Riabilitazione ortopedica appunti

 


 

Riabilitazione ortopedica appunti

 

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Riabilitazione ortopedica appunti

 

                                    

 

Il ginocchio

 
Il ginocchio è una articolazione complessa ha due requisiti, deve garantire un’ampia mobilità, perché noi siamo bipede, e nello stesso tempo deve essere stabile. Questi due concetti sono antitetici, più è stabile una cosa meno si muove.
Maggiore è il movimento che bisogna garantire all’articolazione, maggiore è la sua vulnerabilità. In altri, la natura ha messo insieme una giuntura che di per sé è incongruente, pensate ai piatti tibiali che si chiamano piatti. I condili del femore sono due segmenti di cilindro,  un cilindro su un piano inclinato rotola, non ha stabilità intrinseca. Così la natura ha affinato la stabilità dell’articolazione affidandola alle parti molli. E precisamente ai crociati, anteriore e posteriore, e dei legamenti collaterali esterni ed interni del ginocchio.


Classifichiamolo in 3 compartimenti:

  • interno,costituito da un piatto tibiale interno, condilo interno, collaterale interno e menisco interno.
  • esterno, come sopra ma tutto esterno.
  • anteriore, o femoro-rotuleo.

Quest’ultimo è un’articolazione che viene assicurata dalla rotula e dalla troclea femorale, che comprende il tendine del quadricipite che unisce il quadricipite alla rotula e il tendine rotuleo che unisce la rotula alla capsula.
Tutti 3 compartimenti sono assicurati dal pivot centrale che sono i crociati.
Crociato anteriore si chiama così perché nasce anteriormente sulla tibia, quello posteriore perché nasce posteriormente.
Nascono in punti diversi, dopo si incrociano e si inseriscono all’opposto. Perciò vediamo che la stabilità di questa articolazione è data dalle parti molli. Qual è l’antitesi del ginocchio instabile: l’anca, la sua stabilità è data dalla sua forma, una sfera dentro un conca.
L’anca deve essere stabile perché deve reggere il carico.
La parte molle che serve per prima a rendere congruente il ginocchio è il menisco, cha altro non è che una guarnizione introdotta tra due  strutture, che trasformano il piatto tibiale in un piatto concavo. Su questa concavità si alloggia la convessità del condilo. A questi menischi si accompagnano i legamenti e la capsula ed ecco che le ginocchia sono stabili.

 

Solitamente la rotture del menisco avviene per una flessione, accovacciandosi e poi alzandosi, si crea un asincronismo. Al contrario il menisco può sopportare traumi, cadute,  salti,etc. la resistenza intrinseca è elevatissima, devono esserci le condizioni perchè l’articolazione assolva il trauma.
I menischi in questi ultimi 20 anni sono stati rivalutati in maniera strabiliante.
Una volta si toglieva tutto. Perciò le parti ossee venivano a contatto, c’era più attrito e si formava l’artrosi, perciò la scomparsa della cartilagine articolare.
In questi ultimi anni si toglie solo la parte malata, un centimetro, un millimetro un flap (piccola lesione pendula), o in certi casi lo riattacchiamo.
Tutto questo perché si è capito l’importanza di questa struttura, non solo ma ora si operano solo sotto i 55 anni, dopo questa età bisogna pensarci tanto. Proprio perché è più utile un menisco fibrato, rotto che non averlo. Si è perciò meno aggressivi.
Le arterie finiscono dove  il menisco si attacca la capsula. Nella parte portante del menisco non ci sono, infatti non è possibile che un vaso sanguigno resti aperto se io ci metto un carico sopra. E la cartilagine e la fibrocartillagine  meniscale non hanno vascolarità. Si nutrono con l’ambiente circostante. Allora comprendete bene se io mi faccio una lesione dove non c’è circolazione sanguigna non si cicatrizza.
Se non c’è coagulo non si cicatrizza. Invece se la lesione avviene nella parte dove c’è l’attaccatura dove c’è la circolazione può essere che cicatrizzi, che guarisca.
Oppure io chirurgo lo riattacco e salvo il menisco. Tutte le strutture che non hanno circolazione sanguigna sono deputate al carico, ma sono vulnerabilissime.
Quando alcune strutture riparano si forma una struttura cicatriziale che non è quello originale. Infatti noi trapiantiamo la cartilagine che di per sé si forma, ma non è quella articolare, è una cartilagine cicatriziale. Allora noi cerchiamo di mettere in quel punto carente di cartilagine una vera e propria cartilagine.

 

Rotula è un segmento osseo che riceve due tendini, dall’alto quello del quadricipite, e in basso quello rotuleo.
A che cosa serve la rotula? E’ una carrucola.
Se dovete tirare un peso da terra con una corda sul tavolo, l’attrito della corda sul tavolo sarà tanta, ma se ci mettiamo la carrucola lo sforzo sarà minore, e il peso verrà su in maniera equilibrata.
Se non ci fosse la rotula tutto il tendine del quadricipite dovrebbe appoggiare sul femore, quindi striscerebbe. Se ad un soggetto togliessimo la rotula, questo soggetto camminerebbe ma con grande sforzo  e usura del quadricipite.
Perciò la rotula è un segmento osseo molto importante nell’economia, e nella meccanica del ginocchio.
Qual è uno dei primi sintomi di un soggetto con patologia di rotula?
Non riesce a scendere le scale.
Perché il quadricipite impegnato a sostenere il peso corporeo concentra la sua forza sulla carrucola, ma rotula è malata il soggetto ha dolore.
Perché funzioni bene deve avere un buon equilibrio di forze.
Se si crea un qualsiasi un qualunque squilibrio di queste forze la carrucola sbanda,
e sbanda all’esterno e si  crea una concentrazione di carichi. Questa concentrazione di carichi crea dei problemi alla cartilagine, un danno. Compare il dolore,  la limitazione funzionale e quindi l’artrosi.
Perciò qualsiasi evento al compartimento anteriore arriverà a determinare un danno alla cartilagine.


