Ugo Foscolo - analisi e parafrasi sepolcri

 

 

 

Ugo Foscolo - analisi e parafrasi sepolcri

 

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Ugo Foscolo - analisi e parafrasi sepolcri

 

I SEPOLCRI

 

È un carme in endecasillabi sciolti, dedicato ad Ippolito Pindemonte.

 

L’origine del carme

Causa dei Sepolcri fu:

I decreti napoleonici di Saint –Cloud (1804), per i quali si vietava, per motivi igienici, che i morti venissero sepolti in città; e si ordinava, per motivi democratici, che gli epitaffi fossero messi sul muro di cinta del cimitero e non dov’era inumato il cadavere.

Il Foscolo vide in quei decreti il pericolo che si soffocassero i liberi spiriti della rigenerazione che si spegneva (Parini); mentre i sepolcri, attraverso l’illusione dell’immortalità, sono ispiratori di opere generose, e avviano verso la rigenerazione e la risurrezione della patria.

La poesia sepolcrale era venuta a noi dall’Inghilterra, ma il Foscolo la trattò con l’originalità del genio, sollevandola dal banale sentimentalismo ad un altissimo significato umano.

In realtà non il problema sul luogo più opportuno e il modo delle sepolture è quello che sta più a cuore al poeta, bensì gli importa l’idea del sepolcro in sé, quale s’era affacciata a varie riprese nell’Ortis e nei sonetti:

  • il sepolcro come nodo di affetti familiari
  • il sepolcro come istituzione e religione, testimonianza delle memorie
  • il sepolcro come segno di gloria
  • il sepolcro sorgente di poesia, le tombe degli eroi vincono il silenzio dei secoli attraverso il canto dei poeti

L’importanza poetica e storica

I Sepolcri sono impostanti perché:

  • Iniziano la vera e concreta poesia del Risorgimento
  • Preludono al romanticismo imminente (rinnovato senso della storia, della tradizione; senso del mistico, del malinconico, del misterioso

Il contenuto

I Sepolcri si possono dividere in un preludio e in due parti:

  • Il preludio rievoca la vita nei suoi incanti e la morte che rompe questi incanti e tutto fa precipitare nel nulla
  • La prima parte ha carattere più universale, umanitario e contiene il motivo ispiratore di tutto il carme:  culto delle tombe perché attraverso esse si stabilisce una comunione di affetti tra i vivi e i morti, una umana religione delle tombe.
    • Visione politica: il cui il poeta descrive la tomba circondata dall’affetto dei superstiti a quella abbandonata nel suo squallore
    • Visone storica: in cui il poeta descrive il rito sepolcrale pagano e il rito sepolcrale cristiano: e afferma che il primo è comune a tutti i popoli civili
  • La seconda parte ha carattere più particolare, civile, politico: attraverso il vincolo che si stringe tra i vivi e i morti sorge il senso dell’eroico e la rigenerazione della patria.
  • Inno a Firenze
  • Inno a tutti gli spiriti eroici e generosi,

Il carme si chiude con l’immagine di Ettore, chiamato fraternamente per nome, come il più grande e il più sventurato di tutti gli eroi.

Le tombe non servono ai morti, però se le tombe non servono ai morti, servono ai vivi per quattro motivi:

  • Versi 23-90: ragioni di sentimento, corrispondenza d’amorosi sensi.
  • Versi 91-150: ragioni di storia, le tombe sono espressione di civiltà dei popoli.
  • Versi 151-225: ragioni morali e patriottiche, le tombe dei grandi suscitano grandi sentimenti per il rinnovamento della coscienza politica.
  • Versi 226-295: ragioni poetiche, le tombe ispirano i poeti.

 

Gli eroi per il Foscolo sono quelli che hanno operato a favore dell’umanità, per il progresso della civiltà (educazione vichiana, la storia come progresso).

E’ vero che tutta l’opera foscoliana poggia sul principio illuministico-materialistico che non esiste una vita dell’anima nell’aldilà, ma il carme è pervaso dal principio alla fine dal bisogno di credere in qualcosa di immortale, che dia uno scopo alla vita umana.

