Fisiologia del sistema nervoso

 

 

 

Fisiologia del sistema nervoso

 

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Fisiologia del sistema nervoso

 

Fisiologia del Sistema Nervoso - parte I°
L'impulso nervoso
Introduzione
Il tessuto nervoso è un tessuto eccitabile, ossia capace di modificare la propria differenza di potenziale (ddp) e creare così segnali elettrici (impulsi nervosi) capaci di propagarsi lungo i prolungamenti delle cellule che collegano zone diverse dell'organismo, e fungere così da messaggi.
Gli organismi più semplici non hanno bisogno del sistema nervoso: quando un apparato deve comunicare qualcosa a un secondo apparato immette nel liquido interstiziale una molecola, che prima o poi per diffusione giungerà all'apparato-bersaglio dotato di recettori adatti. Questo è il sistema più semplice e primitivo, ma è ovvio che sia adatto solo agli esseri viventi più semplici.
Un secondo passo, che nella scala evolutiva precede il sistema nervoso, è costituito dall'immissione delle molecole-messaggeri nel sistema circolatorio: in questo caso si ha la certezza che esse raggiungeranno gli organi bersaglio in tempi relativamente brevi (il sistema endocrino agisce in questo modo). L' "ultimo ritrovato" in fatto di comunicazioni tra diverse parti di un organismo è rappresentato dal sistema nervoso, che è immensamente più veloce e più sicuro dei precedenti.
Per mezzo del sistema nervoso l'organo che trasmette e l'organo che riceve le informazioni sono materialmente collegati tra loro dalle fibre nervose, percorse da impulsi elettrici che raggiungono velocità anche superiori a 400 Km/h! Quando l'impulso giunge a destinazione innesca la risposta molecolare tramite una sinapsi.
Depolarizzazione e iperpolarizzazione
La ddp tra l'interno e l'esterno della membrana è di 70 mV (considerando 0 l'esterno, all'interno si misurano -70 mV). Se si stimola elettricamente (con un impulso elettrico o onda quadra) la membrana si possono avere due casi:
- somministrando cariche (-) alla superficie esterna diminuirà la ddp (depolarizzazione) - somministrando cariche (+) alla superficie esterna aumenterà la ddp (iperpolarizzazione)
L'impulso elettrico (o potenziale elettrotonico) somministrato si propaga sulla membrana cellulare diminuendo: esiste infatti una resistenza direttamente proporzionale alla lunghezza da percorrere e inversamente proporzionale all'area della fibra: lo stesso che avviene per la corrente elettrica in un filo. Si dice quindi che l'impulso elettrico subisce le proprietà di cavo.
Nel caso si crei una iperpolarizzazione con impulsi dalla ddp crescente si ottiene lo stesso risultato più o meno amplificato. Nel caso si crei una depolarizzazione si hanno due comportamenti completamente diversi, a seconda che si superi la ddp di soglia oppure no. Se si resta al di sotto del livello soglia si ha un comportamento qualitativamente simile a ciò che avviene con l'iperpolarizzazione. Se si varca il limite di soglia si innesca un fenomeno detto potenziale di azione.
Il potenziale d'azione
Il potenziale d'azione ha tre importanti caratteristiche:
- il suo valore non cambia in funzione della ddp che lo ha innescato
- non subisce le proprietà di cavo (si trasmette inalterato lungo la membrana cellulare)
- nel periodo nel quale avviene il potenziale viene sospesa l'azione delle pompe Na+/K+
Il potenziale d'azione ha la seguente configurazione: inizialmente (da -70 mV alla soglia -50 mV) ha la forma di una sinusoide (nel disegno schematizzata con una linea a 45°).
Superata la soglia in 1 o 2 millisecondi si verifica un picco che tocca quota +20 mV circa (depolarizzazione) e subito dopo scende a -80 mV (iperpolarizzazione), per poi riassestarsi nuovamente sui -70 mV, in tempi relativamente lunghi: 50 o 100 msec.
Durante l'iperpolarizzazione la membrana è meno eccitabile rispetto alla situazione di riposo, infatti durante quel periodo bisognerebbe passare per esempio da -80 a -50 invece che da -70 a -50. Il periodo di iperpolarizzazione è detto quindi periodo refrattario relativo:.
Il periodo durante il quale l'impulso supera gli 0 mV (periodo di overshoot) è detto periodo refrattario assoluto, in quanto non è possibile provocare in quel periodo alcun potenziale d'azione.
Nel grafico è anche indicata la conduttanza degli ioni Na+ e K+ durante il periodo del potenziale. Si noti che la conduttanza di Na+ segue il grafico del potenziale d'azione nella sua fase di depolarizzazione, mentre la conduttanza di K+ aumenta nel periodo successivo alla depolarizzazione. Questa differenza tra i comportamenti di Na+ e K+ è indispensabile alla "vita" del potenziale (vedi § successivo).
NB: la conduttanza è una misura di permeabilità.
Il ciclo di Hodgin
Il fatto che il potenziale d'azione non subisca le proprietà di cavo è dovuto al fatto che esso è "mantenuto" dal ciclo di Hodgin, che consta di tre passaggi principali:
a) se la depolarizzazione supera la soglia oltre a formare il potenziale d'azione apre i canali a controllo di potenziale
b) si verifica una migrazione di ioni attraverso i canali: l'entrata di Na+ supera grandemente la lenta fuoriuscita di K+ (Lo sfasamento tra i movimenti di Na+ e K+, che si vede nel grafico, è indispensabile alla vita del potenziale d'azione).
c) l'aumento della concentrazione di ioni Na+ provoca una ulteriore depolarizzazione, che riporta al punto (a) il ciclo.
Il ciclo si interrompe (tra i punti a e b) quando sono entrati ioni Na+ a sufficienza: essi infatti hanno colmato il gradiente elettrico e di concentrazione e non hanno più "motivo" di entrare. (grafico: picco a +20 mV)
Quando Na+ si è fermato K+ continua a uscire per "inerzia": ciò fa sì che la membrana vada incontro ad un processo di iperpolarizzazione (grafico: zona a -80 mV). Quando anche K+ smette di uscire le pompe sodio-potassio ricominciano a funzionare e ristabiliscono i valori di concentrazione iniziale dei due ioni (grafico: -70 mV). E' quindi questa differenza tra i comportamenti degli ioni Na+ e K+ che rende possibile il mantenimento del potenziale d'azione. Se gli ioni Na+ entrassero e gli ioni K+ uscissero contemporaneamente non potremmo avere nè la depolarizzazione nè l'iperpolarizzazione, cioè non avremmo un potenziale d'azione.
La propagazione del potenziale d'azione
Conduzione punto a punto - Il potenziale d'azione nel periodo di overshoot provoca un'inversione di carica nella zona della membrana interessata dalla sua presenza. Ciò provoca una ulteriore depolarizzazione* che superata la soglia provoca un "nuovo" potenziale d'azione in una zona adiacente. Il potenziale d'azione si propaga quindi come una vibrazione su una corda tesa (NB: senza attenuarsi, però).
