Nichilismo
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Nichilismo
Origini del Nichilismo
Un omaggio a Franco Volpi
di
Natale Missale
www.taote.it
www.taozen.it
www.teatrometafisico.it
Molti si sono cimentati con questo tema (da Heidegger a Severino, da Vattimo a Galimberti), ma nessuno ha saputo trattarlo in maniera così chiara, semplice e dotta allo stesso tempo, esaustiva pur nella brevità, ricca di riferimenti, come ha saputo fare Franco Volpi. Questo breve saggio vuole essere un omaggio a tale studioso, prematuramente scomparso nel 2009).
Già nell'antica Grecia, il pensiero nichilista trovava estimatori (Gorgia (480 c.a.-380 a.C.), ma si trattava di un fatto circoscritto ad una piccola scuola composta da atei. La stragrande maggioranza dei greci credeva negli dei e nei valori, e per nostra e loro fortuna è riuscita a creare quella civiltà che mai avrebbe potuto essere se il Nulla avesse trionfato fin da allora. La Metafisica garantì per centinaia di anni tale civiltà attraverso la nascita di varie religioni, senza le quali, che ci piaccia o no, la storia sarebbe stata misera cosa. Sì, le guerre, l'uomo cosiddetto civile, non se l'è mai fatte mancare, ma non possiamo scandire i fatti della storia coi soli battiti dell'orologio bellico. Altri e ben più importanti meridiane hanno registrato il lento e costante sviluppo della nostra civiltà. Basti pensare alle arti, alle scienze, alle filosofie, ai mestieri, ecc. Il Nichilismo, dunque, non nasce in Grecia. Quello di cui qui ci occupiamo è un vero e proprio movimento di pensiero, quasi una moda, un modo di essere, una pseudo religione del Nulla, mentre con Gorgia rimaniamo sul piano delle parole (era un sofista, un retore) o tutt'al più su un piano filosofico. Però possiamo tranquillamente affermare che il seme potrebbe essere quello gorgiano. A suggerirlo sono le sue opere. Nell'Elogio di Elena, prende le difese di una donna sposata che lascia il marito per fuggire con un altro, e nel titolo della sua opera, la elogia. Attenzione, noi non condanniamo Elena, non vogliamo che sia lapidata nella pubblica piazza, ma nemmeno ne tessiamo l'elogio. Gorgia la giustifica: la colpa non è sua, ma: a) degli dei che sono più potenti degli esseri umani ; b) la colpa è di Paride, quel barbaro che l'ha rapita, e non di Elena, che va solo compatita; c) la colpa è del potere persuasivo del Logos, e pertanto chi è stato convinto a commettere azioni biasimevoli, non è colpevole delle sue azioni. Ma a suggerire che il seme del Nichilismo possa risalire a tale filosofo ci induce la sua opera Sul non essere o sulla natura (non pervenutaci, ma che conosciamo attraverso altre fonti). In essa Gorgia intende dimostrare: a) che il Nulla è; b) se qualcosa esiste essa è inconoscibile; c) se qualcosa esiste ed è conoscibile, è comunque incomunicabile. Ovviamente Gorgia attaccava l' ontologia di Parmenide, secondo cui solo l'Essere è. Possiamo pertanto affermare che Gorgia è un esemplare tipico di nichilista radicale, un "adoratore" del Nulla. Chissà perché, ogni qualvolta parliamo di nichilisti ci assale l'immagine mentale di sbandieratori d'aste prive del drappo colorato, della bandiera. Detto questo, torniamo al nostro tema. Franco Volpi comincia la sua succitata opera ricordandoci come oggi l'uomo è simile a un viandante che cammina su lastre di ghiaccio in scioglimento progressivo, e puntualizzando che la causa di tale "incertezza e precarietà" è il Nichilismo. E qui si pone la domanda: cos'è il Nichilismo? Il nostro professore si dà e ci dà subito una risposta: "Il Nichilismo… è emerso come problema, in tutta la sua virulenza e vastità, solo nel pensiero del Novecento. Quale espressione di tentativi artistici, letterari e filosofici volti a sperimentare la potenza del negativo e a viverne le conseguenze, esso ha portato alla superficie il malessere profondo che fende come una crepa l'autocomprensione del nostro tempo. Già Nietzsche lo apostrofava come il più inquietante fra tutti gli ospiti". Abbiamo volontariamente tolto il corsivo all'ultima parte della citazione, perché rispetto alla prima parte la troviamo debole, non accoglibile. Ci spieghiamo meglio. Avevamo un regolo, un metro con cui misurare il nostro tempo: Dio ed i valori. Questo metro è stato spezzato e bruciato, ne è nato un malessere profondo ed il caos totale, non riusciamo più a comprendere un