Se l’esistenza è destinata a finire nel nulla eterno, come possiamo vivere alla morte? Questa è la domanda che si pone il Foscolo e la risposta è una: il solo mezzo che l’uomo ha per sfuggire alla morte è di cercare la gloria praticando la virtù, compiendo egregie cose, lasciando di sé buona memoria ed esempi degni di essere imitati dai posteri.

L’individualismo romantico è già presente in questa ricerca di immortalità, di distinzione da quegli uomini che vivono privi di ideali e di nobili sentimenti, pertanto la gloria può essere acquisita o con opere d’ingegno o con gesta compiute per la grandezza della patria.

Il pessimismo del Foscolo sembra placarsi nella certezza che la gloria può dare un senso all’esistenza dell’uomo, consolando con l’illusione che il suo nome e la sua opera non si perderanno nel tempo.

Dal punto di vista razionalistico ed oggettivo,le tombe non hanno valore, perché la morte restituisce il corpo alle vicende della materia, ed è legge universale che tutto quanto esiste sia distrutto e trasformato dalle vicende del tempo (vv. 1-22)

Dal punto di vista soggettivo, invece, vale la considerazione che ognuno, mediante la tomba, abbia l’illusione di sopravvivere nell’affetto dei propri cari, partecipi di illusione analoga, e solo chi sa di non avere affetti dietro di sé no ha motivo di desiderare una tomba. (vv. 23-50)

La nuova legge è perciò da condannare, perché, accomunando o livellando le tombe, ferisce la coscienza comune, ed il sentimento del poeta è particolarmente toccato dal fatto che una tomba propria sia stata negata al Parini. (vv. 51-90)

Considerando nella sua realtà storica, il costume delle tombe è l’oggettivazione di tale impulso della coscienza, il quale è proprio dell’uomo non appena esce dalla stato ferino; comune a tutti i popoli civili, l’usanza di onorare i propri cari con una tomba si è variamente atteggiata attraverso i secoli. (vv. 91-103)

La consuetudine di seppellire i morti nelle chiese è rito di tempi remoti, ma troppo squallido e terrificante; suggestiva è invece la consuetudine che fa – nei cimiteri – luoghi in cui i vivi e i morti si uniscono in una <<corrispondenza d’amorosi sensi>>: tale costume fu in uso presso gli antichi pagani e lo è ora presso gli Inglesi. (vv. 104-136)

Ma, dove manchi una coscienza civile e la gente non apprezzi altro se non le forme materiali del vivere, le tombe non hanno senso, e sono soltanto una <<inutile pompa>>, vana manifestazione di ricchezza, e malaugurate immagini di morte; il poeta ne augura a sé una modesta, che giovi a ricordare agli amici la propria figura di uomo libero e una poesia, come la sua, ricca di sentimenti generosi e degna di nobili spiriti. (vv. 137-150)

Questa prima parte del carme costituisce prologo alla seconda, in cui i sepolcri sono come l’oggettivazione dell’ansia di durare e presidio della tradizioni patrie. I sepolcri sono santuari in cui si perpetua la memoria dei grandi: così è di Santa Croce in Firenze, che accoglie le tombe di Machiavelli, Michelangelo e Galilei. (vv. 151-185)

Se c’è un luogo da cui gli spiriti alti e audaci attingano incitamento alla gloria, di lì si dovranno trarre gli auspici per la riscossa della patria. Quest’onore spetterà a Santa Croce, dove Vittorio Alfieri veniva a ispirarsi e dove ora la sua tomba è ammonimento di amore alla patria. Da quella religiosa pace sembra parlare una divinità, quella stessa divinità che alimentava nei Greci di Maratona il valore e l’accanimento contro l’invasore persiano. Questi sentimenti d’amor patrio trovano corpo nella visione di battaglia che, secondo la tradizione, appariva di notte ai naviganti nei luoghi di quello scontro. (vv. 186-212)