(*) La depolarizzazione avviene con meccanismo speculare su entrambe le facce della membrana. Consideriamo la faccia esterna. Essa è normalmente positiva(++++). Poichè per il breve tratto interessato dal potenziale d'azione ci sono delle cariche negative (- - - ), esse neutralizzeranno le cariche positive, e ciò provocherà una depolarizzazione (xxxx).
Il potenziale d'azione non torna indietro poiché lascia dietro di sè un membrana iperpolarizzata (-80 mV) per un periodo di tempo sufficientemente lungo. Si tratta quindi di una propagazione orto-dromica.
La conduzione saltatoria - Poichè le ramificazioni delle cellule nervose sono spesso ricoperte da una guaina mielinica isolante (interrotta a intervalli regolari, detti nodi di Ranvier) si è sviluppato un secondo metodo di conduzione: la conduzione saltatoria. Essa si basa sullo stesso principio della depolarizzazione, con la differenza che la depolarizzazione si fa "sentire" da un nodo di Ranvier all'altro, saltando quindi i tratti di fibra ricoperti dalla guaina mielinica (isolati elettricamente, quindi). Questo tipo di conduzione è più veloce della conduzione punto a punto, e può superare i 400 km/h.
Le sinapsi
Ci sono tre modi di trasmettere il potenziale d'azione da una cellula all'altra: la sinapsi molecolare, la sinapsi chimica ed il recettore. La sinapsi chimica è il metodo meno usato: tra i due neuroni c'è uno spazio molto limitato e pieno di ioni, cosicché l'impulso riesce a passare da una cellula all'altra.
La sinapsi molecolare è molto più frequente, e consiste in una struttura specializzata nel collegare due cellule nervose (un discorso analogo vale per i tessuti muscolari). E' costituita da:
- l'estremità del neurite della cellula di partenza fornito di un bottone, detto pre-sinaptico, contenente delle vescicole con Acetilcolina (Ach), una sostanza neuro-trasmettitrice
- uno spazio sinaptico, molto limitato
- la membrana della cellula di arrivo, detta post-sinaptica. La membrana di questa cellula nelle vicinanze della sinapsi presenta un ingrossamento.
Nota - L'acetilcolina Ach è costituita dalla colina e da un radicale acetico. Questi due composti sono di norma presenti nello spazio sinaptico, quando ce n'è bisogno vengono catturati dal bottone pre-sinaptico che provvede in loco alla loro unione. Altre volte è possibile che l'acetilcolina venga sintetizzata nel corpo cellulare per poi venir' trasferita al bottone tramite il flusso citoplasmatico anterogrado (dal corpo alla periferia). Per completezza diciamo che esiste anche un flusso minore che va dalla periferia al corpo cellulare, detto flusso citoplasmatico retrogrado.
Il potenziale d'azione viaggia sempre dal bottone pre-sinaptico alla membrana post-sinaptica. Nei prossimi paragrafi vengono analizzate in maniera più approfondita le varie fasi di trasmissione dell'impulso, dal bottone pre-sinaptico alla membrana post-sinaptica.
a - L' uscita dell'acetilcolina dalle vescicole
Quando il potenziale d'azione raggiunge il bottone pre-sinaptico con la sua carica fa aprire dei canali a ddp specifici per il Ca++, che entra* nel neurone. Per comprendere l'importanza del Ca++ bisogna ricordarsi che:
- la membrana cellulare è caricata negativamente al suo interno - l'Ach è caricata positivamente, ma stà all'interno delle vescicole, cosicché - le vescicole sono caricate negativamente all'esterno, quindi
il Ca++ viene attratto sia dalle vescicole che dalla membrana, e quindi viene a formarsi un collegamento membrana-calcio-vescicole, con Ca++ che funge da ponte. Per essere precisi un piccolo aiuto viene fornito anche dalla momentanea inversione di polarità della membrana (periodo di overshoot): in quel momento infatti l'interno della membrana è positivo e l'esterno delle vescicole è, come al solito, negativo: si ha quindi attrazione. L'overshoot però è così breve che può dare solo una "spinta" alle vescicole, che vengono poi trattenute dagli ioni Ca++.
Una volta che le vescicole sono in vicinanza della membrana si aprono e liberano nello spazio sinaptico l'acetilcolina. Nel frattempo le pompe ioniche dappertutto presenti espellono gli ioni Ca++ e riportano il bottone pre-sinaptico in condizione di riposo.
(*) Perchè gli ioni Ca++ tendono ad entrare nella cellula se, come abbiamo detto nel § I canali a controllo di ligando e a controllo di potenziale, essi sono più concentrati all'interno della cellula? La risposta a questa apparente contraddizione è che gli ioni Ca++ intracellulari sono racchiusi in vescicole, non sono liberi nel citoplasma. Se si confronta la concentrazione di ioni Ca++ liberi all'interno della cellula e all'esterno della cellula, si osserva che essi sono più concentrati all'esterno. Per questo motivo tendono a entrare, una volta che i canali specifici sono stati aperti.
b1 - I recettori nella membrana post-sinaptica di sinapsi eccitatoria
Sinapsi eccitatoria: in sigla PPSE (italiano) o EPSP (inglese) Nella membrana post-sinaptica di sinapsi eccitatoria ci sono dei canali a controllo di ligando Ach, che si aprono non appena l'Ach viene liberata dalle vescicole. Attraverso i canali aperti passano vari ioni (si tratta di canali non selettivi per quanto riguarda gli ioni) che generano un potenziale elettrotonico, che subisce le proprietà di cavo. Non si genera un potenziale d'azione perché essendo i canali non selettivi non c'è lo sfasamento nel passaggio Na+ e K+ (vedi § Il ciclo di Hodgin).
Dopo che l'Ach ha aperto i canali a controllo di ligando viene demolita dall'enzima Ach-esterasi, presente nei canali a controllo di ligando, cosicché essi si richiudono prontamente (non essendoci più Ach "intera") e sono pronti al prossimo impulso.
b2 - I recettori nella membrana post-sinaptica di sinapsi inibitoria
Sinapsi inibitoria: in sigla PPSI (italiano) o IPSP (inglese) Nella membrana post-sinaptica di sinapsi inibitoria ci sono dei canali che lasciano passare solo K+. Il passaggio degli ioni potassio crea quindi un periodo di iperpolarizzazione.
c - Il potenziale d'azione nella membrana post-sinaptica
Se il potenziale elettrotonico, che ricordiamolo subisce le proprietà di cavo, riesce a superare la zona di membrana che possiede i canali visti ai punti precedenti e raggiunge una zona di membrana normale, con la sua carica riesce ad attivare un potenziale d'azione e il relativo ciclo di mantenimento di Hodgin. Si ha quindi che il potenziale d'azione si è trasferito dalla prima cellula alla seconda.
