Ossigenoterapia

 


 

Ossigenoterapia

 

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti. Se vuoi saperne di più leggi la nostra Cookie Policy. Scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie.I testi seguenti sono di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente a studenti , docenti e agli utenti del web i loro testi per sole finalità illustrative didattiche e scientifiche.

 

 

 

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

 

 

 

 

Ossigenoterapia

Ossigenoterapia

Definizione
L'ossigenoterapia è la somministrazione di ossigeno a concentrazioni più alte di quelle presenti nell’ambiente atmosferico.

L’aria è composta di N=78% O2=20,95% CO2=1%
Lo scopo dell’ossigenoterapia è di provvedere ad un adeguato trasporto dell’ossigeno nel sangue, mentre diminuisce l’impegno respiratorio e si riduce lo stress del miocardio.

Il trasporto di ossigeno ai tessuti dipende da fattori come la gittata cardiaca,il contenuto di ossigeno a livello arterioso,la concentrazione di emoglobina e le richieste metaboliche, questi fattori sono da tenere in considerazione quando si somministra ossigenoterapia.

Indicazione
Un cambiamento della frequenza o del modello respiratorio può essere uno dei primi indicatori della necessità d’ossigenoterapia.
Il cambiamento della respirazione può essere dato da:
Ipossiemia: diminuzione parziale dell’02 nel sangue arterioso, si manifesta con cambiamenti dello stato mentale dispnea, aumento della pressione arteriosa, cambiamenti nella frequenza cardiaca.
Ipossia: diminuzione dell’apporto di ossigeno ai tessuti (dovuta, quasi sempre, all’ipossia)

I segni e i sintomi che segnalano il bisogno di ossigeno possono dipendere da quanto improvvisamente si manifesta tale bisogno:

Ipossie a sviluppo rapido: si verificano cambiamenti nel sistema nervoso centrale (centri neurologici superiori sono sensibili alla deprivazione dell’ossigeno) la persona dimostra incoordinazione e giudizio alterato.
Ipossia prolungata: come nelle Broncopneumopatie croniche ostruttive e nello scompenso cardiaco, può portare sonnolenza, apatia, disattenzione.

Prescrizione
La prescrizione deve essere effettuata dal medico in percentuale L\min, può essere prescritta nei casi di:

Inadeguata ventilazione:
-Apnea da arresto cardio-polmonare o overdose di farmaci
-Malattia polmonari croniche ostruttive
-Stato asmatico
-Malattie neuromuscolari o overdose da sedativi
-Traumi cranici

Inadeguata ossigenazione
-Da distress respiratorio dell’adulto

Tipi di ossigeno
L’ossigeno è presente nella clinica in due forme:

Unità del malato: l’unità del malato è composta da dispositivi a muro dove arriva l’ossigeno, attraverso dei tubi in rame (metallo di buona conduzione e resistenza) ed esce da dei bocchettoni ad attacco unico (per sicurezza gli attacchi dei gas medicali della sala operatoria sono diversi per non essere scambiati)

Per questi attacchi dell'ossigenoterapia viene usato un dispositivo chiamato regolatore di ossigeno e flussometro a parete composto da:

Un bicchiere
: dove si mette acqua distillata, serve per umidificare l’ossigeno che in natura è secco, per evitare che possa seccare troppo le mucose

Un flussometro: Il corpo del flussometro è realizzato in ottone lucidato e cromato, lo spillo di regolazione è interamente in acciaio inossidabile. In ingresso al tubo rotametrico è posto un filtro in acciaio inox con maglie da 90 micron per trattenere eventuali impurità.
Il flussometro è disponibile con scala da 0 - 15 litri/minuto.

Valvola: serve per regolare il flusso di ossigeno

Attacco a muro
: attacco unico, universale per l’unità del malato

Attacco per tubi:
attacco per i vari dispositivi di somministrazione




Bombola: le bombole sono in acciaio senza giunture o in lega leggera, con il cilindro dipinto in verde, la loro capacità è espressa in litri, sono riempite di ossigeno compresso a 150 atmosfere.
Il contenuto del gas, effettivamente erogabile, può essere calcolato in base alla capacità della bombola, alla pressione rilevata sul manometro, alla pressione residua di sicurezza ed al flusso/min di ossigeno erogato.


Se voglio sapere quanto tempo di somministrazione mi rimane in una bombola, devo moltiplicare la pressione residua del manometro per i litri della bombola ed il risultato dividerlo per i litri al minuto che devo somministrare es:
75*6l = 450l : 4 l/min=112,5

Tipi di somministrazione
Per erogare ossigeno sono impiegati diversi presidi, la quantità di ossigeno erogata è espressa come percentuale di concentrazione (es:50%).
Il tipo appropriato di ossigenoterapia viene meglio determinato attraverso l’emogasanalisi,che indica lo stato di ossigenazione della persona.
I sistemi di somministrazione dell’ossigeno sono classificati come:

Sistemi a basso flusso

Cannule nasali: si usano quando il paziente richiede una concentrazione di ossigeno da bassa a media per cui la precisione non è essenziale, è un metodo semplice e permette alla persona un ampio movimento, parlare, mangiare, senza interrompere la terapia.
Flussi di ossigeno superiori a 6-8 L/min possono causare la deglutizione di aria, con possibile irritazione e disidratazione delle mucose.



Catetere orofaringeo: non viene più usato, ma può essere prescritto per una terapia a breve termine, per somministrare concentrazioni da basse a moderate di ossigeno, il catetere dovrebbe essere cambiato ogni 8 ore, la % di ossigeno che arriva ai polmoni varia in base al variare della frequenza e profondità della respirazione del paziente



Maschera semplice: impiegate per concentrazioni di ossigeno da basse a moderate, il corpo della maschera raccoglie l’ossigeno che il paziente respira tra un atto e l’altro, queste maschere non possono essere utilizzate per somministrazioni controllate di ossigeno e devono essere adattate per garantire una buona aderenza.


Maschera a ricircolo parziale: sono dotate di un sacchetto (reservoir) che deve rimanere gonfio in tutti e due gli atti respiratori, possono essere somministrate concentrazioni più alte di ossigeno, perchè, sia il sacchetto che la maschera fungono da riserva di ossigeno.
L’ossigeno entra nella maschera attraverso un tubo con un piccolo foro che si connette con il punto di congiunzione tra maschera e sacchetto.
Quando la persona inspira, il gas viene prelevato dalla maschera, dal sacchetto e dall’aria ambiente attraverso i fori, quando la persona espira, il primo terzo dell’espirato viene raccolto nel sacchetto, questo gas viene dallo spazio morto anatomico, quindi non partecipa agli scambi gassosi avendo una grossa concentrazione di ossigeno, il resto del gas viene eliminato attraverso i fori.


Maschera senza ricircolo: hanno un aspetto simile alle maschere a ricircolo parziale, eccetto per il fatto che sono dotate di due valvole.
La prima valvola è unidirezionale posta tra il sacchetto e la base della maschera, essa consente al gas di passare dal sacchetto alla maschera durante inspirazione e impedisce al gas nella maschera di fluire nel sacchetto durante l’espirazione.
La seconda valvola è composta da un gruppo di valvole poste sui fori per l’espirazione.
Queste valvole unidirezionali impediscono all’aria ambiente di entrare nella maschera durante l’inspirazione e consentono inoltre, ai gas espirati della persona di uscire dalla maschera.



Sistemi ad alto flusso:

Maschera di venturi: è il metodo più usato ed affidabile per erogare concentrazioni precise di ossigeno attraverso un metodo non invasivo.
La maschera è costruita in modo da permettere che un flusso costante di aria ambiente sia mescolato con un flusso predefinito di ossigeno.
È usato principalmente in individui con BPCO, perché è in grado di erogare bassi livelli di ossigeno supplementare, evitando così di somministrare lo stimolo ipossico.
La maschera di Venturi utilizza dei dispositivi che cambiano in base alla concentrazione e ai litri di ossigeno che bisogna somministrare, sono facilmente distinguibile attraverso i colori:



Catetere transtracheale: viene inserito direttamente in trachea ed è indicato per le persone che richiedono somministrazione di ossigeno cronica.
Poiché l’ossigeno non viene disperso nell’ambiente, la persona raggiunge un’adeguata ossigenazione con percentuali anche basse.

Tubo T: il tubo T si connette al tubo endotracheale ed è utile nello svezzamento della ventilazione meccanica

Altri presidi per l’ossigeno includono Le maschere da aerosol, i collari da tracheotomia e le tende facciali, tutti usati con presidi per aerosol che possono essere adattati per concentrazione di ossigeno dal 27 al 100%.

 

Puntura Venosa

La puntura di una vena (venipuntura) è la procedura con la quale si può:

Prelevare: quote di sangue dal paziente a scopo diagnostico o terapeutico

Iniettare:
farmaci o altre sostanze, che attraverso il circolo venoso, raggiungono diversi apparati e organi, a scopo diagnostico o terapeutico.

Puntura venosa per prelievo a scopo diagnostico
Il sangue viene prelevato ed immesso nelle apposite provette, viene inviato in laboratorio per effettuare analisi chimico-cliniche.
Le provette sono già predisposte e possono contenere quantità di anticoagulante.
Esistono provette anche senza aniticoagulante, in cui avviene la separazione dalla parte liquida e quella corpuscolare.