Qualsiasi squilibrio  meccanico ad una articolazione porta all’artrosi.

Diciamo che la parte più importante del ginocchio è la traumatologia.
Abbiamo detto che i crociati sono importanti per la stabilità.
Se si rompe il crociato anteriore la tibia va avanti, se si rompe quello posteriore la tibia va indietro. Se si rompe il collaterale interno il ginocchio va in valgo ( a X ), se si rompe il collaterale  il ginocchio va in varo ( a cavallerizzo ).
Lo stesso problema la subisce anche i tendini, per esempio il rotuleo, il tendine che unisce la rotula al quadricipite.
I tendini della zampa d’oca, sono i tendini flessori interni del ginocchio e sono 3: sartorio, gracile e semitendinoso. Si chiama zampa d’oca perché si inseriscono proprio come una zampa d’oca, sulla parte interna e superiore della tibia.
Quindi sopra la rotula all’interno.
Spesso il dolore della tendine della zampa d’oca viene scambiato con quello del menisco, perché passa vicino al menisco.

Il soggetto che ha male al ginocchio inizia a dire : io ho un dolore. Qualcuno riferisce uno scatto, pochi altri dicono sento il ginocchio che si blocca. Qualcuno riferisce che non riesce a stenderlo completamente, ma soprattutto a fletterlo.

Bisogna fare una anamnesi accurata perché il tipo di dolore ci porta ad identificare il problema. Questo ci servirà per fare un quesito più preciso per richiedere una risonanza. Bisognerà sapere come è il dolore, in che momenti lo sente, che tipo è, quando è cominciato, se  avviene sotto sforzo, dove si proietta, quando deambula, etc., questo ci permetterà di fare meglio diagnosi.
Per una lesione meniscale non è necessario essere sportivi, anche solo accucciandosi una massaia se lo rompe.
Un volta stabilito il tipo di dolore, si dovrà indagare il movimento, se ha dei movimenti lassi o anomali.
Qual’è il menisco che si rompe più facilmente?
Quello interno. Perché è più sollecitato, meno mobile, e si rompe soprattutto la parte posteriore.

 

Il menisco  si rompe meno facilmente perché non è attaccato per tutto il suo perimetro alla capsula, ma nella parte posteriore è staccato fisiologicamente.
Come ci si rompe il menisco?
Soprattutto quando si crea fra femore e tibia un asincronismo.
Il menisco segue il movimento di queste due ossa.
Esempio : un calciatore che da un calcio e l’avversario gli toglie il pallone, non impatta, tutta la forza serve per impattare il pallone, ma gli viene tolto e così va a vuoto il movimento. Non c’è stato un freno al movimento ed andato oltre il limite ( anche il crociato qui subirà del danno), è un’asincronismo.
Anche un soggetto che è stato un po’ accovacciato, se si rialza bruscamente il menisco non lo segue nel movimento e si rompe il corno posteriore del menisco.
Se la rottura interessa la parte bianca non vascolarizzata non guarisce mai.
Se si rompe il bordo che si inserisce  sulla capsula, lo si può riattaccare chirurgicamente.
La rottura  del menisco esterno è più tollerata, e si evidenzia più in là nel tempo, cioè il dolore si avverte dopo un po’ che è avvenuta la lesione.
La rottura del menisco interno dà dolore più rapidamente, cioè subito dopo la lesione. Ma la fissurazione piccola ( nel menisco interno) non da solitamente sintomi.
Il menisco da dolore, perché quando si crea una fissurazione  il condilo si trascina la parte lesa, che ha perso di stabilità, ed  è ricco di terminazioni sensitive. Se fosse una lesione stabile, cioè entro il perimetro del menisco non darebbe dolore, la dà sempre la parte che è instabile. Infatti durante un intervento sul menisco non solo bisogna togliere la parte lesa, ma soprattutto le parti instabili. Queste verrebbero trascinate dal condilo e farebbero male.
Sindrome compartimentale: può avvenire che dopo un trauma distorsivo la capsula abbia subito uno sfibramento, e venga operato subito per un menisco. Siccome per operare ( in artroscopia) è necessario distendere il ginocchio con della fisiologica a questo liquido può uscire da questa e si infiltri. E perciò questo liquido comprimerà i vasi.
Un ginocchio che non fa male non si opera.

 

Crociato anteriore
Si rompe per degli asincronismi con una certa forza, il crociato di solito si stacca dall’inserzione femorale. Meno frequentemente si rompe in due.
Il crociato che si stacca non si riattacca più. Diventa lasso. E la traslazione anteriore della tibia non è più tutelata. Così non ha senso riattaccarlo.
Va solo sostituito.
La struttura che più gli assomiglia è il tendine del rotuleo, che è 2 volte più resistente del crociato anteriore.
Il tendine del gracile e semimenbranoso  insieme sono 4 volte più resistenti di un crociato.
Il tendine ideale per la sostituzione del crociato è il rotuleo per la sua fissazione, perché il tendine rotuleo viene prelevato con una bratta ossea tibiale e una bratta ossea  rotuleo, e quando lo incuneo osso con osso si attecchisce subito.
Invece incuneo un tendine perché questo si attacchi ci vuole tanto tempo, la fissazione la devo tenere molte volte più stabile della precedente ( si usano le fibre di Sharper ).
La riabilitazione con l’intervento del gracile e semitendinoso è molto più semplice.
Le complicanze sono minori e la stabilità che ottengo è maggiore.
Non tocco l’apparato estensorio, e perciò io meno dolore operatorio;  non rendo più debole il rotuleo.
Attualmente al rotuleo si aggiungono dei fili per aumentare la stabilità.