Il che zona specifica della seconda cellula si attiverà il potenziale d'azione? Nel caso la sinapsi sia su un dendrite il potenziale d'azione potrebbe svilupparsi lì, ma poiché i dendriti sono piccoli e hanno quindi elevata resistenza il potenziale elettrotonico non ce la fa a sviluppare un potenziale d'azione in loco.
Così più potenziali elettrotonici (vedremo in seguito che un neurone ha più sinapsi) giungono al corpo cellulare: esso è molto grande in confronto ai dendriti, e quindi ha una resistenza molto piccola. Però ha anche una elevata capacità, quindi neanche qui i potenziali elettrotonici riescono a raggiungere il valore soglia. Giunti nel cono assonico, che per le sue caratteristiche possiede un giusto rapporto resistenza/ capacità, i potenziali elettrotonici raggiungono il valore soglia e scatenano il potenziale d'azione.
d - La propagazione del potenziale d'azione
Una volta che il potenziale d'azione si è sviluppato si propaga in tutte le direzioni, come le onde di un sasso gettato nell'acqua. Si propaga quindi lungo l'assone ma anche verso il corpo cellulare e i dendriti. Lì (come nell'assone) tra le altre cose provoca una depolarizzazione, che impedisce per qualche millisecondo la ricezione di altri potenziali elettrotonici. Questo però non è un grosso inconveniente.
Il potenziale d'azione : un segnale binario
Il potenziale d'azione è un segnale binario, ossia che possiede un'unica intensità che non può essere variata. Esso però deve dare informazioni "graduate": per esempio deve suggerire ai muscoli contrazioni più o meno forti, o deve trasportare stimoli sensitivi più o meno intensi. Questa varietà di informazioni viene descritta dalla frequenza dei potenziali d'azione, che a differenza della loro intensità può variare notevolmente. (Per frequenza si intende: numero di potenziali d'azione creati/ unità di tempo). Ad una frequenza maggiore di potenziali d'azione corrisponderà una reazione più decisa.
Poichè la durata dei potenziali d'azione più veloci non supera il millisecondo sarebbe teoricamente possibile che un neurone scarichi mille potenziali d'azione in un secondo. Biologicamente però la frequenza di scarica va da 1 a 400 potenziali al secondo. Poichè le intensità delle sollecitazioni vengono tradotte in potenziali d'azione più o meno frequenti segue che non è possibile tradurre in maniera appropriata sollecitazioni che richiederebbero meno di 1 o più di 400 potenziali d'azione al secondo.
La figura mostra più potenziali d'azione che si originano uno dietro l'altro, finché la curva "portante" del potenziale elettrotonico resta sopra i - 50 mV. Quindi maggiore è l'intensità dell'onda portante (varie onde elettrotoniche possono sommarsi, aumentando di intensità o ampiezza) maggiore sarà la frequenza dei potenziali 'azione da essa generati.
Attenzione a non confondere l'intensità (ampiezza) dell'onda portante con la sua durata (che nel grafico appare, sull'asse X, some una lunghezza). L'intensità è responsabile dell'aumento della frequenza dei potenziali; la durata invece è responsabile del prolungarsi del fenomeno dei potenziali. Nella figura sottostante vediamo, a sinistra, una curva molto intensa e relativamente breve, a destra una curva poco intensa e più lunga. Nel primo caso i potenziali durano poco, ma sono molto frequenti, nel secondo caso i potenziali durano di più ma sono poco frequenti.
L'utilità delle sinapsi
Gli aspetti delle sinapsi fin qui esaminati non ne mettono in evidenza i grandi vantaggi. Innanzitutto si consideri che un neurone non riceve mai una sola sinapsi ma ne riceve fino a un milione, infatti poche sinapsi con i loro potenziali d'azione non riuscirebbero a ricreare un potenziale d'azione nella cellula post-sinaptica. Questo fatto è molto importante poiché permette alla corteccia cerebrale di amplificare o attenuare le informazioni che dalla periferia si muovono verso di lei.
Amplificazione - Consideriamo un neurone x al quale arrivano un certo numero di neuroni sensitivi periferici da una zona x , che in quel momento portano un numero troppo piccolo di potenziali d'azione. Essi non riescono ad attivare il potenziale d'azione nel neurone x che giunge fino alla corteccia: diciamo che hanno un deficit di alcuni mV. La corteccia quindi non può sapere cosa stà accadendo nella zona x. Allora la corteccia (che è collegata al neurone x anche attraverso vie discendenti) manda degli impulsi alle sinapsi eccitatorie tali da colmare il deficit precedente, cosicché si svilupperà il potenziale d'azione nel neurone x e si potranno avere le informazioni volute.
Attenuazione - Consideriamo un neurone x al quale arrivano un cero numero di neuroni sensitivi periferici di un dito, che in quel momento portano troppi potenziali d'azione. La corteccia quindi vuole attenuare (o eliminare) il segnale che la raggiunge: essa manda degli impulsi alle sinapsi inibitorie tali da creare un deficit , cosicché si attenuerà (si bloccherà) il potenziale d'azione nel neurone x e si avranno meno (o nessuna) informazione.
Riassunto
- La quantità di acetilcolina rilasciata è direttamente proporzionale alla frequenza dei potenziali d'azione pre-sinaptici - L'ampiezza del potenziale elettrotonico post sinaptico è direttamente proporzionale alla quantità di acetilcolina rilasciata - La frequenza dei potenziali d'azione post-sinaptici è direttamente proporzionale all'ampiezza del potenziale elettrotonico post-sinaptico - Quindi la frequenza dei potenziali d'azione post sinaptici è direttamente proporzionale alla frequenza dei potenziali d'azione pre sinaptici.
I recettori
Un recettore consiste in una membrana capace di creare dei potenziali elettrotonici eccitatori quando è investita da una certa forma di energia. Diversi tipi di recettori riconoscono ognuno un diverso tipo di energia. I recettori si possono suddividere in vari modi.
Suddivisione a seconda della distanza recettore-fonte di energia
- esterocettori rilevano energia proveniente dall'esterno (tatto...) rilevano energia proveniente dall'esterno e lontano (vista, udito) - enterocettori rilevano energia proveniente dall'interno del corpo (visceri) - propriocettori rilevano energia proveniente dall'interno del corpo (muscoli ecc)
Suddivisione anatomica
- recettori del 1° tipo hanno la membrana in comunicazione col corpo del neurone centrale
- recettori del 2° tipo fatti da 2 cellule - un vero recettore in periferia - il corpo nel midollo spinale o nel cranio
- recettori del 3° tipo fatti da 3 cellule
La trasduzione dell'energia
I recettori trasformano l'energia che li raggiunge in potenziali d'azione. Uno stimolo è adeguato quando riesce a far variare il potenziale di membrana del recettore. A seconda dei vari tipi di recettori si possono avere stimoli meccanici, luminosi eccetera. I recettori non possono dare origine a fenomeni inibitori, ma solo a stimoli eccitatori.
