Analisi e struttura testo poetico poesie
Analisi e struttura testo poetico poesie
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LA POESIA
Il verso serve ad essere cantato, dal coro, ma anche nei monologhi o nei dialoghi; il verso, soprattutto, serve a dare espressione forte e condensata ai contenuti morali. Col verso le parole rimangono più impresse e possono essere ricordate meglio anche grazie a figure retoriche di tipo espressivo (anafora, metafora, ellissi): sono meccanismi utilizzati oggi negli slogan pubblicitari o nelle canzoni.
La poesia, è sì quel testo in cui si contano le sillabe e si fanno le rime, perché ciò permette di evidenziare la musicalità della parola; ma è anche quel testo che esprime emozioni e sentimenti facendo perno sul contenuto intimo-personale, su rimandi fonici, linguistici e retorici. Questo non significa che la poesia sia priva di contenuti generici, di contenuti storici, politici, sociali. |
Caratteri della poesia/testo poetico
A) Analisi del testo poetico Destrutturazione el testo
1) Argomento Per comprendere il contenuto informativo o il messaggio della lirica.
2) Progressione sequenziale Per comprendere la successione delle sequenze
Titolo: attraverso il titolo da assegnare ad ogni sequenza puoi mostrare le tue capacità creative, il tuo saper decodificare e concepire il tuo minitesto (titolo) in maniera originale.
3) Analisi dei campi semantici Per procedere all’analisi dei campi semantici, dal momento che la poesia è un testo polisemico e quindi ricco di significati, devi: - ricerca delle parole chiave: individuare anzitutto le parole chiave, che sono spesso sia una via d’accesso - analisi del campo semantico: ricercare nel testo quei termini che abbiano un chiaro legame di significato
4) Funzioni spazio-temporali Lo spazio, il paesaggio, la rappresentazione della natura e del tempo hanno un riscontro simbolico-allegorico (considera che quasi sempre nella poesia assumono questa veste!). - Il luogo talvolta diviene specchio dell’anima del poeta e i vari paesaggi sono il più delle volte significativi - Anche il tempo deve essere colto in chiave simbolica.
5) Riflessioni sul titolo Nel titolo delle poesie si custodisce il significato più intimo del testo. Ovviamente anche esso è spesso costituito da una parola chiave o da una frase chiave. La sua funzione è quasi sempre metaforica e simbolica per l’intera lirica.
6) Analisi delle strutture sintattiche Come si esprime il poeta? Attraverso gli aspetti linguistici e stilistici del testo e con l’analisi delle strutture sintattiche, entriamo nel “come” il poeta ci trasmette il suo messaggio. La sua scelta si può avvalere di uno stile con periodi brevi o lunghi, di una struttura sintattica in paratassi (periodo ricco di coordinate) o in ipotassi (periodo con prevalenza di subordinate). Cosa si prefigge il poeta quando sceglie la paratassi? La voglia di esprimere, tramite periodi brevi, concitati, ed essenziali, il suo messaggio deve impressionare, sorprendere il lettore, o per sottolineare o narrare particolari situazioni emotive. Tramite la paratassi l’artista coglie i particolari nell’universale e riferisce ad essi un significato altamente simbolico. Con la scelta dell’ipotassi si avverte la costruzione di un perodo lungo, ampio, lento, traboccante di descrizioni e una scelta di linguaggio perfezionato e ricercato. L’uso dell’ipotassi, permette di poter dare una descrizione minuziosa e ricca di particolari.
7) Rapporto forme verbali forme nominali Nel testo si possono rinvenire molti verbi o molti aggettivi o sostantivi. Se il poeta nella composizione si serve di molti aggettivi e nomi ha fatto prevalere uno stile nominale. Le ragioni di tale scelta: dare un ritmo fortemente rallentato alla lirica e indugiare con ricchezza di dettagli sulle descrizioni degli eventi o su particolari stati d’animo.
8) Rapporto posizionale aggettivo-sostantivo L’analisi di questo aspetto ci porta verso un’ottica più psicologica che linguistica. Quando l’aggettivo precede il nome (es. “quello è un grande uomo”) si può registrare un particolare effetto sul valore morale evocato dall’aggettivo e sulla sottolineatura delle qualità, sentimentali o morali interne al personaggio. Se, al contrario, l’aggettivo è posto dopo il nome (quello è un uomo grande) evidentemente l’idea primaria viene rappresentata dall’esteriorità fisica di un uomo e la secondaria rimane quella della qualità (grande). Come hai potuto vedere la priorità dell’aggettivo o del sostantivo carica fortemente il campo semantico e il significato dei versi da analizzare.
