Psicologia dei processi di apprendimento e motivazione

 


 

Psicologia dei processi di apprendimento e motivazione

 

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PSICOLOGIA DEI PROCESSI DI APPRENDIMENTO E MOTIVAZIONE


INTRO
Esistono ragazzi ke affrontano con poca fatica la scuola e altri ke incontrano invece varie difficoltà: l’apprendimento risulta così essere un momento faticoso, spesso nn contraccambiato da adeguati risultati finali, commisurati alle reali fatiche. In cosa differisce uno studente di successo da uno ke incontra difficoltà?
Qst problema può essere affrontato seguendo più linee interpretative (à elementi ke concorrono all’apprendimento):

 

  1. Abilità Specifiche: sono fondamentali x l’acquisizione di conoscenze e abilità di base (es lettura e scrittura) e sono centrali nella comprensione di alcune difficoltà particolari di apprendimento (es situazioni di handicap). Esistono 2 tipi di abilità:
    • Abilità innate: abilità presenti sin dalla nascita
    • Expertise: capacità sviluppate nel tempo grazie alla pratica ed alla familiarità in un compito

Spesso xo, ragazzi con le stesse abilità e capacità, ottengono prestazioni diverse. Inoltre, gli studenti di successo, nn sono necessariamente i più dotati (à anzi ci sono studenti dotati ke hanno xo prestazioni scolastiche molto basse). Qst può esser spiegato dalla seconda linea interpretativa.

  1. Strategie di Apprendimento: chi utilizza meglio strategie adeguate, riesce spesso ad ottenere prestazioni scolastiche superiori. Le strategie possono essere apprese attraverso la pratica nel compito (à procedimento x prova ed errori) oppure tramite insegnamento diretto(à è stato dimostrato ke chi applica le strategie insegnate ottiene prestazioni superiori rispetto a chi affronta le materie senza un approccio strategico).
    Il punto debole delle strategie riguarda il mantenimento di quelle apprese: sebbene alcuni continuino ad applicarle, altri le abbandonano tornando ad utilizzare i vecchi metodi di studio. Le ragioni di tale comportamento sono:
    • Scarsa flessibilità e adattabilità dei metodi insegnati alle verifiche cui i ragazzi sono sottoposti (x es troppi contenuti specifici richiesti)
    • La brevità con cui si effettua l’intervento strategico rende difficoltosa l’automatizzazione delle strategie (e se la procedura nn è ben assimilata lo studente nn riuscirà ad automatizzare lo studio, dovendo così ripetere i passi e applicare successivamente il metodo ai contenuti da dover studiare) à siccome xo qst operazione richiede molto tempo e impegno, lascia spesso nello studente il dubbio in merito all’efficacia delle strategie proposte (se poi il dubbio verrà interpretato positivamente, sarà considerato quale tappa necessaria x l’automatizzazione; in caso contrario, verrà interpretato negativamente come cosa inutile).

Va poi notato ke l’intervento ke nn considera le conoscenze strategiche precedenti può sembrare come imposto e nn essere integrato nel modo abituale di studiare à in tal caso lo studente potrebbe vivere la fase di acquisizione come un peso aggiuntivo (ossia una cosa in più da imparare oltre al materiale d’esame).

  1. Aspetti Metacognitivi: si riferiscono al controllo metacognitivo (à capacità di regolare e gestire autonomamente la propria attività di studio) e alle conoscenze strategiche (à quali sono quelle più opportune e più efficaci in base alla situazione e alle richieste del compito).
  2. Aspetti Motivazionali: riguardano i motivi e gli scopi ke portano a studiare (o a rifiutare di affrontare lo studio)  e sono visti come “carica energetica” ke conduce all’apprendimento (gli incentivi insomma)

Gli aspetti strategici e le abilità sono pertanto necessari, ma nn sufficienti se mancano gli elementi di tipo metacognitivo e motivazionali.
Osserviamo ora la relazione ke esiste fra motivazione e apprendimento
Relazione fra motivazione e apprendimento: il legame nn è diretto, ma mediato da diversi aspetti e variabili. Il legame può riguardare:

  • L’uso più metacognitivo di differenti strategie di apprendimento
  • Una maggiore persistenza nella risoluzione di compiti impegnativi, in cui vengono mostrate e sviluppate, attraverso l’impegno le abilità e le competenze
  • Una corretta attribuzione dei precedenti successi ed insuccessi
  • La scelta dei compiti ke consentono di mettersi alla prova x esercitare le proprie competenze, strategie e abilità
  • Emozioni positive provate x l’apprendimento e la riuscita (ke spesso si traducono in orgoglio e nella protezione del valore di Sé) à tale maggiore soddisfazione personale può poi portare il ragazzo a migliorare anke altri aspetti (infatti, il ragazzo con prestazioni scolastiche soddisfacenti tende ad amare di più le materie e a sentirsi meglio inserito nel contesto scolastico).

Le relazioni fra motivazione e apprendimento sono state studiate anke attraverso la creazione di modelli interpretativi in cui son presenti e correlati in modo circolare gli elementi strategici, metacognitivi e motivazionali.
Le diverse componenti si influenzano fino a costruire un ciclo (x es l’interesse x un argomento à porta a cercare strategie x studiarlo meglio à si ottengono buoni risultati à aumenta l’interesse iniziale ke a sua volta porta alla ricerca di nuove strategie).
L’apprendimento risulta dunque essere il frutto di complesse interazioni fra conoscenze, credenze, capacità di controllo e aspetti motivazionali ke sostengono e dirigono verso l’una o l’altra direzione l’intero processo.
Esistono poi diversi tipi di modelli, ke si distinguono a seconda del tipo di relazione esistente fra i vari componenti (motivazionali, strategici e di prestazione).
X alcuni autori,  la motivazione deriva dall’uso efficace delle strategie adatte alla risoluzione del compito (modello unidirezionale); x altri invece sono più plausibili modelli bidirezionali, ke descrivono relazioni circolari di vario tipo fra le diverse componenti strategiche e motivazionali dell’apprendimento.
CAP 1.   COMPONENTI COGNITIVE, STRATEGICHE E METACOGNITIVE DELL’APPRENDIMENTO          
X capire xke alcuni studenti imparano facilmente (senza troppo impegno) e ottengono prestazioni alte, mentre altri seppur sforzandosi nn ottengono gli stessi risultati, vanno analizzate 4 componenti, poiché in grado di spiegare le differenze individuali nell’apprendimento: abilità innate ed expertise, strategie di apprendimento, aspetti metacognitivi e motivazione. Nota ke le 4 componenti appena citate hanno un funzionamento ke va necessariamente osservato nel complesso, siccome vi sono stretti rapporti tra una e l’altra componente ed i confini fra esse (quando finisce una e inizia l’altra), nn sempre sono chiari.
Esaminiamole singolarmente.

  1. ABILITÀ INNATE ED EXPERTISE:

    Le abilità innate sono capacità presenti fin dalla nascita ke permettono l’acquisizione di apprendimenti complessi. Le abilità innate possono essere interpretate poi come:
    • Forme geneticamente predeterminate: esse vengono poi sostenute/frenate dall’ambiente à tale posizione è rigida xke prevede l’esistenza di limiti strutturali (à ossia l’impossibilità di andare oltre un certo limite prefissato nonostante l’ambiente favorevole, la forte motivazione o le strategie adeguate).
    • Predisposizioni universali ad apprendere nei diversi ambiti: ipotizza ke chiunque faccia uso di un approccio corretto al compito (dal punto di vista motivazionale/strategico + un adeguato sostegno sociale e culturale) può sviluppare in maniera praticamente illimitata le sue capacità.
    • Posizioni Intermedie: le diverse abilità nn sono rigide ma sono migliorabili solo fino a un certo massimo (ke varia da persona a persona) oltre il quale nn si può andare à tale posizione può contribuire a spiegare alcune situazioni particolari quali la difficoltà di apprendimento, il ritardo mentale e altri deficit.
      Altre posizioni prevedono l’esistenza di varie sottoabilità (alcune più modificabili, altre più rigide) possedute in maniera diversa da ogni singolo individuo.

La tendenza attuale è cmq quella di riconoscere un ruolo più limitato agli aspetti innati e rigidi e di attribuire maggior importanza all’esperienza, all’apprendimento e al ruolo ambientale à tale posizione prevede dunque ke le abilità innate siano presenti sin dalla nascita, sebbene possano poi crescere, emergere o modificarsi x effetto di più elementi (alcuni controllabili, altri no).
Gardner interpreta invece le abilità come forme d’intelligenza (prevede ke si abbiano una serie di abilità e una serie di tante piccole sottoabilità à queste ultime del tipo tutto o niente, ossia presenti o assenti).
In ogni caso, va notato ke le relazioni fra abilità innate e le altre componenti dell’apprendimento, dipendono da come queste abilità vengono interpretate dalle diverse concezioni:

  • Concezione Rigida: abilità viste come poco modificabili e controllabili à gli individui sono più strategici, metacognitivi e motivati solo x quelle attività in cui si sentono abili.
    Da un punto di vista motivazionale, tale concezione prevede ke il soggetto sia portato all’evitamento delle situazioni in cui c’è il rischio di mostrarsi poco abile (à si ha così un calo motivazionale).
  • Concezione Flessibile: le conoscenze e le capacità metacognitive, nonché la motivazione, dipendono dalla qualità delle strategie messe in atto.
    Dal punto di vista motivazionale, l’idea ke le abilità siano predisposizioni sviluppabili (sebbene con dei limiti massimi diversi x ognuno) è quella ke sostiene maggiormente la motivazione alla riuscita.

Va poi notato ke ad una maggiore abilità nn sempre corrispondono una maggiore motivazione o prestazioni superiori: può anzi accadere ke studenti dotati possano ottenere prestazioni scolastiche inferiori e risultare così meno motivati di ragazzi ke hanno invece abilità nella norma à qst può accadere xke ragazzi con abilità brillanti nn trovano sfide adeguate x mettersi alla prova (si potrebbero creare classi solo x ragazzi dotati ma anke tale situazione potrebbe rivelarsi demotivante x via dei standard troppo alti à effetto “pesci grossi nello stagno piccolo”: la grande abilità di uno studente -pesce grosso- in una classe normale è evidente, ma cambia se messa a confronto in una classe di dotati -stagno piccolo-).
Le abilità nn sono quindi sufficienti a determinare buone prestazioni scolastiche e, talvolta, può anke accadere ke esse ostacolino l’apprendimento a causa dell’ assenza di stimoli adeguati o di un confronto sociale troppo serrato.
Vediamo ora l’Expertise. Esso è un insieme di abilità sviluppate in ambiti specifici, grazie ad una lunga pratica nel compito e spesso accompagnata da un uso di strategie adeguate ed efficienti e di alti livelli motivazionali. Quindi, pur nn negando l’esistenza di certe abilità di base nel settore, l’esperto è colui ke in uno specifico compito acquisisce capacità e strategie notevoli, x via della sua lunga pratica in quel settore, ke gli consentono una maggiore precisione, velocità e soddisfazione. Va poi notato ke l’esperto è spesso molto motivato (à ma ciò nn è chiaro se sia causa o effetto dell’expertise).
Gli esperti, rispetto agli inesperti presentano vantaggi e svantaggi:
VANTAGGI

  • Riescono a vedere e rappresentare il problema ad un livello più profondo: gli esperti riescono infatti a percepire ed organizzare i problemi in modo astratto, mentre gli inesperti usano un livello concreto; gli esperti hanno poi strutture di conoscenza più dettagliate ed organizzate degli inesperti
  • Sono più veloci xke hanno acquisito conoscenze procedurali automatizzate, ke permette loro di economizzare sul tempo. Usano infatti  strategie x risolvere il problema e sono facilitati dalla grossa mole di informazioni contenute nella loro MLT.
  • Hanno capacità di controllo sulla loro prestazione superiori alla norma
  • Riescono a svolgere compiti in parallelo: in tal modo si hanno maggiori potenzialità di apprendimento
  • Ottengono risultati migliori

