Il dolore cervicale
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Il dolore cervicale
Le strutture neuromuscolari che sostengono e orientano il capo nello spazio possono divenire fonte di fastidiose sindromi dolorose, spesso resistenti ai normali presidi farmacologici. Quando poi il fenomeno si cronicizza, il soggetto si accorge di essersi irrigidito, e di non riuscire più a svolgere le sue usuali attività in modo fluente e rilassato. Con questo lavoro intendo dare alcuni chiarimenti in merito alla gestione di questa patologia, spesso trascurata.
La clinica
I disturbi dolorosi al rachide cervicale si presentano sempre più frequentemente tra la popolazione occidentale.
Come per la lombalgia ( cfr. “ In primo piano 2004 “ ), anche per questa patologia è difficile isolare una causa certa ( infiammazione? Infezione? Disturbo a carattere meccanico? Dolore riflesso? Ecc. ).
Inoltre, il sistema muscoloschelettrico cervicale ( muscoli, articolazioni, dischi intervertebrali, radici nervose ) va incontro a ripetuti rimaneggiamenti anatomici, di per sé fisiologici, che ne modificano però in parte la funzionalità.
Ad esempio, già durante l’infanzia si sviluppano spesso delle fissurazioni a carico dei dischi intervertebrali. Tali fessure, ci ricorda R. Mckenzie, tendono a tagliare il disco orizzontalmente; si vengono così a creare delle zone di instabilità relativa, fonte di possibili quadri artrosici negli anni a seguire.
Il tutto in un contesto assolutamente “ normale “.
D’altro canto, una persona può presentare alterazioni anche di una certa importanza
( deformità congenite delle vertebre cervicali, alterazioni post-traumatiche, ecc. ) senza che i suoi sintomi siano direttamente correlabili ai dati fornitici dalle rilevazioni strumentali.
A complicare ulteriormente il quadro ci pensa poi la frequente presenza di cefalee e vertigini, accompagnate o meno da altri fenomeni vegetativi ( nausea, fischi alle orecchie, ecc, ).
Nonostante tutto ciò, il disturbo cervicale viene vissuto come meno invalidante di quello lombare; questo lo rende subdolamente più pericoloso, in quanto il soggetto affetto da cervicalgia tende a non curarsi.
L’epidemiologia
Il disturbo cervicale colpisce praticamente i 2/3 della popolazione almeno una volta nell’arco della vita, senza che si riesca a risalire, nella maggior parte dei casi, ad una alterazione anatomica delle strutture cervicali direttamente correlabile al disturbo stesso.
Facciamo qualche esempio:
- spondilolistesi cervicale: si tratta di un vero e proprio scivolamento di una vertebra sull’altra, dato da una fenditura congenita ( spondilolisi ) della parte posteriore dell’articolazione vertebrale, spesso a livello della sesta vertebra cervicale ( C6). Ebbene, Yochum e Rowe ci ricordano come, nella maggior parte dei soggetti portatori di queste alterazioni, l’anomalia sia asintomatica nonostante si tratti di una modifica anatomica importante, a causa della quale la persona in questione dovrebbe manifestare i segni di una sofferenza neuromuscolare notevole.
- Costa cervicale: si tratta di un processo osseo costale che ha origine dalla vertebra C7 ( l’ultima vertebra cervicale ), che forma vere e proprie articolazioni e si comporta come una costola. In pratica, la parte bassa cervicale viene ad essere più simile al dorso; questo aumento di rigidità dovrebbe comportare un aumento statistico dei disturbi cervicali. In realtà, solo lo 0,5% dei soggetti che presentano una costa cervicale accusa sintomi direttamente correlabili a tale anomalia ( Yochum e Rowe, cit. ).
- Discopatia cervicale: come già accennato ( R. McKenzie ), l’usura del disco intervertebrale è un dato costante fin dalla giovane età; nonostante ciò, difficilmente si riesce a correlare il quadro clinico del paziente all’alterazione delle sue strutture anatomiche.
Ciò che si sa in merito ai disturbi cervicali è che:
- sono più comuni tra le donne che tra gli uomini fino ai 60 – 70 anni di età, poi il rapporto tende ad invertirsi;
- il picco massimo si ha tra i 40 e i 50 anni di età;
- prima dei 30 anni il disturbo si presenta spesso isolato, interessando anche uno degli arti superiori solo nel 30% degli episodi;
- dopo i 45 anni la cervicalgia si complica frequentemente in una cervicobrachialgia.
Quindi:
- manca una correlazione diretta tra alterazione anatomica e quadro doloroso;
- come per la zona lombare, il disturbo cervicale tende a complicarsi nel tempo andando ad interessare anche uno degli arti superiori;
- la cervicalgia può colpire tutti, anche se nella popolazione femminile è più presente, almeno fino all’inizio della terza età.