Collaterali
Se ho un danno al collaterale interno non riesco a stare in piedi, perché il ginocchio va in valgo.
Nelle lesioni gravi, dette triadi o le tetradi ( menisco interno, crociato anteriore e collaterale interno ) la lesione richiede un intervento.  Una distrazione o una distorsione del collaterale guariscono, una lesione totale no. Un intervento immediato in un ginocchio si fa solo quando c’è una lesione totale del collaterale interno. Ce ne accorgiamo perché il ginocchio preso in mano va in valgo di 30-45°.

 

Lesioni muscolari
Una lesione muscolare la si quantifica in base a quanto è stato l’allungamento o trazione hanno subito queste fibre, e il corrispettivo clinico sarà equivalente.
Quando ho una lacerazione delle fibre muscolari avrò un’ematoma, essendo il muscolo molto vascolarizzato.
(La definizione tendinite non è corretta, si deve dire tenosinovite, che è l’infiammazione della sinovia del tendine).
Perciò abbiamo una elongazione muscolare, una distrazione  muscolare, fino alla rottura totale o parziale.
Con una elongazione non ho dolore e non succede  niente.
Una rottura muscolare ho il sintomo dolore, l’impotenza funzionale, tumefazione, ecchimosi, emorragia sottocutanea, un quadro clinico particolarmente importante.
Le fibre muscolari rigenerano  ma talvolta rigenerano determinando delle fibre , delle  aree di tessuto fibroso, cicatriziale, e perciò la potenza contrattile del muscolo ne subisce un danno.
A volte la guarigione può portare a delle complicanze, la più brutta delle quali si chiama  miosite ossificante: infiammazione del muscolo e la fibrocellula muscolare diventa osso. E si forma nel contesto di questo muscolo della perdita di elasticità.

 

Su 100 pazienti operati di protesi ne troviamo 18, ( dopo che nell’intervento è stato staccato il piccolo e il medio gluteo) ai quali, per motivi genetici, si forma ma miosite ossificante. Si è anche visto che gli stessi pazienti al livello della colonna lombare avevano molti osteofiti, è come se l’organismo producesse osso.
La miosite l’abbiamo considerata come complicanza diretta non iatrogena, ma ovviamente questa patologia può avvenire a sé, sempre per predisposizione.

 

Compartimento anteriore
La rotula è un osso in moto perpetuo.
Quali sono le cause che portano ad un dolore del compartimento anteriore del ginocchio. Per prima cosa bisogna dire che ci sono delle cause congenite, se la rotula o il versante femorale hanno una forma, una grandezza o una posizione diversa ( di nascita), queste sono le displasie della rotula e della troclea.
La rotula ha una sorta di cresta e due faccette, ci sono dei soggetti che nascono senza una faccetta o senza cresta.
Perciò possiamo avere anche la rotula bassa, alta, magna, etc.
Perciò questo disequilibrio porta ad un lavoro scorretto, questo può iniziare anche a 20/30 anni.
Possiamo avere anche una displasia del femore.
Il secondo problema è dovuto ad un problema costituzionale, di morfotipo, il lavoro della rotula sarà diverso se il ginocchio è varo o valgo.
Ginocchio varo si accompagna quasi sempre ad uno strabismo della rotula.
Ginocchio valgo la caratteristica l’inserzione della tuberosità tibiale è all’esterno, perciò la rotula andrà in fuori. Questo è uno squilibrio meccanico.
Poi si può avere un’infiammazione che alteri le strutture legamentose e capsulari vicino alla rotula, per cui ci potrà essere o una lassità o una retrazione e si avrà perciò come risultante uno squilibrio.
Un capitolo a parte riguarda le rotule dei ragazzi fra i 12 e i 14 anni, nella fase di crescita quando diventano improvvisamente molto sviluppati, hanno questo asincronismo fra  lo sviluppo scheletrico e lo sviluppo muscolare che non gli sta dietro. L’ipotrofia muscolare porta discinesia del movimento della rotula: e questi ragazzi hanno dolore, dolore, ma questo problema passa da solo.
La sindrome femoro-rotulea si cura incruentamente.
Nel 90% dei casi i fisioterapisti hanno un ruolo fondamentale per ridare tono a tutti i gruppi muscolari. Se c’è un ginocchio valgo ridare tono maggiormente al vasto interno. Acquistare maggior forza muscolare, evitare con tutori eventualmente grossi squilibri. Da punto di vista farmacologico ci sono due aiuti:

  • glutamminasolfato, ricostituente della cartilagine (dona- condral)
  • acido ialuronico, tiene unita nella cartilagine tutte la sostanze extracellulari

( ialgan). Farmaco capace di modificare la struttura.

 

Chi ha una patologia al compartimento anteriore soffre molto a fare le scale, soprattutto a scenderle. Perché l’azione di freno del quadricipite agisce sulla rotula
e dà molto dolore. Altro sintomo è il cedimento.
Si protesizza la rotula solo quando è troppo grossa: se è spessa  oltre i 28 millimetri devi sempre protesizzarla.

 

Condropatia femorale:  la cartillagine è un tessuto non vascolarizzato, le cellule della cartilagine crescono in assenza di O2. Perciò queste cellule crescono con fatica.
Petersen  nel ’94, ha preso alcune cellule, ha tolto la sostanza fondamentale, ha preso dei condrociti mettendoli in una tasca del periostio. Questi si sono sviluppati ricostruendo la cartilagine: creando così la cartilagine ialina.
Questo vale per i condili, non per i piatti tibiali o per la rotula.
Danno una affidabilità dell’80%.
Stittman, 20 anni fa’ pensò di fare delle perforazioni nell’osso, delle microfratture, veniva un po’ di sangue e questo si trasformava in cartilagine.
Angodi, ha preso una carota di osso e mettere due o tre cilindretti dove mancava e poi  questo si rigenerava. La parte dove si preleva di solito è la troclea esterna.

