Microbiologia

 


 

Microbiologia

 

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Microbiologia
Origine ed evoluzione dei microrganismi: procarioti e protisti

 

La vita ebbe inizio su una terra primitiva

Tre miliardi di anni fa sulla terra c‘erano vulcani che eruttavano polvere e gas e rocce fuse sul suolo, sulle coste vi erano delle rocce verdi ossia contenenti batteri fotosintetici ch e modificarono l‘atmosfera.
La terra è uno dei dieci pianeti che girano attorno al sole, il sole è una dei miliardi di stelle della Via Lattea ed essa è una dei miliardi di galassie dell‘universo. Il sole dista dalla terra 4 anni luce (40 mila km) e noi vediamo la luce di 4 anni fa, ciò vale per il sole ma anche per le stelle perché alcune di esse sono già spente mentre ne esistono altre che non possiamo ancora vedere.
L‘universo era concentarto in una massa che è esplosa tra 10 e 20 miliardi di anni fa (big bang) ed si è espansa, il nostro sistema solare era una nube di gas e polveri che ruotavano e al centro si condensò della materia diede origine al sole ma intorno ad esso rimase del materiale che girava su cerche concentrici. In ogni orbita si formò un nucleo di materia in grado di attirare la polvere e solidificare e così si formarono i pianeti.
La terra 4.5 miliardi di anni fa era un pianeta freddo ma grazie agli urti con dei meteoriti, al decadimento radioattivo e alla pressione provocata dalla gravità si trasformò in una massa fusa il cui centro era/è più denso (ferro e nickel) poi vi era/è il mantello e al di sopra la crosta terrestre.
L‘atmosfera primitiva doveva essere di H2 caldo che si disperse nell‘atmosfera perché la gravità non era in grado di trattenerlo; i vulcani e le fenditure eruttarono gas che crearono una nuova atmosfera. La seconda atmosfera era, probabilmente, formata da H2O, CO2, N2, CH4 e NH3.
I mari si formarono grazie alle piogge torrenziali che caddero quando il pianeta si raffreddò. L‘atmosfera primitiva era molto diversa da quella di oggi perché i fulmini, l‘eruzione vulcanica e gli UV erano più intensi ed è in questo ambiente che la vita cominciò.
Quando la crosta terrestre divenne solida la materia non vivente diede origine a quella vivente e si può supporre che fossero organismi procarioti primitivi grazie ai reperti trovati (in Sudafrica si sono scoperti fossili di 3.4 miliardi di anni che assomigliano a procarioti a sono grandi quanto certi batterie prove di vita più antica sono state trovate negli stromatoliti).
I procarioti fotosintetici sono gli organismi più semplici eterotrofi che conosciamo ma non sono stati la prima forma di vita perché la fotosintesi è un processo complesso e il fatto che 3.4 miliardi di anni fa ci fossero già conferma che la vita ebbe inizio prima.

Coma si è originata la vita?

Dagli antichi Greci fino alla metà del 1800 si è creduto che la vita si sia originata da materiale non vivente poi, però, alcuni esperimenti dimostrarono che non esiste la generazione spontanea; nel 1862 Louis Pasteur confermò che le forme di vita si originano tramite la riproduzione di forme di vita preesistenti.
Si ritiene che i primi organismi siano comparsi tra 4.1e 3.4 miliardi di anni fa.
La maggior parte dei biologi pensa che le prime forme di vita fossero semplici e che abbiano avuto origine da materiale non vivente. Le prime entità potrebbero essere stati degli insiemi di molecole con una combinazione da rendere possibile il metabolismo e la duplicazione, visto che gli organismi sono formati da monomeri le prime fasi devono essere state la formazione e l‘accumulo di questi.
Altri scienziati pensano che la vita sia stata portata sulla terra da una meteora o da una cometa che introdusse sulla terra i monomeri, anche se l‘opinione che prevale è la prima. La seconda tappa deve essere stata quella che i polimeri e i monomeri si combinarono formando aggregati con caratteristiche chimiche diverse dall‘ambiente ed è qui che, forse, ha avuto origine il patrimonio ereditario.

Stanley Miller spiega come potrebbero essersi formate le prime molecole organiche

Nel 1953 Miller effettuando degli eperimenti fu il primo a dimostrare che amminoacidi e altre molecole organiche avrebbero potuto formarsi su una terra senza vita, egli voleva verificare l‘ipotesi di Oparin e Haldane secondo la quale le condizioni ambientali potevano aver generato molecole organiche che a loro volta potevano aver generato organismi viventi ritenendo, inoltre, che le attuali condizioni ambientali non possono permettere la sintesi spontanea perché l‘atmosfera è piena di ossigeno che è corrosivo (tende a spezzare i legami chimici togliendo elettroni). Invece prima la terra aveva un‘atmosfera riducente (tendente ad aggiungere elettroni) che deve aver favorito la formazione di molecole complesse a partire da quelle semplici. La formazione richiede energia ma Miller pensò che le fonti erano molte: scariche elettriche e radiazioni UV molte intense visto che lo strato di ozono che attualmente le scherma non si era ancora formato. Miller ipotizzò che in queste condizioni partendo da molecole inorganiche si potessero formare molecole organiche, costruì un‘apparecchiatura che simulava le condizioni sulla terra e fece durare l‘esperimento una settimana. Al termine egli trovò nella soluzione dei composti organici compresi degli amminoacidi che sono alla base delle molecole biologiche. Miller e altri ricercatori ottennero, grazie a strumenti più sofisticati, la maggior parte dei 20 amminoacidi di base egiunsero alla conclusione che molte molecole organiche potrebbero essersi formate prima della vita sulla terra.
Alcuni scienziati hanno messo in dubbio che l‘atmosfera primitiva fosse ricca di ammoniaca e metano ma Miller condusse altri esperimenti senza le due componenti e ottenne comunque del materiale organico.  Miller, inoltre, conferma l‘ipotesi che alcune molecole siano arrivate grazie ad una meteora e, secondo lui, il tipo di ambiente dove è cominciata la vita sono, principalmente, gli oceani.

I primi polimeri si sono formati su rocce o argille calde

La seconda fase è il passaggio da monomeri a polimeri. I polimeri organici vengono sintetizzati tramite condensazione, nelle nostre cellule vi sono degli enzimi che catalizzano queste reazioni ma Sidney Fox è riuscito a produrre polimeri senza enzime sulla sabbia e sull‘argilla calda con i monomeri in soluzione. Il calore fa evaporare l‘acqua e concentra i monomeri tra i quali alcuni si legano spontaneamente formando polimeri. Sulla terra potrebbe essere successo questo grazie alle gocce di pioggia e alle onde che avrebbero portato la soluzione su rocce calde. Le superfici d‘argilla potrebbero essere stati i primi posti di polimerizzazzione perché i monomeri si legano ai siti carichi elettricamente dell‘argilla e così potrebbero essersi avvicinati, inoltre, l‘argilla contiene metalli che potrebbero aver fatto da catalizzatori delle reazioni e aver portato alla formazione di polimeri essenziali per la comparsa della vita.