Prendiamo in considerazione un particolare recettore, chiamato corpuscolo di Pacini. Esso costituisce la terminazione nevosa recettoriale di un ganglio spinale. Il suo compito è quello di generare un potenziale d'azione, partendo da una stimolazione meccanica (es: compressione).
A t=0sec iniziamo a comprimere leggermente il recettore. Manteniamo la stessa pressione per 5 sec e per t=5 sec smettiamo di comprimere. Il corpuscolo di Pacini originerà due potenziali d'azione: uno a t=0 e l'altro a t=5. Egli cioè manda informazioni solo sui cambiamenti di energia: se l'energia resta costante al passare del tempo (dE/dt = 0) non viene creato alcun potenziale d'azione.
Ciò è dovuto al fatto che una pressione leggera continuata e costante è trascurabile, cosicché sarebbe inutile (se non dannoso) bombardare continuamente la corteccia cerebrale con informazioni superflue (in natura viene sempre seguito il principio del minimo consumo di energia e tutto ciò che non è strettamente necessario viene eliminato).
Se la pressione è costante ed è più notevole ci sono altri recettori che hanno il compito di comunicare il suo persistere alla corteccia cerebrale. La differenza tra questi due comportamenti potrebbe essere dovuta alla presenza o all'assenza di una capsula di tessuto connettivo alla estremità del recettore.
Il comportamento dei recettori si può dividere quindi così:
- recettori fasici (ad adattamento rapido), possono segnare:
- l'inizio o la fine della compressione - entrambe le cose (es: corpuscoli di Pacini)
- recettori tonici (ad adattamento lento), segnano il perdurare di un fenomeno costante
- recettori via di mezzo tra fasici e tonici, segnano il perdurare di un fenomeno con potenziali d'azione via via più rari al passare del tempo.
Le informazioni che provengono dagli enterocettori (che sono tonici) non sono sensazioni coscienti, ossia le informazioni non vengono portate fino alla corteccia cerebrale. Fanno eccezione gli enterocettori dolorifici, che provocano sensazioni coscienti. I propriocettori (es: situazione delle articolazioni e dei muscoli) generano sensazioni poco-coscienti, nel senso che bisogna prestare attenzione per rendersi conto delle informazioni da loro portate. In tutti i casi, se lo stimolo (pressione, luce ecc) non è sufficiente non viene generato alcun potenziale d'azione.
Un altro esempio può essere un propriocettore muscolare, o recettore di stiramento, detto anche fuso neuromuscolare. La fibra nervosa di questo recettore è solidale con le fubre muscolari così, quando esse si stirano, stirano anche le fibre nervose che danno origine così a dei potenziali d'azione. Più è notevole la distensione più sarà alta la frequenza dei potenziali d'azione.

 

Fisiologia del Sistema Nervoso - parte II°
Introduzione - il midollo spinale
Il midollo spinale è una importante struttura che coordina le informazioni in arrivo e in partenza dai nervi afferenti ed efferenti. Esso è organizzato in segmenti funzionali, ossia ad ogni segmento di midollo spinale corrisponde un preciso segmento (fascia) del nostro corpo, questi segmenti che riguardano la cute e i muscoli sono chiamati rispettivamente dermatomeri e miomeri.
I riflessi spinali
Un riflesso è un atto motorio involontario conseguente ad uno stimolo adeguato. Ci sono vari tipi di riflessi spinali, che possono essere classificati in vari modi. Considerando ad esempio considerare il numero delle sinapsi coinvolte si possono distinguere:
- riflessi monosinaptici: la fibra afferente stessa si connette con i motoneuroni alfa - riflessi disinaptici: tra il neurone afferente e quello efferente è interposto un inter-neurone - riflessi polisinaptici : possiedono tre o più sinapsi, ovviamente sono più complessi dei precedenti e danno origine a riflessi più articolati, più graduabili e meno potenti.
Tutti i neuroni afferenti, quando giungono al midollo spinale presso le corna posteriori, danno origine ad una fibra ascendente (che può giungere alla corteccia o no), i neuron i che originano i riflessi prendono anche contatti con le corna anteriori.
Iniziamo col vedere come sia costituito un riflesso monosinaptico.
Il riflesso monosinaptico
Il processo che dà origine ad un riflesso monosinaptico parte sempre da un particolare recettore, detto fuso neuromuscolare. Esso è costituito da un piccolo fascio di fibre muscolari separate dalle altre fibre per mezzo di una capsula connettivale. Le fibre del fuso neuromuscolare sono parallele a tutte le altre, hanno lo stesso colore e sono quindi difficilmente distinguibili.
La guaina connettivale presenta un rigonfiamento, detto borsa equatoriale, contenente una fibra nervosa, detta terminazione anulo-spirale, avvolta a spirale attorno alle fibre muscolari. Essa è la terminazione periferica di una cellula a T, che ha il prolungamento centrale nelle corna posteriori del midollo spinale.
Il prolungamento centrale raggiunge direttamente gli alfa-motoneuroni delle corna anteriori (si tratta infatti di un riflesso monosinaptico) da dove parte la fibra efferente. Le fibre afferenti (dal fuso al midollo) che trasportano gli impulsi per il riflesso monosinaptico sono tra le più grosse: hanno un diametro di circa 20 micron e il potenziale d'azione le percorre a 120 m/sec.
Si usa dividere le fibre a seconda del loro diametro in 4 tipi: il primo tipo sono le più grosse, il quarto tipo le più sottili. Quindi le fibre del riflesso monosinaptico (fuso > midollo) sono del I° tipo, e per distinguerle da altre fibre grosse ma che hanno altre funzioni vengono dette I°tipo - A.
Il fuso neuromuscolare è un propriocettore sensibile allo stiramento meccanico. Quindi più è stirato il muscolo più frequenti sono i potenziali d'azione generati dal fuso che si trova nel muscolo stesso. In questo modo in sistema nervoso centrale può controllare il grado di stiramento del muscolo. (In particolare più è stirata la terminazione anulo-spirale più frequenti sono i potenziali d'azione.)
Il fuso neuromuscolare e la contrazione
Quando un muscolo viene contratto anche le fibre del fuso neuromuscolare si accorciano, cosicché la terminazione anulo-spirale non è soggetta ad alcuna forza di trazione, e non manda alcun segnale.
Per rimediare a questo problema di assenza di informazioni l'organismo possiede il seguente sistema: nelle corna anteriori del midollo spinale ci sono dei motoneuroni detti gamma che innervano le fibre muscolari del fuso neuromuscolare, analogamente agli alfa neuroni che innervano il muscolo vero e proprio. Quando gli alfa neuroni fanno contrarre il muscolo anche i gamma neuroni si attivano e fanno contrarre le fibre muscolari del fuso neuromuscolare, cosicché la terminazione anulo-spirale risulta comunque in tensione, ed è quindi capace di fornire informazioni.
