Febbre e le altre variazioni della temperatura corporea
Febbre e le altre variazioni della temperatura corporea
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La febbre e le altre variazioni della temperatura corporea
Lucio Montanaro
Aspetti fisiologici della termoregolazione
Nell’uomo in condizioni normali la temperatura corporea è di 37° C con oscillazioni inferiori ad 1°C.
La temperatura del mattino è di circa ½ grado inferiore a quella tra le 12 e le 20
Nella donna in età fertile la temperatura del periodo è più bassa nel periodo preovulatorio (fase follicolinica). Si innalza di circa ½ grado all’ovulazione e tale rimane nel periodo successivo del ciclo (fase luteinica)
La termoregolazione è un processo omeostatico regolato a livello ipotalamico
La termogenesi
Il calore prodotto dall’organismo è la risultante del calore prodotto da ogni singola cellula. A livello cellulare il calore è prodotto in reazioni metaboliche esotermiche, prevalentemente ossidative.
I nutrienti che generano la maggior parte di calore sono i glicidi e i lipidi; meno i protidi.
L’energia chimica degli alimenti è immagazzinata in ATP.
Dal consumo di ATP, catalizzato dall’ATPasi, si genera lavoro (muscolare trasporto attivo, sintesi di molecole, ecc.) e calore.
La termogenesi è proporzionale al consumo di ossigeno.
La produzione di calore a digiuno e in condizioni di riposo fisico e psichico è detta metabolismo basale ed è di circa 1400-1800 calorie al giorno, cioè circa 70 calorie per ora.
Termogenesi obbligatoria: produzione “basale” di calore generato dall’attività metabolica, in assenza di qualsiasi sovraccarico funzionale di tutti gli organi. Alla sua regolazione presiedono essenzialmente gli ormoni tiroidei.
Termogenesi facoltativa: produzione di calore in eccesso rispetto a quella basale, tramite la stimolazione metabolica; è indipendente dalla volontà e alla sua regolazione sovrintendono le catecolamine.
L’azione di questi ormoni sarebbe mediata da fenomeni di depressione genica che porta ad una maggior produzione delle proteine che regolano i flussi ionici (calcio, sodio e potassio) e della stessa ATPasi.
L’aumento di ADP e fosforo inorganico Pi porta ad un aumento dei processi ossidativi. Ogni aumento di 1°C della temperatura corporea porta ad un aumento di circa il 13% dei processi ossidativi per la legge di Vant’Hoff (calore genera calore)
Alla produzione di calore dovuta alle reazioni metaboliche si può aggiungere quella dovuta alla contrazione muscolare e cioè al brivido.
La distribuzione del calore nell’organismo
Il sistema circolatorio
- distribuisce a tutto l’organismo il calore prodotto negli organi metabolicamente attivi, e
- disperde il calore attraverso i vasi cutanei superficiali, la cui portata è sotto controllo dei centri ipotalamici, a livello del tuber cinereum.
A livello periferico la vasocostrizione è determinata dalla noradrenalina, come è dimostrato dalla persistente vasodilatazione locale a seguito di simpaticectomia, o dall’ipotermia (per persistente vasodilatazione associata a ridotta termogenesi a seguito di surrenectomia).
La termodispersione
In condizioni fisiologiche la qualità di calore prodotto è pari a quella del calore perduto.
Tra le vie attraverso cui è perduto il calore, la più efficiente e continuativa è quella cutanea a causa della sua rilevante superficie, delle variazioni di tono dei vasi superficiali, dell’evaporazione del sudore e della perspiratio insensibilis. Perdita di calore si ha anche con la respirazione, con l’emissione delle feci e delle urine e con l’introduzione di cibi e bevande freddi.
Modalità di dispersione del calore
- Conduzione: ad esempio dai vasi arteriosi a quelli venosi quando il decorso è comune e le pareti sono a contatto
- Convezione: ad esempio dalla superficie cutanea a contatto con aria ventilata
- Irraggiamento: dalla superficie cutanea, quando questa ha una temperatura superiore a quella dell’ambiente e degli oggetti circostanti. E’ funzione della quarta potenza della temperatura assoluta del corpo che irradia. La temperatura cutanea varia con la vasodilatazione o vasocostrizione e quindi l’irraggiamento dipende dall’afflusso ematico superficiale.
Evaporazione: La sudorazione rappresenta la modalità termodispersiva più efficiente. L’evaporazione di 100 ml di acqua impedisce che la temperatura cutanea aumenti di un grado.
Quando la temperatura ambiente è superiore a quella corporea le prime tre modalità sono inefficienti e solo l’evaporazione può sottrarre calore, ma solo se l’aria ambiente non sia satura di umidità. L’esposizione al caldo secco è sopportata meglio che quella al caldo umido.
Acclimatamento: capacità di adattarsi, dopo alcuni giorni, a condizioni di caldo umido.
Un soggetto acclimatato o abituato all’esercizio fisico può produrre sino a 3 litri/ora di sudore.
Le ghiandole sudoripare di un soggetto acclimatato o allenato all’esercizio fisico sono iperplastiche.
I centri termoregolatori
Con il riscaldamento localizzato dell’area preottica si ha una risposta termodispersiva (vasodilatazione, sudorazione, tachipnea, ecc);
con il raffreddamento dell’area preottica si ha una risposta termogenetica e termoconservativa (vasocostrizione cutanea, orripilazione, brivido, secrezione di ormoni termogenetici e dei relativi fattori ipotalamici di rilascio).
Esistono due tipi di centri termoregolatori, gerarchicamente coordinati, inferiori e superiori: l’area preottica è il centro superiore.
La temperatura di riferimento
E’ quella temperatura ottimale per ogni specie (37°C nell’uomo, 39°C nel coniglio) rispetto alla quale ogni scostamento verso valori inferiori innesca meccanismi termogenetici e verso valori superiori meccanismi termodispersivi. I meccanismi vasomotori e metabolici sono regolati da una complessa rete neuroendocrina.
