Psicoanalisi Freud

 


 

Psicoanalisi Freud

 

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti. Se vuoi saperne di più leggi la nostra Cookie Policy. Scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie.I testi seguenti sono di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente a studenti , docenti e agli utenti del web i loro testi per sole finalità illustrative didattiche e scientifiche.

 

 

 

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

 

 

 

 

Psicoanalisi Freud

 

LA PSICOANALISI COME SOVVERSIONE DEL SAPERE
Con la nascita della Psicoanalisi viene intaccata ogni certezza, si dubita di ciò che si conosce e si abbandona il noto per l’ignoto.
Questo atteggiamento non riguarda solo l’oggetto della conoscenza ma soprattutto il rapporto del ricercatore con se stesso.
La conoscenza non è solo il prodotto dei processi cognitivi ma è determinata anche da dinamiche affettive non sempre consapevoli.
Nell’ambito della terapia psicoanalitica accadono, infatti, esperienze che mutano il modo con il quale l’uomo rappresenta se stesso e il mondo.
La psicoanalisi offre un nuovo codice di lettura delle produzioni culturali
Cambia il rapporto che il medico intrattiene con la malattia e con il paziente.
Per la psichiatria classica l’agente era il medico, lo strumento privilegiato lo sguardo, l’oggetto era il corpo del malato e il luogo l’ospedale psichiatrico.
Con la psicoanalisi, scienza dell’uomo, c’è coinvolgimento, tra medico e paziente non si frappone più la barriera del sapere e della tecnica.
Il medico si dispone all’ascolto, si rende passivo nei confronti del malato che parla.
Per la psicoanalisi  tutto l’agire umano anche il meno intenzionale è dotato di senso.
E’ un lavoro dal quale emerge l’esperienza dell’inconscio.
Con l’ingresso della Psicoanalisi nel mondo della cultura muta l’immagine di mondo e la figura di uomo.
La cultura classica pensa l’uomo al centro del mondo ed il mondo a misura dell’uomo ma questo insieme di certezze decade infliggendo tre ferite narcisistiche.
Il primo colpo è quello che deriva dalla scoperta copernicana che decentrando la terra priva l’uomo della sua posizione sovrana.
La seconda, quella darwiniana, colpisce l’uomo nella sua immagine facendolo discendere dal regno animale e non dal divino.
La terza ferita, quella psicoanalitica, mette in crisi l’ultima presunzione dell’uomo e cioè che l’Io non è padrone di se stesso.
La psicoanalisi sovverte anche la sessualità.
Per la medicina tradizionale la sessualità coincideva con il processo riproduttivo.
Ogni comportamento erotico che non fosse volto alla procreazione veniva tacciato di anormalità.
Freud invece separa l’energia sessuale nello scambio dal meccanismo generativo e riconosce la presenza della sessualità anche nello scambio di parole e di affetti che avviene tra paziente e terapeuta.
La sessualità è un’energia vitale.

BIOGRAFIA DI UNA SCOPERTA

Le tappe della vita di Freud rappresentano un itinerario di ricerca.
La sua vita è la psicoanalisi e rappresenta l’esperienza unica di una disciplina che si costituisce contemporaneamente, come teoria e come prassi, ad opere di un solo ricercatore.
Questa disciplina si è costituita infatti congiuntamente alle vicende autobiografiche del suo autore.
Per comprendere la teoria psicoanalitica bisogna cominciare con la descrizione degli influssi che hanno determinato la sua origine, con i tempi storici e con le circostanze importanti.
In passato vari nuclei ebrei vivevano nella medesima casa e questo crebbe l’interesse di Freud per i rapporti familiari, per i sentimenti infantili nei confronti dei genitori e per il misto di affetto e di ostilità che si organizza nelle forme di complesso edipico.
Il materiale di esperienza sul quale la psicoanalisi si costituisce proviene in buona parte dall’ambiente ebraico e risente della sua contraddizione.
Un episodio della sua infanzia nel quale il padre fu umiliato da un cristiano rivela la difficoltà di trovare una propria identità religiosa. Da una parte, infatti, assume una posizione di rifiuto e dall’altra, relativa all’aspetto sociale, dimostra una piena accettazione.
Visse a Vienna nella quale il clima culturale era pervaso da precarietà, da angoscia, dall’instabilità delle spinte centrifughe delle undici etnie e dai conflitti di classe.
Infine le caratteristiche a quel tempo attribuite di volta in volta alla femminilità, irrazionalità, sessualità, fantasia, creatività, inconsapevolezza sono le stesse che Freud riprenderà nel modello inconscio della sua teoria.
Freud scelse gli studi di medicina per l’entusiasmo verso le teorie di Darwin che offrivano la speranza di comprendere il mondo. La sua formazione culturale viene influenzata dal principio di conservazione dell’energia di Helmholtz che Freud utilizzerà nell’organizzazione del suo modello di apparato psichico.
In seguito all’incontro con il celebre clinico Charcot Freud avvicina la ricerca sperimentale in laboratorio con il metodo clinico che aveva nell’ospedale psichiatrico al suo centro e nell’ipnotismo il suo metodo, grazie al quale si potevano rievocare avvenimenti di cui non si conserva alcuna consapevolezza. Ciò che rimane escluso dalle aule del laboratorio è la fantasia, l’irrazionalità, la patologia, la femminilità e cioè l’isteria.

UN PARADIGMA DI SPIEGAZIONE SCIENTIFICA: L’ISTERIA
Breuer, un medico della comunità ebraica di Vienna, condivide con Freud i risultati di una terapia alla quale stava sottoponendo una sua paziente colpita da sintomi isterici ed è proprio da questo fatto che si fa discendere la psicoanalisi. Nella paziente tali sintomi erano sorti dopo l’assistenza al padre poi deceduto al termine di una grave malattia. In quel periodo, secondo Breuer, la paziente aveva sofferto di un acuto esaurimento, lo “stato ipnoide. Era necessario produrre, con l’ipnosi, una situazione di abbandono e passività nella quale la paziente poteva liberare la scarica emozionale per rimuovere il ricordo dell’evento traumatico. Durante la terapia la paziente riferiva la situazione nella quale era sorto un sintomo e al termine della rievocazione questo scompariva. Nonostante l’esito positivo Breuer  abbandona la terapia spaventato dall’intenso legame affettivo che si era determinato.
Ciò che il medico rifiuta è della stessa natura del blocco che ha determinato i sintomi della sua paziente: la sessualità. Per Freud è solo attraverso l’accettazione della propria sessualità che il terapeuta può operare con successo e ricondurre il paziente a risalire ai propri traumi sessuali, ed è attraverso il transfert che il nevrotico può abbandonare le proprie difese. Secondo Freud, infatti, l’ipnosi era la terapia più idonea al proletariato mentre l’analisi psichica catartica era adatta per pazienti colti che vivevano un disagio sociale, perché l’educazione, la morale e il costume non permettevano l’assunzione degli aspetti sessuali della personalità. All’inizio Freud ritiene che le isteriche abbiano sofferto nell’infanzia di un trauma di natura sessuale per la seduzione da parte del padre ma in seguito comprende che gli avvenimenti traumatici che le pazienti ricordano non sono necessariamente avvenuti. E’ opportuno quindi ricostruire il ricordo.
Da questo momento accanto alla realtà obiettiva viene riconosciuta una realtà psichica di pari dignità e capacità di determinazione. In questo itinerario di ricerca Freud scopre l’esperienza edipica. Il figlio risponde con amore al genitore di sesso opposto e con odio a quello del proprio sesso. L’isteria si dimostra collegata ad esperienze infantili costituite da una attività autoerotica che si rappresenta utilizzando i primi oggetti d’amore, cioè la figura dei genitori.
Quando il bambino verso i 5 anni rinuncia a questo soddisfacimento le fantasie ad esso associate diventano inconsce.