Puntura venosa per prelievo venoso a scopo terapeutico
In situazioni di emergenza (edema polmonare acuto) è ancora usata, la sottrazione di sangue a scopo terapeutico (salasso), negli ultimi anni questa procedura è stata sostituita dai separatori cellulari, apparecchiature munite di centrifuga e più linee di raccolta frazionata.

Oggi questo tipo di puntura venosa è più ampiamente utilizzata per prelevare sangue da un individuo per somministrarlo a un altro, (donazione).

Strumentazione essenziale
Aghi e siringhe monouso: sull’involucro di ogni ago o siringa vi è un’indicazione del calibro dell’ago secondo una scala internazionale, in millimetri (mm) ed in gauge (G) di progressiva grandezza.


A seconda delle indicazioni del tipo di prelievo al posto dell’ago e della siringa monouso si possono scegliere:

Ago butterfly: monouso, in metallo con due piccole alette e un tubicino, è usato per i prelievi o per somministrazione di sostanze endovena o per fleboclisi (vene di piccolo calibro e difficili).



Ago-cannula
: di materiale plastico, con una guida interna estraibile di metallo e due piccole alette, è destinato per un uso più prolungato, serve per prelievi di uso diagnostico ripetuti o per più somministrazioni di farmaci.



Ago per vacutainer:
ne esistono di diversi modelli, il più comune è costituito da due aghi ad ogni estremità uniti tra loro attraverso una estremità da una ghiera di plastica, un ago serve per la puntura venosa , l’altro più corto e di calibro maggiore , serve per pungere il tappo di gomma della provetta vacutainer.



Metodica
Prelievo con siringa monouso:
-disinfettare bene la cute
-tenere la siringa tra il pollice e l’indice, con le tre dita (3° 4° e 5°) vicine, con una angolazione di 20° e l’ago con la punta smussa verso l’alto
-stirare bene la cute con l’altra mano e inserire l’ago con un movimento deciso ma non brusco, quando si arriva nella parete della vena si sente un leggero cedimento
-aspirare con lo stantuffo della siringa

Prelievo con ago butterfly:
-afferrare le alette dell’ago tra pollice ed indice
-pungere la vena, quando vedremo il sangue defluire dal tubicino sappiamo di essere in vena
-raccordare una siringa ed aspirare

Prelievo con ago cannula:
-afferrare l’ago attraverso le ali
-pungere la vena, mantenendosi più bassi (l’ago è di un calibro maggiore ed è più lungo)
- quando compare il sangue spingere in dentro il mandrino estraendo pian piano l’ago
-immobilizzare l’ago con il cerotto

Prelievo con ago vacutainer:
-inserire l’ago all’estremità in una ghiera a vite
-afferrare le alette tra pollice ed indice
-pungere la vena
-inserire la provetta dopo che si evidenzia il defluire del sangue nel tubicino

Suggerimenti utili
Per la scelta della sede del prelievo, la migliore è la piega dell’avambraccio, ove si trovano vene superficiali di maggior calibro (mediana e laterale, cefalica e basilica) vene facilmente accessibili, anche se più tortuose e di calibro inferiore sono quelle della faccia dorsale dell’avambraccio (continuazione di basilica e mediana), le vene del lato volare del polso e quelle del dorso della mano (arcata venosa dorsale e metacarpali dorsali).

-Vena cefalica accessoria: spesso poco visibile ma sempre palpabile; rami del nervo muscolo-cutaneo laterale le stanno al disotto, profondamente
-Vena mediana-basilica: generalmente ben visibile, è però spesso dolente alla puntura in quanto i nervi del nervo muscolo-cutaneo mediale le passano al disopra, superficialmente.

-Vena mediana del gomito: buona per calibro e per reperibilità, in caso di rottura della sua parete comporta la formazione di ematomi sotto-soprafasciale dovuti a sangue refluo dalle vene profonde.

-Vene mediane dell’avambraccio: di calibro esile, offrono tuttavia una resistenza discreta alla rottura evoca dolore sempre più vivo quanto più ci si avvicina al palmo della mano, a causa dell’emergenza dei rami cutanei palmari dei nervi ulnare e radiale.

-Vene dorsali superficiali della mano: ben visibili sempre, sono perciò utili quando le altre vene già menzionate non sono reperibili. Sono tuttavia molto dolenti alla puntura a causa della fitta innervazione sensitiva proveniente dalla cute sovrastante.

Controindicazioni e rischi
Emorragia
Infezioni

Trombosi
Trasmissioni di malattie
Embolia gassosa

Emogasanalisi

Tecnica di puntura di un’arteria per prelievo di sangue o incannulazione di essa allo scopo di applicare un cateterino per eseguire esami diagnostici (arteriografia, coronarografia).

Viene utilizzata per la misurazione delle pressioni parziali di O2 e CO2, della saturazione di O2, dell’ Hb della quantità degli ioni bicarbonati e del ph.

Si predilige l'uso di:
Arteria radiale: scorre lungo il lato esterno dell’avambraccio e che diviene più superficiale all’altezza del polso
Arteria brachiale: palpabile nella faccia interna del braccio 1/3 medio
Arteria femorale: localizzabile sulla linea mediana della piega inguinale

Cosa leggiamo con l'emogasanalisi?
In condizioni normali l’organismo umano produce acidi che sono frutto del proprio metabolismo; il traguardo finale è rappresentato dalla produzione di tre sostanze acide che sono l’ammoniaca, l’acqua e l’anidride carbonica, oltre alla generazione di energia (ATP).

Il corpo umano è dunque tutto impegnato a difendersi dall’acidicità a dispetto dello stato basico, poiché normalmente produce idrogenioni (H+ = acidi) e non ossidrilioni (OH- = basi).

L’idrogeno è il componente fondamentale delle cellule e lo troviamo sotto forma di acqua, è quindi l’elemento primario in condizioni di normalità fisiologica, mentre l’alcalinità la si riscontra solo in condizioni patologiche.
Gli acidi passano nel sangue e gli eccessi vengono eliminati per ristabilire l’equilibrio acido-base e permettere al
sangue di conservare la sua reazione neutra.

Il pH del sangue lievemente alcalino (pH = 7.35 ÷ 7.45) è la risultante di 3 sistemi, rappresentati dai sistemi tampone acido-base, dai polmoni e dai reni.

Il sistema tampone acido-base è il più importante perché interviene per primo, nell’arco di qualche secondo, e agisce correggendo l’equazione bicarbonato-acido carbonico alterata.

In seconda battuta intervengono i polmoni che eliminano la CO2 in eccesso in pochi minuti con la ventilazione.

Il rene è l’ultimo sistema tampone che interviene, ultimo in ordine cronologico e non certo d’importanza, perché spetta proprio al rene il compito di eliminare gli acidi ancora in circolo e il recupero dei bicarbonati che vengono consumati rapidamente e si esaurirebbero in pochi giorni senza il filtro renale: l’azione che il rene svolge è determinante ma lenta: impiega almeno 8-12 ore per agire.

Ne deduciamo che l’organismo ha un gran bisogno di trattenere bicarbonati e di eliminare acidi, anche perché l’equilibrio da mantenere dipende dal rapporto fra i due, che deve essere di 20 a 1.
Se l’equazione 20/1 viene mantenuta, l’equilibrio acido-base rimarrà inalterato: questo però avviene anche se i valori numerici fra denominatore e numeratore cambiano, poiché il risultato della frazione rimane costante. Ad esempio: 20 = 20/1 20 = 60/3

Ecco perché quando leggiamo l’emogasanalisi ci dobbiamo preoccupare di leggere entrambi i valori della pCO2 e dei bicarbonati e non il solo valore del pH che è il risultato del rapporto numerico fra i due.
L'emogasanalisi, è quello strumento che ci serve per identificare anomalie o squilibri di questi sistemi tampone, che portano a gravi patologie di acidosi o alcalosi sia metabolica che respiratoria.

Strumentazione
-siringa monouso
-disinfettante
-cotone o garze sterili
-guanti monouso
-phmetro
-occhialini e maschera di protezione
-provette per esami

Metodica
-disinfettare la cute della sede prescelta
-tastare l’arteria per sentire la pulsazione
-allontanare di qualche cm le dite, continuando a sentire l’arteria
-pungere con la siringa lo spazio lasciato libero in prossimità della pulsazione
-non appena si evidenzia i sangue nel tubicino o nella siringa si aspira
-estrarre l’ago e comprimere per qualche secondo la parte



Somministrazione di Sostanze

S’intende l’introduzione diretta nel circolo venoso, mediante una puntura venosa, di una sostanza farmaceutica, mezzi di contrasto, emoderivati e sangue.

La somministrazione endovenosa consente di:
-Conoscere esattamente la quantità di farmaco presente nell’organismo, in altri termini con la via endovenosa è eliminata l’interferenza della fase di assorbimento.
-Raggiungere rapidamente le concentrazioni plasmatiche desiderate, necessarie all’azione farmacologica.

La somministrazione in vena può essere effettuata in:
-bolo: il farmaco viene iniettato direttamente in vena
-infusione: viene diluito in un volume maggiore di liquido e somministrato lentamente.