SVANTAGGI

  • Difficoltà di aggiornamento: le conoscenze dell’esperto possono infatti essere superate, ma egli faticherà a sostituire le nozioni usate e consolidate da anni
  • Specializzazione in un solo settore: essere esperti in un area potrebbe implicare l’ignoranza in ambiti più vasti (es ritardati mentali à alcuni, esercitandosi in un solo settore x anni, come ad es la conta di numeri, potrebbe determinare risultati eccezionali x quell’ambito, ma nn x altri)
  • Regressione: l’esperto può arrivare al punto di avere livelli di conoscenza talmente elevata oltre i quali è xo ben difficile andare à qst può talvolta comportare una regressione delle prestazioni

Va infine fatto presente ke le abilità e l’esperienza da sole nn sono sufficienti x 3 motivi:

  • Le abilità possedute possono anke rimanere inespresse se nn vengono dimostrate tramite l’esecuzione di compiti ma ke, x essere svolti, richiedono l’ adozione di strategie
  • Durante l’apprendimento le abilità nn vanno solo mostrate, ma anke migliorate e sviluppate
  • La possibilità di divenire esperto si può realizzare (oltre ke col continuo esercizio) con l’uso si adeguate strategie di apprendimento
  1. STRATEGIE X L’APPRENDIMENTO, METODI DI STUDIO e STRATEGIE DI MEMORIA:

    Le strategie sono delle procedure potenzialmente consapevoli e controllabili, aventi scopi specifici quali l’apprendimento. Esse possono quindi contribuire a spiegare le differenti prestazioni di studenti con abilità normali e quelli con abilità eccezionali (à spesso accade ke studenti con abilità nella norma vadano meglio a causa di strategie più efficaci: risultano in tal modo i più dotati). La conoscenza e l’uso di strategie efficaci, più la loro applicazione ragionata (= metacognitiva), possono così far emergere abilità potenziali ke spiegano il miglior rendimento.
    Altra definizione di strategia venne data da Pressley: egli vede la strategia come un insieme di operazioni cognitive, potenzialmente consce e controllabili, ke si pongono scopi, quali la comprensione e il ricordo (à strategia nn è solo un’attività semplicemente connessa all’esecuzione di compito: essa implica la scelta di certi processi potenziali).
    I 2 elementi fondamentali della strategia sono quindi:
    • Lo Scopo Cognitivo (es apprendimento di una materia)
    • La Consapevolezza (ke implica la possibilità di scelta e di controllo)

METODI DI STUDIO
Vediamo ora lo studio. Esso è un particolare tipo di apprendimento ke consiste nella lettura attenta e selettiva, ke consente così a comprendere e memorizzare le informazioni utili x eseguire infine una prova. Lo studio necessita di intenzionalità, xke è lo studente ke decide i tempi e le modalità dello studiare, in base alle sue conoscenze strategiche, i suoi obiettivi e i suoi valori.
Lo studio può essere diviso in 3 diverse fasi, in cui è applicabile ad ognuna un diverso tipo di strategia:

  • Organizzazione e definizione degli obiettivi: le strategie più usate implicano la programmazione del tempo di studio, la concentrazione, la scelta del luogo e le ore della giornata più proficue x lo studio
  • Lettura, comprensione ed elaborazione dei contenuti: strategie possono riguardare una prima lettura veloce x schematizzare, sottolineare e prendere appunti
  • Memorizzazione e (opzionale) rievocazione del materiale: possono venire impiegate strategie x ricordare più a lungo e più efficacemente tramite un adeguato ripasso; si possono poi anticipare domande e risposte e informarsi sul tipo di prova e sui possibili contenuti.

Esistono numerosi metodi di studio:

  • SQ4R: è un metodo ad ampio spettro, particolarmente utile xke motiva all’apprendimento e stimola alla riflessione
    • S: survey à sfogliare il materiale
    • Q: question à porsi delle domande
    • R: read à leggere una prima volta
    • R: reread à rileggere analizzando bene il testo
    • R: recite à ripetere una volta finito di leggere
    • R: review à ripassare
  • MURDER: la novità di questo metodo (sebbene ank’esso sia ad ampio spettro) è ke x ognuna delle fasi descritte, l’autore propone l’uso di strategie dirette al testo (es analisi dei concetti chiave) o dirette al soggetto (ruolo attivo del soggetto x migliorare la concentrazione e l’interesse)
    • M: mood à atteggiamento mentale/emotivo positivo x affrontare positivamente lo studio
    • U: understand à leggere x capire
    • R: recall à riassumere e ricordare senza guardare il testo
    • D: detect à controllare nel testo l’esattezza e la completezza del ricordo
    • E: elaborate à fissare al meglio i contenuti
    • R: review à ripassare
  • REAP: è un metodo di studio specifico ke si basa sull’assunto ke i contenuti nn sono ben compresi finché nn vengono comunicati. L’applicazione di tale metodo consiste nel ripetere con parole proprie l’idea dell’autore.
  • STRUCTURED OVERVIEW: un approccio specifico ke ritiene di fondamentale importanza  la presenza di uno schema anticipatorio, la cui funzione è quella di consentire una maggiore integrazione delle info in precedenti strutture di conoscenza. L’insegnante dovrebbe quindi preparare prima della lezione uno schema, ke andrà poi elaborato e confrontato col materiale da apprendere.
  • DRTA: tale modello pone al centro il valore delle aspettative iniziali sul contenuto del testo
  • ReQuest: tale modello considera come fondamentali le domande ke consentono di comprendere e ricordare al meglio. La sua applicazione prevede la lettura mentale seguita da domande e risposte su quanto letto.

Dansereau fa tuttavia notare ke è essenziale  tenere conto soprattutto delle caratteristiche del soggetto ke affronta il materiale di studio e degli atteggiamenti ke questo ha, prima ancora dell’efficacia dei vari metodi. Solo in base alle prime si potrà infatti determinare l’efficacia di un metodo rispetto a un altro.
Dalle esperienze avute con i programmi strategici si potè poi constatare da un lato l’efficacia delle varie strategie, ma dall’altro dei limiti insite in esse, tra cui il mancato mantenimento strategico (nelle situazioni in cui andrebbe adottato) ed il trasferimento dei metodi appresi (nelle situazioni diverse).
L’insegnamento di strategie  risultava quindi efficace nell’immediato; spesso xo le strategie ed i metodi appresi nn venivano poi applicati nuovamente, in modo spontaneo à quindi, l’insegnamento di una o più strategie è condizione necessaria ai fini di una buona prestazione, ma nn sufficiente x garantire la successiva applicazione spontanea delle strategie insegnate.
Un corretto intervento strategico, x poter garantire il mantenimento e trasferimento, dovrebbe comprendere anke aspetti metacognitivi (conoscenze sulle proprie abilità e motivazione). Inoltre, la lunghezza dell’intervento, dovrebbe essere tale da consentire di rendere automatizzate le procedure. Infine, dovrebbe fornire ai ragazzi la consapevolezza sull’utilità del metodo insegnato (spesso i ragazzi sono restii a cambiare le vecchie abitudini, poiché ritengono i nuovi metodi come troppo dispendiosi in termini di tempo).
Tutte queste riflessioni, hanno condotto allo sviluppo di un modo nuovo di insegnare le strategie: l’intervento metacognitivo à Esso parte dalla presa di conoscenza da parte dello studente dei metodi di studio e delle strategie già adottate, nonché della riflessione personale sui vantaggi e i limiti degli approcci abituali. Partendo così dalla constatazione ke si può far qlcs x migliorare il metodo posseduto, lo studente risulta motivato ad imparare nuove strategie o a migliorare l’uso di quelle in suo possesso. Nota ke l’intervento metacognitivo parte dallo studente stesso e da una visione delle strategie di apprendimento e dei metodi di studio come aspetti certamente fondamentali, ma nn tuttavia sufficienti nel garantire buoni risultati. X raggiungere il successo, gli aspetti strategici dovrebbero essere sostenuti anke da capacità di riflessione metacognitiva e adeguate motivazioni.

STRATEGIE DI MEMORIA
Vediamo infine le strategie di memoria. Sia le strategie ke i metodi di studio sono importanti componenti dell’apprendimento; tuttavia, i contenuti imparati devono nn solo essere compresi, ma anke fissati e mantenuti: un buon metodo di studio deve quindi potenziare anke il ricordo. X far ciò si può ricorrere a strategie ke lo possono rendere più sicuro e meno difficoltoso (es comprendere a fondo, rielaborare, ripetere, porsi delle domande..).
Le strategie di memoria hanno dunque la funzione di potenziare il ricordo, tramite procedure ke enfatizzando (ingigantendo) i normali principi di funzionamento della memoria (es organizzazione del materiale o uso di immagini) facilitano il ricordo.
È possibile distinguere tra strategie di memoria semplici e complesse:

  • Strategie di memoria Semplici: son procedure spesso prodotte spontaneamente o con un minimo di intenzionalità ke nn richiedono alcuno specifico intervento x essere apprese (es la ripetizione meccanica)
  • Strategie di memoria Complesse: son procedure complesse ke richiedono pianificazione e controllo. Tra i metodi strutturati citiamo:
    • Metodo del Concatenamento: esso si basa sull’immaginare il primo item e il secondo item e collegare i 2. Poi va immaginato il terzo e collegato coi precedenti. E così via..
    • Metodo dei Loci: prevede la creazione di uno schedario mentale in cui collocare gli item da memorizzare (utilizzabile ripetutamente con materiale diverso). Lo schedario in tale metodo è costituito da luoghi posti in un percorso familiare.
    • Metodo Fonetico: ank’esso prevede la creazione di uno schedario, ma esso è costruito in base ad associazioni fonetiche.

Alcune strategie sono applicabili ad una grande varietà di tipi di materiale; altre sono invece state ideate x specifiche situazioni (x es, x  lo studio del lessico di una lingua straniera è efficace la tecnica della parola chiave: pioggia = rain à è possibile pensare -foneticamente- a ragno e immaginare un ragno sotto la pioggia x ricordarselo).
Inoltre, è stato dimostrato ke l’efficacia delle strategie di memoria risulta massimizzata se, nell’intervento strategico e durante la presentazione del materiale da memorizzare, vengono utilizzate tecniche di rilassamento.
Altre strategie di memoria fondano invece la loro efficacia sull’uso di immagini mentali: esse sono rappresentazioni mentali degli item o dei contenuti da memorizzare, create da Sé o suggerite da altri (es mela à vedo con l’occhio della mente una mela). Esse sono perlopiù di tipo visivo, ma possono anke essere di tipo uditivo o relative altre modalità percettive (es uditive).
Le strategie di memoria sono così efficaci xke i principi su cui esse si basano (organizzazione del materiale, parole chiave, l’uso di associazioni..) sono i medesimi sui cui si basa la memoria naturale: nelle strategie tuttavia, questi principi sono semplicemente massimizzati e utilizzati con la specifica intenzione di ricordare (à ossia con lo scopo di memorizzare). L’efficacia delle strategie di memoria, inoltre, nn si limita agli aspetti cognitivi, ma si estende anke a quelli metacognitivi e motivazionali. L’utilizzo delle strategie di memoria consente dunque di accrescere le conoscenze (ed il funzionamento) della propria memoria e migliorare il grado di fiducia sulle nostre possibilità di ricordare. Qst è stato dimostrato negli anziani: essi hanno spesso poca fiducia nelle proprie capacità di ricordare. Tuttavia, il ricorso ad una mnemotecnica produceva un miglioramento nelle convinzioni circa le loro capacità di memoria ed una maggiore fiducia davanti ai compiti mnestici. Inoltre, dopo l’insegnamento di queste strategie, essi attribuivano gli eventuali fallimenti alla loro mancanza d’impegno, piuttosto ke alle abilità carenti (à l’insegnamento strategico determina quindi delle convinzioni positive sulle proprie possibilità di ricordare).
L’uso di mnemotecniche produce dunque effetti  cognitivi, metacognitivi e motivazionali. Risultati simili furono poi dimostrati anke con studenti universitari: a distanza di tempo i ragazzi, pur nn utilizzando più le strategie imparate, presentavano un miglioramento nella fiducia circa le loro capacità di memoria, nonché un miglioramento degli aspetti emotivi e auto percettivi di fronte al compito.
Si può dunque concludere ke imparare attraverso l’uso di specifiche strategie di memoria, piuttosto ke in maniera più spontanea e meno strategica, può rendere più divertente e più motivante l’apprendimento.
Le strategie di memoria, insieme alle strategie di studio e alle abilità di base, possono spiegare le diverse prestazioni su compiti identici (affrontati con competenze di base e strategie differenti). Il modo in cui si affrontano i compiti nn dipende solo dalle abilità possedute, ma anke da come e quanto queste vengono impiegate. Altri aspetti possono poi essere gli aspetti motivazionali e quelli metacognitivi:

  • Le motivazioni riguardano la scelta di affrontare o evitare il compito (nonché la persistenza o meno di fronte ad eventuali ostacoli)
  • Gli aspetti metacognitivi si riferiscono invece alle conoscenze e alle capacità di controllo del soggetto
  1. CAPACITÀ METACOGNITIVE e STILI COGNITIVI DI ELABORAZIONE DELL’INFORMAZIONE:

Sono elementi eterogenei, ma accomunati dal fatto di essere abilità di tipo meta (à ossia ke dirigono e organizzano una serie di aspetti relativi all’uso e all’applicazione delle strategie + la capacità di identificare motivazioni adeguate).
In particolare, la metacognizione è quell’insieme di attività psichiche ke presiedono al funzionamento cognitivo. La teoria metacognitiva distingue tra:

  • Conoscenze Metacognitive: del proprio e altrui funzionamento à essi riguardano dunque quanto il soggetto sa o crede circa una pluralità di aspetti (memoria, comprensione, studio..).
    Nelle conoscenze metacognitive possono poi essere incluse le idee sul funzionamento cognitivo in generale, le convinzioni sulle capacità personali e i vari punti di forza e di debolezza. Tutti questi elementi possono derivare dalle esperienze personali o dalle osservazioni del comportamento degli altri.
  • Controllo Metacognitivo: ossia le abilità di valutazione e monitoraggio della propria attività cognitiva à sono quindi le capacità di valutare la qualità e la correttezza del compito ke si sta eseguendo anke x decidere eventualmente un cambio si strategia, o sostenere i propri sforzi fino all’ottenimento del risultato.
    Nel controllo metacognitivo possono essere distinte diverse componenti tra cui:
    • L’autoistruzione: implica la conoscenza del come, qnd e xke applicare le diverse strategie
    • L’autointerrogazione: si riferisce alla conoscenza e all’uso, sul momento, delle strategie; implica inoltre una riflessione sulla loro adeguatezza
    • L’automonitoraggio: riguarda il controllo circa la corretta applicazione delle strategie durante l’esecuzione del compito
    • Altro aspetto importante sono le stime metacognitive: esse sono sei giudizi soggettivi relativi alle personali capacità (x es, x il ricordo, il numero di item di una lista ke si riesce a ricordare). Esistono 3 diversi tipi di stime ke si differenziano, oltre ke x la richiesta, x il momento in cui vengono espresse:
  • Prima dell’esecuzione del compito: si definisce Ease of Learning (EOL) la stima della facilità di apprendimento del materiale prima del compito
  • Durante l’esecuzione del compito: si definisce Prediction of Total Recall (PTR) la stima del ricordo durante l’esecuzione (in particolare nella fase di mantenimento)
  • Dopo l’esecuzione del compito: Il Judgment of Learning (JOL) riguarda invece la memoria ke si ha dopo l’apprendimento

Le conoscenze e il controllo metacognitivo nn sono tra loro distinti: il controllo è legato alle conoscenze possedute le quali, a loro volta, sono alimentate dalle esperienze precedenti e da come queste sono state affrontate e comprese.
In genere, si può affermare ke ad un maggiore livello metacognitivo corrisponde una migliore prestazione, poiché il compito è svolto con maggiore competenza e impegno prolungato nel tempo.
Flavell è uno dei più importanti esponenti della teoria metacognitiva. Egli sostiene ke le prestazioni (quelle relative alla memoria soprattutto) dipendono dalle conoscenze metacognitive e dal controllo metacognitivo.
X Flavell dunque conoscenze metacognitive, controllo metacognitivo e prestazione sono elementi tra loro interagenti; questo significa ke la conoscenza della propria memoria, delle proprie capacità di studio o di altri elementi cognitivi facilita il controllo e la valutazione della strategia impiegata e produce effetti positivi anke sulla prestazione.
Gli aspetti metacognitivi dunque (di conoscenza e di controllo) si collegano con gli aspetti strategici poiché riguardano la conoscenza e la modalità di applicazione delle strategie à i vantaggi derivanti da un buon funzionamento metacognitivo sono quindi:

  • Consente di trarre il massimo beneficio possibile dalle diverse strategie (à permette di organizzare e adeguare le strategie alle caratteristiche personali e alla situazione)
  • Influenza positivamente la motivazione ad apprendere (à sapendo organizzare le strategie, sente di avere il controllo della situazione, cosa ke si traduce poi in autodeterminazione ed autoefficacia)

STILI COGNITIVI DI ELABORAZIONE DELL’INFORMAZIONE
Gli stili cognitivi consentono di spiegare le differenze di ordine qualitativo nell’apprendimento, ossia i percorsi fatti e le modalità applicate x affrontare i diversi compiti. Lo stile cognitivo viene dunque definito come la modalità individuale di apprendimento (à ossia il modo in cui ciascun individuo assimila e ritiene le informazioni e le abilità).
Si ha uno stile cognitivo tutte le volte in cui si manifesta una tendenza costante e stabile nel tempo ad usare una determinata classe di strategie, sebbene si abbia una serie di strategie, tutte ugualmente applicabili, x affrontare uno specifico compito (x es c’è chi è più sistematico, chi procede dal generale al particolare, chi è riflessivo e tendente alla pianificazione, chi è più impulsivo..).
Gli stili possibili sono tanti: x qst si sono sviluppate diverse teorie in merito.

  • Teoria degli Stili Dicotomici: ritiene ke gli individui abbiano modalità contrapposte di affrontare la situazione (es impulsivo è più veloce a rispondere, ma meno preciso, ma all’occorrenza può divenire anke riflessivo). È quindi possibile pensare ke ognuno possieda in maniera diversa ciascuno stile (sebbene contrapposti nn si escludono a vicenda) in maniera tendenzialmente stabile e facendone prevalere uno rispetto all’altro (à in compiti particolari è possibile infatti mettere in atto processi compatibili con lo stile opposto).
    La distribuzione degli individui all’interno di ciascuno stile può esser pensata come unimodale (ossia verso il centro) poiché buona parte delle persone possiede in misura diversa ognuna delle 2 caratteristiche, con una lieve sproporzione ke determina una prevalenza x l’una o l’altra, ma nn con una netta preferenza x uno dei 2 estremi (come una bilancia ke pende verso una parte, ma nn nettamente insomma).
  • Teoria di Sternberg: nn prevede la presenza di stili contrapposti: egli paragona la mente ad un sistema governativo con specifiche funzioni, forme, livelli, scopi ed inclinazioni, ke se incrociate, danno vita a 96 tipologie differenti (di cui alcune saranno poi più frequenti di altre). Egli ammette poi delle sfumature all’interno di ciascuna tipologia: le singole caratteristiche nn sono infatti del tipo tutto o niente, ma sono possedute in una percentuale diversa da ognuno.

Qualunque sia la teoria corretta, va notato ke lo stile cognitivo di ognuno tende a stabilizzarsi nel tempo attraverso un processo di tipo circolare, x cui l’adozione dello stile preferito conduce a risultati migliori ke, a loro volta, incrementano la motivazione ke porta a riutilizzare le stesse strategie, adottate in conformità allo stile (stileàprestazioni miglioriàmaggior motivazioneàstesse strategieàstesso stile). Tuttavia, ciò nn significa ke lo stile sia necessariamente rigido: anzi, in genere i vari stili cognitivi presentano la caratteristica della plasticità (à qst xke spesso vi sono situazioni più facilmente risolvibili con uno stile diverso dal proprio).
La capacità di riconoscere le situazioni come più o meno confacenti al proprio stile dipende dal livello metacognitivo del soggetto.
Nell’apprendimento, è dunque opportuno ke i ragazzi conoscano e adottino preferibilmente il proprio stile individuale, ma ke facciano cmq esperienza con stili alternativi, imparando a riconoscere le situazioni in cui sarebbe più opportuno variare qst in base all’esigenza.
Vediamo infine il rapporto fra stile cognitivo ed apprendimento: le prestazioni tendono ad essere migliori se il compito si presta ad essere svolto con lo stile preferito; inoltre, la possibilità di utilizzare lo stile preferito è in genere motivante (cosa ke conduce poi all’adozione di efficaci strategie di apprendimento). Sono dunque motivanti quelle situazioni in cui lo stile cognitivo è congruo alle richieste del compito (qst xke potrebbe sviluppare un expertise nel compito, instaurando così un processo circolare tra aspetti strategici, aspetti motivazionali e successi ottenuti); al contrario, sono invece demotivanti le situazioni in cui il ragazzo nn riesce a dimostrare completamente le abilità ke possiede, in quanto il compito nn è congruente col suo stile cognitivo.
Le relazioni fra aspetti strategici, aspetti metacognitivi, abilità ed expertise, stili cognitivi e motivazioni sono dunque molteplici.
CAP 2. COMPONENTI MOTIVAZIONALI DELL’APPRENDIMENTO
Nei processi di apprendimento sono coinvolti molti fattori legati alle abilità, alle strategie, agli aspetti metacognitivi e a quelli motivazionali.
La distinzione classica tra motivazioni è:

  • Motivazione Intrinseca: motivazione interna al soggetto, ke nn necessita di premi o rinforzi, poiché la spinta avviene dall’interno (affrontiamo i compiti x noi stessi -interesse e curiosità-  e nn x finalità esterne)
  • Motivazione Estrinseca: è una motivazione ke mira a finalità esterne, come premi o elogi. Essa è ben rappresentata dalla teoria comportamentista del rinforzo, dove il rinforzo è lo stimolo in grado di modulare la frequenza di un determinato comportamento (sebbene sia poi molto rilevante anke l’elaborazione cognitiva ed emotiva dello stimolo da parte del soggetto). In tale teoria sono previsti:
    • Premi Controllanti: x far sentire ke si è guidati/controllati dall’esterno; essi riducono la motivazione intrinseca, poiché il soggetto nn si sente libero di agire
    • Premi Informativi: lasciano più autonomia e incentivano l’autonomia intrinseca, poiché lascia al soggetto libera scelta d’azione

Tale classificazione presenta tuttavia il limite di nn evidenziare a sufficienza le differenze fra motivazioni intrinseche innate e istintive ( i bisogni) e quelle mediate invece cognitivamente (obiettivi e aspettative).
Tra motivazione intrinseca ed estrinseca
si ha un effetto interattivo: divengono rilevanti, oltre al rinforzo, aspetti come il riconoscimento dell’autorità della persona ke premia o punisce, la percezione di autoefficacia e in generale, tutti i processi emotivi e cognitivi ke accompagnano l’apprendimento.
Con Motivazione, si intende un movimento/una spinta da parte del soggetto, verso la direzione di un oggetto. In particolare, la motivazione all’apprendimento è interpretabile come un insieme di aspetti cognitivi ed affettivi tra loro interagenti (e quindi un insieme di esperienze soggettive, di origine intrinseca o estrinseca, ke conducono l’individuo a imparare). Esempi di interrelazione fra emozioni e cognizioni sono abilità, emozioni e aspettative nutrite (queste ultime sono poi divisibili in 3 tipi di elementi: descrittivo -ossia l’obiettivo ke si intende raggiungere- , strategico -ossia i mezzi attraverso cui raggiungere l’obiettivo prefisso come le tecniche e le strategie-  ed emotivo -ossia l’emozione anticipata nel pensare al momento in cui la situazione attesa si realizza-).
La Motivazione è stata recentemente definita come una configurazione organizzata di esperienze soggettive ke consente di spiegare l’inizio, la direzione, l’intensità e la persistenza di un comportamento diretto ad uno scopo. La motivazione serve dunque a comprendere xke una persona svolge un compito, facendolo in un certo modo (à inizio e direzione) e le ragioni x cui mantiene interesse ed impegno sul compito (à intensità e persistenza).
Fondamentale x il concetto di Motivazione è l’esistenza di uno scopo da raggiungere.
Oltre alla classificazione in motivazione intrinseca ed estrinseca, ne esistono di molti altri tipi:

  • Rheinberg:; egli contrappone infatti situazioni controllate dal soggetto ad altre in cui il soggetto è controllato evidenziando l’esistenza di motivazioni in cui il soggetto può avere ruolo attivo (attrazione del soggetto verso un obiettivo) o passivo (caso in cui il soggetto necessita della spinta data dai rinforzi).
  • Pintrich e De Groot: fanno riferimento alle credenze del singolo circa le proprie capacità di affrontare determinati compiti (autoefficacia, competenza..), agli scopi ke portano ad affrontare il compito (obiettivi, motivazioni intrinseche..) e alle reazioni emotive provate dinnanzi al compito (ansia, rabbia..) à tutti questi elementi dovrebbero costituire parte della motivazione all’apprendimento, intesa come un insieme complesso di aspetti (caratteristiche del singolo, del materiale e della situazione). La motivazione risiede quindi nelle complesse relazioni fra la persona ed il contesto e viene oltretutto influenzata da fattori contingenti più o meno controllabili.

Un importante distinzione da fare è poi tra:

  • Motivazione Intrinseca e Motivazione alla Riuscita:
    • Motivazione Intrinseca: bisogno di apprendere svincolato dai rinforzi e dai risultati
    • Motivazione alla Riuscita: azioni mosse principalmente dal bisogno di ottenere successi personali ke, solo se soddisfatti, consentono di provare emozioni positive e di mantenere un’adeguata percezione delle proprie abilità

Osserviamo ora la Volizione: essa si distingue dalla motivazione xke oltre ai soliti elementi (obiettivi, aspetti intrinseci, autopercezioni..) si avvale anke del mantenimento della motivazione nel tempo, ossia della persistenza  di fronte agli ostacoli o alle difficoltà (à tendenza a conservare la motivazione x il compito ke si sta affrontando).
In generale, si può cmq affermare ke nessuna delle teorie motivazionali può essere considerata esaustiva nello spiegare le diverse situazioni: alcuni aspetti possono venir meglio compresi dall’una o l’altra teoria, ma nessuna teoria potrà mai essere completa sotto ogni aspetto.
TEORIA DEL RINFORZO
Il rinforzo è uno stimolo capace di aumentare, mantenere o ridurre la frequenza di un determinato comportamento. I rinforzi possono essere distinti in:

  • Rinforzi Positivi: tendono a creare delle motivazioni, incoraggiando un certo comportamento
  • Rinforzi Negativi: mirano a demotivare, a scoraggiare un certo comportamento

La teoria del rinforzo si rifà a molti principi comportamentisti, tra i quali vanno ricordati:

  • Mantenimento: qnd un rinforzo, dato in maniera continuativa, tende a mantenere stabile nel tempo un certo comportamento. Il modo più efficace x mantenere un comportamento è tuttavia quello di rinforzarlo solo alcune volte a caso, senza una regola fissa (rinforzo intermittente) e nn dato ogni volta ke si manifesta il comportamento (rinforzo fisso)
  • Generalizzazione: qnd l’effetto del rinforzo generalizza comportamenti simili a quelli in cui è stato inizialmente associato
  • Estinzione: qnd il comportamento nn viene più rinforzato, tende progressivamente ad estinguersi

 La motivazione, secondo la teoria del rinforzo, deriva da scambi verbali e/o nn verbali fra almeno 2 persone, attraverso un processo unidirezionale o bidirezionale (es persona rinforzata si comporta come l’altro vorrebbe dandogli soddisfazione e, in tal modo, rinforzando gli atteggiamenti ke hanno originariamente generato il rinforzo).
La teoria del rinforzo contribuisce quindi a sottolineare l’importanza ed il ruolo della relazione fra chi rinforza e chi è rinforzato (mentre molte altre teorie trascurano le relazioni sociali ed il contesto in cui si realizza l’apprendimento).
Vediamo ora le modalità attraverso cui rinforzare. Un rinforzo x risultare efficace deve essere:

  • Contingente: alla prestazione, ossia essere vicino temporalmente al comportamento da rinforzare
  • Specifico: ossia relativo ad un determinato comportamento o aspetto del comportamento (bravo!hai svolto bene l’esercizio!) xke gli elogi generali (Bravo!) nn sono ben compresi à il bimbo nn riesce a capire xke è bravo, può solo supporre quale sia la cosa ke ha soddisfatto l’insegnante.
  • Credibile: nn bisogna contraddire i livelli di prestazione

I rinforzi contingenti, specifici e credibili, risultano essere più efficaci, xke maggiormente compresi, più memorizzabili e di maggior impatto emotivo.
Un rinforzo è invece demotivante qnd:

  • Dato a Tutti: indipendentemente dal risultato ottenuto
  • A parità di risultati premiati alcuni: mentre altri ke se lo meritavano invece no
  • Si riferisce alla Prestazione in Sé: senza xo tenere conto dei risultati precedenti
  • Sostiene la competitività: confronto coi compagni anziché essere centrati sui propri obiettivi
  • Sottolinea il compiacimento: es son proprio fiero di te!

Se dati rinforzi di questo tipo, potrebbero sfociare in eccessivo bisogno di approvazione sociale, un abbassamento dell’autostima e privilegiare la prestazione rispetto all’interesse o alla comprensione.
La teoria del rinforzo ricevette tuttavia anke alcune critiche:

  1. Semplicità: l’idea ke un comportamento rinforzato tenda a ripetersi, ma ke nn tiene conto delle riflessioni fatte o delle emozioni provate dal soggetto, è troppo semplicistico: la motivazione è infatti il frutto di scopi, aspettative ed elementi cognitivi e nn è paragonabile ad una mera spinta esterna
  2. Controllo: ricevere un continuo controllo esterno sul proprio comportamento può assumere una connotazione negativa, producendo una demotivazione pari ai limiti imposti all’individuo.

Tuttavia, i limiti di semplicità e di controllo sono in parte superabili se si distinguono rinforzi diversi x tipo e scopo, in cui la funzione di controllo esterno e l’esaustività del rinforzo quale unica fonte motivazionale vengono rese meno restrittive:

  • Rinforzo Vicariante: è quello ke nn viene dato al soggetto ma ad altri à se gli altri sono stati rinforzati x alcuni comportamenti, l’individuo sarà portato a pensare ke se si comporterà nello stesso modo verrà ugualmente rinforzato (in tal caso la motivazione è data dall’aspettativa del premio; la demotivazione invece dall’aspettativa di punizione).
  • Rinforzo Controllante: sono forme di coercizione esterna, ke indirizzano il comportamento (es stai facendo come dovresti).  Tendono a portare versi una causalità esterna, riducendo xo la motivazione intrinseca.
  • Rinforzi Informativi: hanno la funzione di informare su come si sta procedendo e sulla qualità della prestazione: il giudizio riguarda dunque la prestazione, nn la persona (es bravo! Hai risolto il problema applicando la giusta regola!). Tale tipo di rinforzo sostiene la motivazione intrinseca.

Vediamo ora il grado in cui l’individuo si lascia condizionare dai rinforzi à qst dipende da numerosi aspetti:

  • L’autorità: e la fiducia riposta nella persona ke rinforza
  • Capacità: la convinzione di essere capace di svolgere il compito
  • Bilancio: di costi e benefici derivanti dal comportamento da rinforzare

Questi aspetti evidenziano la mediazione cognitiva e gli elementi di fiducia  insiti nella relazione sociale (una persona da il rinforzo e una è invece rinforzata) à il ruolo del rinforzo è dunque fondamentale nella motivazione.
L’approccio più corretto è dunque quello ke considera l’esistenza nello stesso momento di più motivazioni: intrinseche, estrinseche e altre componenti motivazionali quali gli scopi, le aspettative e le autopercezioni (es ragazzo potrebbe studiare xke è curioso di imparare e si sente competente à motivazioni intrinseche; ma anke x  ottenere riconoscimenti tangibili quali voti ed elogi à motivazioni estrinseche; la motivazione è inoltre influenzata da numerosi elementi cognitivi e sociocognitivi: aspettative, valori, obiettivi..)
DAL RINFORZO AGLI ASPETTI COGNITIVI
In ambito scolastico, l’applicazione dei principi della teoria del rinforzo prevedrebbe un sistema centrato su premi e punizioni à secondo tale logica, l’assenza del rinforzo, anke solo se temporanea, causerebbe un calo della motivazione all’apprendimento, visto ke il motivo x studiare è quello di ottenere voti adeguati. Il ragazzo affronterebbe inoltre solo quei contenuti su cui sa di essere interrogato.
Questa fragilità della motivazione estrinseca indica uno dei più importanti limiti del rinforzo. Qst fu provato da Lepper e Greene tramite una ricerca sui bimbi di una scuola materna. Il disegno è un’attività intrinsecamente determinata x i piccoli, ke nn necessita di rinforzi:

  • Nella prima fase della ricerca, il gruppo di controllo dei bambini venne lasciato libero di disegnare come al solito. Nel gruppo sperimentale invece vennero premiati (= rinforzo) solo i bimbi ke eseguivano un bel disegno.
  • Nella seconda fase della ricerca, tutti i bambini furono lasciati liberi di disegnare a piacimento. Tuttavia, i bimbi ke ricevettero il premio, fecero disegni meno belli e apparvero ora meno motivati à qst effetto si manifestava qnd il premio veniva anticipato e offerto solo ai disegni migliori (= creazione di una situazione competitiva).

In un'altra ricerca, provarono invece a dare un premio a tutti al termine del lavoro: emerse ke un premio generale, nn dipendente dall’effettivo livello di prestazione, nn causava modificazioni ai livelli originari di motivazione intrinseca.
Gli effetti del rinforzo sulla motivazione intrinseca sono legati in particolare all’età: i bimbi sono molto sensibili all’approvazione da parte dell’adulto delle proprie attività.
Il primo esperimento fu poi ripetuto su un gruppo di studenti universitari:

  • Nella prima fase, un gruppo di controllo veniva lasciato libero di lavorare come d’abitudine, mentre il gruppo sperimentale riceveva invece un premio (= denaro) x i lavori migliori. Il gruppo sperimentale, a causa del premio, lavorò in tale fase con maggiore impegno rispetto al gruppo di controllo, ottenendo risultati superiori
  • Nella seconda fase tuttavia, qnd il premio veniva a mancare, l’interesse calava e la prestazione scendeva addirittura al di sotto del livello iniziale.

