Gabriele D' Annunzio vita opere riassunto e biografia
Gabriele D' Annunzio vita opere riassunto e biografia
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GABRIELE D’ANNUNZIO
Nasce a Pescara del 12 marzo del 1863.
Nel 1879 pubblica a Chieti il suo primo libro di poesie “Primo vere”, nel 1892 pubblica la seconda prova poetica “Canto nuovo”, cui segue la raccolta di novelle “Terra vergine”. Due anni dopo pubblica tre novelle del “libro delle vergini”, nel 1888 inizia a lavorare per il romanzo “Il piacere” che approda alle stampe l’anno dopo, nel 1894pybblica il poema paradisiaco ed il trionfo della morte, in questo periodo si avvicina alla filosofia di Nietzsche. L’anno dopo porta a termini il romanzo “Le vergini delle rocce”. Nel 1901 scrive per la Duse Francesca da Rimini, nel 1904 escono il secondo libo delle Laudi, Elettra, “Alcione”. Nel 1919/20 insoddisfatto per la cessione della Dalmazia alla Jugoslavia con la città di Fiume nel settembre marcia con alcune truppe occupandola, formando la reggenza italiana del Carnaro. Si arrenderà solo dopo il trattato di Rapallo. Nel 1924 il re Vittorio Emanuele III lo nomina principe di Montenevoso, nel 1939 pubblica “Teneo te Africam” per l’impresa di Mussolini in Etiopia. Nel 1938 muore.
La vita di D’Annunzio è stasa caratterizzata da un desiderio di un vivere inimitabile e di non restare mai nell’ombra. Molteplici sono i generi presenti nell’opera dannunziana dovuti alla sua grande apertura mentale: poesia lirica, epica, romanzo, novelle, teatro, scritti di critica, cronaca giornalistica, prosa d’arte. Egli si rivela il letterato italiano più attento alla modernità. Per lui, l’estetismo è ispirazione ad un’esistenza di eccezione, al vivere inimitabile, a fare della propria vita un’opera d’arte, è anche culto delle sensazioni in senso irrazionalistico e anticristiano. Il culto della sensazione tende a collocare la vita dell’uomo dentro la vita della natura assimilando l’una dall’altra in una visione metamorfica. L’arte per D’Annunzio il prodotto di una mente superiore. Il suo fine è quello d’imporre la propria bellezza, suscitando inebrianti sensazioni nei lettori. La parola è tutto, sostituisce il mondo e sta per esso.
L’esordio letterario di D’Annunzio avviene sotto il segno del verismo, in particolare di Giovanni Verga. Il poeta comporrà novelle improntate sul naturalismo, e romanzi descrittivi (soprattutto della Roma monumentale); i suoi protagonisti saranno suoi alter ego.
Le raccolte liriche
In “Canto Novo” (1882) è presente un senso pagano della comunione con una natura solare e vitale; non mancano però, visioni cupe e mortali, che fanno intuire come il vitalismo sfrenato celi sempre in se il fascino ambiguo della morte.
Le opere narrative
Il mondo di “Terra Vergine” (1882) è idillico non problematico: in una natura rigogliosa e sensuale esplodono passioni primordiali, soprattutto sotto forma di un erotismo irrefrenabile, ma anche di una violenza sanguinaria.
I versi degli anni ‘80
È questo il periodo in cui D’Annunzio abbandona la linea del vitalismo e si rivela l’influenza dei poeti decadenti. L’arte è il valore supremo, la vita stessa è un opera d’arte.
“Il piacere” e la crisi dell’estetismo
Ben presto però D’Annunzio si rende conto che l’esteta, in lotta contro la borghesia in ascesa, non ha la forza di opporvisi realmente; il culto della bellezza si trasforma in menzogna. Nel suo primo romanzo, “il piacere” (1889) l’autore si ritrae con l’esteta Andrea Sperelli, dominato dalla finzione. Egli intrattiene un rapporto ambiguo con gli oggetti e le persone che lo circondano: infatti, l’eroe è diviso tra due immagini femminili, Elena Muti che incarna l’erotismo lussurioso e Maria Ferres la donna pura che rappresenta l’occasione di un riscatto e di un’elevazione spirituale. Ma in realtà l’esteta mente a se stesso: la figura della donna angelo è solo oggetto di un gioco erotico più sottile e perverso, fungendo da sostituta di Elena, che Andrea continua a desiderare e che lo rifiuta. Andrea finisce per tradire la sua menzogna con Maria, ed è abbandonato da lei, restando solo con il suo vuoto e la sua sconfitta.
L’autore orienta i lettori verso una sbalordita ammirazione per il bello: “il piacere” non rappresenta il definitivo distacco di D’Annunzio dalla figura dell’esteta.
L’ideologia superomistica
Il mito Nietzschiano del superuomo è interpretato da D’Annunzio come il diritto di pochi esseri eccezionali ad affermare il loro dominio sulla massa. Questo nuovo personaggio ingloba in se l’esteta. L’artista superuomo ha funzione di vate, ha una missione di guida. D’Annunzio non accetta il declassamento dell’intellettuale e si attribuisce il ruolo di un profeta di ordine nuovo. Il superuomo di Nietzsche venne quindi mal interpretato e in D’Annunzio si limitò a nuove avventure erotiche e all’esaltazione della propria personalità eccezionale.
Nel romanzo “il trionfo della morte” l’eroe Giorgio Aurispa è un esteta che travagliato da una malattia interiore, va alla ricerca di un nuovo senso della vita.
Tale ricerca porta l’eroe a tentare di riscoprire le radici della sua stirpe.
La soluzione gli si affaccia nel messaggio dionisiaco di Nietzsche in un’immersione nella vita in tutta la sua pienezza, ma l’eroe non è ancora in grado di realizzare tale progetto: prevalgono in lui sull’ispirazione alla vita piena e gioiosa, le forze negative della morte; egli al termine del romanzo si uccide.
Il romanzo successivo “le vergine delle rocce” segna la svolta ideologica radicale, nel quale l’eroe è forte e sicuro.
Esso contiene le nuove teorie dannunziane.
Le laudi
Nel campo della lirica D’Annunzio vuole affidare il compito di vate a 7 libri di “laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi”.
“L’Alcyone” è il terzo libro delle laudi, in cui lo scrittore celebra l’estate, il suo prossimo esaurirsi nell’autunno e il progressivo venir meno dell’energia vitale e dell’ottimismo.
Le poesie
La sabbia del tempo: è un titolo assai significativo che fa immediatamente ricordare un oggetto legato ad entrambi i sostantivi, la clessidra.
In questo titolo sono riassunte l’idea del tempo che passa, la nostalgia del passato e la ciclicità del rapporto vita morte.
Metrica:
La poesia si compone di 2 terzine e una quartina. I versi sono tutti endecasillabi. Lo schema delle rime è ABA, CBC, DEDE.
Campi semantici:
Il movimento: lo scorrere della sabbia contro l’ozio (l’immobilità) della mano;
La morte: il giorno che diventa + breve e quindi muore; l’immagine dell’ombra che cresce e invade il giorno, la solarità dell’estate che finisce; l’inutile vitalità delle piante.
Figure retoriche:
Nella prima strofa il cuore sente che il girono + breve; nella seconda l’ansi assale il cuore; nella terza il cuore è palpitante: il tutto in un climax che accompagna la riflessione dell’anima sulla fuggevolezza dell’essere. Tuttavia la figura retorica sulla quale si costruisce l’intera poesia è la metafora del corpo del poeta come una clessidra vivente in cui sentire fisicamente e psicologicamente lo scorrere inesorabile del tempo.
Osservazioni conclusive:
La visione della natura è una visione panica e il testo è caratterizzato da una forte musicalità. Le immagini costruite lungo i versi sono la descrizione di uno scenario quasi surreale: si tratta di una visione quasi onirica e metafisica del rapporto tra uomo e tempo
Canta la gioia
Il testo celebra il vitalismo, l’adesione alla vita in tutti i suoi aspetti, la disponibilità a inseguire ogni esperienza, la giovinezza mitica e sensuale, l’istintività, la felicità materiale, quindi, che viene raggiunta attraverso l’uso dei sensi.
Lungo l’affrico
Fa parte dell’Alcyone, il poeta presenta una natura umanizzata, le rondini vogliono dominare la realtà. Nel testo è presente l’ideologia del superuomo: la natura stessa incorona D’Annunzio superuomo, forgiatore della realtà. Il panismo s’esprime attraverso la corrispondenza con gli elementi della natura.
La pioggia nel pineto
In una metrica libera dominata dai sensi, in particolare dall’udito, il poeta descrive la sua metamorfosi e quella della sua compagna (Eleonora Duse) in creature silvane e invita quest’ultima a cogliere l’essenza delle cose. Poesia e natura sono musica; tutto il testo è caratterizzato da una forte musicalità.
Stabat nuda aestas
Fa parte dell’Alcyone il poeta celebra un’estate ardente e selvaggia in tutte le sue fasi e la personifica. È un’estate ricca di sensualità, che fuggendo permea (riveste) la natura di una fusione panica. Questa, al suo passaggio, prende vita, si antropomorfizza.
Fonte: http://www.atuttascuola.it/italianomedio/materiale/Italiano___Scheda_sulle_opere_di_D__Annunzio.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
GABRIELE D’ANNUNZIO
Abruzzese di Pescara, lascia la città natale presto e si trasferisce a Prato per gli studi ginnasiali e liceali.
Nel 1881 terminati gli studi liceali va a Roma per gli studi universitari che però non porterà a termine.
Si dà alla vita mondana, incomincia a collaborare con un editore per procurarsi da vivere.
Scappa con Maria Hardouin di Gallese, fuga romantica e si sposa perché lei rimane incinta.
La passione però finisce molto presto.
Nel 1887 nuova relazione con Barbara Lioni, ispiratrice di alcune figure femminili di sue opere. La sua ascesa continua all’interno dei salotti. Per una di queste donne viene coinvolto in un duello e a causa di questo e di una cura sbagliata, perde tutti i suoi capelli.
Crociera in Grecia nel 1898, da lì nasce la raccolta poetica “Alcyone”.
Relazione successiva con Eleonora Duse, attrice molto famosa e più vecchia di lui.
Questo amore è costellato da passioni e litigate furibonde. La Duse accetta di recitare alcune opere teatrali del D’Annunzio senza però raccogliere molto successo.
Allo scoppiare della prima guerra mondiale si arruola e partecipa a una serie di missioni, nasce così il mito di eroe coraggioso (caricato e amplificato da lui stesso).
Durante un volo su Trieste rimane ferito agli occhi, ma nonostante ciò lui scrive ugualmente (“Notturno”).
Volo su Vienna e lancio di volantini.
Fa un’impresa nella baia di Buccari con motosilurante e affonda alcune navi austriache.
Impresa a Fiume e la occupa con i suoi legionari. Bravo ad amministrare la città, elabora la “carta del Carnaro”, ripresa poi dall’ideologia fascista.
Nel 1920 Giolitti attacca Fiume per liberare la città dal D’Annunzio che se ne va via col suo esercito.
Si ritira al Vittoriale.
Tra il 1920 e il 1924 partecipa attivamente alla vita politica, nel 1922 è a Milano ad esortare la folla in favore della marcia su Roma da parte dei fascisti. Si pensava che potesse essere una valida alternativa alla figura del Mussolini il quale si presentava con idee ambigue.
All’interno di questo contesto non può essere a Roma perché ‘cade da una finestra’, era infatti odiato dal Mussolini che lo vedeva come un suo antagonista per cui pare che l’incidente sia stato provocato volontariamente.
Fa la pace col Mussolini nel 1924 che lo rende nobile nominandolo Principe di Montenevoso. Gli costa però molto caro perché da questo momento diventerà il poeta ufficiale del regime.
Ma la sua fama è già in declino, in Europa infatti appaiono nuovi movimenti letterari.
IL PIACERE
E’ l’esaltazione del gusto del bello. Lo scrive nel 1889, ma nel contempo si era già fatto le ossa con alcune novelle di carattere naturalistico. E’ il primo del “ciclo della rosa”, tematiche della voluttà.
Prima opera di esordio, trionfo dell’estetismo del D’Annunzio.
Il protagonista per certi aspetti è un alter-ego del D’Annunzio.
Opera che esalta l’estetismo, la critica è molto severa nei suoi confronti. Finora aveva pubblicato le novelle sulle riviste letterarie, ma D’Annunzio è critico nei confronti dei lettori, secondo lui l’editoria è serva dei lettori, non deve produrre per la massa ma solo per chi sa comprendere chi scrive.
Pubblica sul Fanfulla e incomincia a teorizzare le sue future nuove opere per cui annuncia al suo pubblico che cosa avrà intenzione di fare e alla fine il suo pubblico lo seguirà.
Ambientato a Roma (fa parte della sua esperienza romana), nella buona società, il protagonista è Andrea Sperelli.
Incontra dopo due anni una ex amante, Elena Muti e spera di riprendere il rapporto con la donna, ma lei vuole solo essere un’amica. Inizia così una serie di flashback sulla storia d’amore passato.
Conduce una vita dissipata piena di storie amorose; incappa in un marito geloso e durante un duello lui viene ferito.
Viene curato da una cugina e incontra Maria, la moglie di un ambasciatore del Guatemala.
Questa donna è un’antitesi dell’altra per cui non è disposta a una relazione illegittima.
Però Maria, per sfuggire alla vita noiosa e piatta, finisce con il concedersi allo Sperelli, ma lei vede Elena Mutti come un fantasma nella loro relazione (Andrea infatti continua a parlare di lei).
Il marito ambasciatore, viene scoperto a giocare d’azzardo e deve lasciare Roma.
Andrea rimane solo e lo lasciamo che vaga per Roma.
Andrea è un essere combattuto tra passione e bisogno di purezza (impersonate dalle due donne, Elena è sensuale e Maria pura); non riuscendo a uscirne, trova una soluzione da un’altra parte e la trova nell’arte.
Ha una sensibilità particolare a livello artistico. Soltanto una donna eccezionale (Elena) ha la capacità di far emergere tutta la parte migliore di Andrea Sperelli. Questo sentimento si manifesta all’interno del romanzo anche nella descrizione di alcuni ambienti sofisticati.
Questi particolari creano nel lettore un’immaginazione di ambienti nei quali tutti aspirerebbero a vivere.
Andrea Sperelli è un aristocratico, è una persona eccezionale così come lo era il D’Annunzio. E in questa opera c’è molto di lui a livello soprattutto di gusto.
TRIONFO DELLA MORTE
E’ l’esaltazione del “superuomo”. Scopre Nietzsche leggendo “Così parlò Zarathustra”.
Racconta (in un articolo) il suo incontro con Nietzsche (incontro non fisico ma letterario, Nietzsche era già morto); di lui coglie la tematica del superuomo.
Uomo dotato di istinto, ha enorme volontà di potenza che si manifesta per un certo aspetto nella parte politica e dal punto di vista letterario all’interno di questo romanzo.
Il protagonista, Giorgio Aurispa ha un rapporto con una donna che per lui ha lasciato il marito, Ippolito.
I due amanti passeggiano sul Pincio e vedono i segni di sangue lasciati da un suicida (già si intravede l’idea della morte) e di conseguenza la fine che faranno i due protagonisti.
Il grande amore che la donna prova per lui lo fa soffocare, vorrebbe essere libero ma non riesce a staccarsi da lei per cui si sente dipendente.
La soluzione è che a un certo punto gli vengono in mente le parole di Nietzsche.
Siccome non riesce in un altro modo ad affermare se stesso, l’unica soluzione è quella di distruggere se stesso e la sua amica.
Essenzialmente il romanzo non è un capolavoro ma interessa perché in esso viene affermata la volontà di potenza del superuomo.
IL FUOCO
Esalta l’arte in ogni sua forma. La potenza immaginifica di questo romanzo è straordinaria. La prima parte, “l’epifania del fuoco”, è costituita interamente da una serie di immagini volte a celebrare l’arte in ogni sua forma. Viene esalta l’arte della parola e la sua potenza evocatrice; la musica e la sua straordinaria suggestione; l’architettura e la sua capacità di creare mondi; le arti figurative, rivelatrici, all’animo sensibile, oltre la loro apparenza materiale e la capacità dell’uomo di rendere artistica anche la semplice osservazione della natura. La trama, in questa fase iniziale è esilissima, quasi inesistente, tanto che è possibile leggere l’opera come se si trattasse di un canzoniere, con la conseguente possibilità di leggere singoli stralci prescindendo dall’architettura totale e godere della eleganza individuale di ogni pagina. Nella seconda parte, si incontra, attraverso un successione cronologica convenzionale, la storia d’amore tra Stelio e Foscarina. Si tratta, tuttavia, di un amore trasfigurato anch’esso nell’arte. È l’amore tra l’artefice e l’artista, tra chi crea l’arte e chi la porta al cuore del pubblico. Stelio vede Foscarina come pura materia da plasmare, come l’essere in grado di dare potenza vitale a qualunque parto della sua mente. La grande attrice, dal canto suo, riconosce tale potenza creativa e, fedele alla sua vocazione scenica, si mette al suo servizio, servendo, nel servire l’amato artefice, l’arte. Ma è anche un amore dalla forte umanità, non privo di tenerezza e passione carnale: Foscarina quasi impazzisce di gelosia per una rivale in realtà impalpabile e Stelio arde per lei di una passione naturale. Tuttavia entrambi cercano di andare oltre, di realizzare, nel fondere arte e vita, “ciò che l’amore non può”.