9) Linguaggio poetico
Il sistema interno alla strofa può essere: - Verso: è l’elemento costitutivo e caratterizzante un testo poetico. Grazie al verso la rima acquista valore. Il I nostri versi hanno preso il nome dal numero delle loro sillabe, ma per poterle contare con precisione occorre tener presente che ogni verso stabilisce la posizione della vocale tonica per la rima (ictus) e non il numero di sillabe. Ad esempio: un settenario ha la sillaba tonica nella sesta posizione (7 - 1) e quindi le sillabe sono sette se la rima è piana, ma sono sei se è tronca e sono otto se sdrucciola.
- Rima: La rima sta alla fine del verso, ma può ricorrere anche al suo interno, e si chiama interna, o
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Analisi e struttura testo poetico poesie
Il Testo Poetico
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Che cosa è?
Il testo poetico è un testo in cui l’autore esprime in versi e in forma soggettiva e suggestiva il suo mondo interiore e il suo particolare modo di vedere la realtà. È il testo letterario per eccellenza e costituisce una forma di espressione del tutto particolare. Esso infatti:
- è ricco di contenuti, ma non si riduce mai al suo solo contenuto. L’autore, infatti, esprime le sue esperienze ed emozioni, le sue idee e la sua concezione del mondo in modo originale, cioè attraverso una scelta sapiente e accurata delle parole e la loro studiata organizzazione e disposizione nel testo
- è dotato di una intrinseca musicalità, nel senso che l’autore si preoccupa non solo del significato delle parole, ma anche del loro suono, del loro timbro e del ritmo che, messe le une accanto alle altre, esse producono, servendosi anche di questi elementi per comunicare il suo messaggio
- è un discorso fatto per immagini, volto cioè a rappresentare in immagini le emozioni e le idee dell’autore, attraverso un processo di astrazione e di simbolismo dei dati reali
- è caratterizzato da un sensibile scarto dalla norma linguistica, nel senso che manipola liberamente il linguaggio, spesso infrangendone o forzandone le regole sia sul piano lessicale-semantico sia sul piano sintattico; pertanto, è caratterizzato da un proprio speciale codice linguistico, che non coincide mai perfettamente con il codice linguistico della comunicazione ordinaria
- è un testo polisemico, cioè ricco di significati e aperto a tutte le interpretazioni
- ha un effetto di straniamento, nel senso che offre una visione inedita e originale della realtà, cogliendola e guardandola da punti di vista particolari e suggerendo al lettore nuove interpretazioni delle cose.
Il testo poetico, dunque, è un tipo di testo particolarmente complesso e, per comprenderlo a fondo, bisogna considerarlo nella sua totalità. Di fatto, leggere e capire una poesia significa più cose. Innanzitutto significa comprenderne il contenuto, cioè assumere chiara consapevolezza delle idee e dei concetti in essa espressi (analisi contenutistica) .
A un livello più profondo significa analizzare e apprezzare il modo con cui il poeta ha scelto le parole e le ha organizzate per conseguire particolari effetti espressivi, ritmici e musicali.
Quindi è necessario anche contestualizzare cioè rapportare il singolo testo nell’ambito del sistema letterario che lo ha prodotto, confrontarlo con altri testi dello stesso autore o con testi di altri autori e inserirlo nel contesto storico-culturale in cui è stato composto.
Queste tre operazioni di analisi contenutistica, analisi formale e analisi storico-culturale sono a loro volta preliminari e funzionali alla valutazione critica ed estetica della poesia, cioè al giudizio (che deve sempre essere motivato e argomentato in modo organico e convincente) che il lettore dà alla poesia in merito al suo significato storico e alla sua bellezza.