Il primo materiale genetico e i primi enzimi potrebbero essere stati costituiti da RNA

La formazione di polimeri è alla base della vita. Secondo Miller i polimeri fondamentali sono gli acidi nucleici che possono duplicarsi e immagazzinare l‘informazione genetica; infatti le cellule tengono il patrimonio genetico nel DNA lo trascrivono in RNA e poi lo traducono in proteine e in enzimi specifici, questo processo è molto complesso e probabilmente è comparso grazie ad una serie di arrangiamenti di processi più semplici.
L‘ipotesi più comune è che all‘inizio vie erano brevi filamenti di RNA che si autoduplicavano e vi sono prove sperimentali che confermano questa ipotesi, inoltre, se si aggiunge RNA a una soluzione che contiene altri acidi nucleici a volte si assemblano per completare i segmenti dell‘RNA di partenza e vi sono certe molecole si RNA chiamate ribozimi che funzionano da enzimi essi catalizzano l‘assemblaggio e, a volte, anche la polimerizzazzione dell‘RNA. I primi geni erano formati da monomeri di RNA uniti e i ribozimi catalizzavano la loro duplicazione. Questo periodo ipotetico dell‘evoluzione è detto mondo a RNA.

Le prime vere cellule furono probabilmente precedute da aggregati molecolari avvolti da membrane

Tra le molecole di RNA e una cellula vivente c‘è molta differenza perché la vita necessita di tante molecole organiche complesse che interagiscono poiché la vita dipende da un dispositivo metabolico che deriva dalla cooperazione quindi la vita, molto probabilmente, è stata preceduta da aggregati in grado di interagire fra loro.
La forma più vecchia di cooperazione può avere coinvolto l‘RNA che veniva tradotto in polipeptide senza il tRNA ed i ribosomi. Se un filamento fungeva da stampo ed era in grado di legarsi debolmente a degli amminoacidi e di tenerli vicini, atomi di zinco o di metalli potrebbero avere agito da catalizzatori ed il polipeptide che ne risulta sarebbe una traduzione del gene a RNA e se questo funzionasse da enzima sarebbe iniziata una collaborazione fra acidi nucleici e polipeptidi.
Se le interazioni sono state fenomeni comuni, negli ambienti acquatici si sono formazi aggregati molecolari (soprattutto in pozze o sull‘acqua che sovrastava dell‘argilla) e quindi ci sono state grandi quantità di molecole organiche.
Negli ambienti acquatici certi polipeptidi riescono ad assemblarsi formando sfere piene di liquido che non sono vive ma hanno alcune caratteristiche delle cellule viventi: sono dotate di una membrana selettiva permeabile, possono crescere assimilando altre molecole polipeptidiche dell‘ambiente circostante, possono dividersi e per osmosi gonfiarsi o raggrinzirsi a dipendenza della concentrazione del sale; anche certe molecole lipidiche hanno caratteristiche simili.
Sulla terra possono essersi formate entrambe i tipi di sfere con membrane oppure una membrana con i due tipi di molecole. Forse alcune di queste entità conteneva aggregati molecolari già esistenti formati da RNA e polipeptidi e il fatto che uno di questi si sia potuto inserire in una membrana fu una cosa importante per la comparsa della vita. Infatti un aggregato dentro una membrana è isolato e beneficiava dei suoi prodotti in più riusciva a crescere e a duplicarsi meglio ed era favorito dalla selezione naturale (gli aggregati si sono evoluti secondo la teoria darwiniana).
Ci sono voluti milioni di anni prima che comparissero le prime cellule che erano procariote.

I procarioti sono presenti sulla terra da miliardi di anni

3.5 miliardi di anni fa i procarioti erano molto numerosi e sono stati gli unici organismi che si sono evoluti per 2 miliardi di anni; oggi i procarioti si trovano dove è possibile la vita e possono vivere in qualsiasi ambiente, anche in quelli in cui gli eucarioti non possono vivere.
Üna cellula procariote ha un diametro che varia da 1 a 10 mm mentre quello delle eucariote varia tra i 10 e i 100mm.
I procarioti sono molto importanti; ci sono batteri che causano malattie ed altri innocui come quelli dell‘intestino che ci fornsicono vitamine, quelli della bocca che non lasciano crescere i funghi, i decompositori che restituiscono all‘ambiente gli elementi chimici inorganici senza i quali gli eucarioti scomparirebbero mentre la vita dei procarioti continuerebbe come è avvenuto per miliardi di anni.

Archebatteri ed eubatteri rappresentano le due principali ramificazioni nell‘evoluzione dei procarioti

Le cellule procariote non hanno un nucleo e il loro DNA non è contenuto in un organello. Gli archebatteri e gli eubatteri fanno parte del regno monera anche se hanno devirse differenze e quella principale è negli acidi nucleici; ci sono 12 marcatori (sequenze di rRNA) che distinguono i due batteri.


principali caratteristiche

eubatteri

 

archebatteri

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sequenze di rRNA

 

molte sono

molte sono

 

 

 

 

 

sue specifiche

uguali a quelle degli eucarioti

 

 

 

 

 

 

 

 

RNA polimerasi

 

enzimi piccoli

complessi simili

 

 

 

 

e semplici

 

a quelli degli eucarioti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

introni (segmenti

 

assenti

 

presenti in certi geni

 

genici non codificabili)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sensibilità agli antibiotici

inibita la sintesi

non viene inibita la

 

 

 

 

proteica

 

sintesi proteica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

peptidoglicano (polimero

presente

 

assente

 

 

glucidico con brevi polipeptidi)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

lipidi che formano membrana

catene carboniose

catene carboniose

 

 

 

 

non ramificate

ramificate

 

 

Gli archebatteri sono molto più simili agli eucarioti che agli eubatteri comunque esistono due tipi di organismi procarioti.

I procarioti presentano una grande varietà di forme

Le cellule procariote sferiche sono dette cocchi, se sono in grappoli stafilococchi e se, invece, sono in catene streptococchi.
I procarioti a forma di bastoncini si chiamano bacilli e hanno una vita solitaria ma se si presentano in coppie sono diplobacilli e se sono in catene streptobacilli.
Le cellule procariote curve o a spirale sono chiamate vibroni, se invece sono a simili a un cavatappi sono detti spirilli se corti e rigidi o spirochete se sono formati da cellule lunghe e flessibili.

I procarioti possono procurarsi il nutrimento in vari modi

La modalità di nutrizione è come un organismo di procura energia e carbonio.
Gli autotrofi riescono a procurarsi il carbonio dall‘anidride carbonica e l‘energia dalla luce solare o da alcune sostanze chimiche: i fotoautrotofi riescono a utilizzare la luce del sole facendo la fotosintesi mentre i chemioautotrofi ricavano l‘energia dai prodotti inorganici.
Gli eterotrofi ricavano il carbonio dai composto organici di cui si cibano: i fotoeterotrofi ricavano l‘energia dalla luce del sole mentre i chemioeterotrofi ricavano sia l‘energia che il carbonio dalle sostanze organiche e sono simili agli animali.
Quando le sostanze nutritive sono disponibili i batteri possono moltiplicarsi in maniera esponenziale ed hanno, quindi, un potenziale riproduttivo enorme anche se la loro crescita è limitata da fattori ambientali e dall‘accumulo do rifiuti metabolici da loro prodotti.