ALCYONE
Progetto poetico “Laudi del cielo del mare della terra degli eroi”, opera divisa in sette libri ciascuno intitolato al nome di una stella della costellazione delle Pleiadi, ma è rimasta un’opera incompiuta.
Quattro libri: Maya, Elettra, Alcione e Merope.
Alcione è il libro più significativo della serie e di tutta l’opera di D’Annunzio. E’ una rievocazione trasfigurativi di una felice estate trascorsa in Versilia, in compagnia della Eleonora Duse.
Il tema è quello di una vita vissuta in perfetta fusione con la natura. Racconta una serie di metamorfosi con la fusione dell’uomo nella natura che così si “umanizza”. Le stagioni sono intese come il ciclo della vita.
Maia celebra la poesia come apportatrice di energia vitale attraverso la rivisitazione dei miti dell’antica Ellade.
Elettra raccoglie poesie già pubblicate in cui esplode l’ideologia nazionalista e bellicista (include anche una raccolta dedicata ai centri storici italiani u tempo sede di civiltà raffinate).
LA SERA FIESOLANA
Tema tenue e musicalmente sfumato. Sera tiepida di giugno con gli stati d’animo che essa risveglia nel poeta e nella donna che gli sta accanto.
Il linguaggio non racconta né descrive, ma evoca atmosfere magiche, segreti religiosi. Il poeta e la donna perdono consistenza corporea: l’uomo è solo una voce, l’altra è un silenzioso fantasma, appena evocato dal “tu” ricorrente.
L’accordo tra esseri umani e paesaggio si intona ad uno spirito francescano nei temi mistici della fratellanza e della letizia con richiami al “Cantico delle Creature” con la triplice “laude” che scandisce i tempi della lirica.
Metafore e similitudini tendono dare sembianze umane agli aspetti del paesaggio.
LA PIOGGIA NEL PINETO
Una passeggiata a due nel bosco sotto la pioggia è lo spunto da cui si sviluppano due temi:
- la descrizione dell’acquazzone, colto nei suoi effetti sonori e nelle sensazioni di freschezza che suscita
- la progressiva immersione dei due nell’ambiente, in una vera e propria metamorfosi che li fa diventare natura dentro la natura
Si può seguire lo sviluppo di questi due temi analizzando l’alternanza e l’intreccio, nelle singole strofe dei seguenti motivi:
- le variazioni musicali del suono della pioggia
- il canto della cicala e della rana
- l’identificazione dei due personaggi umani nella natura
http://digilander.libero.it/luoni/italiano/2.2%20-%20D%27ANNUNZIO.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
Gabriele D' Annunzio vita opere riassunto e biografia
Gabriele D'Annunzio e “Il Vittoriale degli Italiani”
La vita
Gabriele d'Annunzio nasce in Abruzzo, a Pescara, il 12 marzo 1863. Vivace e precoce, dopo i primi studi con maestri locali, frequenta il Collegio "Cicognini" di Prato e consegue la licenza liceale nel 1881. Si trasferisce quindi a Roma, con l'intento di laurearsi nella Facoltà di Lettere della capitale. Ma alle aule dell'Università preferisce le redazioni dei giornali, ai quali subito collabora pubblicando poesie, novelle e articoli di varia attualità. Le prime prove liriche e narrative si impongono con successo e lo introducono nella buona società romana. Sposa così nel 1883 la duchessina Maria Hardouin di Gallese che gli darà tre figli: Mario, Gabriellino e Veniero. Elegante e mondano, colto e raffinato confessa il suo irresistibile "bisogno del superfluo" concedendosi il lusso che non può permettersi. Nel 1887 conosce Barbara Leoni, la bella Musa romana che per un lustro ispira le sue opere. Nel 1891, ormai separato dalla moglie e in gravi difficoltà economiche, si trasferisce a Napoli dove suscita scandalo la sua relazione con la principessa Maria Gravina Cruillas, che lo rende padre di Renata. La coppia adulterina riparerà in Abruzzo, a Francavilla, ospite dell'amico Francesco Paolo Michetti (1883-1897). Deputato al parlamento, ormai celebre anche in Europa, l'amore per Eleonora Duse lo porta ad abitare la "Capponcina", sui colli fiorentini, e la "tragica" sarà l'ispiratrice del suo intenso impegno teatrale. Tramontata la Duse fioriscono altri amori: Alessandra Di Rudinì (1903-1907), Giuseppina Mancini (1906-1908). E' il periodo più scarso di attività letteraria ma il più dispendioso per lo sfarzo instaurato nella Villa. Nel 1908 la nuova fiamma è Nathalie de Goloubeff mentre sulla Capponcina avanza lo spettro di un rovinoso crollo finanziario. Per sfuggire ai creditori si trasferisce in Francia.
E' il 2 marzo 1910 quando il Poeta raggiunge Parigi: inizia l'"esilio" che durerà cinque anni. Preso nel vortice della piacevole vita parigina, frequenta salotti, atéliers e cenacoli della capitale. Dopo quattro mesi di vita mondana si trasferisce ad Arcachon, nello Châlet Saint Dominique: è con lui la pittrice Romaine Brooks e, più tardi, anche l'ormai trascurata De Goloubeff. La sua predilezione artistica rimane legata al teatro che l'avvicina a Sarah Bernhardt, Cécile Sorel e alla mima Ida Rubinstein. Scrive in ottimo francese anche per la musica di Débussy e Mascagni. Nel 1914 scoppia il conflitto mondiale: la Francia scende in guerra contro la Germania mentre l'Italia, rimasta neutrale, viene esortata dal Poeta ad affiancarsi ai fratelli latini. Invitato dal Sindaco di Genova, lascia la Francia, e il 5 maggio 1915 è allo scoglio di Quarto per la celebrazione della Sagra dei Mille. Il suo discorso, come i successivi di Roma, è interventista.. l'Italia dichiara guerra all'Austria e il Tenente dei Cavalleggeri D'Annunzio chiede d'essere arruolato. Ha 52 anni, sarà fante del Veliki, marinaio di Buccari, trasvolatore su Vienna, trascinatore su tutti i fronti con l'esempio e la parola, mutilato d'un occhio, medaglia d'oro al valor militare. La vittoria italiana che ferma la guerra a Vittorio Veneto (4 nov. 1918) lo rattrista perché teme che la Conferenza della pace neghi alla Madre Patria i territori per i quali ha combattuto. Ritorna a Venezia nella Casetta Rossa che lo ospita dal novembre 1915 e inizia la sua nuova battaglia.
Dopo i frenetici mesi di irredentismo adriatico, il 12 settembre 1919 con i suoi legionari occupa Fiume e proclama la Reggenza del Carnaro: resisterà fino a quando i morti del "Natale di Sangue" (25-30 dicembre 1920) e le granate fatte sparare dal Governo italiano, lo indurranno alla resa. Lasciata Fiume, il Comandante raggiunge Venezia e poi Gardone Riviera ove il 28 gennaio 1921 prende possesso della villa "Cargnacco" già di proprietà del tedesco Henri Thode in cerca di tranquillità e lontano dalla politica attiva. Iniziati i lavori del Vittoriale, che diverrà tempio di testimonianze eroiche, ne fa dono agli Italiani e nel 1925, dichiarato monumento nazionale, lo consegna a Mussolini. Nel 1924 viene insignito dal Re del titolo di Principe di Montenevoso e, l'anno successivo, nominato Generale onorario di Brigata aerea. Nel Vittoriale, oltre a Gian Carlo Maroni che ne dirige la "Santa fabbrica", sono: la pianista Luisa Baccara che l'aveva seguito a Fiume e Amelie Mazoyer che gli è rimasta fedele da Arcachon oltre allo stuolo degli addetti ai varii servizi. Riceve visite della moglie, di Mussolini, dei Principi di Savoia, di politici, letterati, sportivi, antiche e nuove conoscenze femminili. In solitudine e in "clausura", ma sempre profeta della "più grande Italia" cura l'edizione dell'Opera Omnia, realizza l'Istituto per la recita del suo teatro, soprattutto scrive in uno stile nuovo le proprie memorie. L'ultimo libro è il suo testamento spirituale di uomo e poeta.
Nominato presidente dell'Accademia d'Italia nel 1937, muore il primo marzo 1938 colpito da emorragia cerebrale al tavolo della "Zambracca". Riposa fra gli ulivi e i lauri nel Vittoriale accanto ai suoi fedelissimi.
La sua attività politica, quella mondana (tra cui spicca la relazione con Eleonora Duse), come quella letteraria, fecero di D'Annunzio una sorta di "maestro di costume", un atteggiamento che avrebbe spinto molti a confondere l'eroismo con la violenza e la prevaricazione.
Amando definire «inimitabile» la sua vita, Gabriele D'Annunzio costruisce intorno a sé il mito di una vita come un'opera d'arte.
"Il Vittoriale degli Italiani"
Gabriele d’Annunzio, conclusa l’impresa di Fiume, giunse a Gardone Riviera il 28 gennaio 1921, per affittare la Villa Cargnacco, precedentemente occupata dal critico d’arte tedesco Henry Thode.
Nello stesso anno l’acquistò insieme a tutta l’area circostante di circa 9 ettari e iniziò immediatamente i lavori di ristrutturazione ed ampliamento, affidati al giovane architetto di Riva del Garda, Giancarlo Maroni.
Vi abitò fino alla morte, avvenuta il 1° marzo 1938; ma già nel 1923 fece dono all’Italia di tutto il complesso da lui chiamato "Il Vittoriale degli Italiani"; nell’atto di donazione D’Annunzio scrisse una premessa che costituisce ancora oggi la vera chiave di lettura del significato del Vittoriale: "Ardisco offrire al popolo italiano tutto quel che mi rimane - e tutto quel che da oggi io sia per acquistare e per aumentare col mio rinnovato lavoro - non pingue retaggio di ricchezza inerte ma nudo retaggio di immortale spirito.
Già vano celebratore di palagi insigni e di ville sontuose, io son venuto a chiudere la mia tristezza e il mio silenzio in questa vecchia casa colonica, non tanto per umiliarmi quanto per porre a più difficile prova la mia virtù di creazione e trasfigurazione.
Tutto, infatti, è qui da me creato o trasfigurato. Tutto qui mostra le impronte del mio stile, nel senso che io voglio dare allo stile. Il mio amore d’Italia, il mio culto delle memorie, la mia aspirazione all’eroismo, il mio presentimento della Patria futura si manifestano qui in ogni ricerca di linea, in ogni accordo o disaccordo di colori.
Non qui risanguinano le reliquie della nostra guerra? E non qui parlano o cantano le pietre superstiti delle città gloriose?
Ogni rottame rude è qui incastonato come una gemma rara. La grande prova tragica della nave "Puglia" è posta in onore e in luce sul poggio, come nell’oratorio il brandello insanguinato del compagno eroico ucciso.
E qui non a impolverarsi ma a vivere sono collocati i miei libri di studio, in così gran numero e di tanto pregio che superano forse ogni altra biblioteca di solitario studioso.
Tutto qui è dunque una forma della mia mente, un aspetto della mia anima, una prova del mio fervore.
Come la morte darà la mia salma all’Italia amata, così mi sia concesso preservare il meglio della mia vita in questa offerta all’Italia amata."
Il Vittoriale è stato dichiarato monumento nazionale con un Regio Decreto del 1925, quindi eretto in Fondazione con lo scopo di amministrare e valorizzare un immenso patrimonio di opere d’arte e di memorie storico - culturali, che attira ogni anno circa 200.000 visitatori.
IL VITTORIALE DEGLI ITALIANI: Il "Vittoriale degli Italiani" è la Cittadella monumentale che d'Annunzio allestisce dal 1921 al 1938, trasferendosi a Gardone Riviera, sulla riva bresciana del Lago di Garda. Non soltanto una casa ma un insieme di edifici, vie, piazze, teatri, giardini, parchi, corsi d'acqua.
La casa di D’Annunzio è denominata, a partire dal 1922, "Prioria" ovvero casa del priore secondo una simbologia conventuale che caratterizza molte parti del Vittoriale ed è sottolineata dalle grate delle finestre, la cui configurazione evoca il cordiglio del saio di San Francesco. L'antica facciata settecentesca della casa colonica, con poche tracce di affreschi devozionali, viene trasformata da Maroni, dal 1923 al 1927, con l'inserimento di stemmi, lapidi e frammenti lapidei di provenienza antiquariale, i quali suggeriscono un riferimento alla facciata del Palazzo Pretorio di Arezzo e di altri palazzi pubblici italiani dei secoli XIV-XV. Il pronao d'ingresso, in stile Novecento, è decorato con due Vittorie attribuite a Jacopo Sansovino, mentre sul battente della porta, accanto ad una bronzea Vittoria crocifissa di Guido Marussig compare il motto "Clausura, fin che s'apra - Silentium, fin che parli". Al centro della facciata un araldico levriere illustra il motto dannunziano "NE' PIU' FERMO NE' PIU' FEDELE"
PRIORIA_La stanza del Mascheraio
La stanza è così denominata dai versi sopra lo specchio del camino, composti in occasione della visita di Mussolini al Vittoriale nel maggio del 1925:
Al visitatore: teco porti lo specchio di Narciso?
Questo è piombato vetro, o mascheraio.
Aggiusta le tue maschere al tuo viso
ma pensa che sei vetro contro acciaio
Il piccolo ambiente, tappezzato da scaffali raccoglie circa 900 volumi fra cui anche spartiti musicali ed una ricca collezione di dischi, una radio ed un grammofono. Da segnalare il lampadario di vetro muranese soffiato e con mica d'oro (1923 c.), il cavallo in bronzo di Etling, presentato all'Esposizione di Arti Decorative a Parigi nel 1925, le sedie con lo schienale a lira di Gian Carlo Maroni e alcuni vasi faentini di Melandri, in stile déco.
Prioria_La stanza della Musica
Inizialmente intitolata a Gasparo da Salò, inventore del moderno violino, e chiamata anche sala del Contrappunto è una grande stanza dedicata ai piaceri e alle meditazioni musicali. Per favorire l'acustica e il raccoglimento, ha le pareti rivestite di preziosi damaschi neri e argento della ditta Ferrari di Milano ed è isolata dall'esterno da vetrate, ad imitazione dell'alabastro, di Pietro Chiesa. Nella sala sono conservati due pianoforti e altri strumenti musicali: un clarino, uno zufolo e un arciliuto. Sulle pareti si trovano alcuni dipinti della collezione Thode fra i quali un ritratto di Cosima Liszt Wagner, opera di von Lenbach, e le maschere funerarie di Beethoven e di Liszt. L'arredamento accosta tra loro oggetti déco (la Diana cacciatrice e i tondi di Brozzi) e statuette orientali, colonne romane sormontate da zucche policrome luminose e cesti di frutti in vetro di Murano di Napoleone Martinuzzi, calchi in gesso di sculture greche e preziosi pavoni persiani: il sincretismo dannunziano trova qui una chiara esplicitazione, in una singolare alchimia di forme e di simboli di culture disparate.
PRIORIA_Sala del mappamondo
E’ una delle grandi biblioteche del Vittoriale e prende il nome dal grande globo geografico che spicca in fondo alla sala. Anche qui ci si trova davanti ad una voluta caratterizzazione del tema conventuale per la presenza dell'organo ornato dalle figurette dei "piagnoni" (statue che decoravano le tombe francesi nei secoli XIV e XV) in contrapposizione ad altri elementi evocativi: la maschera funebre di Napoleone, il busto in gesso di Michelangelo, da sempre considerato dal poeta il Parente, e il gesso del Tondo Pitti. Infine, in una nicchia, l'altro grande caposaldo culturale di d'Annunzio, Dante Alighieri, quale lo raffigura una notissima incisione di Adolfo De Carolis del 1920, realizzata in occasione dell'impresa fiumana e intitolata "Dantes Adriacus". Sull'architrave della porta di fronte all'organo, il motto: "Aliquid amplius invenies in silvis quam in libris": troverai qualcosa di più vasto nelle selve che nei libri. Alle pareti circa seimila volumi, soprattutto di storia dell'arte appartenuti al critico d'arte Henry Thode. Sul tavolo la preziosa edizione della Divina Commedia del 1927 di Amos Nattini.