LA PRATICA FREUDIANA:  NOSOGRAFIA E TECNICA
Nelle opere di Freud è sempre stato difficile separare il momento applicativo dalla elaborazione teorica. Più volte Freud ha avvertito il pericolo che una teorizzazione producesse una rigidità a scapito della ricchezza e creatività dell’esperienza analitica. Nello stesso tempo avverte la necessità di fissare il sapere raggiunto affinché questo possa essere trasmesso e conservato. Nei primi scritti l’Io è visto come un alleato della terapia ed è, quindi possibile ricostruire la storia del soggetto in quanto il passato è conservato nella memoria. Il fine della terapia è un soggetto nuovo, padrone di sé e della sua storia. Vent’anni dopo non c’è più “ricostruzione” ma “costruzione” di una vicenda nella quale il soggetto non è l’unico protagonista e si trova in una zona intermedia tra la realtà e la fantasia. L’Io del paziente è ora visto come una forza che appone delle resistenze alla cura.
L’inizio della terapia analitica coincide per Freud con l’abbandono dell’ipnosi e con il lavoro analitico prende corpo il materiale inconscio. Freud distingue la nevrosi dalla psiconevrosi.La prima ha sintomi organici e deriva da una disfunzione della sessualità mentre la seconda è determinata da un conflitto psichico. Tra le nevrosi isola la nevrosi d’angoscia e i soggetti che soffrono di tale nevrosi rivelano, nel corso dell’analisi, di vivere una sessualità insoddisfatta.
Nel corso della terapia intervengono dei processi psichici di difesa che il nevrotico mette in atto.
Con fenomeni di resistenza come il blocco delle associazioni libere, le dimenticanze e le distrazioni, l’amnesia non è più il risultato passivo di una sottrazione di energia, ma un processo attivo che si oppone al ricordo. La rimozione ha quindi funzione di copertura. L’amnesia è la modalità con la quale si presenta per la prima volta, sulla scena analitica, il tema della sessualità infantile. Il paziente spesso rifiuta di abbandonare il sintomo quasi non voglia guarire. Freud spiega che il sintomo ha funzione di soddisfacimento sostitutivo e il suo abbandono provoca frustrazione. Il paziente, potrebbe cercare un sostituto gratificante nella cura, impegnandosi in una relazione di transfert degli affetti, un tempo legati alle figure parentali, che reinveste sul terapeuta. Il transfert per il paziente si presenta come un sintomo mentre per il terapeuta è il terreno privilegiato della terapia. Il paziente deve stendersi su di un lettino in una posizione di abbandono che costituisce un residuo della passività richiesta dalla terapia ipnotica. Freud sottolinea che nell’atto terapeutico è necessario che l’analista non sia un ascoltatore passivo, la comunicazione non deve essere unidirezionale ma il risultato di una interazione fra due inconsci. Nell’ambito della psicoanalisi l’interpretazione deve dar voce al desiderio inconscio. Il lavoro analitico deve recuperare ciò che è stato dimenticato partendo dalle tracce rimaste. Il paziente può rifiutare l’interpretazione offerta dall’analista oppure accettarla pienamente e Freud intravede in entrambi gli atteggiamenti una resistenza. Per stabilire la validità del sapere analitico è necessario che il terapeuta verifichi l’esito della terapia con un “aumento della produttività” del paziente che deve reagire alla interpretazione finale apportando arricchimenti con sogni, ricordi e associazioni. Lo scopo dell’analisi è il raggiungimento della normalità psichica ma Freud sostiene che è impossibile trovare un equilibrio conflittuale quindi è necessario accettare la radicale limitazione della psicoanalisi così come di ogni altra scienza.
Non resta allora che fissare un termine terapeutico provvisorio.

 

LA VITA E’ SINTOMO

In Freud è costante la volontà di trasporre l’esperienza terapeutica in un patrimonio di conoscenze generali. La barriera che separa salute e patologia cade di fronte alla constatazione che non esiste un confine netto tra anormalità e normalità nervosa. Niente gli sembra specifico della patologia. La contrapposizione tra salute e malattia cessa di esistere in quanto la patologia è connaturata alla vita dell’uomo al suo rapporto col mondo. La malattia è diffusa in ogni attività umana e nei prodotti culturali e sociali. Nulla accade casualmente ogni manifestazione, anche la più insignificante, è prodotta dal desiderio inconscio. Lo sguardo analitico si posa infatti, sui margini delle attività consapevoli, ma, soprattutto, investe l’altra scena del pensiero dell’uomo, il versante notturno. Nel sonno l’attività psichica si realizza come produzione di immagini. Il significato del sogno va ricercato nella realizzazione del desiderio inconscio che è stato rimosso. Secondo Freud la logica del sogno è la mappa che indica la strada nell’esplorazione dell’inconscio. Analizzando il sogno , il sintomo, Freud ripercorre a ritroso le tracce della rimozione lungo una mappa che parte dai primi conflitti di natura sessuale vissuti dal bambino. Il sogno ,quindi, non è l’inconscio ma una delle sue rappresentazioni.
Per Freud lo scopo immediato dell’attività onirica è quello di proteggere il sonno dall’irruzione di stimoli interni ed esterni. Poiché nulla, nello sviluppo psichico, è superato una volta per tutte, i desideri sessuali connessi con le precoci vicende della sessualità infantile si ripresentano alla coscienza nel momento di debolezza in cui il sogno allenta le sue difese. Quello che il paziente porta in analisi non è il sogno ma il ricordo di una esperienza onirica organizzata in un discorso e mediato dalle esperienze della giornata i cosiddetti “resti diurni”. Nell’organizzazione interviene il rifacimento visivo, la condensazione di più elementi, lo spostamento del contenuto rimosso ed infine l’ordinamento. Il testo del sogno arriva già sottoposto a due elaborazioni quella primaria relativa al sognare e quella secondaria della sua trascrizione in racconto. L’analisi utilizza l’interpretazione del contenuto onirico per arrivare alla costruzione del passato rimosso.
Benché l’interpretazione del sogno sia interminabile, essa si conclude quando raggiunge il desiderio latente formulato. Lo sguardo psicoanalitico spazia dalla scena notturna del sogno alla dimensione del quotidiano, investendo i gesti, le parole, i silenzi in quanto la vita per Freud è essa stessa sintomo. La psicoanalisi legge il sintomo come l’enigmatica trascrizione di impulsi ideativi ed affettivi rimossi da riportare, attraverso l’interpretazione, alla coscienza