Come distinguere diverse situazioni di contrazione e di riposo
Nel caso il muscolo sia a riposo il fuso neuromuscolare invia con una certa frequenza (che definiamo standard) delle informazioni al SNC.
Nel caso il muscolo sia stirato il fuso neuromuscolare invia le informazioni con frequenze direttamente proporzionali al grado di stiramento. Non è possibile confondere quindi una situazione di riposo con una di stiramento: lo stiramento provocherà potenziali d'azione molto più frequenti del valore standard.
Nel caso il muscolo sia contratto può accadere che la frequenza delle informazioni generate dalla terminazione neuro-muscolare sia molto simile alla frequenza standard, Il sistema nervoso centrale ha quindi bisogno di altre informazioni per poter distinguere lo stato di contrazione dallo stato di riposo.
In presenza di potenziali d'azione (dal fuso) con frequenza standard, il SNC controlla la frequenza con cui i gamma motoneuroni stanno lavorando: se i gamma motoneuroni sono inattivi (frequenza zero) significa che ci si trova in uno stato di riposo, se invece stanno facendo contrarre il fuso neuromuscolare (frequenza diverse da zero) significa che ci si trova in una condizione di contrazione.
Ma questa non è l'unica informazione che si può ottenere controllando i gamma neuroni, infatti poiché:
- maggiore è la contrazione del muscolo maggiore deve essere la contrazione del fuso (per ottenere la frequenza standard)
- la contrazione del fuso dipende dalla frequenza a cui lavorano i gamma-neuroni, si ha che: il SNC controllando la frequenza dei gamma-neuroni può ottenere precise informazioni sul grado di contrazione del muscolo.
NB: contrazione non è sinonimo di tensione. Un muscolo si dice contratto quando è più corto della sua lunghezza di riposo. Un muscolo si dice teso quando è sotto sforzo, ma contemporaneamente può mantenere la sua lunghezza di riposo (contrazione isometrica). Un muscolo di dice stirato quando è più lungo della sua lunghezza di riposo.
I muscoli antigravitari e i neuroni gamma
Il muscoli antigravitari, che sono sempre attivi (fatta eccezione per quando si è distesi) richiedono e inviano un numero elevatissimo di informazioni e stimoli. Le informazioni da e per essi rappresentano più del 70% del traffico totale delle vie nervose. Se tutto questo traffico di informazioni fosse sopportato dalle vie cervello - alfa motoneuroni, esse risulterebbero sempre "intasate" e avrebbero ben poco tempo per svolgere le loro altre funzioni. Per alleggerirle quindi il SNC sfrutta le vie cervello - gamma motoneuroni
Quando il SNC attiva i gamma motoneuroni essi stirano la terminazione anulo-spirale che quindi manda tramite le fibre I°A delle scariche, che raggiungono direttamente gli alfa motoneuroni (si attiva il riflesso monosinaptico) che poi contraggono il muscolo.
In questo processo quindi le vie di collegamento cervello - alfa motoneuroni restano "libere" per altri scopi. Il grande vantaggio di contattare i gamma motoneuroni invece che gli alfa motoneuroni stà nel fatto che i primi sono molto meno numerosi dei secondi, cosicché il compito di mantenere il tono dei muscoli gravitari appare enormemente semplificato.
L'inibizione reciproca
Poichè ogni articolazione possiede almeno due muscoli (uno antagonista dell'altro) quando si fa contrarre un muscolo è utile far diminuire la tensione del suo antagonista, cosicché il movimento non sia impedito. Ciò si verifica per mezzo della inibizione reciproca.
Quando il fuso neuromuscolare di un muscolo viene stirato esso manda dei potenziali d'azione al midollo spinale. Come abbiamo visto prima la fibra proveniente dal fuso si connette all'alfa motoneurone del proprio muscolo. Essa però manda anche una fibra secondaria che, tramite un interneurone inibitorio, blocca tramite iperpolarizzazione l'alfa motoneurone del muscolo antagonista, cosicché esso non ha nessuna possibilità di contrarsi.
L'inibizione ricorrente
L'inibizione ricorrente ha la stessa funzione dell'inibizione reciproca. Consideriamo una fibra che si connette all'alfa motoneurone di un certo muscolo. Questa fibra trasporta l'ordine di contrarre quel muscolo. L'alfa motoneurone, percorso da potenziali d'azione, prima di uscire dal midollo spinale manda una derivazione secondaria che tramite un interneurone inibitore inibisce l'alfa motoneurone del muscolo antagonista, cosicché esso non ha alcuna possibilità di contrarsi.
L'inibizione laterale
L'inibizione laterale riguarda la sensibiltà, e serve per far arrivare all'encefalo delle informazioni chiare e "pulite". Consideriamo tre fibre afferenti che terminano una affianco all'altra nella corteccia. Se è la fibra di mezzo a portare le informazioni (potenziali d'azione ad alta frequenza) l'attività fisiologica (potenziali d'azione a bassa frequenza) delle fibre vicine potrebbe provocare delle "interferenze".
Per evitare che ciò accada la fibra centrale (che è collegata tramite delle ramificazioni alle fibre adiacenti) manda degli impulsi che le inibiscono, cosicché viene eliminato il "rumore di fondo" da esse provocato, e la corteccia riceve solo le informazioni dalla fibra centrale, senza possibilità di errore (ossia: individua perfettamente da quale fibra e quindi da quale esatta parte del corpo giungono le informazioni).
Ovviamente questo sistema di inibizione laterale collega tutte le fibre vicine: ogni fibra possiede della ramificazioni (divergenza) che raggiungono le altre fibre e ogni fibra è raggiunta da più diramazioni provenienti da altre fibre (convergenza) in modo che a seconda del caso ogni fibra possa neutralizzare le altre o venir neutralizzata, in modo che al cervello provenga solo l'informazione voluta, senza il "rumore di fondo" provocato dalle fibre vicine.
L'interneurone di Renshow
Se un "ordine" di compiere un movimento di breve durata "passa" con il suo potenziale d'azione attraverso un neurone x, l'interneurone di Renshow si occupa di inibire il motoneurone x appena lo stimolo è terminato, rendendo impossibile un eventuale attivazione non voluta*. La fibra del motoneurone x che va verso la periferia infatti possiede una diramazione che, tramite un interneurone inibitorio (detto di Renshow), si riporta al nucleo inibendolo non appena essa è stata percorsa da un potenziale d'azione.
(*) come può avvenire che il neurone x venga attivato "per sbaglio"? Tutti i neuroni, come abbiamo visto in maniera semplificata nel paragrafo precedente, sono collegati tra loro da un complesso sistema di fibre inibitorie. In questo meccanismo può avvenire che i neuroni che devono inibire il neurone x siano stati a loro volta inibiti da chissà quali altri neuroni, cosicché non possono inibire x!