fico secco nell'età della tecnica, e diamo la colpa ad un ospite che è frutto del nostro suicida comportamento (!). La colpa sarebbe di un fantomatico Nichilismo, non di chi lo ha prodotto e voluto (!). Merita il corsivo ed una sottolineatura, invece, la prima parte del discorso di Franco Volpi: un gruppo di matti da legare (artisti, letterati, filosofi) ha voluto sperimentare il male per vedere l'effetto che fa, e non più uscendo dalla melma ha cominciato a gridare, in preda ad estasi fangose, "w la fanghiglia!". Si sono immersi nel "sottosuolo" ed hanno cominciato a ricamare apologie di esso. Insomma: il male, per loro, è bello! Il seme di Gorgia comincia a lasciare l'ombra della terra e fa capolino: il germoglio è pronto a farsi albero, a dare frutti e semi in abbondanza, a trasformarsi in bosco, in selvaggia foresta. Come può accadere che un semino vecchio di due millenni e mezzo possa dar vita a tutto questo è presto spiegato. Un romanzo, una poesia, una filosofia, una canzonetta, un quadro, una trassmissione tv sono amplificatori formidabili. Il Logos, inteso come parola, ha una forza immensa se è prodotto da una mente piena di volontà egoica. E pensare che Logos è anche: la facoltà mentale superiore, l'intelligenza concettuale e raziocinante; la ragione universale, una sorta di anima del mondo ("vi è un Logos che governa l'universo, eterno e incomprensibile, e la sapienza consiste nel conformarvisi grazie alla ragione che è in nostro potere e che abbiamo in comune"). Basterebbe armonizzare la propria ragione con la Ragione universale, la propria mente con la Mente universale, per essere saggi, e invece no: l'ego dirige la danza delle nostre cellule grigie, trasformando in reazioni chimiche quelle immagini mentali o quei concetti negativi che mai avrebbero dovuto avere diritto di esistenza. Che il male sia presente in ognuno di noi, è fuori di dubbio, ma decidere di abitarlo permanentemente , è suicida, da idioti. Ma ecco che accade il primo "miracolo" negativo: dal fango, anziché un bel loto, nasce una non-filosofia figlia della "notte", di quella madre bendata che assomiglia tanto a Gandhari - la sposa del re cieco Dhrtarastra del Mahabharata - che saputo della cecità del marito si benda gli occhi per sempre. Essa dà vita al violento Duryodhana ed agli altrettanti violenti fratelli di lui. La filosofia del nulla è fatta dello stesso logos egoico gorgiano, parole vuote ma forti di negativa volontà. Se a tale forza va aggiunta poi la poesia prostituita, il gioco è fatto: tale non-filosofia diventa irresistibile. Ed è ciò che è accaduto con Nietzsche e con Dostoevskji, gli apologeti, gli apostoli del Nulla, i Gorgia novelli. E giustamente ci ricorda Volpi come "è opinione comunemente accettata che i due padri fondatori e grandi teorizzatori del nichilismo siano stati Dostoevskji e Nietzsche" che hanno dato vita al filone letterario e a quello filosofico degli adoratori del Niente (sottolineatura nostra). E allora, riepiloghiamo. Degli imbecilli decidono di tuffarsi nel male, nel fango, nel pantano, nel sottosuolo, per vedere l'effetto che fa. Distruggono religioni, Dio, valori, virtù, etica, morale, facendo così venir meno tutti i riferimenti tradizionali, gli ideali "che illuminavano l'agire dell'uomo", il metro con cui misurare il mondo. Gli impantanati, intanto, continuano a nuotare nel pantano da cui azionano ventilatori letterari e filosofici pronti ad inzaccherare le menti più esposte e più gracili. La peste dilaga: i nichilisti si moltiplicano come conigli, ed il "pensiero ossessionato dal nulla" (questo, vuol dire nichilismo) diventa il "giusto, corretto" pensiero, quello alla moda, quello del 'tutto è permesso', e via balordaggini. Il tempo della beatificazione dei primi sperimentatori dell'idiozia è maturo: Dostoevskji e Nietzsche, santi subito! E, paradossalmente, mentre tutti stanno a sguazzare nel pantano, dalla stessa pozzanghera arrivano i primi perché: perché stiamo così male? Perché questo caos? Perché tanto disagio? Perché il vuoto nel cuore e nella mente? E' quanto meno ridicolo! Hanno acceso un fuoco di paglia, hanno scatenato il fumo, e ora si lamentano del fastidioso fumo, chiedendosi come eliminarlo. Ma spegnete le fiamme che avete appiccato, per Giove! La causa di tutto siete voi e quel fuoco, non il fumo incolpevole.Il Nichilismo non può esistere senza nichilisti !