Indicazioni
-Mantenere o ricostruire il patrimonio dell’organismo in acqua, elettroliti, vitamine, proteine, glicidi, lipidi.
-Ripristinare l’equilibrio acido-base.
-Reintegrare il volume ematico in caso di emorragie gravi.
-Permettere la somministrazione sostitutiva di sostanze che l’organismo non è in grado di sintetizzare o sintetizza in dose non adeguata.

Mezzi infusionali
Una soluzione è formata da un liquido (il solvente ), all’interno del quale si trova un’altra sostanza ( il soluto ), che può essere solida, liquida o gassosa.
Le molecole del soluto si dissolvono in quelle del solvente, mescolandosi con esso.

Le soluzioni di interesse clinico sono due:
SOLUZIONI CRISTALLOIDI:
Presentano come solvente l’acqua, e come soluto sostanze diverse, di solito a basso peso molecolare, Si dividono in:

Liquidi isotonici: hanno osmolarità compresa fra 250 e 375 mOsm/L che corrisponde alla pressione osmotica che si trova all’interno delle cellule.
Vengono utilizzati per espandere la componente intravascolare e quindi aumentare il volume circolante, (casi ipotensivi causati da ipovolemia).
Esempi di soluzione isotonica sono la fisiologica (NaCl allo 0,9%) e il Ringer Lattato.

Liquidi ipotonici:
hanno un’osmolarità inferiore a 250 mOsm/L, inferiore a quelle delle cellule.
Quando viene infusa una soluzione di questo tipo, si abbassa l’osmolarità sierica, permettendo ai liquidi corporei di passare dai vasi sanguigni alle cellule e allo spazio interstiziale.
Una soluzione fisiologica allo 0,45% è un esempio di soluzione ipotonica.

Liquidi ipertonici: hanno un’osmolarità superiore a 375 mOsm/L e una pressione osmotica superiore a quella delle cellule.
Aumentano l’osmolarità sierica, portando i liquidi dalle cellule e dallo spazio interstiziale all’interno della spazio vascolare. Esempi di questo tipo di soluzione sono le saline a 3% e al 5% (NaCl).
Questo tipo di soluzione viene infuso molto lentamente per evitare un sovraccarico circolatorio e sono raramente utilizzate in clinica.

Tra i rischi, di un eccesso infusionale di cristalloidi si può avere:
-sovraccarico circolatorio con possibile insorgenza di edema polmonare acuto;
-riduzione della pressione colloido-osmotica.

SOLUZIONI COLLOIDALI
Si caratterizzano per la presenza di soluti a elevato peso molecolare, in grado di restare per un certo tempo all’interno del letto vascolare (poiché le macro molecole che li costituiscono passano con difficoltà la membrana capillare) e quindi richiamare, con un meccanismo osmotico, liquidi ed elettroliti all’interno dell’albero vascolare stesso.

Le soluzioni colloidali sono impiegate come espansori volemici in condizioni di emergenza (ad esempio in corso di gravi emorragie), in attesa di un approccio terapeutico eziologico.

Tra le soluzioni colloidali più usate, ricorderemo:

La gelatina modificata (
Emagel): che è un prodotto di origine animale, sottoposto a modificazione della molecola di base.

I
destrani: soluzioni di polisaccaridi ottenuti attraverso la polimeralizzazione batterica del glucosio.
Il suo impiego consente di mantenere una buona pressione colloido-plasmatica, evitando la formazione di edemi, ma è gravato dalla possibile comparsa di reazioni di tipo anafilattico.

Prodotti del sangue: il sangue intero o specifiche parti possono essere infusi direttamente nel sistema circolatorio di una persona.
Alcune componenti del sangue sono i globuli rossi, i globuli bianchi, le piastrine, il plasma, l’albumina (come espansore del volume) e i crioprecipitati (fattori della coagulazione).

Presidi utilizzati
Catetere venoso centrale: ne esistono di vari tipi è costituito da un tubicino semirigido molto sottile, che introdotto in una vena di calibro maggiore, può essere lasciato in sede per tempi prolungati.


Deflussore
Sono disponibili sul mercato due tipi di gocciolatore:


Il deflussore con macro-gocciolatore: consente la somministrazione di una quantità maggiore di soluzione e una velocità d’infusione superiore poiché la quantità di soluzione per ciascuna goccia è maggiore

Il deflussore con micro-gocciolatore: fornisce 10, 15, 20 gocce per ml. di soluzione, è usato per pazienti pedriatrici e per quei pazienti adulti, che richiedono l’infusione di piccole quantità di soluzione o infusione attentamente controllate, somministra una piccola quantità di soluzione per ciascuna goccia, fornisce 60 gocce di soluzione per ml.

Il deflussore per la trasfusione di sangue e plasma: è provvisto di un filtro posto al interno del gocciolatore.


Deflussori a volume controllato: consentono l’infusione di quantità precise di liquidi e si chiudono automaticamente quando l’infusione è terminata, prevenendo l’ingresso di aria nella linea endovenosa.

I sistemi d’infusione a due vie: consentono l’infusione separata o simultanea di due soluzioni diverse; il deflussore con un secondo ingresso per iniezione e una valvola di controllo consente l’infusione intermittente di una soluzione aggiuntiva e al termine di questa di questa al ritorno automatico all’infusione della soluzione primitiva.

Deflussori con presa d’aria: sono utilizzati per infondere una soluzione contenuta in un flacone senza presa d’aria; quelli privi della presa d’aria sono utilizzati per flaconi con presa d’aria.

Dial-a-flo: dispositivo cilindrico graduato, serve a regolare la velocità del flusso, è costituito da due cilindri concentrici che possono ruotare sul loro asse determinando una variazione di un canale in cui scorre il liquido da infondere, la scala graduata all’esterno, consente di regolare i millimetri/minuto di liquido da infondere


Elastomero
: dotati di un serbatoio di gomma elastica, collegato mediante un deflussore all’ago cannula, ha la capacità di somministrare una quantità di farmaco in 12-24 ore.


Pompa per infusione: Esistono numerosi tipi di pompe che regolano elettronicamente il flusso di soluzione o dei farmaci quando è richiesta un’estrema accuratezza di dosaggio, per esempio in caso alimentazione parenterale totale, o somministrazione di alcuni farmaci cardiovascolari (Venitrin).


Sono disponibili, nelle pompe a infusione, due sistemi di infusione:
-gocce per minuto: anche denominati strumenti a frequenza costante, sono utilizzati quando i liquidi devono essere infusi ad una velocità costante, e uniforme per mantenere un determinato livello ematico di un farmaco o per raggiungere una determinata risposta da parte del paziente.

-millilitro per ora: o sistema volumetrico è utilizzato quando un determinato volume di liquido deve essere infuso in un’unità di tempo, ad esempio 500 ml. in due ore.

Regolazione della velocità di flusso

È responsabilità dell’infermiere calcolare la corretta velocità di flusso e regolarne l’infusione in base alle prescrizioni mediche.
Tale velocità viene influenzata da diversi fattori:
- il gradiente pressorio fra i due sistemi liquidi ( soluzione e sangue );
- l’attrito, cioè l’integrazione fra le molecole del liquido e la superficie interna del tubo deflussore;
- il diametro e la lunghezza del tubo deflussore;
- la viscosità del liquido da infondere;
- il calibro dell’ago.

Esistono due metodi per calcolare la velocità di flusso:

Millilitri per ora: La velocità di infusione per ora può essere calcolata dividendo il volume totale da infondere per il tempo totale di infusione espresso in ora.
Ad esempio, se devono essere infusi 3000 ml in 24 ore, il numero di ml per ora è pari a:
3000 ml (volume totale da infondere) : 24 ore (tempo totale da infusione) = 125 ml/ora

Gocce per minuto: Le gocce per minuto sono calcolate mediante la seguente formula:
Vol. tot. da in infondere x gtt/ml (o fatt. di gocciolamento) : Tempo totale di infusione in minuti

Se le richieste sono di 1000 ml in 8 ore (480 minuti) ed il fattore di gocciolamento è 20 gocce/ml, le gocce per il minuto dovrebbe essere:
-1000 ml x 20 gtt/ml : 480 minuti = 41 gocce / minuto

Vie venose centrali

L’incannulazione venosa centrale è l’inserimento in modo sterile di un catetere in una vena di calibro maggiore posta in vicinanza al cuore.

Le vene più utilizzate sono; vena cava superiore attraverso la vena succlavia o meno comunemente attraverso la vene giugulare.

Una volta in sede, la linea venosa centrale consente:
-monitoraggio della pressione della vena cava
-l’infusione, quando la riduzione del circolo periferico causa un collasso venoso periferico, quando terapie endovenose prolungate riducono il numero delle vene periferiche utilizzabili, e quando è necessario un’immediata diluizione.

Le vene maggiormente utilizzate sono:

Vena succlavia:
esistono due tecniche d’incannulamento della succlavia, a seconda che l’ago sia inserito al di sopra (sovra clavicolare) o al di sotto della clavicola (sottoclavicolare).
Le due tecniche sono simili e si differenziano, oltre che per la sede d’iniezione anche per l’inclinazione dell’ago.