Ad esempio ad un abbassamento della temperatura dei centri si può avere rilascio di TRH → adenoipofisi → produzione TSH → tiroide → produzione tiroxina → risposta termogenetica negli organi bersaglio.
Ad un aumento della temperatura dei centri si può avere rilascio di neurotensina e vasopressina.
Il sistema neuroendocrino si coordina con quello delle citochine, prodotte dal sistema immunitario.
Nell’area preottica si possono distinguere 4 tipi di neuroni
- Neuroni recettivi ai segnali termici al di sopra e al di sotto di 37°C: neuroni W (warm)
- Neuroni insensibili agli stimoli termici: neuroni I (insensitive)
- Neuroni effettori della perdita di calore: neuroni w
- Neuroni effettori della produzione di calore: neuroni c (cold)
Le alterazioni della temperatura corporea
Ipertermie: aumento della temperatura corporea al di sopra di quella di riferimento.
Ipotermie: abbassamento della temperatura corporea al di sotto di quella di riferimento per riduzione della termogenesi o aumento della termodispersione senza modificazione dei neuroni termosensibili.
Ipertermie non febbrili: aumento della temperatura dato: o da aumento della termogenesi o da riduzione della termodispersione.
Ipertermie febbrili: aumento della temperatura corporea dato da una particolare alterazione dei centri termoregolatori prodotta dal rilascio di citochine pirogeniche che induce il riassetto a livello superiore del punto sensibile alla temperatura di riferimento con la conseguenza che sia i processi termogenetici che quelli termodispersivi si adattano a questa nuova condizione.
La febbre
Ippocrate: sbilanciamento dell’equilibrio tra gli umori (bile nera,
bile gialla, flegma e sangue) per eccesso di bile gialla
Paracelso: (1493-1541): squilibrio tra i costituenti dell’organismo
(mercurio, sale, zolfo)
Claude Bernard (1813-1878): i processi metabolici come fonte
dell’energia calorica dell’organismo
Fine XIX secolo: relazione tra processi infettivi e febbre
1950: le endotossine come “pirogeni”
Basi fisiopatologiche del trattamento sintomatico delle piressie
Cause di piressia |
Termino- |
Fisiopatologia |
Manifestazioni cliniche |
Trattamento |
Infezioni, neoplasie, allergie, collagenopatie, febbre da steroidi |
Febbre |
Aumento del livello di regolazione dei centri ipotalamici per azione di citochine pirogeniche (IL-1, cachessina, altri fattori) |
Sensazione soggettiva di freddo, orripilazione, estremità fredde, sudorazione assente o minima, corpo in posizione raccolta per ridurre al minimo la superficie di dispersione del calore, brividi |
Somministrazione di acidi acetilsalicilico o paracetamolo; aggiunta di indumenti o di coperte per prevenire i brividi |
Lesioni del SNC, intossicazione da DDT o da veleno di scorpione, danni da radiazioni, emorragie endocramiche |
Febbre |
Azione diretta della malattia o della intossicazione sui centri ipotalamici con aumento del livello di regolazione termica |
Come sopra |
Nessuno efficace |
Ipertiroidismo, ipernatriemia, feocromocitoma, ipertermia maligna, intossicazione da acido acetilsalicilico |
Ipertermia |
Produzione di calore in quantità superiore alle perdite termiche |
Sensazione soggettiva di calore, assenza di orripilazione, estremità calde, ipersudorazione, corpo in posizione distesa per aumentare al massimo la superficie di dispersione del calore |
Allontanamento delle coperte e degli indumenti; raffreddamento del corpo (applicazione di borse di ghiaccio) |
Colpo di calore, displasia ectodermica, ustioni, intossicazione da atropina |
Ipertermia |
Ridotta termodispersione per cause ambientali (colpo di calore) o per difettosi meccanismi di sudorazione (intossicazione da atropina) o di vasodilatazione |
Sensazione soggettiva di caldo, sudorazione insufficiente, estremità calde, corpo in posizione distesa per aumentare al massimo la superficie di dispersione del calore |
Allontanamento del paziente dall’ambiente caldo-umido, raffreddamento del corpo (applicazione di borse di ghiaccio), somministrazione di liquidi ed elettroliti |
Condizioni morbose umane associate alla risposta febbrile
|
Percentuale dei casi |
|
Malattie |
Bambini |
Adulti |
|
|
|
|
|
|
Infettive |
38 |
35 |
Neoplastiche |
9 |
21 |
Collageno-vascolari |
18 |
15 |
Di altra natura |
15 |
14 |
Non diagnosticate |
20 |
15 |
Le endotossine come pirogeni esogeni
- Periodo di latenza tra inoculazione della endotossina e rialzo febbrile
- Il periodo di latenza poteva essere abbreviato per incubazione in vitro dell’endotossina con il sangue e successiva inoculazione
- Dei componenti del sangue apparivano determinanti i leucociti
- Attenuazione o scomparsa del rialzo febbrile per inoculazione di endotossine in conigli resi leucopenici
Pirogeni esogeni ed endogeni:
I pirogeni endogeni sono prodotti in seguito ad azione fagocitaria dei leucociti sia nei confronti dei gram-negativi (endotossine, LPS) sia dei gram-positivi (muramildipeptide, MDP). Questi ultimi sono detti pirogeni esogeni
mentre il LPS purificato è un pirogeno assai potente (2ng/Kg peso corporeo danno un aumento di 2°C) il MDP isolato è assai poco pirogenico.
Pirogeni endogeni: le citochine pirogeniche
Dapprima fu dimostrata la natura proteica del pirogeno endogeno e la sua produzione da parte dei monociti e macrofagi.
Successivamente si accertò che tali cellule producevano non una ma numerose molecole con attività pirogenica, dotate anche di un’altra importante attività: l’induzione negli epatociti della produzione e secrezione delle proteine della fase acuta, associate al processo flogistico.
Inoltre fu possibile dare anche una spiegazione della patogenesi delle febbri non associate ad infezioni da gram-negativi, ma a infezioni virali e fungine, a malattie sistemiche quali il lupus erimatoso, a reazioni indesiderate a farmaci, a tumori, riscontrando come in queste condizioni si verifichi liberazione, da varie cellule, di altre molecole pirogeniche, poi identificate con le citochine.