Ora accade che, all'interno del movimento nichilistico è facile cogliere una sorta di solidarietà reciproca fra i vari adoratori del Nulla: io elogio te, tu elogi me, noi elogiamo voi e voi elogiate noi. In più, una fitta schiera di "tifosi" ( critici, filosofetti di second'ordine, ecc.), dall'esterno, funge da amplificatore e da ripetitore, esaltando le gesta poetiche, letterarie o filosofiche or di questo, or di quel nichilista dell'ultim'ora. Tutto questo ha creato una carboneria a cielo aperto: chi fa parte di essa è ok, chi non fa parte di essa è un nemico da insultare e compatire. Da parte di costoro, per esempio, un credente, un religioso, un monaco di qualsivoglia confessione, sono solo poveracci da commiserare, dei poveri sciocchi e ignoranti. Loro sono depositari della verità: Dio è morto e abbasso i valori! Tutto ciò attira consensi da parte di chi vede nei loro proclami, espliciti inviti alla trasgressione contro tutto e tutti. La ribellione contro ogni cosa, nel nome di "tutto è permesso". Eppure, questa schiera di "eletti" (causa prima di quella incertezza e di quella precarietà di cui si diceva all'inizio), in coro e all'unisono ha il coraggio di cantare che la colpa di tutto questo disagio mentale e spirituale è dell'ospite inquietante, del nichilismo. Il serpente si morde la coda, ma non per dar vita ad un simbolo d'eternità com'è l'Ouroboros, bensì per dar vita ad un mostro che non può esprimere né verità né bellezza, perché segue traiettorie non circolari, così come natura comanda. Nel cerchio c'è la perfezione e l'autorigenerazione, ma il mostro segue traiettorie senza senso, è un morto vivente. Pensate, il Nichilismo inchioda il pensiero dei suoi adepti su niente, eppure il movimento nichilistico dà parvenza di vita; è un albero morto che non presenta un solo germoglio, e nonostante questo vanta una sconfinata letteratura: milioni di persone nel mondo si interrogano su di esso: ma come è potuto accadere; come e attraverso quali vie si è insinuato; come è potuto esplodere, e via dicendo. E intanto, con il loro comportamento, col loro uniformarsi alla massa nichilista, annientati dall'ossessione del Nulla, lo alimentano nei fatti quotidiani: nei rapporti familiari, lavorativi, sociali in genere, dando vita ad un inferno inimmaginabile; e scrivono volumi su volumi per osannare il pensiero dostoevskjiano o nietzscheano, riuscendo a vedere nel filosofo tedesco e nello scrittore russo due profeti del Nichilismo, due santi visionari che ne hanno intuito l'avvento, non rendendosi conto del fatto che costoro sono stati i promotori del movimento. Intanto quei rapporti familiari, sociali ecc., esplodono: famiglie spappolate, ordine sociale compromesso seriamente, figli abbandonati a se stessi o alla droga, e via discorrendo. Ma il Nichilismo non si è limitato a colpire letterati e filosofi, esso ha infettato di Nulla persino preti, giudici, politici, industriali, mondo della finanza, ecc. Da qui una società senza più guide e principi, senza legge e senza morale, senza senso. Il bravo Franco Volpi scava intanto nella storia di tale movimento. Attribuisce la paternità del nome di esso a chi di dovere, riporta pareri autorevoli ora di questo ora di quell'altro pensatore nostrano e non, dice la sua su questo o quell'aspetto del problema, riuscendo a delineare un Nichilismo davvero inquietante. E belle sono quelle epigrafi che di tanto in tanto il nostro professore mette innanzi ai capitoli della sua opera. "Se l'universo non è impegnato in un'avventura metafisica - dice l'epigrafe del capitolo terzo dell'opera citata pag. 13 ed. Laterza - tutto è banale". Noi condividiamo pienamente tale pensiero, e basta guardarsi intorno per verificare la verità di esso. La nostra società è guidata (si fa per dire) ormai da pattuglie di nichilisti che l'hanno resa banale in ogni settore. Niente ha più spessore: la cultura è allo sbando; l'arte è produttrice a tempo pieno del brutto e dell'orrido; la scuola sforna ignoranza; la politica è gestita da affaristi; la religione è allo sbando, e così via piangendo. L'ego ha soffocato la ragione, e l'occhio della mente è stato otturato dal materialismo sfrenato di questo assurdo movimento. L'intuizione