PRIORIA_La Zambracca
ll nome è derivato da un antico vocabolo provenzale che significa "donna da camera". Era lo studiolo nel quale d'Annunzio smistava la posta privata, ma era anche anticamera e guardaroba (alle spalle della scrivania, a fianco dell'armadio cinquecentesco, si apre il piccolo vano nel muro contenente i medicinali del Poeta). In questo ambiente raccolto egli trascorreva, negli ultimi anni, la maggior parte del tempo; e qui d'Annunzio morì la sera del 1° marzo 1938. Importanti alcuni oggetti sulla scrivania come il completo da scrittoio firmato da Mario Buccellati, orafo del Vittoriale e soprannominato dal Poeta Mastro Paragon Coppella, la testa d'aquila in argento di Renato Brozzi (1930 c.), gli animali esotici in vetro muranese, la testa dell'Aurora di Michelangelo, i gessi dei cavalli fidiaci del Partenone e il vaso-urna in vetro pulegoso di Napoleone Martinuzzi del 1925-1926.
PRIORIA_Stanza della Leda
Era la camera da letto del Poeta e prende il nome da un grande gesso posto sul caminetto ( in stile Déco con nicchie dorate e statuette di origine orientale e di vetro di Lalique), raffigurante Leda amata da Giove trasformatosi in cigno. Sulla porta si legge il motto "Genio et voluptati" ed è appesa una piastrella proveniente dal palazzo Ducale di Mantova con il motto "Per un dixir". Sul soffitto, decorato da Guido Marussig, sono riportati i famosi versi danteschi "Tre donne intorno al cor mi son venute...". Anche qui l'assortimento di oggetti disparati è straordinario: dagli elefanti in maiolica cinese ai piatti arabo-persiani, dai bronzi cinesi alle maioliche azzurre, ai mobili in stile orientale. Notevoli il copriletto in seta ricamata persiana con animali selvaggi, dono della moglie, il Ritratto di Dogaressa di Astolfo De Maria e il calco monumentale del Prigione morente di Michelangelo che d'Annunzio ha abbigliato con bracciali, un prezioso tessuto argentato sui fianchi e una placchetta d'argento di Martinuzzi raffigurante Apollo.
PRIORIA_ Veranda dell’Apollino
Il piccolo ambiente fu aggiunto da Maroni alla struttura originaria della villa per schermare la luce diretta del sole nella stanza della Leda e fungeva da saletta di lettura suggestivamente affacciata sui giardini del Vittoriale digradanti verso il lago. Il nome del vano deriva dal gesso di un Kouros arcaico decorato dal Poeta con occhi azzurri, un prezioso perizoma e un fascio di spighe dorate, simbolo di fecondità; la stanza è decorata da riproduzioni di ritratti famosi della pittura italiana del Rinascimento, animali in porcellana Lenci e Rosenthal, tappeti e vasi persiani. Su un tavolino le fotografie della madre e di Eleonora Duse.
PRIORIA_Bagno blu
Era il bagno padronale, sorta di prezioso scrigno nel quale si trovano oltre 600 oggetti i cui toni dominanti sono il blu e il verde. Sul soffitto si legge il motto, da Pindaro "Ottima è l'acqua", e alle pareti oltre alle riproduzioni degli Ignudi della cappella Sistina di Michelangelo, troviamo a fianco della vasca da bagno una ricca collezione di piastrelle di ceramica da parete di produzione persiana, alcune delle quali risalenti anche ai secoli XVII e XVIII, insieme con animali in ceramica policroma e argento con pietre preziose di provenienza cinese. Interessante, tra l'altro, il blocco di malachite su cui si staglia un'antilope in vetro soffiato di Guido Balsamo Stella, affiancata da piccoli Budda in cristallo di rocca. Sul tavolo oggetti da toeletta di Buccellati in argento e pietre, vetri muranesi, collezioni di pugnali e spade e una bella ceramica di Francesco Nonni del 1927 in origine elemento di un gruppo più ampio raffigurante un corteo orientale.
PRIORIA_Ritirata
Il piccolissimo ambiente contiene tre interessanti maschere lignee del teatro giapponese del secolo XVIII e una figurina femminile di porcellana di Rosenthal del 1927. La vetrata con i coloratissimi aironi è opera di Pietro Chiesa del 1925.
PRIORIA_Stanza del lebbroso
Chiamato anche Stanza dei Sogni Puri, questo ambiente aggiunto da Maroni al nucleo originario della casa fu concepito da d'Annunzio come camera funeraria: per questo fra tutte quelle del Vittoriale è forse, la stanza più densa di simboli. L'idea è già ricordata in alcuni passi de Le Faville del maglio, ove cinque Sante appaiono al poeta come un sogno incitandolo alla rinuncia di piaceri del mondo. Per la realizzazione del suo programma iconologico di questo ambiente d'Annunzio si affidò a Guido Cadorin che tra il 1924 e il 1925 portò a termine l'impresa decorando il soffitto con cinque figure femminili volanti (Caterina da Siena, Giuditta di Polonia, Elisabetta d'Ungheria, Odilla d'Alsazia e Sibilla di Fiandra: ma i volti sono ritratti di donne legate in un modo o nell'altro a d'Annunzio), i pannelli dell'armadio con motti e imprese del Poeta, le ante degli armadi oltre la balaustra dell'alcova con le figure degli arcangeli; sempre di Cadorin sono il quadro che raffigura Cristo che benedice la Maddalena e, sulla parete in fondo, il dipinto con San Francesco che abbraccia il lebbroso, ossia il Poeta stesso, monocolo. Le pareti coperte di pelle di daino, che evoca il colore del saio francescano, i simboli della Passione sul soffitto, il prezioso San Sebastiano del secolo XVI, le vetrate di Pietro Chiesa con iscrizioni tratte dalle laudi francescane: tutto cospira al mito ascetico di D'Annunzio che fece realizzare a Maroni il letto a forma di culla-bara, per le sue meditazioni sul mistero della vita e della morte. Qui sarà esposta la sua salma nella notte fra l'1 e il 2 marzo 1938. Su un tavolino i ritratti fotografici della sorella Elvira, della madre Luisa (sul quale si leggono, autografi, i versi del "Poema Paradisiaco": "Non pianger più. Torna il diletto figlio alla tua casa...", di Eleonora Duse, insieme con la Coppa delle Vestali in vetro smaltato di Vittorio Zecchin del 1919.
PRIORIA_Corridoio della Via Crucis
Corridoio così denominato dalle formelle in rame smaltato che rappresentano le 14 stazioni della Via crucis, opera di Giuseppe Guidi. Le pareti sono rivestite con tessuti di Lisio e Ferrari di Milano, recanti il motto "Pax et bonum - malum et pax". Dalle finestre si possono vedere il Cortile degli Schiavoni, decorato da una raccolta di stemmi, frammenti architettonici, sculture, anche romane, immurati e il Portico del Parente, dedicato a Michelangelo con le riproduzioni di alcune sue opere.
PRIORIA_ Stanza delle reliquie
In origine era denominata il Cenacolo, in quanto utilizzata come sala da pranzo (è vicina alle cucine; e in alcuni armadi nascosti si trovano ancora stoviglie e argenterie da tavola); e fu poi adibita a Sala da musica, (Sala del Contrappunto) come indica la grande vetrata dedicata a Santa Cecilia (il volto è quello di Luisa Baccara) firmata da Pietro Chiesa e Guido Cadorin nel 1925. Nel Libro segreto si legge "Dianzi, nel Cenacolo delle Reliquie, fra i Santi e gli Idoli, fra le immagini di tutte le credenze, fra gli aspetti di tutto il Divino, ero quasi sopraffatto dall'èmpito lirico della mia sintesi religiosa.... un senso infinito dell'ansia religiosa nei secoli, e ne' secoli de' secoli, mi amplia infinitamente il petto scarnito" le reliquie qui raccolte sono in realtà, per una parte, reliquie dannunziane (sul soffitto il gonfalone della Reggenza del Carnaro con le 7 stelle dell'Orsa Maggiore, su una sorta di altare il volante spezzato dello scafo su cui morì nel 1930 sir Henry Segrave nel tentativo di stabilire il record mondiale di velocità motonautica, il bassorilievo con il leone di San Marco donato a d'Annunzio dalla città di Genova in occasione del memorabile discorso interventista Per la Sagra dei Mille, il 5 maggio 1915, il quadro di Marussig colpito da una granata durante il Natale di sangue, ecc.) giustapposte a reliquie cristiane (straordinari la raccolta di statue lignee lungo il soffitto, dal secolo XIV al XVIII, e l'altare dorato cinquecentesco con cartelle in argento o argentate del Settecento) e orientali: su un lato una piramide di statue indo-cinesi e giapponesi simboli delle religioni orientali sormontata dalla statua della Vergine. All'ingresso, ancora una volta, i cavalli del Partenone e l'Ermes di Prassitele (la cui "androgina forma" è esaltata come ideale erotico assoluto nella nona sezione della Laus Vitae). Le pareti sono rivestite da cortinaggi con disegni a melagrana di Mariano Fortuny e da un grande arazzo di soggetto biblico appeso alla travatura che reca il motto: "Cinque le dita, cinque le peccata" (dai sette peccati capitali d'Annunzio escludeva lussuria e prodigalità).
PRIORIA_Oratorio dalmata
Era la sala d'aspetto per i pochi visitatori ammessi all'interno della Prioria ed è caratterizzata da stalli cinquecenteschi sui quali sono indicati i posti del priore, del vice priore, del cancelliere, ecc. Presso il camino (disegnato da Maroni) una colonnetta romanica sorregge un leone proveniente dalla città dalmata di Arbe. Sulle pareti immagini religiose della più varia provenienza e un grande dipinto raffigurante Giobbe, attribuito alla scuola del Ribera. Al centro della stanza è invece raccolta una serie di oggetti liturgici (pissidi, navicelle, turiboli, aspersori) a forte valenza evocativa; mentre al centro del soffitto, ulteriore reliquia, è appesa l'elica dell'idrovolante con il quale nel 1925 Francesco De Pinedo compì il volo a tappe di 55.000 chilometri da Sesto Calende a Melbourne e Tokio
PRIORIA_Scala
La stretta scala di accesso al piano superiore é tappezzata di volumi di storia dell'arte appartenuti a Henry Thode ed è scandita da alcune sculture lignee del Quattrocento di notevole importanza.
PRIORIA_Stanza del monco
Il nome deriva dalla scultura collocata sull'architrave della porta (una mano sinistra tagliata e scuoiata con il motto Recisa quiescit "tagliata riposa"). Era la saletta della corrispondenza: d'Annunzio, non potendo o non volendo rispondere a tutti, ironicamente si dichiarava monco, e dunque impossibilitato a scrivere. Gli armadi sono gli unici mobili del Vittoriale provenienti dalla Capponcina, la famosa villa presso Firenze, abitata dal Poeta dal 1898 al 1910. Sull'architrave degli scaffali quattro sentenze di Leonardo da Vinci:"E chi non ha sepoltura è coperto dal cielo". Acciocchè tu più cose possa più ne sostieni". Se tu vuoi che la tua casa ti paia grandissima, pensa del sepolcro". Niuna casa è si piccola che non la faccia grande uno magnifico abitatore". Fra gli oggetti vanno ricordati la cassa di legno sulla scrivania, usata da Gabriele adolescente durante la permanenza al Collegio Cicognini di Prato e il vaso Libellula, realizzato a Murano su disegno di Vittorio Zecchin intorno al 1914-1915.
PRIORIA_Officina
E’ l'unica stanza della Prioria nella quale entra liberamente la luce naturale del giorno ed è l'unica arredata con mobili semplici e funzionali di rovere chiaro. Era lo studio di d'Annunzio, al quale si accede salendo tre scalini e passando sotto un basso architrave che costringe il visitatore a inchinarsi: un tacito omaggio all'arte che qui si produceva. La disposizione delle scrivanie a isola, nel cui centro si collocava il Poeta avendo a disposizione su ogni lato ricche collezioni di lemmari, vocabolari, lessici speciali opere di consultazione ai quali attingere in modo rabdomantico parole, forme verbali, soluzioni linguistiche arcaiche e moderne. Qui egli lavorava anche 16 ore al giorno scrivendo con penne d'oca o pennini in metallo su carta di Fabriano (con filigrane disegnate da Marussig e De Carolis e con motti di conio dannunziano). La stanza è inoltre arredata con riproduzioni fotografiche della michelangiolesca volta Sistina, e di opere di Mantegna, Botticelli, Raffaello, con i calchi in gesso delle metope del Partenone, delle teste michelangiolesche, della Nike di Samotracia (il tema della Vittoria fu sempre caro al Poeta) e del volto di Eleonora Duse (dal prototipo marmoreo di Arrigo Minerbi del 1924) che il Poeta teneva costantemente velato con una stola di seta.
PRIORIA_Il corridoio del labirinto
Il nome deriva dall'emblema del Labirinto, che si ripete sulle porte e le rilegature dei libri, ricavato da quello celebre del Palazzo Ducale di Mantova; dal motto dello stesso Labirinto, d'Annunzio aveva tratto il titolo del celebre romanzo, "Forse che sì, forse che no". Alle pareti circa 2.000 volumi, prevalentemente di letteratura francese.
PRIORIA_Stanza della Cheli Ultimata nel 1929, la stanza deriva il suo nome da una grande tartaruga in bronzo opera di Renato Brozzi, ricavata dal carapace di una vera tartaruga donata a d'Annunzio dalla Marchesa Luisa Casati e morta nei giardini del Vittoriale per indigestione di tuberose. Era la sala da pranzo per gli ospiti: d'Annunzio negli ultimi anni della sua vita preferiva pranzare da solo nella Zambracca. I vividi colori azzurro e oro, la lacca rosso fuoco, le vetrate (sempre di Pietro Chiesa) ad imitazione dell'alabastro ne fanno l'ambiente più compiutamente déco della casa e lo avvicinano a certe soluzioni dei saloni dei contemporanei transatlantici da crociera. La tartaruga (khélys in greco), ricorda d'Annunzio in "Laus vitae", simboleggia anche l'origine della Poesia dato che da un guscio di tartaruga Apollo ricavò la sua cetra; d'altra parte il gruppo bronzeo del Fauno e della Ninfa di Le Faguays (scultura déco francese di grande interesse) richiama le immagini incantate delle metamorfosi e degli amori divini e bestiali di Alcyone. La mensa infine è arricchita, con una fastosità di sapore orientale o bizantino, da tartarughe in argento, perle e pietre preziose, da pavoni, frutti di vetro e stoviglie d'argento, bellissimi piatti in argento incisi da Renato Brozzi con motti dannunziani.
PRIORIA_L’Auditorium
All'interno dell'Auditorium, al cui soffitto è appeso l'aereoplano SVA 10 con cui d'Annunzio compì il suo audace volo su Vienna, è allestita a cura della Sezione Didattica una mostra fotografica permanente dedicata alla vita del Poeta. Oltre un centinaio di immagini d'epoca illustrano vividamente le tappe e le svolte dell'esistenza di d'Annunzio, dall'infanzia a Pescara agli anni del Vittoriale, e ne documentano i rapporti, gli amori, le avventure estetiche, politiche, militari. Il percorso espositivo, corredato da didascalie nitide e essenziali, offre così un quadro illuminante sia del dannunziano "vivere inimitabile" che dei costumi e delle forme di vita dalla Belle Epoque al pieno Novecento.Dall'Auditorium si accede a una mostra didattica permanente dedicata a La fabbrica del Vittoriale. Il percorso espositivo, costituito da documenti e immagini fotografiche d'epoca, pannelli illustrativi, didascalie conduce attraverso le varie fasi della costruzione della Cittadella di Gardone Riviera ad opera dell'arch. Gian Carlo Maroni, mentre suggestive riproduzioni di autografi dannunziani documentano il ruolo centrale del Poeta nell'edificazione del Vittoriale e illuminano il senso che egli attribuiva, sin nei minimi particolari, agli edifici, ai luoghi, agli ornamenti, alle atmosfere di questa sua ultima dimora.
GIARDINI E PARCHI
Nel giardino, sotto il faggio di porpora, fra il macigno del Grappa e il macigno del Sabotino, fra il Leone veneto di Sebenico e la mitragliatrice austriaca di Asiago, è un lembo di prato, quasi frammento di vasta prateria: ché l'erba v'è folta e vivida e libera come nelle piane solitudini... la massa delle magnolie è immobile. I rami del faggio purpureo non hanno il più lieve brivido. Sembrano sentire l'avvento del sole...(dal Libro segreto) recentemente restaurati e aperti al pubblico, i Giardini privati e il parco del Vittoriale si estendono su una superficie di circa 11 ettari e corrispondono anch'essi, come gli edifici e le ristrutturazioni architettoniche, a un preciso disegno comparativo del Poeta, che ne seguì passo dopo passo la realizzazione, la piantumazione, l'arricchimento. Vi si accede dal lato destro della Prioria: il percorso si snoda dallo spazio dell'Arengo, con i suoi alberi secolari e le sue reliquie guerriere, alle limonaie del Belvedere, dalle geometriche simmetrie del Giardino delle rose e del frutteto di cachi e melograni alla selvaggia costa boscosa delle Vallette fra statue e corsi d'acqua, lungo i sentieri sinuosi che conducono al magico Laghetto delle Danze. L'archetipo dell'Eden o del locus amoenus si salda così a quello della foresta, e in ogni luogo si rinnova in forme sempre diverse l'intreccio misterioso e suggestivo tra arte e natura e tra natura e storia.
