Il verbo

 


 

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Il verbo

Il verbo è la parte semplice del discorso che significa col tempo. Questa però non può ancora essere la definizione : abbiamo visto infatti che anche un participio ha un tempo come i verbi. Aristotele aggiungeva appunto : ed è sempre segno di ciò che viene predicato di qualcos’altro ... ed è sempre segno di ciò che vien detto di un’altra cosa  . In effetti un verbo suppone un soggetto : di prima, seconda, terza persona, singolare o plurale. Di solito dunque non lo troveremo al soggetto. Il participio invece sta indifferentemente al soggetto o al predicato come i nomi.
Sarebbe meglio dire che un verbo non lo troveremo mai al soggetto. Vediamo infatti le obiezioni che riporta  S. Tommaso nel commento al Dell’espressione :
“Però ciò sembra suscitare una domanda per i verbi di modo infinito, perché essi talvolta vengono messi dalla parte del soggetto: come quando diciamo “camminare è muoversi”. Ma bisogna dire che i verbi all’infinito, quando sono messi al posto del soggetto, hanno valore di nome; ragion per cui sia in greco, sia nel latino volgare, essi ricevono l’aggiunta dell’articolo come i nomi.
La ragione di questo fatto è che è proprio del nome significare qualche cosa in quanto esistente per se stessa , mentre è proprio del verbo significare un’azione o una passione. Ma l’azione può essere significata in tre modi : in un primo modo di per sé, in astratto , in quanto è una certa cosa ; e in questo modo viene significata dal nome: come quando si dice “azione”, “passione”, “cammino”, “corsa” e così via ; in un secondo modo come azione, in quanto cioè è proveniente da una sostanza e inerente ad essa come a un soggetto : e così essa è significata dai verbi degli altri modi, che stanno dalla parte dei predicati.
Ma poiché anche lo stesso procedere o inerire dell’azione può essere appreso dall’intelletto - ed essere significato - come un qualcosa, ne deriva che gli stessi verbi di modo infinito, che significano la stessa inerenza dell’azione al soggetto, possono essere considerati come verbi in forza dell’aggregazione [inerenza al soggetto] e come nomi in quanto significano certe cose .
Si può anche obiettare, circa questo argomento, che anche i verbi degli altri modi sembrano talora essere posti nel soggetto, come quando si dice: “corro è un verbo”. Ma bisogna rispondere che in tale locuzione il verbo “corro” non viene assunto formalmente secondo che la sua significazione si riferisce alla realtà, ma in quanto materialmente significa la “voce” stessa, che viene considerata come un qualcosa. E per questo motivo tanto i verbi quanto tutte le parti del discorso, se usate materialmente, sono prese come nomi.”.
Il fatto che il verbo significhi un’operazione proprio in quanto inerente ad un soggetto ci spiega diverse cose.
Anzitutto perché il participio, propriamente, non sia un verbo ma un nome. Significa infatti il soggetto di un’operazione, specificando pure di quale si tratti, ma senza attribuirla “in atto” al soggetto, altrimenti il participio sarebbe come una enunciazione. In italiano non usiamo molto i participi, ma usiamo le parafrasi equivalenti : “chi corre”, “chi salta”, “chi studia”, “chi esiste”...
Poi ci spiega perché, propriamente, solo il verbo al presente sia un verbo in senso pieno : significa infatti l’inerire attuale, mentre il passato ed il futuro si riferiscono a qualcosa che è stato o sarà presente. Aristotele chiamava “casi del verbo” tutte le espressioni non all’indicativo e non al presente. La sua ricerca, lo vedremo più avanti, era ferocemente attaccata a ciò che è in atto, e la logica, di conseguenza, non riguardava propriamente se non ciò che è in atto. Aristotele diceva che non si dà né definizione né scienza di ciò che non esiste. Un passato, un futuro, ma pure un possibile che non venisse considerato per rapporto ad un presente, non sarebbe oggetto di scienza (comprendendo in essa anche la filosofia).
Ricordiamo pure che il verbo infinito, analogo al nome infinito, da non confondere con il verbo di modo infinito, non è propriamente un verbo. Non va neppure confuso col verbo posto in una negazione : il verbo infinito vorrebbe essere una sorta di dizione unica, anche se all’atto pratico diventa indistinguibile, almeno nel linguaggio ordinario, dal verbo usato in una negazione.
Infine ci possiamo spiegare perché il verbo essere viene usato come copula, unito a un nome o a un participio. Dice S. Tommaso :
“... il verbo “è” consignifica una composizione, perché non la significa principalmente, ma di conseguenza. Infatti significa in primo luogo quello che cade nell’intelletto assolutamente in quanto attualità : nel senso che “è”, detto semplicemente , significa “l’essere in atto” : per questo significa a mo’ di verbo. Poiché però l’attualità, che è significata principalmente da questo verbo “è”, è comunemente l’attualità di qualsiasi forma, sia di un atto sostanziale, sia di un atto accidentale, ne consegue che quando vogliamo significare che una qualsiasi forma o atto inerisce attualmente a un soggetto significhiamo ciò per mezzo di questo verbo “è”, o semplicemente o per un certo aspetto : semplicemente secondo il tempo presente, secondo un certo aspetto secondo gli altri tempi. E così, per derivazione, questo verbo “è” significa la composizione.” .


Ibidem, 16 b 6-10.

Lettura V, nn. 56-57 ; trad. it. pp. 104 ss.

"Per se" significa in forza dello stesso, da solo. L'"actio", come anche la "passio", si contrappongono a ciò che viene significato da un nome in quanto il loro essere è quello di inerire al soggetto. Ovviamente, in quanto sono anche "qualcosa", possono essere chiamate con un nome.

Cioè prescindendo dal soggetto che agisce.

Cioè colui o ciò che agisce.

L'infinito significa l'essere di quella certa azione significata dal verbo: per esempio "correre" significa l'essere di quella azione che compie chi corre. Ora, l'essere dell'azione (passione compresa) è un "in-esse", per dirlo in latino, cioè è l'essere in un soggetto, cioè l'inerire ad esso. Questa terminologia suona strana in italiano. Potremmo tradurla dicendo che un’azione esiste perché c’è un soggetto che la compie : questo sarebbe l’inerire attuale dell’azione al suo soggetto. Ecco perché si dice che l'infinito significa l'inerenza dell'azione. Teniamo presente che esiste l'uso delle infinitive, dove l'infinito è usato propriamente come verbo.

Non relativamente a qualche altra cosa.

E non come copula di un attributo.

In perì herm., I, V, n. 73 ; trad. it. p. 114.

 

 

Fonte: http://digilander.libero.it/fsparenti/Logica/Logica04.rtf

Sito web : http://digilander.libero.it/fsparenti/

 

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