è diventata una rarità. Ma possibile che è tutto marcio?, direte voi. La risposta la trovate osservando voi stessi e il mondo. Il tramonto dell'Occidente è un fatto assodato, perché il sole, il lume della ragione, in questa parte di mondo, si è spento sotto le raffiche maligne del vento nichilistico. Sì, caro Volpi, senza metafisica il mondo è davvero banale, è vuoto, insensato. La tecnica, la scienza in genere ha ubriacato l'uomo, gli ha estirpato l'umiltà e la sobrietà, lo ha robotizzato disanimandolo. La psiche dell'uomo è un sepente con la testa mozzata, non riesce più a creare vortici di rinnovamento: niente più miti, favole, preghiere, visioni, profezie; niente più metafisica, ma solo materia inerte, senza vita. Eppure gli atomi danzano costantemente mossi da questa Vita Invincibile, danzano la musica delle loro sfere energetiche, danzano le costanti leggi naturali che mai nessun caso avrebbe potuto prevedere così perfette e belle. Gli atomi danzano in un abisso sconfinato, che come un silenzio non ancora esploso accoglie scomposti danzatori che si muovono solo nell'intento di deviare le orbite dell'ordine universale. E questa immensa sinfonia danzante mal sopporta le dissonanze dei passi di chi ha scelto di farsi ingoiare dal buco nero di un paradossale, inesistente, impossibile Nulla. Più che nichilisti dovremmo chiamarli cercatori del Niente, perché il non-essere a cui sono devoti è solo una negazione. In fondo un nichilista che si rispetti non dovrebbe tollerare l'esistenza (!) del non-essere. Tornando al lavoro di Franco Volpi, ci piace sottolineare come il suo saggio sia ricchissimo di spunti di riflessione. Non è un'antologia di pensieri sul Nichilismo, ma qualcosa di più. Il Nostro si interroga spesso mentre cita i vari pensatori, e le sue interrogazioni sono stimolanti. Per esempio, sempre nel terzo capitolo, dopo avere citato un passo di Pascal ("Inabissato nell'infinita immensità degli spazi che ignoro e che m' ignorano, io mi spavento") Volpi, seguendo il pensiero pascaliano sottolinea come l'uomo si percepisca estraneo al suo destino individuale, che gli "appare come una spaesante infinità che lo inquieta. Di fronte all'eterno silenzio delle stelle e agli spazi infiniti che gli rimangono indifferenti, l'uomo sta solo con se stesso. E' senza patria". Questo spunto di riflessione ci riporta all'inizio del lavoro, laddove si parlava di mente egoica: finché l'uomo è costretto dal suo egoismo entro le pareti anguste dell'individualità non potrà godere degli sconfinati orizzonti della Mente Una di cui la "sua" mente è parte. Finché l'uomo coniuga i verbi della sua esistenza soltanto alla prima persona singolare, pascolando nei territori dell' io e del mio, vivrà solo per esaudire i suoi infiniti desideri. Chi ha detto che lo scopo della vita è quello di essere felici, ha detto una verità, ma questo va interpretato correttamente. Essere felici non è frutto di soddisfazione ininterrotta di desideri, ma della conoscenza di Sé. Solo che, se si vuol davvero conoscere se stessi bisogna avere la forza di eroi veri, perché il vero mostro che sta a guardia del tesoro non è là fuori in qualche luogo, dentro una grotta umida, ma qui dentro di noi. Conosciuto questo mostro e sgonfiatolo di tutte le energie che ci ha sottratto con inganno, ci si può finalmente dedicare alla nostra parte impersonale, quella senza maschera. Ma ecco che potrebbe sorgere qualche problema se il ricercatore non è animato da vera febbre di conoscenza: un deserto potrebbe pararsi dinnanzi all'incauto superficiale "minatore", e la conseguenza più probabile potrebbe essere la depressione, quella stessa depressione che gli adoratori del Nulla vorrebbero indurre in ognuno di noi con la sola suggestione. Per fortuna, in questo Occidente in declino c'è ancora del buono. Con La storia infinita e Momo, per esempio, Michael Ende ha confezionato un potente antitodo contro il Nulla che avanza e contro gli Uomini grigi che rubano il tempo e la gioia di vivere semplicemente. Purtroppo pure Ende, come Volpi, è prematuramente scomparso, ma le sue opere, a torto declassate con disprezzo a "scritti per ragazzi", circolano ancora, e sotto forma di fiabe veicolano ancora saggezza.