MAS
L’edificio fu progettato nel 1942 da Maroni, ma venne realizzato solo nel 1958, per conservarvi il Motoscafo Anti Sommergibile a bordo del quale Gabriele d'Annunzio con Luigi Rizzo e Costanzo Ciano partecipò alla "Beffa di Buccari" nella notte tra il 10 e l'11 febbraio 1918. All'esterno il motto dannunziano desunto dall'acrostico del MAS "MEMENTO AUDERE SEMPER": ricorda di osare sempre. Sul MAS, negli anni del suo esilio dorato, d'Annunzio compiva escursioni sul lago
MAUSOLEO Progettato da Gian Carlo Maroni nel 1939 fu costruito sul Colle Mastio nel 1955 dove erano state collocate le arche tardoantiche con le spoglie degli eroi di Fiume. Il monumento, ispirato ai tumuli funerari di tradizione etrusco-romana, è costituito da tre gironi di pietra (i gironi della vittoria degli Umili, degli Artieri e degli Eroi). Nella spianata superiore sono collocate a raggiera le dieci arche a coronamento di quella centrale sopraelevata, nella quale nel 1963 vennero traslate le spoglie di Gabriele d'Annunzio. Nella cripta, dove arde una fiamma perenne, è murato il Crocifisso bronzeo di Leonardo Bistolfi del 1926, il cui modello originale risale al 19O1.
LA FABBRICA DEL VITTORIALE
Le date: 1° febbraio 1921 - Affitta per 600 lire mensili e per il termine di un anno la villa di Cargnacco (contrada di Gardone Riviera) appartenuta a Henry Thode, l'illustre studioso d'arte che in prime nozze aveva sposato Daniela Senta von Bülow, figlia di Cosima Liszt. La villa era stata sequestrata dal Governo italiano come risarcimento dei danni di guerra.5 aprile 1921 - Riceve Mussolini nella nuova residenza.
31 ottobre 1921 - La villa di Cargnacco, soprannominata la "Colonica" per il suo carattere rustico, viene acquistata per 130.000 lire, cifra che raddoppia con l'acquisto congiunto di tutto ciò che la villa contiene: la biblioteca di circa seimila volumi, il pianoforte Steinway appartenuto a Listz, ritratti di Lembach, mobilio e cimeli, manoscritti di Wagner...
Novembre 1921 - Il giovane architetto Gian Carlo Maroni (1893-1952), nativo di Riva del Garda, ex-combattente, allievo di Wenter Marini, è già all'opera per ristrutturare la villa. I primi interventi, precisa il committente, dovranno "stodeschizzarla". Maroni sarà poi responsabile della Santa Fabbrica del Vittoriale.
Natale-Capodanno 1921-1922 - In un numero speciale dell' "Illustrazione italiana" d'Annunzio pubblica Il Palladio del Garda. Da poco reduce dall'avventura fiumana insiste sulla "Vittoria mutilata" e si propone come baluardo della Patria dalla nuova postazione nei pressi del confine austriaco. Esce da Treves Il Notturno, "commentario" della Grande guerra (nel corso dell'anno ha pubblicato le orazioni fiumane).
13 agosto 1922 - Per un incidente ancora oggi oscuro, resta gravemente ferito al capo. E' caduto da una finestra del primo piano della villa che ormai, con vezzo francescano, viene ribattezzata Prioria. Il 15 di quel mese era previsto un incontro a tre con Nitti e Mussolini.
16 ottobre 1922 - Renato Brozzi, lo scultore che d'Annunzio definirà animaliere gli fornisce un'innumerevole serie di piccoli animali in oro e argento. E' di Martinuzzi la Vittoria coronata di spine, statua in bronzo che troverà sistemazione nei Giardini.
28 ottobre 1922 - Nel giorno della Marcia su Roma Mussolini telegrafa a d'Annunzio, ancora convalescente: "Non vi chiedo di schierarvi al nostro fianco...ma siamo sicuri che non vi metterete contro questa meravigliosa gioventù".
15 maggio 1923 - Nei giardini, il boschetto di magnolie dove sono erette "numerose colonne memoriali "viene chiamato per la prima volta Il Vittoriale. Per estensione il nome passa quindi a tutta la proprietà, mentre il luogo votivo diviene l'Arengo.
22 dicembre 1923 - Atto di donazione del Vittoriale al "popolo italiano". Nel corso dell'anno ha pubblicato Il testo del Nuovo Patto marino e Per l'Italia degli Italiani.
14 marzo 1924 - In occasione dell'annessione di Fiume il re gli conferisce il titolo di Principe di Montenevoso.
22 aprile 1924 - Muore a Pittsburg Eleonora Duse.
Maggio 1924 - Il Vittoriale si arricchisce di cimeli: giungono lo SVA 10 del volo su Vienna insieme con alcuni massi di guerra (Adamello, Sabotino, Pasubio, San Michele, Grappa...) collocati nei giardini di fronte alla Prioria.
10 giugno 1924 - Matteotti viene assassinato
15 giugno 1924 - Riceve £. 100.000 come acconto per la vendita al governo del manoscritto della Gloria (il saldo, di ulteriori £. 100.000, è di tre giorni successivo). Guido Cadorin è all'opera per decorare la Stanza del Lebbroso, luogo simbolico (il lebbroso, ovvero d'Annunzio stesso, era anticamente emarginato ma sacro a Dio).
Agosto 1924 - Acquisto della Villa Mirabella. Adiacente alla Prioria, ospiterà la moglie di d'Annunzio, Maria Hardouin di Gallese, durante i suoi frequenti soggiorni gardonesi. Esce il primo volume delle Faville del maglio, prose di memoria.
Gennaio 1925 - Giungono al Vittoriale il MAS (motoscafo antisommergibile, ma per d'Annunzio l'acronimo equivale a memento audere semper) sul quale il poeta soldato ha compiuto nel 1918 la "Beffa di Buccari" e, in una ventina di vagoni ferroviari, la prua della nave Puglia (in memoria dell'eroico capitano Gulli, ferito a morte nelle acque di Spalato il 10 luglio 1920). Viene rimontata e collocata sul promontorio "la Fida".
25 marzo 1925 - Chiede a Mussolini l'appoggio per la costruzione del Meandro del Benaco, via litoranea che dovrà congiungere la "liberata Venezia tridentina e la regione lombarda, la veneta, la padana, l'emiliana".
12 maggio 1925 - Impartisce istruzioni per la facciata della Prioria: "desidero seguire il disegno del palazzotto aretino del Podestà...Bisogna tempestarla di pietre senza ordine simmetrico".
17 maggio 1925 - Giunge al Vittoriale l'idrovolante S 16 che si chiamerà Alcyone.
25 maggio 1925 - Seconda visita di Mussolini a Gardone: sul MAS, con d'Annunzio, il duce solca le acque del lago. Risalgono a quel mese l'acquisto della Torre-Darsena e la sistemazione del Portico del Parente (il portico antistante i Giardini, decorato da Guido Marussig, è dedicato a Michelangelo, che d'Annunzio considera suo ideale "genitore").
Agosto 1925 - Acquisto dell'ex-Hotel Washigton. La proprietà si espande a scanso di importune vicinanze. Marcello Piacentini visita il Vittoriale lasciando in dono a d'Annunzio le prime tre annate di "Architettura e arti decorative", rivista da lui diretta.
Settembre 1925 - Renato Brozzi consegna la Vittoria angolare, grande statua in bronzo che sarà collocata sulla prua della nave Puglia.
Ottobre 1925 - E' ultimata la sistemazione della Stanza della Leda, camera da letto intitolata al gesso dorato posto sul camino, raffigurante l'accoppiamento mitologico di Leda con Giove trasformato in Cigno. La stanza prende luce dalla Loggia dell'Apollino (il nome deriva dal gesso di un piccolo Apollo arcaico) che Maroni costruisce ex- novo.
Giugno 1926 - E' fondato l'Istituto per l'edizione dell'Opera Omnia che sarà stampata da Mondadori. Nelle casse del Vittoriale entrano così dieci milioni di lire che andranno ad alimentare la Santa Fabbrica con gli Edifici degli Archivi, i Loggiati che fanno da corona alla piazzetta dalmata, l'ala di Schifamondo (variante di Schifanoia). D'Annunzio scrive a Maroni: "Chiedo a te l'ossatura architettonica, ma mi riserbo l'addobbo...Desidero di inventare i luoghi dove vivo". Esce Il libro ascetico della giovane Italia, raccolta degli scritti di guerra.
13 novembre 1926 - Maroni ha reperito gigli e aquile in pietra da collocare nei Giardini (il modello è villa d'Este a Tivoli).
7 dicembre 1926 - L'Officina, lo studio con tavoli e scaffali in rovere chiaro, è ultimata. Viene ultimata la Stanza della Musica, decorata con i vetri muranesi di Napoleone Martinuzzi (soprannominato "Fra Napè").
2 febbraio 1927 - Prendono avvio i lavori per l'ala di Schifamondo.
Giugno 1927 - Napoleone Martinuzzi esegue la Canefora (figura di donna accosciata che regge in capo un canestro di frutta), statua in bronzo collocata su un alto pilo nei giardini.
12 settembre 1927 - "La Figlia di Iorio" è in scena nei Giardini del Vittoriale. Comincia a concepire la costruzione del Parlaggio, un grande anfiteatro.
Giugno 1928 - Esce il secondo tomo delle Faville del maglio.
8 giugno 1929 - Dopo tre anni di lavori, è ultimata la nuova sala da pranzo, ovvero la Stanza della Cheli ( il nome deriva dalla tartaruga in bronzo, realizzata da Renato Brozzi, posta a capotavola) che congiunge la Prioria allo Schifamondo. Secondo d'Annunzio "è la sola stanza del Vittoriale che non sia triste".
14 agosto 1929 - E' impaziente di abitare lo Schifamondo. Confessa a Maroni: "Ho il bisogno quasi tragico di abitare in una casa nuova".
Ottobre 1929 - Si conclude l'allestimento della Stanza delle Reliquie (contiene i simulacri di tutte le religioni) con il montaggio della grande vetrata di Santa Cecilia all'organo. Il disegno è di Cadorin, la realizzazione di Pietro Chiesa.
Agosto 1930 - Marcello Piacentini è di nuovo a Gardone, dove raccoglie materiale per l'articolo che dedicherà in dicembre a "Gian Carlo Maroni", l'architetto del Vittoriale", sulla rivista "Architettura e arti decorative".
7 settembre 1930 - L'atto di donazione del Vittoriale al "popolo italiano" viene ribadito e perfezionato. Viene predisposto l'acquisto di nuove aree che ampliano la proprietà fino al raggiungimento di nove ettari complessivi.
Dicembre 1930 - Nasce il "Sodalizio dell'Oleandro" per l'edizione nazionale dell'opera di d'Annunzio in veste economica.
18 agosto 1931 - Maroni chiede la collaborazione di Giò Ponti durante il rifacimento della cucina e dei bagni della Prioria.
10 settembre 1931 - Maroni e Brozzi partono alla volta di Pompei dove dovranno compiere studi per la costruzione del Parlaggio, il grande anfiteatro del Vittoriale.
18 febbraio 1932 - Stila un preventivo di circa 2.000.000 di lire per l'allestimento di Schifamondo. Progetta il Museo di guerra, una Sala d'Estremo Oriente per i décors orientali e un giardino pensile (poi non realizzati).
1° novembre 1932 - Terza visita di Mussolini al Vittoriale.
Luglio 1933 - Riesce a far abbattere l' "immonda taverna", un'osteria ubicata accanto al portale d'accesso del Vittoriale. Iniziano i lavori per la costruzione della Piazza dei caduti di Gardone che armonizzano la monumentale residenza con l'ambiente circostante.
Marzo 1934 - Si concludono i lavori per il Casseretto, sede degli Uffici della Santa Fabbrica e abitazione di Maroni (la denominazione marinara assimila il villino a un "cassero", ovvero a un ponte di comando).
7 ottobre 1934 - Quarta visita di Mussolini al Vittoriale.
Dicembre 1934 - Gli ex-combattenti di Brescia donano una copia della celebre Vittoria (reperto del I sec. d.C.), collocata in un apposito Tempietto nei loggiati.
Settembre 1935 - Escono le Cento e cento e cento e cento pagine del Libro Segreto di Gabriele d'Annunzio tentato di morire, l'ultima grande opera del memorialista. Sostiene la campagna d'Africa con messaggi inneggianti all'Impero che saranno raccolti l'anno successivo in Teneote Africa.
Ottobre 1935 - Il Comune di Milano dona a d'Annunzio copia della Vittoria del Piave di Arrigo Minerbi. La statua in bronzo è collocata sul primo pilo del viale d'accesso.
Agosto 1936 - Maroni si reca a Pescara per il restauro della casa natale di d'Annunzio.
17 luglio 1937 - E' costituita la Fondazione "Il Vittoriale degli Italiani" e Maroni ne assume la soprintendenza.
20 settembre 1937 - Viene nominato Presidente della Reale Accademia d'Italia.
30 settembre 1937 - Alla stazione di Verona incontra Mussolini reduce dal viaggio trionfale in Germania.
1° marzo 1938 - Muore alle ore 20 per emorragia celebrale. La morte lo sorprende mentre è seduto al tavolo della Zambracca, la stanza (zambra) che funge da guardaroba e studio privato.
Maroni ultimerà il Mausoleo (dove ora d'Annunzio è sepolto insieme con alcuni legionari fiumani) e il Parlaggio.
http://digilander.libero.it/leo.eli/classe%20V_MATERIALI/MATERIALI_ITALIANO/AUTORI/15_D_Annunzio/014_VITTORIALE.doc
GABRIELE D’ANNUNZIO (1863-1938)
- Considerato l’altro grande esponente della poesia decadente in Italia
- Ebbe una vita ricca di eventi (a differenza di Pascoli)
- È anteticamente il poeta della vita (Pascoli era quello della morte)
- È il rappresentante del letterato decadente con una certa concezione dell’arte e della vita
- Nasce a Pescara
- 1881 si trasferisce a Roma (che è lo sforzo di diversi suoi romanzi)
- Diventa giornalista, letterario e cronista mondano
- Ha una vita brillante: frequenta i salotti dell’aristocrazia, diventa amico di molti aristocratici. Ha molte relazioni chiacchierate con donne note sposate
- 1894 relazione con la Dusa, attrice teatrale piuttosto nota: la relazione proseguirà a lung con alti e bassi
- La vita dispendiosa gli procura tantissimi debiti
- 1897 diventa deputato all’interno della destra storica
- Passera poi all’estrema sinistra (dicendo <<vado verso la vita>>)
- D’Annunzio è più uomo d’azione che uomo politico. Cambia le sue posizioni, però con motivi piuttosto strani.
- Vive a Firenze con la Duse
- 1910 oppresso dai debiti si reca in Francia, in quello che lui retoricamente definisce esilio
- 1915 torna in Italia
- Sarà autore di una serie di imprese azzardate: ad esempio durante la guerra sorvola i territori lanciando volantini
- 1919-21 tenta l’impresa di Fiume con le sue truppe, poi sarà costretto a ritirarsi
- Si ritira nella sua villa sul Garda, nella sua casa: il Vittoriale. Non si ritira pienamente dall’attività politica d’azione
- ’22 marcia su Roma (all’inizio appoggia il fascismo); fu anche autore del linguaggio del fascismo. Ha inventato il saluto fascista sull’esempio di quello inglese HIP-HIP-HURRÀ
- Muore nel 1838 alla vigilia della seconda guerra mondiale
- Fu scrittore e uomo politico (le cui posizioni velleitarie hanno pochi concetti di base)
- Ideale di esaltazione della patria italiana e delle imprese militari e delle avventure coloniali (esalta la guerra di Libia)
- Esalta la guerra e le imprese eroiche : per lui la guerra era il palcoscenico attraverso il quale l’eroe poteva mettersi in mostra (individualismo guerresco)
- È molto vicino alle posizioni del futurismo per l’esaltazione della guerra
- Tutta l’azione politica è da lui concettizzata da una retorica che ispirerà quella del fascismo a cui d’Annunzio aderì
- Esaltazione della cultura europea occidentale
- Uso della retorica urlata, definita anche roboante, cioè eccessiva. Si può definire come uno dei cantori del fascismo. Nella sua ideologia c’è un fondo di razzismo evidente: considerava le civiltà europee superiori a quelle africane, e questo autorizzava, ad esempio, la conquista dell’Etiopia
- Le posizioni politiche sono tutto sommato velleitarie, più che altro un appoggio ideologico: è una sorta di protagonismo esibizionistico. È difficile dividere la sua opera di letterato dalla sua vita politica. C’è una sorta di rifiuto e odio aristocratico delle masse popolari: concezione aristocratica della vita. Per lui gli intellettuali portano valori superiori: si rivolge ad un pubblico d’elite culturale (non necessariamente aristocratico).
- Idea del super-uomo, uomo eccezionale, capace di tante imprese nella letteratura, nella vita privata, nella politica: si avvicina al super-uomo di Nietzche, anche se con delle differenze.
