Guido Gozzano vita opere biografia

 

 

 

Guido Gozzano vita opere biografia

 

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti. Se vuoi saperne di più leggi la nostra Cookie Policy. Scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie.I testi seguenti sono di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente a studenti , docenti e agli utenti del web i loro testi per sole finalità illustrative didattiche e scientifiche.

 

 

Guido Gozzano

 

Biografia

 

Guido Gozzano, figlio di Fausto e Diodata Mantino, nacque a Torino nel 1883. Di famiglia borghese benestante (ma in progressivo declino), dopo gli studi liceali si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza senza però portare a termine gli studi, anche a causa della sua salute cagionevole oltre che del poco talento per gli studi. Preferì seguire i corsi di Lettere in particolare e frequentare i circoli letterari della città, come la Società culturale a Palazzo Madama a Torino, dove può conoscere esponenti internazionali del decadentismo e poeti minori del simbolismo. Memorabili sono, nella sua breve esistenza, i soggiorni estivi ad Aglié, città natia, - dove colloca la Villa Amarena della Signorina Felicita - e la relazione, iniziata con una profonda amicizia letteraria nel 1907 e sfociata in una storia d’amore, con Amalia Guglielminetti, poetessa che incarna il modello di donna colta e sofisticata. Già in questo periodo cominciarono a manifestarsi i primi sintomi di tisi, malattia “di moda” all’epoca.
Nel 1909 con la morte della madre, figura importante per il figlio, e successivamente anche del padre, Gozzano comincia a scoprire le preoccupazioni per la vita economica, è costretto, infatti, a vendere la sua amata casa ad Agliè.
Sempre a causa della sua salute, gli venne consigliato di fare un viaggio oltremare, progettò così un viaggio nelle Canarie, che però non fece, nel 1912-1913 compì un viaggio in India, molto breve, della durata di un solo mese, di cui scrisse un resoconto per «La Stampa» (queste opere in prosa vennero più tardi raccolte nel volume Verso la cuna del mondo, 1917), qui poté scrivere la serie di poemetti indiani. Fra il 1913 e il 1915 è d’accordo con Fieves di pubblicare il suo ultimo libro, Le Farfalle, che parla di insetti, ma non lo porterà a termine.
Nel 1915 la sua malattia, la tisi, si aggrava fino ad esplodere in una crisi decisiva. Trasportato in condizioni ormai disperate a Torino muore nel 1916 appena trentaduenne.
Fra le sue raccolte poetiche le più importanti sono: La via del rifugio (1907), che ottenne uno straordinario successo di critica e pubblico lo stesso anno, e I colloqui (1911), che rimangono il suo capolavoro. Lavorò anche ad un poemetto, Le farfalle, e scrisse racconti e fiabe.

Caratteristiche della poetica:            

 

  • stile

Gozzano consistette in breve – come ci riferisce Montale - nell'«attraversare D'Annunzio per approdare ad un territorio suo, così come, su scala maggiore, Baudelaire aveva attraversato Hugo per gettare le basi di una nuova poesia».
Il punto di partenza di Gozzano è senza dubbio D’Annunzio, visto come il modello da attraversare e da percorrere criticamente e ironicamente. L’ironia e il distacco colpiscono il poeta vate, il suo ruolo pubblico, impegnato, abituato ad essere al centro della società, ma anche la sua stessa poetica, esempio ne è quella dannunziana, e per questo diventerà il segnale del nuovo orientamento poetico che si svilupperà nel Novecento.
La forma scelta da Gozzano è quella dell’ironia, al limite della parodia in alcuni casi, a cui corrisponde una radicale riduzione ed abbassamento del livello tematico e linguistico che ad esempio in D’Annunzio era detto stile oratorio. Il linguaggio di Gozzano scende sia di tono sia di vocabolario, abbandona la sfera aulica e aristocratica e sceglie invece il parlato della conversazione media borghese. Abbandona il tono lirico, l’intensità simbolista della poesia per un modesto tono colloquiale, un dialogo quasi banale.
Ed è proprio in questo che si può cogliere la grandezza della poesia gozziniana. Essa nasce dentro l’esperienza dannunziana e si pone l’obiettivo di degradarla, appunto con l’ironia. Questo si può notare anche nell’uso della struttura metrica, assolutamente priva di elementi innovatori, utilizza ancora, infatti, lo schema dell’endecasillabo appena rianimato dalla rima e dagli accenti del caso: « lo stile d'uno scolaro / corretto un po' da una serva».
L’ironia e un complesso atteggiamento di amore e odio nei confronti del decadentismo dannunziano, così come nei confronti della mediocrità borghese, sono poi i fattori che distinguono Gozzano dagli altri crepuscolari (soprattutto Corazzini e Moretti) quando prende a soggetto le celebri «piccole cose di pessimo gusto». Generalmente il registro ironico e l’assenza del patetico, la non partecipazione sentimentale alla crisi del poeta vate nazionale, distinguono Gozzano dall’esperienza crepuscolare e lo colloca in una posizione isolata, soprattutto nei confronti di Corazzini.