Vena giugulare interna: l’incannulamento della vena giugulare interna è preferibile negli anziani e nei pazienti obesi e presenta in assoluto il minor rischio di perforazione della pleura.

Tuttavia la vena è di difficile reperimento nei pazienti in stato di shock perché tende a collassare. Il catetere inoltre è meno tollerato dal paziente perché limita i movimenti del collo.

Anche in questo caso è possibile seguire due vie d’ingresso. Nell’approccio anteriore la sede di repere è localizzata nel triangolo formato dai due capi del muscolo sternocleidomastoideo con la clavicola.
Nella via posteriore l’ago viene introdotto lungo il capo dello sternocleidomastoideo, poco sotto l’incrocio con la vena giugulare esterna.

Infezioni nella terapia endovenosa

Il rischio di batteriemia aumenta nel caso di:
-età maggiore di 65 anni
-ricovero in ospedale nei precedenti 6 mesi
-pregresso intervento addominale, cardiaco o toracico,
-ricovero in terapia intensiva
-esposizione a catetere urinario per più di tre giorni e a catetere intravascolare periferico o centrale per più di quattro giorni.

Meccanismi causali
Le batteriemie ospedaliere riconoscono tre principali meccanismi causali:

-Diffusione sistemica di un’infezione localizzata: ciò si verifica anche in pazienti immunocompetenti, quando, data la gravità dell'infezione locale, le difese dell'ospite non sono in grado di delimitare il processo infettivo.

-Batteriemia originata da un'infezione locale: di scarsa entità clinica o in assenza di qualsiasi fonte riconoscibile di infezione ("batteriemia criptogenetica"): ciò si verifica in pazienti immunocompromessi o nei neonati.

-Introduzione diretta di microrganismi nel circolo sanguigno: attraverso un catetere intravascolare che superano le difese vascolari dell'ospite.

Le batteriemie ospedaliere, si possono dividere in

-primitive: non è riconoscibile alcuna fonte d'infezione, sono dovute a infezioni consecutive da esposizione a strumentazioni intravascolari, tali infezioni insorgono prevalentemente in pazienti immunocompetenti.

-secondarie: l'infezione sistemica è il risultato dell'estensione di un processo infettivo localizzato.

Per prevenire le batteriemie ospedaliere endemiche è, quindi, necessario operare su due diversi livelli:

-batteriemie secondarie all'estensione di un'infezione localizzata (infezioni chirurgiche, urinarie, polmoniti, ecc.), gli interventi devono essere mirati alla prevenzione dell'infezione di base.

-batteriemie primitive, gli interventi di controllo devono porsi l'obiettivo di ridurre il rischio d'infezione associato all'uso di un catetere intravascolare.


Caratteristiche cliniche e criteri diagnostici
Le infezioni associate a catetere intravascolare possono manifestarsi sotto forma di infezioni locali (flebite) o di infezioni sistemiche (batteriemia, sepsi).

L’insorgenza di un’infiammazione locale del sito (dolore, eritema tensione, presenza di una vena palpabile o trombizzata) è una complicanza molto comune delle terapie infusionale.

Nella maggior parte dei casi si tratta, però, di un fenomeno chimico dovuto all’effetto irritante delle soluzioni o dei farmaci somministrati o di un fenomeno meccanico traumatico attribuibile alla presenza della cannula.
L’incidenza di flebite è stata quantificata soprattutto per i cateteri venosi periferici.
Il rischio di complicanze infettive aumenta, per tutti i tipi di catetere, con l’aumentare della durata di esposizione.

Le flebiti purulente rappresentano, invece, una forma d’infezione locale più grave diagnosticabile sulla sola base delle evidenze cliniche: la presenza di una secrezione purulenta consente, infatti, da sola di diagnosticare un’infezione del sito d’inserzione.



Toracentesi

La toracentesi consiste in una manovra attraverso la quale è possibile prelevare del liquido dalla cavità pleurica che si forma per cause infettive, infiammatorie,o neoplastiche.
Le indicazioni sono di tipo:

-diagnostico: per stabilire la natura del versamento pleurico (esame chimico-fisico, batteriologico culturale, esame a fresco per il bacillo di Koch, marker tumorali, conteggio dei leucociti ed eritrociti)
-terapeutico: in senso evacuativo, riducendo la quantità di liquido che comprime il polmone
-medicamentoso: attraverso l'introduzione di farmaci nella cavità pleurica come antibiotici, cortisonici.

Materiale
Oggi giorno sono disponibili nelle diverse strutture ospedaliere dei set preconfezionati, con sistemi chiusi per aspirazioni pleuriche e sono ovviamente monouso.

-Anestetico locale
-Cerotto
-Dispositivi di protezione individuale, come guanti sterili e monouso
-Siringa singola da 60 ml
-Il sistema consente un drenaggio dalla cavità pleurica sicuro
-Include 3 aghi da puntura G 14, G 16, G 19 mm con punta corta e cappuccio di protezione
-Rubinetto a tre vie
-Siringa ml. 50/60
-Sacca di raccolta ml. 2000
-E’ confezionato singolarmente in un doppio involto con sterilizzazione a raggi gamma
-Provette per esami colturali, citologici e biochimici

Metodologia
La procedure è abbastanza semplice e può essere eseguita a letto del malato senza particolari complicanze.
Garantire un ambiente calmo e tranquillo quando specialmente il paziente prova un senso di affanno.
Prima di eseguire la puntura verranno collegati tra loro la sacca di raccolta, il tubo di raccordo a due vie, la siringa e l’ago:

-posizionare il paziente in posizione seduta, con le braccia conserte, possibilmente poste su un tavolino abbastanza alto per poter sostenere anche un paio di cuscini sui quali può poggiare la testa (posizione di Flower).
-il medico deve assumere la posizione più adatta alla procedura, possibilmente seduto, avendo davanti a sé la schiena del paziente.
-far ruotare su un fianco 2-3 volte e poi sull’altro, prima di pungere il torace (facilita il movimento delle cellule eventualmente presenti nel liquido e sedimentate all’interno del cavo pleurico).
-fare l’anestesia locale, utilizzando una siringa con ago di calibro e lunghezza molto ridotti in prossimità del punto ove si vuole pungere successivamente.
-effettuare la puntura qualche cm. al di sotto del limite superiore della zona di ottusità pleurica dovuta al versamento,( la sede migliore è quella laterale, lungo la linea ascellare posteriore).
-introdurre l’ago sul bordo superiore delle coste inferiori dello spazio intercostale prescelto inclinato a 45° per pochi cm mentre attraversa lo spessore della parete toracica, per poi decorrere in modo orizzontale nel cavo pleurico.
-aspirare azionando lo stantuffo della siringa, (quando si è sicuri di aver attraversato tutto lo spessore della parete toracica)
-se non esce liquido, si sposta l’ago un po’ più profondamente o ritraendolo leggermente, mentre si continua l’aspirazione.
-ritrarre rapidamente l’ago e procedere alla medicazione e alla copertura con un cerotto.

La metodica della puntura evacuativa, durando più a lungo di quella esplorativa, richiede maggior cautela ( circa 15-20 min. ).

Ovviamente per lo scopo diagnostico sono sufficienti 50/100 cc di liquidi pleurici, ma per la puntura evacuativa sono necessarie sacche di raccolta anche di 2 litri.
Infatti dopo l’aspirazione con la siringa da 60 ml si deve modificare la posizione del rubinetto della valvola affinché, spingendo in avanti lo stantuffo della siringa, il liquido pleurico venga avviato nella sacca di raccolta.
Poi si riporta il rubinetto nella posizione iniziale e si ripete tale operazione fino al completo svuotamento del cavo pleurico.

Tra le avvertenze più importanti, ci dobbiamo ricordare di fissare saldamente l’ago alla parete toracica con un cerotto posto a cravatta, per evitare inutili ed eccessivi movimenti in coincidenza con gli atti respiratori del paziente ma deve essere altrettanto facile da rimuovere appena necessario.

Se durante l’operazione dovesse uscire del sangue (evenienza rara) può essere dovuto a:
-puntura di un vaso venoso intercostale
-puntura di tessuto polmonare
-presenza di sangue nel cavo pleurico prima della puntura

Per capire rapidamente se s tratta di sangue già presente nel cavo pleurico o è proveniente da un vaso, basta mettere in provetta 5-10 ml del liquido aspirato, se il sangue è di provenienza diretta esso coagulerà rapidamente.

Diagnosi Infermieristiche
Prima dell’esecuzione l’infermiere dovrà valutare alcuni aspetti:
-se il paziente è a conoscenza della procedura
-se è in grado di assumere la posizione necessaria
-valutare i segni vitali, la funzione respiratoria, relativa alla difficoltà di respiro, al tipo di tosse e alla presenza di escreato prodotto
-accertarsi se il paziente è allergico alla soluzione antisettica e all’anestetico locale e valutare la necessità di somministrare analgesici o sedativi della tosse prima della procedura.

La raccolta e la valutazione di particolari dati porterà alla formulazione delle seguenti diagnosi infermieristiche:
Ansia correlata a dispnea;
Rischio elevato di respirazione inefficace correlato ad immobilità compressione e dolore.
Ansia correlata a mancanza di conoscenze sulla procedura;
Rischio d’infezione.