Quindi, l’introduzione di un premio produce un calo immediato nella motivazione nn appena l’aspettativa del premio viene a mancare.
Qst cosa è spiegabile grazie alla Teoria dell’ipergiustificazione: essa sostiene ke il motivo x svolgere un compito è unico, secondo una prospettiva dicotomica (à la motivazione intrinseca è quindi contrapposta  a quella estrinseca). Se lo scopo è ottenere il premio, allora è impossibile ke la spinta derivi anke dalla curiosità o altre motivazioni intrinseche. Questa teoria postula dunque l’impossibilità di essere motivati x più ragioni: se si ha un rinforzo, la motivazione estrinseca sostituirà automaticamente quella intrinseca.
Altri autori propongono infine altre 2 teorie:

  • Teoria degli Scripts: gli scripts sono schemi conoscitivi determinati culturalmente ke rappresentano conoscenze specifiche organizzate sul come fare determinate cose. In base a tale teoria, il bimbo, in assenza di premio, è più riluttante a disegnare xke impara ke in quel determinato script (=il disegno) entra un premio ke conclude poi l’evento. Dopo l’introduzione del premio, lo script prevedrebbe  ke si riceva sempre un regalo al termine dell’attività à se tuttavia questa manca, si diviene riluttanti ad intraprendere un’attività in cui manca il completamento (=il premio).
    Tale teoria tuttavia nn spiega xke un rinforzo dato a tutti nn produce un deterioramento generale della motivazione intrinseca.
  • Teoria dell’Autodeterminazione: essa ipotizza ke la motivazione intrinseca verrebbe sostituita da quella estrinseca qualora il premio fosse interpretato come un premio controllante (= una forma di controllo esterno), ma nn qualora venisse inteso come premio informativo (= verifica della correttezza del proprio lavoro). In qst’ultimo caso infatti, il bimbo nn si sentirebbe controllato dall’esterno, ma avrà ancora la sensazione di scegliere liberamente la propria attività.

La motivazione, concludendo, deve fare riferimento anke a costrutti in cui viene sottolineato il ruolo dell’interpretazione data dal soggetto alla situazione. In qualsiasi situazione di apprendimento infatti, le persone sono spinte o attratte anke da altre motivazioni: comportamento esploratorio, motivazione alla riuscita, obiettivi di apprendimento.. à tutte queste componenti interagiscono nel determinare e sostenere la motivazione all’apprendimento.
CAP 3. LA MOTIVAZIONE INTRINSECA
Si considereranno qui le componenti intrinseche della motivazione, intese come spinta / bisogno e interesse / autodeterminazione.
All’interno della motivazione intrinseca vi sono infatti diversi elementi:

  1. Curiosità epistemica: bisogno di conoscere
  2. Motivazione di Effectance: sentirsi competenti
  3. Autodeterminazione: libera scelta nell’affrontare un compito in un certo modo à implica interesse e spontaneità e produce gratificazione
  4. Esperienza di flusso: l’alterata percezione del tempo (à qnd vola il tempo) qnd si è concentrati su qlcs ke si sta facendo
  5. Interesse: riduce la richiesta di risorse attentive e aumenta il piacere nell’esecuzione del compito

Vediamoli singolarmente.
1. Curiosità epistemica
Essa ha origine da quelle teorie ke spiegano la motivazione come una risposta a bisogni di vario tipo (à semplici, innati e universali come lo sfamarsi o complessi e legati ad aspetti socioculturali come l’essere stimati/approvati).
Le teorie dei bisogni son state tuttavia criticate x 2 aspetti:

  • Ruolo passivo assegnato all’individuo: esso infatti risulta governato da forze esterne quali i bisogni, ke causano in tal modo una bassa percezione di controllo e una conseguente bassa assunzione di responsabilità x il proprio comportamento, vissuto così come nn autodeterminato
  • Categorizzazione dei bisogni: gli autori presentano spesso delle liste dei bisogni, ke tuttavia, x quanto ampie esse siano, nn sono mai complete e quindi nn possono spiegare tutti i comportamenti. Un modello popolare è la gerarchia dei bisogni umani di Maslow: alla base vi stanno i bisogni fisiologici, seguiti poi da sicurezza, amore, considerazione e di realizzazione di Sé stessi (à nota ke essi vanno soddisfatti in qst ordine, ma nn sempre è così: basti pensare ad un alunno e  x preparare un esame si priva di ore di sonno).

Ma veniamo ora alla curiosità epistemica . Essa è un bisogno innato, ke si manifesta già in bimbi molto piccoli e ke consiste nella curiosità sul funzionamento delle cose. È dunque un bisogno universale di conoscere e apprendere, ke si manifesta tramite l’esplorazione dell’ambiente ed è motivata solo dal desiderio di sapere.
La teoria della curiosità epistemica sottolinea il ruolo dell’ambiente e da particolare importanza alle caratteristiche degli stimoli. Si definiscono proprietà  collative le caratteristiche degli stimoli ke possono innescare la curiosità, a causa di elementi quali la novità, la complessità e l’incongruenza con precedenti conoscenze à tutte queste cose generano una specifica motivazione ad apprendere, superando le eventuali incertezze (es leggendo un racconto, si possono aspettare diverse conclusioni: il desiderio di conoscere il finale costituisce la motivazione ke spinge a completare la lettura).
Le proprietà collative, x essere ottimali, dovrebbero consentire una quantità di stimolazione media, consentendo la sorpresa ottimale: se il livello è basso si ha la monotonia, se eccessivo invece si avrà l’ansia. La sorpresa ottimale sopraggiunge qnd l’intensità della stimolazione, o la discrepanza dell’informazione, sono di livello medio, consentendo una situazione di adeguata stimolazione ambientale, di motivazione intrinseca di conoscere, libera da ansia à in tal modo ci può essere una motivazione intrinseca di curiosità ke consente un’esplorazione libera (es bimbo ke esplora una stanza mai vista: nn devono esserci ne troppe novità ne troppi elementi di monotoniaàl’ideale è ke sia una stanza simile a molte già viste con alcune novità).
Bruner  parla di apprendimento x scoperta l’idea x cui le persone sono attratte da situazioni ke generano curiosità o incongruenza à tale tecnica si attua lasciando il bimbo libero di esplorare ambienti ricchi di opportune stimolazioni. In tal modo i contenuti appresi appaiono frutto delle proprie esplorazioni e scoperte piuttosto ke impostazioni dall’esterno.
Quindi, la curiosità epistemica è un’importante componente motivazionale ke può innescare il processo di apprendimento; il grosso limite della curiosità è ke nn garantisce la costanza e la persistenza di fronte agli ostacoli, e nn può quindi costituire l’unica motivazione intrinseca. In ogni caso, il bisogno di rispondere a curiosità o incongruenze risulta interessante, attraverso elementi esterni (à rappresentati x i più piccoli da ambienti ricchi di cose da esplorare, x i più grandi da libri di testo ke stimolano la curiosità).
2. Motivazioni di Effectance
Il comportamento esploratorio dei bimbi nn riflette solo il bisogno di curiosità; si definisce bisogno di effectance la motivazione ke spinge a padroneggiare e controllare l’ambiente e a sentirsi competenti ed efficaci. Qst bisogno si manifesta anke se punito o se manca l’incoraggiamento. Tale tipo di motivazione è presente sin dalla nascita e si esplica attraverso un’interazione giocosa con l’ambiente; in tal modo, il bimbo può riuscire a sentirsi competente e a percepire un senso di controllo personale sugli eventi ke lui stesso vive come frutto delle proprie esplorazioni.
La Harter ha studiato lo sviluppo della motivazione di effectance: essa dipende dai successi e dagli insuccessi incontrati nei tentativi di padronanza, e della presenza o assenza degli adulti. La motivazione di effectance attiva nel bambino tentativi di padronanza in diverse aree di attività: l’area cognitiva (apprendimento), l’area sociale (rapporto coi compagni) e l’area fisica (attività sportiva e di gioco).

  • Se il bimbo viene sostenuto nei tentativi di padronanza: ottenendo rinforzi positivi o approvazione, sviluppa un sistema di autoricompensa. L’autoricompensa rende sempre meno importante l’approvazione esterna dell’adulto e consente di sviluppare obiettivi di padronanza. Questi a loro volta consentono di affrontare le situazioni come una sfida, x mettere alla prova le proprie abilità e sentirsi efficaci; qst fa poi sentire il bimbo più competente e gli fa interiorizzare  una percezione di controllo personale e di piacere ke, a sua volta, fa aumentare la motivazione di effectance (rinforzi positivi/approvazioneàautoricompensaàobiettivi di padronanzaàsenso di efficaciaàaumento motivazione effectance).
    L’esercizio delle abilità ke si sviluppano produce dunque un’esperienza emotiva positiva ke rende auto rinforzanti i tentativi di padronanza.
  • Se il bimbo viene scoraggiato nei tentativi di padronanza: tende a sviluppare un bisogno di approvazione esterna, ke lo porta a sentirsi dipendente dal rinforzo dell’adulto e a porsi obiettivi di approvazione e prestazione x mostrare così le proprie abilità (à sennò teme di dimostrarsi incapace). Qst comporta una diminuzione della motivazione di effectance; la bassa percezione di competenza, inoltre, può generare il timore di dimostrarsi incapace, cosa ke produce a sua volta ansia, ke porta ad un ulteriore diminuzione della motivazione di effectance.
    Si innesta così un processo circolare x cui i fallimenti generano ansia e fanno vivere la sensazione di nn essere competenti.
    La poca percezione di competenza, sostenuta anke da un ambiente controllante, impedisce poi un reale sviluppo delle competenze, cosa ke conduce ad ulteriori abbassamenti della motivazione di effectance.

La teoria della Harter risulta importante x l’introduzione di alcuni fondamentali concetti chiave:

  • Percezione di competenza: si distingue dall’istinto innato di competenza, poiché si sviluppa x effetto dei successi/insuccessi incontrati, delle interpretazioni ad essi date e del sostegno ambientale e (= ossia a seconda degli esiti)
  • Percezione di controllo: sensazione di sentirsi personalmente agenti della situazione. Qst dipende dalla quantità d’impegno dedicato, dal tipo di approvazione ricevuta e dalla bontà del risultato dell’attività.
  • Sfida Ottimale: situazione in cui la difficoltà del compito è tale x cui il soggetto lo vive come una sfida x mostrarsi competente; la difficoltà è ottimale se media (o leggermente superiore) rispetto alla competenza percepita in quello specifico compito.
  • Motivazione Interiorizzata: emerge qnd il bambino impara ad auto premiarsi o ad autopunirsi, creandosi un sistema di auto gratificazione. Essa si può mantenere se l’ambiente favorisce l’indipendenza (à promuovendo la motivazione intrinseca) ma nn se l’ambiente favorisce la dipendenza (à bisogno di approvazione esterna e motivazione estrinseca).
    All’inizio il bimbo necessita di un feedback da parte dell’adulto x sapere se un compito è stato padroneggiato, dopodiché interiorizza gli standard.
    La motivazione interiorizzata può dunque essere considerata come una motivazione estrinseca ke è stata fatta propria (à è quindi una modalità interna di auto sostegno).

3. Teoria dell’Autodeterminazione
Le 2 spinte motivazionali di base sono una relativa al bisogno di conoscere (curiosità epistemica), l’altra a quello di sentirsi competenti (effectance).
Tuttavia, è necessaria anke l’autodeterminazione: essa è la libera scelta, svincolata da bisogni o forze esterne, di condurre un’azione (à deriva quindi dal bisogno di esercitare il controllo in merito al compito/situazione di affrontare: hanno cioè bisogno di poter  scegliere).
Un comportamento autodeterminato implica curiosità, spontaneità ed interesse; l’impegno è svincolato da incentivi esterni, risultati, obiettivi e dipende dal desiderio di svolgere proprio quella specifica attività x le caratteristiche ad essa inerenti.
Boggiano e Pittman condussero esperimenti sull’autodeterminazione:
PRIMA RICERCA

  • Gruppo di controllo: dei soggetti vennero lasciati in una sala d’attesa, liberi di consultare riviste o di giocare con dei puzzle
  • Gruppo sperimentale: pur avendo a disposizione pure i puzzle, si invitavano i soggetti a leggere le riviste
  • Fase successiva: gruppo sperimentale e di controllo lasciati entrambi liberi: tuttavia, chi visse una situazione di nn autodeterminazione (= scelta controllata dall’esterno) era molto meno motivato a ripetere l’attività vissuta come imposta.