 

  • finalità

Nella poesia di Gozzano è possibile avvertire la paura di non poter più scrivere versi in una società come quella moderna, borghese, sentita come estranea ad ogni sorta di discorso poetico, intenta com’è all’utilità, al guadagno, all’economicità.
La scelta di Gozzano è quella di accettare del tutto le condizioni che la norma sociale gli impone, la stessa norma che considera lo scrivere in versi una stranezza di cui bisogna vergognarsi, il fare poesia, infatti, urta contro le “buone cose di pessimo gusto” della normale vita borghese.
Proprio da questo conformarsi con l’ordine borghese deriva la scelta del linguaggio e degli oggetti quotidiani, che diventano l'unico modo di sopravvivenza di una poesia in netto contrasto con il suo contesto. Il linguaggio medio e la normalità delle situazioni, oggetti, personaggi, ambienti rappresentano la maschera che la poesia deve assumere per non essere rifiutata a priori dal contesto borghese. Gozzano però, a differenza degli altri crepuscolari, si rende conto della precarietà di questa maschera e per questo nella sua poesia c’è sempre un simbolo di distinzione: l’ironia.
L’ironia ci mostra l’utopicità di poter far durare la poesia sotto la maschera della mimetizzazione borghese di essa, utopico, infatti, è il credere che la poesia venga accettata entro la società per il solo fatto di aver rinunciato al suo essere, a meno che questa non si venda accettando di diventare merce per celebrare i valori di utilità e guadagno del mondo. Come dice Gozzano stesso nella Signorina Felicita:
“Oh! Questa sterile vita di sogno! /  Meglio la vita ruvida concreta / Del buon mercante inteso alla moneta, / Meglio andare avanti sferzati dal bisogno, / Ma vivere di vita! Io mi vergogno, / Sì, mi vergogno d’essere un poeta!”

 