Probabilmente le prime cellule utilizzavano sostanze chimiche per ottenere carbonio ed energia

Le prime forme di vita procarioti dovevano avere un metabolismo semplice e anaerobico e ricavavano il carbonio e l‘energia dalle molecole e dagli ioni di cui era ricco l‘ambiente.
Le attuali forme di vita utilizzano ATP (adenasinatrifosfato) come energia, se questa molecola era presente nel brodo primordiale la prima forma di vita fu un chemioautotrofo che soddisfaceva il suo fabbisogno assorbendo molecole organiche. La prima crisi d‘energia si manifestò quando l‘ATP inominciò a scarseggiare nell‘ambiente ed alcune cellule devono aver sviluppato degli enzimi che rigeneravano ATP partendo dall‘ADP (adenasinadifosfato).
La prima forma di vita era un chemioautotrofo in grado di sintetizzare l‘ATP, aveva come fonte di carbonio l‘anidride carbonica e ricavava l‘energia di trasformazione da zolfo e ferro (l‘ATP potrebbe essersi generata grazie a una forma di chemiosmosi).

Gli archebatteri proliferano in condizioni estreme

La linea evolutiva degli archebatteri si è taccata da quella degli eubatteri molto tempo fa; ora gli archebatteri riescono a vivere in condizioni estreme.


alofili estremi

proliferano in ambienti salati e riescono a fare la fotosintesi senza avere la clorofilla ma avendo la batteriorodopsina che cattura l‘energia solare e da un colore viola

Termoacidofili

vivono nelle sorgenti calde fino a 80 gradi e a 2 di pH e danno un colore verde vivo (uno di essi si chiama Sulfolubus e sintetizza lo zolfo)

Metanogeni

proliferano in ambienti in cui c‘è carenza d‘ossigeno o non ce n‘è e sprigionano metano come prodotto di scarto sono presenti sul fondo dei laghi o delle paludi e nel tubo digerente degli animali che si nutrono soprattutto di cellulosa

Caratteristiche strutturali spcifiche permettono agli eubatteri di vivere quasi ovunque

Gli eubatteri sono un gruppo molto vasto dal quale tutte le forme di vita dipendono.
Essi sono dotati di flagelli che consentono il movimento e che possono essere distribuiti su tutta la parete o solo a una delle due estremità; questi flagelli sono diversi dai flagelli delle cellule eucariote perché il flagello batterico è una struttura proteica attaccata alla superficie tramite degli anelli rotanti a ha un movimento rotatorio propulsivo.
Gli eubatteri hanno i pili che sono appendici più corte e sottili dei flagelli ed aiutano i batteri ad attaccarsi tra loro o a superfici.
Pochi eubatteri sono formati da due cellule quella esterna e quella interna detta endospora, essa è prodotta dalla cellula esterna e ha un rivestimento spesso, un citoplasma disidratato e non ha funzioni metaboliche, è in grado di sopravvivere in condizioni estreme dove la cellula esterna scomparisce. 
Gli attinomiceti sono batteri molto comuni presenti nel suolo e demoliscono le sostanze organiche.
Gli streptomiceti, invece, secernono l‘antibiotico che inibisce la crescita del battere con cui competono.
Le colonie ramificate sono poco comuni e la maggior parte di questi batteri vive in colonie non ramificate.

A volte, negli ambienti acquatici si verificano fioriture di cianobatteri

La fioritura di cianobatteri nell‘acqua si nota dal colore verde-blu; gli eubatteri fotosintetici sono presenti nei laghi, negli stagni e negli oceani ma una grande fioritura di cianobatteri indica che l‘acqua è inquinata. I cianobatteri dominavano la terra da 3 a 1.5 miliardi di anni fa e diedero alla terra un colore verdastro e diedero origine agli atromatoliti. Alcuni dispositivi molecolari della loro fotosintesi potrebbero essere simili a quelli che hanno emesso ossigeno nell‘atmosfera per primi.

Alcuni batteri provocano malattie

Tutti gli organismi viventi entrano in contatto quasi costantemente con gli eubatteri alcuni dei quali sono nocivi anche se, grazie alla difesa immunitaria, noi ci sentiamo bene perché teniamo sotto controllo la crescita degli agenti patogeni.
Certi batteri che vivono sul nostro corpo possono farci ammalare e gli eubatteri patogeni sono i responsabili di circa la metà delle malattie umane.
Le esotossine sono proteine tossiche secrete da cellule eubatteriche includono alcuni dei veleni più conosciuti come, per esempio, quello che provoca il butulinismo. Un alto produttore di tossine è lo stafilococco aureus che vive innocuo sulla nostra pelle ma se entra nel corpo provoca gravi malattie.; una varietà d‘esso provoca la desquamazione, un altro vomito e diarrea, un altro ancora uno schock potenzialmente mortale.
Le endotossine sono componenti della parete cellulare di alcuni batteri e sono glicolipidi che provocano febbre, dolori e cali di pressione.
Nell‘ultimo secolo l‘incidenza di queste malattie è diminuita grazie all‘igiene, alla costruzione di depuratori per l‘acqua e agli impianti di fognature in più si sono scoperti dei medicinali in grado di combattere questi agenti patogeni anche se alcuni di essi sono già divenuti immuni ai farmaci. Oltre a tutto ciò vi è un‘altra cosa da non trascurare la prevenzione.
Ad esempio indossare abiti chiari e usare repellenti chimici può evitare contatti con le zecche e la malattia di Lyme che è da esse causata.

I batteri patogeni vengono identificati in base a postulati di Koch

La diagnosi delle malattie batteriche ha come punto di riferimento i postulati di Koch che servono a dimostrare che i batteri sono la causa della malattia e sono i seguenti:

  • in qualsiasi animale se c‘è una certa malattia ci deve essere lo stesso agente patogeno
  • l‘agente patogeno va isolato e fatto crescere in un terreno di coltura in cui non vi siano altri tipi di cellule
  • la malattia deve manifestarsi anche negli animali da laboratorio dove viene iniettato l‘agente patogeno cresciuto nei terreni di coltura
  • l‘agente patogeno deve essere isolato da questi animali dapo che si è manifestata la malattia.

Questo lavoro si basa sulla ripetibilità dei risultati; la determinazione di un agente patogeno avviene se è possibile che: un determinato battterio provoca solo una malattia e si coltivino gli agenti patogeni degli animali da laboratorio.
I microbiologi hanno usato questo metodo anche per malattie che non sono batteriche anche se i virus si riproducono in una cellula ospite e se i protisti possono richiedere altre cellule per nutrirsi.
I criteri di base utilizzati per determinare la maggior parte delle malattie infettive sono quelli di Koch. 

I cicli chimici che avvengono sulla terra dipendono dai procarioti

I procarioti che ceusano malattie sono pochi rispetto a quelli che sono utili per la nostra salute, essi hanno un ruolo preponderante nei cicli chimici che avvengono tra organismi e componenti abiotiche. Un‘altra funzione che hanno è quella di decompositori ossia decompongono la materia organica in inorganica che può essere utilizzata da altri organismi; questo procarioti sono utilizzati negli impianti di trattamento delle acque di scolo.

 

I batteri possono aiutarci a risolvere alcuni problemi ambientali

Certi batteri possono decomporre il petrolio e spesso si gettano prodotti chimici sulle spiagge inquinate stimolando la loro riproduzione; questi batteri ricavano energia e carbonio dagli idrocarburi e li decompongono in composti più piccoli e meno tossici.
I batteri possono essere usati per pulire vecchi siti minerali perché questo tipo di batteri ricava energia ossidando lo zolfo o dei composti contenenti lo zolfo e trattiene i metalli, l‘unico problema è che il suo metabolismo fa aumentare la concentrazione di acido solforico.