- La concezione dell’arte e della letteratura è tipicamente decadente: ne è l’esponente più significativo (anche più di Pascoli). Arte e letteratura come culto della bellezza (estetismo): l’artista deve far si che la sua opera celebri il bello, il mondo aristocratico
- Sa propagandare se stesso e concepisce tutta la sua vita come un’opera d’arte (spettacolarizzazione di sé): cura molto bene la sua immagine, per apparire sempre in un ben determinato modo, soprattutto con gesti molto clamorosi (come ad esempio le relazioni con le donne). È paragonato ad Oscar Wilde, per il quale vale lo stesso concetto di apparire sempre secondo un’immagine che egli stesso costruisce (d’Annunzio ne conobbe l’opera, ma non fu il suo modello principale).
- Esalta il potere e il valore assoluto della parola: tutto deve essere svolto in funzione del suono (il verso è tutto), anche al di là del significato razionale vero e proprio. I valori sono legati al potere evocativo del suono e del linguaggio. Lo stile deve essere serio e solenne (il contrario di quanto sosteneva Pascoli), il lessico aristocratico, difficile e latineggiante: in questo presenta qualche somiglianza con Carducci)
OPERE
Si possono dividere in tre gruppi:
- Poesia
- Prosa
- Opere teatrali
POESIA
Forse la più vasta parte della sua produzione, è assai varia, con tono e argomento anche molto diverso.
- “Primavere” (1879): raccolte liriche giovanili
- “Canto novo” (1882): raccolte di liriche, che sono esempi di panismo dannunziano: particolare concezione e sensibilità della natura, che diviene un entrare in profondo contatto con la natura e quasi fondersi con essa.
- “Poema paradisiaco” (1893): vero e proprio poema, in cui d’Annunzio tende a recuperare i valori dell’infanzia
- “Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi”: opera molto complessa, che voleva essere un ciclo dia raccolte poetiche abbastanza particolare, di cui ne pubblicò solo alcune fra il 1903 e il 1912. l’argomento è vario e va da descrizioni naturalistiche, panismo, esaltazione di figure mitiche ed eroi. Doveva essere diviso in 7 parti, ma rimase incompiuto
PROSA
Scrisse opere abbastanza diverse, tra cui romanzi, ma anche prose d’arte, cioè opere letterarie in prosa che non appartengono a nessun genere particolare, come il “Notturno”
- “Il piacere” (1889)
- “L’innocente” (1892)
- “Trionfo della morte”(1894)
- “Il fuoco” (1900), in cui d’Annunzio descrisse nei minimi dettagli la relazione con la Duse
- “Le faville del M …” (1911), pubblicate sul “Corriere della Sera”, sono prose di tono lirico e di argomento vario
- “Notturno” (scritto nel 1916 e pubblicato nel 1921), serie di brevi prose (frammenti), intitolate così perché scritte durante il periodo di cecità dovuto ad un incidente di guerra. Le scrisse facendo scorrere strisce di carta sotto la penna. Scrive un po’ di tutto, del forzato isolamento,di ciò che sente con gli altri sensi.
OPERE TEATRALI
Per il teatro scrive vicende il cui scopo è di evocare certe idee.
- “La figlia di Iorio” (1903)
- “La fiaccola sotto il moggio” (1905)
Sono testi teatrali con ambientazione inconsueta, come ad esempio l’Abruzzo antico e leggendario, con riferimento a miti antichi e classicheggianti. La natura è mitica, incontaminata e molto selvaggia. Le opere teatrali dannunziane sono concepite più come testi letterari che in forma teatrale.
“La città morta”, dramma che racconta la spedizione che aveva portato alla fine dell’ ‘800 al ritrovamento di Agamennone. Esempio di tragedia di ispirazione classica, specialmente per la struttura, hanno spesso ambientazione moderna, ma temi classici.
IL PIACERE (1889)
È considerato il manifesto del decadentismo italiano. Questa è l’opera che meglio rappresenta gli ideali del decadentismo.
Prende ispirazione da Wilde e da J. K. Huyamaus, che nel 1884 scrisse “À Rabours ” (=a ritroso), il cui protagonista ( Des Esseintes) è quello da cui trae ispirazione per Andrea Sperelli, il protagonista de “Il piacere”.
Andrea Sperelli è un giovane nobile conte, che appartiene ad una ricchissima famiglia della nobiltà fiorentina. Il padre aveva avviato precocemente Andrea ad una formazione estetizzante, ad apprezzare l’arte, circondarsi di cose belle. Non ha una reale occupazione perché vive di rendita a Roma (intorno al 1887). Tipico esteta raffinato e decadente, frivolo, che passa da una relazione all’altra: egli stesso si diletta nello scrivere poesie e fare incisioni su rame: Andrea è un po’ l’alter-ego di d’Annunzio.
Il narratore è onnisciente e in terza persona.
Andrea è un debole e ha una volontà piuttosto flebile, è privo di una vera tempra morale: è il tipico dandy.
La Roma di fine secolo è molto particolare, non è quella cantata da Carducci, ma è soprattutto quella dei papi, la Roma barocca, corrotta moralmente e con disfacimento della nobiltà. A Roma Andrea si è legato ad una donna, Elena Muti, che aveva un matrimonio fallito sulle spalle: la loro relazione è basata quasi esclusivamente sull’attrazione fisica. Lei interrompe la relazione e si sposa con un Lord inglese, che è un personaggio negativo, una sorta di pervertito. I due si rivedono dopo circa un anno, ma lei gli si nega adducendo la scusa del suo matrimonio.
Andrea partecipa ad un duello, perché nel tentativo di dimenticare Elena si getta da un letto ad un altro, e viene sfidato dallo spasimante di una di queste donne. Viene ferito e poi ospitato da una cugina, la marchesa di Teleta, nella sua villa (Schifanoia), che si trova sul litorale laziale.
Qui Andrea conosce un’altra donna, una sorta di personaggio antitetico (cioè opposto ad Elena), sposata con il ministro del Guatemala. Lei, fedele al marito ha anche un bambino piccolo.
Andrea, che si è reso conto della vacuità della sua vita, si innamora di questa donna: la sua è una sorta di infatuazione per questa donna che è l’opposto di Elena, e la idealizza, come fosse una sorta di donna angelo. Non si innamora di Maria, ma della concezione di donna che rappresenta. In realtà Andrea è ancora attratto da Elena (e anche lei, ma gli resiste).
Maria scrive anche delle pagine di diario in cui dice che si innamora di Andrea: vive un amore idillico. I due si separano, ma quando si vedono di nuovo a Roma, Andrea decide di sedurla, e quando ci riuscirà vivranno un amore clandestino.
Maria vive malissimo questa situazione e Andrea si rende conto di non essere innamorato di lei, ma vuole sostituire con lei Elena: la sua morbosa irresistibile attrazione per Elena lo fa avvicinare a Maria. (Maria è simile al personaggio femminile di “Anna Karenina” di Tolstoji, che sposata ad un uomo anziano, si innamora di uno più giovane).
La vicenda si conclude in modo grottesco: Andrea continua con la finzione finché, un giorno, nelle braccia di Maria, la chiamò Elena. Così si interrompe la relazione. Alla fine Andrea è rappresentato come un vinto, perché sembra vuoto e arido. Andrea è il personaggio inetto, simile a quello di Svevo.
Andrea Sperelli (pag.523)
Andrea è descritto esteta molto raffinato: era tutto impregnato d’arte.
La conclusione del romanzo (pag.525)
Conclusione del romanzo. Andrea si reca per l’ultima volta nella casa di Maria, non sa nemmeno lui spiegare il perché, forse per rivedere i luoghi in cui ha vissuto la donna. Fa la figura del ridicolo e sente gli occhi di tutti addosso a lui.
NOTTURNO
Opera in prosa, sono una serie di prose abbastanza brevi che nel 1916 a seguito del suo incidente di guerra. Nel 1921 decise di raccogliere le prose e pubblicarle dividendole in tre parti chiamate offerte.
Vengono citati personaggi, molti dei quali reali; sono testi molto diversi, in alcuni descrive sensazioni, in altri riporta dei ricordi. Lui stesso è il narratore e ciò che predomina sono soprattutto sensazioni (non certo quella visiva). La struttura è frammentaria, spesso non c’è un vero e proprio filo logico: spesso è un vero e proprio delirio, descritto con immagini surreali, del tutto fantastiche e irrazionali, talvolta con un valore simbolico.
D’Annunzio si avvicina molto a quelle che erano le avanguardie di inizio secolo (parole in libertà era la parola d’ordine dei futuristi).
Sensazioni e allucinazioni(pag.520)
Delirio che assume aspetti allucinatori. Descrive la natura e poi passa a descrivere il dolore che prova, e accosta l’assurda immagine di un albero che va a scavargli l’occhio.
Tecnica dell’”accumulo”: vengono accumulate una dietro l’altra una serie di sensazioni e di descrizioni.
I pensieri sono molto brevi, flash espressi con brevissime frasi che formano paragrafi ben distinti, che obbligano il lettore a soffermarsi su determinati flash.
(Il filone della poesia del ‘900 sarà il frammentismo: Montale, Ungaretti, i cui versi sono isolati da grandi spazi bianchi).
PRODUZIONE POETICA
“Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi”: era un progetto molto complesso. Doveva essere un ciclo di 7 libri, poemetti che dovevano essere una raccolta di liriche, che hanno legami interni molto forti, quindi non sono slegati.
Dovevano chiamarsi con il nomee delle sette stelle più luminose della costellazione delle Pleiadi:
- Maya
- Elettra
- Alcione
- Mèrope
- Astèrope
- Taigète
- Celeno
L’opera non è compiuta: inizia il V e mai gli ultimi due. È l’opera poetica meglio riuscita di d’Annunzio, anche per la sua complessità.
Doveva essere una sorta di viaggio attraverso la Grecia del mito classico, poi le singole parti hanno argomenti molto diversi.
“Alcione” è tutto ambientato nella campagna toscana. Non volevano rievocare il mito classico in senso carducciano: è una reinterpretazione dei valori della Grecia classica alla luce del suo pensiero, come l’idea del super-uomo.
Descrizione della natura, qualche volta della Grecia classica, qualche volta quella ancora selvaggia dell’Italia.
Il tema preponderante di “Alcione” è la ricerca del contatto intimo, e trasfigurazione dell’uomo nella natura: panismo, cioè rappresentazione del tutto, volontà di identificarsi con la natura, quasi di annullarsi dentro di essa.
Ricerca di una musicalità, attraverso un uso sapiente del verso, e soprattutto in “Alcione” ,ogni singola poesia ricerca delle figure di suono e una musicalità che vuole riportare le musiche della poesia. C’è un alternarsi di versi, che spesso sono versi liberi.
“Maya” è un libro molto complesso, il cui sottotitolo è “Lode alla vita”; è un inno alla gioia di vivere. Descrive se stesso come una sorta di super-uomo, è l’uomo che ha vissuto mille vite, ha affrontato tutte le esperienze, ha fatto tutto, ha avuto mille donne.
L’ “Alcione” è molto diverso: d’Annunzio stesso disse che c’era una sorta di tregua del super-uomo, e non dal super-uomo (è cioè il super-uomo che si prende una pausa).
SCHEDA
“Maya” è diversa dall’ “Alcione” :fa eccezione perché raccoglie 88 liriche con un unico filo conduttore. Maya è un unico testo poetico formato da 400 strofe che sono un inno alla vita. Sono 21 sezioni che d’Annunzio chiamò partiture: le concepì quasi come una sorta di sinfonia, i diversi momenti di un unico concerto. È una sorta di tempio greco in cui ci sono 400 strofe divise in quattro parti, come sono 4 i pilastri fondamentali del tempio.
D’annunzio esprime ciò che lui intendeva per super-uomo. “Io nacqui ogni mattina”: il super-uomo è pronto a tutte le esperienze, anche quelle più degradanti. Rinasce continuamente, e non si risparmia tutte le esperienze che gli si offrono. Lo stile di vita del super-uomo è anche quello dell’esteta decadente, che per lui è il super-uomo.
Il super-uomo viene esaltato senza ombra di dubbio. È un d’Annunzio autobiografico. La partitura precedente a questa si apre con “La mia anima visse come diecimila”.
Bica flava = grano biondo
Ariste = spighe
Botri = canali di scolo dell’acqua
Maciulla = strumento con cui si batte il lino
Egli abbandona il suo corpo ad ogni esperienza
Vestigia = orme lasciate dalla neve
Lume d’oro = colore biondo delle donne
La sera fiesolana (pag.549)
“Alcione” è la terza parte delle laudi, ma la prima ad essere stata scritta. È una raccolta di 88 liriche legate tutte ad un unico tema: ambientato nella campagna toscana nel corso di un’estate. Non è solo una descrizione paesaggistica, ma anche la tregua del super-uomo.
Ricerca di un contatto profondo con la natura: panismo. C’è molto spesso la tendenza ad annullare se stesso nella natura, quasi come una sorte di fuga dalla realtà. La descrizione della natura è anche la descrizione della musica della natura.
Lo schema della rima non è mai fisso, il verso è libero (come quello che useranno nel primo ‘900 Montale e Ungaretti). Non c’è una vera e propria struttura narrativa: tecnica dell’accumulo. Descrizione dello stato d’animo che l’osservazione del paesaggio procura.
Ricerca di una religiosità pagana. 3 strofe di 14 versi, ognuna seguita da una strofa di 3 versi in imitazione del “Cantico” di S. Francesco; ma si celebra solo Fiesole, questo paese nelle colline fiorentine.
La pioggia nel pineto (pag.552)
Tema del panismo: pineta di Marina di Pisa bagnata dalla pioggia: suoni delle foglie, degli arbusti colpiti dalle gocce. Ritmi e assonanze ricercati e molto elaborati.
Descrizione della natura come un organismo vivente (>nella “Gerusalemme liberata” quando Rinaldo va a prendere la legna vede delle ninfe che escono dalle cortecce).
>Montale, il cui tema della raccolta “Ossi di seppia” sarà lo stesso: messaggio principale è cercare questo contatto con la natura (contatto panico).
Con il nome di Ermione non si sa a quale delle sue amanti si riferisce.
No III strofa da v.65 a v.96.
http://firemusic.altervista.org/appunti/lett/09-dannunzio.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
GABRIELE D’ANNUNZIO
Si sente intellettuale - guida del popolo italiano: Poeta - vate.
Come intellettuale è poliedrico in quanto spazia in tutti i generi letterari e questo sicuramente è dovuto al mutato rapporto tra intellettuale, società e pubblico.
Dopo l’unità d’Italia ci fu la necessità di superare l’arretratezza e ciò pose in primo piano esigenze di natura politica ed economica. Questo spiega il fatto che gli intellettuali persero il loro ruolo di riferimento culturale e diventarono più importanti gli scienziati e gli economisti. Ciò determinò il fatto che
- gli intellettuali sentirono il disagio di avere un ruolo marginale nella società;
- capirono che se volevano integrarsi dovevano sviluppare il consenso, attraverso le loro opere, al nuovo stato borghese (poeta- vate) e cantare alla nuova Italia(come Carducci);
- tutti gli intellettuali lavoravano per vivere, insegnando o collaborando con giornali o riviste;
- dovettero adeguarsi al mercato che richiedeva opere di consumo e di evasione ( lo faranno in parte Verga e in gran parte D’Annunzio);
- vissero il conflitto tra l’esigenza di libertà della propria arte e la necessità di soddisfare la domanda del mercato editoriale.
Infatti, nella seconda metà dell’Ottocento il pubblico è cambiato, si è ampliato e si assiste ad un consumo differenziato della letteratura. Il pubblico medio- borghese ama la narrativa, IL ROMANZO, mentre il pubblico più raffinato e selezionato ama LA POESIA. Ed ecco che gli autori tra l’Ottocento e il Novecento andranno incontro al gusto del pubblico anche attraverso un genere letterario di grande divulgazione : IL TEATRO, per cui Verga traduce alcune sue novelle in opere teatrali, così Pirandello e D’Annunzio nelle tragedie.
D’Annunzio utilizza il giornale anche per promuovere se stesso e le sue opere, tanto che nascerà un vero e proprio culto nei confronti di questo autore da parte della borghesia.
Alla base di tutto c’è in D’Annunzio il desiderio di costruire la propria vita come un’opera d’arte, il desiderio cioè di fondere Arte e Vita alla ricerca della Bellezza e si pone come modello da imitare sia attraverso i personaggi dei suoi romanzi, sia attraverso la propria condotta individuale, per cui egli assume di volta in volta il ruolo del poeta - vate e dell’eroe (l’uomo dalle gesta eclatanti e talvolta scandalose).
Egli è vicino al Decadentismo europeo nella narrativa, specialmente con il primo romanzo Il piacere(estetismo), sia con gli altri romanzi in cui rimarranno certe caratteristiche del suo estetismo.