Le cellule che producono citochine pirogeniche non sono limitate ai monociti e macrofagi, ma includono cheratinociti, cellule endoteliali, miociti, cellule nervose.
Le citochine pirogeniche possono, con meccanismi autocrini, paracrini e endocrini, indurre la sintesi di altre molecole, tra cui se stesse, contribuendo ad amplificare il fenomeno.
Le più attive citochine pirogeniche sono IL-1 e TNF.
Principali induttori della produzione di interleuchina-1
Microrganismi
Virus
Batteri
Spirochete
Funghi
Prodotti microbici
Endotossine dei batteri gram-negativi
Peptidoglicani batterici
Esotossine di stafilococchi e streptococchi patogeni
Polisaccaridi fungini
Agenti infiammatori
Sali biliari
Cristalli di acido urico
Cristalli di silice
Componenti del complemento (C5a)
Metaboliti ormonali (etiocolanolone)
Antigeni (azione indiretta)
Antigeni microbici (proteine stafilococciche tubercolina)
Antigeni non microbici (varie proteine)
Linfochine e citochine
CSFs (colony-stimulating factors)
Interferone
Cachectina (TNF )
Principali agenti in grado di stimolare la produzione di citochine pirogeniche (inducenti febbre)
Agente Componente attiva
Virus Particella virale in toto
Emoagluttinina
Batteri gram-positivi Germe in toto
Peptidoglicani
Acidi teicoici
Esotossine
Proteine
Tossine eirtrogeniche
Batteri gram-negativi Germe in toto
Endotossine
Peptidoglicani
Lipide A
Micobatteri Germe in toto
Peptidoglicani
Polisaccaridi (OT)
Proteine (OT e PPD)
Miceti Fungo in toto
Polisaccaride capsulare
Proteine
Antigeni non microbici Immunocomplessi
Inoculati in animali
sensibilizzati
Steroidi Etiocolanolone
3-idrossi-5-androstan-17-one
Acido litocolico
Altri agenti Alcaloidi vegetali
Polinucleotidi
Bleomicina
Cellule umane dotate della proprietà di sintetizzare molecole che fungono da pirogeni endogeni
___________________________________________________________
Cellule normali Cellule patologiche
________________________________________________________________
Neutrofili Cellule del tumore
di Hodgkin
Eosinofili Cellule linfomatose
(linfoma istocitico)
Monociti Cellule di carcinoma renale
Cellule di Kupffer Cellule di astrocitoma
Cellule sinoviali
Le citochine pirogeniche finora note sono le seguenti:
1) Interleuchina 1 α (IL-1 α)
2) Interleuchina 1 β (IL-1 β)
3) Tumor Necrosis Factor α (TNF-α)
4) Tumor Necrosis Factor β (TNF-β)
5) Interferone α (IFN-α)
6) Interferone β (IFN-β)
7) Interferone γ (IFN-γ)
8) Interleuchina 6 (IL-6)
9) Macrophage Inflamatory Protein (MIP-1)
10) Interleuchina 2 (IL-2)
11) Interleuchina 8 (IL-8)
12) Diversi peptidi rilasciati da linee macrofagiche
Meccanismo d’azione dei pirogeni endogeni
Come agiscono a livello dei centri termoregolatori?
Come possono penetrare nell’encefalo se la membrana ematoencefalica non consente il passaggio di proteine?
Si ritiene che le cellule endoteliali della barriera ematoencefalica, stimolate da IL-1 nel loro lato, o polo vascolare, stimolino la produzione di nuova IL-1 dal polo encefalico della barriera.
Ma si ritiene anche che le citochine pirogeniche plasmatiche possano attraversare la barriera ematoencefalica in corrispondenza della zona che circonda i neuroni della regione preottica, detta Organum vasculosum laminae terminalis (OVLT), zona in cui la barriera è più permeabile.
E’ interessante ricordare che fattori di crescita emopoietici, come il GM-CSF e il G-CSF, a dosi elevate stimolano i leucociti a sintetizzare IL-1 e TNF.
A tale effetto è da attribuire la comparsa di febbre in pazienti sottoposti a trapianto di midollo osseo e trattati con fattori di crescita.
Inoltre in pazienti con febbre o in soggetti sani inoculati con endotossine si è riscontrata la presenza nelle urine di una proteina del p.m di 25 kD, analoga a IL-1, che rappresenta un antagonista di IL-1, detta IL-1-ra (IL-1 receptor antagonist), capace di fissarsi ai recettori cellulari per IL-1, competendo con il legame di IL-1.
Altre citochine, quali IL-4 e IL-6 e IFN-γ bloccano la liberazione di citochine pirogeniche da cellule stimolate da IL-1, contribuendo ad una limitazione degli effetti febbrigeni.
Inoltre in soggetti febbricitanti si è riscontrata la presenza di recettori per le citochine pirogeniche liberi nel sangue.
Recettori solubili per IL-1, IL-2 e TNF bloccano in circolo le rispettive citochine limitando l’interazione con i recettori cellulari.
Ruolo della prostaglandine nella patogenesi della febbre
Le citochine pirogeniche non agiscono direttamente sui centri termoregolatori, ma tramite la produzione di prostaglandine della serie E2. Solo MIP-1 agirebbe direttamente.
Le citochine pirogeniche (in particolare IL-1 e TNF) stimolano in vitro la produzione di PGE2 da parte di cellule endoteliali in coltura.
I neutrofili adesi producono trombossano, che stimola le cellule endoteliali a produrre PAF (Platelet Activating Factor) che stimola nelle piastrine il metabolismo ciclossigenasico dell’acido arachidonico con aumento della produzione di PGE2.
Le citochine che attraversano l’OVTL stimolano la produzione di PGE2 da parte di cellule gliali e di neuroni. Le cellule gliali possono produrre localmente IL-1 con amplificazione degli effetti pirogenici e della produzione di PGE2.