 

La spalla

 

La metodica chirurgica artroscopica ha contribuito a ridefinire la nosografia delle malattie della spalla e a codificare una nuova chirurgia.
A metà degli anni ’70, Neer, ha riscritto tutta la patologia della spalla.
Ed è cambiato anche il modo di approcciare dal punto di vista chirurgico.
Il cingolo scapolo-omerale è costituito da 5 articolazioni: 3 sono vere e 2 sono false.
Le false danno più fastidio delle vere.
Spalla propriamente detta è l’articolazione scopolo-omerale, che connette l’arto al cingolo. Poi abbiamo 2 articolazioni del cingolo, l’acromin-claveare e la sterno-claveare, sono articolazioni proprie. E poi abbiamo due articolazioni  false, che sono due aree di movimento, la scapolo-toracica e lo spazio sotto acromiale.
La complessità della spalla deriva dal concetto che è l’articolazione propedeutica della mano, è stata creata incongruente, perché questo era il presupposto per avere il massimo del movimento. E anche per questo la stabilità è affidata alle strutture non ossee.
Abbiamo una superficie piana e piccola con una superficie grande e rotonda, per ottenere la congruenza, la glenoide è stata ricoperta dal cercine, la capsula è sufficientemente spessa, i legamenti gleno-omerali sono abbastanza forti soprattutto il gleno-omerale inferiore, che è messo a forcella per sostenere la testa dell’omero. E poi abbiamo un manto di muscoli ( saranno circa 30 ) che grazie al loro equilibrio tengono la testa attaccata alla glenoide.
Se si perde il capo lungo del bicipite si perde un gioco di equilibrio fra rotatori, bicipite, deltoide,etc.
Perciò per periartrite  la sofferenza di tutto ciò che ruota intorno alla articolazione.

Ora consideriamo i due grandi capitoli:

  • la scapolo-omerale propriamente detta che è di tipo acuto, legamentoso, quindi la spalla instabile.
  • la regione sotto-acromiale, che interessa soprattutto la spalla degenerata.

La  prima è ad appannaggio dei giovani, la seconda delle età più matura.
Una volta si diceva che se un non arrivava a lussarsi almeno 7 o 8 volte non veniva preso in considerazione l’intervento, oggi dopo la prima volta si affronta la problematica per evitare di distruggere maggiormente l’articolazione.

 

1788  Monro  ha evidenziato per primo la lesione del sovraspinato
1867  J.F. Jarjvay
1972  Duplay, la calcificazione di Duplay sulle parti articolari
1931  Codman
1972  Neer, conflitto subacromiale

Lo spazio sotto acromiale è uno spazio fra acromion e coracoide con il legamento che li connette, al di sopra della testa dell’omero articolata alla glenoide, rivestita dai muscoli sovraspinoso, sottospinoso, piccolo rotondo e sottoscapolare.
C’è una borsa di scorrimento sottoacromiale che consente un movimento armonico. Dal punto di vista biomeccanico si pensava prima che la scapolo-omerale garantisse dei movimenti, quando questi erano esauriti entrava in gioco la scapolo-toracica. Si pensava che sino a 90° fosse la scapolo-omerale  ad eseguire il movimento, poi dopo i 90° fosse la scapola che oscillasse.
Un certo Codman disse che la scapolo-omerale e la scapolo-toracica lavorano in simbiosi, con la prevalenza della prima rispetto alla seconda: cosiddetto ritmo scapolo-omerale, o paradosso di Codman.
Per cui agendo insieme queste due articolazioni,  quando una delle due è malata,
l’altra vicaria.
Perciò nel momento in cui la testa dell’omero mossa dai rotatori, attraverso i quali passa il capo lungo del bicipite, che si inserisce a ore 12 sulla glenoide, questo gioco non inizia a funzionare o diminuisce lo spazio si crea l’impingement. 
Qualcosa che urta, è un conflitto, non è facile tradurre questo termine.

 

Come avviene il conflitto sub-acromiale? 
Chi la usa sul lavoro, o chi la usa nello sport  over-head ( sopra la testa) sono predisposti ad avere una patologia alla spalla, perché la sollecitano molto.
Perciò distinguiamo un conflitto primario e uno secondario.

  • primario: è quella condizione per cui la morfologia dell’arto gioca un ruolo che non và. Quindi c’è qualcosa  nella tettoia che riduce lo spazio, e la motilità e poi inizia a diventare dolorosa.
  • secondario: la tettoia non subisce danni, ma c’è qualcosa che parte dal gioco dell’art. scapolo-omerale che porta al conflitto secondario, per esempio  instabilità ( lussazione), deficit neurologici, etc.

Qual’è la parte di questa tettoia che dà un danno, che scatena la vecchia periatrite scapo-omerale? Qual è la parte che configge? È la parte anteriore dell’acromion.
Questa entra in conflitto con la testa che è rifasciata dai muscoli rotatori, soprattutto il sovraspinato.

Quali sono le cause di questo problema, perciò si parla si eziologia multifattoriale, perché sono coinvolte più strutture, perché hanno più aspetti.

 

Bigliani ha classificato il margine anteriore dell’acromion in 3 stadi:
significa che il margine diventa sempre più ricurvo.

 

  • tipo I ,   acromion piatto
  • tipo II,   acromion curvo
  • tipo III,  acromion ad uncino

 

Stadiazione della periatrite secondo Neer, 1983:

Stadio 1: la prima cosa che accade è l’infiammazione, edema ,emorragia, non c’è danno anatomico e la guarigione è completa. Età minore di 25 anni. E’ necessario fare una diagnosi differenziale con artrosi acromion-claveare e dalla sub-lussazione acuta.

Stadio 2: quando la malattia  non si presenta più in modo saltuario, ma costante, anche nel gesto quotidiano e quello sportivo, l’età aumenta e gli episodi sono più frequenti, ecco che il dolore diventa più importante, in questo stadio è possibile prevedere la terapia chirurgica. Una volta si facevano sempre terapia, ma oggi si sa che si manifesta già la lendinosi, della fibrosi, lo spazio diventava sempre più stretto, si può trovare un Bigliani 2.  Trattamento chirurgico: bursectomia e la sezione del legamento coraco-acromiale.

