbolica (antico oriente, Egitto; es., sfingi e piramidi);
  • arte classica (arte greca; riproduzione della figura umana);
  • arte romantica (piena espressione dello spirito; poesia lirica e musica).

La successione delle epoche della storia dell’arte, come pure la gerarchia tra le arti, rispecchia la progressiva liberazione del contenuto dall’esteriorità sensibile della forma. Ad es., l’arte simbolica è quella che soffre di più dell’inadeguatezza della forma ad esprimere il contenuto e perciò si esprime soprattutto nell’architettura, che è l’arte più avvolta nella pesantezza della materia, es. la sfinge; l’arte romantica, che è quella più consapevole del proprio contenuto spirituale, si esprime invece nel medium meno materiale, ovvero nella parola, nella poesia, e nella musica.
La Religione avverte l’assoluto nella forma della rappresentazione (= racconti, immagini, eventi che concernono la divinità). La forma della rappresentazione è superiore a quella dell’intuizione sensibile, ma ancora relativamente inadeguata. Gli elementi rappresentativi rimangono separati e giustapposti nel racconto di un “accadere” molteplice e finito, non superato nell’unità dialettica del concetto speculativo. Anche la storia della religione viene scandita da Hegel in una serie di tappe necessarie:

  • religioni orientali naturalistiche
  • il politeismo greco e romano
  • religione cristiana, forma perfetta “assoluta”

La Filosofia come espressione concettuale della realtà dell’Idea coincide con la totalità del processo, dello sviluppo della storia della filosofia. Tale storia ha inizio in Grecia e si conclude con il sistema hegeliano, in cui la verità si manifesta nella sua forma più adeguata. La filosofia di Hegel non poteva che giungere alla fine del percorso, come superamento e conservazione delle filosofie precedenti, che nella loro parzialità si rivelano però tutte necessarie al conseguimento del risultato finale. Hegel scandisce lo sviluppo del pensiero filosofico in tre epoche:

  • I epoca: da Talete a Proclo (filosofo neoplatonico del V secolo d. C., che elaborò la teoria dell’emanazione del mondo da Dio). Abbraccia il periodo tra l’inizio e la caduta del mondo antico; nel suo compiuto punto culminante, in Proclo appunto, avviene la conciliazione antica tra il finito e l’infinito, tra il mondo terreno e quello divino.
  • II epoca: dall’inizio dell’era cristiana sino alla Riforma: in essa si realizza, in un piano più alto, ancora una volta la stessa conciliazione del terreno e del divino.
  • III epoca: filosofia cristiana, da Cartesio a Hegel: la conciliazione viene portata a compimento nella filosofia assoluta di Hegel.

 

D. Il sistema filosofico

Hegel ha fornito una visione d’insieme dello sviluppo della realtà, delineando il suo sistema filosofico nell’Enciclopedia delle Scienze filosofiche in compendio.

Il sistema, in filosofia, è un insieme di teorie completo e organico:
completo, nel senso che sue le teorie abbracciano e spiegano tutti gli aspetti della realtà (gnoseologia, metafisica, logica, estetica, etica, ecc.);
organico, nel senso che le teorie del sistema sono ispirate a un principio unitario, ovvero vengono connesse e armonizzate tra loro, non sono contraddittorie o isolate l’una dall’altra, ma tendono a formare un organismo unitario in cui l’una è funzionale all’altra).

Ecco una sintesi del sistema di Hegel.


Pacchi, A., Definizione e problemi della storia della filosofia, Unicopli.

E’ l’esempio che fa Aristotele (vd. il brano tratto dalla sua Politica testo riportato qui, più avanti), in cui è presente la stessa concezione della superiorità dello Stato sull’individuo.

E. Auerbach, Dante poeta del mondo terreno (1929), tr. it. in Saggi su Dante, a cura di D. Della Terza, Milano, Feltrinelli, 1986.

  Gli omonimi sono l’esatto contrario dei sinonimi. Mentre i sinonimi sono nomi diversi che indicano lo stesso oggetto, gli omonimi sono termini identici che designano realtà differenti. Ad esempio, il termine “cane” può indicare un animale, una parte del fucile, una costellazione. Dunque – sostiene Aristotele – utilizzare lo stesso termine per indicare una mano vera ed una mano di pietra è solo un caso di omonimia, trattandosi di due realtà molto differenti tra loro. La definizione aristotelica degli omonimi è la seguente:  “Omonimi si dicono quegli oggetti, che possiedono in comune il nome soltanto, mentre hanno differenti discorsi definitori, applicati a tali nomi.” (Aristotele, Categorie, 1,1 a 1sgg)

Aristotele, Politica, A2, 1252 b 27 – 1253 a 29, trad. C. A. Viano, cit. in Reale, Storia della filosofia antica, vol. 2, p. 382, Vita e pensiero.

 

Schema riassuntivo: Il sistema di Hegel (esposto nell’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio)

Principio di ogni cosa è l’Idea, che contiene in sé tutte le determinazioni formali della realtà.

L’Idea si realizza attraverso un processo dialettico triadico in cui la tesi implica l’antitesi, ma l’una e l’altra sono solo delle astrazioni che trovano il loro superamento (Aufhebung) nell’unità della sintesi.

Hegel ricostruisce lo sviluppo che, partendo dall’Idea, produce tutta la realtà mediante una serie di triadi dialettiche.

L’Idea si sviluppa fondamentalmente in tre momenti:

  • Idea in sé o Logos, che contiene virtualmente ogni altra realtà (l’Idea è come Dio prima della creazione del mondo).

Quella parte della filosofia che studia l’Idea in sé prende il nome di Logica

  • L’Idea fuori di sé o Natura, ovvero l’Idea che esce dalla sua indeterminatezza e si realizza nello spazio e nel tempo.

Quella parte della filosofia che studia l’Idea fuori di sé prende il nome di Filosofia della Natura.

  • L’Idea per sé o Spirito, che è l’Idea in quanto rientra in se stessa per prendere coscienza di sé e diventare spirito

Quella parte della filosofia che studia l’Idea fuori di sé prende il nome di Filosofia dello Spirito.

Lo Spirito dà luogo alla triade

  • Spirito soggettivo o individuale, ancora finito e limitato (cioè implicato nello spazio e nel tempo), che a sua volta si divide in un’altra triade:

Antropologia, che studia l'uomo negli aspetti che questo ha in comune con gli animali
Fenomenologia, che studia ciò che differenzia l’uomo dagli animali ovvero la coscienza, che viene seguita dai suoi primi albori come senso comune fino all’acquisizione della consapevolezza di essere parte dell’intera umanità. Tale consapevolezza si acquisisce attraverso una serie di vicende storiche che interessano l’arte, l’economia, la religione ecc. che Hegel ripercorre nel suo libro intitolato Fenomenologia dello Spirito.
Psicologia, che studia la disposizione dello spirito individuale ad entrare in rapporto con altri spiriti, a farsi dunque spirito oggettivo

  • Spirito oggettivo o sociale, sempre finito e limitato, che dà luogo a sua volta a una triade:

Diritto astratto, che è lo studio del primo momento di realizzazione della vita degli individui in società. Esso però non è ancora la piena realizzazione dello spirito oggettivo perché ha il difetto di essere solo una trama di leggi esteriori che l’individuo non sente interiormente, agendo solo in base ai propri moventi soggettivi ed egoistici (paura di essere punito, ecc).
Moralità, studia il momento in cui l’individuo fa un passo avanti nel riconoscersi come parte di una totalità collettiva: mette da parte il suo egoismo e agisce in base al disinteresse (etica kantiana)
Eticità, studia il momento in cui lo spirito individuale mette da parte l’astratta e irrealizzabile morale kantiana capendo che le proprie azioni devono trovare una realizzazione concreta nelle istituzioni sociali in cui vive: famiglia, società civile, Stato.
L’Eticità è la forma suprema dello spirito oggettivo, e ha come suoi momenti
Famiglia, è il primo momento di sviluppo dell’Eticità. E’ importante perché l’individuo riconosce se stesso in un gruppo, ma è comunque un gruppo in conflitto con altri gruppi, altre famiglie.
Società civile, insieme di famiglie
Stato, totalità collettiva in cui l’individuo può esercitare la libertà. La Storia politica ricostruisce le vicende vissute dagli Stati per l’affermazione della libertà.