Quindi i pirogeni endogeni non producono febbre direttamente, ma tramite la produzione di prostaglandine.
Stimolano inoltre la produzione, da parte di cellule endoteliali, di molecole di adesione che favoriscono l’adesione all’endotelio di monociti e neutrofili, cellule potenti produttrici di citochine pirogeniche, che a loro volta inducono la produzione di PGI2, prostaglandine che favoriscono la coagulazione.
L’adesione di cellule circolanti produttrici di citochine pirogeniche è quindi ulteriormente favorita dal reticolo di fibrina.
La conclusione è avvalorata dall’osservazione di un effetto antipiretico dei farmaci, quali l’aspirina, che inibiscono la ciclossigenasi.
PGE2 aumenta nella regione ipotalamica e nel liquido cefalorachidiano a seguito del trattamento con pirogeni esogeni o con pirogeni endogeni e si mantiene ad una elevata concentrazione per tutta la durata della febbre.
Non si conosce tuttavia il meccanismo molecolare con cui PGE2 modifichi la “temperatura di riferimento” dei neuroni termoregolatori.
Ricerche di elettrofisiologia hanno stabilito che PGE2 provocano nei neuroni W un effetto inibitorio mediato da un incremento di cAMP intracellulare. C’è proporzionalità tra concentrazione di PGE2, incremento di cAMP e inibizione di W. L’inibizione di W consiste in un innalzamento della soglia di sensibilità termica e quindi i segnali termici vengono avvertiti ad una temperatura superiore.
Applicando tali osservazioni al modello di Hammel si possono fare le seguenti considerazioni
- Nella fase di rialzo termico W non inviano segnali eccitatori ai neuroni w e inibitori ai neuroni c. Prevalgono i segnali di I (inibitori per w e eccitatori per c) e risposta termogenetica.
- Nella fase del fastigio l’ipotalamo è T > 37°C e W (con livelli intracellulari aumentati di cAMP) controbilanciano I.
- Nella fase della defervescenza diminuisce cAMP, si riattivano W che avvertono la maggior temperatura ipotalamica e si innesca la risposta termodispersiva.
Tipi di Febbre
Continua: oscillazioni giornaliere < 1° C (esempio febbre da salmonella typhi)
Remittente: oscillazioni giornaliere > 1°C (febbre di tipo settico)
Intermittente: alternanza di periodi febbrili a periodi di apiressia con intervalli di giorni (quotidiana, terzana, quartana)
Ricorrente: alternanza di periodi febbrili della durata di alcuni giorni a periodi di apiressia anch’essi della durata di alcuni giorni: la defervescenza avviene per crisi: esempio febbri da tripanosomi, da Borrelia.
Ondulante: alternanza di periodi febbrili della durata di alcuni giorni a periodi di apiressia anch’essi della durata di alcuni giorni: la defervescenza avviene per lisi: è tipica delle infezioni da Brucella.
Alterazioni metaboliche nella febbre
Aumento del metabolismo basale del 13% per grado al di sopra di 37°C.
Carboidrati: aumento della glicogenolisi epatica e muscolare, aumento della glicemia, con ridotta utilizzazione del glucosio da parte delle cellule. Aumento della glicolisi con aumento dell’acido lattico e piruvico nel sangue.
Lipidi: comparsa di corpi chetonici nel sangue e chetonuria. Lipolisi nei tessuti adiposi. Acidosi metabolica solo per febbri di lunga durata.
Protidi: bilancio azotato negativo. Aumento sino a 3x dell’azoto urinario che da 10-15 g/die può arrivare a 40-45 g/die (aumenta più l’azoto ammoniacale che l’urea, che tuttavia è aumentata), ipercreatininuria e comparsa di creatinuria (che nel normale è assente). Tali dati riflettono il danno muscolare (con sensazione soggettiva di astenia, dolori muscolari, prostrazione).
Riduzione della diuresi per maggiore eliminazione di acqua per via respiratoria e con il sudore: eliminazione di urina ad alto peso specifico. Ritenzione di cloruri, eliminazione di fosfati. Si riscontra aumento di eliminazione di potassio, in conseguenza del danno muscolare ed altre cellule.
Effetti della febbre sull’organismo
Nel periodo prodromico prevalenza del tono simpatico.
Nella fase di fastigio si ha vasodilatazione (da prostaglandine, da endotossine stesse), ma in complesso la pressione sistolica non è ridotta. Si ha tachicardia con aumento medio di 8 pulsazioni per grado al di sopra di 37°C. Si ha polipnea = aumento degli atti respiratori per minuto.
Nella fase della defervescenza si ha un quadro simile alle ipertermie non febbrili (vasodilatazione, sudorazione, ecc.)
Fonte:http://www.appuntimedicina.it/appunti/Pato/febbre.doc
Autore: Lucio Montanaro
FEBBRE
Condizione fisiopatologica caratterizzata da un innalzamento della temperatura sopra la norma non causata da variazioni della temperatura ambiente (la produzione di calore supera le perdite).
IPERTERMIA: aumento della temperatura causato da fattori ambientali (es. colpo di calore) quando l'organismo è incapace a dissipare l'eccesso di calore.
– METODI DI DETERMINAZIONE
- Termometro a mercurio (non quelli a cristalli liquidi che sottostimano)
- Cute ben asciutta senza sudore
- Non applicare borse calde o fredde
- Non dopo esercizi o cibo
- Evitare le confricazioni volute (simulatori) e non volute
- Durata opportuna (7minuti per l'ascellare-inguinale; 1minuto per la rettale)
- Sede di determinazione:
- ascellare o inguinale
- rettale (preferibile nel piccolo sia per la rapidità che per la maggiore attendibilità in quanto più aderente alla temperatura interna); Svantaggi: accurata antisepsi; errori per stipsi e diarrea.