Nulla. Nichilismo. L'accostamento viene spontaneo. Da cento e passa anni questi untori travestiti da artisti e pensatori, dalle loro "chiese" vuote…predicano il superamento del Nichilismo, inculcando nella mente della gente influenzabile la storiella che l'unico modo per superarlo è viverlo fino in fondo! Non solo. Sotto sotto smerciano per "analgesico" ogni loro prodotto filosofico, letterario, poetico, musicale, artistico in genere. E gli sprovveduti comprano libri su libri che non fanno altro che elogiare Nietzsche e Dostoevskji. Dei moderni nichilisti non parliamo, ma sono tanti. Diciamo solo che le loro opere sono facilmente individuabili per i titoli che portano: tutti negativi, distruttivi, trasgressivi. Attenzione, però, noi abbiamo letto gli scritti sia dell'uno che dell'altro. Gran pensatore il primo, grande romanziere il secondo. Apprezziamo il loro modo di scrivere, di poetare, ma non condividiamo il loro evidente nichilismo. La poesia dello Zarathustra è indiscutibile, e così pure lo è l'arte di romanzare del grande scrittore russo. Alle innumerevoli intuizioni nietzscheane in campo psicologico, sociologico, politico, ecc. abbiamo dedicato persino dei saggi sui nostri siti (www.taote.it saggi). Quello che di loro non condividiamo è la passione per il Nulla. Condanniamo quella certa ipocrisia di chi dice di combattere un male a cui vien fatta l'apologia; quella arroganza che traspare da ogni pagina delle loro opere: noi soli possediamo l'unica, santa, assoluta, inconfutabile verità. Stando a loro, possiamo pure smettere di pensare, cercare, scavare: Dio è morto, e la Sua morte è la pietra tombale di ogni metafisica, religione, credo, misticismo; è la morte di ogni e qualsiasi valore. Per vincere la pazzia (il Nichilismo) - secondo loro - dobbiamo diventare tutti pazzi. Il nulla è bello!, grida ogni loro opera di condanna dello stesso Nulla (!)
Certo, così come abbiamo posto il problema, il luogo di nascita del Nichilismo sarebbe la Russia di Dostoevskji e la Germania di Nietzsche, ma così non è che in parte. Esso è nato anche all'ombra della torre Eiffel. La Rivoluzione Francese e l'Illuminismo hanno dato il via all'esaltazione assoluta della ragione ed alla condanna di ogni dogma, di ogni fede, di ogni chiesa. Per non parlare della Tecnica. Scienza e tecnica hanno fondato nuovi "credo"(scoperte scientifiche), nuove chiese (centri di ricerca) e nuovi sacerdoti (scienziati) tutti detentori della verità. Ma la cosiddetta verità non può essere contenuta dal solo ambito scientifico: qual'è la verità sull'amore? Qual'è il vero amore: quello della madre per il suo bambino, quella del marito per la moglie e viceversa, dei figli per i loro genitori, del matematico per i suoi numeri, del filosofo per i suoi concetti, ecc.? La verità è vasta come l'universo. Essa non può essere messa in una sola tasca. Nemmeno un illuminato può dichiarare di possederla per intero, se no la religione sarebbe una ed una sola la chiesa. Ognuno scopre solo un lembo delle sue vesti; tocca solo un punto di essa; ne coglie solo un aspetto. Quindi i signori nichilisti sono pregati di scendere dai loro piedistalli e di vestire gli abiti della modestia. A noi che ci ubriachiamo non possono consigliare di vincere l'alcool bevendo fino a scoppiare (immergetevi nel nichilismo per superarlo!): smettere di bere è l'unico mezzo. Non possono consigliare di spegnere gli incendi con la benzina: è fuori da ogni logica e da ogni buon senso. Non possono inneggiare al Nulla: come si può cantare la grandezza di qualcosa che non è? Certo, in Russia e in Germania i nichilisti hanno promosso una lotta senza quartiere. Volpi ne analizza lo sviluppo in maniera esemplare, e la brevità di questo saggio non ci consente di riportare e commentare ogni rigo della sua opera, che invitiamo a leggere. Il