1. Analisi del contenuto
La prima cosa da fare per apprezzare e valutare una poesia, dunque, è leggerla per capirne il significato, cioè ciò che l’autore ha voluto comunicare scrivendola. Questa operazione può parere semplice e banale, ma in realtà richiede più attenzione e cura di quanto si possa immaginare. In un testo poetico, infatti, le parole non hanno soltanto il significato letterale che hanno negli altri tipi di testo, ma concentrano in sé un “di più” di significato, che va al di là di quello letterale e che spesso si nasconde a una comprensione facile ed immediata. Perciò, se si vuole capire veramente il significato profondo di una poesia bisogna cogliere questi significati e decifrarli. Allora si deve stabilire con precisione il significato sia letterale sia figurato delle singole parole e comprendere eventuali termini appartenenti al linguaggio letterario o antiquati o rari; tuttavia l’operazione più delicata e importante è chiarire il significato delle singole immagini in cui il poeta ha trasmesso il suo messaggio.
Per poter fare tutto questo è necessario approfondire la conoscenza dell’autore del testo, il poeta. Le notizie relative alla sua vita, alle sue idee e al suo modo di concepire il mondo, infatti, forniscono indicazioni importanti per la comprensione del testo. Tuttavia, il significato di un testo poetico non può essere definito una volta per tutte e con assoluta precisione. Infatti, il testo poetico è per sua natura polisemico, cioè possiede più significati.
2. Analisi della forma
La comprensione del contenuto non esaurisce la comprensione di un testo poetico. Infatti, il carattere distintivo del testo poetico non è il contenuto ma il modo in cui il contenuto è espresso, cioè la sua “forma”.
Il testo seguente non si tratta di un testo poetico:
...durante tutto il giorno ha piovuto violentemente, con fulmini e tuoni. Ora, però, il temporale è finito e la notte si preannuncia serena. Tutt’intorno, nella campagna, si sentono gracidare le rane e una lieve brezza muove le foglie degli alberi. Durante la giornata il temporale è stato davvero violento, ma adesso la sera appare tranquilla.
E invece è un testo poetico (La mia sera di G- Pascoli):
Il giorno fu pieno di lampi;
ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle. Nei campi
c’è un breve gre gre di ranelle.
Le tremule foglie dei pioppi
Trascorre una gioia leggera.
Nel giorno, che lampi! che scoppi!
Che pace, la sera!
L’argomento dei due testi è lo stesso – il ritorno del sereno dopo un violento temporale – ed è espresso in entrambi attraverso gli stessi dati; ciò che li rende diversi, quindi, non è il contenuto ma la forma, cioè il modo in cui il contenuto viene espresso. Nel primo testo l’argomento viene espresso utilizzando la funzione denotativo-referenziale della lingua: l’autore si propone di descrivere un fenomeno atmosferico e quindi fa ricorso alla prosa e usa una lingua semplice, chiara, lineare e oggettiva.
Nel secondo testo, invece, lo stesso argomento viene espresso usando la funzione poetica della lingua: l’autore non vuole soltanto descrivere oggettivamente un fenomeno atmosferico, ma esprimere uno stato d’animo e una personale esperienza emotiva, vale a dire il senso di pace e di serenità che è subentrato nel suo cuore, come nella natura, dopo la fine del temporale.
Per capire veramente a fondo un testo poetico, perciò, bisogna capire, oltre al contenuto, la forma del testo, capire cioè come è fatto il linguaggio poetico.
I principali aspetti del linguaggio poetico sono:
- le forme metriche, cioè i versi, le rime e le strofe
- gli effetti fonico-musicali
- le scelte lessicali
- le figure retoriche
- l’organizzazione sintattica.
LA FORMA DEL TESTO POETICO: IL VERSO
La caratteristica più evidente di un testo poetico è indubbiamente costituita dal fatto che esso è composto in versi. Il termine “verso” (dal latino vertere = “andare a capo”) indica un segmento di scrittura delimitato da un a capo. I versi possono essere brevi, come in questa lirica di Aldo Palazzeschi:
E’ giù,
nel cortile.
la povera
fontana
malata;
che spasimo!
Sentirla
tossire.
Tossisce,
tossisce,
un poco
Si tace...
di nuovo
Mia povera
fontana,
il male
che hai
il cuore
mi preme.
Oppure molto lunghi, come in questa lirica di Guido Gozzano (L’amica di nonna Speranza):
Loreto impagliato ed il busto d’Alfieri, di Napoleone
i fiori in cornice (le buone cose di pessimo gusto),
il caminetto un po’ tetro, le scatole senza confetti,
i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro,
un qualche raro balocco, gli scrigni fatti di valve,
gli oggetti col monito salve, ricordo, le noci di cocco,
Venezia ritratta a musaici, gli acquerelli un po’ scialbi,
le stampe, i cofani, gli albi dipinti d’anemoni arcaici,
le tele di Massimo d’Azeglio, le miniature,
i dagherrotipi: figure sognanti in perplessità...