Riassumendo: i procarioti sono alla base della vita sulla terra

Tutta la vita dipende dai procarioti; l‘evoluzione della vita e la variazione dell‘ambiente sono legate fra loro e sono state di carattere episodico ed hanno portato a rivoluzioni e a nuovi modelli di vita. I procarioti sono stati colpiti da queste rivoluzioni e hanno avuto un impatto ambientale maggiore di qualsiasi altra specie, ad esempio la comparsa di ossigeno nell‘atmosfera è dovuta a loro ed oltre a ciò sono stati i primi organismi ad adattarsi alle nuove condizioni.
Il ruolo dei cianobetteri e di altri nel ciclo dell‘azoto è essenziale per tutte le forme di vita, quindi i procarioti sono essenziali sia dal punto di vista ambientale che evolutivo.

Comunità e escosistemi

Nella biosfera l‘acqua compie un ciclo che coinvolge tutto il pianeta

Il ciclo dell‘acqua è azionato dal calore del sole che innesca i tre processi principali: precipitazioni, evaporazione e traspirazione delle piante, questi processi consentono scambi fra terraferma, oceani e atmosfera. Sopra gli oceani l‘evaporazione è superiore alle precipitazioni di conseguenza vi è un movimento verso la terraferma del vapore acqueo in eccesso. Sulla terraferma le precipitazioni sono maggiori dell‘evaporazione e della traspirazione; l‘eccesso si raccoglie nei laghi, nei fiumi e nelle acque del sottosuolo che poi rifluisce al mare.
L‘uomo può influenzare il ciclo dell‘acqua ad esempio disboscando le foreste pluviali che sono una delle maggiori fonti d‘acqua atmosferica perché le piante traspirano molto grazie alla vegetazione fitta oppure prelevando troppa acqua dal sottosuoloper irrigare provocando l‘impoverimento dei depositi sotterranei.

Il ciclo del carbonio dipende dalla fotosintesi e dalla respirazione cellulare

Il carbonio ha un serbatoio atmosferico e una circolazione mondiale.
L‘anidride carbonica viene trasformata in composti arganici dalle piante, dalle alghe e dai cianobatteri, alcune di queste sostanze vengono mangiate dai consumatori primari mentre gli altri consumatori ricavano da essi il carbonio mentre i composti presenti nei detriti vengono utilizzati dei decompositori e dai detrivori. La respirazione fa ritornare l‘anidride carbonica nell‘atmosfera e questa quantità è pari a quella rimossa dalla fotosintesi anche se adesso a causa del non bilanciamento delle cose il pianeta si sta riscaldando.

Il ciclo dell‘azoto dipende soprattutto dall‘attività dei batteri

Le piante possono utilizzare l‘azoto sotto forma di ioni nitrato o ioni ammonio che si formano grazie a dei batteri del suolo.
Gli azotofissatori vivono in simbiosi con le radici delle piante di legumi e trasformano l‘azoto atmosferico in ammoniaca che poi diventa ione ammonio.
I batteri nitrificanti trasformano lo ione ammonio in ione nitrato che è la principale fonte di azoto per le piante che in questo modo diventa disponibile per i consumatori.
Coloro che completano il ciclo sono i batteri denitrificanti che trasformano i nitrati presenti nel suolo in azoto atmosferico, ci sono anche alcuni nitrati che si formano tramite reazioni chimiche nell‘atmosfera e poi giungono al suolo con precipitazioni e polveri.
L‘uomo ha modificato il ciclo dell‘azoto ad esempio utilizzando fertilizzanti che contengono composti azotati che si infiltrano nel ciclo dell‘acqua e provocano uno sviluppo di alghe o l‘inquinamento delle acque sotterranee.

 

Fonte: http://www.myskarlet.altervista.org/Scuola/Microbiologia.doc
Autore: non identificabile dal documento

 

 

APPUNTI DI MICROBIOLOGIA

 

 

La microbiologia è un ramo della biologia che studia i microrganismi, cioè quegli organismi unicellulari aventi dimensioni molto piccole e visibili solo al microscopio. Tali microrganismi sono i batteri, i virus, i lieviti e i protozoi.

BATTERI

I batteri hanno generalmente dimensioni di 0,25 a 1,5 micron di spessore e da 1 a 10 micron di lunghezza, suscettibili però di notevoli eccezioni. Sono tutti unicellulari, ma spesso più cellule si uniscono a formare delle  colonie ed è in base alla forma di queste che si differenziano i batteri. Esistono infatti forme diritte, a piccoli bastoncini, forme ricurve a virgola, a mezza luna (vibrioni e spirilli), forme tondeggianti (cocchi).
Le colonie possono assumere l'aspetto di filamenti, derivanti dall'unione di due o più cellule batteriche, oppure possono avere forma di piastre o di cubi (sarcine).
Nella tabella seguente vengono riportate le varie  forme di cellule batteriche in relazione alla forma e alle disposizione delle cellule.

 

     COCCO (sfera)

BACILLO (bastoncino)

SPIROCHETA (spirale)

VIBRIONE (Virgola)

STREPTOCOCCO

STAFILOCOCCO

 

Sono microrganismi che albergano comunemente nel terreno, nell'acqua, e sullo stesso corpo dell'uomo o degli animali, spesso senza provocare malattia (in tal caso i soggetti sono detti "portatori sani"). La maggior parte dei  batteri sono "non patogeni", cioè non sono ingrado, in condizioni abituali, di provocare malattia, come ad esempio i costituenti la "flora intestinale", preposti alla demolizione di alcuni nutrienti o alla produzione di vitamine.
Altri batteri sono in grado di trasformare l'azoto presente nell'aria in forma utilizzabile dalle piante con le quali vivono in simbiosi. Questo processo prende il nome di fissazione dell'azoto.
Batteri utili vivono nello stomaco dei ruminanti permettendo loro di digerire le fibre di cui si nutrono.
Il formaggio, il burro, lo yogurt sono prodotti che derivano dalla fermentazione del latte ad opera di certi tipi di batteri.
La cellula batterica è molto semplice: è avvolta da uno strato mucoso di vario spessore che quando è particolarmente voluminoso costituisce la capsula che serve a proteggere la cellula batterica dalle condizioni ambientali sfavorevoli e a farla aderire agli organismi ospiti. Sotto la capsula troviamo la parete cellulare  che conferisce alla cellula batterica la sua forma caratteristica. A seguire abbiamo  la membrana plasmatica, sottile ed elastica, che delimita il citoplasma, di aspetto granuloso e ricco di RNA . Nella cellula batterica manca un nucleo ben definito, poiché manca la membrana nucleare, ma nella zona centrale del citoplasma sono concentrati i corpi cromatinici contenenti DNA e quindi i geni. Nei batteri non avviene la mitosi, ma quando la cellula si divide, si dividono anche i corpi cromatinici, per cui si avrà un’eguale distribuzione del DNA nelle cellule figlie.
Alcune cellule batteriche sono immobili; altre, invece,  sono dotate di appendici filamentose, dette ciglia, che con i loro movimenti le fanno fanno spostare nell’acqua o in altri liquidi.