SECONDA RICERCA

  • Gruppo di Controllo: i soggetti, posti in una stanza, erano invitati a comporre 3 puzzle nell’ordine ke ritenevano meglio opportuno
  • Gruppo Sperimentale: i soggetti dovevano comporre i puzzle in un ordine imposto dallo sperimentatore
  • Fase Successiva: tutti i soggetti lasciati liberi à gruppo sperimentale seguiva ordine diverso

Quindi, l’imposizione o l’esecuzione determinano un calo di motivazione intrinseca x quella attività.
La teoria dell’autodeterminazione, pertanto, sostiene ke se il soggetto vive una situazione di libera scelta, mantiene o accresce la motivazione x il compito; se invece sente come imposta dall’esterno quell’attività, si sentirà meno autodeterminato ed intrinsecamente motivato.
Alla base di una condotta autodeterminata sta quindi il bisogno di sentirsi artefici delle proprie azioni e di scegliere liberamente il tipo di compito e la modalità di svolgimento.
L’ambiente sociale può inoltre promuovere l’autodeterminazione qnd riesce a soddisfare 3 bisogni innati:

  1. Competenza: necessità di sentirsi capaci di agire sull’ambiente, x poterlo controllare (es bimbo ke vuole abbottonarsi golfino: competenza se prova da solo e riesce)
  2. Autonomia: possibilità di decidere personalmente cosa fare e come (se cominciare ad abbottonare in alto o in basso)
  3. Relazione: necessità di mantenere e costituire legami in ambito sociale (se viene approvato o meno x questi tentativi)

La Teoria dell’Autodeterminazione  prevede quindi ke gli individui saranno motivati qnd possono scegliere liberamente le attività da svolgere , qnd si sentono competenti e accettati. La scelta dell’attività viene quindi fatta considerando le abilità possedute e verso quei compiti ke possono costituire una sfida e, nel contempo, essere approvati socialmente.
4. Esperienza di Flusso
Talvolta, qnd siamo immersi in una certa attività, capita ke il tempo passi senza ke ce ne accorgiamo: si definisce esperienza di flusso (o motivazione flow) la situazione di profondo coinvolgimento, accompagnata da un’intensa concentrazione, ke altera la percezione del tempo. L’attenzione, in tale esperienza è focalizzata più sullo svolgimento del compito stesso, piuttosto ke sui possibili risultati; la motivazione viene dunque mantenuta x effetto del piacere provato nel controllo e nella realizzazione del compito. Qst favorisce l’emergere di raffinate strategie e lo sviluppo delle proprie capacità, nonché di una gratificazione derivante dal senso di controllo e dalla realizzazione dell’attività scelta.
Le caratteristiche principali ke accompagnano l’esperienza di flusso sono:

  1. Feedback immediato: sull’efficacia delle proprie azioni
  2. Concentrazione: elevata
  3. Senso di Controllo personale
  4. Alterata percezione del tempo

Nota ke gli individui possono vivere esperienze di flusso soprattutto in quelle situazioni dover percepiscono di avere un alto grado di abilità e qnd sentono di affrontare compiti adeguatamente impegnativi: la possibilità di vivere esperienze di flusso deriva quindi da un incrocio ottimale tra la percezione del proprio livello di abilità e la percezione del grado di facilità/difficoltà del compito:

  • Se percepisco il compito come facile, e nn mi ritengo abile: apatia
  • Se percepisco il compito come difficile ma nn mi ritengo abile: ansia
  • Se percepisco il compito facile ma mi ritengo abile: noia
  • Se percepisco il compito difficile e mi ritengo abile: esperienza di flusso

Va sottolineato ke la percezione di abilità e il livello di difficoltà del compito sono elementi soggettivi ke possono nn trovar riscontro nella realtà (à la percezione delle abilità dipende anke dal sostegno sociale e dalle esperienze precedenti: chi ha quasi sempre fallito tenderà a pensare ke nn possiede adeguate abilità, qnd tuttavia il fallimento potrebbe essere riconducibile ad un approccio sbagliato; la percezione della difficoltà del compito invece dipende da ciò ke nn sappiano fare unito al confronto con gli altri: se quasi tutti falliscono, il compito è difficile)
Solo se il compito è percepito come adeguatamente difficile, e l’abilità come buona, si può manifestare un’esperienza di flusso; le esperienze di flusso si realizzano pertanto qnd l’individuo affronta compiti impegnativi in cui le proprie abilità vengono messe alla prova.
Nota infine ke l’esperienza di flusso differisce nn solo a seconda delle situazioni, ma anke delle persone: ci son persone ke sviluppano una personalità di flusso. Se devono svolgere attività di routine, cercano di renderle più interessanti e impegnative; altre invece, x la paura di fallire, son portate ad evitare situazioni impegnative ke sarebbero invece essenziali x l’esperienza di flusso.
5. Interesse
Una persona è interessata qnd si dedica a un compito o svolge determinate attività x trarne una gratificazione personale (à tuttavia, definizione piuttosto vaga, ke spinse poi a diverse formulazioni).
A inizio 900, l’interesse era visto come la più importante motivazione all’apprendimento; negli anni successivi venne poi reso superfluo da alcune teorie oppure spostato sugli aspetti ambientali (à caratteristiche interessanti delle attività; es teoria contestuali sta ke vede l’emergere dell’interesse tramite un’interazione fra individuo e ambiente).
Il concetto d’interesse è dunque piuttosto complesso, xke comprende aspetti di varia natura:

  • Aspetti Individuali: preferenze del singolo (quanto il soggetto è interessato a qlcs)
  • Aspetti Ambientali: riguardano gli stimoli offerti, e cioè quanto l’oggetto, l’attività o il compito sono d’interesse
  • Aspetti Sociali: grado in cui la situazione, anke in interazione con gli aspetti individuali e ambientali, può stimolare la motivazione in uno specifico contesto sociale.

X Krapp, l’interesse emerge dall’interazione di aspetti relativi al singolo e di caratteristiche del materiale e della situazione (Interesse x Krapp: singolo + materiale + situazione). L’interesse, secondo tale concezione, è quindi il frutto della ripetuta applicazione di una persona interessata al materiale ke, x le sue caratteristiche, risulta essere interessante.
La ripetuta applicazione produce così importanti effetti di tipo cognitivo e di tipo emotivo-affettivo:

  • Aspetti Cognitivi: l’interesse influisce sull’impegno, sulle aspettative, sulla persistenza e sulla scelta del compito
  • Aspetti emotivo-affettivi: (dell’interesse) si riferiscono al piacere e alla soddisfazione nello svolgimento di quella specifica attività. La realizzazione di un interesse è accompagnata dall’esperienza di essere intrinsecamente motivati, cosa ke produce emozioni positive.

X Krapp dunque, l’interesse va associato alla rilevanza personale di quel materiale in quello specifico contesto (e nn è piacere o divertimento, o cosa ke dipende dalla facilità del compito). Una continua pratica con un oggetto interessante, conduce quindi a sviluppare un interesse x quella specifica attività o materia.
Dunque, l’interesse tende a essere stabile nel tempo, e a mantenersi, x effetto delle ripetute applicazioni con specifici materiali o in determinate situazioni.
Da qui, la differenza fra curiosità epistemica ed interesse:

  • Curiosità epistemica: implica un’attivazione derivante dal bisogno di conoscere l’ambiente attraverso l’esplorazione. Una sua caratteristica è ke costituisce uno stimolo iniziale ke consente di cominciare le varie attività.
  • Interesse: è dovuto ad un’interazione fra un individuo interessato e materiale stimolante in specifici contesti. Caratteristica dell’interesse è l’applicazione, protratta nel tempo, dell’individuo col materiale o col compito interessante. Nota ke l’interesse, una volta sviluppato, tende alla stabilità.

Altri autori hanno poi esaminato la relazione esistente tra Percezione di Competenza ed Interesse: una maggiore percezione di competenza scolastica, produce maggiore interesse, mentre chi si ritiene meno competente tenderà invece ad essere meno interessato. L’interesse è dunque legato alla percezione di competenza.
Altra possibilità è stata proposta da Krapp, x cui la possibilità di modificazione dell’interesse risiede in un cambiamento nella stima soggettiva di poter soddisfare i propri bisogni primari di competenza, autonomia e relazione: ciò è possibile poiché l’interesse è composto da 2 tipi di valenza:

  • Legata ai Valori: la situazione deve avere un significato personale
  • Legata alle Sensazioni: la situazione deve dar luogo a stati emotivi ed affettivi positivi

Il livello d’interesse, x la sua tendenza alla stabilità e al mantenimento, correla con l’apprendimento più di altre misure di motivazione (à relazione positiva tra interesse e prestazioni scolastiche).
Il maggior interesse si collega infatti a migliori prestazioni, ad un apprendimento migliore e a un ricordo più stabile sia nell’immediato ke nel tempo.

Nota ke è possibile adottare alcuni accorgimenti x rendere il materiale (o la situazione) più interessante:

  1. Novità: suscita curiosità
  2. Chiarezza: rende più comprensibile e affrontabile il compito
  3. Valore d’immagine ed Elementi Autobiografici: riguardano i testi di studio e facilitano la comprensione e il ricordo del materiale

Questi elementi possono agire a più livelli: da un lato infatti facilitano una forma di interesse legata al testo, e dall’altro (valore d’immagine ed elementi autobiografici) consentono di accrescere i livelli di elaborazione, comprensione profonda e ricordo del materiale. Le possibilità di capire e ricordare meglio possono infatti costituire un ulteriore fonte di motivazione, ke contribuisce ad alimentare l’interesse.
Si noti infine ke la relazione fra interesse e apprendimento è mediata da:

  • Elementi cognitivi: tra questi vi sono la comprensione (à il materiale valutato come interessante è processato in modo più profondo), le strategie (à studenti più interessati tendono a mostrare un atteggiamento più positivo verso la ricerca di strategie) e l’attenzione (à a maggiore interesse nn corrisponde maggior sforzo attentivo, xke vengono impiegate quantità minori di risorse attentive x il materiale interessante)
  • Elementi emotivi: spiegano xke il materiale giudicato come interessante determina un vissuto piacevole e coinvolgente.

CAP 4. MOTIVAZIONE ALLA RIUSCITA
La componente motivazionale è fondamentale nei processi di apprendimento. La motivazione va tuttavia distinta in:

  • Motivazione Intrinseca
  • Motivazione alla riuscita

Inerente alla motivazione alla riuscita si son sviluppate 2 teorie:

  • Lewin: motivazione vista come un’energia ke viene generata da un conflitto e ke ha termine solo qnd il conflitto viene risolto. I concetti fondamentali nella sua teoria sono quelli di conflitto e di gradiente (ke può essere di avvicinamento o di evitamento)
  • Atkinson: motivazione nasce dall’esigenza di misurare le proprie abilità in compiti valutati come importanti. Definisce quindi la motivazione alla riuscita come il frutto di 2 tendenze opposte: tendenza al successo e tendenza ad evitare il fallimento (à esse sono contemporaneamente  presenti nelle persone e danno origine a diverse tipologie a seconda ke prevalga l’una o l’altra).