In entrambi i casi, brevi o lunghi che siano, i versi che formano le due liriche, con le loro righe che non raggiungono mai i margini laterali della pagina e lasciano sul foglio ampi spazi bianchi, producono un effetto ottico che colpisce anche il lettore più distratto. I versi non marcano solo una diversità di tipo visivo rispetto ai testi in prosa, ma costituiscono un elemento decisivo e importantissimo sul piano espressivo perché sono alla base degli effetti sonori della poesia. Infatti, con la sua diversa lunghezza, con la diversa distribuzione degli accenti sulle parole e con la presenza al suo interno di pause, i versi costituiscono l’unità di base del ritmo di una poesia. Il primo elemento che incide sul ritmo del verso è il numero delle sillabe di cui il verso è formato che non solo determina la lunghezza del verso, ma scandisce in maniera diversa il discorso poetico. Per rendersene conto, basta rileggere i testi di Palazzeschi e di Gozzano riportato sopra: al ritmo rotto e singhiozzante che i versi brevi danno al primo testo, si contrappone il ritmo pacato e lento dei lunghi versi del secondo. A seconda della posizione occupata dall’accento tonico, le parole si distinguono in:
- Tronche o ossìtone, se l’accento cade sull’ultima sillaba: es. “virtù”
- Piane o parossìtone, se l’accento cade sulla penultima sillaba: es. “civile”
- Sdrùcciole o proparossìtone, se l’accento cade sulla terzultima sillaba: es. “tavolo”
- Bisdrucciole, se l’accento cade sulla quartultima sillaba: es. “scrìvimelo”
- Trisdrucciole, se l’accento cade sulla quintultima sillaba: es. “òrdinaglielo”
E’ bene, inoltre, ricordare che:
- Il dittongo è costituito da “u” o “i” non accentate seguite da vocale (accentata o no)
- Il trittongo è costituito da “i” e “u” (o due “i”) accompagnate da una vocale accentata: es. “mièi”, “aiuòla”.
Per computare le sillabe di un verso, e quindi per stabilire di che verso si tratti, occorre tener presenti le seguenti norme:
- In fine di verso, una sillaba tronca vale per due sillabe.
Perciò, il verso Deh perché fuggi rapido così è un endecasillabo anche se presenta dieci sillabe.
- Nei versi che terminano con una parola sdrucciola o bisdrucciola, le sillabe non accentate che seguono l’ultimo accento tonico valgono per una sola sillaba.
Così il verso l’onda su cui del misero è un settenario anche se presenta nove sillabe3 .
- Quando, all’interno di un verso, una parola finisce per vocale e la parola successiva comincia anch’essa per vocale, si ha generalmente la fusione delle due vocali in una sola sillaba (sinalefe).
Il verso seguente è un endecasillabo anche se presenta quindici sillabe:
Poi quando_intorno_è spenta_ogni_altra face.
Più di rado, e in particolare quando la prima delle due vocali è accentata o sono accentate entrambe, le due vocali si considerano separate e costituiscono due sillabe (dialefe). Il verso seguente presenta uno iato tra la quarta e la quinta sillaba e risulta perciò un endecasillabo:
Incominciò // a farsi più vivace
- Quando, all’interno di una parola, due vocali si trovano l’una di seguito all’altra, possono essere considerate un’unica sillaba anche se non formano dittongo
(sineresi). Nel verso seguente, la parola armonia è interessata da sineresi e il verso risulta un endecasillabo anche se presenta dodici sillabe:
ed erra l’armonia per questa valle.
Talvolta invece due vocali contigue all’interno di una parola sono considerate due sillabe diversa anche se normalmente costituiscono dittongo (dieresi).
Convenzionalmente, questo fenomeno viene segnalato collocando due puntini sulla prima delle due vocali (qui invece è stato adoperato il grassetto):
Forse perché della fatal quiete.