La maggior parte dei batteri non sono capaci di sintetizzare le sostanze organiche che servono per la loro crescita partendo da sostanze minerali ma sono eterotrofi, hanno cioè bisogno di sostanze organiche già formate da altri organismi. Se si nutrono di sostanze organiche derivate da organismi morti, i batteri vengono detti saprofiti; se invece si insediano negli organismi viventi, sia animali che vegetali, invadendone i tessuti, vengono detti parassiti.
Altri batteri sono invece autotrofi, essendo in grado di utilizzare l’anidride carbonica ed altri composti organici per sintetizzare  le sostanze organiche a loro necessarie.
Per quanto riguarda la respirazione  esistono specie batteriche che possono vivere solo in presenza dell'ossigeno atmosferico, altre che lo sopportano solo in minime quantità o che non lo sopportano affatto, nonché specie che possono vivere sia in presenza sia in assenza di questo gas. I batteri che per vivere utilizzano ossigeno sono detti "aeròbi", quelli che non l'utilizzano "anaeròbi”.
Si riproducono per scissione binaria, cioè avviene la divisione e la separazione del cromosoma seguita dalla formazione di un setto con produzione di due cellule figlie; in condizioni favorevoli la crescita e la divisione batterica avvengono di solito molto rapidamente, una divisione ogni 20’ circa, suddividendosi in due cellule, che a loro volta si sdoppiano, e così via. La crescita batterica va considerata come la crescita di milioni di cellule e può essere studiata misurando la quantità di batteri presenti nell’unità di volume in un terreno colturale liquido a diversi intervalli di tempo e ricavando una curva logaritmica (numero di germi sulle ordinate, tempo sulle ascisse) otteniamo l’andamento della crescita.

 


Volendo rappresentare la crescita batterica in modo più immediato, può essere utile la seguente immagine:


Alcuni batteri patogeni producono sostanze tossiche, dotate di potere antigenico, dette tossine. Vengono distinte in esotossine ed endotossine. Le esotossine,  di natura proteica, sono liberate dalla cellula batterica man mano vengono sintetizzate, hanno proprietà altamente antigeniche stimolando la formazione di antitossine a titolo elevato, che neutralizzano la tossina; sono sostanze particolarmente instabili e perdono la tossicità in seguito a riscaldamento oltre i 60°C. Comprendono la maggior parte delle tossine prodotte dai batteri Gram-positivi tra cui ricordiamo la difterica, la stafilococcica e la streptococcica.
 Le endotossine, di natura lipopolissaccaridica, fanno parte integrante della parete cellulare dei batteri Gram-negativi e vengono liberate in seguito alla loro disintegrazione. Sono particolarmente stabili al calore sopportando per ore il riscaldamento oltre i 60°C senza perdere la tossicità. Un endotossina piuttosto pericolosa è la tossina botulinica.
Alcune specie batteriche hanno la proprietà di formare delle spore, o meglio delle endospore, dotate di un involucro protettivo resistente sia  al calore che  ai prodotti chimici; il processo di formazione delle spore non comporta una moltiplicazione poiché nella sporulazione ciascuna cellula vegetativa forma solo ua spora e tale spora nella successiva germinazione dà luogo ad un’unica forma vegetativa. Nei batteri sporigeni, l'endospora viene prodotta quando la coltura entra in fase stazionaria.
Per potersi sviluppare i batteri necessitano di quattro fattori fondamentali:

  • Abbondanza di principi nutritivi
  • Temperatura adeguata
  • Umidità
  • pH idoneo.

In assenza di principi nutritivi quali le proteine e i carboidrati, i microrganismi non si sviluppano.
La temperatura è un parametro molto importante per la moltiplicazione e la sopravvivenza stessa dei microbi.
In base a questo parametro possiamo suddividere i batteri in diverse categorie microbiche:

  • psicrofili, che preferiscono un habitat avente temperature variabili da – 5°C ai + 30°C, con un optimum intorno a 0°C;
  • mesofili, che crescono a  temperature intermedie che vanno dai 10°C ai 45°C; all’interno di questa categoria troviamo specie che si sviluppano anche a basse temperature (0°C), gli psicotropi, e specie che hanno un optimum superiore, intorno ai 45°C (termotrofi);
  • termofili che crescono a temperature tra i 40°C e i 60°C, con un optimum attorno ai 45°C.

 

 

 

Tmim

Topt

Tmax

 

Psicrofili

-5°C

0°C

30°C

Psicotrofi

0°C

25°C

37°C

Mesofili

10°C

30-37°C

45°C

Termotrofi

20°C

45°C

50°C

Termofili

40°C

55°C

65°C

Sulla base del pH  i microbi vengono classificati in :

  • acidofili
  • neutrofili
  • basofili

La maggior parte dei batteri preferisce ambienti a pH neutro, mentre i germi patogeni trovano difficoltà di sviluppo e di produzione delle tossine se si trovano in un ambiente con pH <= 4 e pH >= 9; i lieviti e le muffe, invece possono svilupparsi anche in ambienti con valori di pH prossimi a 2.
Dose minima  infettante
Affinchè i microbi possano esplicare la loro patogenicità in un organismo è necessario che vi sia una dose minima infettante, che è il numero di microrganismi necessari per provocare la malattia. Per alcune specie batteriche la dose minima infettante non può essere definita in modo soddisfacente; primo perché tra i consumatori ci sono categorie più a rischio rispetto ad altri quali i bambini, gli anziani, le donne incinte e persone immunodepresse che se esposti al contatto con i microorganismi patogeni sviluppano la malattia più di un individuo adulto sano. Inoltre siamo condizionati da numerosi fattori psicologici che influenzano la dose minima infettante, quali il diverso grado di acidità dei succhi gastrici, la presenza di una diversa flora batterica intestinale, lo stato immunologico, lo stato nutrizionale nonché lo stress.

 

Per studiare ed identificare i batteri ci si avvale essenzialmente di:
1. caratteristiche morfologiche, rilevabili al microscopio ottico;
2. caratteristiche tintorialievidenziabili con metodi di colorazione tipo Gram,      Ziehl, ecc.;
3. esame delle coloniesviluppatesi da mezzi colturali particolari;
4. esame del potere antigene.
Lo studio microscopico dei batteri può essere effettuato sia con esame a fresco o previa colorazione che serve per aumentare il contrasto durante l'osservazione al microscopio ottico. La colorazione permette di determinare più facilmente le dimensioni e la forma delle cellule colorate e di apprezzare alcune strutture cellulari. I coloranti sono composti organici contenenti dei radicali cromofori che producono colore. Le tecniche di colorazione possono essere suddivise in:
Colorazioni semplici - Rendono le cellule meglio evidenziabili all'osservazione microscopica. Richiedono l'uso di un solo colorante (es. blu di metilene, cristal violetto, fucsina basica).


Colorazioni complesse - Richiedono l'uso di più coloranti. Mettono in evidenza non solo la morfologia, ma anche determinate caratteristiche di gruppi di microrganismi (colorazioni differenziali). Le colorazioni differenziali utilizzano due coloranti, di cui il primo si chiama primario; il differenziamento si ottiene applicando una soluzione che allontana il colorante primario da alcune cellule o strutture; il secondo colorante che colora le cellule decolorate si chiama colorante secondario o di contrasto. Le colorazioni differenziali sono largamente impiegate nell'identificazione dei batteri. Una delle colorazioni differenziali più comuni è la colorazione di Gram.
Sulla base di questa colorazione, i batteri si possono dividere in due gruppi principali, Gram-positivi e Gram-negativi. In seguito alla colorazione i batteri Gram-positivi si colorano in blu-violetto, mentre i Gram-negativi si colorano in rosso. Il diverso comportamento dei due gruppi di batteri è dovuto alla differente composizione della parete cellulare.