IL BAMBINO PSICOANALITICO
Freud ripercorre a ritroso le tracce della rimozione lungo una mappa che porta ai primi conflitti sessuali vissuti nell’infanzia. Nella sua prima dottrina all’origine delle nevrosi si trovava un trauma reale ma, in seguito viene ritrattata. In passato veniva presa in considerazione solo la sessualità adulta che coincideva con la facoltà riproduttiva. E’ necessario sottolineare invece che la fase adulta è anticipata da una sessualità infantile relativamente autonoma, sterile e finalizzata al piacere autoerotico. Già alla nascita, il piccolo è dotato di una precisa organizzazione sessuale e di una energia sessuata. Le pulsioni sessuali infantili vengono rimosse di fronte alle barriere del pudore e della moralità. L’amnesia infantile preclude infatti ricordi precedenti il settimo, ottavo anno di età. Questa pulsione sessuale è avvertita come il maggior ostacolo alla educabilità del bambino. Se la sessualità ha resistito ai processi inibitori si esprimerà attraverso la perversione invece se la rimozione è stata eccessiva emergerà sotto forma di nevrosi. Per Freud la sessualità già presente nel neonato serve da sostegno ai processi vitali. Il desiderio viene considerato legato a tracce mnestiche lasciate da precedenti esperienze di soddisfazione. Dall’osservazione si può vedere che il piccolo ricerca il piacere della suzione per se stesso mettendosi in bocca un dito che rappresenta il seno, l’oggetto primario, della soddisfazione. Il bambino ricerca un piacere autoerotico utilizzando il proprio corpo come tramite verso la soddisfazione. L’organizzazione fallica della libido rappresenta il vertice delle vicende pulsionali dell’infanzia. Si presenta verso il terzo anno di età una richiesta pulsionale genitale che reclama un suo oggetto e non può che riconoscerlo nella persona più vicina, la madre, con la quale il bambino ha da tempo sperimentato un rapporto di fiducia. La madre, a sua volta, considera il figlio come il suo oggetto privilegiato.
Il padre è vissuto come l’ostacolo, diviene oggetto di odio. L’amore per il genitore del sesso opposto e la rivalità nei confronti di quello del proprio sesso è l’Edipo semplice, al quale Freud contrapporrà la forma inversa che compare in modo alternato, e consiste nell’amore per il genitore dello stesso sesso e nella rivalità con quello del sesso opposto. Inizialmente, quindi, la libido si concentra intorno alla zona orale. Il seno materno costituisce il suo oggetto specifico. La libido orale organizza un primo rapporto affettivo col mondo, secondo cui ciò che è buono deve essere incorporato. Successivamente la libido si concentra intorno alla zona anale. In questa fase le aspettative materne, in corrispondenza dell’educazione sfinterale, organizzano un sistema di aspettative. Il bambino deve trattenere le feci per espellerle a tempo debito e utilizza ben presto questa funzione a fini erotici. La massa fecale sollecita la mucosa anale e le feci, investite affettivamente, funzionano come un dono da offrire alla madre, stabilendo nei suoi confronti un primo scambio amoroso. Ciò che nella tragedia di Edipo è rappresentato come tentativo di uccisione da parte del padre viene vissuto, nella esperienza di ogni bambino, come la paura della castrazione. Il complesso edipico svanisce con l’identificazione del bambino con il padre.
L’autorità paterna costituisce il Super-Io che è, quindi, l’erede del conflitto edipico.
Il Super-Io non si forma ad immagine dei genitori ma ad immagine del loro Super-Io.
Il tramonto del complesso edipico coincide con l’inizio del periodo di latenza che va dal termine dell’infanzia fino alla pubertà.  Per quanto riguarda la bambina Freud sostiene che entra nell’Edipo nel momento in cui si riconosce biologicamente deprivata del pene. Anche lei, come il maschio, ha come oggetto, l’amore della madre, ora se ne allontana con ostilità attribuendole la responsabilità della propria insufficienza fisica. Delusa dalla madre si rivolge al padre.

 

IL DISAGIO DELLA CIVILTA’ L’UOMO UN ANIMALE INFELICE

Per Freud il fine dell’uomo è la felicità, intesa sia come assenza di dolore sia come fruizione del piacere. Ma le nostre possibilità di essere felici sembrano limitate. L’infelicità è una componente della felicità ed entrambe sono inserite in un complesso sistema di scambi tra l’individuo, la natura e la società. Ma dalla relazione con gli altri uomini provengono le maggiori cause di sofferenza. L’organizzazione sociale si configura all’analisi psicoanalitica come una pericolosa minaccia.
La civiltà si regge sull’utilizzazione della libido e sulla repressione dell’aggressività. Con il patto sociale l’uomo rinuncia alla felicità in cambio della sicurezza. Nella società coesistono forze contrapposte,(Eros e Thanatos) e per costituirsi e mantenersi deve sottrarre energie libidiche individuali, utilizzandole per stabilire legami tra gli uomini.
Nessuna conquista dell’uomo, infatti, sarebbe possibile senza una sottrazione di energie sessuali. La civiltà crea con il suo sistema di divieti una patologia collettiva. Ma nell’inconscio permane, secondo Freud, nonostante una impostazione etica, una aggressività mortale. Attraverso la religione l’uomo controlla la sua angoscia, la sua conflittualità instabile ma si priva della funzione della sua mente. Di fronte agli sconvolgimenti storici prodotti dal primo conflitto mondiale Freud vede nell’uomo accanto a pulsioni lipidiche una pulsione aggressiva, mortale. L’aggressività è prodotto dalla società stessa con le sue richieste ma è anche una dotazione originaria dell’uomo. Essere uomini civili significa rinunciare ad una gestione libera e felice della sessualità e della aggressività. Questa rinuncia si rivela come malessere diffuso che si chiama “disagio della civiltà”. Ciascuno di noi, per quanto socializzato, rimane egoista e asociale.
Non resta che accettare la condizione umana, cercando di minimizzare i costi, sapendo che il disagio è il segno ineliminabile dell’uomo.

LA META PSICOLOGIA

Con i saggi “Metapsicologia” Freud definisce il corpus teorico della nuova disciplina.
La metapsicologia fornisce un modello concettuale delle dinamiche psichiche. Nell’opera “Metapsicologia” la psicoanalisi si presenta come “un discorso parziale con un suo oggetto, lo psichico,  e un suo metodo d’indagine, l’analisi. Più volte Freud ha avvertito il pericolo che una teorizzazione producesse una rigidità a scapito della ricchezza e creatività della esperienza analitica. Nello stesso tempo avverte la necessità di fissare il sapere raggiunto affinché questo possa essere conservato e  trasmesso. Quando Freud cerca di perimetrale l’oggetto della sua indagine evidenzia la pulsione come una spinta che proviene dall’interno e che muove i bisogni dell’Es.
La fonte della pulsione indica la zona dove compare l’eccitazione, la meta della pulsione è la soddisfazione e l’oggetto costituisce il tramite attraverso il quale si ricerca il soddisfacimento.
Le pulsioni hanno come contenuto la generazione di altri individui cioè la conservazione della specie. La libido è una energia che permette a Freud di conservare una continuità delle pulsioni nonostante mutino forme, oggetti e manifestazioni. La natura della libido è sessuale anche se, successivamente, può subire processi di neutralizzazione ad esempio con la sublimazione. Il nucleo dell’inconscio è costituito da rappresentanti pulsionali.  La psicologia considera l’inconscio come un contenuto psichico latente, come ciò che non è ancora diventato consapevole ma che lo è in potenza. Nella prospettiva metapsicologica per il funzionamento dell’apparato psichico Freud articola 3 coordinate: dinamica, economica e topica. Dal punto di vista dinamico, il modello di funzionamento psichico è ricostruito sotto il dominio di 3 polarità: mondo interno-esterno; piacere-dispiacere, attivo-passivo.
Con la rimozione il soggetto mantiene a livello inconscio le rappresentazioni pulsionali che risultano inaccettabili. La barriera che separa l’inconscio dal conscio opera tra cancellazioni e deformazioni e solo l’analisi può ristabilire un senso. La censura psichica opera tra inconscio e preconscio e tra preconscio e conscio. L’”Io” si oppone alla pulsione, ai suoi rappresentanti ideativi, alle sue tracce mestiche e per farlo utilizza energie pulsionali.
Dagli eventi che provocano dispiacere l’attività psichica si ritrae attraverso la rimozione. Infine l’ultimo antagonismo psichico è quello tra attività e passività. Ipotesi fondamentale del modello economico è che le rappresentazioni psichiche delle pulsioni abbiano un investimento energetico che l’apparato psichico tenda a mantenere basso. Nell’inconscio la carica energetica libera trascorre da una rappresentazione all’altra lungo catene associative. Nella coscienza, invece, ogni carica rimane coesa alla rappresentazione conveniente tramite energia legata. Nell’inconscio le cariche affettive, libere, fluiscono da una rappresentazione all’altra tramite spostamenti e condensazioni.
Questo movimento o processo primario è retto dal principio di piacere. In un secondo tempo l’apparato psichico si rappresenta ciò che è reale anche se è sgradevole. Il principio di piacere vuole tutto e subito, quello di realtà prolunga la tensione di bisogno in vista di una meta migliore. Il primo processa le rappresentazioni in base al piacere o dispiacere che esse provocano, il secondo le dichiara vere o false. Progressivamente aumentando le capacità di controllo sulla realtà esterna ed interna, il principio di piacere viene sostituito da quello di realtà. Essenziale nella metapsicologia è la prospettiva topica.
Nella prima topica la distinzione fondamentale è tra Inconscio, Preconscio e Conscio, nella seconda tra Es, Io e Super-Io. L’inconscio è descritto come un archivio dove continuamente si accumulano contenuti psichici costituiti da rappresentazioni pulsionali cui è rifiutato l’accesso alla coscienza.
I processi psichici inconsci sono in conoscibili ma possono essere ricostruiti attraverso i loro derivati come sogni e sintomi. Ma non basta trasferire i contenuti dell’inconscio nelle coscienze perché è necessario un processo di traduzione.
Infine occorre precisare che l’inconscio non ha accesso al mondo esterno a causa della censura che lo separa dal preconscio. Il preconscio ha rappresentazioni fatte di parole, si distingue dall’inconscio perché la sua energia non è fluida ma legata.
Il sistema Conscio, infine, chiamato Percezione-Coscienza riceve sia informazioni fornite dal mondo esterno sia quelle provenienti dall’interno. Non basta, però, che un contenuto psichico abbia carattere di consapevolezza per attribuirlo al sistema conscio, infatti deve organizzarsi secondo il principio di realtà. Al termine della cura i contenuti inconsci dovrebbero essere portati alla coscienza.
La seconda topica si organizza intorno all’Es, Io e Super-Io. L’Es è la prima esperienza psichica è uno spazio ove le nostre potenzialità espressive si formano. Nell’ambito della metapsicologia l’Es è caratterizzato dagli influssi del passato e l’inconscio viene evocato per indicare il luogo del rimosso. L’inconscio si oppone al conscio e l’Es all’Io. L’Io è quella parte dell’Es che è stata modificata dalla vicinanza e dall’influsso del mondo esterno. Ma oltre a mediare i conflitti tra Es e mondo esterno, l’Io deve tener conto anche delle pressanti richieste del Super-Io. Dall’Io si staccheranno l’Io-ideale e l’Ideale dell’Io.  Il primo è una rappresentazione eroica ed idealizzata di sé ed il secondo costituisce un modello al quale l’Io cerca di conformarsi. La terza istanza sarà poi il Super-Io, una formazione che si contrappone all’Io e lo giudica criticamente. Va ricordato che per Freud, esiste una differenza sostanziale fra il Super-Io del bambino e quello della bambina. Nel primo caso la liquidazione dell’Edipo sedimenta una istanza forte e rigorosa, nel secondo invece, per l’impossibilità di una minaccia di contrazione, si ha una insufficiente soluzione del conflitto.