L’amica di nonna Speranza
Questa poesia si trova nella raccolta La via del rifugio, scritta nel 1907.
La poesia è composta da distici, ovvero stanze composte da due soli versi novenari con rima interna: aBbA (le lettere piccole indicano la rima interna).
All’inizio della poesia compare un’epigrafe, che è in grado di fornirci alcuni elementi: una data, 28 giugno 1850, una fotografia, una dedica, “…alla sua Speranza / la sua Carlotta…”.
Il poemetto narra semplicemente di quando l’autore si mise a sfogliare un vecchio album di fotografie. Una foto in particolare colpì però lo sguardo del poeta, che cominciò a fantasticare e ad immaginare vicende che sarebbero potute accadere nell’ambiente alla ragazza raffigurata.
Nella prima parte della poesia viene semplicemente elencata tutta la mobilia visibile nell’interno della foto, fiori, scatole, balocchi, scrigni, noci di cocco, tutte definite come “buone cose di pessimo gusto”. Viene descritta una situazione senza vita, completamente statica, che rimanda all’immagine della morte dell’ultima parte. Un poco alla volta cominciano ad entrare, come su di un palcoscenico, i vari personaggi, dei bambini, le due ragazze intente a suonare e cantare e sognare il Principe Azzurro, lo Zio, descritto come un uomo rispettoso del passato e dell’imperatore, la Zia, donna molto dabbene, il Babbo e la Mamma. Con ironia pungente Gozzano ci mostra i classici discorsi prescritti che a quel tempo erano soliti fare nei salotti o nei ricevimenti, presentazioni, offerte di cordiali, politica, e non appena il discorso comincia a farsi un po’ più libertino, le due ragazze vengono mandate a giocare in giardino.
Qui il tono del discorso cambia completamente, si libera, si scioglie nelle forme, che naturalmente hanno come tema l’amore, e nel linguaggio. Ma nonostante la dolcezza con cui a prima vista Gozzano sembra far parlare le due ragazze, è la vacuità che fa da padrona, sembra che ci mostri una scena a se stante, come parte di un altro mondo, i veri problemi sembrano svanire con troppa leggerezza nei discorsi delle ragazze, come se non vi si fossero mai soffermati.
Nell’ultima parte c’è il ritorno alla realtà, quella vera, quella del protagonista che guarda la fotografia con tanta tristezza e sceglie come unico oggetto d’amore un’immagine senza vita, segno di morte.
In questa poesia sembra che le voci narranti siano due, una completamente distaccata, che vede e giudica le cose “ di pessimo gusto” dall’esterno, l’altra sembra quasi coinvolta affettivamente, che amava e proteggeva le “buone” cose come fossero le due ragazze stesse a parlarne. Gli ossimori, “le buone cose di pessimo gusto” e i “dolci bruttissimi versi”, sembra definire l’intero schema della poesia, l’inizio, infatti, così distaccato, una semplice descrizione di ambienti, discorsi e argomenti precostituiti è in contrapposizione con la seconda parte del poemetto, coinvolta, dolce, sognatrice, in cui le due giovani amiche parlano dei loro sogni d’amore.
In tutto questo c’è uno sfondo d’ironia, a prima vista, affettuosa nella rievocazione delle due ragazze, e più sarcastica nei confronti degli Zii. Ma questo può sembrare solo un errore di lettura, pensando alla personalità di Gozzano, il semplice fatto che nel far parlare le due ragazze abbia usato un linguaggio più dolce non ci assicura che non sia stata scagliata una critica forse più forte nei loro confronti che non in quelli degli Zii.
È subito evidente la presenza del discorso diretto, dominante nelle parti centrali. Attraverso questo vengono colpiti espressamente lo Zio e la Zia, il loro perbenismo ipocrita e l’inconsistenza intellettuale della loro classe; in seguito verrà usato anche con le due ragazze i loro sogni, i loro pensieri, i miti passati degli uomini che si uccidono per amore, la loro leggerezza.
È soprattutto in questa poesia che più si legge la consapevolezza di un contrasto tra un’epoca che sta per finire e una stagione nuova sconosciuta e non affidabile.

 

Fonte: http://digilander.libero.it/ricerchescolastiche/italiano/rc/Gozzano.doc

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 


 

Guido Gozzano vita opere biografia

 

Guido Gozzano


Guido Gustavo Gozzano (Torino, 19 dicembre 1883 - 9 agosto 1916) è stato un poeta italiano. Figlio di Fausto Gozzano, ingegnere, e di Diodata Mautino, figlia di un patriota ardente sostenitore di Giuseppe Mazzini e Massimo D'Azeglio, trascorse l'infanzia tra Torino e la cittadina canavesana (vicino Ivrea) di Agliè dove la famiglia possedeva diverse case ed un vasto parco.                                                                                                                                                              Cagionevole di salute, frequentò le scuole inferiori con poca diligenza e dopo studi liceali poco brillanti si iscrisse, nel 1903, alla facoltà di legge di Torino ma non arrivò mai alla laurea e preferì seguire, insieme ad un gruppo di amici che formano con lui il gruppo dei crepuscolari torinesi, i corsi di letteratura del poeta Arturo Graf, molto ammirato dai giovani letterati della città.
Grazie a Arturo Graf, che si richiamava al pessimismo leopardiano temperato da un socialismo di impronta spiritualistica e pertanto ammirato dai giovani intellettuali torinesi che vedevano nel suo pensiero un "antidoto" al dannunzianesimo che imperava in quel periodo, Gozzano si liberò definitivamente dal gusto dannunziano che aveva pervaso i suoi primi versi. In questo periodo studiò Dante Alighieri e Francesco Petrarca, raffinando la sua sensibilità poetica.                          

