Le nove parti del discorso

 


 

Le nove parti del discorso

 

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Le nove parti del discorso

 

Le  parti del discorso sono nove, divisibili in due gruppi a seconda della loro funzione; cinque sono variabili, le altre quattro sono invariabili.

Fanno parte del primo gruppo :

  • nome (o sostantivo)
  • articolo
  • aggettivo
  • pronome
  • verbo.

Fanno parte del secondo gruppo :

  • avverbio
  • preposizione
  • congiunzione
  • interiezione (o esclamazione)

 

             LE  PARTI   VARIABILI  DEL  DISCORSO

 

NOME   (O SOSTANTIVO)

 

Esistono vari tipi di nomi :

  • nomi comuni  (es. treno, bimbo, cielo, albero)
  • nomi propri (es. Mario, Tevere, Trasimeno, Bologna)
  • nomi collettivi (es. sciame, stormo, schiera, gregge, fogliame, flotta, popolo)
  • nomi concreti (es. albero, cane, gatto, acqua, aria)
  • nomi astratti (es. bontà, ira, stanchezza, bravura)

 

Se analizziamo i nomi secondo la loro formazione, invece, possiamo distinguere :

  • nomi primitivi, formati da radice  + desinenza (es. bosc-o)
  • nomi derivati, formati da (prefisso) + radice + suffisso +             desinenza (es. bosc-aiol-o)
  • nomi alterati, che possono essere:

            accrescitivi (es.omone)      

            diminutivi (es. ometto, omino)

            vezzeggiativi (es. ometto)

            dispregiativi (es. omaccio).

 

                        ARTICOLO

 

Esistono due tipi di articoli : determinativi (il, lo, la /  i, gli, le) e indeterminativi (un, uno, una / dei, degli, delle); nell'analisi logica della proposizione essi fanno corpo unico con il sostantivo a cui si riferiscono.

 

                        AGGETTIVO

 

L'aggettivo può essere di vari tipi a seconda della sua funzione :

Aggettivo qualificativo, che indica una qualità del sostantivo a cui si riferisce e che può essere espresso in diversi gradi :

  • grado positivo (es. bello)
  • grado comparativo (es. più bello)
  • grado superlativo (es. bellissimo)

Sui gradi di comparazione bisogna precisare che, mentre il grado positivo è unico, il grado comparativo può essere di maggioranza (es. più bello), di minoranza (es. meno bello) o di uguaglianza (es. tanto bello, così bello) a seconda del livello al quale avviene la comparazione  e può essere inoltre comparativo relativo (es. più bello di..., meno bello di..., tanto bello quanto... / così bello come...) se viene espresso il cosiddetto "secondo termine di paragone", cioè la persona o cosa con la quale si effettua il paragone, oppure comparativo assoluto se non viene espresso alcun termine di confronto (es. alquanto bello, piuttosto bello, troppo bello).

Il superlativo, invece, che indica una qualità posseduta al massimo grado, si distingue soltanto in superlativo relativo (es. il più bello tra...) se troviamo formalmente espresso il cosiddetto "complemento partitivo" e superlativo assoluto se non viene posto alcun limite all'affermazione (es. bellissimo, molto bello, assai bello).

 

Aggettivo determinativo, che si distingue in :

  • possessivo (mio, tuo, suo, nostro, vostro, loro)
  • dimostrativo (questo, codesto, quello)
  • interrogativo (quanto, quale)
  • esclamativo (che, quale)
  • indefinito (alcuni, qualche)
  • numerale, cardinale (uno, due, tre...) o ordinale (primo, secondo, terzo)

 

                        PRONOME

 

Il pronome è, per definizione, "ciò che sta al posto del nome", perciò, a differenza dell'aggettivo, non accompagna un nome, ma lo sostituisce. Esso può essere di vari tipi :

  • pronome personale (io, tu, egli-ella, noi, voi, essi)
  • pronome relativo (che, il quale, chiunque)
  • pronome / aggettivo possessivo (mio, tuo, suo, nostro, vostro, loro, proprio)
  • pronome / aggettivo dimostrativo (questo, codesto, quello)
  • pronome / aggettivo interrogativo (quanto, quale)
  • pronome / aggettivo esclamativo (che, quale)
  • pronome / aggettivo indefinito (alcuni, qualche)

 

Come si può ben notare, alcuni sono nomi veri e propri, altri possono avere la funzione sia di aggettivi che di pronomi, a seconda che siano accompagnati o meno dai sostantivi.