- VALORI NORMALI
(misurazione ascellare)
0 - 3 mesi → 37.4 + 0.4 °C
3 – 12 mesi → 37.5 + 0.3 °C
1 – 5 anni → 37.0 + 0.2 °C
6 – 12 anni → 36.7 + 0.2 °C
adulti → 36.6 + 0.1 °C
– VARIAZIONI FISIOLOGICHE
- lieve aumento nel pomeriggio (maggiore attività muscolare)
- non differenze di sesso nei bambini (tranne che dopo il menarca)
– UTILITA' DELLA FEBBRE
- risposta dell'organismo alle infezioni, ma non solo nei mammiferi, ma anche negli uccelli, rettili, anfibi e pesci
- e comunque a svariati antigeni: neoplasie, traumi, infarto, malattie autoimmuni, emolisi acuta, ipertiroidismo.
La febbre fin dai tempi di Ippocrate è considerata un processo attivo e benigno verso le infezioni e non un processo passivo. Infatti la febbre determina:
_aumento della mobilità dei leucociti e non un processo passivo
_ aumento della loro attività battericida
_produzione di linfochine
_produzione dei linfociti B e produzione di anticorpi
_diminuzione della stabilità dei lisosomi
_aumento della produzione di interferon
- CLASSIFICAZIONE DELLA FEBBRE
temperatura Subfebbrile → 37 – 37.4 °C
Febbricola → 37.5 – 37.9 °C
Febbre Moderata → 38 – 38.9 °C
Febbre Elevata → 39 – 39.9 °C
Iperpiressia > 40 °C
– SINTOMI DI ACCOMPAGNAMENTO
All'inizio... Brividi: vaso costrizione periferica (per minimizzare per perdite) e quindi senso di
freddo, pallore cutaneo, estremità fredde; e intensa attività muscolare (piloerezione, tremori muscolari)
Cefalea, Delirio, Anoressia, Nausea, Astenia, Artralgie
In un secondo tempo....
Sudorazione, tachicardia, polipnea (disidratazione)
– FASI DELL'INSTAURARSI DELLA FEBBRE
1) periodo iniziale o stadio piretogeno
a) brusco: es. infezioni batteriche (polmonite pneumococcica)
b) lento e progressivo
c) lento e irregolare
2) fase di stato o “fastigio”
3) fase di defervescenza
a) per crisi (rapido) (es. infezioni batteriche)
b) per lisi (lento) (morbillo)
- CARATTERISTICHE DINAMICHE
- febbre continua → la febbre raggiunge un valore elevato e si mantiene elevata con oscillazioni di un grado per un lungo periodo di tempo. Per esempio uno ha la febbre a 39° che oscilla tra 38,5 e 39,5 e rimane alta per giorni. E' il caso per esempio del tifo.
- febbre remittente → le variazioni di temperatura sono maggiori, cioè sono variazioni fino a 3°C ma la febbre non raggiunge mai i valori normali. E' tipico nelle endocarditi sub acute.
- febbre intermittente → ci sono anche oscillazioni di temperatura durante i quali si raggiunge un valore di temperatura completamente normale. Questo è tipico degli ascessi in cui la temperatura aumenta rapidamente, la febbre raggiunge il massimo, rimane alta per un periodo di tempo (ore) dopo di che si riduce rapidamente ritornando a valori normali. Questi picchi possono avvenire – una volta al giorno, è il caso degli ascessi // - 2 volte al giorno, è il caso delle salmonellosi // – oppure possono comparire ogni 3, 4, 5 giorni , terzana, quartana, quintana che sono invece nella malaria // infine ci sono delle febbri che non hanno una periodicità, cioè si presentano in maniera sporadica senza alcun periodo e si parla di febbre intermittente erratica, è il caso per esempio delle cistopieliti.
- febbre ondulante → la temperatura all'inizio aumenta gradualmente poi diminuisce, poi aumenta di nuovo e per poi diminuire e così via. L'aumento e la diminuzione avviene lungo una curva. Si può avere oltre nelle malattie infettive come la brucellosi, si verifica anche in altre malattie come il linfoma di Hodgkin.
- febbre ricorrente → il paziente per alcuni giorni ha la febbre, poi magari le febbre scompare per un periodo variabile, giorni o anche settimane. E' tipica della bue oppure spirochetosi.
Queste cose le dobbiamo sapere perché dalle caratteristiche della febbre, in alcuni casi, si può sospettare una malattia e quindi ci si può indirizzare verso una diagnosi.
- CONSEGUENZE CLINICHE
- aumento dell'attività metabolica, aumenta il metabolismo ossidativo al 12% e il nostro organismo consuma più calorie a causa dell'aumento della temperatura. Ammettiamo che una persona con una temperatura di 37°consumi 2000 calorie al giorno a riposo; se la temperatura aumenta a 38° consumerà 240 calorie in più. Se la temperatura è di 39° ne consumerà 480 calorie in più ( un piatto di pasta ben fornito). Questo significa che quando uno ha la febbre alta consuma più calorie, di conseguenza in condizioni normali una persona con la febbre dovrebbe mangiare di più. Se la persona non può mangiare bisogna alimentarlo per via parenterale. Le persone di solito dimagriscono perché non introducono abbastanza calorie, come nel caso della tubercolosi.
- aumentano le perdite idriche ed elettolitiche. La perita di acqua è dovuta alla respirazione, alla sudorazione e così via. Si può quantificare: per un aumento di 1° della temperatura c'è un aumento della perdita di acqua di circa 300-400 ml per 1m2 di superficie corporea. Ammettiamo che in un uomo normale di 70kg la perdita complessiva di acqua sia di 500ml per ogni grado di temperatura aumentata. Se una persona normale deve bere 1.5l di acqua al giorno, una persona con la febbre di 38, 39 dovrebbe bere 2l o 2.5l di acqua al giorno. Se il paziente non apporta una quantità sufficiente di acqua rischia di essere disidratato, soprattutto se si tratta di persone anziane, che hanno una sensazione della sete compromessa.