Infine, verrà presentata la teoria delle attribuzioni

  • Weiner: x lui, la tendenza ad affrontare/evitare i compiti dipende dalle attribuzioni formulate in precedenti esperienze negli stessi contesti o con materiali simili. X lui, le attribuzioni possono essere distinte in base a:
    • Locus of Control: cause interne o esterne alla persona
    • Stabilità: se stabili nel tempo o variabili
    • Controllabilità: se le cause sono più o meno controllabili dal soggetto

L’attribuzione a cause interne e controllabili incentiverà l’apprendimento in quanto stimola il soggetto a sentirsi responsabile dei propri risultati e a riconoscere l’impegno ai traguardi raggiunti.
1. Teoria di Lewin: compito interrotto, conflitti e gradienti
X Lewin il comportamento (C) è spiegabile come una funzione (f) ke risente delle caratteristiche della persona (P) e dell’ambiente (A). Ossia:
C =  f (P, A)
La persona comunica poi con l’ambiente A attraverso la zona senso motoria (M). La zona senso motoria (=mente) è poi suddivisibile in varie regioni ke possono essere centrali (C) o periferiche (P). Ogni regione rappresenta una meta d’azione (ossia una motivazione) e possiede una certa energia ke produce una tensione x essere liberata (à Carica Energetica Motivazionale).
Lewin interpreta dunque la Motivazione come energia ke origina da un conflitto (dovuto a forze opposte ma di intensità analoga) e ke viene liberata nn appena il conflitto si risolve. L’energia creerà inoltre degli obiettivi ke devono essere raggiunti x evitare il sovraccarico: questi obiettivi sono distinguibili in:

  • Bisogni Autentici: i bisogni veri e propri (es studio di un capitolo)
  • Quasi Bisogni: x il completamento dell’obiettivo (riassunto del capitolo)

Nota ke l’ambiente viene strutturato a seconda del bisogno (o obiettivo): i bisogni e i quasi bisogni sono a volte talmente forti ke conducono infatti ad una diversa strutturazione dell’ambiente a seconda degli obiettivi (es soggetto invitato a guardare tutti gli oggetti rossi nella stanza vedeva quelli ma nn notava nient’altro). Se poi i soggetti venivano orientati ad un altro bisogno, allora l’ambiente verrà ristrutturato secondo il bisogno nuovo.
Lewin intende invece la Demotivazione come risoluzione del conflitto, come stato di distensione del sistema e di rilassamento; il sistema tuttavia nn rimane mai disteso x molto tempo: ogni volta ke viene soddisfatto un obiettivo si crea infatti un altro conflitto, ke conduce ad un nuovo desiderio di liberare energia (es collezionista cui manca un fumetto x completare la raccolta: ciò crea tensione ke scompare qnd riesce ad ottenere il pezzo mancante; se ne crea tuttavia una nuova qnd il collezionista decide di ampliare la collezione con nuovi fumetti, creando così un altro bisogno).
Nella teoria di Lewin son fondamentali 3 aspetti della motivazione:

  1. Compito Interrotto: soggetti sperimentali interrotti durante lo svolgimento di un compito manifestano collera à da qui la conclusione ke esiste nelle persone una tendenza (una motivazione) a completare i compiti interrotti, interpretabile in base alla legge della Gestalt della Buona Forma, ke prevede un bisogno di completamento sia x i compiti ke doveva svolgere il soggetto, sia x compiti ke devono completare altri.
    Lewin spiegò qst, affermando ke si verifica all’interno della persona una tensione ke costituisce un quasi bisogno, ke porta poi ad un accumulo di energia e ke da la motivazione al completamento del compito.
    Se il compito viene terminato si ha poi la distensione del sistema, mentre se il compito è lasciato in sospeso il sistema rimane teso e la motivazione attiva (à probabilmente xke le energie spese nell’eseguire un compito sembrano vane se qst nn viene concluso: quindi le persone tendono a voler completare le attività ke intraprendono, anke se l’entusiasmo iniziale è calato)
  2. Descrizione di Differenti tipologie di Conflitti: Lewin descrive 3 tipologie di conflitti:
    • Conflitti Appetivi:  qnd la persona ha una sola possibilità di scelta tra 2 situazioni con valenza positiva ke la attirano in egual misura: si determina in tal modo una situazione instabile fra le soluzioni A e B à qnd il soggetto è lontano da A vede principalmente i vantaggi ma, man mano ke si avvicina, comincia a vedere anke i lati negativi. Si sposta dunque su B, ma accade lo stesso.
      Tale situazione si conclude con la scelta di una delle 2 possibilità, in base alle caratteristiche ke si ritengono più importanti e ke 1 delle 2 possibilità offre in modo maggiore (es ragazza corteggiata da 2 ragazzi: sceglierà quello ke possiede maggiormente le caratteristiche ke sono x lei le più importanti à es uno sportivo, uno intelligente: dipende da cosa valuta più importante)
    • Conflitti Avversivi: qnd il soggetto deve scegliere tra 2 situazioni con valenza negativa, ke nn lo attraggono. Affinché tale conflitto si realizzi ci deve essere una costrizione, ke obbliga ad una delle 2 scelte (altrimenti il soggetto cercherà di evitare la situazione). La scelta verrà in genere fatta sulla possibilità reputata meno negativa, oppure con la fuga nella fantasia.
    • Conflitti Appetivi-Avversivi (o Conflitto di Ambivalenza): qnd la meta presenta aspetti positivi e negativi: in tal caso vengono a crearsi delle tensioni e dei sotto obiettivi sulle quali si potrà basare la scelta di affrontare o meno quel determinato compito (es studente nn sa se cominciare o meno a studiare una materia: infatti questa ha il vantaggio di essere propedeutica ad altre ma ha lo svantaggio di piacere poco all’alunno ed essere lunga à i conflitto è risolvibile ponendo dei sotto obiettivi, come piccole scadenze -1 cap al giorno- ke consentono di affrontare il compito con la giusta carica di energia, alternando  momenti di tensione e distensione, ke impediscono di rimanere in uno stato iniziale di indecisione.
      Miller introdusse poi il duplice Conflitto Appetitivo-Avversivo: esso si realizza qnd il soggetto si trova a dover scegliere tra 2 mete ke presentano in egual misura aspetti positivi e negativi (cosa ke è poi accompagnata da instabilità e incertezza). Qst situazione viene risolta qnd si ha una prevalenza di aspetti positivi rispetto a quelli negativi x una delle 2 scelte (es studente deve decidere se studiare una materia breve ma noiosa oppure lunga ma interessante à la scelta verrà fatta a seconda di quale dei 2 criteri, interesse o lunghezza, prevale).
  3. Gradiente di Avvicinamento ed Evitamento: i conflitti si realizzano poiché le mete presentano, allo stesso tempo, sia aspetti positivi (attraenti), sia negativi (avversivi).
    • I gradienti di Avvicinamento: vengono creati dalla motivazione derivante dagli aspetti positivi.
    • I gradienti di Allontanamento: vengono creati dalla demotivazione derivante dagli aspetti negativi.

A grande distanza dalla meta il soggetto vede soprattutto gli aspetti positivi, x cui tende ad avvicinarsi; tuttavia, qnd è abbastanza vicino, comincia a vedere anke gli aspetti negativi (quindi maggiore è la distanza, maggiore è il gradiente di avvicinamento; minore è la distanza, maggiore sarà il gradiente di evitamento).
Nota ke il gradiente di avvicinamento cresce lentamente ma è presente già da molto lontano; il gradiente di evitamento invece cresce molto in fretta ma appare solo qnd il soggetto è già parecchio vicino alla meta.
La soluzione consiste nel trovare un equilibrio mentale x cui vengono soppesate tutte le condizioni positive e quelle negative, in modo ke l’aspetto dell’attrazione possa essere superiore a quello deterrente. È poi importante stabilire dei sotto obiettivi ke riducano l’eccesso di energia e consentano momenti di distensione intermedi.
Lewin fa quindi derivare la motivazione dal conflitto e la demotivazione dall’assenza di conflitto (à ke è in realtà solo teorica, xke appena viene esaurito un conflitto se ne genera subito un altro). L’aspetto più interessante di Lewin è ke considera la motivazione come un disagio e nn come un desiderio.
2. Teoria di Atkinson: tendenze motivazionali e scelte a rischio
La teoria di Atkinson è la prima teoria motivazionale alla riuscita e riprende il concetto di conflitto di Lewin, aggiungendo tuttavia la componente emotiva.
Scopo della motivazione alla riuscita è quello di misurare le proprie abilità attraverso il raggiungimento di successi in attività valutate come importanti (à qst è un aspetto innato osservabile già nei bambini qnd tentano di fare cose di cui nn sono ancora capaci).
X Atkinson la motivazione alla riuscita dipende da 2 tendenze (o componenti) motivazionali contrapposte:

  • Tendenza al Successo: ossia la speranza di riuscita à essa porta al voler affrontare i compiti e quindi alla motivazione
  • Tendenza ad Evitare il Fallimento: ossia la paura dell’insuccesso à porta ad un atteggiamento di fuga o di ritiro nei confronti delle situazioni; implica una bassa persistenza e porta alla demotivazione.

Entrambe le componenti motivazionali sono presenti in una persona, di fronte a specifiche situazioni: se l’energia è molto forte si possono generare situazioni di conflitto dovute all’impossibilità di affrontare e contemporaneamente nn affrontare un dato compito à x cui si impone una scelta tra il fare  e il nn fare, ke porta con Sé aspettative di riuscita e timori x l’eventuale insuccesso. Il conflitto si manifesta x effetto delle caratteristiche nn sovrapponibili delle 2 componenti motivazionali inerenti a:

  • La scelta del compito: essa è determinata dal livello di aspirazione (più è alto e più difficile sarà il compito scelto)
  • Tipo di Emozione Provata, Riflessioni e Atteggiamenti: prima e durante l’esecuzione del compito

Osserviamo ora queste 2 caratteristiche in base al tipo di tendenza:

  • Tendenza al Successo: porta a scegliere compiti di media difficoltà, o poco più difficili di quelli affrontati in precedenza, poiché le possibilità di successo sono realisticamente alte. Le emozioni provate sono fiducia nella riuscita, cui consegue una soddisfazione ed un orgoglio anticipato x il successo. L’atteggiamento verso il compito è positivo (viene spesso reputato come facile) e si caratterizza x la focalizzazione dell’attenzione, la ricerca di adeguate strategie e la persistenza. Tutto qst fa si ke venga attribuito al proprio impegno la riuscita nel compito. Questa tendenza accresce il desiderio di imparare e di raffinare le proprie abilità x migliorare.
  • Motivazione ad evitare il fallimento: porta ad affrontare compiti facili (seppur noiosi) oppure estremamente difficili la cui riuscita è improbabile ma ke permetta in tal modo di far risalire il fallimento a cause diverse dalla mancanza di abilità/impegno (come difficoltà o sfortuna). L’emozione tipica è la vergogna anticipata, dovuta al senso di inadeguatezza e di incapacità. Inoltre, se prima del compito il soggetto può apparire apatico/rassegnato, durante questo appare ansioso.
    I soggetti con tale tendenza sono spessi incapaci di selezionare le strategie opportune e incapaci anke nel controllo personale della situazione. L’eventuale insuccesso verrà poi attribuito alla mancanza di abilità (nota ke le convinzioni rispetto alla propria incapacità e i pensieri distraesti durante lo studio possono rendere effettivamente insufficiente o inadeguata la preparazione)

La tendenza al successo (TS) e la motivazione ad evitare il fallimento (EF) vengono definite da Atkinson come il prodotto (il risultato di una moltiplicazione) tra:

  • Componente di Personalità (M): costituisce una differenza individuale fra i soggetti (spesso stabile). Esso è dunque un fattore individuale, xke esistono persone ke affrontano con entusiasmo molti compiti mentre altre sono più propense alla fuga x la paura di fallimento [Ms/f: disposizione relativamente stabile alla tendenza al successo o a evitare il fallimento]
  • Probabilità di Successo (P): legata in maniera inversamente proporzionale al livello di difficoltà percepito nel compito. Esso è un fattore cognitivo, xke si riferisce all’aspettativa di successo ke può derivare dalla quantità di successi/insuccessi precedenti in situazioni simili, dell’importanza data al compito, dalla situazione, dall’effettiva difficoltà ecc [Ps/f: probabilità di successo/fallimento percepita]
  • Incentivo (I): emozione anticipata di orgoglio x il successo o di vergogna x il fallimento. Può essere dunque considerato un fattore emotivo anticipato: la persona, nello scegliere se affrontare la situazione o evitarla, cerca di prevedere anke quale sarà l’emozione ke proverà in caso di successo/insuccesso [Is/f: valore incentivante del successo, orgoglio anticipato/valore disincentivante del fallimento, vergogna anticipata]

Quindi:
TS = Ms * Ps * Is
EF = Mf * Pf * If

  • Viene poi definita Speranza Netta (S) la differenza tra la tendenza al successo e la motivazione ad evitare il fallimento:
    S = TS - EF
    La speranza netta ci dice (qnd TS>EF) quanto la persona è motivata ad affrontare il compito con la speranza di avere successo; se invece TS<EF ci dice quanto un individuo è motivato a ritirarsi nel timore del fallimento
  • La Motivazione Complessiva (M) è invece la somma fra le 2 componenti:
    M = TS + EF
    La motivazione complessiva rappresenta dunque la spinta motivazionale totale ke deriva da tendenze contrapposte / conflittuali.
  • La demotivazione è vista a sua volta come una motivazione (ma a nn fare) ed è quindi carica di emozioni anticipate, riflessioni cognitive e di energia.