Se l’ultima sillaba di un verso è rappresentata da un dittongo, quest’ultimo si scinde in due sillabe metriche
Il secondo elemento che è alla base degli effetti ritmici dei versi è costituito dall’accento ritmico o ictus che colpisce determinate sillabe dei singoli versi. Le sillabe delle parole che compongono un verso, infatti, non vengono pronunciate tutte con la stessa intensità: talune, come succede anche in prosa, sono pronunciate con più forza e, quindi, assumono un particolare rilievo, producendo precisi effetti fonico-musicali ed evidenziando certe parole invece di altre all’interno del testo (ciò consente, ad esempio, di individuare eventuali parole-chiave, operazione molto utile ai fini della comprensione e della interpretazione di una poesia). Così, una serie di accenti ravvicinati determina un ritmo veloce, mentre una serie di accenti distanziati determina un ritmo lento e pacato.
In base al diverso numero di sillabe e alla diversa distribuzione degli accenti, si hanno vari tipi di verso, come risulta dalla tabella seguente:
Binario 2 1^
Dietro
qualche
vetro
Ternario 3 2^
Tossisce
tossisce
un poco
si tace
Quaternario 4 1^ e 3^ Su voghiamo
Quinario 5 1^ o 2^ e 4^ Quante cadute
il morbo_infuria
Senario 6 2^ e 5^ Che pace la sera!
Settenario 7
1^ e 6^
2^ e 6^
3^ e 6^
Siepi di melograno
e molle si riposa
La campana_ha chiamato
L’accento ritmico I vari tipi di verso
Un altro elemento che ha particolare importanza nella creazione del ritmo dei versi è costituito dalle cesure, cioè dalle pause che in punti precisi interrompono i versi. Il ritmo, infatti, non è creato soltanto dal succedersi di suoni tonici e atoni, ma anche dall’inserimento nella successione di suoni di momenti di silenzio, segnati da pause nel fluire delle parole.
La pausa più forte ed evidente, detta pausa ritmica primaria, è quella che coincide con la fine di ogni verso. Più deboli rispetto a quella finale, ma non meno determinanti ai fini del ritmo, sono le pause che cadono all’interno del verso. La pausa più frequente è quella che divide il verso in due parti, dette emistichi. Nella maggior parte dei casi, la cesura coincide con una pausa determinata naturalmente dalla sintassi o dal senso.
Grande rilevanza ritmica ha anche l’enjambement (detto anche inarcatura), che si ha quando la pausa ritmica primaria non coincide con una pausa logica o sintattica, sicché la frase non termina alla fine del verso ma continua in quello successivo. Si ha un forte enjambement quando vengono divise parole che formano un sintagma unitario,
come sostantivo-aggettivo, soggetto-predicato, predicato-complemento oggetto, sostantivo complemento di specificazione, ecc.
Ecco un esempio di enjambement tratto dalla canzone A Silvia di Giacomo Leopardi:
Sonavan le quiete
stanze e le vie d’intorno.
Raro nella poesia classica e in tutta la poesia italiana fino al Cinquecento, l’enjambement diventa molto frequente a partire dal Cinquecento. Esso, oltre a creare particolari effettiritmici, mette in forte risalto i termini che coinvolge, ed ha quindi una finalità espressivamolto importante.
Gli aspetti ritmici e musicali di un testo poetico sono per lo più rinforzati e amplificati da un altro elemento, la rima, cioè l’identità di suono di due o più parole a partire dall’ultima vocale tonica. I tipi di rima più frequenti sono i seguenti:
rima baciata: AA, BB, CC...
rima alternata: ABAB, CDCD...
rima incrociata o chiusa: ABBA, CDDC...
rima invertita: CDE, EDC..
rima incatenata o terza rima: ABA, BCB, CDC...
rima ripetuta o replicata: ABC, ABC...
Tipi particolari di rima sono:
rima interna, che si ha quando la rima si trova non alla fine ma all’interno di un verso; se la rima interna coincide con la cesura principale del verso, prende il nome di rima al mezzo, come nei seguenti versi de La quiete dopo la tempesta di Giacomo Leopardi:
La lingua della poesia: il valore denotativo e connotativo
Con il termine “denotazione” si indica il significato letterale e comune di una parola. Normalmente, nel linguaggio quotidiano e nei testi non poetici le parole hanno generalmente valore denotativo, detto anche “referenziale” in quanto “riporta”, cioè comunica, il significatobase, letterale di una parola.