fattore anarchico, politico, populista ha dato una spinta formidabile a questo movimento verso il Niente, attaccando frontalmente sia il romanticismo, sia ogni forma di metafisica. Ed è indubbio che, nonostante il suo professarsi cristiano, Dostoevskji abbia unto di Nulla un'intera nazione e tutto l'Occidente. Come sottolinea bene Volpi: "la fortuna letteraria della sua opera favorì in realtà la diffusione del morbo nichilista, contribuendo a minare certezze inveterate e a corrompere ordinamenti stabiliti". I personaggi dei Demoni, Fratelli Karamazov, Delitto e castigo, memorie e racconti del sottosuolo, sono stati i modelli negativi degli odierni nichilisti attivi, degli abitatori delle "cantine". Nonostante la sua dichiarata"grande ira" e la condanna del fenomeno, noi a tale ira e a tale condanna, non crediamo. In quel sottosuolo, in quei personaggi, Dostoevskji c'è tutto intero. Da quelle "cantine putride" egli non può svicolare così facilmente, affermando che trattasi solo di personaggi di romanzi. Una volta, ad un dibattito dopo uno dei nostri spettacoli teatrali, definimmo tale scrittore nichilista ed untore: con i suoi romanzi - dicemmo - ha diffuso la peste. Qualcuno obiettò che si trattava solo di romanzi. Come dire: Il Terzo Reich con Zarathustra non c'entra niente, perché si tratta solo di poesia. Eppure la seconda guerra mondiale non è stato un evento virtuale, ma vero; la persecuzione e lo sterminio degli ebrei, non è stato un sogno, ma amara realtà; il massacro di milioni di innocenti è diretta discendenza di quella poesia che solo poesia non é. Se qualcuno versa cianuro nelle acque di un acquedotto, non sta versando un prodotto nell'acqua: sta avvelenando milioni di persone. A ben considerare il luogo di nascita del fenomeno in questione, non possiamo certo ignorare casa nostra, l'Italia: Leopardi, avendoli preceduti, è stato maestro di entrambi questi pensatori. Nietzsche lo ha sicuramente letto, ed il suo scrivere per aforismi potrebbe anche essere un'emulazione dei brevi ma taglienti "pensieri" leopardiani. Il nostro grande poeta, tanto amato dalla nostra gioventù, ed alla cui poesia ci siamo inchinati tutti, col suo pessimismo e nichilismo ha forgiato schiere e schiere di studenti. Lo si studia ancora nelle scuole. La sua poesia trasuda di Nulla, come del resto parecchi pensieri del suo Zibaldone. Severino gli ha dedicato due sue opere (Il nulla e la poesia e Cosa arcana e stupenda della Bur), che sono un tentativo di fare del nostro grande poeta un filosofo che ha aperto la pista alla filosofia contemporanea. Se Emanuele Severino continua a parlare di filosofia dopo la cosiddetta morte della metafisaca e di Dio, vuol dire che considera filosofi tutti coloro che avendo sposato le tesi di Nietzsche (da Heidegger a lui stesso) si sono prostrati davanti al Nulla. Ma per noi, nei libri di tali "filosofi" si può trovare solo l'amplificazione del pensiero nietzscheano. Dal 1900, a nostro parere, non è stata scritta una sola opera filosofica originale degna di questo nome, nonostante gli sforzi compiuti proprio da Martin Heidegger. Solo In Lowith e in Jaspers abbiamo riscontrato una certa originalità. Quando Severino scrive nella prima delle suddette sue opere: "Pensare che le cose sono niente - e vivere uniformemente a questo pensiero - significa pensare che il non-niente è niente. Questo pensiero è l'essenza del nichilismo. L'essenza del nichilismo è l'essenza dell'Occidente" (pag. 27 op. cit.)