Per ottenere colonie batteriche è necessario coltivare i batteri in terreni di coltura costituiti da sostanze più o meno complesse capaci di mantenere la vitalità e di permettere la moltiplicazione dei batteri anche fuori dal loro ambiente di vita naturale.  I terreni colturali posso essere liquidi, solidi, di arricchimento, selettivi e di identificazione. In base alle esigenze metaboliche del microrganismo da identificare, vengono effettuate delle semine di campioni biologici o alimentari in terreni appropriati, incubati ad una determinata temperatura per un certo numero di ore, quindi le colonie sospette vengono ulteriormente piastrate su terreni selettivi e, dopo incubazione a temperature idonee, si passa alla identificazione del microrganismo con test biochimici  e con prove sierologiche per la ricerca degli anticorpi specifici.


 Batteri in piastra di coltura




 

 

 VIRUS
I virus sono microorganismi le cui dimensioni sono talmente ridotte (10 – 6 mm) da essere visibili solo al microscopio elettronico.
Sono le entità viventi più semplici e sono costituiti da un rivestimento proteico chiamato  capside , di un core interno, contenente l’acido nucleico (DNA o RNA), spesso associato a proteine.
Alcuni virus possiedono anche un rivestimento esterno di glicoproteine e lipidi.
Essi  non fanno parte di nessun regno dei viventi poiché non hanno una vita propria, ma possono moltiplicarsi solo come parassiti di altre cellule, usufruendo dei sistemi enzimatici di queste ultime.
Vi sono molte definizioni di virus; quella che più dà l’idea del virus è la definizione che Luria e Darnell espressero nel 1967: “i virus sono entità, il cui genoma è un elemento di acido nucleico, DNA o RNA, tali che si riproducono nell’interno di cellule viventi usandone i sistemi enzimatici per dirigere la sintesi di particelle specializzate, i virioni, che contengono il genoma virale e lo trasferiscono ad altre cellule”.
I virus hanno una forma geometrica ben precisa, determinata dalle forze fisiche che tengono insieme le molecole proteiche che costituiscono la struttura protettiva dell’informazione genetica, cioè l’acido nucleico. Le forme virali più semplici sono a simmetria cubica ed elicoidale.
I virus sono parassiti obbligati perché hanno bisogno di cellule che li ospitino per potersi riprodurre.
La cellula ospite fornisce l’energia e i precursori  per la sintesi delle proteine e dell’acido nucleico del virus. L’acido nucleico virale contiene le specificità genetiche per codificare tutte le macromolecole virus-specifiche in modo organizzato.
Il loro ciclo replicativo, o ciclo litico, presenta delle sequenze specifiche:  

  • fase di assorbimento e penetrazione: il virus si lega ai recettori specifici,  presenti sulla superficie della cellula ospite e penetra, interamente o solo il suo acido nucleico,  nella cellula;
  • fase di replicazione: il virus utilizza i sistemi enzimatici e i materiali della cellula ospite per replicare il proprio acido nucleico e le proprie proteine;
  • fase di assemblamento: le proteine del capside rivestono l’acido nucleico;
  • fase di fuoriuscita: i virus abbandonano la cellula ospite, spesso ricorrendo alla rottura del rivestimento cellulare.


Ciclo litico
In molti casi, quando l’acido nucleico virale penetra nella cellula ospite, il metabolismo cellulare viene modificato favorendo esclusivamente la sintesi di nuove particelle virali; in altri casi i processi metabolici della cellula ospite non vengono alterati in modo significativo anche se la cellula sintetizza proteine e acidi nucleici virali.
Per la diagnosi di laboratorio si utilizzano metodiche che si basano sulla morfologia quali l’identificazione di elementi caratteristici a livello delle cellule infette, le inclusioni, l’individuazione di ammassi virali mediante la microscopia elettronica oppure la ricerca degli antigeni virali con la immunofluorescenza.  Per la riproduzione virale e quindi per l’identificazione dei vari virus si utilizzano cellule animali sviluppate in vitro cioè si ricorre alle colture cellulari.

 

 

 

Esempio di virus (batteriofago)

LIEVITI

I lieviti  sono funghi appartenenti alla classe Ascomycetes. Sono organismi eterotrofi, privi di clorofilla e caratterizzati da una vasta differenziazione di habitat naturali; difatti sono comuni sulle foglie e sui fiori delle piante, ma anche sulla pelle e nel tratto intestinale degli animali a sangue caldo, dove sono capaci di vivere in simbiosi o agire da parassiti; si trovano anche nel suolo e nell’acqua di mare, dove contribuiscono alla decomposizione dei materiali vegetali, comprese le alghe.
Si moltiplicano per gemmazione o per divisione diretta oppure possono crescere come semplici filamenti irregolari formando i miceli.
Vengono in genere distrutti da una temperatura elevata (100° C) .
Le muffe comprendono diversi tipi di funghi i cui miceli ( i corpi vegetativi) assomigliano a fiocchi di cotone.
Esse sono in grado di crescere su diversi substrati di natura organica e prosperano meglio in condizioni di elevata temperatura ed elevata umidità.
Molte però sono in grado di sopravvivere a temperature vicine a quella di congelamento creando perciò una serie di problemi nel mantenimento dei cibi refrigerati.
Le micotossine sono i composti tossici che vengono prodotti da alcuni tipi di muffe (Aspergillus, Penicillium e Fusarium) in particolari condizioni di temperatura e di umidità.
Le micotossine sono una classe costituita da circa 100 molecole che presentano diverso grado di tossicità e tra esse le aflatossine, in particolare l'aflatossina B1, hanno un alto potere cancerogeno.

 

 Muffe cresciute in terreno di coltura selettivo

 

 

PROTOZOI

I protozoi sono organismi unicellulari, di piccolo dimensioni (10-200 m).
I protozoi, pur essendo unicellulari, hanno gegli orfanelli altamente specializzati che autonomamente assolvonotutte le funzioni vitali. Il loro corpo  è formato da una massa indivisa di protoplasma limitata da una membrana che presiede agli scambi di materiale con l'ambiente esterno. Nell'interno vi sono uno o più nuclei, piccole gocce di acqua, dette vacuoli alimentari, che contengono le sostanze nutritive nei vari stadi di digestione e in alcune specie, come ad es. nel paramecio, corpuscoli chiari detti vacuoli pulsanti che, contraendosi ritmicamente, regolano la quantità di liquido presente nel corpo.
Il più comune processo di riproduzione è la scissione: il piccolo organismo, raggiunto il suo completo sviluppo, si suddivide in due cellule, ognuna delle quali contiene metà del patrimonio genetico ereditario. Tra i protozoi sono presenti anche le altre due forme di riproduzione agamica: la gemmazione, quasi esclusiva degli acineti, e la sporulazione, diffusa soprattutto tra gli sporozoi. La riproduzione sessuale (coniugazione), che si osserva nei ciliati, mira a costruire nei due coniugati un nuovo e più vitale apparato nucleare.


