Pragmatica cognitiva - Strumenti per comunicare

 


 

Pragmatica cognitiva - Strumenti per comunicare

 

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Pragmatica cognitiva - Strumenti per comunicare

STRUMENTI PER COMUNICARE – PRAGMATICA COGNITIVA -
Considerazioni di carattere metodologico: strumenti per valicare una teoria in questo caso nell’ambito della scienza cognitiva evolutiva.
FORMALIZZAZIONE: in modo logico o funzionale -> ad esempio l’implementazione su un  calcolatore di modello della teoria.
Questo criterio serve per eliminare le teorie internamente contraddittorie o vaghe o metaforiche.
COSTRUZIONE: ha lo scopo di eliminare le teorie che non garantiscono la ripetibilità della procedura attraverso passaggi non esplicitati o leghino il fenomeno a qualche particolarità.
CORRELAZIONE CELEBRALE: gli stati mentali e i processi psichici sono prodotti dal cervello. Tecniche con cui questo obiettivo viene realizzato: indagine anatomica, funzionale e quelle di dissociazione selettiva. Lo scopo è di esplicitare le connessioni tra mente e cervello.
Qui viene analizzata la comunicazione da punto di vista cognitivo, cioè la si considera come atto mentale: è un atto mentale congiunto di tutti coloro che vi stanno partecipando.

 

COOPERAZIONE
Spettatore: partner dell’autore di una comunicazione
Atto comunicativo: svolto da almeno due persone entrambe intenzionate a generarlo insieme. Mettono in comune la propria parte, non importa se c’è la presenza fisica o la dimensione temporale (ad esempio una lettera).
Il significato di una comunicazione è costruito dall’interazione tra parlante e ascoltatore.
Ogni interazione comunicativa è un’attività ad iniziativa alternata, di cui entrambi i partecipanti condividono la responsabilità; successi e fallimenti sono equamente distribuiti tra i partecipanti, l’ascoltatore diventa responsabile perché il significato dell’interazione viene costruito insieme al parlante.
Per esempio: in una conversazione ogni agente diventa attivo.

 

Cooperazione conversazionale e comportamentale
Concetto di cooperazione di Grice: c’è successo quando l’interlocutore comprende il desiderio del parlante e vi si adegua; c’è fallimento quando l’interlocutore o non capisce, oppure non intende adeguarsi ai desideri del parlante e interrompe la conversazione. Questa posizione ha il vantaggio della chiarezza, ma non prende in considerazione le possibilità intermedie. Per analizzarle bisogna scomporre la cooperazione in comportamentale e conversazionale.
-     conversazionale: A non vuole adattarsi alle esigenze di B. non c’è cooperazione comportamentale, ma solo conversazionale.
Es. A: domani accompagni tu i bambini a scuola?
B :mi spiace, devo essere in università per le 8
Qui c’è una cooperazione conversazionale.
-     comportamentale: risposta cooperativa totale
A: domani accompagni tu i bambini a scuola?
B: certo
Qui c'è, oltre alla cooperazione conversazionale, anche quella                                                        comportamentale.

 