  • Spirito assoluto, che studia lo Spirito finalmente infinito e libero, che dà luogo all’arte alla religione ed alla filosofia.  Lo Spirito che si manifesta nella Storia non è infatti ancora assoluto, cioè totalmente libero e cosciente di sé. Tale diviene soltanto nelle tre forme dell’Arte, della Religione e della Filosofia.

Arte
Religione
Filosofia

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E. Alcuni aspetti importanti della filosofia di Hegel e del suo sistema

 

  • La Logica studia il momento in cui l’Idea Idea in sé o Logos, che contiene virtualmente ogni altra realtà (l’Idea è come Dio prima della creazione del mondo), comincia ad evolversi e a dare origine a tutta la realtà concreta che prima esisteva solo allo stato virtuale. 

L’inizio di questa evoluzione scaturisce, secondo Hegel, dal contrasto dialettico tra il tutto e il nulla: l’essere infatti è all’origine un tutto indeterminato, che proprio in quanto indeterminato è sia “tutto” (= tutto potenziale) sia “nulla” (= in quanto è sì tutto ma è indeterminato, dunque è nulla).  In una formulazione sommaria, Hegel scrive che “l’essere che è indeterminato trapassa, si evolve nel nulla”. Proprio nel passaggio in cui l’essere (tesi) dilegua nel nulla (antitesi), l’essere stabilisce il divenire (sintesi). La prima triade dialettica si configura dunque come: essere-nulla-divenire.

Questa visione delle prime tre categorie della Logica hegeliana è stata criticata da Trendelemburg, un pensatore tedesco dell’’800, che ha sostenuto che il richiamo hegeliano al “tutto indeterminato” è illecito perché può essere fatto solo dopo che la realtà si è sviluppata, non prima, ovvero nel momento del “cominciamento del reale”.

  • La Filosofia della Natura è molto simile nella sua impostazione a quella di Schelling.

 

Per capire il punto di vista dei romantici sulla Natura, che viene da loro avvertita come una forma di Spirito addormentato, un organismo in cui si ritrovano comunque le tracce di una vita intelligente e spirituale sebbene a livello inferiore rispetto a quella dell’uomo, ma in cui comunque l’uomo è inserito, si può leggere questa recente riflessione di uno scrittore che descrive le proprie impressioni nell’osservazione dei fossili:

Lucy [= l’ominide ritrovato in Africa]ci è ancora relativamente vicina, ma il nostro albero genealogico risale ancora più indietro: al momento in cui la materia elementare cominciava ad aggregarsi in strutture via via più complesse, alla materia incandescente che precedeva la comparsa delle stelle, a quei frammenti impazziti nello spazio subito dopo il big bang prima di trovare un ordine. Sarebbe veramente difficile schiaffeggiare chi offendesse una di quelle molecole che iniziavano i loro pasticci. Eppure, quando a Trieste vado a trovare Primo Rovis e a vedere la sua straordinaria collezione di minerali e fossili, forse unica al mondo, quelle druse di ametista e citrino, quei geodi giganti fioriti di rose, quei carbonati, quei cristalli di assoluta perfezione geometrica all’interno di una pietra di ametista mostrano il volto di una realtà che anch’essa è a suo modo viva, perché la sua morfologia obbedisce a precise leggi che creano una bellezza incredibile al di là dell’umano. Tutto ciò sembra indicare che perfino la frontiera tra la vita organica e inorganica, tra vita e non vita è labile e inconsistente. Anche quelle gemme di miliardi di anni fa incutono un rispetto verso venerande madri e non solo per la forma di grembo che spesso assumono. E ci si chiede se i nostri bispronipoti fra millenni e millenni non potranno essere altrettanto diversi da noi quanto noi lo siamo dal proconsul o dalle alghe azzurre unicellulari delle origini, cosa ancor più difficile da accettare.”
(tratto da: C. Magris, Contro il creazionismo, in “Il Corriere della Sera”, 25/01/2007, p. 41)

Occorre comunque precisare che:

  • sebbene Hegel dedichi un terzo del suo sistema alla Filosofia della Natura dedicandole ampio spazio (ed in questo è più vicino a Schelling che a Fichte, che relegava la natura al ruolo di semplice non-Io), essa in realtà non occupa il centro dei suoi interessi perché il vero oggetto della sua attenzione sono le forme dello Spirito (tra le quali il Diritto occupa una parte preminente).
  • qualche critico (Geymonat) ha inoltre messo in luce come la trattazione hegeliana della natura rifugga da ogni metodo di indagine fattuale e sperimentale e sia essenzialmente speculativa.
  • La Fenomenologia dello Spirito è la parte più interessante perché studia la genesi dello Spirito Soggettivo ed il suo sviluppo dialettico.
  • Per capire la Fenomenologia dello Spirito (una delle opere più difficili di Hegel) dobbiamo partire dal presupposto che in quest’opera Hegel vuole ricostruire il percorso che ha portato l’uomo a prendere coscienza che la vera realtà è Spirito e che il pensiero è signore del mondo (cfr. Nous di Anassagora; concezione illuministica secondo cui l’uomo può dominare il mondo.
  • Per comprenderlo dobbiamo ricostruire l’intero percorso con cui l’uomo ne prende coscienza, che è necessariamente un percorso di carattere filosofico, a partire dal momento in cui l’uomo comincia a interrogarsi su che cos’è la coscienza e la identifica con la sua forma più immediata (la sensazione o certezza sensibile) alla presa di coscienza che l’Io in realtà si sviluppa nell’incontro con altri soggetti e dunque nel mondo della società e della Storia, diventando perciò Spirito oggettivo.
  • Questa ricostruzione è di carattere insieme logico e cronologico (il vero è l’intero): si tratta di ricostruire una concatenazione necessaria di momenti che presi nella loro totalità costituiscono il vero.
  • Trama della Fenomenologia dello Spirito
  • Le due figure più celebri della Fenomenologia (la coscienza infelice e il servo-padrone) e la loro importanza nella storia della filosofia.

 

  • Alla Filosofia dello Spirito oggettivo ed in particolare al momento dell’eticità Hegel dedica una parte molto importante del proprio sistema. Si tratta della concezione dello Stato e del diritto su cui ci siamo già soffermati nella parte in cui si esemplificavano i concetti fondamentali di Hegel.
  • E’ importante anche conoscere la concezione hegeliana della Storia e il concetto di individuo cosmico-storico.

 

  • Lo Spirito Assoluto si esprime nelle tre forme dell’Arte della Religione e della Filosofia, su cui ci siamo soffermati nella parte relativa alle esemplificazioni delle teorie di Hegel. 

 


F.  Esposizione dettagliata del contenuto della Fenomenologia dello Spirito

 

Le due vie per illustrare il cammino dello Spirito verso la propria autoconsapevolezza

 

Partendo dal presupposto che lo spirito individuale è compreso in quello collettivo Hegel sceglie due punti di vista  per illustrare come lo Spirito giunga ad autoconsapevolezza:

  • nella Fenomenologia dello Spirito,  è illustrato il punto di vista individuale (mutuando una terminologia letteraria, potremmo dire che il romanzo dello spirito viene narrato secondo una “focalizzazione interna”): Hegel cioè narra come lo spirito si sia gradualmente manifestato nella coscienza del singolo uomo, a partire dai primi accenni di questa verità nel risvegliarsi della coscienza filosofica fino ad arrivare alla più compiuta manifestazione di questa consapevolezza. Per giungere alla quale l’individuo deve ripercorrere idealmente nella sua coscienza le tappe dello sviluppo storico dello Spirito che ne hanno segnato i progressi. Nel ricordo tali tappe appaiono ormai fissate e definite, e perciò Hegel le chiama figure, per sottolineare che non hanno più la dinamicità e l’andamento dialettico che ne ha caratterizzato il concreto manifestarsi nella storia.