Se invece diamo uno sguardo alle statistiche per tipologia lavorativa scopriamo che chi lavora al computer presenta spesso disturbi quali cervicalgie, irritazioni oculari, vertigini; questo quadro tende ad interessare il 100% ( tutti ) di coloro che lavorano più di 6 ore al giorno al PC.
Ma usare il computer tutto il giorno significa stare seduti tutto il giorno: come per la lombalgia, anche nel caso dei disturbi cervicali la sedentarietà diviene un fattore peggiorativo notevole.
Il vissuto del paziente
“ Sento molto dolore in questo punto del collo, la mia attenzione è in quel punto, questo dolore mi limita, sto attento ogni volta che muovo la testa, sono sempre in guardia ”.
“ Non mi ero mai accorto di quanto fosse rigido il mio collo, ora che sto facendo la fisioterapia lo sento leggerissimo, si muove ”.
“ Da quando ho iniziato gli esercizi respiro meglio; prima stavo sempre in apnea davanti al computer “.
Il collo doloroso che limita la vita, il collo “liberato” che permette il piacere del movimento. Il collo che “respira”. Il paziente con un collo che si muove meglio sorride.
La possibilità di poter di nuovo esplorare l’ambiente portando i recettori ( occhi, orecchie, naso ) e uno dei sistemi relazionali primari ( la bocca ) nella direzione voluta, senza sforzo e senza dolore, genera gioia.
Il paziente lombalgico che migliora si sente più forte, di nuovo integro.
Il paziente con dolori cervicali che migliora si sente più libero, esprime felicità.
La ricerca riabilitativa
“ All’interno del sistema vertebrale di relazione il rachide cervicale rappresenta un distretto di particolare importanza, data non solo dalla sua notevole mobilità, ma anche e soprattutto dai suoi diretti rapporti con il capo e dalle funzioni che rispetto ad esso, al cingolo scapolare ed alla gabbia toracica svolge. Il tratto cervicale infatti, si distingue dal resto del sistema vertebrale in quanto sostiene il capo e permette di muovere oltre ad esso, anche il cingolo scapolare e la gabbia toracica, grazie alla cooperazione di gruppi muscolari poliarticolari, che relazionano i vari distretti vertebrali fra di loro e questi con il capo ( G. Leccia )”.
“ Il dolore di origine meccanica può manifestarsi all’altezza del collo per le seguenti ragioni: i legamenti e i tessuti molli che tengono assieme le vertebre possono semplicemente essere stirati, senza alcun altro tipo di danno. L’eccessivo stiramento può essere causato da una forza esterna che trasmette al collo una improvvisa e grave sollecitazione, come ad esempio può accadere durante un incidente d’auto o in seguito ad un contrasto tra due giocatori di calcio.
Molto più spesso invece, l’eccessivo stiramento è causato da sollecitazioni legate alla postura che sottopongono il collo a tensioni meno gravi ma per un maggior periodo di tempo.
I tessuti si modificano, divenendo in alcuni distretti più rigidi per sopportare tali carichi prolungati. Ad un certo punto, persino i movimenti normali iniziano a diventare causa di dolore.
A meno che non vengano fatti adeguati esercizi per allungare gradualmente queste strutture e per ripristinare la loro normale flessibilità, questa situazione può diventare causa di continue cervicalgie e cefalee ( R. Mckenzie )”.
“ Il diaframma è il muscolo fondamentale nella respirazione. Attraverso fibre muscolari attaccate in avanti sullo sterno, ai lati sulle coste e posteriormente sulla colonna vertebrale, esso svolge la sua azione principale modificando la pressione a livello della cavità toracica ed addominale, in funzione del suo stato di contrazione e dell’attività dei muscoli sinergici ed antagonisti ad esso.
E’ innervato dai due nervi frenici, con fibre a provenienza dalla III, IV e V radice cervicale ( S. Boccardi )”.
Gli studi in ambito riabilitativo confermano il vissuto del paziente: il disturbo cervicale viene inizialmente sottovalutato. Poi si cerca qualcosa o qualcuno che ci liberi dal collo “ rigido “. Infine il paziente scopre di essere limitato non solo nei movimenti cervicali puri, ma anche in molte attività funzionali quali respirare, parlare, guardare, ascoltare, scrivere, leggere, ecc..
Anche in caso di sofferenza acuta, magari con interessamento di alcune radici nervose con dolore e parestesie notevoli, il paziente tende ad avere l’impressione di essere comunque poco limitato nelle attività quotidiane, quindi spesso trascura i sintomi.
Cosa fare?