IL PIACERE (1889). Al centro del romanzo si pone la figura di un esteta, Andrea Sperelli, un giovane aristocratico “tutto impregnato d’arte”. Il principio “fare la propria vita come un’opera d’arte” in un uomo dalla volontà debolissima quale è Andrea, diviene una forza distruttrice che lo priva di ogni energia morale e creativa. La crisi trova il suo banco di prova nel rapporto con la donna. L’eroe è diviso tra due immagini femminili, Elena Muti, la donna fatale, che incarna l’erotismo lussurioso, e Maria Ferres, la donna pura, che rappresenta ai suoi occhi l’occasione di un riscatto e di una elevazione spirituale. Ma in realtà l’esteta libertino mente a se stesso: la figura della donna – angelo è solo oggetto di un gioco erotico più sottile e perverso, fungendo da sostituto di Elena, che Andrea continua a desiderare e che lo rifiuta. Andrea Sperelli finisce col tradire la sua menzogna con Maria ed è abbandonato da lei, restando solo col suo vuoto e la sua sconfitta.
Temi. Ne’ Il piacere si nota : a) disprezzo per la società contemporanea borghese; b) lo scrittore si sente testimone di una situazione di decadenza della società che ha mercificato tutto finalizzando ogni attività al profitto e dimenticando il senso del bello; c) affermazione della figura dell’esteta intellettuale inquieto, che si ritira in un suo mondo dominato dal culto della bellezza.
Come “ A ritroso” e “Il ritratto di Dorian Gray”, è caratterizzato da due elementi fondamentali;
- viene lasciato in secondo piano l’intreccio, che è scarso;
- si insiste su riflessioni esistenziali e su considerazioni di natura estetica, artistica e letteraria.
Debolezza dell’esteta : Ben presto lo scrittore si rende conto della debolezza di questa figura:
l’esteta non ha la forza di opporsi realmente alla borghesia in ascesa che si avvia sulla strada dell’industrializzazione. Egli avverte la fragilità dell’esteta in un mondo lacerato da conflitti brutali: il suo isolamento non può che divenire sterilità, impotenza, il culto della bellezza si trasforma in menzogna..
La fase della “bontà”. Dopo Il piacere abbiamo i romanzi della “bontà”, cioè i romanzi in cui il D’Annunzio sente l’influenza della letteratura russa di Dostoevskj e di Tolstoj. Si avvicina a questa letteratura per l’esigenza di superare l’estetismo per il quale dichiara di provare disgusto. Scrive allora due romanzi: GIOVANNI EPISCOPO e L’INNOCENTE, in cui cerca di evidenziare la stessa tematica degli scrittori russi, cioè il dissidio interiore tra il bene e il male, il rimorso e il desiderio di riscatto, tuttavia nei personaggi dannunziani mancano i profondi valori morali dei personaggi di Dostoevskj e Tolstoj.
Questa fase comprende anche la raccolta poetica POEMA PARADISIACO ( 1893), percorsa da un desiderio di recuperare l’innocenza dell’infanzia, di ritornare alle cose semplici e agli affetti familiari; in realtà il libro presenta anche temi sottilmente più ambigui, provenienti dall’area decadente francese: stati d’animo di languore voluttuoso, paesaggi su cui aleggia un senso di morte (giardini abbandonati, statue corrose dal tempo). Tutti temi che nel decennio successivo al Novecento saranno ripresi dai Crepuscolari.
La “bontà” è però una soluzione provvisoria.
Uno sbocco alternativo alla crisi dell’estetismo scaturirà dalla lettura del filosofo Nietzsche, avvenuta intorno al 1892.
Nietzsche esalta lo “spirito dionisiaco” dei Greci ( Dioniso era il dio dell’ebbrezza) , capace di potenziare gli aspetti vitali dell’uomo stimolandone la vera conoscenza. L’uomo moderno, però, si è lasciato imprigionare nello “spirito apollineo” che impone la supremazia della ragione. Così, soffocata dalla ragione, l’umanità produce solo false conoscenze e superstizioni; sul piano pratico, inoltre, la morale della rinuncia prevale sul piacere, sul vitalismo di un eros libero e gioioso (tale morale è stata imposta dal Cristianesimo, una dottrina nella quale l’uomo annulla in Dio ogni volontà).La vita dell’uomo occidentale ha perso ogni significato: egli suggerisce, allora, il ritorno allo spirito dionisiaco e la “ scristianizzazione “del mondo, esaltando non l’uomo, ma il SUPERUOMO, un nuovo tipo di essere umano, lanciato verso una piena realizzazione di sé, al di là della morale tradizionale con i suoi concetti di bene e di male.
I romanzi del superuomo. Nel 1892 D’Annunzio si accosta al pensiero del filosofo tedesco, cogliendone alcuni aspetti, banalizzandoli e forzandoli in chiave personale, in quanto il superuomo nietzschano diventa in D’Annunzio l’esteta convinto della propria superiorità sugli altri per il suo culto della bellezza , per la sua sensibilità artistica e che pertanto si sente in diritto di trasgredire le regole morali e sociali.
Pertanto il superuomo dannunziano ha queste caratteristiche:
- rifiuto del conformismo borghese;
- rifiuto dell’egualitarismo che omologa le persone;
- esaltazione del vitalismo e del sensualismo libero dagli impacci della morale comune;
- esaltazione della volontà di potenza ed affermazione di sé.
Il superuomo deve assumere un’importante funzione sociale, l’attività politica.
L’attività politica deve essere nelle mani di pochi eletti che guidino le nazioni contro il parlamentarismo e tengano soggiogata la moltitudine attraverso il culto del bello e dell’arte. Il Poeta scrive : “Il trionfo della morte” e “Le Vergini delle rocce”, in cui i protagonisti sono modellati su questo tipo di superuomo.
Fase notturna. L’ultima attività di prosa è la fase notturna, quando il Poeta perde un occhio in una sua azione militare ed è costretto a rimanere bendato per mesi .In questa fase troviamo compresenti VITA e MORTE. La prosa notturna è una prosa agile, paratattica, segue le libere associazioni mentali e le visioni legate ai ricordi, è, insomma, una prosa lirica per frammenti da ben inserire nel gusto del tempo: il frammentarismo lirico di cui furono iniziatori un gruppo di intellettuali legati alla rivista “La Voce”
LA POESIA
A livello poetico si avvicina al simbolismo francese, anche se in modo diverso dal Pascoli. Egli accoglie:
- l’attenzione prevalente al suono e al valore fonico della parola;
- l’aspirazione ad una poesia musicale(come Verlaine);
- il ricorso a figure retoriche, quali: sinestesia, analogia, allitterazione;
- il ricorso al verso libero.
- Non coglie del simbolismo il desiderio di svelare il mistero attraverso la poesia. I simbolisti
ritenevano che solo il poeta fosse in grado di andare oltre le esperienze fenomeniche e di riuscire a cogliere il mistero della natura e le corrispondenze simboliche celate all’uomo comune.
D’Annunzio non arriva a questa profondità conoscitiva, tuttavia c’è un elemento che lo caratterizza e lo avvicina ai simbolisti, anche se in modo superficiale: il Panismo (= rapporto e compenetrazione con il tutto).
Fin dalle sue prime esperienze “Canto Novo” (raccolta poetica) e “ Terra Vergine” (prima raccolta di novelle) D’Annunzio scopre il proprio corpo come NATURA e la natura come CORPO. C’è infatti in esse una fisicità immediata. Il tema “panico” viene affrontato in modo più completo in una raccolta poetica, “Alcyone” che fa parte delle “Laudi del mare, del cielo, della terra e degli eroi” ( ossia Maia; Elettra, Alcyone, Merope).Il progetto dell’opera prevedeva però sette libri, ciascuno con il nome di una Pleiade (postumo fu poi aggiunto un quinto libro, Asterope,
gli ultimi due non furono mai scritti).
Alcyone. In questa raccolta di liriche troviamo il diario di un’estate trascorsa in Versilia insieme alla grande attrice teatrale Eleonora Duse, che egli chiamava con il nome di Ermione ( = figlia di Elena di Troia), nome mitico, perché il mito in questa raccolta è importante.
In “Alcyone” il tema panico viene ampliato, in quanto dal piano fisiologico di “ Canto Novo” e “Terra Vergine” ora egli cerca il rinvenimento del divino nella natura.
La natura diventa un orizzonte simbolico in cui avvengono i prodigi della metamorfosi, cioè l’identificazione panica IO/ NATURA comporta il mito metamorfico
ora della trasformazione dell’uomo in natura
ora della natura in qualcosa di umano.
Nella lirica “La pioggia nel pineto” i due innamorati si trovano a passeggiare nel bosco mentre piove. Si accorgono di non essere più umani, ma “fatti virenti” (verdeggianti), con gli occhi come “due polle d’acqua”, i denti come “mandorle acerbe”, il cuore nel petto come “pèsca intatta”. Il poeta e la donna vivono in questa simbiosi che determina la metamorfosi . In questa simbiosi universale la donna occupa una posizione centrale , infatti il rapporto con la donna è autentico e diventa un momento di questa metamorfosi universale.
Fuori da questa visione - cioè nei romanzi - la donna diventa o donna fatale o vittima di voluttà e perde autenticità.
La differenza tra D’Annunzio e Pascoli:
- Pascoli ascolta le voci della natura e coglie al di là di esse il mistero
- D’Annunzio si immerge nella natura e in questo panismo rafforza le sue capacità sensoriali, ma non arriva a cogliere il mistero.
La pioggia nel pineto
La struttura
La poesia ha un’evidente struttura musicale e vuol essere la riproduzione o la traduzione in linguaggio umano della musica composta dalla pioggia. Sullo sfondo si trovano i due protagonisti che poi si fonderanno con la natura.
Nella prima strofa il poeta invita la donna che è con lui sulle soglie del pineto a tacere per non udire più parole umane ma parole “nuove” pronunciate dalle gocce e dalle foglie bagnate dalla pioggia. Vi è poi la caduta della pioggia sulla vegetazione( tamerici, pini, mirti…) e le due presenze umane sono un elemento alla pari con gli altri elementi del bosco. La metamorfosi dei protagonisti inizia già al v.20 (“volti silvani”) e quindi si propone già nella prima strofa il tema panico dell’identificazione del soggetto umano con la vita vegetale.
La seconda strofa ripropone il tema generale della pioggia che cade sulla vegetazione, distinguendo nella sinfonia generale il suono diverso delle gocce a seconda delle foglie più o meno rade. C’è uno strumento solista: la voce delle cicale.
Al termine , in simmetria con la prima strofa, il tema panico: il poeta e la donna sono viventi “d’arborea vita “; il volto della donna è molle di pioggia come una foglia ; i capelli profumano come ginestre; Ermione è “terrestre”, cioè scaturisce dalla terra come la vegetazione.
Nella terza strofa , mentre lo strumento delle cicale va in calando e poi si spegne del tutto, comincia ad introdursi un altro strumento solista : il canto roco delle rane.
Il motivo panico non manca neppure qui(”e piove sulle tue ciglia”): le ciglia di Ermione si collocano alla pari delle foglie su cui scroscia la pioggia.
Nell’ultima strofa si sviluppa pienamente il motivo panico accennato precedentemente in sordina. La donna è quasi “virente”, come una creatura vegetale e sembra uscire dalla scorza degli alberi come una ninfa; il cuore “come pèsca”; gli occhi come “polle” tra l’erba; i denti come “mandorle acerbe”
Metrica .Le strofe sono a metrica libera; i versi sono trisillabi, senari, settenari, ottonari, novenari. Anche la rima è libera: baciata(“silvani/ mani” ai vv.20-21;”leggieri/pensieri “ ai vv. 25-26…)ma vi sono anche rime all’interno di un unico verso (“varia nell’aria” al v.37; “al pianto il canto” al v.41;”più folta men folta” al v.87…)
Figure retoriche. APOSTROFE: “taci”; ANAFORA con la serie di “piove” e “ascolta”;
ALLITTERAZIONE-: ”ciel cinerino”, “spirito silvestre”, ”vita viventi”, “limo lontana…
SIMILITUDINE: vv. 57-58”come una foglia”; vv. 60-61 “come le chiare ginestre”; vv.
104-105 “come una pesca”;vv. 106-107 “come polle”.; ITERAZIONE : ripetizioni di
parole e di intere formule (“piove su…”)
Le iterazioni richiamano l’andamento musicale.
La sera fiesolana
Il paesaggio è quello fiesolano, tuttavia da alcune notazioni nei taccuini di D’Annunzio pare che l’ispirazione risalga ad un soggiorno ad Assisi con la Duse. Questo si può dedurre da “Laudata sii” ripetuta come un’eco del Cantico di S.Francesco
Abbiamo un paesaggio nella sera illuminato dalla tenue luce della luna e in questa atmosfera egli percepisce la melodia delle voci della natura. All’inizio abbiamo il momento in cui i colori della natura trascolorano nel momento in cui appare la luce della luna e la realtà assume contorni indefiniti. Egli imita i suoni della attraverso l’allitterazione, che tende a ricreare il fruscio delle foglie e la sinestesia (“fresche…parole”) . Manca completamente la punteggiatura, tutto enjambement.
Abbiamo un ANTROPOMORFISMO del paesaggio opposto a quello de’ La pioggia nel pineto. antropomorfizzata è la sera, la primavera, i pini, il fieno, gli olivi. C’è una suggestione del simbolismo al v.38: nella natura si riconosce la presenza di un MISTERO (“mistero sacro dei monti”). Immagine sensuale al v.41 in cui le colline vengono presentate come labbra.
Mentre in Pascoli la parola è o tecnica o del linguaggio comune oppure talvolta diventa anche preziosa, perché riprende le tematiche classiche ( nei Poemi conviviali), in D’Annunzio la ricerca della parola preziosa è una costante: preziosismo linguistico.
Fonte: http://digilander.libero.it/quintai2/ita/04/gabriele_d.doc
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D'ANNUNZIO
Gabriele D'Annunzio nacque a Pescara il 12 marzo 1863 in una facoltosa famiglia borghese. Come primo figlio maschio venne circondato da attenzioni e fu inviato al celebre collegio Cicognini di Prato. Qui si formò una solida cultura classica con larghe aperture alle letterature europee. Nel 1879, sedicenne, pubblicò la sua prima raccolta poetica, Primo vere, di ispirazione carducciana. Nel 1880, rivelando quell'attitudine di smaliziato regista della propria fama e della propria produzione, comunicò anonimamente alla stampa la notizia della propria morte, attese la pubblicazione dei necrologi e poi diffuse insieme la smentita e l'annuncio della nuova edizione di primo vere. Conseguito il diploma liceale, si trasferisce a Roma, dove si iscrive alla facoltà di lettere, ma si dedica interamente al giornalismo, soprattutto alla cronaca del bel mondo, alla quale partecipa direttamente, affermandosi come fascinoso letterato libertino. Nel 1882 pubblica Canto novo, una raccolta di liriche, e Terra vergine, una raccolta di novelle, che gli procurano un gran successo. Ormai celebre prosegue la sua scalata mondana e sposa Maria Hardouin, dopo una romantica fuga a Firenze, che gli procura tra il pubblico borghese l'aureola divistica e scandalistica di grande amatore e grande genio.
Si trasferisce a Pescara, ma si inaspriscono le strettezze economiche, perché D'Annunzio si sovraccarica di debiti. Tornato a Roma nel 1884 riprende i suoi ruoli di cronista e protagonista di riti di società, sempre in caccia di nuove avventure erotiche. Nel 1887 incontra Barbara Leoni (Barbarella), il suo più grande amore, il quale rianima la sua tensione creativa: nascono i primi romanzi: Il piacere(1889), Giovanni Episcopo e L'innocente (1892). Il successivo incontro con il superuomo di Nietzsche produce Il trionfo della morte, Le vergini delle rocce, Il fuoco (1900). In quest'ultima opera il poeta si ispira al rapporto con Eleonora Duse. Accanto alla Duse e in un clima di fervida creatività, D'annunzio vive presso Firenze come un principe tra servitori, cani, cavalli, oggetti di pessimo gusto,…egli inscena questa vita come opera d'arte, offrendosi da divo al pubblico. Esaurito il rapporto con la Duse, D'Annunzio si consuma in una vita di sfrenati sperperi, di amori aristocratici e passioni alla moda. Troviamo l'amore finito con Giusini consolato da Donatella, la raggiunge a Parigi a causa dei suoi debiti. D'Annunzio, pur lamentandosi del volontario esilio, gode del suo successo mondano che gli assicura lussi e piaceri. Dissipata una fortuna si ritira con l'americana Brooks (Cinerina) sull'atlantico. Nel 1914 la G.M offre al poeta l'occasione di tornare alla ribalta italiana con un ruolo di protagonista. Il 5 maggio 1915 aQuarto con l'Orazione per la sagra dei mille inizia la sua infuocata campagna per l'intervento contro gli imperi centrali portando al diapason il movimento nazionalista. D'Annunzio si arruola volontariamente e partecipa a numerose azioni navali e aeree. Ferito agli occhi, ne perse uno e chiese di tornare a combattere. Alla fine della guerra il poeta investì la sua immensa popolarità nella Marcia di Ronchi che lo portò ad occupare Fiume dal 1919 al 1920 per sventare l'annessione alla Jugoslavia, prevista dai trattai di pace. Piegato dall'intervento militare italiano, ma vittorioso visto che Fiume rimase all'Italia, il poeta si ritirò a Gardone (Brescia) al Vittoriale degli Italiani, dove visse fino alla morte. Qui visse un periodo grigio, quasi una lenta e melanconica decadenza. Il vecchio poeta si mostrò favorevole al fascismo, che lo colmava di onori e regalie mentre lo isolava e teneva sotto controllo. Si sentiva scalzato dal ruolo di salvatore della patria da Mussolini, che non amava, ma adulava per chiedere ed ottenere privilegi e prebende. D'Annunzio morì al Vittoriale il 1° marzo 1938.