Nel maggio del 1907 le sue condizioni di salute si aggravarono a causa di una violenta pleurite e da quel momento il poeta fu costretto a trascorrere la sua vita solitaria tra la riviera ligure e qualche villaggio di montagna.                             

Il 1907 fu anche l'anno in cui ebbe inizio la sua relazione, dapprima solo epistolare, con Amalia Guglielminetti che aveva conosciuto durante gli incontri della Società di Cultura. Le Lettere d'amore di Guido Gozzano e di Amalia Guglielminetti che appartengono agli anni 1907-1909, testimoniano l'amore per la poetessa, amore al quale egli cercò spesso di sottrarsi preferendo un cauto "cameratismo letterario", ma rappresentano uno dei documenti più intensi della biografia gozzaniana.                                                                                                                                                                           

Abbandonati gli studi giuridici nel 1909 si dedica completamente alla poesia e nel 1911 pubblica il suo più importante libro, I colloqui.                                                                                                                                                                                   

  Nel 1912, aggravatosi il suo stato di salute, il poeta decise di compiere un lungo viaggio in India per cercare climi più adatti al suo stato di salute.                                                                                                                                                          

Nel marzo 1914 pubblicò su "La Stampa" alcuni frammenti del poemetto le Farfalle rimasto incompiuto. Nello stesso anno raccolse nel volume I tre talismani, sei deliziose fiabe che aveva scritto per il Corriere dei Piccoli. Si dimostrò sempre interessato al teatro e alla cinematografia lavorando alla riduzione di alcune novelle da lui scritte. Nel 1916, anno della sua morte, lavorò alla sceneggiatura di un film, che non vide mai la luce, su Francesco D'Assisi.                          

Alla base dei suoi versi vi è un romantico desiderio di felicità e di amore che si scontra presto con la quotidiana presenza della malattia, della delusione amorosa, della malinconia che lo porta a desiderare vite appartate e ombrose e tranquilli interni casalinghi.              

 

 I temi della sua poesia sono:

    - La Torino d'altri tempi: Torino raccoglieva tutti i suoi ricordi più mesti ed era l'ambiente fisico ed umano al quale egli sentiva di partecipare in modo intimo con sentimento ed ironia, accanto alla Torino contemporanea era assai più cara al poeta la Torino dei tempi antichi, quella Torino antica e un po' polverosa che suscitava nel poeta quegli accenti lirici carichi di nostalgia melanconica                                                                                                                                                         - L'ambiente canavese e la natura: vicino alla Torino gozzaniana viene proposto dal poeta il vicino ambiente canavesano dove si ritrovano fondamentali immagini di contemplazione paesista e naturale dalla quale nascerà l'estremo mito lirico per il mondo della natura che poteva dargli, come egli dice "la sola verità buona a sapersi" e dalla quale nascerannno le ultime "persone" della sua poesia, "l'archenio del cardo, la selce, l'orbettino, il macaone" e infine tutte le farfalle del suo poema incompiuto e gli faranno ritrovare la sua "grande tenerezza per le cose che vivono", riscoprendo così il fanciullo che era "tenero e antico"   

- La malattia e la morte: Il tema della malattia, l'aggravarsi della tisi che condurrà il poeta alla morte, lascia molte impronte in tutti i versi del poeta e diventa occasione lirica come in Alle soglie, dove viene registrata in versi anche la prova della schermografia "Un fluido investe il torace, frugando il men peggio e il peggiore..."; "l'ossa e gli organi grami" vengono descritti "al modo che un lampo, nel fosco disegna il profilo d'un bosco, coi minimi intrichi dei rami"             