Abbiamo già avuto modo di notare come il tempo della malattia rappresenti anche un tempo di riflessione sul modo con il quale conduciamo la nostra esistenza ( cfr, “ il mal di schiena “ ); più precisamente, il disturbo cervicale, limitando a poco a poco i movimenti del capo ed esplodendo infine in una forma acuta, proietta il malato nella dimensione della vecchiaia, anche quando ( ed è la maggior parte dei casi ) il soggetto ha solo 40 – 50 anni.
Afferma Angelini: “ la pertinenza del privilegio dell’esperienza della malattia, quale tempo nel quale più di ogni altro si manifesta la verità della condizione umana di tutti e di sempre, trova riscontro nella considerazione fenomenologia della psicologia del malato.
Il malato sublima – se ci è concesso di usare un termine per altro tanto sospetto – l’immagine del tempo perduto della salute. Soltanto quando l’uomo è malato si realizzano per lui le condizioni propizie perché apprezzi la salute quale bene appunto sublime quale bene, intendiamo dire, che è condizione assolutamente irrinunciabile perché possa essere apprezzato ogni altro bene della vita.
La salute appare in tal senso al malato come il solo bene elementare capace di conferire valore ad ogni aspetto del vivere. Esattamente quando l’uomo raggiunge questo punto di osservazione, in qualche modo estremo, vede quanto la propria vicenda normale in realtà sia tutt’altro che normale, bensì straordinaria, e quasi si stupisce e si spaventa della propria ordinaria incoscienza “
Il disturbo cervicale ci mette di fronte alla nostra falsa onnipotenza, al nostro crederci comunque “ capaci “, incuranti dei pesi, reali e metaforici, che andiamo a caricare sulle nostre umanissime spalle, convinti come siamo di poter agevolmente superare qualsiasi difficoltà; ma non è così.
Vediamo allora che cosa fare per mantenere in salute il nostro collo.
- Il buon riposo
La salute del collo inizia a letto: si tratta essenzialmente di evitare di dormire a pancia in giù ( proni ). Tale posizione, piacevole e desiderata fin dall’infanzia, nell’età adulta stira eccessivamente i tessuti cervicali e deve essere abbandonata in favore della posizione sul fianco, con il capo sostenuto da un adeguato cuscino.
Anche durante il giorno il collo ha bisogno di riposare, è opportuno dedicare alcuni minuti al rilassamento della zona cervicale attraverso semplici massaggi dei tessuti del collo che ognuno può fare da sé o, meglio, farsi fare da qualche persona cara. E’ infine opportuno tenere ogni tanto gli occhi chiusi: la muscolatura cervicale è infatti a servizio della motricità oculare, chiudendo gli occhi si riposa anche il collo.
- La posizione seduta
La zona lombare sostiene quella cervicale, ogni movimento della prima coinvolge la seconda. L’utilizzo di una sedia ergonomica e una buona posizione seduta divengono quindi fattori estremamente importanti. Ancor più importante risulta essere la stabilità della posizione seduta, la sedia deve essere “ solida “ ( robusta, possibilmente senza rotelline, ecc. ) per permettere al collo di mantenersi rilassato.
In ogni caso, occorre cambiare spesso posizione, la colonna cervicale soffre ogni qual volta la costringiamo a stare ferma.
- La ginnastica
Dopo aver passato 8 – 10 ore al giorno seduti, magari davanti ad un computer, non si può pensare di compensare questa prolungata immobilità con un paio d’ore di ginnastica alla settimana.
Occorre un modico esercizio quotidiano.
Qui entra in gioco la competenza del fisioterapista che è in grado, attraverso l’applicazione mirata della terapia manuale e dell’esercizio terapeutico, di indirizzare il paziente nel processo di guarigione.
Quando il collo si fa sentire
Descrivo ora due casi di cervicalgia tratti dalla mia attività riabilitativa; la loro analisi può aiutarci nella comprensione dell’evoluzione di questo disturbo.
Primo caso
Anna ha 35 anni, due figli, un lavoro in piedi in posizioni spesso asimmetriche. Presenta una lassità ( una morbidezza ) dei tessuti, malgrado la struttura relativamente robusta.
Appare decisa nei modi anche se affaticata, fiaccata da un disturbo cervicale che la assilla da alcuni mesi.
Ha eseguito alcuni esami strumentali che hanno evidenziato la presenza di una grossa ernia a livello delle ultime due vertebre cervicali, con interessamento delle radici nervose coinvolte.
Mi racconta di continui episodi di cefalea e di torcicollo, con dolore e formicolii che progressivamente si sono estesi a tutto il braccio, fino ad interessare le ultime due dita della mano destra. E’ andata dal medico che l’ha indirizzata a me.