Interventi Infermieristici
-spiegare al paziente la metodica di esecuzione
-fargli assumere la giusta posizione senza creargli disagio, favorendo una migliore espansione polmonare e una riduzione della difficoltà respiratoria.
-avvisare il paziente quando l'ago viene introdotto, per evitare che faccia movimenti bruschi
-rassicurare il paziente affinché eviti di compiere movimenti rischiosi.

Tutte le manovre devono essere eseguite in asepsi per evitare infezioni.
Al termine della puntura esplorativa bisognerà tenere il paziente sdraiato per circa un’ora e controllare periodicamente che non presenti ipotensione, tosse, muco schiumoso tinto di sangue e polso frequente (possibili segni di shock, pnx, spostamento del mediastino emotorace).

L’infermiere dovrà controllare che non compaiano segni, quali:
-Tachicardia;
-Sudorazione profusa;
-Pallore;
-Dispnea.

Problemi Collaborativi
-accertarsi dell'esecuzione degli esami e delle radiografie precedentemente prescritte e della compilazione del consenso informato;
-collaborare insieme al medico durante l'esecuzione della procedura;
-accertarsi dell’attuazione di manovre asettiche;
-controllare ad intervalli l'insorgenza di eventuali segni anomali da segnalare al medico.

Rischi possibili
-emorragia: da traumatismo vascolare
-pneumotorace: per puntura del tessuto muscolare
-dispnea brusca e tosse: troppo rapido svuotamento della cavità



Paracentesi

Consiste nell'aspirazione nella cavità addominale di una raccolta liquida patologica a fini:

-diagnostici: per capirne la natura
-a scopi terapeutici: per ridurre la pressione endo-addominale
-palliativa: per dare un temporaneo sollievo al disagio respiratorio e addominale causato dalla grave ascite, (emo-peritoneo: sangue, chilo-peritoneo:linfa, cole-peritoneo:bile, pneumo-peritoneo: aria).

Materiale
Anche per la paracentesi è presente un set monouso preconfezionato uguale a quello utilizzato nella toracentesi.
Il materiale che dovrà preparare l’infermiere professionale consisterà nel:

-Anestetico locale, lidocaina all’1% o cloruro di etile;
-Cerotto;
-Set monouso per paracentesi che consente il drenaggio di liquido dalla cavità addominale; (Include 3 aghi da puntura G 14, G 16, G 19 mm con punta corta e cappuccio di protezione, rubinetto a tre vie, siringa ml. 50/60, sacca di raccolta ml. 2000).
-Aghi cannula di diverso calibro;
-Soluzioni infusionali;
-Provette per esami colturali, citologici e biochimici;
-Dispositivi di protezione individuale.

Metodologia
La zona di elezione è il quadrante inferiore sinistro all’unione tra il terzo esterno ed i due terzi esterni ed i due terzi interni che unisce l’ombelico alla spina iliaca anteriore-superiore sinistra.

-invitare il paziente a porsi sul fianco sinistro, per consentire al liquido di disporsi in maggiore quantità sul lato da pungere e di spostare le anse intestinali più in alto.
-eseguire una adeguata disinfezione della zona da pungere, e introdurre con una certa decisione l’ago perpendicolarmente al piano cutaneo.
-all’ingresso nella cavità peritoneale l’esaminatore avvertirà un brusco cedimento, dopo il quale si comincerà ad aspirare il liquido mediante la siringa collegata con il rubinetto a tre vie alla sacca di raccolta.
-mentre si estrae il liquido, l’ago dovrà essere mantenuto in posizione con un cerotto messo a cravatta per impedire un movimento eccessivo dell’ago stesso durante la manovra d’aspirazione.

Anche in questo caso, per lo scopo diagnostico basterà una quantità di liquido ascetico pari a 50/100 cc; invece per quello evacuativo si può arrivare ad estrarre fino a 2-2,5 litri, ed in casi gravi anche più.

Diagnosi Infermieristiche
L’infermiere professionale si dovrà accertare se il paziente ha:

-problemi emocoagulativi
-presenta una occlusione intestinale
-una infezione della parete addominale
-pregressi interventi chirurgici sull’addome
-valuterà i segni vitali specialmente la pressione che si modifica in base alla variazione di liquidi corporei.
-stabilire se presenta allergie ai disinfettanti, agli anestetici utilizzati e se è in cura con anticoagulanti.
-valutare se il paziente è a conoscenza della procedura e del decorso del trattamento.

La raccolta e la valutazione di particolari dati porterà alla formulazione delle seguenti diagnosi infermieristiche:
-Ansia correlata a dispnea;
-Rischio elevato di respirazione inefficace, correlato ad immobilità compressione;
-Ansia correlata a mancanza di conoscenze sulla procedura;
-Ansia/dolore correlato a interventi invasivi di minor entità, esito non prevedibile, dolore atteso ed insufficiente conoscenza della routine preoperatoria, postoperatoria e sensazioni correlate;

Problemi Collaborativi
Per quanto riguarda i problemi collaborativi, l’infermiere dovrà:
Accertarsi dell'esecuzione degli esami ematici e strumentali precedentemente prescritti e della compilazione del consenso informato;
Collaborare insieme al medico durante l'esecuzione della procedura;
Accertarsi dell’attuazione di manovre asettiche;
Controllare ad intervalli l'insorgenza di eventuali segni anomali da segnalare al medico
Controllare in cartella se il paziente ha eseguito tutti gli esami prescritti e far presente se vi sono dei risultati alterati,
Bisogna collaborare con il medico durante la paracentesi, verificare che sia garantita l’asepsi, per ridurre il rischio d’infezione e che sia eseguita correttamente tutta la procedura.

Rachicentesi

La rachicentesi, o puntura lombare, comporta l’introduzione di un ago spinale nello spazio sub-aracnoideo della colonna vertebrale, per estrarre liquido cerebrospinale a scopo diagnostico o terapeutico.
Tale liquido può essere sottoposto ad esame:
-citologico
-colturale
-biochimico

oppure, per misurare la pressione del liquido, o per introdurre farmaci anestetici, antibiotici, antineoplastici e corticosteroidi.


Materiale

-Teli sterili;
-Aghi spinali di differenti dimensioni muniti di mandrino interno, sono lunghi dai 7-7,5 cm e sottili 18-20 G;
-Garze;
-Alcool;
-Anestetico locale;
-Guanti sterili,
-Provette per esami chimici, colturali e citologici;
-Dispositivi di protezione individuale;
-Cerotto.


E’ possibile misurare la pressione del liquor mediante uno strumento, il manometro di Claude.
I valori normali della pressione del liquido cefalorachidiano in un paziente sdraiato di lato sono compresi tra i 70 e i 200 mm H2O.
Valori superiori a 200 mm H2O sono da considerarsi patologici.
L’utilizzo di tale strumento è in disuso ed ha perso rilevanza clinica rispetto al passato.


Metodologia

La puntura lombare deve essere sempre eseguita in condizioni sterili.
Per quanto riguarda la posizione del paziente, la più utilizzata è quella seduta, con le gambe di fuori dal letto, il tronco incurvato in avanti, con la testa e d il tronco poggiati su due cuscini posti su un piano più alto di quello del letto.




Un’altra posizione è quella con il paziente in decubito laterale, con la schiena vicino al margine del letto, il collo e gli arti inferiori flessi rispettivamente su torace e addome.
Le spalle e la pelvi devono essere perpendicolari al letto.
Va posto un cuscino sotto la testa e, se necessario, fra la cresta iliaca e il margine costale inferiore per mantenere la colonna parallela al piano del letto.

Il medico sarà seduto accanto al letto avendo la schiena del paziente alla stessa altezza rispetto al piano del letto.

-dopo aver accuratamente disinfettato e delimitato il campo sulla linea mediana tra L4 e L5 o L5 e S1 si infiltra con l’anestetico l’area interspinosa che si è scelta per la puntura, (punto di repere è la linea orizzontale che congiunge le spine iliache posteriori, nel suo decorso essa incrocia l’apofisi spinosa di L4)

-inserire l’ago nel sottocutaneo, e avvisare il paziente per evitare che faccia un improvviso movimento del dorso.

-viene fatto scorrere inizialmente con un angolo di 10° verso la testa del paziente; poi se si incontra una resistenza ossea, con piccoli spostamenti va saggiata la via giusta, fino a giungere ai legamenti gialli che chiudono posteriormente il canale midollare.

-si introduce ulteriormente l’ago e quando si avverte una sensazione di cedimento si sfila il mandrino per verificare l’eventuale fuoriuscita di liquor.

-si può effettuare la raccolta del liquor che va eseguita con rapidità ed in quantità minima, 4-5 ml sono sufficienti.

-estrarre l’ago dal paziente e tamponare con garze sterili e cerotto la zona interessata.



Diagnosi Infermieristica

Verificare la flessibilità muscolo-scheletrica per fargli assumere la posizione adatta.
Valutare il grado di collaborazione nel rimanere nella posizione senza muoversi eccessivamente
Valutare eventuali allergie.
Stabilire il grado di conoscenza della procedura.
Infine valutare i segni vitali e le condizioni neurologiche degli arti inferiori, movimento, sensibilità e forza muscolare.