All'assunzione del cibo, che comprende organismi interi o frammenti, dai batteri alle alghe, dai lieviti a particelle di legno, da altri protozoi a piccoli metazoi, provvedono parti diverse della cellula, come il citostoma dei ciliati, gli pseudopodi delle amebe o i tentacoli degli acineti, con un processo di fagocitosi, cioè le particelle solide vengono avvolte dagli organuli preposti, inglobati e digeriti tramite gli enzimi digestivi prodotti dal citoplasma; numerosi protozoi a vita libera quali ad esempio i flagellati e la maggior parte dei protozoi parassiti assorbono il materiale nutritivo attraverso la membrana esterna del loro corpo e in tal caso possono utilizzare solo materiale in soluzione.


Ciglia, flagelli, membrane ondulanti e pseudopòdi sono gli organi locomotori dei protozoi;  il loro movimento sembra coordinato da un sistema fibrillare neuromotore (neuronema).
I protozoi comprendono numerose specie tra cui ricordiamo le  classi dei flagellati o mastigofori, i sarcodici o sarcodini, gli sporozoi, i ciliati o infusori, gli acineti o suttori. Acquatici, i protozoi sono ampiamente diffusi in acque dolci e salate, vivono inoltre nel terreno umido, come parassiti di animali e vegetali o simbionti con altri organismi. Per periodi più o meno lunghi possono sopravvivere alla mancanza di acqua con incistamento o formazione di spore. Quest’ultime sono caratteristici degli Sporozoi, privi di apparato di locomozione, parassiti e si nutrono assorbando per osmosi le sostanze alimentari dalle cellule o dai liquidi degli organismi che li ospitano. Un esempio di sporozoo è il Plasmodium, parassita del sangue che viene trasmesso dalle zanzare del genere Anopheles, responsabile nell’uomo della malaria.  L'optimum termico per lo sviluppo dei protozoi è compreso tra 16-25 °C; ma alcune specie svolgono il loro ciclo vitale anche sui ghiacciai, colorando di verde o rosso la superficie nivale, o in sorgenti termali.
Animali piccoli come i protozoi sono facilmente trasportati a opera del vento e degli animali e sono diffusi ovunque, ma abbondano specie nelle acque artiche e antartiche, ricche di composti azotati, necessari allo sviluppo del protoplasma.

 


Schistosoma visto al microscopio

                                                                                  
Ameba

            
un protozoo ciliato visto al microscopio

Legionella

La Legionella spp è uno degli agenti eziologici di polmonite batterica e deve il suo nome all’epidemia di polmonite che si verificò tra i partecipanti ad una riunione della Legione Americana nell’estate del 1976 a Philadelphia: tra gli oltre 4000 veterani del Vietnam presenti, 221 si ammalarono e 34 di essi morirono; solo in seguito si scoprì che la malattia era stata causata da un “nuovo” batterio, denominato Legionella, che fu isolato nell’impianto di condizionamento dell’hotel dove i veterani avevano soggiornato.
La Legionella è l’unico genere della famiglia delle Legionellaceae.
Si tratta di sottili bacilli Gram-negativi, aerobi, asporigeni, generalmente mobili per la presenza di uno o più flagelli e di dimensioni variabili da 0,3 a 0,9 mm di larghezza e da 1,5 a 5 mm di lunghezza (mentre in coltura sono frequenti forme filamentose lunghe fino a 20 mm). La parete cellulare di questi microrganismi è caratterizzata dalla presenza di acidi grassi a catena ramificata di solito non presenti nei batteri Gram-negativi.


Dal punto di vista biochimico le legionelle non presentano alcuna attività fermentativa degli zuccheri e la maggior parte delle specie è gelatinasi positiva e mostra una debole attività ossidasica e catalasica. Come fonte energetica le legionelle utilizzano diversi aminoacidi, tra cui cisteina, arginina, isoleucina e metionina, e la loro crescita è stimolata da composti del ferro. Alcune specie di Legionella sono autofluorescenti se illuminate da luce UV. Le legionelle sono difficilmente coltivabili e richiedono terreni di coltura specifici.
Le legionelle sono ampiamente diffuse in natura, dove si trovano principalmente associate alla presenza di acqua (superfici lacustri e fluviali, sorgenti termali, falde idriche ed ambienti umidi in genere). Da queste sorgenti Legionella può colonizzare gli ambienti idrici artificiali (reti cittadine di distribuzione dell’acqua potabile, impianti idrici dei singoli edifici, impianti di climatizzazione, piscine, fontane, ecc.) che si pensa agiscano come amplificatori e disseminatori del microrganismo. Alcune specie di Legionella, tra cui L.pneumophila, L.micdadei e in particolare L.longbeachae, sono state isolate dal terreno umido.
Le legionelle prediligono gli habitat acquatici caldi: si riproducono tra 25 e 42°C, ma sono in grado di sopravvivere in un range di temperatura molto più ampio, tra 57 e 60°C; mentre la Legionella non resiste, almeno nel 90% dei casi, quando si superino i 60°. I batteri residui possono però sopravvivere se riescono a penetrare nel biofilm (una concentrazione di micro-organismi che si raggruppano sulla superficie di un materiale) dove assumono una resistenza più accentuata ai trattamenti di disinfezione. Questi batteri presentano anche una buona sopravvivenza in ambienti acidi e alcalini, sopportando valori di pH compresi tra 5,5 e 8,1.
La facilità con cui Legionella si riproduce nell’ambiente naturale, in contrasto con la difficoltà a crescere sui terreni di coltura artificiali, è in buona parte dovuta alla capacità di questo batterio di moltiplicarsi all’interno di protozoi ciliati ed amebe che costituiscono una fonte di nutrimento e di protezione dalle condizioni ambientali sfavorevoli (temperatura ed acidità elevate, presenza di biocidi, ecc.), grazie anche alla capacità delle amebe di produrre forme di resistenza come le cisti.
La Legionella penetra nell’ospite attraverso le mucose delle prime vie respiratorie, in seguito ad inalazione di aerosol contaminati o più raramente di particelle di polvere da essi derivate per essiccamento o aspirazione di acqua contaminata. Una volta penetrati nell’organismo, i batteri raggiungono i polmoni dove vengono fagocitati dai macrofagi alveolari, che però non sono in grado di ucciderli o di inibirne la crescita: le legionelle riescono infatti ad eludere i meccanismi microbicidi dei fagociti e si moltiplicano all’interno di questi fino a provocarne la lisi, con il conseguente rilascio di una progenie batterica che può infettare altre cellule.
L’infezione causata dalla Legionella viene indicata con il termine generale di “legionellosi”; in realtà la legionellosi  può presentarsi in tre forme distinte:
  • La Malattia dei Legionari è la forma più severa dell’infezione, con una letalità media del 10%, che può arrivare fino al 30-50% nel caso di infezioni ospedaliere, e si presenta come una polmonite acuta difficilmente distinguibile da altre forme di infezioni respiratorie acute delle basse vie aeree. La malattia si manifesta dopo un’incubazione di 2-10 giorni con disturbi simili all’influenza come malessere, mialgia e cefalea cui seguono febbre alta, tosse non produttiva, respiro affannoso e sintomi comuni ad altre forme di polmonite. A volte possono essere presenti complicanze come ascesso polmonare ed insufficienza respiratoria. Inoltre possono comparire sintomi extrapolmonari utili ad indirizzare la diagnosi, quali manifestazioni neurologiche, renali e gastrointestinali.