  - Le terre remote: Quando tra il febbraio e l'aprile del 1912 Gozzano si recò in India tenne la cronaca del suo viaggio che espresse a volte in forma appassionata ed esterna, a volte in forma intima e sofferta. Nacquero le "Lettere dall'India", che, composte tra il 1912 e il 1913, apparvero su "La Stampa" torinese del 1914 e vennero in seguito pubblicate in volume presso i Fratelli Treves, con prefazione di Borgese nel 1917. Con queste immagini di terre lontane nasceva la più alta della prosa di Gozzano pur rimanendo il suo mondo poetico, anche di fronte alle immagini suggestive di orizzonti sconosciuti e inabituali, sempre all'interno dei propri determinati e sicuri confini. Gozzano, descrivendo la sua esperienza di viaggio, affronta anche il tema dell'"altro viaggio", quello della morte.
La signorina Felicita (ovvero la Felicità): la lettura della data del 10 luglio, festa di Santa Felicita, sul foglio di un calendario, sta all’origine di questa poesia che forse è la più celebre di Gozzano, quella che meglio esprime il suo animo e la sua poetica crepuscolare. Quella data gli ricorda una donna non bella, ma buona, semplice, tenera e riposante, conosciuta anni addietro in un paesino del Canavese, con la quale un giorno s’illuse di poter vivere una vita tranquilla e serena abbandonandosi a un sogno, che, come tanti altri, non gli riuscì di realizzare tormentato, come era sempre, dalla malattia e dal presentimento della fine imminente. Nella signora Felicita, così come il Gozzano la pensa e la descrive, si ha il ribaltamento del mito della donna aristocratica, delle attrici e delle principesse, al tempo delle suggestioni dannunziane e nietzschiane [Donna: mistero senza fine bello! – Gozzano: rimarca l’imprevedibilità dell’animo femminile]. E al ribaltamento dell’ideale di donna corrisponde il ribaltamento della forma, che in D’Annunzio è sempre eletta, ricercata e preziosa; in Gozzano è piana, dimessa, a volte anche prosastica. La poesia ha la struttura di un poemetto, poemetto di ciò che "poteva essere e non è stato".

 

Fonte: http://depositocompiti.altervista.org/files/guido_gozzano.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

il Narratore audiolibri – breve biografia dell’autore

 


Guido Gustavo Gozzano (che si fece poi chiamare soltanto Guido) nasce a Torino il 19 dicembre del 1883. Si iscrisse alla facoltà di legge, ma non giunse mai a laurearsi e preferì interessarsi di letteratura seguendo all'università di Torino i corsi di Arturo Graf insieme ad un gruppo di giovani con cui successivamente costituì il gruppo dei crepuscolari torinesi. Lo scrittore, di salute malferma, non ebbe mai un lavoro fisso, ma partecipò alla vita culturale e mondana della Torino di inizio secolo. Nel 1907 rivela la sua necessità di rifugiarsi nella poesia rifuggendo le aspirazioni mondane pubblicando “La via del rifugio”. Qui, lontano da mire intellettualistiche, rivela la sua originalità come nei due componimenti “Le due strade” e “L'amica di nonna Speranza”. Nello stesso anno ha inizio la sua relazione con la scrittrice Amalia Guglielminetti, ma andranno peggiorando le sue condizioni di salute che lo porteranno alla tubercolosi. Nel 1911 appare il suo libro più importante ”I colloqui” i cui componimenti furono disposti in tre sezioni: “Il giovanile errore”, “Alle soglie” e “Il reduce”. Per tutto il corso della sua vita Gozzano collaborò a giornali e riviste con recensioni letterarie, fiabe per bambini, (“I due talismani “-1914, “La principessa si sposa “-1917) e novelle (“L'altare del passato”- 1918, “L'ultima traccia”- 1919). Muore a Torino il 9 agosto 1916.

 

http://www.itchiavari.it/lettere/letteratura_italiana/1900/Gozzano/Gozzano-Biografia.doc

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

Guido Gozzano vita opere biografia

 

 

Visita la nostra pagina principale

 

Guido Gozzano vita opere biografia

 

Termini d' uso e privacy

 

 

 

Guido Gozzano vita opere biografia