I momenti della “fenomenologia”, ognuno dei quali si articola in una triade di figure, sono la coscienza, l’autocoscienza e la ragione.  Nel secondo momento troviamo le figure più note, il rapporto signoria-servitù e la coscienza infelice. La ragione è il tentativo della coscienza di imporre la propria moralità al mondo, tentativo destinato a naufragare, perché la moralità può farsi mondo soltanto come Spirito, cioè incarnandosi nelle istituzioni e nella Storia.

  • nell’Enciclopedia, è invece illustrato il punto di vista universale, quello che abbiamo appena esposto nel paragrafo precedente, illustrando il sistema di Hegel (si tratta di “focalizzazione esterna”)

Nelle due opere dunque Hegel illustra gli stessi concetti, ma da punti di vista differenti. Ciò ha creato notevoli problemi ai suoi interpreti, problemi che si sono ulteriormente aggravati a causa dalle circostanze storiche in cui Hegel ha composto la Fenomenologia dello Spirito. La Fenomenologia ne ha risentito, soprattutto quanto alla chiarezza espositiva. Ma per tutto ciò vedi più avanti l’Appendice al presente lavoro (Differenze tra la Fenomenologia dello Spirito e l’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio).
Non ci soffermeremo sulla seconda via, quella esposta nell’Enciclopedia perché ne abbia già esposto il contenuto illustrando il sistema di Hegel. Illustreremo invece con maggiore attenzione il contenuto della Fenomenologia dello Spirito.

La prima via: la Fenomenologia dello Spirito, ovvero come l’individuo prende coscienza che la realtà è fondamentalmente spirito

 

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Schema riassuntivo: La Fenomenologia dello Spirito

  • In quest’opera Hegel vuole ricostruire il percorso che ha portato l’uomo a prendere coscienza che la vera realtà è Spirito e che il pensiero è signore del mondo (cfr. Nous di Anassagora; concezione illuministica secondo cui l’uomo può dominare il mondo).

 

  • Il punto di vista adottato da Hegel in quest’opera è quello dello Spirito soggettivo, ovvero dell’individuo.
  • Il percorso (che costituisce la trama dell’opera) è necessariamente un percorso di carattere filosofico, a partire dal momento in cui l’uomo comincia a interrogarsi su che cos’è la coscienza e la identifica con la sua forma più immediata (la sensazione o certezza sensibile) alla presa di coscienza che l’Io in realtà si sviluppa solo nell’incontro con altri soggetti e dunque nel mondo della società e della Storia, diventando perciò Spirito oggettivo.

 

  • La ricostruzione del percorso è di carattere insieme logico e cronologico (il vero è l’intero): si tratta di ricostruire una concatenazione necessaria di momenti che presi nella loro totalità costituiscono il vero.
  • Hegel dà il nome di “figure” a quelle particolari situazioni storico-culturali che rappresentano delle tappe fondamentali nella ricostruzione del percorso della Coscienza.

 

  • Le due figure più celebri della Fenomenologia sono quella della coscienza infelice e quella del servo-padrone. Esse hanno avuto grande importanza nella storia della filosofia successiva (esistenzialismo, marxismo).

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  • Da quanto detto finora, emerge con chiarezza perché la filosofia di Hegel sia caratterizzabile come idealismo: la vera realtà è l’idea intesa come concetto, che conserva nella totalità i momenti del suo sviluppo. Tale verità filosofica fondamentale è il frutto dell’epoca nuova che si apre innanzi allo sguardo ammirato di Hegel, ovvero l’epoca partorita dall’Illuminismo: è il tempo in cui lo spirito trionfa e il pensiero non è più soggiogato dal mondo, né si ritrae di fronte ad esso, ma in cui a partire da esso domina alla fine il mondo plasmandolo e costruendolo a propria immagine (l’idea centrale dell’illuminismo è infatti che l’uomo può dominare la realtà in tutti i campi solo servendosi del lume della propria ragione). L’assoluto hegeliano non è altro che questo pensiero signore del mondo, spirito che si sa, cioè è diventato consapevole di sé, grazie all’intero progresso della storia che lo precede.
  • Ma come si è giunti a comprendere questa verità fondamentale? Come si è raggiunta questa consapevolezza che il vero è la soggettività, l’universale, il concetto? La Fenomenologia non è altro che un percorso a ritroso nel tempo, una ricostruzione del progresso della Storia, mediante il quale vengono individuati i momenti fondamentali attraverso i quali questa verità fondamentale si è gradualmente fatta chiara alla mente degli uomini, per raggiungere la sua piena consapevolezza nell’epoca dell’Illuminismo e nella filosofia di Hegel.
  • Per ricostruire come lo spirito si sia gradualmente manifestato e rivelato all’uomo occorre dunque esaminare l’intera storia del mondo (Weltgeschichte), in tutti i suoi aspetti. In questa ricostruzione, Hegel assegna una grande importanza al cristianesimo: la grande conquista del pensiero moderno è il fatto di avere inteso l’assoluto, ossia la vera sostanza dell’universo, come idea o spirito; e tale conquista è stata resa possibile dal cristianesimo. La realtà più importante, la vera sostanza delle cose, quella su cui il filosofo deve portare la propria attenzione, è dunque lo spirito e non la materia. Del resto – osserva S. Veca – fin dagli scritti giovanili le passioni di Hegel sono volte al mondo degli uomini, alla storia della civiltà, alla politica e a ogni forma di espressione culturale. Tutto ciò trova riscontro sul piano speculativo nell’identificazione della natura con il momento dell’alienazione dell’idea. Hegel allontana con fastidio le romantiche esaltazioni per i sacri misteri della natura infinita. Egli sosteneva infatti che a chi

 

diceva bastare un fil di paglia a far conoscere l’essere di Dio, bisogna rispondere che ogni rappresentazione dello spirito, la più bassa delle sue immaginazioni, il gioco del suo accidentale capriccio, ogni qualsiasi parola, è fondamento più eccellente a conoscere l’essere di Dio di qualsiasi oggetto naturale”.

  • La “fenomenologia” non è altro che “una storia dei fenomeni dello spirito, ovvero delle modalità in cui quest’ultimo si mostra” (Gadamer); ricordiamo che fenomeno viene dal verbo greco phàinomai, ‘io appaio’.  Come si è manifestato lo spirito nella storia della civiltà umana? In molti modi, è la risposta di Hegel, da quelli meno consapevoli a quelli più complessi e autocoscienti, fino ad arrivare al suo culmine nella filosofia di Hegel. Poiché tutta la realtà non è altro che spirito, ovvero manifestazione di un unico principio logico (à monismo panlogistico), allora in tutti i suoi aspetti si potranno rintracciare delle sue manifestazioni:

 

“Ecco il lungo cammino che questo libro [= la Fenomenologia dello spirito] descrive: dalla coscienza all’autocoscienza, e dall’autocoscienza allo spirito (insieme a tutte le forme di organizzazione spirituale della realtà, come la società, lo Stato, l’arte, la religione e il pensiero concettuale). E’ un programma imponente, che spazia dalla coscienza sino alle forme di quel sapere assoluto, che arte, religione e filosofia pretendono di costituire.” (Gadamer)

  • La Fenomenologia dello Spirito (1807) è dunque la descrizione dello sviluppo dello Spirito Assoluto, dallo stadio primitivo e sensuale fino alla piena autocoscienza filosofica: dalla brutalità dell’istinto, lo Spirito perviene a una vita più alta nella famiglia, nella comunità sociale, nello Stato; e finalmente nella coscienza religiosa giunge a rappresentare se stesso come unità e come totalità. La storia dell’umanità rappresenta perciò lo sviluppo dello Spirito assoluto, che giunge alla propria consapevolezza abbracciando tutta la ricchezza della realtà.