Agli spiriti nobili, la morte è giusta  dispensatrice di gloria, e la tomba può essere incentivo perché all’estinto sia resa postuma giustizia dei torti ricevuti in vita, così come avvenne, secondo la leggenda, per Aiace, alla cui tomba le onde portarono le armi di Achille, che ingiustamente erano state negate a lui da vivo. (vv. 213-225)

Ma soprattutto la tomba serve a mantenere quella memoria alla quale s’ispira il canto dei poeti. La tomba di Ilo nei luoghi dell’antica Troia fu forse di ispirazione ad Omero per consacrare all’eternità, insieme con il valore degli Argivi, l’eroismo e il sacrificio di Ettore, difensore della sua patria. (vv. 226-295)

Nella prima parte:

I vv. 1-21 affermano le leggi materialistiche, i vv. 23-50 affermano invece l’illusione. Sono quasi simmetrici, quasi uguale il numero dei versi. Entrambi si aprono con un interrogazioni retoriche di 3 vv. Nei primi c’è una lunga domanda seguita da una piccola risposta, nei secondi il contrario. Da 1-21 si distruggono i valori positivi della vita, da 23-50 il contrario. La prima domanda ha versi incalzanti come la seconda risposta, la seconda domanda e la prima risposta hanno invece versi brevi e perciò un ritmo scorrevole.

I vv. 51-90 sono una risposta alla tesi prima dimostrata dicendo ci non attribuire il giusto peso al sepolcro.

La seconda parte è più argomentativi che interrogativa. Medioevo (condannato per le barbarie, mancanza di igiene, visione della vita tetra e macabra), Civiltà classica (visione serena della vita e della morte), Inghilterra (positività delle tombe, unione dello spirito dei popolo intorno alle glorie e agli eroi nazionali), Italia napoleonica (mancanza di spirito eroico e di valori civili).

La terza parte. Ricordo dei grandi del passato. Le tombe dei grandi uomini stimolano gli animi generosi a compiere grandi azioni e a rendere sacra la terra che gli accoglie.

La quarta parte: Alla funzione della tomba nel serbare la memoria e nel perpetuare i valori della civiltà, si affianca quella della poesia. Se tutto ciò che esiste viene distrutto, anche le tombe diverranno ciò e verranno così ricordate dalle poesie.


PARAFRASI DEI SEPOLCRI

 