Da questi dati raccolti potremmo formulare le diagnosi infermieristiche.
Ansia per la scarsa conoscenza della procedura e dei suoi scopi;
Paura/ansia relativa alle manovre invasive;
Ansia/dolore correlato a interventi invasivi di minor entità, esito non prevedibile, dolore atteso ed insufficiente conoscenza della routine preoperatoria, postoperatoria e sensazioni correlate;
Rischi di lesioni midollari.


Problema collaborativo

Accertarsi dell'esecuzione degli esami ematici e strumentali precedentemente prescritti e della compilazione del consenso informato;
Collaborare insieme al medico durante l'esecuzione della procedura;
Controllare ad intervalli l'insorgenza di eventuali segni anomali da segnalare al medico
Rischio d’infezione;


Valutazione

Nelle ore successive alla puntura lombare, si dovrà controllare la medicazione per l’eventuale stillicidio di liquor dal punto d’inserzione dell’ago.
Valutare il livello di coscienza, i segni vitali e le condizioni respiratorie
Valutare l’intorpidimento, i formicolii e la capacità di muovere gli arti inferiori.
Verificare che il paziente abbia assunto la posizione consigliata e che non presenti dolore, o che sia ansioso per la futura risposta dell’esame effettuato.


Aspirato Midollare

L’aspirazione del midollo osseo, consiste nella rimozione di una piccola quantità di materiale organico liquido dal canale midollare di alcune ossa, per esame istologico e citologico del midollo, non solo per evidenziare neoplasie, ma anche patologie ematologiche.

Materiale
-Soluzione antisettica,
-Garze;
-Teli sterili;
-Anestetico locale;-Vetrini per lo striscio di sangue;
-Guanti sterili;
-Dispositivi di protezione individuale;
-Siringhe di diversa misura;
-Formalina basica e recipiente sterile per l’esame istologico;
-Cerotto per medicare.

-Ago di Jamshidi, monouso; costituito da una camicia di calibro e lunghezza variabile.
L’ago ha l’estremità a “becco di flauto” a bordi taglienti, utile per trattenere il frustolo d’osso incarcerato.
La camicia è riempita da un mandrino estraibile, che fuoriesce dall’estremità e serve per guidare l’iniziale penetrazione dell’ago nella cute e nell’osso.
All’estremità opposta, l’ago finisce con una parte piatta bloccata da una specie di tappo a vite d’acciaio.
Nella parte superiore della camicia si allargano due ali essenziali per una ferma impugnatura;

Metodologia
Il prelievo midollare si può effettuare:
-sullo sterno: con il paziente in decubito supino
-sulla cresta iliaca posteriore: con il paziente in decubito laterale sinistro.

E’ importante che l’infermiere e il medico descrivano e spieghino al paziente la procedura mentre viene eseguita e le sensazioni che potrà avvertire.

-disinfezione della zona prescelta
-eseguirà l’anestesia locale
-dopo qualche minuto il medico introdurrà l’ago di Jamshidi.
- l’ago supera la corteccia esterna dell’osso si entrando nella cavità midollare, si estrae il mandrino, si collega la siringa e si aspira una piccola quantità di sangue (0,5 ml ) e di midollo, (questa operazione e molto dolorosa e il paziente ne dovrà essere avvertito)

-depositare il materiale aspirato su un vetrino per l’eventuale striscio di sangue, oppure utilizzato per altri tipi di esami.
-estrarre l’ago ed effettuare una medicazione compressiva.


Assistenza Infermieristica

L’accertamento, per la raccolta dei dati e la formulazione delle diagnosi infermieristiche, è orientato alla valutazione delle conoscenze della procedura, determinando il grado di comprensione e di ansia.
Valutare anche la capacità di assumere la posizione necessaria e mantenerla per il tempo richiesto.
Rilevare i segni vitali controllare gli esami analitici, specie la coagulazione, l’utilizzo anche di anticoagulanti che potrebbero favorire un’emorragia post intervento.

Diagnosi infermieristica
Ansia per la scarsa conoscenza della procedura e dei suoi scopi;
Paura/ansia relativa alle manovre invasive;
Ansia/dolore correlato a interventi invasivi di minor entità, esito non prevedibile, dolore atteso ed insufficiente conoscenza della routine preoperatoria, postoperatoria e sensazioni correlate;
Rischi di lesioni .

Problemi Collaborativi
L’infermiere dovrà:
Accertarsi dell'esecuzione degli esami ematici e strumentali precedentemente prescritti e della compilazione del consenso informato;
Collaborare insieme al medico durante l'esecuzione della procedura;
Controllare ad intervalli l'insorgenza d’eventuali segni anomali da segnalare al medico,
Controllare se ci sono segni d’infezione;
Valutare se vi è possibile dolore dopo la procedura.

 

Biopsia Epatica

Prelievo di un frammento di fegato per infissione, attraverso la cute, di apposito ago monouso, si può dividere in:

-biopsia eco-guidata: se è sufficiente prelevare un frustolo di tessuto epatico in qualunque punto del fegato
-biopsia eco-mirata: se si vuole eseguire il prelievo in una zona determinata, nella quale l’ago da biopsia viene diretto tramite una guida posta sulla sonda dell’ecografo.

Viene effettuata per:
-diagnosi di malattia epatica generalizzata (ad. es. nel sospetto di epatite cronica) o focale (ad es. di massa epatica di origine sconosciuta).
-stadiazione di malattia epatica già nota.
-valutazione di sostanze accumulate nel parenchima (rame o ferro) oppure di virus o altri patogeni.

Anatomia
Il fegato è irrorato da una doppia circolazione:
-il sistema dell’arteria epatica: conduce al fegato il sangue dall’aorta addominale
-vena porta: reca il sangue venoso proveniente dall’area intestinale e quindi contenente le sostanze dall’intestino.

I rami più piccoli dell’arteria epatica e della vena porta decorrono, assieme ai canalicoli biliari, negli spazi portali situati tra i lobuli (con l’espressione “triade portale” si intende l’insieme del ramo dell’arteria epatica, della vena porta e del canalicolo biliare che si trovano in detto spazio).

All’interno del lobulo, le derivazioni dell’arteria epatica e della vena porta convergono in un ampia rete capillare, quella dei sinusoidi, che sono in contatto con le cellule epatiche; il sangue passa successivamente nelle vene centro-lobulari che decorrono al centro del lobulo e sono tributarie delle vene sovra-epatiche e quindi della cava inferiore .

Nella fase alimentare il glucosio degli alimenti, grazie all’azione svolta dall’insulina, viene accumulato nel fegato sotto forma di glicogeno (glicogenesi) o di acidi grassi (lipogenesi).

In gravi malattie epatiche (epatite fulminante) può osservarsi una marcata ipoglicemia per venire meno dei meccanismi della glicogenesi e della gliconeogenesi; nella cirrosi epatica può esservi iperglicemia postprandiale per l’incapacità del fegato di captare il glucosio circolante e di immagazzinarlo.

A eccezione delle gammaglobuline, sintetizzate dai linfociti B, la maggior parte delle proteine plasmatiche, quali l’albumina, 11 dei 13 fattori della coagulazione, la transferrina, e altre, sono sintetizzate nel fegato.
Ciò spiega la marcata ipoalbuminemia e i difetti della coagulazione che si osservano nelle gravi malattie epatiche.

Lo ione ammonio (NH4+), prodotto in grande quantità nel colon per degradazione batterica delle proteine e degli aminoacidi, giunge al fegato attraverso il sistema portale, è trasformato in urea ed eliminato attraverso l’intestino e il rene. Nella grave insufficienza epatica questa reazione non avviene e l’aumento dello ione ammonio contribuisce a determinare il quadro dell’encefalopatia epatica.


Materiale
-Ago monouso per biopsia epatica tipo Menghini, disponibile in vari calibri e lunghezze, meglio se centimetrato e con marker ecoriflettente.

Gli aghi da biopsia attualmente in uso sono costituiti da un ago, a punta piena e tagliente, impiantato su una siringa.
Il pistone della siringa è collegato ad un’anima metallica o mandrino che, farà si, che la cavità di quest’ultimo non venga occupata dai tessuti molli della parete toracica attraversata prima di arrivare al fegato.