 

  • Qualche precisazione sul manifestarsi dello Spirito nella Storia. Chi legge la Fenomenologia può essere portato a rintracciare un percorso cronologico nello sviluppo dello spirito, un percorso che segue un processo ascensionale, dalle forme più elementari e storicamente più remote della vita dello spirito, a quelle più recenti, che trovano il loro culmine nella filosofia di Hegel. In parte è così, ma la dimensione cronologica non deve diventare preponderante, perché è piuttosto il concetto di totalità che va tenuto presente. Gli interpreti di Hegel lo hanno sottolineato ampiamente. Prendiamo, ad esempio, quello che scrive Dal Pra:

“Naturalmente qui (= nella Fenomenologia dello Spirito)non si tratta di seguire lo sviluppo storico dell’umanità nella dimensione del tempo; si tratta piuttosto di quella che Vico aveva chiamato ‘storia ideale eterna’ e che per Hegel consiste nel cogliere i momenti ‘ideali’ dello sviluppo dello spirito attraverso le vicende storiche; ‘la meta – scrive Hegel – che è l’assoluta coscienza dello spirito che ha coscienza di sé come spirito, trova la sua strada nella ricognizione delle forme spirituali come sono in se stesse; la loro conservazione considerata dal punto di vista della loro libera esistenza fenomenica nella sfera della contingenza è la storia, considerata dal punto di vista della loro organizzazione compresa concettualmente, è la scienza della coscienza fenomenica”; “nella Fenomenologia si tratta appunto di cogliere il processo di formazione dello spirito più indicandone i momenti in se stessi, che nella loro relazione col tempo; non già che si voglia stabilire una separazione fra i momenti ideali ed i momenti storici; si vuol solo chiarire che ciò che spiega il momento storico non è propriamente l’insieme dei suoi caratteri accidentali, ma il momento ideale che in esso si incarna.” (Dal Pra)

In altri termini, potremmo dire che, sì, lo spirito si sviluppa nel tempo e nella storia, ma che tuttavia non va seguito un andamento pedissequamente sequenziale-cronologico nel riconoscere nei singoli momenti storici i momenti ideali del suo sviluppo. E’ la stessa cosa che succede quando cerchiamo di comprendere il carattere di una persona dalle sue azioni (e a questo proposito torna utile ricordare che una sentenza famosa di Hegel suona così: “L’uomo non è altro che la serie delle sue azioni”). Il fatto che una certa azione sia collocata prima piuttosto che dopo un’altra, spesso non è necessario per ricostruirne la personalità: basta osservare i vari atti e dare loro un senso prendendoli come totalità. E’ il legame logico tra le azioni che ne determina il senso, legame che può anche non essere di tipo cronologico.
Analogamente, nella Fenomenologia dello spirito, il punto di vista da tenere presente per una corretta lettura del testo, non è tanto quello di una successione cronologica, ma quello che stabilisce che il vero è l’intero: è la totalità che dà senso alle parti e la totalità si può osservare solo alla fine, quando lo spirito ha concluso il suo percorso; prima non è possibile farlo e chi ci provasse ne avrebbe un’immagine distorta, parziale, inautentica .
Quanto abbiamo appena esposto è stato sottolineato da vari studiosi. Ad esempio, Salvatore Veca scrive che nella Fenomenologia

(?) Questo ci spiega, ad esempio, perché la Coscienza, che è la prima figura della Fenomenologia dello Spirito, venga messa in relazione con la filosofia di Kant: “La filosofia di Kant può essere considerata nel modo più determinato come quella che ha inteso lo Spirito come coscienza.” (Hegel, Enciclopedia). Prendere come rigido punto di riferimento la semplice sequenza cronologica non ha senso: la filosofia di Kant è solo di poco precedente quella hegeliana, che invece viene considerata come il punto finale del percorso, ovvero come il sistema filosofico in cui lo Spirito prende coscienza  nel modo più completo di se stesso.

 

“la successione delle figure è un ordine concettuale, non cronologico.” “Solo quando la meta è raggiunta, l’intero processo appare perfettamente trasparente e tutte le figure attraversate vengono retrospettivamente comprese nel loro pieno significato.” (Veca)

E lo stesso concetto viene espresso pure da Mario Dal Pra:

“la Fenomenologia dello spirito intende appunto esporre, nella loro concatenazione necessaria, i fenomeni o manifestazioni provvisorie dello spirito; la concatenazione necessaria risulta dal legame finalistico che stringe i vari momenti del processo in funzione del risultato”. (Dal Pra)

La conquista della verità che la realtà è spirito non è, insomma, un dato immediato, ma si raggiunge attraverso una serie di passaggi, che formano una concatenazione logica necessaria. E dire “logica” non significa dire “cronologica”,  perché dal punto di vista logico non ha senso parlare di legami temporali: i concetti sono infatti fuori dal tempo, immobili, eterni (si pensi appunto all’esistenza immobile di cui parla Hegel a proposito dei personaggi danteschi), anche se per descriverli dobbiamo necessariamente entrare in un ottica temporale, esponendo prima un momento, poi un altro e così via.

  • Vediamo dunque come Hegel ricostruisce questa concatenazione necessaria.
  • Il primo anello viene individuato nel momento in cui l’uomo comincia ad elaborare una visione non banale della realtà, ovvero quando diventa filosofo. La filosofia comincia a svalutare l’esperienza di tutti i giorni e a riflettere su di essa analizzandola criticamente, per trovare una verità superiore a quella del senso comune. Nello sviluppare questa analisi, inizialmente essa giunge alla conclusione che l’oggetto di questa esperienza è dato attraverso i sensi, dunque sembra che la certezza fornita dai sensi sia la fonte assoluta della verità. Ed è per questo che la prima forma (Gestalt, “figura”, è il termine usato da Hegel) che la verità assume – il primo anello, come abbiamo detto, di quella lunga catena di verità parziali che porterà al manifestarsi della verità filosofica fondamentale che sostiene che la realtà è spirito – viene chiamata da Hegel certezza sensibile.
  • Ben presto però questa certezza si rivela apparente, entra in crisi e viene rimpiazzata da un’altra forma di verità che Hegel chiama percezione;
  • anche questa entrerà in crisi e sarà rimpiazzata da un’altra (l’intelletto), e così via fino a raggiungere la meta finale, che è la consapevolezza dello spirito assoluto.

Inutile sottolineare che la forma che precede quella successiva è condizione logica del manifestarsi di quest’ultima (non vi può essere la “percezione” se prima non vi è stata la “certezza sensibile”), dunque ciascuna forma diventa necessaria per il manifestarsi di quella che logicamente la segue, perciò tutte le forme sono necessarie in vista del fine ultimo che deve essere raggiunto. E’ nella filosofia di Hegel che questo fine si manifesta perfettamente e dunque il filosofo Hegel mette in ordine (postfactum) i vari momenti dello spirito (la certezza sensibilie, il criticismo di Kant, lo scetticismo, ecc.) evidenziando la catena di passaggi necessari che portano al fine. E tali passaggi – come abbiamo detto - possono anche non essere in sequenza rigidamente cronologica.