LA “VIA DEL LARGO” E L’ORGANIZZAZIONE DEL MOVIMENTO
L’interesse di Freud, precedentemente assorbito dai problemi della diagnosi e della cura, esce dalla “galera terapeutica” per intraprendere la “via del largo”.
Il nuovo sapere si cimenta al di fuori del proprio ambito di competenze estendendosi alla produzione letteraria, alla pittura ed oltre. Un’esplosione di interessi mette la psicoanalisi a confronto con altri ambiti disciplinari. Accade, quindi, che intorno a Freud e al suo lavoro, si coaguli progressivamente un diffuso interesse. La psicoanalisi si trasforma da sapere criptico in dottrina condivisa.
Questa disciplina si diffonde con fraintendimenti e polemiche in tutte le nazioni europee.
Si assiste infatti all’aggregarsi di un vasto consenso esterno e, nello stesso tempo, al delinearsi di contrasti interni. In ogni  paese si crea una società della psicoanalisi sotto la presidenza di un seguace di grande prestigio.
Di fronte al pericolo che la scuola si frantumi in correnti diverse, Freud, stringe le fila dei seguaci e designa Jung come suo successore vedendo in lui l’erede che difenderà e tutelerà il suo sapere.
Ma dopo un travaglio teorico Jung si allontanerà. I nodi di conflitto che travagliano la disciplina sono:
la funzione sociale della psicoanalisi, la preparazione degli analisti e i rapporti del nuovo sapere con la scienza costituita. Freud non fu particolarmente sensibile ai quesiti suscitati dalla diffusione della cura al di fuori del contesto borghese in cui era nata. Sarà la parte politicizzata del movimento che aprirà la psicoanalisi ad un più vasto contesto sociale. Freud si dimostrò invece molto più attento al problema della preparazione dei nuovi analisti. Auspica che gli analisti inizino l’attività con un’autoanalisi condotta da una persona di particolare competenza (Freud aveva fatto tesoro di una sorta di autoanalisi epistolare con Fliess).  Gli analisti in formazione devono dimostrare di possedere la necessaria preparazione teorica, e sostenere delle prove per accertare la raggiunta competenza professionale. Per tutta la durata dell’attività professionale, l’appartenenza all’istituzione legittima il lavoro dell’analista, sottraendolo al rischio di affrontare isolato gli eventuali insuccessi. Secondo Freud lo psicanalista ideale è più di un medico, un intellettuale umanistico.

JUNG:UNA PSICOLOGIA IDEALE

Jung, laureatosi in medicina, entrò a far parte a Zurigo di un prestigioso ospedale psichiatrico, una clinica universitaria di antiche tradizioni.Nonostante le aspettative di Freud, Jung non divenne il suo successore , un post-freudiano, ma un caposcuola, il fondatore di un diverso campo teorico.
Contrariamente a Freud, Jung non ha dubbi: la psicoanalisi è un metodo di cura ma anche una scienza, un sistema del mondo, degno di interloquire con la più alta tradizione filosofica.
Il pensiero di Jung appare saldamente radicato nella realtà storica del suo tempo, in accordo con le ideologie della società tedesca impegnata nello sforzo di superare la crisi degli anni venti, nella ricerca di una immagine positiva della civiltà occidentale e nel recupero della dimensione “eroica” dell’uomo.L’ideale di realizzazione del sé risponde ad una sentita esigenza dell’uomo moderno che rivolge alla psicologia quesiti esistenziali posti, un tempo, alla religione.
Una prospettiva radicalmente in contrasto con la cultura della crisi e con il pessimismo borghese di Freud.
La terapia junghiana tiene conto delle concrete esigenze del paziente che deve vivere in una determinata situazione sociale accettandone i limiti e le impossibilità.
In un primo tempo Jung adotta il pensiero di Freud utilizzandolo con successo nella diagnosi e nella terapia della psicosi. Ma come teorico della psicologia si distanzia in quanto Jung rifiuta di fare della teoria il momento di estensione massima dell’esperienza terapeutica.
Non accetta un modello psicologico che si fonda sulla libido, frammentata in pulsioni inamministrabili.
L’uomo ha a sua disposizione non solo un’energia sessuale, difficilmente domabile e trasformabile, ma un’energia generale che è anche sessuale.
Postulato della teoria junghiana è l’immagine dell’uomo come natura fondamentalmente sana.
La libido junghiana è dinamica.
La nevrosi non è causata dagli avvenimenti della prima infanzia, quanto dal conflitto attuale, cioè dall’incapacità dell’individuo di adattarsi alle richieste del suo ambiente o di trasformarlo in base alle sue esigenze evolutive. Quando il conflitto è insuperabile la libido regredisce incontrando il complesso edipico. La ricerca delle cause delle nevrosi non si risolve esclusivamente al passato, bensì al presente ed al futuro del soggetto, al suo progetto vitale. Jung distingue un inconscio personale ed uno collettivo che rappresenta l’oggetto della sua psicologia.
Fine della terapia è l’integrazione dei contenuti inconsci nella coscienza, la realizzazione del sé, archetipo dell’unità, ideale regolativi dei processi di maturazione.
Le tappe della terapia sono intese come un progressivo emergere dall’inconscio collettivo per guadagnare la coscienza, il predominio dell’Io.
L’analista non è un testimone distaccato ma compartecipa, con il suo steso inconscio, al processo d’analisi. Nello spazio interattivo del transfert sorgono le produzioni immaginarie nelle quali l’inconscio collettivo si rivela. Il paziente è attivo, prende contatto con il proprio materiale inconscio, che non è rimosso, quanto la dimensione archetipa.
Il fine terapeutico dell’analisi consiste nell’iscrivere l’Io personale nell’inconscio collettivo che gli è matrice.