Fonte: http://digilander.libero.it/ricerchescolastiche/italiano/rc/DAnnunzio.doc
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Gabriele D’Annunzio
(Pescara, 1863 – Gardone Riviera, 1938)
1. il periodo romano (1879-1892)
periodo |
poetica |
modelli |
opere di riferimento |
1879-1880 |
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La prima produzione dannunziana si muove nel solco della produzione di Carducci e, in particolar modo, delle Odi barbare. |
Primo vere (1879) – Opera poetica ricca di reminiscenze scolastiche (Orazio, Foscolo, Leopardi) e carducciane (con accenni di sensualità originali). Nel 1880 ne pubblica una nuova edizione: quella che D’Annunzio chiama revisione “con penna e con fuoco”, ripulita di buona parte dei componimenti eccessivamente elegiaci e arricchita di nuove composizioni. |
1882 |
Sensualismo (cosiddetta “poetica dell’estuosità”) |
Il poeta non si libera del tutto dal modello carducciano. Tuttavia, i temi che paiono rifarsi al Carducci (esaltazione pagana, gioia di vivere, affettuosa attenzione al paesaggio) sono ricondotti a sensuale amore della vita per la vita e della gioia per la gioia. Anche le strutture metriche sono ancora in metri “barbari”: in pratica, il giovane non è ancora in grado di far corrispondere una novità metrica a quella dell’invenzione poetica, anche se occorre precisare che le “barbare” di Canto novo appaiono musicalmente strutturate in maniera molto più libera rispetto al modello carducciano. |
Canto novo (1882) – È una raccolta pregna di sensualità e più originale di Primo vere. In definitiva, si tratta del diario lirico di una vacanza estiva (in compagnia di “Lalla”, Elda Zucconi) – come lo sarà, non certo per caso, il capolavoro Alcyone –, la cui “invenzione” consiste nella scoperta del proprio corpo come natura e della natura come corpo: e non è certo un gioco di parole, questo; tanto meno se si considerano i fondamenti della poetica decadente, che nasce appunto dall’intuizione della sostanziale unità di Io e Mondo. Le vacanze successive alla licenza liceale (1881) hanno portato il poeta sul mare, in compagnia di Lalla, a contatto immediato con la natura; con la quale il corpo appunto si accomuna; in un’unica vita (metamorfizzazione o passaggio dalla condizione umana a quella naturale e viceversa: in un gioioso e continuo interscambio). Il sole e il mare sono gli elementi attraverso i quali l’identificazione, la fusione diventa possibile; e il sole e il mare sono infatti i due grandi temi di Canto novo. In questa simbiosi è coinvolta anche la donna, perfettamente integrata nel paesaggio; e quindi – in quanto momento dell’universale metamorfosi – partecipe di un rapporto di amore autentico, che trascende gli aspetti carnali, per farsi spirito, palpito vitale, espressione dell’eterna giovinezza: non – come avverrà in molte opere di D’Annunzio – semplice fonte della “voluttà” in tutte le sue variazioni intellettualistiche. |
1882-1884 |
Decadentismo simbolistico-parnassiano.
Nelle novelle: naturalismo estetizzante. |
Sprovincializzazione di D’Annunzio. Abbandono delle “barbare” carducciane. Presenza di spunti e atteggiamenti psicologici tratti da Baudelaire e dai Parnassiani. Verga (e, in particolare, le novelle di Vita dei campi). |
Intermezzo di rime (1884) – Sulla scorta di Baudelaire e dei Parnassiani compone le liriche, per l’epoca scandalose, di Intermezzo di rime, che provocarono numerose polemiche e che sono, per l’intellettualismo estetizzante e per l’ostentata sensualità, lontane dalla gioiosa naturalezza di Canto novo. Si tratta, in definitiva, di un vero e proprio intermezzo di ricerca. |
1886-1890 |
Decadentismo parnassiano – Estetismo.
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Isaotta Guttadauro ed altre poesie (1886) [= L’Isotteo e la Chimera, 1890] – Sensualità, intellettualismo e sperimentalismo caratterizzano anche Isaotta Guttadauro ed altre poesie, raccolta pubblicata nel 1886 (serie di composizioni attorno al primo bacio concesso da Isaotta o Isotta al suo amante). Qui D’Annunzio opta decisamente per una poesia raffinata ed elegante, priva di presupposti moralistici, ricercata e virtuosistica. Si tratta, in pratica, di un puro esercizio stilistico di stampo parnassiano e – secondo la moda europea del momento – di tipico gusto preraffaelita. Anche la seconda sezione della raccolta (quella relegata provvisoriamente sotto il titolo “altre poesie” e destinata poi ad assumere il titolo la Chimera) si muove nella stessa direzione. L’edonismo formale e l’atmosfera parnassiana improntano di sé tutte le liriche. Nel 1890 vi è una riedizione del volume, con il titolo L’Isotteo e la Chimera. Il tutto costituisce un’operazione di “arcaismo lirico” e il suo intreccio compone una raccolta di ballate in uno stile tra il ’200 e il ’400, con una serie di prestiti che toccano le scuole poetiche dei romanzi arturiani, della lirica fiorentina predantesca, di Petrarca e Lorenzo de’ Medici. Così ne deriva un libro falso-antico “tutto costruito con intarsi e riprese” (Annoni), ricco di citazioni (una delle tecniche retoriche, da questo momento, più usate dal poeta). La Chimera invece si muove in più direzioni: in essa, generalmente, viene dato uno sfondo comune, costituito da paesaggi aristocratici romani: viali alberati, ville, logge, ecc. |
2. il d’annunzio della “bontà”
periodo |
poetica |
modelli |
opere di riferimento |
1892-1893 |
Simbolismo. |
In poesia, si rifà ai tardo-simbolisti (per esempio, Laforgue e Rodenbach) e a Verlaine: poeti in cui dominano i toni estenuanti e spenti, gli abbandoni malinconici, ecc. Nella narrativa, invece, è suggestionato dal successo internazionale degli scrittori russi e delle loro tematiche (colpa, castigo, aspirazione alla purezza e a una vita semplice). |
Il clima pan-estetizzante de Il Piacere e de L’Isotteo e la Chimera è superato – dopo la scadente parentesi delle Elegie romane (1892), dal Poema paradisiaco (1893): canzoniere importante, perché da esso – agli inizi del 1900 – prenderà l’avvio la poesia crepuscolare di Gozzano e Corazzini. |
3. il superomismo
Si tratta di ciò che Nietzsche chiama: “istinto assertore della vita” o “controdottrina e controvalutazione della vita, puramente artistica e anticristiana […], dionisiaca”. E a proposito del “dionisiaco”, Nietzsche scrive (La nascita della tragedia, 1872): «Con l’incanto del dionisiaco non solo si rinsalda il legame fra uomo e uomo: anche la natura estraniata, nemica o soggiogata, celebra nuovamente la sua festa di conciliazione con il proprio figlio perduto, l’uomo. […] Con fiori e ghirlande è coperto il carro di Dioniso […]. Cantando e danzando, l’uomo si mostra come membro di una superiore comunità […]. Nei suoi gesti parla l’incantesimo. […] Anche in lui risuona qualcosa di soprannaturale: egli si sente come dio e cammina così estasiato e sollevato […]. L’uomo non è più un artista, è divenuto opera d’arte: la potenza artistica dell’intera natura, con il massimo appagamento estatico dell’unità originaria, si rivela qui fra i brividi dell’ebbrezza». Al Dionisiaco si oppone (e si accompagna) l’Apollineo, il “principium individuationis”, ovvero la compiutezza e il senso della misura che corrispondono appunto alla figura del dio Apollo.
Fonte: http://www.studenti.it/download/scuole_medie/Gabriele%20D_Annunzio.doc
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Gabriele D' Annunzio vita opere riassunto e biografia
GABRIELE D'ANNUNZIO
LA VITA E LE MASCHERE
La sua vita privata divenne anche vita pubblica, era molto attento alla sua immagine, per lui la vita coincideva con l'opera d'arte accanto alla quale egli aggiungeva la propria immagine.
Ha costruito diverse immagini di sé, nei vari periodi in cui ha vissuto si è creato un’immagine che è riuscito a promuovere con il mondo esterno. D'Annunzio non era il suo vero cognome, si chiamava Rapagnetta, D'Annunzio era solo il nome d'arte.
Studia prima a Pescara e poi a Prato al Collegio Cicognini. Si trasferirà a Roma nel 1881 e si creerà la prima maschera: quella dell'esteta: colui che ricerca il piacere. Invece di laurearsi si mette a scrivere sui giornali (nella Cronaca Bizantina) questa fase finisce nel 1894. Conosce poi Eleonora Duse che diverrà sua amante; incontra la filosofia di Nietzsche, uno dei maestri del sospetto, il quale afferma che l'uomo debole si crea delle filosofie per superare questa debolezza, e per questo elbora il concetto di <<superuomo>> (in realtà oltreuomo: Übermensch), fedele alla terra e al sangue, legato all'istintività e non alla mente.
Prima parte dall'estetismo per poi arrivare, quindi, al Superuomo di Nietzsche. Questa fase arriva fino al 1910 quando egli, inseguito dai creditori per aver accumulato molti debiti, decide di scappare in Francia dal 1910 al 1915 e qui l'immagine che dà di sé è quella dell'esule, colui che fugge. Nel 1915 vi è la Prima guerra mondiale e lui diventa un interventista, in questa quarta fase il poeta attira il popolo nelle radiose giornate di maggio, facendo prevalere un’altra maschera, quella del comandante. Parte volontario per andare in guerra e compie due azioni spettacolari:
-VOLO SU VIENNA: del 9 agosto 1918 , fu una trasvolata compiuta da 11 Ansaldo S.V.A. dell'87a squadriglia. Dieci erano monoposto, ed uno biposto pilotato dal Capitano Natale Palli, mentre il Maggiore Gabriele d'Annunzio, comandante della Squadra Aerea S. Marco, era nell'abitacolo anteriore. Nel corso di questa azione, puramente dimostrativa, vennero lanciati su Vienna 400000 manifestini tricolori.
-BEFFA DI BUCCARI: un’incursione a sorpresa che si svolse nella notte tra il 10 e l'11 febbraio 1918 nella baia di Buccari (in croato Bakar) nell'ultimo anno della prima guerra mondiale, nel corso della quale vennero ugualmente lasciati scritti da parte del poeta.
Nel Dopoguerra D'Annunzio occupa Fiume nel 1919 e proclama la reggenza del CARNARO, governando la città per circa un anno. È qui che egli inaugura la tecnica dei discorsi dal balcone da cui prese spunto il fascista Mussolini. Nel 1920 Giolitti fa sgombrare D'Annunzio da Fiume.
Questa quarta fase finisce nel 1921. Dal 1921 fino alla morte nel 1938 D’Annunzio si ritira in una sua casa – museo, chiamata il Vittoriale degli Italiani, dove si rinchiude con tutti i suoi cimeli, diventa una sorta di museo. Quest’ultima fase può chiamarsi del fantasma.
I TEMI
Due risultano i concetti chiave dell’ideologia di D’Annunzio. Essi sono: l’Estetismo ed il Superuomo.
ESTETISMO → si intende la ricerca del piacere, fine a se stesso; l’identificazione della bellezza, del godimento estetico, dell’arte, della forma come assoluto; l’idea centrale del fare della propria vita un’opera d’arte. Per questi motivi la vita dell’esteta diviene essa stessa arte ed acquisisce un’importanza fondamentale. Il movimento dell’Estetismo ebbe, in Europa, tre grandi maestri:
- J. K. Huysmans in Francia (Controcorrente -À rebours)
- Oscar Wilde in Inghilterra (“The picture of Dorian Gray”)
- G. D’Annunzio in Italia (“Il piacere”)
SUPERUOMO → si intende un uomo particolare, al di sopra della morale comune, in grado di cogliere segreti e di provare sensazioni più forti rispetto agli uomini semplici. Il mito del "superuomo" deriva a D'Annunzio dalla lettura di Nietzsche, che viene deformata, manipolata e interpretata ad uso e consumo del poeta. Carlo Salinari ne fa risalire la nascita al 1895, con la prima puntata del romanzo "Le vergini delle rocce", uscite sul "Convito", la rivista diretta da Adolfo De Bosis. La concezione del superuomo è profondamente aristocratica: è un uomo che odia l’eguaglianza e la democrazia e esalta la violenza e la prevalenza dei più forti sui più deboli. Il superuomo dannunziano non è però fuori del tempo, perché la sua polemica si indirizza << contro la plebe, ma anche e soprattutto contro la nuova borghesia dell'industria e del commercio e contro i principi di libertà e di eguaglianza da essa promulgati con la rivoluzione>>.
LA PRODUZIONE POETICA
D’Annunzio inizia come poeta scrivendo le raccolte “Primo vere” e “Canto novo” che sembrano richiamarsi al classicismo di Carducci, anche se si notano tematiche, legate alla ferinità e alla istintività che superano l’esperienza classicista per approdare ad altri aspetti. Le stesse tematiche sono presenti nelle “Novelle della Pescara” (1902) che apparentemente sembrano, per l’ambientazione, veriste, ma che ad una lettura più attenta ci mostrano che D'Annunzio descrive l'Abruzzo come violento e selvaggio e quindi per certi aspetti lontano dal nesso causa / effetto del Verismo.
Nel 1893 abbiamo il “Poema paradisiaco”. Il titolo, dal latino paradisius = giardino, letteralmente corrisponde a Poema dei giardini. II Poema è costituito da una lirica dedicata Alla Nutrice e da 5 sezioni; Prologo (5 poesie), Hortus conclusus (9), Hortus larvarum (17), Horutus animae (17), Epilogo (5). In questa raccolta la natura, privilegiata nella sua emblematica dimensione di hortus, e cioè di spazio chiuso del giardino, « perde il turgore le espansioni paniche per manifestarsi come atmosfera quieta, un pò sfatta, esausta che si precisa nella scelta dell'autunno e dell'aprile (Autunno, Aprile, O rus!). D’Annunzio appare qui decadente, anche se caratterizzato da una certa rievocazione nostalgica, con aspirazioni al mito di una purezza e di una spiritualizzazione delle passioni, che si traducono in un linguaggio e in una versificazione, intonati su toni dimessi, come un colloquio e una confessione» Per i poeti crepuscolari il “Poema paradisiaco”sarà un importantissimo punto di riferimento.
L’opera in poesia più importante è costituita dalle “Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi”
Il progetto delle Laudi, realizzato parzialmente, prevedeva la produzione di sette libri, uno per ogni stella delle Pleiadi. Le prime tre parti (Maia, Elettra, e Alcyone) vennero pubblicate nel 1903, sebbene la loro stesura fosse iniziata già dal 1896. Il quarto libro (Merope), uscirà solo nel 1912, come esaltazione della guerra di Libia iniziata l'anno precedente; il libro di Asterope potrebbe essere considerato il quinto libro di questa serie, comprendente i “Canti della guerra latina”, dedicati alla Prima guerra mondiale.
Il primo libro, Maia (Canto amèbeo della guerra), fu composto nel 1903 e pubblicato nello stesso anno; il sottotitolo, Laus Vitae, ne chiarisce i motivi ispiratori: una vitalistica celebrazione dell'energia vitale; un naturalismo pagano impreziosito dai riferimenti classici e mitologici.
Il secondo libro, Elettra, composto tra il 1899 e il 1902 e pubblicato nel 1903, celebra gli eroi della patria (Notte di Caprera) e dell'arte (Per la morte di Giuseppe Verdi); nella terza parte vengono cantate 25 "Città del silenzio" (Ferrara, Ravenna, Carrara ...), località un tempo famose e in seguito decadute.
Il terzo libro, Alcyone, fu pubblicato assieme al secondo e contiene per assimilato giudizio la migliore produzione lirica dannunziana. (“La pioggia nel pineto”, “La sera fiesolana”, “Stabat nuda Aestas”).
Il quarto libro, Merope, raccoglie i canti celebrativi della conquista della Libia composti ad Arcachon, pubblicati dapprima sul Corriere della Sera e poi in volume nel 1912.