Stadio 3 : rottura massiva della cuffia dei rotatori. Se si rompono i rotatori esterni perdiamo l’elevazione e la rotazione esterna. Il pz. compensa con la scapolo-toracica. Sul versante osseo abbiamo la degenerazione dell’art. dell’acromion, sul  versante tendineo una rottura parziale. Gli aspetti anatomici  di una lesione di cuffia possono essere tanti: le rotture massive possono essere le disinserzioni la cuffia si stacca. Oppure la cuffia si apre in due. In questi casi si opera.
Quando sono in questo stadio addirittura rischio di non entrare nello spazio sub-acromiale, perché ho aderenze, emorragie, etc.; qui posso trovare dal Bigliani 2 al 3, eseguirò delle manovre dinamiche e vedo che appena arrivo a 90° si toccano. Poi verifico la cuffia, tolgo le aderenze, tolgo la borsa e vado poi sull’acromion e faccio l’acromion plastica, cioè porto l’acromion a Bigliani 1.
Se trovo che la cuffia si sta aprendo metterò un punto per fissare la lacerazione, e il muscolo recupera forza.
Se la cuffia è staccata completamente da poco riesco ad inserirla nel suo punto di origine, ma se la lesione è inveterata non è possibile.

 

Spalle degenerate si trovano spesso negli ipercifotici, perché la cifosi antepone l’obliquità della scapolo-omerale e quindi fa giocare male i muscoli rotatori.
L’attività lavorativa, cioè la prevalenza della spalla nell’attività lavorativa, gli esiti di attività sportive,portano ad una spalla instabile, perciò ad una spalla degenerata.

Focalizziamo ora l’attenzione sull’over-head e l’instabilità.

 

Valutiamo un conflitto sub-acromiale, e perché si arriva all’acromion-plastica:

Diagnosi:

  • dolore è notturno ( è proprio tipico nel conflitto)
  • diminuzione forza
  • impotenza funzionale

Test per capire se è un conflitto:

  • movimenti simmetrici  troveremo un notevole impedimento
  • test conflitto, riproduciamo la situazione dolorosa
  • test di forza, mi danno l’indicazione se la cuffia è integra o se è rotta

Test di conflitto:

    • porto in anteposizione e adduzione la spalla, sollevo la spalla e viene fuori con molto dolore. Si può fare a braccio steso.
    • sollevare la spalla
    • ad arto addotto in rotazione esterna
    • per saggiare il sottoscapolare, portando indietro l’arto e spingendo contro di noi

Test di forza:

  • test di Job, arto a 45° in intrarotazione e lo si saggia, se c’è rottura massiva non riesce nemmeno a fare il test.

 

 Diagnostica strumentale:

  • rx spalla in out-let view ( proiezione che mi consente di vedere la distanza dello spazio subacromiale )
  • ecografia, ha una scarsa affidabilità perché mi può dire che la cuffia è integra o totalmente rotta, non mi specifica se ho un determinato tendine rotto.
  • RMN ( non la TAC)

 

Posizione operatoria:

    • decubito laterale ( in questa posizione il pz. sanguina poco, ma è molto scomoda per il pz. soprattutto se fa una anestesia loco-regionale)
    • bichear, il pz. sta seduto

 

Spalla instabile

Una volta si pensava che per avere una spalla instabile era necessario aver avuto una lussazione, oggi non è più così.
La spalla instabile è la perdita degli elementi stabili o dinamici (  passivi o attivi). Per elementi passivi intendiamo cercine, capsula e legamenti,dei legamenti intendiamo soprattutto quello inferiore, il gleno-omerale che ha una forma ad amaca od a forcella.
Gli stabilizzatori attivi sono la cuffia dei rotatori e il capo lungo del bicipite.
Se abbinato al dolore c’è un’impedimento lavorativo, si parla di spalla instabile.

Classificazione precedente: acuta, cronica, lussazione completa, sublussazione, lussazione abituale.
Una volta si aspettava che il soggetto si lussava 6, 7 volte.

Ora si è schematizzata questa sintomatologia in 3 grandi gruppi:

  • T.U.B.S.    traumatic unidirection bankart : evento traumatico,

lussazione sempre nella stessa direzione, destinato alla chirurgia.
Lesione caratteristica è la lesione di Bankart ( distacco cercine glenoideo)

  • A.M.B.R.I. traumatic multidirectional bilateral riabilitation

inferior:    lassità costituzionale.  Nessun trauma, lussazione in tutte le direzioni, a tutte e due le spalle, prevalente inferiore. Non si opera ma si riabilita.
3.  A.I.O.S.S. acquired instability over stressed surgery: c’è sovraccarico
acquisito, c’è instabilità. Si opera.

Nel gruppo 2 e 3 non troverete mai la lesione di Bankart perché non c’è mai stata lussazione.

 

Diagnosi: test di lassità e test di instabilità.

Test di lassità:

  • Sulcus test , traziono la spalla in basso e mi rimane un solco
  • Cassetto anteriore o posteriore
  • Segni di lassità , osserva  se il soggetto è costituzionalmente lasso.

Test di instabilità:

  • apprensione,  si porta l’arto in rotazione e nel contempo da dietro si spinge l’arto in avanti.

  

Diagnosi strumentale:

  • RMN con mezzo di contrasto

 

RMN senza mezzo di contrasto nella spalla degenerata
RMN con mezzo di contrasto nella spalla instabile

Che cosa succede nelle TUBS?
Lesione di Bankart, distacco cercine dalla glenoide. Dopo tanti episodi non solo si stacca il cercine ma anche il becco della glenoide, si chiama la Bankart Ossea.
Lesione dell’inserzione del capo lungo del bicipite, Slap Lesion.
Lesione Il-sacs, danno cartilagineo della testa dell’omero.