Il sonno della morte non è certamente meno pesante in un'urna confortata dal pianto. Quando il sole non risplenderà più davanti al poeta una pietra che distingua le sue dalle infinite altre ossa disseminate sul mondo dalla morte niente ricompenserà il defunto dei giorni perduti. Persino l'ultima dea, la Speranza, abbandona i sepolcri; e il tempo tutto travolge nella sua notte, non soltanto gli uomini e le loro tombe ma i resti stessi della terra e del cielo. Perché tuttavia l'uomo dovrebbe rinunciare all'illusione del sepolcro, che sembra trattenerlo al di qua del regno dei morti? Chi è scomparso non vive forse ancora tra noi, grazie alle soavi cure della tomba per le quali ancora sopravvive sotto terra chi è scomparso? Una celeste dote esiste negli uomini per mezzo della quale si genera tra i vivi ed i trapassati una corrispondenza di amorosi sensi; per mezzo di questa dote noi viviamo con l'amico estinto e l'estinto con noi, se le sue ossa siano state accolte pietosamente dalla terra nativa, e un sasso serbi il ricordo del nome. Solo per chi non lascia sulla terra eredità di affetti il sepolcro è privo di senso, né alcun messaggio ideale proviene dalla tomba ai viventi. Eppure nuove usanze vorrebbero contendere ai morti la memoria del nome, e togliere ai superstiti l'illusione del sepolcro. Ed un poeta come il Parini giace privo di tomba in una fossa comune. Invano la Musa della poesia satirica tenta di custodire le sue ossa, invano prega che la notte sia dispensatrice di rugiada ai resti del poeta. Soltanto il compianto e le lodi di chi sopravvive possono far sorgere sulle tombe il conforto dei fiori. Dal giorno stesso in cui gli uomini superarono la barbarie primitiva, il sepolcro è stato un altare per i vivi, il simbolo degli ideali che animarono gli antenati, un incitamento al progresso e alle conquiste. Del resto il culto dei morti non fu sempre così orrido come nei riti propri delle età più oscure, riti torbidi e che incutevano terrore. Un tempo i sepolcri furono allietati dalla luce del sole, dal profumo dei fiori, dal verde perenne dei cedri, un tempo chi sedeva a raccontare le sue pene agli estinti sentiva d'intorno la fragranza medesima degli Elisi. Gli amici ponevano una fiaccola sul sasso tombale per illuminare la notte dell'aldilà, e facevan crescere fiori d'intorno. Pietosa follia, che porta le giovinette inglesi a piangere la madre defunta, e pregare per il ritorno del comandante Nelson. Inutili sono le tombe dove domina la viltá, dove dorme ogni furore di gesta eroiche; è il caso degli ambienti altolocati della Repubblica cisalpina. Ma dovunque sorgano degli animi generosi le tombe dei grandi incitano a nobili imprese. Quando il poeta visitò in S.Croce le tombe degli italiani più grandi (Machiavelli, Michelangelo, Galileo), disse "Beata Firenze per le felici aure pregne di vita, per la lingua che dette a Dante e al Petrarca; ma più beata perché serba raccolte in un unico tempio le uniche glorie italiche superstiti". Da quel tempio infatti gli italiani avrebbero tratto gli auspici per il loro riscatto. Quivi veniva a meditare l'Alfieri; e da quei marmi traeva l'unico conforto e la sola speranza di riscatto per la patria. Un Nume parla davvero tra quelle mura, quello stesso Nume che suscitò in Maratona l'ira e il valore dei Greci contro gli invasori persiani, e dimorò poi eterno in quei luoghi. Il navigante che veleggiò nella notte lungo le coste greche vedeva rinnovarsi nelle tenebre l'antica battaglia, e le immagini dei guerrieri greci risorgere fremendo dalle tombe. Felice il Pindemonte che nella sua giovinezza veleggiò per quei mari e udì l'eco delle antiche imprese! trascorre fuggitivo ed esule. Il poeta invece è costretto ad andar ramingo per altri luoghi; ma le Muse gli concederanno almeno di rendere eterni col canto gli eroi. Infatti le Muse siedono a custodia delle tombe, e quando su di esse il tempo stampa la sua ora distruttrice, sorge la voce dei poeti ad eternare le gesta degli eroi con la poesia. Ancor oggi nella Troade risplende eterno un luogo; eterno appunto per il canto di un poeta. Quando la ninfa Elettra, amata da Giove, udì la voce della Parca, chiese all'amato che rimanesse immortale almeno la sua fama. E Giove fece sacra la sua tomba. Intorno a quella tomba si raccolsero i sepolcri dei grandi troiani. Qui Cassandra, figlia di Priamo, insegnava ai giovinetti il lamento funebre e prediceva le sventure della patria. Troia sarebbe caduta ma quelle tombe sarebbero rimaste tra le macerie a testimoniare la virtù e l'eroismo dei vinti. Un giorno un cieco mendico sarebbe entrato brancolando tra quelle antichissime ombre, abbracciando i sepolcri ed interrogando le urne. Dalle cavità più riposte gli eroi avrebbero narrato ad Omero le vicende troiane; ed il poeta, placando quelle afflitte anime col canto, avrebbe eternata la gloria dei greci, ma anche la fama e la pietà dei vinti, dovunque fosse onorato il sangue versato per la patria, e finché il sole risplendesse sulle sciagure degli uomini.

 

Fonte: http://www.madchild.it/ingciv/Appunti/Liceo/ita/ugo%20foscolo%20-%20analisi%20e%20parafrasi%20sepolcri.doc

Sito web da visitare: http://www.madchild.it/ingciv/

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