- aumento della frequenza cardiaca di 15 bpm per 1°C di temperatura aumentata. Se una persona ha 80 bpm a 37°C, quando la temperatura aumenta di 1°, cioè va a 38° allora i battiti saranno 95 al minuto, a 39° saranno 110 e così via. Quindi per vedere se una persona ha la temperatura si possono misurare i battiti al polso. Ovviamente questo aumento della frequenza cardiaca è finalizzato a trasportare più ossigeno nei tessuti, visto che la febbre porta a un aumento del metabolismo ossidativo, che serve per produrre più calore. Quindi per produrre più calore bisogna bruciare più ossigeno, e portarlo in periferia. L'aumento della frequenza cardiaca però deve essere accoppiato con un aumento della frequenza degli atti respiratori perché l'ossigeno entra nel sangue a livello dei polmoni grazie alla respirazione, e l'aumento della frequenza degli atti respiratori permette una maggiore ossidazione del sangue. In poche malattie infettive però l'aumento della frequenza
- cardiaca non è proporzionale all'aumento della temperatura. Capita che alcune persone che hanno certe patologie magari hanno una temperatura di 39° e una frequenza di 90 bpm (invece di 110bpm) , allora dobbiamo pensare che c'è qualcosa che non va. Quindi c'è una frequenza cardiaca più bassa relativamente alla temperatura corporea elevata, bradicardia relativa. Questa situazione si verifica per esempio ne tifo, nelle meningiti dove c'è ipertensione endocranica, nelle febbri da farmaci. E' un segno molto importante perché ci permette di sospettare queste condizioni che sono specifiche. Per esempio se uno c'ha 39 di febbre, mal di testa, gli dà fastidio la luce, la frequenza cardiaca è 90 allora si può sospettare di meningite. Quindi la bradicardia relativa è un sintomo importante.
- PRINCIPALI CAUSE
- Infezioni → le più importanti sono da batteri e virus, ma anche da funghi, protozoi. Però se uno ha la febbre non necessariamente ha un infezione.
- Malattie autoimmuni → noi normalmente produciamo anticorpi contro gli agenti esterni come virus, batteri o sostanze chimiche per proteggerci. In alcuni casi il nostro organismo si sbaglia e produce anticorpi anche contro se stesso, producendo una risposta immunitaria contro se stesso. Alcune di queste malattie sono anche gravi, come le malattie reumatiche. In queste malattie ci può essere la febbre.
- Disidratazione → se uno va nel deserto o cmq si disidrata molto
- Farmaci - a dose normale → scritti nel fogliettino illustrativo, sulfamidici ….
- a dose eccessiva → dosaggio tossico, ...
- Traumi, Ematomi → possono rilasciare delle sostanze nei tessuti
- Neoplasie, leucemie, linfomi, nefroblastomi
- Malattie Endocrine
- Malattie Neurologiche
- Se si possono escludere tutte le cause precedenti e non troviamo niente, gli facciamo tutte le analisi del sangue, tac e non troviamo niente, allora bisogna pensare che si tratta di una febbre di origine psicogena, dovuta a uno stato di psicopatologia, per esempio nelle forme di isteria.
- febbre da causa ignota. difficile fare la diagnosi con le comuni indagini, noi facciamo di solito le analisi del sangue, rx del torace per vedere se c'è una polmonite, gli facciamo rx addome per vedere se c'è qualcosa che non va nella parte sottodiaframmatica oppure nell'intestino. Nella febbre da causa ignota c'è da fare delle analisi molto particolari e approfondite. Questo era vero soprattutto fino a 20 anni fa quando non c'erano una serie di strumenti che ci sono oggi.
- Gli ascessi al di sotto del diaframma o intorno al rene, o emi-epatico un tempo erano difficili da diagnosticare perché con gli strumenti di quel tempo non si poteva. Oggi con l'ecografia dell'addome si possono vedere, ma anche quella certe volte non dà un risultato positivo, però con la tac o con la risonanza magnetica c'è la possibilità di fare una diagnosi.
- L'endocardite batterica : non si faceva la diagnosi, si poteva solo sospettare, ma ora è di grande importanza l'uso della cardiografia trans esofagea.
- L'osteomielite e la mastoidite: con la tac, la risonanza si possono evidenziare dei particolari dentro l'osso che prima non era possibile evidenziare.
- Pielonefrite , - Sarcoidosi, - Connettivi
Non dovete credere che anche oggi sia sempre possibile fare una diagnosi.
2° lezione 11 marzo 2011
– ESAMI che si fanno normalmente quando il paziente presenta febbre
- emocromo con formula leucocitaria
- esame delle urine
- esami culturali: urine, feci, sangue, midollo
- reazione di mantoux alla tubercolina
- valutazione anticorpi
– TERAPIA DELLA FEBBRE
- eziologica: significa che dobbiamo curare la causa, quindi se uno sospetta che si tratta di una infezione batterica deve somministrare antibiotici, oppure in altri casi sostanze anticoagulanti, cortisone etc.
- sintomatica: terapia di supporto fisica per il paziente
a) terapia fisica: borse di ghiaccio, spugnature con acqua e alcool, poche coperte, adeguata idratazione b) antipiretici: è necessario abbassare la temperatura se sappiamo qual'è la causa. Per abbassare la temperatura sono utili alcuni farmaci come per esempio l'aspirina, oppure i derivati dell'acido acetil salicilico (Aspirina). Nei bambini questo acido è controindicato perché può portare a una sindrome, per cui nei bambini si utilizza il Paracetamolo. Ci sono altri farmaci antiinfiammatori come il cortisone che si usa nei casi più gravi.
SEPSI
Una delle cause della febbre è la sepsi e per definire che cos'è la bisogna definire prima la SIRS.
SIRS = Sindrome di Risposta Infiammatoria Sistemica
E' la risposta infiammatoria a cause che possono essere infettive ma possono essere anche un trauma, un ustione e così via, quindi di altra natura. Per definire la SIRS ci devono essere almeno due dei criteri sotto elencati: – temperatura corporea > 38°C oppure < 36°C
– frequenza cardiaca > 90 bpm
– frequenza respiratoria > 20 atti/min
– presenza di un aumento dei leucociti > 12.000 /mm3 oppure < 4.000 /mm3.