Il riflesso disinaptico
Il riflesso disinaptico è un riflesso inibitorio che agisce tramite un interneurone. E' anche detto riflesso mitotico inverso poiché alla attivazione del recettore segue la inibizione del muscolo (nel riflesso mitotico semplice alla attivazione del recettore segue l'eccitazione del muscolo).
Il recettore periferico, detto di Golgi, dal quale parte il riflesso disinaptico è un meccanocettore da stiramento (sensibile quindi a contrazione ed allungamento del muscolo). Questo recettore però è diverso dal recettore del fuso neuromuscolare. Si tratta infatti di una terminazione nervosa libera, situata al confine tra tendine e muscolo (la zona di confine tra tendine e muscolo è ancòra allungabile: se il recettore fosse situato tutto nel tendine che è rigido non potrebbe sentire alcun allungamento). Le fibre che dal recettore giungono al midollo spinale sono dette di tipo I°B: si tratta quindi di fibre dal diametro notevole, ma differenti da quelle del fuso neuromuscolare (I°A).
La fibra I°B si connette, tramite un interneurone inibitorio, all'alfa motoneurone del suo stesso muscolo, che quando I°B porta potenziali d'azione viene inibito. Il recettore di Golgi ha bisogno di sollecitazioni notevoli (= soglia elevata) per essere attivato. La sua utilità non è totalmente chiara, ma si pensa che possa servire per "difendere" muscoli e tendini da tensioni eccessive: infatti l'attivazione di questo recettore provoca una improvvisa e totale sospensione dell'attività di contrazione del muscolo.
Il messaggio proveniente dalla I°B può essere modificato prima di giungere all'alfa-motoneurone: quando la fibra I°B entra in sinapsi con l'interneurone entra anche nella rete di inibizioni laterali, ed è possibile che in determinate condizioni venga modificata la sua frequenza di scarica, cosicché si avranno frequenze diversa anche sull'alfa motoneurone e quindi diversi comportamenti del muscolo*.
(*) Si tenga presente che queste interazioni possono avvenire teoricamente. In pratica solitamente non avvengono, poiché in caso contrario verrebbe meno la capacità del recettore di Golgi di "difendere" il muscolo.
I riflessi polisinaptici
Per riflessi polisinaptici intendiamo tutti i riflessi che si originano attraverso un sistema che possieda più di due sinapsi. Per sapere quante sinapsi ci siano tra la fibra afferente e il motoneurone si considera il tempo totale che trascorre tra l'attivazione del recettore e l'inizio dell'effetto (contrazione del muscolo, per esempio). Conoscendo quindi il tempo totale, la velocità di conduzione nelle fibre afferenti ed efferenti e la loro lunghezza possiamo calcolare il tempo netto che l'impulso spende nel passare da una sinapsi all'altra. Poichè per passare da una sinapsi all'altra l'impulso ha bisogno di 0.5 millesimi di secondo possiamo ottenere (mediante il rapporto tempo netto (msec)/0.5 msec) il numero delle sinapsi.
I riflessi polisinaptici causano le flessioni degli arti, volontarie e involontarie. I loro recettori sono recettori cutanei dolorifici o nocicettori, sono costituiti da fibre nervose libere. Le fibre che dai recettori raggiungono il midollo spinale:
- danno origine ai fasci spino-talamici, - intrattengono rapporti polisinaptici eccitatori ed inibitori con gli alfa motoneuroni, e quindi - promuovono l'attivazione dei muscoli flessori (i cui alfa motoneuroni si occupano di inibire gli antagonisti).
Maggiore è lo stimolo trasmesso dai nocicettori maggiore sarà il numero di muscoli flessori coinvolti (si dice che aumenta il "reclutamento" di muscoli flessori). Se lo stimolo è molto intenso il reclutamento si estende anche all'arto controlaterale dell'arto interessato allo stimolo. Ciò serve essenzialmente a far mantenere l'equilibrio al soggetto, equilibrio che potrebbe venir meno a causa dell'improvviso spostamento di un arto.
NB: se un arto si flette, l'eventuale reclutamento dell'arto controlaterale provoca un estensione dell'arto, non una flessione, se nò l'equilibrio invece di essere ristabilito diverrebbe ancora più precario).
In un animale quadrupede possiamo quindi schematizzare il reclutamento in questi termini:
a) la zampa anteriore destra si flette improvvisamente dopo aver urtato un oggetto appuntito b) la zampa anteriore sinistra di conseguenza si estende c) la zampa posteriore sinistra si flette (come la anteriore destra) d) la zampa posteriore destra si estende (come la anteriore sinistra).
Si vede quindi che viene sempre rispettata la regola dell'arto controlaterale che si comporta in modo opposto.
Il SNC sfrutta queste connessioni polisinaptiche per far muovere l'organismo (deambulazione). Infatti, il discorso è simile a quello fatto per i muscoli antigravitari e i neuroni gamma: il SNC dovrebbe intasare le vie cervello - alfa neuroni per dare tutte le informazioni necessarie alla deambulazione, invece esso si occupa solo di dare "il via" al meccanismo sopra visto (quadrupede), certo che i neuroni polisinaptici porteranno a termine tutto il meccanismo necessario al movimento.
Conclusione
E' opportuno trarre le conclusioni di quanto fatto finora, aggiungendo, quando ce ne sia bisogno, qualche nuovo concetto.
I nervi periferici, il midollo spinale e il cervello interagiscono nel produrre, elaborare e codificare le informazioni sensitive, per poi far seguire ad esse dei comandi motori. Le informazioni sensitive infatti rendono possibile la ricezione delle sensazioni, il controllo motorio, lo stato di vigilanza (contrario a quello di sonno).
Le informazioni sensitive e le loro vie nervose possiedono varie caratteristiche:
1 - tipo 2 - intensità 3 - durata (determinati dai recettori: lento o veloce adattamento) 4 - si originano, viaggiano e terminano in zone ben precise (quindi: sono organizzate topograficamente). Non solo le sensazioni di diversi tipi possiedono vie diverse, ma anche sensazioni dello stesso tipo provenienti da zone diverse possiedono vie proprie. 5 - Sono organizzate in serie e in parallelo
Qui di seguito vengono approfonditi alcuni degli aspetti sopra elencati:
1 - questi sono i vari tipi di sensazioni:
Modalità Stimolo Recettori Recettori
Tatto E. meccanica meccanocettori meccanocettori Udito E. sonora cellule cigliate meccanocettori Equilibrio E. meccanica cellule cigliate meccanocettori Gusto E. chimica calici gustativi chemocettori Olfatto E. chimica neuroni olfattivi chemocettori Vista E. luminosa coni e bastoncelli fotorecettori
Somestesia E. meccanica terminazioni dei nuclei meccanocettori E. termica gangliari della radice termocettori E. meccanica (dolore) dorsale del midollo spinale nocicettori
E. = energia Somestesia = studio dei sistemi sensitivi
2 - L'intensità di una sensazione dipende dalla forza dello stimolo che la provoca. Il fatto che noi riconosciamo più o meno chiaramente una certa sensazione dipende dalla sua intensità e anche dallo stato in cui ci troviamo (stato di attenzione, stato di normalità, stato di distrazione, stato di sonno). Ci sono poi particolari cellule nervose (nel talamo ma anche da altre parti) che sono dotate di recettori per sostanze oppiodi (che l'organismo stesso genera). Quando queste cellule sono in presenza di oppiodi limitano la loro attività: nel caso si tratti di cellule del dolore gli oppiodi agiscono quindi come leggeri anestetici.