Latarge, ultimo intervento possibile quando la situazione è molto grave, si prende la coracoide, e si mette sul margine anteriore della glenoide, si crea una barriera all’uscita della testa dell’omero.

Coblatore: è uno strumento che restringe con il calore, si fa nelle cuffie che si stanno lacerando.

 

PROF.MOLFETTA                                                                    

3 SETTEMBRE 2004 

Appunti di Ilaria Pasa                        

Fonte: http://www.laurea-tsrm.unige.it/Senior/riabortopedica/orotpedia%201.doc                           

link sito web: http://www.laurea-tsrm.unige.it/

 

PROF. M. BENVENUTI

 

Femore

 

Parliamo delle fratture del collo del femore.
Classica classificazione mediali e laterali.
Il trattamento di queste due tipi di fratture è assolutamente diverso.

Frattura mediale:

  • Frattura sottocapitata
  • Frattura mediocervicale

Frattura laterale:

  • Frattura basicervicale
  • Frattura pertrocanterica
  • Frattura sottotrocanterica

 

Fratture mediali : differenziamo quelle che avvengono in età anziana da quelle che avvengono in età giovane.
Premessa, oggi come oggi si  intende  nel paziente anziano l’età biologica.
Quando ci troviamo difronte la frattura del femore in un soggetto giovane è sempre stata quella di conservare la testa, ridurre la fratture ed eseguire una osteosintesi. Con l’osteosintensi  mantengo ciò che la natura ci ha dato.

Le classificazioni sono tante, quelle di Pawels è la più usata in base all’obliquità della frattura, ne distinguiamo 3 tipi,  per misurarla usare una orizzontale che può essere il margine superiore della lastra e poi tracciate l’obliqua sulla rima di frattura, verrà fuori un angolo:

  • tipo  angolo sino 30°
  • tipo angolo fra 30° e 50°
  • tipo angolo superiore a 50°

 

La nostre classificazioni non sono fini a se stesse, perché con una frattura del primo gruppo, io ho una stabilità dell’anca ( ricordiamo che sull’anca si distribuisce 4 volte il peso del corpo).
Quando ciascuno di noi esegue un passo, da un punto di vista biomeccanico, il collo del femore è sottoposto  a delle forze ovalizzati, quindi maggiore è l’obliquità della frattura maggiore è la possibilità di una scomposizione della frattura.
Per cui io devo operare un soggetto  che ha 30 anni ed ha avuto un trauma ad alta energia, ha avuto una frattura del collo del femore, bisogna spiegare al soggetto questo: la sua frattura ha questo tipo di gravità ( per esempio 3° tipo) per cui la porto in sala operatoria, guardo se riesco a ridurgliela bene le faccio un’osteosintesi, ma si ricordi che per due mesi lei non cammina.
Il soggetto deve essere edotto, la frattura deve essere a conoscenza del soggetto. 
Se c’è uno spostamento in valgo della testa,  se metto due viti: questo soggetto dovrà stare a letto per 20 gg., poi camminerà per altri 20 gg. con i canadesi, poi altri 20 gg. con un bastone.
Se non concedo il carico è importante che venga veramente fatto.

Se siamo di fronte  a delle fratture del soggetto giovane, si cerca di fare l’osteosintesi, di preservare ciò che madre natura ha dato, e successivamente vedere come và a fare una protesi si è sempre in tempo. Se la frattura non guarisce,  si definisce PSEUDOARTROSI.  Quindi se frattura mediale del collo del femore  non guarisce si una protesi.

Negli anziani le cose cambiano.
Dal gesso si è passati a vite e placca, ma poi si è visto che le ossa erano troppo fragili per questo di tipo di intervento, così si è passati alle protesi. Perciò abbiamo delle protesi parziali o totali.

Protesi parziali
Sostituire solo uno dei due componenti dell’articolazione, nel caso delle fratture mediali, si toglie la testa del femore,  cementando lo stelo femorale.
Protesi totale
Si sostituiscono entrambi i capi articolari.

Fine di questo intervento è quello di alzare rapidamente il soggetto dal letto, si può iniziare la mobilizzazione  già dalla prima giornata.
Oggi come oggi ci alcuni dubbi sulla protesi parziale. Quando utilizziamo la protesi parziale?
Quando presenta patologie collaterali importanti, questo per avere un’intervento chirurgico più breve. Oppure quando in anamnesi si recepisce una vita limitata della paziente, si intende un escursus deambulatorio molto ristretto. Questo perché le protesi parziali hanno una durata molto limitata nei soggetti molto attivi, perché i testone articolandosi con l’acetabolo non fa altro che usurare la cartilagine. Perciò i pazienti più attivi sono stati rioperati perché ci siamo trovati di fronte all’artrosi acetabolare. Perciò si metteva una protesi totale.
Oggi come oggi si usa la protesi parziale sono in quei soggetti poco attivi, perché 4/5 anni durano.

Si usa il cemento perché l’osso osteoporotico non potrebbe tenere una protesi non cementata.
Perciò porre del cemento intraoperatoriamente vuol dire già stabilizzarla.