SEPSI = SIRS + INFEZIONE accertata o sospettata clinicamente
(con una diagnosi microbiologica precisa)
Perché è utile fare questa distinzione tra SIRS e Sepsi? Prima abbiamo detto che la Sindrome di Risposta Infiammatoria Sistemica può essere dovuto a una infiammazione ma anche alle altre cause: ustione, traumi, pancreatite etc. mentre la sepsi è una risposta infiammatoria sistemica in presenza di una infezione del sistema circolatorio.
SEPSI SEVERA
Questa infezione se è severa porta a uno stato di ipotensione arteriosa, cioè la pressione è bassa, molto bassa la sistolica è <100, 90. Questa riduzione della pressione ha come conseguenza il fatto che arriva meno sangue agli organi vitali: cuore, polmone, cervello, stomaco etc. Gli organi che soffrono di più se arriva meno sangue sono quelli più vascolarizzati. Tra questi organi c'è il rene nella quale se arriva meno sangue si produce un oliguria, cioè la riduzione della produzione di urina. L'altro che è colpito è il SNC, che porta all'alterazione dello stato di coscienza fino al coma. Se si riduce il flusso di sangue agli organi si riduce anche l'apporto di ossigeno e anche l'esportazione dell'anidride carbonica.
SHOCK SEPTICO
Lo shock septico è uno stato di insufficienza circolatoria acuta, con un valore di pressione sistolica < 90 mm Hg. Anche questo indica uno stato di ipotensione. Lo shock septico non è dovuto alla perdita di volume di sangue circolante, ma può essere dovuto a un trauma, a un'emorragia grave. Oppure se uno ha un ustione grave, perde liquidi, anche in questo caso si può produrre uno shock ma non è septico. Una riduzione importante di pressione sistolica non è accompagnata da una riduzione del volume di sangue circolante.
DIAGNOSI di Shock Septico...
A parte la pressione bassa, l'aumento del numero dei leucociti, l'aumento di temperatura, della frequenza cardiaca e respiratoria, ci sono casi in cui la situazione di shock non è così chiara perché per esempio il numero dei globuli bianchi è minore di 4.000 (sepsi da gram negativi), oppure la frequenza cardiaca non è così alta, oppure anche perché non c'è febbre, a volte addirittura la temperatura è bassa. E' difficile fare la diagnosi perché non ci sono neanche tante analisi di laboratorio che mi possono dire al 100% che ci troviamo di fronte allo shock septico, però ci sono alcuni elementi che mi possono indirizzare, tra i quali i più importanti sono:
- Pro Calci Tonina (PCT) → quello più attendibile. E' un pro ormone che viene prodotto dalle cellule neuroendocrine che sono presenti in vari organi e viene prodotta selettivamente in risposta alle infezioni batteriche. Lo stimolo più potente per indurre la produzione di pro calcitonina e quindi l'aumento della PCT nel sangue è la presenza dell'endotossina batteriche, una componente della parete batterica. Non aumenta, se non poco, nelle infezioni virali. Nella persona sana i livelli di PCT nel sangue sono indosabili, mentre nel paziente infetto può aumentare tantissimo: può andare da 0,1 a 1000 ng/mL (quindi può aumentare 10 mila volte). Può essere lievemente alta anche per altre cause. Quindi la concentrazione di PCT è direttamente proporzionale alla gravità del fatto clinico, quanto più è alta, tanto più è grave la situazione.
- Proteina C Reattiva (PCR) → è più aspecifica perché si eleva non solo nel caso dell'infezione batterica, ma anche in caso di infezione virale. Non sembra correlata con l'entità della sepsi.
CHE COSA SI DEVE FARE se una persona ha una sepsi?
Prima di tutto bisogna cercare di aumentare la pressione arteriosa. Ovviamente il paziente deve essere ricoverato nel reparto di terapia intensiva. Una cosa da fare è mettere il catetere venoso centrale. Si somministrano poi liquidi cristalloidi (fisiologica) o colloidi. Se nonostante tutto la pressione arteriosa non aumenta, si somministrano sostanze che aumentano la pressione ed eventualmente si possono somministrare farmaci cosiddetti ineutropi che aumentano la forza di contrazione del cuore e quindi aumentano la portata circolatoria. Infine si può fare se necessario una trasfusione di sangue. Tutte queste procedure si fanno per tirare su la pressione.
EMOCOLTURA Ricerca dei microorganismi nel sangue. I prelievi di emocoltura sono prelievi di sangue. Dovrebbero essere fatti teoricamente prima di iniziare la terapia antibiotica, perché se la terapia antibiotica è già iniziata, la possibilità di trovare i microorganismi nel sangue si riduce. Quindi bisogna effettuare 2 o 3 veno punture che devono essere raccolte al momento del picco febbrile, quando la temperatura corporea aumenta rapidamente. Si raccolgono 16-20ml di sangue che poi verranno divisi in due flaconi: metà per i germi aerobi e metà per i germi anaerobi. Di solito non si fa un solo prelievo, ma si fanno 2 o ancora meglio 3 a distanza di almeno 20 minuti di tempo.
Oltre all'emocoltura, si può fare la ricerca dei microorganismi in altre sedi. La sepsi di solito deriva dall'infezione di un organo, per esempio il polmone, il rene. Allora se si sospetta l'infezione delle vie urinarie si farà l'urino coltura. Se uno ha la tosse e sospetta un infezione delle vie aeree, si farà la raccolta dell'espettorato. Se si sospetta che ci sia un'appendicite, si può fare un'ecografia dell'addome con la quale si può vedere l'appendice infiammata. Certe volte la sepsi deriva da una ferita infettata, anche chirurgica infettata, o da una zona che ha subito un trauma, per esempio un ustione che successivamente si è infettata. In questo caso ovviamente è necessario pulire accuratamente le ferita e disinfettarla.