- quando noi leggiamo queste parole, rimaniamo del tutto freddi e indifferenti, e mettiamo questi suoi libri accanto a tutti quelli che parlano di un nichilismo che non esiste, quello fatto esclusivamente di parole che si rincorrono, che partono dal niente per approdare al non-niente che è lo stesso niente! Tutto questo mentre il vero nichilismo, quello fatto non di chiacchiere ma di assurdi comportamenti, sta distruggendo, demolendo, sporcando tutto ciò che rimane ancora da sporcare, demolire e distruggere. Quando lo stesso Severino, poco più avanti, a proposito de "l'infelicità e il nulla" ci dice che "l'infelicità non deriva dunque semplicemente dal pensiero che tutte le cose sono niente… (e per dar sostegno a quanto dice riporta il pensiero n° 72 di Leopardi ("tutto è nulla al mondo), ci verrebbe da dire, con una battuta: ma scusa, perché allora non pensi il contrario di quello che dici? Quando a pag. 168 del testo citato dice che la filosofia ha carattere distruttivo perché tende a distruggere gli eterni e gli immutabili della tradizione, verrebbe da chiedere: ma al posto di quanto avete distrutto, cosa avete messo? Quando poco dopo (pag. 170) aggiunge che "la vera e suprema filosofia è la contemplazione dell'impotenza", beh, verrebbe da dire che, quanto a filosofia, oggi, siamo davvero messi male! Eravamo abituati a vedere nei filosofi gente con le ali, le cui intuizioni prescientifiche sondavano i misteri della Natura, ed oggi ci troviamo di fronte a delle menti chiuse, atrofizzate, ipnotizzate dalla misera esistenza di uomini "sventurati" (parliamo di Nietzsche, di Leopardi, di Dostoevskji e di tanti altri), che hanno saputo trasformare l'infelicità in poesia e facendo passare per filosofia pensieri che nemmeno sfiorano altezze, o se vi piace, profondità. Come si fa a contemplare l'impotenza, quando da qualunque parte si volga lo sguardo non irrompe che Potenza, Vita, Perfezione, Danza, ecc.? Come si può ignorare il La che ha dato vita a tutto questo? Ci dite che è stato il Big-bang? Bene, ma diteci allora: perché questo botto primordiale è accaduto? E di causa in causa vi tempesteremo di "perché?", senza che voi (conoscitori della bugia, e non della verità) potreste rispondere. Che tutto è sogno è stato detto e cantato per millenni, ma se tutto è sogno, non è possibile pensare che per contropartita ci debba anche essere uno stato di risveglio che possa far vedere la "vera" sostanza delle cose? Svegliamoci dunque, ed anziché contemplare impotenze, forse, chissà, potremo contemplare l'opposto; anziché meditare sul Nulla, magari mediteremo sul Tutto, sull'Uno; sulla Vita, anziché sulla morte. Quando lo stesso Severino, nel suo corposo Essenza del nichilismo (vedi pag. 190 - ed. Adelphi), osserva che: "chi condanna la provocazione e la devastazione della natura portate al loro culmine dalla tecnica, non avverte che questa natura è stata portata alla luce proprio per essere così provocata e devastata: non le si fa violenza, perché essa stessa predisposta alla provocazione e alla devastazione"; o quando, poco prima, dice che "la tecnica è diventata oggi la più potente delle forze metafisiche" - quando dice queste cose, Severino ci fa accapponare la pelle, nonostante poi si abbandoni a ricamatissimi discorsi sull' essere, sull' apparire, e via dicendo. Quando un così grande pensatore afferma (vedi pag. 217 op. cit.) che "il nichilismo metafisico, entro cui si svolge la storia dell'Occidente, (sottolineatura nostra) è la traccia della solitudine in cui il popolo d'Occidente ha avvolto la terra", ci fa capire due cose: 1) ha sposato le tesi di Nietzsche; 2) ci vuole dare ad intendere che la solitudine di cui trattasi sia il frutto marcio della metafisica della vera filosofia, e non il veleno distillato da un pensare nichilistico ed un agire nichilistico. Per la metafisica, sottolinea ancora, "l'ente, come tale, è niente", ed in questo affonda la sua tesi. Noi non condividiamo: l'uomo ha scoperto di essere solo, quando, dopo avere distrutto ogni valore; dopo avere sotterrato (!) il morto Dio; dopo aver buttato alle ortiche la metafisica; dopo avere distrutto le fondamenta comuni di tutti gli