STATI MENTALI
Possono essere emotivi, cognitivi, consci o inconsci. Vediamo solo quelli rilevanti per la comunicazione.
Attenzione comune: perché sia possibile una comunicazione, tutti i partecipanti vi devono prestare attenzione e ci deve essere un reciproco essere certi di cosa sta accadendo. Questo requisiti è stato definito condizioni di contatto, cioè il requisito iniziale perché si avvii una comunicazione consiste nell’aver già stabilito un accordo sul fatto che si sta prestando attenzione a quanto sta avvenendo tra gli agenti -> es. attivare un contatto oculare: è la prima cosa che i bambini imparano a fare.
Dopo le condizioni di contatto procede la comunicazione.
Credenza condivisa: gli esseri umani credono sempre in uno stato di cose, ma non ne traggono sempre inferanze logiche corrette, anzi le lore ipotesi deduttive possono essere sbagliate.
Credenza: trarre inferenze mentali da ciò che il soggetto dice.
Partiamo da Hintikka che assume la credenza come uno stato mentale primitivo; la conoscenza è una credenza vera rispetto al mondo:
KNOWxp = p ^ BELxp
Simbolo ^ = e; significa: il fatto che X sa P equivale a dire che X crede in P e che P è vero nel mondo. 
Know = cose di cui io sono certo. (Conoscenza).
Credenze = fatti di cui sono meno certo. (BEL).
Know può essere usato all’interno dello spazio di un operatore (formula) che esprime uno stato mentale.
Secondo Cohen e Perrault è utile avere un operatore che formalizzi un aspetto specifico della conoscenza, relativo al fatto che un agente sappia se una certa cosa P è vera o falsa:
KNOWIFxp = (p^BELxp) oppure (non-p^ BELx non-p)
Significa che se una persona crede che P allora P è vera e viceversa.

Ci sono tre tipi di credenze:
individuale: gli agenti credono una certa cosa in modo completamente autonomo e non collegato gli uni con gli altri;
comune o mutua: quando appartiene a una certa comunità culturale a cui appartengo, è una credenza oggettiva che si dà per scontato;
condivisa: credenza comune a tutti gli agenti impegnati nell’interazione, ma del cui essere comune siano tutti consapevoli. È una credenza soggettiva perché non possiamo mai essere certi che un’altra persona possieda la nostra stessa conoscenza, non  possiamo leggerle nella mente.
In intelligenza artificiale, la credenza mutua è definita come una serie di credenze individuali una incassata nell’altra (Schiffer):
A crede che p.
B crede che p.
A crde che B creda che p.
B crede che A crede che p.
A crede che B creda che A creda che p.

 

E così all’infinito, Clark  dice che questa formula è cognitivamente implausibile perché per raggiungere la credenza in comune ci sarebbe un gran dispendio di energia cognitiva e risulta proibitivi per i bambini fino a 10 anni che non sono in grado di fare queste inferenze. La soluzione di Bara, Virenti, Colombetti è che la credenza e la credenza condivise siano primitive correlate.

Connessione formale tra credenza e credenza condivisa è stabilita dal fixpoint axiom che cattura la circolarità della credenza mutua:
SHxy p = BEL x (p^SHyx p)
SH = SHARED (condivisione)
SHxy p: entrambi gli agenti x e y condividono reciprocamente la crdenza che p.
A dà p per condiviso fra lei e B, significa che A crede che p sia vero e che B dia per condiviso fra loro p. La circolarità sta nel fatto che la condivisione è presente da entrambi i lati della formula, cioè c’è condivisione sia per A che per B.
Da questa formula discende una serie di implicazioni che si possono sul libro.
Differenza tra credenza mutua e condivisa è che la prima è oggettivamente comune a entrambi gli interlocutori, mentre quella condivisa assume un punto di vista soggettivo, dato che nessun agente può essere certo che anche gli altri possiedano la sua stessa conoscenza.

 

Coscienza e conoscenza
La conoscenza umana si organizza in due modi: uno tacito e uno esplicito e sono entrambi attraversati dalla coscienza.
Conoscenza esplicita: è il saper cosa, esprimibile linguisticamente e si può sovrapporre alle conoscenze scolastiche e ai concetti; rappresenta ciò che una persona sa di sapere intorno a qualunque entità del mondo.
È una conoscenza trasparente cioè può essere attivata intenzionalmente e diventare consapevole.
Conoscenza tacita: permette di interagire con il mondo, corrisponde con il saper agire, saper fare. La sua parte trasparente coincide con le immagini e le produzioni che traducono in procedurali le conoscenze esplicite. Invece gran parte della conoscenza tacita è opaca, cioè la procedura di fare qualcosa non è traducibile se non approssimativamente in conoscenza esplicita.