 

                        VERBO

 

La funzione essenziale del verbo è quella di esprimere un'azione, per cui esso rappresenta l'elemento necessario di qualsiasi proposizione, nella quale può mancare il soggetto, ma mai potrebbe mancare il verbo (posso dire : "Marco mangia" e anche  "Piove", ma non soltanto  "Lucia").

Esistono vari tipi di verbi :

  • verbo predicativo : è quel verbo che ha in sé un senso compiuto
  • verbo copulativo : è quel verbo che non ha in sé un senso compiuto, ma funge soltanto da "copula", cioè serve a congiungere il soggetto con un nome o aggettivo che dà senso compiuto alla proposizione (es. essere, sembrare, divenire, diventare, apparire, parere, riuscire).

 

Ricordiamo, però, che il verbo  "essere" ha valore predicativo e non di copula quando significa "stare, trovarsi, esistere, appartenere, essere originario di, vivere a, essere destinato a, essere composto di…" :

es. la mamma non è in casa / il libro è sul tavolo /il libro è di Carlo/il tavolo è di legno/ questo regalo è per te/ Dio è.

 

  • verbo ausiliare : è quel verbo che serve ad "aiutare" un altro verbo per l'espressione di alcuni modi e tempi verbali. Gli ausiliari sono due : essere, che viene usato per tutta la coniugazione passiva e per i tempi composti della coniugazione attiva dei verbi intransitivi (es. venire) e avere, che viene usato per i tempi composti della coniugazione attiva dei verbi transitivi.
  • verbo servile : è quel verbo che da solo non ha un senso compiuto, ma regge un altro verbo al modo infinito. I più comuni sono : potere, dovere, volere, desiderare, essere solito, cominciare a, cessare di, continuare a).
  • verbo fraseologico : è anch'esso un verbo che regge un altro verbo all'infinito (o anche al gerundio), ma, a differenza del precedente, è di per sé un verbo di senso compiuto, che però viene utilizzato in un altro contesto e con un diverso significato solo per dare un colorito particolare all'espressione. I più comuni sono : stare, andare, venire, sapere, lasciarsi, vedersi, sentirsi.

 

  • Cerchiamo di chiarire le idee con degli esempi concreti :
  •  
  • sto venendo ha un significato diverso rispetto al semplice  vengo
  • la paura va diminuendo è un’espressione più colorita del semplice la paura diminuisce
  • si lasciò cadere è più colorita del semplice cadde
  • la vedo deperire sempre più ha un significato diverso rispetto al semplice deperisce
  • mi sono sentita morire è completamente diversa da sono morta.

 

                        MODI DEI VERBI

 

I verbi possono essere espressi in forma esplicita (se si tratta di forme coniugate, cioè indicativo, congiuntivo, condizionale, imperativo) o in forma implicita (se si tratta di forme non coniugate, cioè infinito, participio, gerundio).

 

                        NATURE DEI VERBI

 

I verbi possono essere transitivi se l'azione "transita", cioè passa direttamente sul complemento oggetto (es. mangiare una mela, leggere un libro, comprare del pane...), intransitivi se l'azione resta sul soggetto oppure passa su un complemento indiretto (es. morire, nascere, arrivare, uscire con gli amici, partire con il treno...).

 

Le forme del verbo transitivo sono : attiva, passiva, riflessiva.

 

Si dice attiva una forma verbale la cui azione ricade sul complemento oggetto (es. mangio una mela);

si dice   passiva   una forma verbale la cui azione viene subita dal soggetto (es. la mela viene mangiata da me);

si dice   riflessiva   una forma verbale la cui azione si riflette sul soggetto (es. mi lavo). Esistono vari tipi di riflessivo :

  • riflessivo proprio : quando la particella pronominale compie la funzione logica di complemento oggetto del verbo (es. mi lavo = lavo me stesso)
  • riflessivo improprio o apparente : quando la particella pronominale compie la funzione di complemento di termine (es. mi rado la barba = rado la barba a me)
  • reciproco : quando la particella pronominale indica reciprocità (es. si guardarono = si guardarono tra loro)
  • intransitivo pronominale : quando la particella pronominale non compie alcuna funzione logica, ma è strettamente e indissolubilmente legata al verbo per forma espressiva o per significato (es. es. "egli si pente" non vuol dire "egli pente se stesso", perché il verbo da cui deriva è "pentirsi"). Rientrano in questa categoria molti verbi come : pentirsi, ammalarsi, accorgersi, adirarsi, vergognarsi, recarsi, rincrescersi, annoiarsi, dolersi...

 

Il  verbo intransitivo, invece, ha soltanto forma attiva

 

                        VERBI IMPERSONALI

 

Sono impersonali quei verbi che non hanno un soggetto logico.