Con il termine “connotazione” si indica invece un “di più” di significato, un valore supplementare (di tipo allusivo ed emotivo) rispetto al valore denotativo-letterale di una parola. Ad esempio, il termine “cuore” usato in senso denotativo indica un organo del corpo umano, usato in senso connotativo si carica di significati supplementari e, pur conservando il significato denotativo-letterale, indica l’insieme degli affetti e dei sentimenti dell’uomo. Nella frase: L’Ing. Rossi ha costruito una casa di 200 mq., il termine “casa” è evidentemente usato in senso denotativo; al contrario nella frase: solo dopo molti anni l’emigrato poté rivedere la sua casa, la stessa parola amplifica e aumenta la sua carica semantica, si arricchisce di nuovi significati e non indica più semplicemente un edificio in cemento e mattoni, ma anche e soprattutto gli affetti familiari, i luoghi e i paesaggi naturali, gli amici, il proprio dialetto e quant’altro ritrovato dopo il ritorno in patria. Il temine “casa” si arricchisce quindi di significati supplementari di tipo emotivo e sentimentale: nostalgia durante la lontananza, gioia e commozione dopo il ritorno e così via.
Se nel linguaggio ordinario le parole vengono generalmente usate con valore denotativo, il linguaggio poetico predilige la connotazione, che è di per sé più poetica rispetto alla connotazione (in quanto si carica di significati complessi di tipo allusivo ed emotivo).
Il meccanismo di cui il poeta si serve per rendere poetiche le parole, le espressioni e le immagini della lingua comune e per potenziare al massimo tutta la loro forza connotativa è quello della manipolazione della lingua, cioè nel ricreare continuamente il linguaggio evitando gli scontati e banali rapporti parole-cose e le immagini abusate della comunicazione ordinaria (inappropriatezza o scarto dalla norma) e dando vita a immagini inattese, capaci di offrire una visione sempre nuova e originale della realtà e dei suoi aspetti (effetto di straniamento).
Le figure retoriche del suono
Allitterazione : Ripetizione di una stessa consonante o sillaba in parole vicine; estens. ripetizione di suoni vicini
Assonanza: ripetizione di suoni vocalici nelle sillabe finali di più parole della stessa frase.
Consonanza: varietà di rima consistente nella ripetizione dei suoni consonantici successivi alla vocale accentata
Fonosimbolismo: evocazione simbolica di significati attraverso suoni o sequenze di suoni: il f. pascoliano
Le figure retoriche dell’ordine
Iperbato (o anastrofe): consiste nello spezzare e nell'invertire l'ordine consueto delle parole nella frase, p.e. di me più degno invece di più degno di me
Iperbole: consiste nell'ingigantire o diminuire la realtà per rendere più incisivo il proprio discorso (p.e. te l'avrò detto mille volte).
Litote: consiste nell'esporre un concetto negando il suo contrario, usata spec. per sfumare un giudizio (p.e.: non è molto bello; alunno non promosso).
Anacoluto: combinazione di due espressioni linguistiche, collegate tra loro per il senso ma non armonizzate sintatticamente, così che la prima resta come sospesa (p.e., questa casa, non voglio più spenderci tanti soldi).
Le figure retoriche del significato
La continua manipolazione creativa della lingua operata dal poeta si realizza sia attraverso lo spostamento di significato delle parole (detto anche traslato o senso figurato) sia mediante la combinazione originale e inedita del significato delle parole stesse. Per ottenere risultati di questo genere il poeta si avvale delle figure retoriche, che hanno la capacità di incidere sul significato delle parole, amplificandone le potenzialità connotative.
Alcune figure retoriche riguardano la sfera del valore semantico (cioè del significato) delle parole. Riportiamo di seguito le principali.