  • Il motore dello sviluppo e del passaggio da una figura ad un’altra è il principio dialettico già che conosciamo: tutto ciò che chiamiamo finito non esiste, è solo apparente, reale è invece la totalità. Le singole figure – i singoli momenti storici esemplari in cui si incarna una delle tappe dello sviluppo dello spirito – sono manifestazioni parziali della verità e proprio per questo sono destinate ad entrare in crisi, fino a quando non verrà raggiunta la verità più autentica che consiste nell’universale; ma quest’ultimo non è altro che il risultato del processo di negazioni successive delle singole verità parziali, che perciò vanno conservate tutte nella sintesi finale. Ogni figura – cioè – si presenta come l’espressione di un sapere “apparente”, cioè di un modo ancora incompleto in cui si è manifestato lo spirito, dunque destinata ad essere superata da un'altra figura che entrerà a sua volta in crisi fino al raggiungimento del vero (il sapere assoluto): l’intera storia della civiltà si presenta perciò come una successione, discontinua e tormentata, di forme spirituali sempre più elevate e complesse. Come scrive Hegel stesso, la Fenomenologia non è altro che  la “storia romanzata della coscienza che attraverso contrasti, scissioni, quindi infelicità e dolore esce dalla sua individualità e raggiunge l'universalità, riconoscendosi come ragione che è realtà e realtà che è ragione”.
  • Cercheremo ora di ricostruire questa successione logicamente necessaria di momenti che costituiscono la trama che porta alla presa di coscienza che la realtà non è altro che spirito. Offriremo perciò un riassunto della Fenomenologia dello Spirito e della successione delle sue figure.

COSCIENZA

  • Nel rapporto che la coscienza instaura con la realtà, con il quale l’io si rapporta alle cose, la certezza sensibile viene ritenuta come la forma di sapere più ricca e determinata: l’oggetto è qui e ora davanti a me, lo percepisco con i miei sensi; che cosa vi è di più certo? Ma – sottoposta ad analisi filosofica – questa convinzione si rivela come la più povera e indeterminata (il qui e ora dipendono dal soggetto e non dall’oggetto).
  • L’insufficienza della certezza sensibile come spiegazione della conoscenza porta allora ad elaborare il concetto di percezione (la cosa è in realtà oggetto delle mie percezioni), ma anche questa certezza entra in crisi (la cosa diventa a un tempo una e molteplice).
  • Subentra infine il concetto di coscienza come intelletto, in base al quale si distingue tra fenomeno e noumeno (la cosa come mi appare e la cosa come effettivamente è). Ma anche questa forma di sapere si rivela parziale e inadeguata ed entra in crisi (il rapporto fenomeno/noumeno è contraddittorio: vd. critiche a Kant). La coscienza arriva finalmente ad acquisire la consapevolezza che nulla è concepibile al di fuori della coscienza, che cioè non esistono oggetti al di fuori di sé; la coscienza è dunque diventata autocoscienza.

Il punto di riferimento di questa prima tappa della fenomenologia – la Coscienza – è la filosofia di Kant, a sua volta frutto di secoli si speculazioni gnoseologiche.
AUTOCOSCIENZA

  • Diventata autocoscienza, la coscienza si rapporta solo a se stessa e l’iniziale rapporto teoretico con gli oggetti (certezza sensibile, ecc.) diventa ora un rapporto di natura pratica: la coscienza è autocoscienza perché sopprime l’alterità dell’oggetto e lo risolve in sé, ma sopprimere l’alterità degli oggetti, ovvero del mondo, significa trasformarlo, subordinarlo alle proprie esperienze.

Il mondo perciò diventa per l’autocoscienza un oggetto di desiderio, il fine di un bisogno, qualcosa che viene manipolato e adattato alle finalità di un soggetto. Questo desiderio di fagocitare e di sottomettere raggiunge il suo apice quando la coscienza incontra un’altra autocoscienza. Ne deriva una lotta tra le due autocoscienze per l’affermazione. Tale lotta viene individuata da Hegel nell’istituzione della schiavitù del mondo antico greco e romamo. E’ la figura fenomenologica del servo-signore.

  • Il rapporto dialettico tra il servo e il signore fa sì che attraverso il servo (che lavora e manipola gli oggetti) sia raggiunta una nuova importante forma di verità: la consapevolezza dell’indipendenza dell’io nei confronti delle cose; il rapporto tra servo e signore, cioè, fa fare un altro passo avanti nella scoperta che la realtà è spirito. Tale consapevolezza trova la sua espressione migliore nello stoicismo (il saggio è libero perché sa controllare le passioni e ciò lo rende libero sia che si trovi “sul trono o in catene”). Ma tale astratta libertà interiore (le catene comunque permangono nella realtà) entra in crisi e lascia il posto ad una nuova figura del sapere, lo scetticismo, che si sbarazza della realtà sostenendo che nulla è conoscibile perfettamente.
  • Tuttavia anche la verità dello scetticismo si rivela apparente ed entra in crisi perché sostenere che la realtà è inconoscibile significa pur sempre sostenere qualcosa. Ciò determina l’infelicità della coscienza, che, dopo aver creduto di poter negare la realtà a sé esterna, è costretta a prendere atto che tale tentativo è vano. La coscienza di essere limitata, fa perciò della coscienza una coscienza infelice, che sente l’assoluto come qualcosa di lontano e di inconoscibile, da cui è irrimediabilmente separata. I fenomeni storici che hanno caratterizzato il medioevo (le crociate, l’ascetismo, ecc.) sono tutti espressione di questa nuova forma dello spirito che si è manifestato in quell’epoca: la coscienza infelice. Tali fenomeni vengono visti da Hegel come il tentativo di sanare l’insanabile frattura che si è aperta tra la coscienza e l’assoluto.

RAGIONE

  • Questi tentativi di trovare il divino e di congiungersi ad esso falliscono, ma comunque permettono all’autocoscienza di diventare fortemente consapevole del carattere essenzialmente spirituale della propria natura caratterizzata appunto da una sete insopprimibile del divino e dello spirituale. La coscienza perciò si avvia ad acquisire la consapevolezza del proprio essere spirituale. Alla coscienza infelice causata dal sentirsi inadeguati nel raggiungere l’assoluto, subentra perciò ora “la certezza di essere ogni realtà”: il mondo, che prima appariva in opposizione alla coscienza, diviene ora il campo in cui la ragione cerca se stessa; ed ecco che alla coscienza infelice dell’età medievale sottentra il naturalismo del Rinascimento e lo spirito empiristico dell’età moderna; la ragione cerca se stessa nelle cose che descrive e che studia attraverso la legge e l’esperimento; essa penetra nel mondo della natura inorganica, quindi in quello organico e nel mondo stesso dell’anima.
  • Il percorso di Hegel continua (si può seguire nei dettagli sul manuale) passando attraverso la svolta fondamentale costituita dall’assunzione di consapevolezza che lo Spirito individuale è parte dello Spirito oggettivo. Qui dovrebbe concludersi la Fenomenologia, se si guarda al senso che al termine “fenomenologia” Hegel darà nell’Enciclopedia. Invece – come mostra la tabella allegata, in cui si possono porre a confronto gli indici delle due opere –  Hegel, nella Fenomenologia, prosegue (mettendo in difficoltà il lettore delle sue opere; probabilmente ciò è avvenuto per ragioni editoriali: vd. appendice) con la trattazione dello Spirito oggettivo e dello Spirito assoluto (sezioni BB. Lo Spirito, CC. La Religione e DD. Il Sapere assoluto), che sono le forme più alte in cui lo Spirito si manifesta e diventa consapevole di sé. Tali forme (arte, religione e filosofia) differiscono solo per il modo in cui prendono coscienza che la realtà è Spirito (intuizione, rappresentazione e concetto).