RISPOSTA all'emocolturaUna volta che abbiamo mandato l'emocoltura servono almeno 5 giorni per avere una risposta definitiva. Ovviamente in questi giorni non non dobbiamo stare con le mani in mano ad aspettare la risposta, ma si continua una terapia adeguata. Per avere una risposta negativa ci vogliono almeno 5 giorni. Per avere un emocoltura positiva ce ne possono volere meno di 3. Il tempo di individuazione dipende dagli organismi. Per esempio per le infezioni da batteri gram positivi ci vogliono all'incirca 24ore, per i lieviti 48ore.
TERAPIA ANTIBIOTICAMentre aspettiamo la risposta dobbiamo iniziare subito la terapia antibiotica empirica. Quando poi arriverà l'emocoltura, se sarà positiva vi dirà il tipo di microorganismo individuato e si vedrà poi a quali tipi di antibiotici risponde e a quali no. Naturalmente a quel punto, si farà una terapia non più empirica, ma una terapia antibiotica mirata sul risultato dell'emocoltura. Quindi la terapia antibiotica può essere o empirica o mirata. La terapia è molto importante perché riduce la mortalità. Se la terapia iniziale è adeguata la mortalità si riduce.
GERMI RESPONSABILI della Sepsi
-
Nel corso del tempo si è verificato che negli inizi degli anni '80 erano più frequenti le infezioni dai gram negativi rispetto alle infezioni dai gram positivi. Col tempo le infezioni dai gram positivi sono aumentate. Poi sono aumentate le infezioni dai microbi perché è aumentato il numero dei soggetti immunodepressi. La causa più frequente è l'infezione respiratoria.
52% - gram positivi- 37% - gram negativi
- 4.7 % - poli microbica
- 10% - anaerobi
- 4.6% - funghi
INFEZIONI DELLE VIE URINARIE
Normalmente l'urina è sterile, cioè non sono presenti microorganismi. I batteri possono arrivare nelle vie urinarie per tre vie:
- * Ascendente – attraverso il rene, dalla vescica all'uretere. L'uretra femminile è più corta dell'uretra maschile, è questo il motivo per cui queste infezioni sono più frequenti nelle donne che nell'uomo.
- * Ematogena - se uno per esempio ha avuto una sepsi, i batteri che erano nel sangue possono arrivare nell'uretere e possono provocare un'infezione al rene.
- * Linfatica – succede raramente, i linfonodi para aortici si trasmettono nel rene attraverso la linfa.
– DIAGNOSI
- sintomi riferiti dal paziente
- sintomi riscontrati all'esame obbiettivo (visita)
- sull'esame delle urine
- emocoltura
– SINTOMI più frequenti
In caso di infezione della vescica: * disuria = dolore a urinare, bruciore
* pollachiuria = difficoltà a urinare, ha lo stimolo ma urina poco
* minzione impenosa = negli anziani, non trattengono l'urina
* ematuria = urinare più frequentemente, 4 o 5 volte per notte
* febbre, brividi
* dolore al di sopra del pube nel caso fosse colpita la vescica
In caso fosse colpito il rene : * dolore al fianco corrispondente, quando si colpisce il rene con
la mano si percepisce un dolore molto forte_ manovra di
Giordano
ESAME DELLE URINE
Cosa si vede nel caso delle infezioni urinarie?
La presenza dei globuli rossi, visto che questo è molto frequente. L'ematuria può essere microscopica oppure franca, cioè si vede semplicemente guardando le urine che diventano rosse. Un'altra cosa che si può valutare sono i globuli bianchi. Normalmente ci sono < 5 globuli bianchi nel campo microscopico ad alto ingrandimento. Quando invece c'è un infezione aumenta il numero dei globuli bianchi. Poi si possono vedere dei cilindri leucocitari che sono globuli bianchi neutrofili, frammentati, che nel caso dell'infezione batterica aumentano. I globuli bianchi neutrofili si sono accumulati a livello dei tubuli del rene, nel tubulo contorto prossimale, nel tubulo distale. Questi cilindri si sono formati a livello del tubulo renale, si accumulano, si staccano e poi vengono ritrovate nelle urine. Oltre ai globuli rossi e ai globuli bianchi si possono vedere proprio i batteri, dei bastoncelli.
URINOCOLTURA
Si prende l'urina, è importante che il paziente si lavi frequentemente con acqua e sapone, poi la prima parte dell'urina si scarta. Poi si prende la parte successiva dell'urina emessa e si mette nel contenitore, viene poi mandata in laboratorio per la ricerca dei batteri. Se ci sono dei batteri si sviluppano delle colonie di batteri. Per fare le analisi si usa una piastrina col tappo, c'è una superficie di agar su cui crescono i batteri formando colonie. Dopo di che questo contenitore viene conservato per 24 ore a 37° e si vede poi cosa succede. Se si vede che si sviluppano delle colonie si può avere un'idea di quante colonie si sono formate: se sono 1000, 10.000, 100.000 e così via. Quindi dal numero di colonie che si formano si può sapere quanto è grave l'infezione: quanto maggiore è il numero delle colonie che si formano tanto importante è l'infezione. Se le colonie sono < di 1000 questo non vine considerata significativa per fare una diagnosi di infezione delle vie urinarie. Se sono più di 1000 allora si considera significativa.
ORGANISMI più frequenti:
Escherichia Coli più del'80% dei casi, la quale deriva dalla flora batterica intestinale.
Klebsiella, P. mirabilis, la Pseudomonas aeruginosa, lo Stafilococco epidermidis. Tra questi germi particolarmente importante è la Pseudomonas aeruginosa, questo germe dà delle complicazioni nei pazienti che si trovano nei reparti di terapia intensiva e inoltre è resistente a numerosi antibiotici.
Nelle donne l'infezione urinaria riguarda la vescica e poi tende a passare negli ureteri. Nell'uomo l'infezione delle vie urinarie si estende anche alla prostata. Ragione per cui la terapia delle infezioni urinarie è di 3 giorni, nell'uomo 5-7 giorni.
Fonte: http://infermpisa2010.altervista.org/antonelli/1_2malattieinf.odt
Autore: a cura di Silvi Al
Sito web da visitare: http://infermpisa2010.altervista.org/antonelli/
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