PSICOLOGIA E SOCIETA’:
ALFRED ADLER
Con Adler si assiste all’estensione della terapia psicoanalitica oltre l’ambito della prestazione professionale borghese.
La sua psicologia verrà a contatto con pazienti appartenenti ad ambiti sociali radicalmente nuovi e ciò comporterà notevoli mutamenti.
Adler entra a far parte del gruppo dei primi seguaci di Freud ma il suo pensiero non è un approfondimento o un ampliamento della psicoanalisi ma una dottrina autonoma. Duramente attaccato da Freud è costretto a rassegnare le dimissioni e ad uscire dal gruppo freudiano portando con sé alcuni seguaci come lui vicini al partito socialista. Freud lo accusa di non aver saputo ammettere la centralità della libido e di aver preferito porre al suo posto l’aggressività.
Adler sostiene la necessità che la cura diventi un servizio sociale gratuito per i lavoratori e si rivolge al proletariato urbano, una classe sociale in ascesa che si và organizzando nei partiti socialdemocratici, nei sindacati e nelle cooperative.
La cultura dell’epoca è permeata dal darwismo sociale che vede l’esistenza concepita come una lotta che si conclude con la sopravvivenza del più adatto, Adler attraverso la sua teoria dell’inferiorità tenta di dimostrare che il più adatto non è il più forte ma il più debole che trova nella sua debolezza la spunta al suo ribaltamento e alla sua superiorità. La lotta per la superiorità è un principio vitale.
Nella sua teoria domina il sentimento di comunità che inserisce l’individuo nella società e nel cosmo.
Dal fine, dal traguardo che l’uomo si pone nasce l’unità della persona. Ogni fine funziona come motore e organizzatore della personalità. Ciò che contraddistingue il nevrotico è l’individualismo sfrenato delle sue mete che si presentano sempre disgiunte dagli scopi collettivi. Secondo Adler ogni individuo vive secondo uno “stile di vita” irripetibile, unico, per le  sue predisposizioni per la storia familiare e sociale. L’uomo ha la possibilità di elaborare attivamente ciò che riceve in eredità o che costituisce il suo ambiente. Questo fattore attivo fu denominato “Sé creativo”.
La terapia per Adler è educazione e la guarigione è la riconquistata capacità del paziente di vivere pienamente e attivamente le sue esigenze personali nel contesto di quelle sociali.

PSICOANALISI E POLITICA:
WILHELM REICH
Reich appartiene alla seconda generazione dei discepoli di Freud. La sua formazione avviene all’interno del Policlinico psicoanalitico ed il suo progetto è la liberazione sessuale e la rivoluzione sociale.
Mentre la psicoanalisi si chiude in una difesa apolitica delle sue teorie, Reich affronta da solo il problema del “potere”. Vi è un divario, secondo Reich, tra le condizioni materiali dei lavoratori e la loro ideologia. Mentre l’ideologia della classe dominante riflette i suoi interessi, quella del proletariato è una adesione all’ideologia dominante nonostante sia contraria ai suoi reali bisogni. In questo divario, tra l’economico e l’ideologico Reich colloca il lavoro della psicologia collettiva. Si è nel momento in cui dalla cura del nevrotico si passa ad un programma politico.
Per rispondere alle esigenze di un contesto sociale allargato, Reich fonda il Seminario terapeutico, un laboratorio teorico dove si incontrano i giovani analisti che avvertono come insufficiente il tradizionale modello di cura. Il programma freudiano tratto dalla terapia alto-borghese non è proponibile a tutti, non può essere esteso al proletariato.
Reich organizza una Associazione che si propone di affrontare l’educazione sessuale dei giovani .
Lavorando nei centri di igiene sessuale viene, quindi, a contatto con le difficoltà materiali del proletariato, con la loro impossibilità di avere una soddisfacente vita sessuale, che chiamerà “miseria sessuale delle masse”.
La sessualità è il terreno privilegiato della repressione. Quando l’adolescente sente il desiderio di vivere la propria sessualità e cerca un partner tra i suoi coetanei, la famiglia avverte in tutto ciò un pericolo di ribellione e mette in atto una pesante repressione.
Anche la società si oppone alla natura sessuale occorre, quindi, denunciare il moralismo puritano ed instaurare al suo posto una sesso-economia. Il fine di Reich è quello di liberare le energie sessuali dell’individuo dalla corazza caratteriale che le imprigiona rendendo possibile la maturità e la salute.
In Reich l’individuo sano rappresenta la natura e quello nevrotico, la società.
La terapia reichiana ha come oggetto, non il sintomo, ma il suo substrato, il carattere nevrotico e le difese che esso oppone all’analisi. La diagnosi del carattere prende in considerazione non solo le verbalizzazioni ma tutto il comportamento con gesti, espressioni e azioni.
L’analista deve isolare un tratto del carattere, fonte di disagio, affinché il paziente lo avverta come corpo estraneo di cui liberarsi. Una volta liberata l’energia positiva, piena di potenzialità, l’individuo liberato è finalmente in grado di lottare, da rivoluzionario per una società non autoritaria e vivendo per un futuro senza repressione.

IL CULTURALISMO DEI NEOFREUDIANI
I culturalismi neofreudiani sono accomunati dalla critica dei fondamenti biologici della teoria di Freud. Il marxismo aveva ridotto la psicoanalisi ad espressione del pessimismo borghese ed è proprio per sottrarla alla rassegnata accettazione della situazione esistente che i culturalisti si propongono un progetto di revisione con l’intento di restituire quel potenziale di rinnovamento che coglievano nella terapia ma non ritrovavano nella teoria. Attraverso il loro lavoro viene delineata una nuova disciplina:la psicologia sociale.

KAREN HORNEY E IL RELATIVISMO CULTURALE
Per  la Horney, Freud è stato profondamente influenzato dalla cultura del suo tempo che si evidenzia nella convinzione dell’unicità della cultura e nell’accettazione dei fattori ereditari e costituzionali. Secondo il suo relativismo culturale ogni società elabora un modello di normalità e di anormalità relativi e contingenti.
I conflitti nevrotici si differenziano per il grado di intensità e derivano dall’ansia dei vissuti infantili. Gli adulti necrotizzati da una civiltà carica di frustrazioni, sono incapaci di trasmettere ai loro figli sicurezza per cui questi maturano una reazione di paura nei confronti del mondo circostante.
Freud, conclude la Horney, è stato riduttivo in quanto riporta sempre gli atteggiamenti dell’adulto a quelli del bambino che lo precede evolutivamente senza scorgere le differenze che separano le due posizioni. Lo sviluppo libidico è una sequenza di reazioni al mondo circostante. Il fulcro dell’analisi non è la reintegrazione delle esperienze rimosse ma la presa di coscienza dei rapporti interpersonali.

IL SOCIALISMO UMANISTICO DI ERICH FROMM
Fromm considera il sistema freudiano pesantemente influenzato dal pensiero meccanicistico dell’epoca. E’ deluso non soltanto dalla teoria marxista che non è più in grado di orientare la storia, ma anche dalla psicoanalisi che ha perso la sua carica liberatrice. Sente l’esigenza di una parallela revisione che porterà al socialismo umanistico, che  contrappone al quadro pessimistico della condizione attuale. In ogni società divisa in classi le motivazioni reali non sono razionali ma vengono razionalizzate a posteriori da un autoinganno ideologico. Scopo dell’analisi è la presa di coscienza critica delle limitazioni, dello sfruttamento e dell’alienazione che ciascuno subisce vivendo nell’epoca del capitalismo. L’uomo, osserva Fromm, è pronto a barattare la sua libertà con l’appartenenza sociale per paura della solitudine. L’uomo si sta progressivamente allontanando dalla natura e da se stesso. L’amore della vita è la vera natura dell’uomo che merita un destino migliore rispetto a quello che la società gli impone.