5 - I sistemi di fibre nervose sono organizzati sia in serie che in parallelo. Un esempio di organizzazione in serie può essere il sistema recettore- via afferente - midollo spinale - via efferente. Un esempio di organizzazione in parallelo può essere la seguente:
Una fibra proveniente dalla periferia, che porta una informazione "unitaria" contatta un neurone nel midollo spinale. Esso dirigendosi verso il talamo* si ramifica in due (divergenza): l'informazione unitaria si divide anch'essa in due, e ognuna delle due fibre trasporterà una "sub-informazione". Le fibre raggiungono due diversi neuroni nel talamo. Ognuna delle due fibre che ripartono dal talamo a sua volta si divide: quindi nella corteccia verranno contattati in tutto quattro neuroni. Un neurone della corteccia non riceve solo una fibra, ma ne riceve moltissime (anche qui si ha il fenomeno della convergenza), da moltissimi neuroni afferenti. Ogni fibra porta una sub-informazione, e quindi il neurone viene riempito di più "subinformazioni" diverse.
(*) tutte le informazioni che si dirigono alla corteccia cerebrale passano attraverso il talamo, nel quale passano attraverso una sinapsi.
L'utilità della ramificazione in parallelo
Più vie parallele trasportano sensazioni dello stesso tipo. Come abbiamo visto una informazione unitaria viene divisa in varie subinformazioni. Per comprendere l'utilità di questo meccanismo consideriamo un esempio.
La retina possiede moltissimi fotocettori che, a seconda della quantità della luce, si attivano inviando potenziali d'azione più o meno frequenti. I fotocettori sono tutti uguali tra loro e ognuno di essi fornisce una informazione unitaria "puntiforme".
Per mezzo della divisione in parallelo delle fibre, e poiché ogni neurone della corteccia presenta la convergenza di più fibre, è possibile creare partendo da più sub-informazioni delle immagini complesse, come segmenti, segmenti inclinati a destra, a sinistra eccetera. (Ogni neurone "sintetizzerà") un segmento diverso dagli altri per inclinazione, lunghezza eccetera).
Questi segmenti costituiscono delle unità operative , che servono alla corteccia per riconoscere la forma degli oggetti. Infatti il contorno di un oggetto o in genere una linea qualunque può venir approssimata con un susseguirsi di tanti piccoli segmenti dritti o più o meno inclinati. Dopo che la corteccia ha "analizzato" un oggetto stabilendo una adatto susseguirsi di determinate unità operative può anche analizzarne l'eventuale movimento, che è considerato come un cambiamento della sequenza delle unità operative nel tempo.
La sensazione del tatto e la corteccia
L'informazione originata nei recettori sensitivi somatici attraversa diversi nuclei di relay prima di raggiungere la corteccia cerebrale. Essa è trattata in diverse aree corticali. Queste aree presentano la stessa struttura ma diverse proporzioni tra i vari strati e sono più o meno estese a seconda della quantità dei recettori che le raggiungono.
Per esempio la mano ha una superficie piccola ma possiede tanti recettori, così la zona corticale che li riceve sarà estesa; il tronco è grande ma possiede pochi recettori, così la zona corticale che li riceve sarà piccola. E' possibile disegnare sulla corteccia un omuncolo, per illustrare le diverse zone di ricezione della corteccia.
Dagli studi fatti sulla organizzazione della corteccia si è visto che la superficie corporea per quanto riguarda il tatto è "rappresentata" più volte sulla corteccia, in modo non casuale. E' possibile quindi disegnare più omuncoli sulla corteccia. Ci sono quattro omuncoli sensitivi, ossia quattro zone della corteccia deputate ognuna a ricevere le informazioni sensitive provenienti da tutto il corpo: queste aree sono chiamate 1, 2, 3a e 3b.
Nonostante queste quattro zone abbiano apparentemente la stessa funzione, ognuna di esse "approfondisce" un particolare aspetto della sensibilità (resta comunque possibile rappresentare su ognuna di esse l'omuncolo completo). Le loro particolarità sono:
- l'informazione sensitiva raggiunge prevalentemente le zone 1 e 3b - la zona 3b riceve prevalentemente fibre sensitive provenienti da ristrette zone superficiali - la zona 1 riceve prevalentemente fibre sensitive provenienti da più ampie zone profonde - la zona 2 e 3a ricevono le informazioni dalle zone 1 e 3b, "sommandole" e integrandole.
Colonna: unità funzionale della corteccia cerebrale che tratta informazioni elementari, ossia provenienti da un unico tipo di recettori. La zona 1 per esempio è costituita da colonne dello stesso tipo, ossia che ricevono tutte informazioni dalle cellule sensitive superficiali
Cenni sulla sensazione del dolore
Il dolore è il segnale di un danno subìto dall'organismo (taglio, strappo, contusione, bruciatura...) per il quale ha poca importanza la conoscienza della causa. Ci sono vari tipi di dolore: il dolore può provenire dai visceri, dal "profondo" (es: cefalea) o dalla cute
Il dolore proveniente dalla cute, o dolore superficiale, può essere di due tipi. Appena subìto un danno si percepisce immediatamente un dolore (detto dolore chiaro), ma anche dopo persiste un certo dolore, sebbene diverso e più prolungato (detto dolore cupo).
Il primo dolore induce prevalentemente il riflesso di fuga, mentre il secondo modifica il comportamento. Il riflesso della fuga è un tipico riflesso polisinaptico flessorio: se è intenso è accompagnato da un riflesso di estensione della zona controlaterale del corpo.
I recettori del dolore, che sono terminazioni nervose libere, fanno in modo che un danno persistente non sia "dimenticato", mantenento a lungo una sensazione dolorifica, anche quando non sussista più la causa che lo ha provocato.
Le vie nervose che trasportano i potenziali d'azione dei recettori del dolore superficiale giungono al talamo come tratto spino-talamico (cordone antero-laterale del midollo spinale). Attraverso la stessa via giungono anche le vie del dolore viscerale, cosicchè può accadere che il dolore viscerale venga percepito come dolore supericiale, nelle zone della cute "appartenenti" al medesimo segmento del midollo spinale. Un esempio di ciò è il dolore superficiale della spalle e del braccio sinistro in caso di deficit di O2 presso il cuore.