Stando alla spiegazione di Hegel, comunque, questa esposizione dei momenti successivi dello Spirito è dovuta al fatto che l’individuo deve ripercorrerne idealmente le tappe (figure), effettuando idealmente un percorso pedagogico e formativo che gli permetterà di apprendere come la verità che la realtà è spirito è stata raggiunta dall’Umanità.

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Schema riassuntivo: La trama della Fenomenologia dello Spirito

L’opera, che approfondisce il secondo momento della Filosofia dello Spirito, ovvero lo Spirito Soggettivo, è la storia romanzata di come nell’uomo, unica creatura del regno animale, si sviluppi la coscienza. Essa viene seguita dai suoi primi albori come coscienza dell’uomo comune che crede all’apparenza delle cose, fino alla nascita nell’uomo di una coscienza filosofica, che è in grado di andare oltre le apparenze e di acquisire, attraverso varie esperienze storiche e culturali, la consapevolezza di essere coscienza vera e propria solo sentendosi parte dell’intera umanità, ovvero di essere Spirito Oggettivo.
La coscienza – come ogni altra forma di realtà – secondo Hegel ha uno sviluppo di tipo dialettico, in base al quale ogni suo momento in quanto parte finita del  tutto entra in crisi e crea le condizioni perché si origini il momento successivo. Esiste una vera e propria trama di relazioni tra un momento e l’altro, ricostruendo la quale si ottiene la storia (un vero e proprio romanzo: qualcuno ha paragonato la fenomenologia ad un romanzo di formazione) della coscienza.

  • Certezza sensibile: l’analisi di Hegel muove dalla considerazione della forma apparentemente più immediata di conoscenza, la sensazione: la coscienza percepisce le cose come una realtà certa, esse si trovano “qui” e “ora” davanti ad essa; la prima forma di coscienza è dunque quella della sensazione ovvero della certezza sensibile delle cose

Elemento che determina il passaggio al momento successivo della coscienza:
Crisi della Certezza sensibile: il “qui” e “ora” dipendono dal soggetto e non dall’oggetto, esse sono forme categoriali del soggetto (cfr. Kant, spazio, tempo, ecc.)  ovvero sue percezioni à entra in crisi la coscienza come Sensazione e subentra al suo posto la coscienza come Percezione

  • Percezione: le cose sono delle “mie” percezioni, esse dipendono da me, dalle mie forme categoriali a priori

Elemento che determina il passaggio al momento successivo della coscienza:
Crisi della Percezione: la cosa diventa contraddittoria: è insieme “una” (quella cosa che è davanti a me) e contemporaneamente “molteplice” (essa è anche qualcos’altro perché vi è in essa sia un aspetto soggettivo sia un aspetto oggettivo)

  • Autocoscienza: la contraddizione precedente viene superata nel momento in cui la coscienza risolve in sé l’oggetto e diventa coscienza di sè o autocoscienza (si può pensare alla filosofia di Fichte in cui il non-Io viene visto come un aspetto dell’Io).

Elemento che determina il passaggio al momento successivo della coscienza:
l’Autocoscienza implica non solo il risolvere in sé l’oggetto ma anche l’esitenza di altre autocoscienze in grado di darle la certezza di essere tale. E’ nel confronto-conflitto con altri Io che l’autocoscienza progredisce ulteriormente e si sviluppa. à è il conflitto e non l’amore il motore dello sviluppo.

  • Dialettica servo-signore: il conflitto tra due autocoscienze (che Hegel vede esemplificato nel mondo antico, dove vi era l’istituto della schiavitù) determina il trionfo di una delle due (quella che diventa padrone), che ottiene il riconosciemento della propria potenza dall’altra,  che le si sottomette (servo)

Elemento che determina il passaggio al momento successivo della coscienza:
Crisi del rapporto di signoria-servitù: la coscienza del padrone in realtà si rivela inferiore a quella del servo perché la condizione del servo – che ha tremato per la morte (cfr. esistenzialismo) e che è costretto a lavorare per il padrone (cfr. marxismo), -    produce in lui la consapevolezza dell’indipendenza dell’Io dagli oggetti. Tale consapevolezza si esprime nella corrente filosofica dello Stoicismo.

  • Lo Stoicismo: lo Stoicismo celebra l’indipendenza e l’indifferenza da parte del saggio stoico di fronte alle cose del mondo.

Elemento che determina il passaggio al momento successivo della coscienza:
Crisi dello Stoicismo: l’indipendenza dalle cose è però solo apparente perché il saggio stoico è libero nei confronti di ciò che lo circonda ma solo dal punto di vista interiore (es. di fronte a passioni negative, ecc., il saggio stoico è libero perché rimane impassibile nei loro confronti, ma questa sua impassibilità non toglie che le passioni - di fatto - esistano, siano reali). Da qui la crisi dello Stoicismo ed il tentativo di negare la realtà che ci circonda effettuato dallo Scetticismo.

  • Lo Scetticismo: la realtà non ci è semplicemente indifferente, come sostiene lo Stoicismo, ma in non esiste perché non è conoscibile.

Elemento che determina il passaggio al momento successivo della coscienza:
Crisi dello scetticismo: lo scetticismo si contraddice perché da un lato dichiara che tutto è vano e non-vero e che nulla è sostenibile, ma nel momento in cui lo fa, sta pur sempre sostenendo qualcosa. A questo punto la coscienza entra in crisi e si sente infelice perché diventa consapevole del proprio limite di fronte alla realtà.

  •  La Coscienza infelice, che si sente consapevole di non poter essere tutto, l’Assoluto (tale momento della coscienza si esprime bene nel senso di creaturalità che si esprime nella cultura e nella civiltà del Medioevo)

Elemento che determina il passaggio al momento successivo della coscienza:
Crisi della coscienza infelice: la propria infelicità porta la coscienza a disperare di se stessa e far risalire ogni potere in un aiuto dall’alto. E’ quest’unione con Dio che le infonde la consapevolezza ulteriore della propria natura spirituale e di essere simile all’Assoluto, a Dio, ovvero “la certezza di essere ogni realtà”.

  • La Ragione osservativa: l’uomo cerca se stesso in tutte le cose; è l’epoca del naturalismo rinascimentale e della scienza moderna.

Elemento che determina il passaggio al momento successivo della coscienza:
Crisi della Ragione osservativa: l’unità di io e mondo non è qualcosa di dato, di stabile, ma va realizzato con uno sforzo e con un impegno.

  • La Ragione attiva: il mondo non è fatto a immagine dell’Io, ma l’Io può renderlo tale con la sua attività (si entra dunque nel campo pratico, cfr. Fichte)

Elemento che determina il passaggio al momento successivo della coscienza:
Crisi della Ragione attiva: lo sforzo per ottenere l’unità di Io e mondo è vano finchè è solo l’iniziativa di uno spirito individuale (es. Robespierre); la ragione reale non è quella dell’individuo ma quella dello spirito oggettivo o dello Stato

  • Lo Spirito oggettivo

 

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Sintesi della trama della Fenomenologia dello spirito