PSICOTERAPIA E ANTROPOLOGIA: SULLIVAN
Sullivan viene annoverato tra i culturalisti, di cui condivide la critica all’innatismo e al pessimismo di Freud. Propone una psicologia generale fondata sui rapporti interpersonali anziché sulle dinamiche intrapsichiche. Lo sviluppo infantile, inizia, con l’esperienza dell’angoscia di base che si evolve poi come ricerca di sicurezza, intesa come approvazione da parte dell’ambiente.
La nevrosi, pertanto, sono suscitate soprattutto dagli attriti con gli altri. La guarigione è affidata all’Io, alla volontà, alla intenzionalità razionale e cosciente. La società viene criticata perché considerata troppo esigente e quindi ansiogena per l’individuo.

THOMPSON
Alla critica culturalista contribuì anche Clara Thompson. Considera la nevrosi come causata dalle frustrazioni prodotte dall’interazione dinamica tra le persone. Quindi vede ogni patologia come determinata da fattori socio-culturali. Ma è al principio di morte freudiano che la Thompson indirizza la critica più serrata. E’ convinta infatti che i comportamenti aggressivi e ripetitivi sono reazioni alla aggressività sociale. La psicoanalista ha il compito di pacificare i conflitti più laceranti nell’unità della persona. Il pessimismo freudiano viene respinto in nome di una visione ottimistica ed efficiente della vita.

 

 

LA CLINICA PSICOANALITICA DOPO FREUD

KARL ABRAHAM: L’ESTENSIONE DELLA CLINICA
Abraham rappresenta la figura del discepolo e del continuatore del sapere freudiano.
Rivela la componente sessuale sia nella nevrosi e sia nella psicosi. La sessualità isterica è una energia rivolta all’oggetto ed è passibile di sublimazione mentre la sessualità psicotica è priva di oggetto, rivolta esclusivamente sul sé e non sublimabile. Secondo Abraham il blocco emotivo è spesso determinato da un trauma sessuale ma il bambino non lo subisce passivamente in quanto ne è protagonista attivo sebbene inconsciamente.
Per Abraham la libido è sempre sessuale e l’inconscio è sede di un desiderio erotico. Sogno e mito, prodotti dalla fantasia, hanno come meta l’appagamento dei desideri inconsci. Appartengono ad una trascrizione del mondo nella forma dei desideri sessuali e scompaiono in conseguenza dell’evolversi dell’umanità verso un pensiero più razionale e per il progressivo realizzarsi dei desideri infantili.

 

WILHELM STEKEL

Stekel è allievo e paziente di Freud, lascerà la Società Psicoanalitica per la rottura sulla teoria e sul modo di intendere la terapia. Stekel aveva proposto un inventario di simboli psicoanalitici ai quali far corrispondere un significato fisso nei sogni. Freud parla invece di creazione individuale e collega il simbolo onirico con il vissuto personale attraverso l’analisi delle libere associazioni.
Stekel ricerca scorciatoie perché ritiene che l’analisi classica richieda tempi troppo lunghi. Tenta nel più breve tempo possibile di circoscrivere il conflitto del paziente che può essere risolto passivamente, attraverso l’accettazione o attivamente, con opportune scelte di vita.

 

VICTOR TAUSK

Tausk fu allievo di Freud e dopo una repentina interruzione della sua analisi decise di suicidarsi.
Fu l’analista più brillante della cerchia di Freud. La sua morte repentina sollecita un ripensamento sui pericoli dell’estensione della clinica psicoanalitica al campo delle psicosi, soprattutto quando il terapeuta vive in una situazione di isolamento culturale ed affettivo.

SANDOR FERENCZI E LA PSICOANALISI COSMICA
Ferenczi fu all’origine della Associazione Psicoanalitica internazionale che imponeva il mantenimento della purezza dottrinale. Vuole salvaguardare la dignità scientifica ma nello stesso tempo è sensibile alle esigenze di una utenza più estesa.
In Ferenczi vi è una attenta considerazione per le condizioni sociali che inducono la nevrosi e la convinzione che la rimozione delle pulsioni sessuali produce energie psichiche particolarmente idonee ad essere manipolate dall’autorità. L’analisi, incontro tra due soggettività, non ha per lui un percorso precostituito ma procede in modo imprevedibile. Convinto che il trauma più acuto sia connesso al rapporto del bambino con la madre nella primissima infanzia, egli tende nel corso della terapia a ricreare le condizioni che l’hanno provocato. La frustrazione indotta accresce la tensione e ne provoca la scarica attraverso derivati come tic, balbuzie e altri sintomi organici sottovalutati dalla tecnica freudiana. Il sintomo è una regressione indotta da inconsce carenze affettive e l’analista deve rispondere con disponibilità ed amore materni. Ferenczi sostiene che l’uomo nel rapporto sessuale riproduce il ricongiungimento al corpo materno. Nell’atto sessuale si rivivono le fasi del processo evolutivo. L’intuizione fantastica della bioanalisi di Ferenczi è che vi sia una conoscenza filogenetica inconscia della nostra discendenza.
Con l’opera “Thalassa” l’immaginazione e la creatività dominano sul razionale e si perdono il rigore e la prudenza perseguiti da Freud.

OTTO RANK E IL TRAUMA DELLA NASCITA
Otto Rank fu il primo psicoanalista non medico ad operare trattamenti su pazienti. E’ considerato da Freud come il più debole dei “suoi figli”.
Rank si propone di applicare la psicoanalisi alla comprensione dell’evoluzione dell’umanità e alla espressione di una concezione unitaria dell’uomo e della storia. Abbandona la tecnica freudiana per sperimentare nuove vie terapeutiche, convinto dell’opportunità di estendere la preparazione analitica ai non medici e la cura ai meno abbienti.
Il trauma della nascita è un vissuto psicologico che ci permette di cogliere l’essenza dell’inconscio. Le manifestazioni dello spirito umano sono spiegate come tentativi di ricomporre l’unità dilacerata da quel distacco. Nega la centralità dell’Edipo.  Il legame madre-figlio è biologicamente fondato sulla felice intimità intrauterina, mentre quello col padre è tardivo e di natura fantastica.

ANTROPOLOGIA PSICOANALITICA DI GEZA ROHEIM
Allievo di Ferenczi, gli fu affidata la prima cattedra di antropologia psicoanalitica.
Presupposto più importante del suo pensiero è che tutti i prodotti culturali possono essere interpretati intermini psicologici. La mente rimane costante nel corso di tutta la storia.
Ritiene che la cultura è una reazione all’esperienza di abbandono dell’unità con la madre.
Conoscitore della cultura classica accosta i miti alla fantasia inconscia individuale che egli indaga nel lavoro psicoanalitico.