Valutandola noto la importante tensione a carico delle spalle, molto rigide e ruotate in avanti, nonostante l’aspetto gradevole della sua postura.
La testa ruota poco a destra, Anna tende inconsapevolmente a rimanere in apnea, trattenendo l’aria.
Quando le chiedo di eseguire alcuni movimenti con le braccia osservo come tutto lo sforzo venga concentrato sulle spalle, con poca partecipazione del resto della colonna cervicale.
Imposto allora alcuni esercizi per migliorare l’articolarità cervicale ma soprattutto per reinserire i movimenti del bacino nella funzionalità generale. Inizio a mobilizzare i tessuti della zona delle spalle e del collo attraverso una mirata terapia manuale.
Dopo alcune sedute diminuisce notevolmente il formicolio alla mano e il dolore si concentra sul collo. Anna riesce perciò ad usare meglio la muscolatura del bacino durante gli sforzi; le spalle sono meno rigide.
Imposto quindi un esercizio mirato da fare a casa.
Dopo altre due sedute ( 15 giorni ) Anna sta meglio. Il dolore cervicale è divenuto saltuario, muove bene il collo e le spalle.
Al controllo, a tre mesi di distanza, il quadro è stabile, Anna si presenta sorridente e decisa. Ha ripreso a lavorare.
Secondo caso
Carlo passa alcune ore ogni giorno al volante, il suo lavoro comporta infatti continui spostamenti in auto. Se non guida è in ufficio seduto.
Mi descrive la sua cervicalgia come molto invalidante, tanto che da quando si sono presentati i disturbi ha dovuto smettere di giocare a calcetto.
Mentre parla noto la postura in costante tensione, è seduto sul bordo della sedia come sul procinto di alzarsi.
I disturbi interessano attualmente tutto il braccio sinistro ed arrivano all’indice. Ha preso molti farmaci, il dolore è diminuito ma non scomparso, il collo si presenta rigido nei movimenti.
Sembra rispondere bene ai test a cui lo sottopongo, imposto quindi un esercizio mirato da fare a casa.
Dopo una settimana, alla seconda seduta, il paziente mi descrive un quadro sostanzialmente inalterato. Mentre parla noto ancora una volta la sua postura in tensione; gli chiedo allora di descrivermi le posizioni che assume durante la giornata.
Il quadro che emerge dalla sua descrizione è alquanto singolare: in ufficio il computer è disposto su un lato della scrivania, Carlo usa la tastiera senza appoggiare i gomiti, seduto sul bordo di una sedia con le rotelline, con i piedi sollevati da terra e appoggiati sulle razze della sedia, in tensione.
In auto si distende “ come su un divano “.
Intervengo allora sull’ergonomia, sia in ufficio che per quel che riguarda la posizione in auto.
Alla terza seduta i sintomi sono nettamente migliorati. Continua a fare esercizio, ci accordiamo per un controllo ad un mese di distanza.
Al controllo appare rilassato, si siede in maniera ottimale; i sintomi sono regrediti del 70%, modifico l’esercizio in funzione della nuova situazione.
Al successivo controllo a tre mesi di distanza Carlo sta bene. Il dolore è saltuario e limitato alla zona cervicale, il braccio è libero. Ha ripreso a giocare a calcetto.
Conclusioni
- Il dolore cervicale può venire a chiunque.
- Tende ad essere sottovalutato.
- E’ molto legato alle posizioni assunte durante le attività quotidiane.
- Modifica la nostra qualità della vita, spesso andiamo in apnea e ci irrigidiamo.
- L’intervento del fisioterapista può rivelarsi essenziale nel far regredire la sintomatologia.
- Come per ogni altro disturbo doloroso, la presenza di un dolore al collo deve spingerci a riconsiderare il nostro stile di vita.
Il dolore cervicale è controllabile, spetta a noi renderlo tale.
Scaffale bibliografico
- Dizionario di medicina Garzanti ( 2000 ).
- R. McKenzie in “ Prendersi cura del proprio collo “, Spinal Pubblication Ltd
( 1992).
- T. R. Yochum, L. J. Rowe in “ Essential of Skeletal Radiology “, Lippincott Williams & Wilkins ( 2005 ).
- J. Y. Tsauo, H. Y. Lee in “ Journal Rehabilitation Medicine “ ( 2004 ).
- G. Leccia in “ Riabilitazione Cognitiva “, ARS Edizioni ( 2004 ).
- S. Boccardi in “ I muscoli “, Masson Editore ( 1992 ).
- G. Angelini in “ La malattia, un tempo per volere “, Vita e Pensiero Editore
( 2000 ).
Fonte http://www.eccehomo.it/wp-content/uploads/2010/05/Il_dolore_cervicale.doc
Autore: Fabio Faccin
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