Una delle complicanze è la lussazione. Una protesi dell’anca si lussa avviene perché si posizionano male i componenti o può essere legato alla via d’accesso. Quando si opera utilizzando la via posteriore i muscoli vengono sacrificati il più delle volte. Perciò non essendoci più muscolatura basta un piccolo difetto di orientamento sia della coppa (verticalizzazione, antiversione o retroversione) che dello stelo.  La via posteriore è quella più utilizzata nel mondo, e concede meno difetti intraoperatori. Viceversa quella che utilizziamo noi, che ho portata il Prof. Pipino, è quello anatomico o anteriore, conserviamo tutta la muscolatura. E i difetti vengono tollerati meglio.  
Al momento del trauma di solito, nella testa del femore, vengono recise le arterie che sono terminali perciò la testa và incontro ad osteonecrosi, definito infarto osseo.
Si utilizzo il cemento quando non ho una qualità d’osso non buona.
I problemi  maggiori in una protesi d’anca ora sono dovuti a problemi cotiloideo, oggi come si usano le protesi ibride. Vuol dire cementiamo lo stelo femorale, e non cementiamo il cotile.
La pseudo-artrosi clinicamente determina dolore.
Il grande trocantere  normalmente è più basso dell’acetabolo, se invece è più alto vuol dire che l’arto si è accorciato.
Il piccolo trocantere  normalmente si deve vedere piccolo, se si vede di dimensioni maggiori vuol dire che l’arto è extraruotato.

Nei mezzi di sintesi la ricerca ha portato a determinare che la posto del chiodo liscio si usa ora la vite, perché avvitando si ha una compressione, una stabilità maggiore.

 

Protesi parziale : protesi ellittica, e stata definita cosi perché nel 1971 Cathcart aveva scoperto che la testa femorale non era tondeggiante ma aveva una forma ellittica. Il Prof. Pipino ha ripreso questi studi e ha definito  questa protesi ( o endoprotesi). Questa protesi assicura nutrimento e lubrificazione delle superfici, aumenta la congruenza con l’acetabolo, e si lussa molto meno di una protesi totale.
Si conserva la capsula, nella artroprotesi no. Averla o non averla non ha significato sulla stabilità.

Misure protesi:

  • testa  da 38 a 60
  • stelo 4 taglie + 1 di revisione

Angolo inclinazione dello stelo femorale rispetto al collo è di 135°.
Da che cosa dipende la rotazione del piede ,in una protesi d’anca, extraruotato o intraruotato?
Dipende dall’antiversione  o retroversione del collo del femore.
Retroversione:  il collo del femore è rivolto verso i glutei. Allora il soggetto per articolare bene l’anca deve extraruotarla.
Antiversione:  il collo del femore guarda in avanti. Il soggetto per articolare con l’acetabolo dovrà intraruotarla.

Perciò è un difetto di posizionamento dello stelo femorale. Se lo stelo viene posizionato retroposto, la protesi si lusserà posteriormente.
Se lo metto molto anteposto automaticamente si può lussare davanti.
Quando si introduca lo stelo, mettendo un punto di repere sul centro della rotula, inserirò lo stelo in quella direzione.

Per quanto riguarda l’acetabolo i rischi di un errore si raddoppiano, perché  l’inclinazione di questo dovrebbe essere di 45°/50°. Se si mette un acetabolo verticale, la protesi si lussa, questo visto sul piano antero-posteriore.
Se andiamo sul piano laterale, se metto la coppa molto scoperta davanti, la protesi si potrà lussare anteriormente.

Accesso di HARDING: si pone il soggetto sul fianco, si pone un sostegno sul pube e uno sul sacro. Incisione parte verso il punto di repere che è il  apice del trocantere, punto di repere anteriore, spina iliaca anteriore superiore, e si fa una incisione longitudinale. Sotto troverò la fascia che viene incisa e divaricata. Trovo il medio gluteo, e partendo dal trocantere, viene separato con la punta di una chirurgica e si passa attraverso le fibre, poi si seziona il piccolo, non si stacca il vasto.  Non si taglia nulla.

Cercare di diminuire le ossificazioni. Se si guarda una lastra antero posteriore di una colonna, se nella colonna si vedono degli osteofiti o degli sindesmofiti, ci si può aspettare dopo 6/7 mesi dalla protesi, iniziano apparire delle ossificazioni. Perché più anatomica  fai la via, si possono trovare a causa di una fibra muscolare non tagliata ma contusa,  delle ossificazioni.

Il decorso post-operatorio fra una protesi non cementata e una cementata non cambia molto. Per i primi 40 giorni entrambe si scaricano con due canadesi.
Si scarica l’arto per non dare sollecitazioni troppo eccessive.  Ma in questo modo l’arto carica meno, allora lo devo aiutare. Lo si aiuta per 6 mesi con i disfosfonati, una compressa di alendross 80, etc., aiuto  in modo tale che non ci sia troppo assorbimento osseo.
Questi farmaci aiutano. Si è visto che dopo un’iniziale decremento della densità ossea ( si è visto in un lavoro con la MOC ), poi subito dopo c’è stato un’incremento.

 

Fratture laterali:  spesso c’è il distacco del piccolo trocantere, che determina l’instabilità della frattura.
Questa precisazione è fondamentale.

Suddivise in due gruppi:

  • fratture stabili, in cui il piccolo trocantere è integro
  • fratture instabili, con distacco piccolo trocantere

 

  • Si trattano con placca e vite, osteosintesi. La vite scorre all’interno del collo della placca e determina la compressione della frattura. Il pz. può essere mobilizzato e può caricare precocemente. Si inizia con  girello e carico sfiorato. Stare attenti al dolore, se fosse presente non va bene perché questo tipo di intervento non deve dare dolore.

In questo intervento si fa un’accesso laterale, con incisione della fascia lata,
isolando il vasto laterale e staccandolo leggermente dalla linea aspra, non viene toccata la muscolatura, i punti di sutura saranno solo sulla fascia lata.
2. Si trattano  con il chiodo.  Ne esistono di svariati  tipi e modelli,  la sua   
funzione è quella di dare maggiore stabilità  della frattura al carico.
Il braccio di leva una vite e placca parte dalla corticale laterale arriva al
centro della vite del collo. Lo stesso braccio di leva nel chiodo, parte 
dall’apice del chiodo fino all’apice della vite, ma l’apice del chiodo
dove è ? E’ endomidollare. Quindi il chiodo ha un braccio di leva    
nettamente inferiore a quello di vite placca. Per cui lo spostamento durante
il carico è minore nell’osteosintesi con chiodo che con vite placca.