 

INTENZIONALITA’
Questo concetto assume due significati: il primo concerne quello che Searle chiama aboutness e cioè il riferirsi dell’intenzione a qualcosa, sempre diretta verso qualcosa. Azioni e stati mentali intenzionali hanno sempre un focus sul quale direzionarsi….è la direzionalità dell’intenzione.
Secondo significato: l’intenzionalità può assumere la caratteristica della deliberazione, uno stato mentale o un’azione può comprendere un nucleo che è stato voluto e perseguito e questo sottende ai piani d’azione.

 

Le nostre azioni hanno sempre delle conseguenze: desiderabili o non desiderabili, queste ultime possono essere irrilevanti o negativi e sono effetti che devono essere accettati dal soggetto in quanto conseguenza delle sue azioni.
Altra dicotomia:
intenzione stabile: è deliberativa, sottende al disegno dei piani d’azione.
Intenzione attiva: attiva le mete e sotto mete specifiche per raggiungere              
l’obiettivo globale. Ha carattere transitorio, costituta dalle    
mete e  sottomete.        
Esempio: se voglio andare a mangiare la pizza “da pino”  dovrò prima prenotare e quindi digitare il numero e chiamare,…..tutto ciò che mi permette di raggiungere l’obiettivo finale è una sottometa che devo portare a termine se voglio mangiare la pizza “da pino”.

L’intenzione inconscia e atti mancati: intenzione inconscia non genera un’azione deliberata, ci rendiamo conto di un desiderio incoscio attraverso il comportamento, riconosciamo l’incongruità del comportamento rispetto alle sole intenzioni inconsce.
Esempio: devo stringere la mano a una persona che trovo antipatica e nel farlo urto, senza volerlo consciamente, i suoi occhiali sulla scrivania.      

 

RELAZIONE TRA INTENZIONALITA’ E COSCIENZA        
L’AZIONE può essere:
CONSCIA                                                                                                    
1) azione intenzionale direzionata, deliberata e conscia
è pienamente intenzionale (Napoleone intende sconfiggere Wellington a Waterloo)
intenzione stabile (Napoleone studia un piani di battaglia per fronteggiare separatamente Britannici e Prussiani)
effetti deliberati (Napoleone conta in caso di vittoria di poter trattare una nuova pace continentale)

2) azione intenzionale direzionata, non deliberata e conscia
è intenzione in azione
effetti accettati (data l’intenzione di vincere la battaglia, Napoleone accetta che molti suoi soldati moriranno)

3) azione non intenzionale e conscia
comportamenti stereotipati
determinati stati emotivi e mentali non direzionati (Napoleone tiene sempre una mano sull’addome), o influenzati da toni emotivi non collegabili a cause precise, tipo ansia o depressione non dipendenti dal contesto.

 

Oppure:
INCONSCIA
4) azione intenzionale, deliberata e inconscia
caso impossibile

5) azione intenzionale direzionata, non deliberata e inconscia
mete inconsce realizzate in modo parassitico rispetto al piano d’azione consapevole
atti mancati (all’arrivo delle truppe prussiane Napoleone fa cadere il cannocchiale, quasi che, non riconoscendole le cancellasse dal campo di battaglia)
La differenza consiste nel fatto che le mete inconsce non interferiscono con quelle consapevoli nel primo caso, nel secondo disturbano il raggiungimento di quello consce.

6) azione non intenzionale e inconscia
agiti automatici e fisiologici (Napoleone cammina correttamente)
stati neurali (l’attività neurale che sottende tutte le azioni esaminate, dall’ideazione del piano di battaglia, all’angoscia per la sconfitta).