La tematica centrale delle “Laudi” e di “Alcyone” in particolare resta quella del Superuomo, che, tuttavia, sembra essere meno evidente rispetto alla produzione narrativa, specialmente quella seguente agli anni dopo il 1894. In realtà il tema del <<superuomo>> non è affatto abbandonato, ma solo espresso secondo altre modalità e comunque mai messo in seria discussione. Ad evidenziare la suprema arte del poeta è ora il rapporto particolare Uomo / Natura, secondo il quale la Natura può confondersi con aspetti umani, rendendosi umana e personificandosi, ovvero può essere la figura umana a subire un processo di naturalizzazione (diventando pianta, frutta, fiore …). È il processo che è stato chiamato Panismo (da Pan, dio greco dei boschi, che si identificava con tutta la Natura oppure anche dall'etimologia greca πάν (pàn), che significa "tutto" (neutro di πάς πάσα πάν, leggi: pàs pàsa pàn), da cui probabilmente scaturisce la stessa terminologia del dio.) il rapporto con il Superuomo è evidente: solo chi è dotato di elevate qualità e di forte sentire sarà in grado di percepire i segreti della Natura, decifrandone i complessi simboli e facendo da mediatore tra essa e l’uomo comune. Per tutti questi motivi si parla nell’Alcyone di tregua, ma – come dice Luperini – di una tregua <<del superuomo e non dal superuomo>>.
Letture consigliate: “La pioggia nel pineto”, “La sera fiesolana”, “I pastori”, “L’onda”, in http://www.liberliber.it/mediateca/libri/d/d_annunzio/alcyone/pdf/d_annunzio_alcyone.pdf
I ROMANZI
La produzione novellistica dannunziana si interrompe presto e l’autore comincia a scrivere romanzi, ne scrive 7, uno dei quali è, più che altro, un racconto lungo più che un romanzo vero e proprio (“Forse che si, forse che no”).
D'Annunzio aveva concepito tre cicli di romanzi che dovevano rappresentare lo sviluppo dell’io (il personaggio).
Tre cicli previsti da D'Annunzio:
-Ciclo del giglio: doveva rientrarvi la parabola dell'esteta (Romanzi: “Il piacere”; “L'innocente”; “Il trionfo della morte”). L'esteta è un personaggio che non conclude il suo percorso positivamente.
-Ciclo della rosa: doveva rappresentare l'eroe che raggiunge la meta, il superuomo (Romanzi: “Le vergini delle rocce”; il secondo e il terzo non sono stati scritti)
-Ciclo del Melograno: sempre legato al superuomo che però decide di abbandonarsi al suo destino (Romanzi: “Il fuoco”; mancano il secondo e il terzo romanzo).
Sono al di fuori dei tre cicli i romanzi:
“Giovanni Episcopo”, “Forse che sì forse che no”
Vi è una novella lunga: “La Leda senza cigno”.
Romanzi (spiegazione):
“Il piacere” (1889): il narratore prende il punto di vista del protagonista, l'autore va a coincidere con il personaggio, diventando una specie di alter ego. Trama breve e povera di fatti, vi sono molti più ricordi; molti i flash back.
Il romanzo racconta la vicenda umana di un giovane intellettuale, Andrea Sperelli.
Ricco, aristocratico, intenditore di cose d'arte ed egli stesso poeta ed incisore, Andrea era giunto a Roma nell'ottobre 1884. La prima scena narra dell’incontro tra Andrea ed Elena, un suo antico amore perduto. L’incontro non dà l’esito sperato da Andrea e il protagonista inizia a ricordare il passato, attraverso la tecnica del flash back, adoperata per molti capitoli del libro.
A Roma è sopraggiunto, attratto dal fascino della grande tradizione barocca della città. Una sera di Novembre, a una cena, conosce la contessa Elena Muti, una giovane vedova.
I due in breve si innamorano e vivono un'intensa relazione che dura fino al marzo 1885, quando Elena, all'improvviso, annuncia ad Andrea la sua intenzione di porre fine alla relazione e, senza un motivo apparente, lo lascia e parte da Roma.
Il giovane reagisce al trauma, dandosi ad una vita dissoluta, passando di donna in donna, alla ricerca di un particolare che possa ricordargli Elena in ognuna di loro.
Nel maggio dello stesso anno, cercando di sedurre Donna Ippolita Albonico, Andrea entra in conflitto con Giannetto Rutolo, che lo sfida a duello e lo ferisce gravemente.
Durante la convalescenza nella villa Schifanoia della cugina Francesca D'Ateleta, Andrea conosce Maria Ferres, in vacanza con la figlioletta Delfina e, affascinato dalla bellezza spirituale della donna, ben presto se ne innamora.
Anche Maria ricambia l'amore di Andrea, ma tutti i suoi tentativi di resistergli risultano inutili.
Alla fine di ottobre Maria lascia la villa e poco dopo parte anche Andrea.
Tornato a Roma, il giovane si lascia riprendere dalla corruzione dell'ambiente e si abbandona ancora una volta ai piaceri della vita mondana.
Sempre a Roma, il 30 dicembre, Andrea rincontra Elena, tornata dall'Inghilterra e ormai sposata con un nobile inglese che non ama ma che è molto ricco (il perverso lord Heathfield).
Egli vorrebbe riprendere la relazione con la donna, che non ha mai smesso d'amare, ma ella lo respinge. Si riprende da qui la narrazione degli avvenimenti interrotti dal lungo flash back.
Andrea si propone di riconquistare la donna, ma nel frattempo giunge a Roma anche Maria, ed egli sentendosi attratto da ambedue decide di farle sue entrambe.
Elena non cede, quindi Andrea decide di dedicarsi soltanto a Maria, con la quale riesce finalmente ad instaurare un'intensa relazione.
L'uomo, però, non riesce a dimenticare Elena e alla fine, proprio quando Maria avrebbe più bisogno di Andrea, perché il marito è stato coinvolto in uno scandalo, egli in un momento di smarrimento, la chiama con il nome dell'altra.
Maria, sconvolta, scappa via senza dire una parola e lo lascia per sempre.
Il romanzo “Il piacere” di Gabriele D'Annunzio oscura il romanzo di Verga "Mastro don Gesualdo", anch’esso pubblicato nel 1889. Verga, in questo contesto, scrive la "Duchessa di Leira", presunta figlia di mastro don Gesualdo. È un personaggio femminile che insegue il piacere invece che la roba; solo che questo terzo romanzo ha preso spunto dalla raccolta di novelle “I ricordi del capitano d'Arce” pubblicata nel 1891, che ha come ambiente persone dell'alta società . Questo romanzo non vede la luce perché vi è un problema di adattamento al soggetto (perché qui la classe sociale è assai più alta rispetto ai “Malavoglia”, ed allo stesso “Mastro don Gesualdo”). All'interno di questo mondo di nobili prevale la falsità perciò è ancora più difficile trovare la tecnica letteraria adatta. Nel 1902, in una lettera a Francesco Guglielmino, Verga dirà "non scriverò più la Duchessa di Leyra"
“L'innocente” (1892): si presenta sotto forma di confessione; chi scrive confessa un delitto. Il protagonista, Tullio, è un esteta che si avvia verso il decadimento, tradisce la moglie, perché non l'ama più, ma poi torna ad amarla, e scopre che la moglie l'ha tradito ed è incinta; i due si uniscono nuovamente, nasce il bambino che non viene da loro considerato, ma è amato solo dalla nonna. I due arriveranno ad ucciderlo, lasciandolo morire di freddo (→ mito della morte sacrificale).
“Giovanni Episcopo”(1892): protagonista è un modesto impiegato, un'antitesi del superuomo, vive tutto sommato felicemente, ma un suo "finto" amico, Vanzer, lo porterà su una cattiva strada. In seguito sposa Ginevra, una donna molto diversa da lui, dalla quale ha un figlio. Scopre poi che la moglie ha un amante, viene licenziato, inizia a bere, degradandosi progressivamente. Vanzer, alla fine, dopo essere andato via, ritorna in casa senza uscire. Preso dalla rabbia Giovanni uccide Vanzer.
“Il trionfo della morte” (1894): il protagonista, Giorgio Aurispa,è un inetto il quale decide di tornare nella sua casa natale in Abruzzo con la sua donna Ippolita Sanzio e va a vivere con i contadini per recuperare il senso della natura. Tutto questo, però, non basta a salvarlo dalla follia e dal senso della sconfitta. Alla fine Giorgio si uccide con Ippolita, che avvince a sé, precipitandosi da uno scoglio (→ insufficienza del mito dell’estetismo / tema dell’inettitudine).
“Le Vergini delle rocce” (1895). Il protagonista del romanzo,Claudio Cantelmo, è l'ultimo discendente di una nobile e antica famiglia di condottieri e politici prestigiosi. Il ricordo di costoro insieme al rifiuto dei valori borghesi della società in cui è costretto a vivere, lo portano a concepire l'idea di generare un erede degno di tali illustri antenati attraverso l'unione con una nobildonna di pari rango. Il rampollo dovrà portare a compimento l'«ideal tipo latino», imponendosi sulle plebi con la forza della volontà dominatrice e con gli attributi caratteriali e intellettuali che hanno fatto in passato la grandezza sia della famiglia paterna che materna. Il protagonista vuole pertanto generare una sorta di superuomo che riassuma in sé le caratteristiche più alte delle due stirpi da cui proviene. Con la restaurazione dei valori aristocratici di un tempo potrà porsi alla guida del suo popolo e condurlo verso mete sempre più alte divenendo egli stesso un novello "re di Roma". Abbandonata la corrotta capitale d'Italia, Claudio si trasferisce in un'appartata e indefinita località dell'ex Regno delle due Sicilie, dove ha trascorso l'infanzia e dove ristabilisce i rapporti con una famiglia del posto, nobile anche se decaduta: i principi Capece-Montaga, che vivono in un palazzo in disfacimento, nel culto ossessivo del passato borbonico, e con due dei loro membri sconvolti dalla pazzia. Claudio si sente subito attratto dalle tre figlie del principe: Violante, la maggiore, bella, superba, sensuale, Massimilla, pura e sensibile, ma decisa a prendere i voti, Anatolia, depositaria dei valori familiari che con sacrificio si occupa della madre demente e del fratello, Antonello, mentalmente instabile e disordinato. Il protagonista è consapevole che una delle tre sorelle sarà la madre dell'erede intellettualmente superdotato che egli desidera generare, ma non sa decidersi: ognuna di esse possiede infatti virtù e caratteristiche uniche che potrebbero essere trasmesse alla stirpe. Alla fine la scelta cade su Anatolia, che tuttavia rifiuterà la proposta di matrimonio per poter continuare ad assistere la vecchia madre demente, il fratello psicolabile e il vecchio padre. Anatolia stessa, tuttavia, spinge Claudio a prendere in considerazione, come futura consorte, sua sorella Violante, non solo perché è la figlia maggiore, ma anche perché sembra degna del suo amore. Non si sa se Claudio, seguendo il consiglio di Anatolia, sceglierà Violante, anche perché Qui finisce il libro delle vergini e incomincia il libro della Grazia. L’articolazione della vicenda infatti, avrebbe dovuto aver luogo nel secondo romanzo della trilogia progettata da D'Annunzio e mai portata a compimento.
“Il fuoco” (1900). Protagonista del romanzo è un altro eroe, Stelio Effrena (→ effrena = sfrenato, senza limiti). Stelio tiene un grande discorso al Palazzo Ducale di Venezia, davanti a un pubblico entusiasta. Spiega tutta la sua filosofia sull'arte e sulla creazione. L'arte, secondo lui, è sublime quando imita l'arte antica. La compagna di Stelio è un'attrice celebre: la Foscarina, che viene chiamata Perdita. È una bella donna, anche se non è più giovane, e ama Stelio fino all'abbandono della propria personalità. Pur sapendo che questo amore è in pericolo, presenta una donna giovane e bellissima a Stelio: la cantatrice Donatella Arvale. Nella notte, Stelio e la Foscarina si incontrano nel giardino di quest'ultima e hanno un rapporto sessuale appassionato. Stelio poi se ne va e lascia la Foscarina disperata nel giardino. In seguito, la Foscarina e Stelio si ritrovano spesso nei loro palazzi per avere rapporti sessuali sempre più appassionati. Tuttavia, la Foscarina è sicura che lei non resterà l'unica amante del genio. Una sera, Stelio con un suo amico si trova su una nave. Per caso, sulla nave si trova anche Richard Wagner, il compositore tedesco. Anche se Stelio disprezza la cultura germanica e glorifica la cultura latina, ammira il grande compositore, che per lui è l'incarnazione del genio artistico. Ma Wagner è vecchio e malato, e subisce un colpo apoplettico. Stelio e il suo amico lo soccorrono e lo fanno scendere dalla nave. Per loro, questo incidente è una prova della superiorità dell'arte. Intanto il desiderio della Foscarina di servire, di sottomettersi all'arte dell'amato, diventa più grande. Tutti e due, la Foscarina e Stelio, vogliono creare qualcosa di superiore all'amore. Stelio parla del Superuomo. Alla fine, la Foscarina decide di lasciare Stelio per viaggiare nel mondo, allo scopo di renderlo libero nelle sue creazioni poetiche. Stelio riceve la notizia della morte di Richard Wagner nel palazzo Vendramin. Lui e i suoi discepoli fanno il corteo funebre per il grande compositore.
“Forse che sì, forse che no” (1910). L’ultimo romanzo di D’Annunzio è ambientato nel mondo dell'aviazione che muoveva, a quel tempo, i primi passi; il romanzo descrive lo sviluppo di passioni che legano e dividono cinque personaggi borghesi e che sono inevitabilmente destinate a lasciare una "scia" di dolore e morte. La vicenda riguarda la nascita di una violenta passione amorosa tra Paolo Tarsis e Isabella Inghirami. Nell’ intrigo si intrecciano le vicende di Vanina e Lunetta, sorelle di Isabella, e di Aldo, fratello delle tre. La desolante scoperta della storia d'amore tra Paolo e Isabella da parte di Aldo e Vanina causa una precipitosa caduta verso tendenze suicide: Aldo e Vanina tentano insieme il suicidio sporgendosi da una muraglia diroccata. Vanina è infatti innamorata di Paolo, ma Isabella, pur consapevole di questo amore, continua la sua storia con Paolo. In un primo momento non si colgono le motivazioni di Aldo, emerge poi verso la fine del romanzo che egli intrattiene relazioni incestuose con la sorella Isabella. Vanina si reca da Paolo per svelare la relazione tra il fratello e la sorella maggiore. Paolo, furente, aspetta l'arrivo di Isabella sulla quale sfoga la sua ira, picchiandola e insultandola mentre la sorella Vanina rientra in casa e si suicida. Inizia da questo momento la progressiva crisi di Isabella, personaggio finora molto sicuro e determinato, che sfocia in una follia inarrestabile, al punto che il padre e la matrigna di Isabella sono costretti a ricoverarla in un istituto senza che Paolo riesca a trovare una soluzione alternativa. Le vicende amorose si intrecciano con due gare aeree, nella prima delle quali Giulio, amico di Paolo, perde la vita mentre il protagonista esce vittorioso. Il romanzo si chiude con l'atterraggio di Paolo in Sardegna.
Lettura consigliata: “Il piacere” http://www.liberliber.it/mediateca/libri/d/d_annunzio/il_piacere/pdf/il_pia_p.pdf
IL NOTTURNO
Il “Notturno” è una raccolta di meditazioni e ricordi, in forma di prosa, composta nel 1916 durante il periodo di immobilità e cecità al quale il D'Annunzio fu costretto a seguito ad un incedente aereo. D'Annunzio le compose scrivendo su cartigli, su strisce di carta (circa 10.000, pare) che in seguito vennero messi in ordine dalla figlia.
La prima edizione è del 1916, senza il diretto esame dell'autore; quella definitiva è del 1921.
Il “Notturno” ha un particolare aspetto nel panorama della produzione dannunziana: é il testo in cui sono evidenti una componente riflessiva e meditativa, il superamento della tensione superomistica che pervade quasi tutte le altre opere di D'Annunzio, l'esperienza del dolore vissuta come occasione per tracciare un bilancio della propria vita e della scoperta degli altri.
Paragonata con i modelli consueti di D'Annunzio, il Notturno si distingue per la snellezza e l'essenzialità del periodare, per il prevalere dell'andamento paratattico, per il quasi costante ricorso al tempo presente, che conferisce alla scrittura l'immediatezza di un'esperienza nel suo farsi, e comunica un'impressione di contemporaneità fra enunciato e vissuto.
la motivazione dell’abbandono dei moduli narrativi precedenti non è dovuta solo a problemi di ordine pratico (privo della vista, D'Annunzio doveva scrivere su sottili strisce di carta); occorre, infatti, ricordare che dopo i romanzi, già nelle “Faville del maglio” il poeta si stava orientando verso una prosa meno manipolata, tutta elaborata di memorie e di impressioni; ed inoltre non sono da sottovalutare eventuali suggestioni esercitate su di lui da talune esperienze delle giovani generazioni: ad esempio, certo impressionismo dei poeti della Voce e la pubblicazione della raccolta “Il porto sepolto” di Ungaretti.
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Gabriele D' Annunzio vita opere riassunto e biografia
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