Ne esistono di due tipi :

  • verbi propriamente impersonali : sono quei verbi che esistono soltanto alla terza persona singolare e sono costituiti da espressioni indicanti fenomeni atmosferici (es. piove, fa freddo, albeggia, nevica, tuona...)
  • verbi e locuzioni usate impersonalmente : sono quei verbi aventi una coniugazione completa, che però in alcuni contesti possono assumere forma e significato impersonale se usati alla terza persona singolare o con la particella impersonale  si (es. sembra, è lecito, è giusto, è noto, accade, si dice, si tramanda, si narra...).

 

 

LE  PARTI  INVARIABILI  DEL  DISCORSO

 

                        AVVERBIO

 

L'avverbio è una parte invariabile del discorso, che determina e modifica il significato di un verbo, di un aggettivo o di un altro avverbio (es. studia molto, molto bello, molto velocemente).

 

Dicesi  locuzione avverbiale un insieme di parole aventi unità di significato avverbiale, come: di sicuro, in un baleno, per nulla, di fuori, senza dubbio, di soppiatto...

 

Esistono  vari tipi di avverbio, determinati dalla loro natura e significato:

  • avverbi di modo             velocemente, lentamente...
  • avverbi di tempo                       ieri, oggi, domani, presto...
  • avverbi di luogo             qua, là, ovunque...
  • avverbi di quantità                    molto, poco, troppo, assai...
  • avverbi di affermazione            sì, certamente...
  • avverbi di negazione     no, non...
  • avverbi di dubbio                      forse, probabilmente...
  • avverbi di scopo             appositamente...
  • avverbi relativi               dove, dovunque...

 

                        PREPOSIZIONE

 

Le preposizioni sono delle paroline che servono a collegare tra loro le parole: sono esse che determinano i  vari complementi dell’analisi logica.

Esistono le preposizioni proprie e le preposizioni improprie.

Le preposizioni proprie possono essere semplici ( di, a da, in,  con,  su, per, tra, fra) o articolate (formate dall’unione delle preposizioni semplici con gli articoli determinativi, come: del, della, degli, delle, al, alla, agli, alle...).

 

Le preposizioni improprie sono quelle preposizioni che, in altri contesti, possono fungere da avverbi o da aggettivi:

es. Secondo me : prep.                               secondo premio : agg.

Sopra il tavolo : prep.                                Tornate sopra : avv.

 

Esiste infine la cosiddetta locuzione prepositiva, che è l’unione di due o più parole che nel loro complesso fungono da preposizione. Sono formate dall’unione di una preposizione propria e una impropria o da una preposizione propria ed un sostantivo o avverbio (es. Insieme a, per mezzo di, di fronte a, in mezzo a, allo scopo di, in seguito a...)

 

                        CONGIUNZIONE

 

Le congiunzioni sono parole che servono a collegare le varie parti del discorso (sia gli elementi diversi di una proposizione che le varie proposizioni tra loro nell’ambito di un periodo).

A seconda che la congiunzione introduca una proposizione che ha la stessa importanza della principale (coordinata) o una proposizione che è meno importante della principale (subordinata) si parla di congiunzioni coordinanti  o  congiunzioni subordinanti.

Avremo modo di trattarle in modo più approfondito nella sezione dedicata all’analisi logica del periodo.

 

                        INTERIEZIONE

 

Le interiezioni sono delle paroline che servono ad esprimere meraviglia, sdegno, ira, gioia, dolore, rammarico, stupore. Anch’esse possono essere divise in vari tipi:

  • le interiezioni propriamente dette (oh, ah, ohi, ahi, ahimé, uh, uff...)
  • le interiezioni improprie , cioè altre parti del discorso come nomi o aggettivi, usati però con valore di interiezione ( evviva, addio, ciao, forza, bravo, aiuto, stupido, calma, salve...)
  • le locuzioni esclamative, cioè delle espressioni formate da più parole aventi valore esclamativo (me misero, Dio mio, per amor del cielo, che bellezza, che spavento, mamma mia...)

 

 

naturalmente non tutti gli aggettivi qualificativi hanno vari gradi di espressione: quelli indicanti origine o provenienza, per esempio, hanno solo il grado zero (es. Italiano, cinese, vulcanico, bellico...)

Naturalmente tutti i verbi possono essere usati impersonalmente usando la particella impersonale si e la terza persona singolare del verbo

L'impersonale dei verbi usati in forma riflessiva o pronominale si ottiene con la particella pronominale ci  (es. ci si annoia, ci si è incamminati, ci si accorge...)

 

 

Fonte: http://scuolaeculturaoggi.myblog.it/media/01/02/2697720521.doc

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