Lesioni lungo le vie nervose che trasportano i potenziali d'azione dei recettori del dolore vengono percepite come se il danno fosse presso la periferia. Questo processo viene detto proiezione periferica del dolore.
 



Cenni sul Sistema Nervoso Autonomo o Viscerale
Introduzione
Il sistema nervoso umano può essere diviso in sistema nervoso somatico, agente sui muscoli striati (escluso il cuore, naturalmente) e sistema nervoso autonomo o viscerale, agente sui muscoli lisci. Il sistema nervoso autonomo è costituito a sua volta da due componenti: i sistemi ortosimpatico e parasimpatico. Entrambi questi sistemi sono prevalentemente deputati all'innervazione motoria, ma presentano anche fibre sensitive (come ad esempio i barocettori).
Le fibre motorie (primo neurone) del sistema nervoso autonomo (sia orto che para) escono tramite la radice anteriore del midollo spinale, ma non giungono direttamente all'organo bersaglio (come gli alfa motoneuroni del sistema somatico): possiedono una sinapsi, esternamente al midollo spinale, con un secondo neurone motore che poi raggiungerà l'obbiettivo.
Il primo neurone, uscito dal midollo, percorre un breve tatto assieme al nervo spinale. Successivamente, tramite il ramo comunicante bianco, esce dal nervo spinale e raggiunge la catena gangliare periferica*. Una volta giunto all'interno di un ganglio il neurone primario ha tre possibilità:
1) fare sinapsi col secondo neurone (quello che arriverà all'obbiettivo) che si ricongiunge al nervo spinale tramite il ramo comunicante grigio.
2) rientrare esso stesso, attraverso il ramo comunicante grigio, nel nervo spinale, e contrarre sinapsi, in un altro ganglio, con il secondo neurone solo quando sarà giunto in prossimità dell'obbiettivo. Il ganglio può trovarsi nelle vicinanze o all'interno dell'obbiettivo.
3) uscire dal ganglio ma non rientrare nel nervo spinale e contrarre sinapsi, in un altro ganglio, con il secondo neurone solo quando sarà giunto in prossimità dell'obbiettivo.
In tutti e tre i casi nel ganglio il neurone emette almeno due collaterali, uno diretto verso l'alto della catena gangliare e l'altro verso il basso. Questi collaterali, che poi prendono sinapsi con altri neuroni ed altri collaterali, fanno sì che un potenziale che percorra un neurone del sistema nervoso autonomo influenzi molti neuroni secondari. In questo modo quando il sistema nervoso autonomo riceve uno stimolo, anche circoscritto, risponde con una azione che interessa una porzione notevole dei tessuti da lui innervati (al contrario il sistema nervoso somatico è capace di eccitare unità motorie molto ristrette: si pensi alla possibilità di muovere un singolo dito o una sua parte).
(*) Ai lati anteriore destro e sinistro della colonna vertebrale ci sono due colonne di gangli (una per lato), detti paravertebrali, comunicanti tra loro a formare una specie di collana. Essi ricevono i neuroni primari del sistema nervoso autonomo.
Alcuni neuroni primari del sistema ortosimpatico giungono fino alla zona midollare della ghiandola surrenale, e poiché essi hanno ancòra incontrato il loro ganglio si può affermare che (dal punto di vista embriologico) la ghiandola surrenale sia un ganglio che nella evoluzione si è modificato. I neuroni stimolano la messa in circolo di adrenalina, da parte della ghiandola surrenale. La rete di collaterali prima descritta fa si che l'eccitazione di un qualunque nervo ortosimpatico possa indurre la liberazione di adrenalina.
L'ortosimpatico eccitatorio e inibitorio - sistema adrenergico
Il sistema nervoso autonomo ortosimpatico è situato nella parte toracica e lombare (prime due vertebre) del midollo spinale All'interno del midollo spinale esso è situato nelle corna anteriori della sostanza grigia.
Il sistema nervoso ortosimpatico ha funzione principalmente eccitatoria, ma anche inibitoria. Poichè però in entrambi i casi esso fa uso di noradrenalina per "contattare" gli organi bersaglio, è necessario che esistano diversi recettori, in modo che alcuni vengano eccitati dalla noradrenalina, altri inibiti. I recettori per l'adrenalina conosciuti al giorno d'oggi sono di cinque tipi: alfa 1 e 2; beta 1, 2 e 3.
Il sistema ortosimpatico, che sfrutta la noradrenalina come neurostrasmettitore tra la fibra post-gangliare e l'organo bersaglio, può essere definito un sistema adrenergico. Tra i neuroni pre- e post-gangliare viene usata, come neurotrasmettitore, l'acetilcolina.
Il sistema nervoso parasimpatico - sistema colinergico
Il sistema nervoso parasimpatico è concettualmente analogo all'ortosimpatico: possiede fibre pre e post-gangliari e nei gangli origina i collaterali prima visti. Esso è situato in quelle zone del midollo spinale non occupate dall'ortosimpatico, ossia nelle zone sacrale e craniale (midollo allungato). Il midollo sacrale presenta la sostanza grigia con la classica struttura "a farfalla" (come è nel resto del midollo); mentre nel midollo craniale la sostanza grigia si trova sottoforma di nuclei divisi tra loro dal passaggio di fasci ascendenti e discendenti (sostanza bianca).
Il più importante tra i nuclei è il nucleo del nervo vago (X° nervo encefalico), le cui fibre pre-gangliari si portano fino agli organi bersaglio, vicino ai quali o nei quali c'è il ganglio, dal quale parte il neurone post-gangliare che "contatta" gli organi stessi.
Come per l'ortosimpatico così anche per il parasimpatico il mediatore chimico della sinapsi tra i neuroni pre- e post-gangliare è rappresentato dall'acetilcolina. Il sistema parasimpatico, che sfrutta l'acetilcolina anche come neurostrasmettitore tra la fibra post-gangliare e l'organo bersaglio, può essere definito un sistema colinergico.
I distretti a doppia e singola innervazione
Molti distretti corporei presentano una doppia innervazione, ossia ricevono fibre motrici sia dall'orto che dal parasimpatico. Solitamente in questi casi l'ortosimpatico è responsabile dell'eccitazione, il parasimpatico dell'inibizione (ma le parti possono anche invertirsi! vedi esempio seguente) Nel caso un distretto presenti una innervazione singola significa che o l'eccitazione o l'inibizione non necessitano di particolari organizzazioni nervose Per esempio nei vasi sanguigni è presente solo l'innervazione ortosimpatica (che in questo caso ha funzione inibente o vasocostrittrice) poiché la vasodilatazione è causata meccanicamente dalla pressione del sangue, e dunque sarebbe superflua una innervazione con potere vasodilatatore (che in questo caso, se ci fosse, sarebbe organizzata dal parasimpatico).

 

Fonte: http://digilander.libero.it/ctfonline/appunti/file/fisiologia.rtf

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