  • La certezza sensibile porta (attraverso la percezione) all’elaborazione dell’autocoscienza. (Storicamente, le figure della fenomenologia relative al momento della Coscienza si incarnano nella nascita della riflessione filosofica intorno alla conoscenza e in particolare nella filosofia kantiana, punto di arrivo di un lungo percorso di riflessioni gnoseologiche.)
  • L’autocoscienza porta alla soppressione dell’alterità degli oggetti e anche di quella degli altri soggetti. Quest’ultimo tentativo sfocia nella lotta tra due individualità e si conclude col rapporto servo-signore in cui una individualità viene sottomessa da quella vincitrice. (Storicamente, questo momento dello sviluppo della coscienza viene rintracciato da Hegel nella civiltà greco-romana, dove vigeva la schiavitù. )
  • Nel rapporto servo-signore, però, il servo sconfitto diventa in realtà vincitore perché è l’unico che (lavorando) può sviluppare la consapevolezza dell’indipendenza dell’io rispetto alle cose trasformate dal suo lavoro, consapevolezza che trova la sua migliore espressione nella corrente filosofica dello Stoicismo.
  • Ma lo Stoicismo entra in crisi perché la libertà dell’io dalle cose che esso professa è solo astratta e interiore (la realtà esterna non è affatto negata, ma semplicemente ignorata dall’atteggiamento interiore dello stoico), subentra perciò il tentativo di negare tout court la realtà esteriore con lo Scetticismo, che però presenta gli stessi inconvenienti dello Stoicismo: il sospendere l’assenso alla realtà esteriore è solo un atteggiamento del filosofo scettico, ma di fatto quella realtà permane.
  • Il fallimento di tale tentativo porta all’infelicità della coscienza, che si sente mortificata perché consapevole di non poter essere l’assoluto. (Storicamente questo momento dello sviluppo dello spirito viene identificato da Hegel nella civiltà medievale; la figura prende il nome di coscienza infelice)
  • Ma questa infelicità si trasforma in consapevolezza del carattere spirituale del soggetto (star male per non poter essere l’assoluto indica che si è attratti dallo Spirito e quindi rivela la propria natura spirituale) e questa consapevolezza della propria superiore natura spirituale porta addirittura alla convinzione di essere ogni realtà, convinzione che si traduce storicamente nella scienza rinascimentale, mediante la quale la ragione umana cerca se stessa nelle cose (ragione osservativa)
  • Anche questo passaggio entra in crisi perché la Ragione si rende conto che l’unità di io e di mondo non è qualcosa di dato e di contemplabile ma qualcosa che deve venir realizzato e allora la Ragione da osservativa diventa attiva, cercando di “produrre se stessa mediante la propria attività”.
  • Tale progetto però è destinato a restare vano (qui Hegel richiama figure storiche come quella di Robespierre) finchè deriva dallo sforzo individuale, cioè dall’iniziativa di una singola coscienza: la ragione reale non è infatti quella dell’individuo ma quella dello Spirito e dello Stato. Compreso questo, il percorso è ultimato e dallo spirito soggettivo e individuale si passa a quello collettivo o oggettivo.

 

Due figure molto celebri della Fenomenologia
Due delle figure della Fenomenologia hanno avuto molto successo nelle correnti filosofiche successive (talvolta con qualche forzatura interpretativa: vedi in particolare la figura del servo-padrone) e sono state molto celebrate dai critici:

  • quella del servo-padrone, perché contiene  i seguenti spunti teorici:
  • la consapevolezza si raggiunge attraverso un rapporto conflittuale tra le autocoscienze à Sartre
  • la paura della morte fa acquisire al servo il senso della propria essenza spirituale (la paura della morte non è la paura di questo o di quello ma della perdita assoluta della propria essenza; il servo può perciò sperimentare il proprio essere come qualcosa di distinto e indipendente da quel mondo di certezze naturali che prima gli apparivano come qualcosa di fisso e nelle quali si identificava) à Esistenzialismo: importanza della morte nel rivelare l’essenza dell’uomo
  • effettuando il proprio servizio presso il signore, il servo acquisisce disciplina e impara a vincere i suoi impulsi naturali e col lavoro diventa consapevole della propria capacità di plasmare gli oggetti dando loro una forma e di diventarne perciò indipendente à Marx: importanza del lavoro nel rivelare l’essenza dell’uomo
  • quella della coscienza infelice: se la coscienza infelice denuncia lo stato di scissione e di inappagamento dello spirito, allora si può dire che in un certo senso ogni figura della Fenomenologia dello Spirito è un po’ una coscienza infelice: ciò spiega l’importanza che alcuni interpreti hanno attribuito a questa figura. Vedi ad es. Jean Whal, La coscienza infelice nella filosofia di Hegel.

 

Appendice
Differenze tra la Fenomenologia dello Spirito e l’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio

Il confronto tra l’indice della Fenomenologia e quello dell’Enciclopedia (vd. tabella allegata) mostra che la “fenomenologia” occupa nell’Enciclopedia solo una piccola parte della filosofia dello spirito, mentre nell’opera precedente Hegel ha dato un’esposizione di tutta la sua filosofia, facendo rientrare nel momento della Ragione (parte C) quelli che nella fase sistematica del suo pensiero chiamerà “spirito oggettivo” e “spirito assoluto”. A cosa è dovuta tale differenza espositiva? Sono state formulate alcune ipotesi a riguardo:

  • Ragioni editoriali. Questa differenza espositiva, che tanti problemi ha causato ai lettori di Hegel, è dovuta probabilmente alle vicende editoriali che hanno accompagnato la stesura della Fenomenologia: l’opera è andata progressivamente ampliandosi rispetto al progetto originario, e l’aumentata mole coincide con l’urgenza della pubblicazione imposta dal precipitare della situazione politica, con l’esercito francese che invade la Prussia (la battaglia di Jena, che segna la conquista napoleonica della Prussia, è del 1806; la Fenomenologia esce appunto l’anno dopo).

Sulla riuscita complessiva dell’opera deve insomma aver pesato il fatto che la Fenomenologia sia stata scritta in un tempo assai breve, e sia cresciuta così, pezzo per pezzo, senza che neppure l’intuizione fondamentale o lo scopo (doveva essere l’introduzione al sistema) rimanessero identici durante la stesura. Tutto infatti fa pensare che Hegel non avesse un piano prestabilito dell’opera quando si mise a scriverla:

  • la Prefazione è stata scritta per ultima, dopo l’Introduzione;
  • vi è sproporzione nella lunghezza delle parti (A e B, in una edizione, insieme occupano meno di cento pagine, mentre C ne occupa più di quattrocento);
  • vi è una ancora più vistosa sproporzione fra le parti nei cinque capitoli (non riportati nella nostra tabella) in cui è ulteriormente suddiviso il contenuto del testo;
  • Hegel segue due strade diverse per esporre lo sviluppo necessario dello Spirito. Al di là di queste vicende editoriali, che pure hanno pesato nella stesura del testo, occorre comunque tenere presente che Hegel sceglie fondamentalmente due punti di vista per narrarci lo sviluppo dell’Assoluto. Come abbiamo già avuto modo di sottolineare, lo sviluppo dello Spirito è un processo che unisce in sé lo spirito individuale (l’uomo) e quello universale (l’Assoluto, Dio): lo Spirito è uno solo, ma si articola in tutti gli aspetti della realtà, compresi i soggetti individuali, cioè i singoli uomini, gli individui. 