-Ecografo con sonda Convex
-Provetta con alcuni ml. di formalina
-Lama da bisturi
-Siringa contente 10 cc di anestetico locale
-Siringa contente una fiala di atropina in caso di reazione vagale
-Composto iodato, e materiale per disinfezione e medicazione
-Guanti sterili
-Benzodiazepina e atropina


Metodica
Il punto d’ingresso dell’ago può variare a seconda della zona del fegato che si vuole raggiungere.
Il punto migliore da pungere e la direzione che l’ago deve avere per raggiungere il bersaglio e per evitare strutture che non devono essere lesionate, saranno stabilite nel corso dell’ecografia preliminare.
-introdurre l’ago in uno spazio intercostale dx sull’ascellare media, con paziente decubito supino o laterale sx, o in sede sottocostale dx con paziente decubito supino.
-ricercare il punto da pungere facendo effettuare al paziente una moderata espirazione, proseguendo successivamente con dei respiri superficiali, allo scopo di non frammentare il parenchima polmonare, tra la parte toracica e il fegato.
-fare assumere al paziente la posizione definitiva, sia del corpo che delle braccia, perché lo spostamento del braccio può modificare la posizione del fegato e della parete toracica.
-Successivamente si disinfetta e si procede all’anestesia locale che dovrà interessare la cute, la parete toracica e la capsula epatica.
-dopo avere atteso 3-4 min. che l’anestesia faccia effetto si pratica un’incisione di circa 2 mm.
-si prende quindi l’ago da biopsia e, dopo aver raccomandato al paziente di aver respirato superficialmente, lo si infigge fino a superare di poco la capsula epatica.
-si dirà a questo punto al paziente, d’interrompere il respiro, per evitare lacerazioni sulla superficie del fegato, fino all’estrazione dell’ago.
-nel caso di biopsia eco-mirata, indossati i guanti sterili, si disinfettano la sonda dell’ecografo e il campo bioptico, si monta la guida e, al posto del normale gel ecografico si utilizza vaselina sterile.

Dopo la biopsia è prudente che il paziente rimanga a letto per almeno 5-6 ore, in decubito laterale dx; nell’area della biopsia va applicata una borsa del ghiaccio per 2-3 ore.
E’ preferibile che durante questo intervallo di tempo il paziente non si alimenti e beva con moderazione.
Successivamente potrà consumare un pasto leggero.
E’ opportuno infine, che nei 2-3 giorni successivi il paziente non pratichi sport.


Effetti collaterali
Il più frequente è il dolore, che compare acutamente nel punto della biopsia, della durata di alcuni secondi.
Dopo la biopsia può inoltre comparire, localizzato dall’area epatica fino all’epigastrio e alla spalla dx, un dolore che scomparirà in un tempo variabile da 15 min. ad alcune ore.

Diagnosi infermieristiche
Ansia correlata alla paura di avvertire dolore durante l’infissione
Ansia correlata alla paura di quanto non conosciuto (mancanza di informazioni da parte del personale sulla procedura)
Ansia correlata all’esito dell’esame istologico

Biopsia Renale

Prelievo di frammento di tessuto renale, mediante puntura percutanea con apposito ago monouso, e con l’aiuto di un ecografo.

La Biopsia Renale viene effettuata a scopo diagnostico; infatti, l’analisi microscopica del tessuto ottenuto, può fornire informazioni utili nella diagnosi e nel trattamento delle malattie renali, nel confermare istologicamente le nefropatie e nel controllarne la progressione.

Il prelievo può essere praticato sia a cielo aperto con ago da biopsia, sia durante un intervento operatorio.


Materiale

Piano di lavoro
Ago per biopsia sterile monouso costituito da :
- una camicia metallica a punta smussa
- un ago da localizzazione con dispositivo di arresto
- um mandrino a due vie

-contenitore ematico con liquido di fissaggio per prelievo bioptico
-contenitore con pinze anatomiche chirurgiche, immerse in soluzione disinfettante
-soluzione iodata (Betadine)
-flacone di etere
-confezione di garze sterili
-confezione di telini sterili monouso
-confezioni sterili monouso di camici chirurgici e guanti
-occorrente per anestesia locale
-pacchetto sterile con:
-1 pinza portatamponi
-1 forapelle
-1 capsula metallica
-fascia a corpo e spille di sicurezza
-centimetro a nastro
-matita demografica
-due bacinelle reniformi


Preparazione del paziente e procedura
-rilevare al paziente pressione arteriosa e temperatura mezz’ora prima dell’ esame
- somministrargli un sedativo, se prescritto dal medico
- chiedere al paziente se ha urinato,( l’ esame deve essere eseguito a vescica vuota)
- scoprire la regione lombare
- far assumere al paziente il decubito prono e localizzare sulla cute il punto in cui infiggere l’ ago per raggiungere il polo inferiore del rene sotto guida ecografia.
-praticare l’ anestesia locale, l’ ago viene introdotto attraverso la cute della regione lombare destra o sinistra fino a raggiungere, la zona del rene prescelta per il prelievo.
- collaborare con il medico durante la pratica
- coprire la sede della puntura con garze sterili dopo che il medico ha sfilato l’ago
- fissare le garze con strisce di cerotto in modo da esercitare una modica pressione
- rafforzare l’azione di contenimento posizionando la fascia a corpo
- far passare il paziente dal lettino alla barella e riaccompagnarlo a letto
- inviare in laboratorio il campione prelevato con il relativo buono di richiesta
- riordino del materiale


Nelle prime 24 h dalla biopsia:
-controllare la pressione arteriosa, il polso e temperatura ogni ora o frazione di ora per le prime 4 h;

Successivamente ogni 3h:
-raccogliere le urine di ciascuna minzione in contenitori separati
-osservare l’ aspetto e preparare eventuali campioni da inviare in laboratorio secondo indicazione
-osservare le condizioni generali del malato e la sede della biopsia
-somministrare liquidi per via orale o parenterale per assicurare una buona diuresi
-mantenere il paziente a riposo in ambiente tranquillo
-consigliarlo a non compiere sforzi fisici frequenti e/o violenti per vari giorni dopo la biopsia.


Complicanze

Ematuria Macroscopica: è dovuta alla lesione di un vaso che provoca la comparsa di sangue nelle urine. La sua entità dipende dal calibro del vaso danneggiato, ma raramente è abbondante e prolungata. La formazione di coaguli nell’ urina può provocare una colica renale ed esporre a rischio di anuria.

Ematoma Peri Renale : compare subito dopo l’ esecuzione della biopsia, ma può essere visibile anche a distanza di giorni.
Sono piccoli ematomi privi di rilevanza clinica, sono quasi costantemente riscontrabili ad una ecografia eseguita dopo 24 o 48 h.
La sintomatologia può essere assente o limitata a dolenzia in sede lombare.

Fistola Arterio-venosa: è determinata dalla puntura accidentale di un’ arteriosa e di una vena renale contigue, che entrano in comunicazione diretta.
La maggio parte delle fistole sono di piccolo calibro, non hanno particolare rilevanza clinica e si risolvono spontaneamente nell’ arco di alcuni mesi.
Raramente possono provocare ematuria, scompenso cardiaco, ipertensione arteriosa diastolica

Endoscopia Digestiva

Lo strumentario
La possibilità di esplorare e di riprodurre ciò che andiamo a visionare è reso possibile attraverso un sistema che utilizza:
-endoscopi
-sorgente di luce
-processore
-aspiratore
-accessori


ENDOSCOPI:

Rappresentano gli strumenti la cui introduzione nel nostro caso, permette la visione dell’esofago, stomaco, duodeno e colon.
Attualmente sono a disposizione due tipologie di endoscopi:

Fibroendoscopio: Utilizza fasci ottici che contengono migliaia di sottili fibre di vetro per riprodurre l’immagine. La luce che incontra la superficie di ogni fibra viene trasmessa attraverso ripetute riflessioni interne e l’immagine viene vista direttamente dall’occhio dell’operatore, oppure può essere montata una telecamera sull’oculare dello strumento e riportata su un monitor.

Videoendoscopi: l’immagine viene acquisita tramite dei chip, inviata sotto forma di segnale elettronico e mostrata su un monitor.

Videoecoendoscopi: oltre alle componenti endoscopiche possiedono una sonda ecografia che permette lo studio ecografico delle strutture.
Da un punto di vista meccanico fibro e videoendoscopi sono simili, e comprendono tre componenti:



Parte centrale di controllo:

Tubo Flessibile





SORGENTE DI LUCE
Garantisce l’illuminazione tramite una lampada ad alta intensità e dei filtri rotanti del rosso, verde e blu, che viene trasportata dal fascio di fibre dell’endoscopio.
Attraverso la sonda di connessione dell’endoscopio, la sorgente di luce è collegata con il processore, che provvederà a memorizzare l’immagine e riprodurla sul monitor.
La sorgente di luce inoltre tramite una pompa interna consente l’insufflazione di aria controllata dalla valvola blu della parte centrale di controllo dell’endoscopio.




PROCESSORE

E’ il sistema per il quale tramite un cavo di connessione l’immagine che giunge dallo strumento viene “elaborata” e riprodotta sul monitor.


ASPIRATORE



ACCESSORI:
Sono svariati e si differenziano in funzione della procedura che si dovrà effettuare.

-Boccaglio

-Pinze: bioptiche con e senza ago, da corpo estraneo a denti di coccodrillo o di ratto, o a tripode


-Anse da polipectomie di varie forme e grandezze

-Aghi da sclerosi di varie grandezze

-
Clips metalliche

-Accessori per la legatura di varici, che consistono in un kit che prevede un cappuccio per la parte distale dello strumento, elastici montati su un sistema a rilascio progressivo tramite una manopola, oppure lo stesso sistema in cui si monta uno o più elastici e tramite una corda vengono rilasciati.