Similitudine: paragone istituito tra immagini, cose, persone o situazioni, mediante avverbi di paragone o locuzioni avverbiali (come, simile a, a somiglianza di, quale...tale, ecc.). Ad esempio. Guido Cavalcanti, per descrivere la propria drammatica situazione di innamorato non ricambiato, non si perde in una analisi oggettiva del proprio stato d’animo ma ricorre a una similitudine:
I’ vo come colui ch’è fuor di vita,
che pare, a chi lo guarda, ch’omo sia
fatto di rame o di pietra o di legno
Metafora: sostituzione di una parola a un’altra che ha con la prima un rapporto di somiglianza o di analogia. Quintiliano la definisce similitudo brevior, in quanto la metafora può essere considerata una similitudine abbreviata, nella quale cioè venga omesso il termine di paragone, in modo da istituire un rapporto immediato tra due elementi: “Achille è un leone” invece di “Achille è forte come un leone”
Metonimia: sostituzione di una parola a un’altra con la quale ha un rapporto di contiguità, cioè di affinità di tipo logico o materiale (qualitativo). Essa generalmente scambia:
- la causa con l’effetto e viceversa: “guadagnare il pane con il sudore della fronte” (in cui il
sudore è l’effetto del lavoro, che a sua volta è la vera causa che consente il
sostentamento)
- la materia con l’oggetto: “legni” al posto di “navi”; “chiare, fresche e dolci acque” (invece
che “ruscello”)
- il contenitore con il contenuto: “bere un bicchiere”
- l’astratto con il concreto e viceversa: “avere fegato”
- l’autore con l’opera: “leggere Manzoni”.
Sineddoche
È un caso particolare di metonìmia, in cui la contiguità o affinità tra i termini coinvolti è rappresentata da un rapporto di maggiore o minore estensione (quantitativo). Infatti la sineddoche scambia:
- la parte per il tutto: “vela” invece di “nave”; ”ma io deluse a voi le mie palme tendo / e sol
da lunge i miei tetti saluto” (Ugo Foscolo)
- il tutto per la parte: “borsa di coccodrillo”
- Il singolare per il plurale e viceversa: “l’italiano ama lo sport”; “immergersi nelle acque di
un fiume”.
Allegoria
Un concetto viene espresso attraverso un'immagine: come nella metafora, vi è la sostituzione di un oggetto ad un altro ma, a differenza di quella, non si basa sul piano emotivo bensì richiede un'interpretazione razionale di ciò che sottintende. Essa opera quindi su un piano superiore rispetto al visibile e al primo significato: spesso l'allegoria si appoggia a convenzioni di livello filosofico o metafisico.
Sinestesia
Dal greco synàisthesis = "percezione simultanea". Consiste nell'accostamento di due termini relativi a sfere sensoriali diverse. Ad es. in Dante: "I' venni in luogo d'ogni luce muto" (dove luce riguarda la vista, e muto l'udito); oppure in Quasimodo: "... all'urlo nero / della madre" (dove urlo riguarda l'udito, e nero la vista).
3. Analisi del contesto storico culturale
Una volta conclusa l’analisi delle caratteristiche interne al testo, si procede all’analisi degli elementi extratestuali, che possono servire a comprendere meglio le tematiche affrontate nel componimento. Gli elementi da considerare sono:
- La biografia dell’autore
- I rapporti con le altre opere dell’autore
- I rapporti con opere di autori diversi ma che richiamano tematiche o strutture analoghe
- I rapporti con la tradizione e con i movimenti letterari del tempo
- I rapporti con il contesto storico-culturale.
SONETTO. Forma poetica antichissima, e forse la più usata nella poesia italiana tradizionale, a partire dalla "scuola siciliana". Si compone di due quartine (con schema di rime ABAB ABAB oppure ABBA ABBA) e due terzine (con vari schemi di rime: CDE CDE, CDE EDC, CDC CDC, CDE DEC, ecc.).
STROFA. Termine che indica un raggruppamento di versi caratterizzato: 1. dal tipo di versi usati 2. dal numero dei versi 3. dalla disposizione delle rime.
In generale si distinguono strofe monometre (cioè formate da versi di uguale lunghezza) e strofe polimetre (cioè formate da versi di lunghezza disuguale).
Quanto al numero dei versi impiegati e alla disposizione delle rime, le strofe più comuni sono:
1. il distico (schema AA)
2. la terzina (schema ABA.BCB.CDC)
3. la quartina (schema ABAB oppure ABBA)
4. la sestina (schema ABABCC)
5. l'ottava (schema ABABABCC)
6. la nona rima (ABABABCCB).
I poeti contemporanei tuttavia, in coincidenza con l'impiego del verso libero, usano solitamente strofe senza alcuno schema fisso di versi o di rime.
Fonte: http://www.pacinottiarchimede.it/2011-12/Il_Testo_Poetico.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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