Si ricordino le concezioni di Hegel presenti nel già ricordato frammento di sistema di Francoforte, opera giovanile nella quale egli delinea un’opposizione fondamentale al centro dell’universo: da un lato l’universale (il divino, l’assoluto, l’eterno), dall’altro l’individuo. Dal punto di vista della scissione, entrambe queste parti sono insufficienti e infelici; l’universale separato dall’individuo è il dio degli Ebrei, lontano e privo di amore; d’altra parte, anche l’individuo isolato si sente privo di significato e di valore. Solo l’unione di entrambi dà luogo alla vita autentica di tutti e due gli elementi. Il che riveste un significato ancor più universale: non solo la parte non ha alcun significato, se non si risolve senza residuo nel tutto, ma anche il tutto non ha vita e valore, se non si articola concretamente nel sistema delle singole parti.
Nella Fenomenologia Hegel espone come la coscienza individuale ripercorra lo sviluppo dello spirito universale e si riappropri del contenuto essenziale di tutta la storia umana, pervenendo al sapere assoluto. Nella Logica, nell’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio ed in altre opere sistematiche, invece, il soggetto non è più la coscienza individuale che accede alla dimensione storica universale e vi si riconosce, ma l’assoluto stesso (Idea o Ragione), ovvero quello che nella tradizione culturale occidentale si chiamerebbe Dio (ma si ricordi che per Hegel l’assoluto non è più un Dio trascendente e immutabile, ma un principio che realizza la sua essenza nel divenire).
La Fenomenologia ha inoltre per Hegel un valore pedagogico: il singolo individuo deve ripercorrere tutto lo sviluppo per appropriarsi del cammino dello spirito universale. Se infatti la Fenomenologia dello spirito fosse solo un’esposizione più ampia del secondo dei tre momenti in cui si articola lo spirito oggettivo (antropologia, fenomenologia, psicologia), non si vede perché, arrivati al momento della Ragione Hegel non ne abbia concluso l’esposizione, ma continui a esporre lo Spirito, la Religione, il Sapere assoluto. Hegel ce ne spiega le ragioni nella Prefazione: “il singolo deve ripercorrere… i gradi di formazione e le sfere di cultura dello spirito universale secondo il contenuto, ma come figure già depositate dallo spirito, come tappe di un percorso già tracciato e spianato… e nel processo pedagogico noi riconosciamo come schizzata in proiezione la storia della cultura universale.” La Fenomenologia diventa perciò un’opera pedagogica, che fa rivivere e apprendere al singolo come l’umanità si sia appropriata nel corso del tempo della verità fondamentale che la realtà è spirito.



 

Bibliografia

Due letture accessibili come introduzione generale a Hegel: 

  • Marcuse H., Ragione e rivoluzione, Il Mulino
  • De Ruggiero, Hegel, ultimo volume della sua Storia della filosofia, Laterza

Altri testi:

  • Gadamer H. G., materiali su Hegel contenuti nel sito dell’Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche (http://www.emsf.rai.it)
  • Dal Pra M., Sommario di storia della filosofia
  • Veca S., Corso di storia della filosofia, Bompiani
  • Tornatore – Polizzi, Filosofia. Testi e argomenti, Loescher
  • Abbagnano – Fornero, Protagonisti e testi della filosofia, (sulla filosofia del diritto in particolare)
  • Verra V., cap. su Hegel in: Adorno – Gregory – Verra, Storia della filosofia, Laterza, vol. 3

Dunque, i tre momenti dello sviluppo dialettico dell’Assoluto, la cui trattazione costituisce appunto il cosiddetto “sistema” hegeliano, sono: l’Idea in-sé (la logica), l’Idea fuori-di-sé (la natura); l’Idea in-sé e per sé (lo Spirito).

 

La logica

 

  • E’ la dottrina hegeliana in cui viene illustrata la struttura razionale del mondo, il mondo in sé come progetto antecedente alla sua realizzazione, allo stato potenziale (nel senso aristotelico di potenza che si contrappone all’atto )  o, come la definisce metaforicamente Hegel., “Dio prima della creazione”.
  • Cfr. Fichte, l’Io pone se stesso.

La filosofia della natura

 

  • Illustra il momento negativo (in senso dialettico) dello sviluppo dell’Idea, che si estranea da sé per divenire mondo. La natura si realizza nei tre momenti della meccanica (la materia), della fisica (l’individualità naturale)  e dell’organica (l’unità ideale).
  • Cfr. Fichte, l’Io pone il non-Io.
  • La logica ha andamento triadico, suddividendosi in logica dell’essere, dell’essenza e del concetto, ognuno dei quali è a sua volta tripartito, secondo l’articolazione dialettica che caratterizza ogni realtà.

 

La filosofia dello Spirito

 

  • E’ la parte più importante del sistema di hegeliano. Lo Spirito è l’Idea che diviene consapevole di sé attraverso l’uomo.
  • La filosofia dello spirito soggettivo ripercorre l’emergere della coscienza dalla naturalità attraverso le tappe:
  • dell’antropologia (l’uomo come essere naturale, il cui comportamento è regolato dall’influenza dell’ambiente e dalle abitudini, cioè da dinamiche delle quali non è cosciente)
  • della fenomenologia, il processo attraverso il quale emerge la coscienza che diviene poi autocoscienza e infine ragione, come consapevolezza della spiritualità del reale;
  • della psicologia, che approda all’affermazione della libera determinazione della volontà, sia in ambito teoretico che pratico.
  • La filosofia dello spirito oggettivo ripercorre la realizzazione dello spirito nella Storia, come diritto, come moralità e infine come eticità.
  • il diritto stabilisce un tessuto normativo nel cui ambito, esterno all’individuo e indipendente dalla sua volontà, deve svilupparsi l’azione del singolo
  • la contraddizione tra la coercitività della legge e l’esigenza di una libera realizzazione morale viene superata attraverso l’interiorizzazione del diritto, che diviene moralità. E’ interessante notare che per Hegel, a differenza di quanto sostenevano il giusnaturalismo e più in generale il liberalismo, la moralità è successiva al diritto (al giusnaturalismo Hegel contesta l’idea che esistano diritti naturali prima ed oltre lo Stato, affermando che “la società è condizione in cui soltanto il diritto ha la sua realtà”) e ne costituisce l’interiorizzazione, rappresentando perciò una dimensione collettiva interna al singolo (la moralità è l’adesione spontanea e voluta alle norme che regolano i diritti reciproci).
  • Nel terzo momento dello spirito oggettivo (eticità) l’Idea si dà un’esistenza storica, incarnandosi nelle istituzioni sociali che compongono la famiglia, la società civile e lo Stato. L’eticità è distinta dalla moralità e considerata la realizzazione della moralità stessa a livello storico-sociale in istituzioni che benchè si presentino all’individuo come oggettive e separate da lui, creano lo spazio in cui egli può effettivamente realizzarsi come essere morale, perché possono dare alle esigenze morali di ognuno una dimensione universale, plasmando la storia e la natura. Nello Stato si opera la sintesi tra moralità ed eticità, poiché l’eticità diviene anche dimensione interiore dei singoli, tra i quali si stabilisce, di conseuenza, un’unione profonda. Come conseguenza, l’individuo è elemento parziale, limitato, che si invera nello Stato, al quale risulta perciò subordinato.
  • La filosofia dello Spirito assoluto illustra come l’Idea, dopo essersi realizzata nella storia, diviene consapevole della propria realizzazione e della spiritualità del reale. Lo spirito assoluto è quindi conoscenza dell’Assoluto, sia nella sua forma sensibile, (l’arte), sia nell’interiorità della coscienza che si pone di fronte all’assoluto (la religione), sia infine come conoscenza del conoscersi stesso dell’Assoluto (la filosofia). La filosofia coincide per Hegel con la storia della filosofia, che è la storia dell’Assoluto nel suo cammino di conoscenza di sè

E’ importante ripetere qui ciò che è già stato detto quando si parlava della dialettica: i  momenti dello spirito vanno intesi come aspetti inscindibili e intimamente connessi di uno stesso atto logico; la loro distinzione ha un valore meramente espositivo (storico); in realtà essi sono intimamente connessi nell’unità atemporale del Concetto:

Solo l’elemento naturale, in quanto è finito è soggetto al tempo. Il vero, invece, cioè l’Idea, lo Spirito, è eterno.” (Enciclopedia, pr. 258)

 


E’ lo stesso Hegel che suggerisce, per comprendere il processo dialettico, di rifarsi alla concezione aristotelica della potenza e dell’atto. “Ovviamente, la posizione di Hegel è per molti aspetti diversa da quella di Aristotele, a cominciare dal fatto che lo svolgimento, per Hegel, concerne l’Idea nel suo negarsi nella natura per ritrovarsi nello spirito, mentre per Aristotele, essendo Dio atto puro, e quindi immutabile, lo svolgimento riguarda solo il mondo sensibile.” (Verra, p. 67)

 

Fonte: http://www.webalice.it/leone.guaragna/scuola-scuola-scuola/Hegel.rtf

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