INTENZIONE COMUNICATIVA
Per le azioni in generale si può parlare di un agente singolo, nell’interazione comunicativa dobbiamo avere sempre un attore (A) e un partner (B) cui è indirizzata l’azione, ci possono essere altri agenti che sono spettatori.
Def. Intenzione comunicativa: intenzione di comunicare qualcosa; A possiede l’intenzione comunicativa che p rispetto B cioè A intende comunicare a B che p, quando A ha l’intenzione che i seguenti fatti vengano condivisa da A e da B: che p, che A intende comunicare a B che p.
Si traduce con la formula:
CINTxy p = INTxSHyx (p ^  CINTxy p)
Che ci serve per dire che l’intenzionalità comunicativa è circolare e l’abbiamo già utilizzata parlando di conoscenza condivisa e significa:
CINTAB p:  A ha l’intenzione comunicativa che p rispetto a B quando A intende (INTA) che i seguenti due fatti siano condivisi da B e da lei (SHBA): che p, e che lei intendeva comunicare a B che p (CINTAB p)

 

RELAZIONE TRA INTENZIONALITA’ E COSCIENZA RISPETTO ALLE AZIONI COMUNICATIVE
ATTO COMUNICATIVO
CONSCIO

  1. atto comunicativo pienamente intenzionale, deliberato e conscio

                          comunicazione propriamente intesa: deve possedere l’intenzionalità e la coscienza, perché l’intenzione comunicativa abbia successo è necessario che sia riconosciuto dall’interlocutore il contenuto e l’intenzione di comunicare il suddetto contenuto. La seconda condizione prevede che B riconosca una certa intenzione da parte di A e questo non può realizzarsi se A non è pienamente consapevole della sua intenzione

 

  1. atto comunicativo intenzionale, non deliberato e conscio

                    sequenza di parole in una frase, o sequenza di gesti in un atto comunicativo extralinguistico: la persona è consapevole di cosa sta dicendo, ma non struttura le frasi in anticipo, lo stesso con i gesti
effetti intesi apertamente: effetti che entrambi gli agenti considerano ovvi ed evidenti rispetto all’azione che stanno deliberando insieme
effetti non intesi apertamente: contenuto preposizionale corrispondente a uno stato mentale di A, in cui l’intenzionalità comunicativa non sia deliberata, veicolato attraverso un altro atto comunicativo avente un diverso contenuto e piena intenzionalità comunicativa. Il significato dell’effetto viene costruito a partire dalla comprensione di B; solo in seguito A potrebbe accorgersi di aver comunicato il suo stato mentale che B ha ricostruito.

INCOSCIO

  1. atto comunicativo intenzionale, deliberato e inconscio

                             caso impossibile: le intenzioni comunicative sono sempre consce

  1. atto comunicativo non intenzionale e inconscio

                             lapsus: il parlante è consapevole di quello che ha detto e può anche comprendere perché ha detto quella parola in quel momento
elementi paralinguistici: fluttuanti tra coscienza e non coscienza, non siamo consapevoli dei gesti e il tono di voce che usiamo quando parliamo, se invece li utilizziamo intenzionalmente, allora ne siamo consapevoli  

  1. azione non intenzionalmente comunicativa

                          estrazione di informazioni da parte di B di azioni e modi di essere non comunicativi di A.

 

PIANI D’AZIONE
Piano: insieme gerarchico di mete, associate ad azioni eseguendo le quali le mete verranno raggiunte. In realtà nell’area della comunicazione si intende una configurazione di credenze ed intenzioni di eseguire le azioni implicate.
Costruire un piano è cognitivamente faticoso, per questo tendiamo ad utilizzare piani già pronti, già utilizzati in precedenza e che hanno una qualche possibilità di successo.
Distinzione tra piani individuali e interpersonali: i primi riguardano esclusivamente il pianificatore, i secondi oltre al pianificatore coinvolgono più partner.
Piano condiviso: processo collaborativi tra due persone, dove ciascun agente crede mutuamente che farà la sua parte nell’azione congiunta e farà la sua parte solo se l’altro agente si comporterà nello stesso modo. Questo tipo di piano è continuamente negoziato tra gli agenti, non presume una lista di azioni fisse.                                                            

 

Fonte: http://www.sognopsicologia.org/Registrazioni/Comunicazione/Capitolo_2.doc

Sito web da visitare: http://www.sognopsicologia.org

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