enti, ha smarrito l'Essere, e si è ritrovato solo nonostante tutti i santi giorni si riunisca coi suoi confratelli nichilisti per osannare il Niente. Anche nella massa chiassosa è solo e disperato, ed assomiglia tanto ad un palloncino sfuggito di mano che va di qua e di là a seconda dei venti. Per colmare il vuoto interiore ed esteriore, quest'uomo sta cercando di creare dei falsi miti, degli idoli, dei "vitelli d'oro", ma l'attoruncolo, il cantantucolo, il filosofetto del nulla, il calciatore arrogante, ecc. (ovviamente non facciamo d'ogni erba un fascio: vi sono un sacco di persone serie e piene di spirito che purtroppo sono minoranza), essendo spesso vuoti, non sono in grado di riempire altri vuoti. E come diceva Michel Ende, il Nulla avanza e gli uomini grigi impazzano. Ed il niente continuerà ad avanzare fintanto che ogni pensatore d'oggi si genufletterà davanti al pensiero di Nietzsche, rinunciando ad ogni originalità. I libri dei nichilisti sono tutti uguali: citazioni a non finire del loro dio (Friedrich Nietzsche); epigrafi ad ogni capitolo del semi-dio Heidegger, che non fa altro che rimasticare il pensiero del filosofo (?) tedesco; e poi, per finire, si citano l'un l'altro, per dar vita ad un brindisi orgiastico di Nulla. Per esempio, Umberto Galimberti come comincial'introduzione del suo (!) "Il tramonto dell'Occidente nella lettura di Heidegger e Jaspers?(titolo di un libro di Oswald Spengler - 1880 / 1936 - il cui sottotitolo era invece: lineamenti di una morfologia di una storia mondiale) Con un pensiero di Heidegger tratto da "lettera sull'umanismo, e da queste parole (appena udite da Severino) "Finisce la fiducia che l'Occidente ha riposto nella sua via, perché, dopo averla percorsa, ne ha avvertito l'essenza nichilistica, che fin dall'inizio l'animava" (pag. 15 op. cit. ed. Feltrinelli), e continua: "nichilismo significa che l'essere è niente, o è pensato e trattato come se fosse niente" (Severino e Galimberti sembra cantino in coro). Di cosa parlerà questo bel libro è facile intuire. Nietzsche è citatissimo. Non so come potrebbero, questi simpatizzanti nicciani, scrivere i loro libri in assenza del pensiero nietzscheano. Basta andare all'indice dei nomi: dopo Platone, il pensatore tedesco è il più citato. Nessuno di questi grandi sfornatori di testi cosiddetti filosofici ha mai accolto il saggio consiglio di Thomas Mann che il buon Franco Volpi riporta nel suo saggio sul nichilismo (vedi pag. 78): "Chi prende sul serio Nietzsche, chi lo prende alla lettera e gli crede, è perduto". (La sottolineatura e il grassetto sono nostri). Lou Salomé, che il Nietzsche frequentò e conobbe, è una delle poche persone ad avere ben capito il pensiero del filosofo tedesco, ed è per questo che le abbiamo dedicato un saggio -"Nietzsche visto da Lou Salomé"- su www.taote.it saggi). Lei non lo ha preso sul serio, ed a nostro parere è riuscita a smascherare la sua pseudo-filosofia. Non si può filosofare come faceva Nostradamus con le sue quartine. I discorsi filosofici sono ben altra cosa. Ecco, diciamo che gli innumerevoli tifosi, estimatori, discepoli, adoratori, seguaci, emulatori, ecc., di Nietzsche si comportano come i commentatori di Nostradamus.
E' il momento di concludere, per non appesantire troppo questo breve saggio. E lo facciamo così:
se per voi nichilisti la vita non ha alcun senso, è perché un senso non glielo avete dato. Avete buttato a mare la bussola con le carte nautiche, e adesso vi lamentate di non avere mete da raggiungere e rotte da seguire. Per favore, uscite dal sottosuolo: la luce è bella! Grazie. Missale Natale, Roma 30 Settembre 2010
Fonte: http://www.taote.it/saggi/origini_del_nichilismo.doc
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Autore del testo: Natale Missale
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