 

 LA PSICOLOGIA DEL SE’

La centralità assunta dall’Io e dalle sue funzioni provoca una progressiva modificazione del quadro concettuale e della prassi terapeutica che va sotto il nome di “Psicologia del Sé”  e  cerca di costruire un modello adeguato alle richieste di adattamento e di integrazione sociale.Il termine “Psicologia” intende sottolineare il progetto di una scienza generale dello psichico. Si passa dall’interiorità dell’Io all’esteriorità del Sé. Lo psicoterapeuta nella figura dello psichiatra libero professionista, deve fornire una risposta sociale efficace ed efficiente.Il precursore di questo campo d’indagine è Fairbairn.
Analizza il rapporto con gli oggetti , eso ed endoscopici,  considerando l’oggetto non un mezzo ma un fine. La libido non è vista come ricerca del piacere ma dell’oggetto. Fairbairn propone una teoria evolutiva centrata sulla dipendenza degli oggetti, dove uno stato originario di dipendenza infantile viene progressivamente sostituito da una fase finale di dipendenza adulta. L’Io è sempre retto dal principio di realtà finalizzato all’adattamento. Il piacere e l’aggressività sono deviazioni dell’unica energia libidica.
Il bambino ricerca gli oggetti, mette in atto un processo identificatorio, li intrometta nel tentativo di controllarli e preferisce sentirsi cattivo che ammettere l’esistenza di genitori cattivi. Di fronte ai cattivi oggetti il bambino ricorre alla difesa della rimozione. L’Io rimosso si scinde in una parte libidica e una aggressiva denominata “sabotatore interno”.
Alla triade freudiana di Io, Es e Super-io, Fairbairn sostituisce l’Io centrale e due Io sussidiari. Con queste modificazioni connette le strutture psichiche alla realtà individuale ed alla storia personale. L’impresa di Fairbairn viene ripresa da Sandler che formula un modello evolutivo di Super-io. Il bambino mette in atto dei meccanismi per ripristinare il rapporto con la madre messo in crisi dalla crescente distinzione tra sé e mondo esterno permessa dall’evoluzione degli apparati cognitivi. Tra le strategie di ricomposizione vi sono l’obbedienza, l’imitazione e l’identificazione. Esse costituiscono un Super-io preautonomo, formato dalle immagini idealizzate dei genitori. Un Super-io maturo è quello in grado di funzionare in armonia con l’Io.

CURA DELLE PSICOSI E NUOVI RAPPORTI TERAPEUTICI
L’opera di Bettelheim è caratterizzata dallo strettissimo collegamento tra teoria e prassi.
Si occupa di bambini affetti da turbe affettive e di bambini autistici. Utilizza come modello teorico quello fornito dalla Psicologia dell’Io, integrato dalla pedagogia di Dewey e dalla psicologia cognitiva di Piaget. Propone una terapia d’ambiente che realizzi relazioni stabili tra i bambini e tra essi e i membri dell’équipe. Sostiene sia necessario concedere al bambino una precoce autonomia, fondata sulla padronanza del proprio corpo. Nel caso di problemi psichici ritiene che il sintomo vada affrontato là dove si manifesta. La terapia è basata sull’identificazione che si stabilisce con lo psicoanalista. Di fronte alle psicosi  autistiche invece occorre trattare le fasi precedenti all’organizzazione dell’Io.
I bambini autistici si ritraggono dalla realtà, interrompono la comunicazione con gli altri e con se stessi. Quando si penetra l’apparente assenza di relazione dell’autismo si trova un odio sfrenato che nasconde il desiderio di ricevere l’amore della madre.
La cura consiste nell’offrire al bambino un mondo totalmente diverso in cui egli si sentirà accettato e atteso. Propone di utilizzare le fiabe come mezzo comunicativo e terapeutico.
Una completa teoria della psicosi ci è fornita da Arieti che pone al centro della sua riflessione il Sé come nucleo della conoscenza autoriflessiva. Descrive l’evoluzione del sé intrapsichico dal livello di comportamento senso-motorio fino a quello di un’entità dotata di volontà. Dimostra una correlazione tra i processi cognitivi e quelli affettivi. Per lui il fine dell’uomo non è l’adattamento né, come per i culturalisti, l’autorealizzazione, ma è una meta che trascende la realtà e le potenzialità individuali: l’espansione del Sé. Essa non dipende dalle nostre dotazioni innate ma dal loro superamento nella creatività.
Rogers è noto per la terapia “centrata sul cliente”. La sua teoria poggia sulla convinzione della positività dello sviluppo umano. La personalità possiede innate tendenze alla integrazione, all’attuazione di sé e può essere colta solo nel divenire. Ma il mutamento è spesso impedito dalla paura del nuovo. Grazie alla terapia si può indurre la disponibilità al cambiamento. Il terapeuta si deve disporre ad una accettazione incondizionata del paziente e alla comprensione delle sue motivazioni e dei suoi fini.

Moreno elabora una teoria “la sociometria” e una tecnica precisa “il sociodramma”. La sociometria è una disciplina che persegue una indagine di misurazione dell’intensità e dell’estensione delle correnti psicologiche presenti nella popolazione.
La sua teoria poggia su tre basi: l’ipotesi della spontaneità creativa come forza propulsiva; la fiducia nei compagni umani; l’ipotesi di una comunità basata su questi principi e realizzabile con tecniche nuove. Ritiene inefficace la terapia individuale se non si modificano le condizioni relazionali collettive. Nel sociodramma il paziente recitando più ruoli ha la possibilità di portare alla luce le sue fantasie più represse.

PSICOLOGIA E TERAPIA DELLA PERSONALITA’
In America il tema del narcisismo viene riattivato dalla constatazione che la personalità più diffusa è organizzata secondo una economia narcisistica.
Freud aveva descritto un narcisismo primario, autoerotico ed indistinto, ed un narcisismo secondario provocato dalla dinamica di investimento di energie prima dall’Es sugli oggetti erotici ed in seguito dall’Es sull’Io. Nella psicologia americana del sé il narcisismo secondario ha una posizione intermedia tra il vissuto psicologico e il comportamento sociale.
Heinz Kohurt coniuga con il suo libro “Narcisismo e analisi del sé” la dimensione sociologica con quella psicologica. La solitudine del bambino provoca una malattia del sé, un disturbo narcisistico della personalità. Narcisismo ed oggettività iniziano insieme ma si sviluppano indipendentemente.
L’empatia con la quale l’oggetto-madre accoglie le richieste infantili sovraccarica il Sé del bambino di un investimento narcisistico grandioso. I disturbi pulsionali dell’Io sono la conseguenza del crollo prematuro di un Sé grandioso. Kohurt amplia la sua psicologia ad una antropologia basata su due figure: l’Uomo colpevole, finalizzato alla soddisfazione delle pulsioni, e l’Uomo tragico, volto alla realizzazione del Sé. All’inizio colpevolizza il narcisismo mentre in ultima istanza lo connette alla creatività, all’umorismo e alla saggezza. Il suo metodo terapeutico analizza il Sé frammentato, lo accetta e lo ricostruisce. L’intento non è di superare il narcisismo ma di ridistribuirlo armonicamente. Otto Kernberg presuppone una originaria matrice indifferenziata nella quale coesistono l’Es e l’Io. Nel suo lavoro terapeutico si imbatte in pazienti borderline che presentano al tempo stesso e senza conflitto sintomi di debolezza e di rigidità dell’Io.
Le relazioni oggettuali interiorizzate vengono spersonalizzate e riplasmate nelle strutture dell’Io, del Super-io e del Sé. La scissione tra interiorizzazioni buone e cattive se non superate è la principale causa di debolezza dell’Io.
Nella terapia, il terapeuta, occupa il posto dell’oggetto ideale da introiettare e con il quale identificarsi.
Grunberger  vede il Sé come polo dell’investimento narcisistico.
Il narcisismo è un vissuto di soddisfacimento che denomina “elazione” ed è la massima aspirazione del soggetto. La nascita spezza lo stato di narcisismo primario e le cure materne servono a preparare il bambino ad essere pronto ad affrontare lo sconvolgimento delle pulsioni e della realtà oggettuale.
L’Edipo è il tentativo di restaurare lo stato di completezza originario lo scopo della terapia è aiutare chi si ama ad amarsi meglio diminuendo lo scarto tra l’Io ed il suo modello ideale.