-  La Febbre di Pontiac è una forma simil-influenzale che deve il proprio nome ad un’epidemia acuta febbrile verificatasi nell’omonima località del Michigan (USA) nel 1968. Si presenta come una malattia acuta autolimitante che non interessa il polmone: dopo un periodo di incubazione di 24-48 ore compaiono febbre, malessere generale, mialgia, cefalea ed a volte tosse e gola arrossata. La prima epidemia di Febbre di Pontiac è stata causata da L. Pneumophila di sierogruppo 1 mentre epidemie successive sono state attribuite a L. Feeleii, L. Anisa e L. Micdadei.
-  La legionellosi può manifestarsi anche in forma subclinica, come si può dedurre dal frequente riscontro di anticorpi anti-Legionellaspp in assenza di episodi di polmonite.
Il rischio di acquisizione della malattia dipende dalle caratteristiche del batterio, dalla suscettibilità individuale e dalle condizioni ambientali.

  • Microrganismo: la patogenicità è legata alla concentrazione del batterio, anche se nel caso di Legionella non è nota la dose minima infettante, alla virulenza del ceppo e alla sua capacità di sopravvivenza e moltiplicazione all’interno dei macrofagi.
  • Ospite: sono considerati più a rischio i soggetti di sesso maschile, di età avanzata, fumatori, consumatori di alcool, affetti da malattie croniche (broncopneumopatie ostruttive, malattie cardiovascolari e renali, diabete, ecc.) e con immunodeficienza acquisita in seguito ad interventi terapeutici (trapianti d’organo, terapia con steroidi e antitumorali, ecc.) o infezione da HIV.
  • Ambiente: tra i fattori di rischio ambientali sono di particolare rilevanza la modalità, l’intensità ed il tempo di esposizione.

La Legionella spp si trasmette all’uomo attraverso l’inalazione di aerosol contaminati, quindi tutti i luoghi in cui si può entrare a contatto con acqua nebulizzata possono considerarsi a rischio. Non sono stati segnalati casi di trasmissione interumana.
I primi casi di legionellosi sono stati associati alla contaminazione di impianti di climatizzazione, torri evaporative e sistemi di raffreddamento.
Attualmente in Italia le infezioni derivano prevalentemente dalla contaminazione dei sistemi di distribuzione dell’acqua.
Episodi sporadici e/o clusters epidemici sono stati segnalati in ospedali, case di cura, studi odontoiatrici, alberghi, campeggi, impianti termali e ricreativi (palestre, piscine, idromassaggi), giardini e campi da golf con sistemi di irrigazione a spruzzo e/o fontane decorative, navi da crociera.
In letteratura sono riportati diversi casi di infezione in neonati (a causa della presenza di Legionella nell'acqua della vasca dove è avvenuto il parto) e in pazienti con ferite chirurgiche (a causa di aspirazione, instillazione e/o aerosolizzazione di acqua contaminata durante la terapia respiratoria).
Nonostante i numerosi siti di potenziale infezione, i casi segnalati restano relativamente limitati, in parte perché misconosciuti ed in parte perché non sono ancora del tutto chiari i meccanismi di protezione degli esposti.
In realtà la Legionellosi è molto più diffusa e pericolosa di quanto si pensi tanto che la Conferenza permanente per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Provincie Autonome di Trento e Bolzano, hanno ratificato nell’Aprile 2000 le  “Linee guida per la prevenzione ed il controllo della Legionellosi”, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale del 5 Maggio 2000, n.103. Le Linee Guida costituiscono il documento base con le indicazioni per l’accertamento dei casi di Legionella e per la messa in atto delle misure preventive e di controllo, così come si rileva dai contenuti del documento stesso:
Linee Guida


Introduzione

- Strategie di intervento

- Epidemiologia

- Misure preventive per le piscine

- Clinica

- Misure di sicurezza per le procedure

- Diagnosi di laboratorio

- Decontaminazione

- Terapia

- All.1: ricerca di Legionella in Sorveglianza campioni organici

- Sorveglianza

- All.2: ricerca di Legionella in  campioni ambientali

- Indagine epidemiologica

- Isolamento di legionella sp.

- Misure di prevenzione e controllo nei sistemi impiantistici

- Revisione circolare 400.2 2/9/5708 del   29.12.93 (scheda sorveglianza)

- Metodi di prevenzione e controllo della contaminazione del sistema idrico

 

 

 

 

 

GLOSSARIO

Aminoacidi – sostanze organiche costituenti le proteine; sono i prodotti finali della digestione delle proteine e servono all’organismo per costruire nuove proteine.
Anticorpi – sostanze specifiche presenti nel sangue o nei liquidi interni di un organismo immune verso determinati agenti infettivi.
Antigeni – sostanze, generalmente di natura proteica, che introdotte in un organismo, stimolano in esso la formazione di anticorpi.
Aploide – termine usato per indicare una cellula, per esempio un gamete, che contiene solo un cromosoma per ciascuna coppia di omologhi o per indicare un organismo che ha cellule di questo tipo.
Batteri – un gruppo di protesti unicellulari, senza un nucleo ben definito
Batteriofago – virus capace di distruggere i batteri.
Cellula – l’unità strutturale e funzionale di tutti gli organismi
Cromosomi – corpuscoli nucleari a forma di bastoncello, costituiti da DNA unito a molecole proteiche; sono la sede dei geni.
Cromosomi omologhi – una coppia di cromosomi di forma identica aventi un’uguale disposizione di geni, presenti nelle cellule diploidi.
Diploide – termine usato per indicare una cellula avente un assetto completo di coppie di cromosomi omologhi o un organismo avente tale assetto.
DNA o acido desossiribonucleico – un acido nucleico composto da tante unità nucleotidiche, formate ciascuna da desossiribosio, acido fosforico e una base azotata.
Enzimi – catalizzatori organici prodotti dagli organismi, che regolano tutte le attività biochimiche.
Geni – i determinanti dei caratteri genetici, localizzati nei cromosomi e costituiti dalle varie porzioni di una molecola di DNA.
Globuli Bianchi – cellule del sangue nucleate, prive di pigmento, dotate di movimenti ameboidi e capaci di fagocitosi.
Globuli Rossi – cellule del sangue anucleate contenenti l’emoglobina
Immunità – la capacità di un organismo di resistere alle malattie infettive
Meiosi – un processo comprendente due divisioni cellulari durante le quali avviene la riduzione dei cromosomi al numero aploide
Mitosi – la duplicazione e la distribuzione dei cromosomi di una cellula nei nuclei delle due cellule figlie, prima della divisione del citoplasma
Nucleo -  la parte della cellula che contiene i cromosomi e che controlla tutte le attività cellulari
Osmosi – la diffusione dell’acqua attraverso una membrana semipermeabile da una soluzione a minore concentrazione a una soluzione a maggiore concentrazione
Parassita – organismo che trae il nutrimento da un organismo ospite, danneggiandolo
RNA o acido ribonucleico - un acido nucleico composto da tante unità nucleotidiche, contenenti lo zucchero ribosio; viene prodotto dal DNA e serve per controllare alcune attività cellulari, tra cui la sintesi proteica
Vaccino – batteri o virus morti o attenuati, che vengono inoculati per produrre un’immunità attiva in un organismo.

                                                                                                                         
                                                
Fonte: http://www.palermoclima.it/home/doc/Appunti%20di%20microbiologia.doc

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