Ci sono poi le fratture sottotrocanteriche.
In questi interventi si vanno a cielo coperto, cioè senza aprire il focolaio di frattura. In questo caso determina la  conservazione  dell’ematoma  e  la  successiva organizzazione dell’ ematoma in caldo.

Insuccessi del chiodo.        
Nelle fratture grossolanamente scomposte o nelle fratture in cui manca il muro mediale, il chiodo, rimane immodificato ma  ad un supporto osseo che si modifica nel contesto del carico. La testa femorale, per mancanza di appoggio della corticale mediale, durante il carico si può varizzare. L’inclinazione  del chiodo con la vite può variare, ma  di solito è di 135°.  Per cui la difficoltà nell’eseguire  un determinato tipo  recupero nell’osteosintesi, è quella di valutare radiologicamente la stabilità di una frattura.
In una frattura laterale con il piccolo trocantere integro potete far caricare il soggetto, in una frattura instabile, anche se trattata con chiodo, la deambulazione molto cauta. Se compare dolore o l’arto si accorcia immediato controllo RX.

PFN: è un chiodo gamma in cui ha due viti , ma non è cannulato. Non ha il filo guida.  Invece il chiodo gamma si.
Questo permette una maggiore sicurezza nell’inserimento.
Il motivo per cui in un chiodo si può presentare il dolore, è solo dovuto che si utilizzano in fratture più complesse.
Il chiodo, è bloccato, la vite impedisce le rotazioni del chiodo e il risalimento dell’arto, perciò la lunghezza  dell’arto viene mantenuta. I micro movimenti che sono fondamentali per la guarigione della frattura ci sono a livello del vitone, ma non ci sono a livello della diafisi. 

Vite placca ci da una ottima stabilita’ quando il piccolo trocantere integro.
Se il piccolo trocantere è staccato è indicato il chiodo.
Tra chiodo gamma e pfn il principio delle due viti servono a bloccare meglio i movimenti rotazionali delle testa del femore.
Quando si devono infilare due viti, è molto importante come viene infilata la prima vite, cioè quella più bassa. Quella più bassa deve essere molto rasente alla corticale mediale. Se si posiziona la prima vite al centro del collo, la seconda  che è superiore, rischia di uscire.
La stabilità che dà nelle fratture instabili, proprio per il braccio di leva, del chiodo è nettamente superiore a quella di vite placca.
Se si vede una vite placca in una frattura instabile andare molto cauti con il carico.
In una frattura instabile 20/25 giorni di scarico e deambulazione con girello.

Protesi totale o protesi parziale in 3° giornata viene messa in piedi.

 

Quando ci trova di fronte ad un’anca displasia a cui deve essere fatta la protesi, il cotile si fissa con una vite perché non è completo, è piano.
Le protesi non cementate vengono inserite, sia il cotile che lo stelo con il martello.
La coppa quando fa presa il suono del martello cambia.

I biomateriali delle protesi  non cementate, sono per esempio nello stelo uno shell metallico in titanio con un inserto in polietilene, in ceramica, in metasul ( una varietà di cromo, cobalto ) etc.
La durata dipende dai materiali di cui è costituita una protesi, quelle che durano di più sono ceramica/ceramica e metasul/metasul, formano meno detriti, perché i detriti formano una reazione simil infiammatoria per cui si viene a formare una membrana che determina una  mobilizzazione asettica della protesi.
Può durare 20 anni.
Ci sono dei cotili che nascono proprio con le viti, come il trilogy.
Oggi si usano il meno possibile le viti.

Se in una protesi, in una proiezione laterale, completamente la testa vuol dire che il cotile è antiverso. 

 

Artroprotesi:

 Indicazioni all’intervento.

  • Artrosi primaria
  • Artrosi secondaria
  • Artrite reumatoide
  • Necrosi asettica
  • Fallimento precedenti interventi
  • Altre artropatie infiammatorie non batteriche

Controindicazioni:

  • Infezione
  • Età giovanile
  • Obesità
  • Elevate attività fisica
  • Malattie psicogene concomitanti

 

Protesi ibrida: uno dei due componenti non è cementata, di solito è il cotile.
Lo stelo invece è cementato.
Si può usare in soggetto molto osteoporotico, ma con buona età biologica.

I maggiori problemi nelle protesi sono a livello acetabolare.

Protesi cementate

Indicazioni:

  • Età maggiore di 75 anni
  • Alterazioni qualitative e/o quantitative dell’osso

Vantaggi:

  • carico precoce
  • costo economico contenuto

Svantaggi:

  • Necessita di una accurata tecnica di cementazione
  • Fenomeni invecchiamento del cemento
  • Alterazioni dell’osso in corrispondenza del cemento che può andare incontro ad  una marcata osteoporosi
  • Difficoltà di reimpianto

 

Protesi bipolare

è una endoprotesi, in cui c’è una testa e una coppa, tutta nella stessa protesi. Si deve intendere come una protesi parziale, perché a livello acetabolare non si mette nulla, ma potrebbe funzionare come una protesi totale. Perché oltre alla testa ha una coppa che si muove.

Protesi non cementata

Indicazioni:

  • stabilità immediata legata alla forma dell’impianto e alla sua congruenza con l’osso
  • Stabilità secondaria è l’osso che reagisce e stabilizza progressivamente la protesi, cioè l’osteointegrazione

Svantaggi:

  • Necessita di una tecnica chirurgica rigorosa
  • Possibilità di risposta non ottimale dell’osso e conseguente dolore e scollamento precoce
  • Costo economico elevato

 

Fonte: http://www.laurea-tsrm.unige.it/Senior/riabortopedica/ortopedia%202%20Benvenuti.doc

link sito web: http://www.laurea-tsrm.unige.it/

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