MELANIE KLEIN E IL TEATRO DELL’INCONSCIO

La critica innovativa della teoria e della tecnica della Klein ha fatto si che si costituisse intorno a lei uno scuola.Da allora il Movimento psicoanalitico ha due figure di riferimento una in lei e l’altra in Freud. Oltre a Freud il suo maestro fu Ferenczi che l’incoraggiò a dedicarsi alla terapia infantile portando la psicoanalisi nel cuore del bambino.
La sua posizione fu avversata da Anna Freud in una controversia che divise la società psicoanalitica. M.Klein, per esempio, non ritiene opportuno un periodo preparatorio perché pensa che l’angoscia e il senso di colpa che attanagliano il bambino corrispondano ad una implicita richiesta d’aiuto.
Ritiene inoltre che il gioco esprima un significato simbolico che merita di essere interpretato. L’ambiente terapeutico deve essere distinto dall’abitazione del bambino e lontano dai genitori. I problemi infantili nascono da un Super-io troppo esigente e ciò indipendentemente dai genitori.
La Klein contrariamente ad Anna Freud interviene solo sul versante interno del bambino. L’angoscia, quindi, non è paura di un pericolo esterno ma è la reazione provocata dalle incapacità di far fronte a bisogni ed impulsi interni.
Il terapeuta non è né un sociologo né un educatore ma colui che consegna al bambino le sue potenzialità espressive. L’inconscio è una dimensione dinamica nella quale esistono formazioni fantasmatiche. I contenuti del pensiero inconscio (i fantasmi) hanno la concretezza delle cose, prevalgono sulla realtà e la deformano. Il bambino si confronta con le sue fantasie inconsce e i suoi fantasmi come se avessero un’esistenza autonoma. La fantasia inconscia per difesa proietta fuori l’oggetto cattivo e introietta quello buono. Mentre Freud descrive l’economia dell’inconscio come dinamica pulsionale, Klein organizza la vita psichica intorno al rapporto con l’oggetto.
L’Io è animato da energie libidiche e aggressive e quando l’angoscia si fa insopportabile l’Io si scinde organizzandosi in una posizione schizo-paranoide. Il predominio delle esperienze positive e dell’oggetto ideale è essenziale affinché l’Io impari a tollerare la propria aggressività e l’angoscia che essa provoca. Ad un certo livello di organizzazione interna, le parti buone e le parti cattive di sé possono coesistere e l’Io si differenzia progressivamente dall’oggetto. L’invidia può impedire l’evoluzione del bambino e proibisce il riconoscimento dell’oggetto ideale.
Questo sentimento ostacola anche il trattamento terapeutico perché alimenta esclusivamente il transfert negativo. Nella evoluzione normale all’invidia si contrappone la gratitudine, l’oggetto ideale diventa parte dell’Io, ne accresce la capacità d’amore e il mondo appare meno pauroso.
M.Klein parla, inoltre, della posizione depressiva nella quale l’angoscia, il lutto e il senso di colpa, sorgono dal timore che i propri impulsi aggressivi distruggano l’oggetto amato.
Questa posizione non è mai superata, colpa, privazione e ambivalenza sono sempre latenti e qualsiasi perdita della vita li riattiva. Contrariamente a Freud non ritiene che il conflitto edipico insorga nel corso della fase fallica. Il bambino prova nei confronti dei genitori, coppia strettamente unita, desideri omo e eterosessuali, a seconda che la libido assuma forma attiva o passiva, che si rivolga al padre o alla madre. Il bambino può assumere, quindi, come proprio oggetto d’amore ciascun genitore e identificarsi con lui. Scinde la coppia parentale e si comporta in modo diverso a seconda della sua identità sessuale dando inizio all’Edipo. Superando il conflitto impara a rinunciare alla onnipotenza fantastica.
Uno dei maggiori rappresentanti della scuola Kleiniana è Donald Meltzer che procede frammentando la seduta d’analisi e comunicando la sua esperienza dell’altro, di sé e la sua teoria dell’accaduto. Ci fa conoscere il mondo interno dei suoi pazienti.
Un altro esponente della scuola kleiniana è Money-Kyrle che approfondisce l’idea kleiniana di imago innate e indaga sulla funzione etica della psicoanalisi. Per M.Kyrle, come per tutta la scuola kleiniana, alla realtà interna, luogo del desiderio, si contrappone la realtà esterna che dotata di autonoma obiettività rappresenta la verità dei fatti. Appaiono essenziali nel suo modello evolutivo gli stadi pre-verbali dove predominano le componenti innate della conoscenza.
Individua tre tappe storiche della malattia mentale: nella prima la malattia è il risultato di inibizioni sessuali, nella seconda è un conflitto morale inconscio e nella terza il paziente soffre di fraintendimenti e deliri inconsci.

L’INCONSCIO E IL LUOGO DELL’ALTRO. LACAN E LA SUA SCUOLA

La biografia culturale di Lacan coincide con mezzo secolo di storia del movimento psicoanalitico francese. La psicologia è sollecitata a confrontarsi con una proposta di rielaborazione concettuale e metodica che va sotto il nome di strutturalismo, una metodologia d’indagine delle scienze umane.
Si afferma la priorità del sistema sull’uomo, totalmente condizionato nelle sue scelte.
Per Lacan solo la linguistica può essere messa sullo stesso piano delle scienze esatte.
La psicoanalisi è, quindi, la teoria di una esperienza di parole. L’oggetto non è più l’inconscio ma le produzioni discorsive. L’inconscio è strutturato come un linguaggio. Il discorso psicoanalitico in quanto si propone di dire l’inconscio, ha un compito impossibile perché l’inconscio non è un oggetto ma un effetto del dire. Per Lacan il cammino della soggettivazione ha come prima tappa lo “stadio dello specchio”.
Nel riconoscere la sua immagine il bambino attua la sua identificazione costituita dall’Io che si aliena oggettivandosi in un Me. La ricomposizione dell’Io con il Me, del corpo originario con il suo riflesso è impossibile. La fase dello specchio porta alle soglie dell’Edipo e al processo di soggettivazione. Il bambino incontra così la Legge del Padre e si identifica con il padre in quanto detentore del fallo. Attraverso il linguaggio, il bambino, accede alla società e alla cultura, condizioni necessarie al sorgere della soggettività. Se manca la funzione legislatrice del padre emerge il delirio come effetto di una mancanza di simbolizzazione. Il simbolico è il luogo dell’inconscio dove risiedono i significati privi di significazione finchè non si incarnano nell’uomo. Il reale, per Lacan, è in conoscibile. Il corpo, in quanto reale , possiamo conoscerlo solo attraverso il sintomo. La verità è centrale nel sistema lacaniano in quanto costituisce il fine ultimo dell’analisi. La verità è il simbolico, la dimensione dell’Altro. Quando il desiderio di sapere investe l’oggetto, lo deforma. Il sapere, quindi, è in opposizione alla verità che non si può svelare per intero ma si dice a metà. La verità è una questione che si pone nell’ambito del linguaggio ma non è mai detta dal linguaggio.
La cura per Lacan è un processo intersoggettivo nel corso del quale il soggetto ristabilisce la continuità della sua storia attribuendo significato a ciò che della sua esperienza gli restava opaco. Ricostruendo la sua storia il paziente riconosce gli “Io ideali” che hanno retto la sua identificazione immaginaria fino al luogo dell’Altro, dove risiede la verità.
L’Io è un sintomo, non si deve rafforzarlo perché la nevrosi è espressione del suo potere.
Lacan rifiuta il transfert perché è una modalità carica di aggressività, è una resistenza che scatta nel momento in cui la parola si avvicina al nucleo patogeno.
Per Lacan la posizione maschile si colloca sotto l’insegna del Fallo, espressione di unità. La posizione femminile, segno della castrazione, si colloca nel non-essere. Tra le due polarità c’è l’ “essere” . L’uomo si rivolge alla donna per colmare la sua “mancanza ad essere” e la donna all’uomo come “Tutto”. L’uomo chiede alla donna ciò che non possiede e lei gli domanda di essere ciò che non è. L’amore per Lacan è elusivamente un effetto delle parole è un avvenimento culturale.

 

Fonte: http://appunti.buzzionline.eu/downloads/fonddinamica0506storia_psicoanalisi.doc

Sito web : http://appunti.buzzionline.eu/appunti/fonddinamica.htm

Autore del testo: Betty

Parola chiave google : Psicoanalisi Freud tipo file : doc

 

 

 

 

Visita la nostra pagina principale

 

Psicoanalisi Freud

 

Termini d' uso e privacy

 

 

 

 

Psicoanalisi Freud