-Fili guida: metallici (Eder-Puestow) e idrofili (da via biliare) a seconda della procedura che si deve eseguire

-Palloni dilatatori idrostatici di varie grandezze e tipologie a seconda del tipo di dilatazione che si deve eseguire
Rigiflex, TTC

-Dilatatori
semi flessibili di varie tipologie: Savary_Gilliard -Protesi: metalliche o silicone

-Sonde per strumenti laser come:
NdYAG, APC, E. P. -Cateteri di varie tipologie: spray, per aspirazione -Spazzolini di varie tipologie per es.citologico, pulizia dei canali operativi

-
Overtube: strumento costituito da un cilindro cavo di plastica di 30cm semi flessibile, utilizzato per proteggere l’esofago durante l’estrazione di corpi estranei, o durante la legatura di varici esofagee
Colonscopia
è l'endoscopia del tratto digestivo inferiore, per una valutazione del colon con i suoi tratti del retto, sigma discendente, trasverso, ascendente, ceco e dell`ultima ansa ileale.

Lo strumento standard utilizzato è un endoscopio tipo video o fibroscopio a visione frontale.

Accessori:
Sono svariati e si differenziano in funzione della procedura che si dovrà effettuare.

-Pinze: bioptiche con e senza ago, da corpo estraneo a denti di coccodrillo o di ratto, o a tripode.

-Anse da polipectomie di varie forme e grandezze


-Aghi da sclerosi di varie grandezze


-Clips metalliche

-Cappucci per mucosectomie.


-Fili guida: metallici (Eder-Puestow)

-Palloni dilatatori idrostatici di varie grandezze e tipologie a seconda del tipo di dilatazione che si deve eseguire TTC

-Dilatatori semiflessibili di varie tipologie: Savary-Gilliard


-Protesi: metalliche o silicone

-Sonde per strumenti laser come: Nd YAG, APC, E. P.


-Cateteri di varie tipologie: spray, per aspirazione



Tecnica Endoscopica

La tecnica è dolce senza provocare dolore con la visualizzazione del colon sino al ceco individuando i punti di repere di quest`ultimo.
Con il paziente in decubito laterale sinistro con le gambe flesse, si esegue sempre un`ispezione ed una esplorazione digitale dell`ampolla rettale, per visualizzare l`eventuale presenza di patologia anale e di apprezzare eventuali lesioni che potrebbero essere non visualizzate dall`endoscopio durante l`introduzione e/o nei punti cechi all`endoscopia.




Introduzione
Può essere eseguita spingendo obliquamente lo strumento con il dito, oppure aiutandosi sempre con il dito come esploratore del canale anale e subito dopo spingere lo strumento con il pollice, o ancora direttamente dopo un`abbondante lubrificazione.

La conduzione dell`esame può essere fatta:

-AD UNA MANO: con l`operatore che controlla con una mano i comandi dello strumento e con l`altra la parte flessibile per l`avanzamento

-A DUE PERSONE: con l`infermiere che avanza lo strumento su indicazione del medico e quest`ultimo che controlla i comandi con le due mani.

Per una buona riuscita dell`esame è bene seguire i seguenti accorgimenti:

-INSUFFLARE: il meno possibile nei limiti della visibilità

-ASPIRARE: frequentemente aria nei limiti della visibilità

-AVANZARE: lentamente e con cautela

-EVITARE e RIDURRE: le anse

-CONSIDERARE: la possibilità di doversi fermare




Tratto del retto
Ha una lunghezza di 15cm con una collocazione retro-peritoneale, è caratterizzato dall`ampolla rettale, presenta delle pliche semilunari o valvole di Houston, può essere presente un reticolo venoso accentuato del tutto normale.
E possibile eseguire in questo tratto la manovra di retroversione,( una rotazione di 180º della punta dello strumento) con cui possiamo visualizzare il tratto distale del retto con il passaggio all`ano, riconoscibile dalla linea pettinata di quest`ultimo.




Tratto del sigma

Ha una lunghezza molto variabile, in media 30-40cm, per lo più localizzato in sede peritoneale.
La mucosa presenta:
-delle pliche circolari: che rappresentano i fasci muscolari circolari della tonaca muscolare

-delle pliche longitudinali: che rappresentano le tenie, ossia i fasci muscolari longitudinali.

La sua elasticità, insieme alla sua posizione pelvica può portare alla formazione di anse, soprattutto se s’insuffla molta aria.

Allo stesso modo sempre per la sua elasticità permette una riduzione delle stesse anse.
E il tratto colico più frequentemente soggetto a diverticoli, che lo rendono facilmente sede d’infiammazioni, sanguinamenti e perforazioni.

Nella sua parte prossimale presenta un`angolatura accentuata in funzione della collocazione pelvica del meso del discendente, che rende questo tratto molte volte non facile da superare e non scevro da dolore per il paziente.
Ci si può aiutare con delle manovre di compressione della fossa iliaca sx per evitare un`ansa a spirale del sigma, o a dx per evitare la formazione di un`ansa anteriore.






Tratto del discendente

Di lunghezza variabile da 25-35cm non presenta di solito grosse difficoltà nella sua esplorazione.






Tratto della flessura splenica

Facilmente riconoscibile, per l`impronta bluastra della milza, e identificabile per il punto di repere rappresentato dalla trans-illuminazione sull`ipocondrio sx della parete addominale.
Ci troviamo in un punto dell`esame dove occorre raddrizzare il più possibile lo strumento per poter con maggiore facilità proseguire verso il colon prossimale.
Molte volte la lassità del legamento freno-colico rende il controllo del traverso meno facile, perché si perde la fissità del viscere utile per il raddrizzamento, e perché si possono creare tortuosità e angolature che rendono l`esplorazione più difficile e dolorosa.
In questo punto dell`esame è solito far cambiare la posizione al paziente in decubito supino o laterale dx se ci troviamo di fronte ad una flessura molto angolata, o per agevolare l`avanzamento verso il trasverso prossimale.


Tratto del trasverso
Riconoscibile per la sua forma triangolare dovuta alla tre tenie ed a una minor sottigliezza dei muscoli circolari, identificabile con la transilluminazione sulla parete addominale.
Non presenta grossi problemi attraversarlo ed è facilmente accorciabile mediante la manovra di recupero.
Presenta alcune volte una lunghezza variabile, ma soprattutto un andamento ptosico.

Una compressione dal basso verso l`alto facilita l`avanzamento dello strumento verso a flessura epatica.


Tratto della flessura epatica

E un altro punto di repere endoscopico rappresentato dall`impronta bluastra del fegato, anch`essa identificabile con la transilluminazione in ipocondrio dx.
Viene superata con agilità, salvo situazioni di colon traverso ptosico dove l`aiuto di una compressione sull`addome dal basso verso l`alto facilita il suo superamento.
(Interventi chirurgici di colecistectomia o di resezione gastrica, possono renderla fissa ed angolata)


Tratto dell`ascendente

Facilmente esplorabile ma spesso scarsamente pulito per residuo fecale.

Tratto del ceco
Identificabile con ben tre punti di repere che sono:

-valvola ileocecale: rappresentata da una tumefazione più o meno accentuata di aspetto lipomatoso ossia lievemente di colore giallo

-orifizio appendicolare

-convergeza delle tre tenie: che simulano il simbolo della pace o del marchio mercedes

Rappresenta la meta di ogni endoscopista e va esplorato con attenzione perchè rappresenta uno dei punti cechi del colon.
Ha una parete più sottile rispetto ai tratti distali del colon quindi più facilmente distendibile, con la possibilità alcune volte anche di eseguire la manovra di retroversione, e allo stesso tempo con maggiore rischio di perforazione durante procedure operative.

E sede più frequentemente negli anziani di alterazioni vascolari come le angiodisplasie.


Valvola ileocecale e ultima ansa
ileale
La prima come già detto è facilmente identificabile, meno il suo superamento, in quanto provvista di una muscolatura sfinterica che non sempre agevole il superamento.
Posizionata di solito, ma non sempre, sul versante mediale del viscere, presenta un labbro inferiore ed uno superiore che delimitano l`orifizio.
Il suo superamento ci permette l`accesso nell`ultima ansa ileale, ossia nell`intestino tenue caratterizzato dall`assenza delle pliche e da una mucosa di aspetto vellutato.



FASE DI RITORNO
Una volta raggiunto il ceco, ha inizio la visione a ritroso di tutto il colon, è una fase che va eseguita ugualmente con cautela e massima attenzione, nell`escludere la presenza di alterazioni della mucosa, facendo molta attenzione ai cosiddetti potenziali punti cechi del colon, aspirando tutta l`aria possibile onde rendere meno disagevole e imbarazzante il post esame al paziente.

 

Fonte: http://u.jimdo.com/www400/o/s5d0ef10cc4a06ea2/download/me0b7571060bdaac2/1281631165/Nursing+Clinico+Medicina.doc

Sito web da visitare: http://infermieriuniti2.jimdo.com/area-infermieristica/nursing-clinico-medicina/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

Nota : se siete l'autore del testo sopra indicato inviateci un e-mail con i vostri dati , dopo le opportune verifiche inseriremo i vostri dati o in base alla vostra eventuale richiesta rimuoveremo il testo.

Parola chiave google : Ossigenoterapia tipo file : doc

 

Ossigenoterapia

 

 

 

Visita la nostra pagina principale

 

Ossigenoterapia

 

Termini d' uso e privacy

 

 

 

 

Ossigenoterapia