Grazie alla teoria di Atkinson e alle variabili appena citate, è possibile fare una stima delle probabilità di successo.
Atkinson propone poi il Modello delle Scelte a Rischio x spiegare le modalità di scelta di una persona ke deve decidere se affrontare o abbandonare un compito, ma è indecisa x via di 2 tendenze opposte (successo ed evitamento).
In tale modello, l’individuo considera così la difficoltà del compito, la probabilità di successo e l’incentivo à questi fattori sono legati da un rapporto moltiplicativo inversamente proporzionale:

  • Se la probabilità di successo è alta e il compito è facile, l’orgoglio (e tutte le emozioni provate, x via della semplicità del compito) è basso
  • Se invece la probabilità di successo è bassa e il compito è difficile, l’incentivo (= l’emozione anticipata di orgoglio) è alto

Se espresso graficamente, tale rapporto è a forma di U rovesciata (sulle x compito interpretato facile/difficile; sulle y basso alto; 2 linee ke si incrociano a X: quella \ è la probabilità di successo; quella / è l’incentivo al successo).
Dunque al crescere della difficoltà (e calo della probabilità di successo) corrisponde un aumento dell’incentivo; la motivazione complessiva poi cresce fino a qnd il livello di difficoltà è ripagato da adeguate emozioni positive di soddisfazione/orgoglio. Se la difficoltà è xo eccessiva, sebbene l’emozione anticipata sia alta, ci può essere un calo motivazionale x il timore di fallire o un rapporto nn sufficiente tra costi e benefici.
La situazione ottimale è quindi quella ke si realizza con l’incrocio fra incentivo al successo e probabilità di successo, cosa ke avviene in corrispondenza di compiti di difficoltà media o leggermente superiore.
Il modello è definito scelta a rischio xke si riferisce al rischio di fallimento cui il soggetto va incontro se sceglie compiti troppo difficili; invece, se l’individuo sceglie un compito di media difficoltà, probabilmente riuscirà a risolverlo ottenendo così successo ma traendo un medio livello di soddisfazione.
Va infine notato ke se l’individuo affronta un compito valutato come difficile nella speranza di riuscire e di provare orgoglio, ma tuttavia fallisce, proverà probabilmente un’emozione negativa (à le emozioni negative provate di fronte al fallimento tendono a far abbassare le aspettative future di riuscita e le autopercezioni di abilità).
Quindi, quando un soggetto riesce, la volta successiva proverà un livello di difficoltà leggermente superiore poiché avrà innalzato il suo livello di aspirazione. Quando invece il soggetto fallisce, tende a mantenere uguali o abbassare le sue aspettative à qst xke gli individui sono spinti a scegliere compiti di un livello di difficoltà ke consenta loro di ottenere un successo; di fronte ai successi i soggetti tendono a innalzare il proprio livello di aspirazione scegliendo compiti sempre più difficili, mentre di fronte ai fallimenti tendono ad abbassarlo scegliendo compiti sempre più facili. Va xo notato ke il giudizio x una data prestazione costituisce un successo/insuccesso a seconda della ns interpretazione ke è soggettiva poiché legata al livello di aspirazione, alla fiducia in Sé e alla stima delle proprie capacità.
Infine, va sottolineato ke siccome il rapporto tra percezione di probabilità e incentivo è moltiplicativo, l’innalzamento/abbassamento del livello di aspirazione sarà molto marcato (se orgoglio alto e possibilità di successo discrete, ottenendo risultati positivi si avrà un incremento delle probabilità di riuscita e un aumento della motivazione; se invece la vergogna anticipata è alta e il soggetto incontra dei fallimenti ke gli fanno abbassare la stima e il livello di  aspirazione, si otterrà una bassa motivazione complessiva del compito).
3. Teoria di Atkinson: tipologie e stili di motivazione
Le 2 componenti motivazionali di Atkinson (tendenza al successo e motivazione ad evitare il fallimento) sono indipendenti. Esse sono dunque presenti contemporaneamente, anke se in misura diversa, nella stessa persona: in tal modo, esse possono incrociarsi costituendo 4 tipi di individui (osso favo face):

  1. Over Strivers: alta tendenza al successo e alta motivazione ad evitare il fallimento.
    Elemento tipico di questi è l’elevata conflittualità tra forze opposte: essi provano infatti orgoglio anticipato x la riuscita e vergogna x il fallimento à a causa di questo, provano un intenso conflitto tra fare e nn fare. Tendono a impegnarsi molto e cercano di ottenere il successo x la paura di fallire. L’impegno di questi individui è eccessivo ma è funzionale ad evitare il fallimento (xke serve a dimostrare le proprie abilità); il loro atteggiamento è di tipo difensivo, xke di fronte al successo tutto va bene, ma di fronte al fallimento c’è la tendenza a ricercare delle scuse. Le loro emozioni tipiche sono di inadeguatezza e paura. Di fronte a un compito mediamente difficile il soggetto sente di doversi impegnare moltissimo. Infine, la paura derivante dal timore di fallire, è tanto forte da essere intesa come una delle principali fonti motivazionali (e generalmente, la loro motivazione è molta alta). Dal punto di vista dell’apprendimento sono studenti brillanti e molto competitivi.
  2. Success Oriented: alta tendenza al successo ma bassa motivazione ad evitare il fallimento.
    Essi sono nella situazione motivazionale ottimale: il conflitto è lieve xke il timore di fallire è meno forte della tendenza al successo. La motivazione è buona ed è sostenuta da emozioni di orgoglio e fiducia in sè, cosa ke lo porta ad affrontare compiti di difficoltà media con poca paura di fallire e con livelli d’impegno adeguati. L’impegno è impiegato al fine di migliorare (la motivazione, infatti, è spesso intrinseca) e l’atteggiamento è rilassato. La fiducia in Sé crea in caso di insuccesso attribuzioni alla sfortuna o di impegno insufficiente ma, in ogni caso, vivono il fallimento come un’opportunità x imparare. Ottengono spesso buoni risultati ma nn sono competitivi.
  3. Failure Avoiders: bassa tendenza al successo ma alta motivazione ad evitare il fallimento.
    Essi sono nella situazione praticamente opposta a quella precedente, poiché la motivazione ad evitare il fallimento è molto più alta della tendenza al successo: anke qui il conflitto è lieve, poiché domina una tendenza. Sono persone ke temono l’insuccesso ed evitano quindi situazioni impegnative ke potrebbero concretizzarsi in un fallimento. Le loro abilità e capacità nn vengono né usate né sviluppate e in tal modo vengono escluse molte possibilità di miglioramento. Le emozioni principali sono di disinteresse (ke in realtà è solo apparente xke teme invece il fallimento), noia, ansia o convinzione (perlopiù inconsapevole) di fallire à qst’ultima risulta poi la causa decisiva dell’insuccesso, la quale pone in atto strategie di protezione dell’autostima quali il self handicapping (= porre ostacoli reali o presunti tra loro e la prestazione). Cercano poi di ottenere il massimo col minimo sforzo: il poco impegno ha funzione difensiva, poiché in caso di fallimento, l’insuccesso può essere attribuito alla scarsa applicazione, anziché alla mancanza di abilità. Anke le strategie di svalutare l’importanza dei compiti intrapresi, in cui è alto il timore di fallire, ha funzione difensiva. Tra le altre caratteristiche vi è la procrastinazione, ossia il rimandare continuamente x affrontare poi i compiti all’ultimo minuto, x cercare di ottenere il massimo risultato col minimo sforzo: qst serve ad assecondare la tendenza motivazionale prevalente e ad attribuire l’eventuale fallimento alla mancanza di tempo. I risultati nn sono soddisfacenti a causa del poco impegno e l’atteggiamento è di apparente disinteresse.
  4. Failure Acceptors: bassa tendenza al successo e bassa motivazione ad evitare il fallimento.
    Hanno poco desiderio di riuscire e temono l’insuccesso; sembrano persone apatiche e difficilmente stimolabili poiché qualunque risultato (successo/insuccesso) significa poco x loro. Essi sono infatti realmente disinteressati e indifferenti e, pertanto, anke il fallimento è visto in modo meno negativo (cosa ke comporta uno scarso impegno). Le emozioni principali sono di rassegnazione (se attribuisce il fallimento all’incapacità) o di rabbia (se attribuisce il fallimento ad elementi esterni). Il conflitto è lieve e la motivazione è assente. I risultati dell’apprendimento nn sono adeguati alle effettive capacità à le motivazioni nn sostengono infatti il desiderio di apprendimento e le convinzioni e gli atteggiamenti nn conducono ad un’adeguata ricerca di strategie efficaci.

Queste tipologie nn sono esaustive ma rappresentano alcune situazioni motivazionali possibili: esse, sebbene estreme, rappresentano in maniera adeguata le autopercezioni e i vissuti emotivi presenti nel momento in cui si decide se affrontare o meno una specifica situazione.
4. La Teoria Attributiva
Le attribuzioni sono le percezioni ke gli individui hanno circa le cause degli eventi ke accadono a se stessi (auto attribuzioni) e agli altri (etero attribuzioni). Esse sono il risultato di decisioni ke l’individuo mette in atto x capire chi o cosa è responsabile degli eventi ke accadono.
Il processo attributivo consiste dunque nel considerare un risultato proprio o altrui e, sulla base delle info possedute (le esperienze passate, fattori individuali..), attribuire quel risultato ad una o più cause particolari (impegno, abilità personale, facilità del compito..). Esso comprende elementi cognitivi ed emotivo-motivazionali (à in tale accezione le attribuzioni sono considerabili come le reazioni cognitive individuali al successo e al fallimento) ed emerge dal bisogno di comprendere il mondo e le sue regole (necessità analoga alla curiosità epistemica ed alla motivazione di competenza).
Heider studiò il bisogno di causalità nella vita sociale, distinguendo fra cause interne al Sé (quali le caratteristiche personali come impegno e abilità) e cause esterne (legate alla situazione, alla fortuna..), e tra successo / fallimento attribuito a Sé (à causa interna, ke comporta maggiore gratificazione o biasimo) o successo / fallimento attribuito agli altri (à cosa esterna ke si può giustificare).
Jones e Nisbett descrissero il Bias Edonico (o errore fondamentale di attribuzione) ke consiste in una tendenza comune di scegliere cause di tipo interno x il successo (auto attribuzioni) e di tipo esterno x il fallimento (etero attribuzioni) e viceversa x gli altri à quindi riusciamo xke siamo bravi/determinati e falliamo xke siamo sfortunati/difficile.. gli altri invece hanno successo xke il compito era facile/fortunati e falliscono xke n si impegnano o nn son bravi.
Il bias edonico una tendenza erronea di ragionamento ke si verifica spesso qnd interpretiamo il comportamento di altri, xke attribuisce  una causa ad un evento, senza riflettere obiettivamente su tutti gli aspetti: nn sempre il soggetto dispone infatti di complete e corrette informazioni (anzi spesso i dati sono imprecisi o mancano).
Esso è inoltre sostenuto da 2 teorie:

  • Teoria dell’Inferenza Corrispondente (Jones e Davis): il processo attributivo consiste nel risalire dal comportamento osservabile alle intenzioni e, da queste, alle disposizioni personali. Nell’esperienza quotidiana tale processo ha luogo e si conclude anke sulla base di elementi di info spesso scarse e labili.
  • Teoria dell’Autopercezione: il soggetto tende a trovare in se stesso la causa dei propri comportamenti qnd nn trova sufficienti cause esterne.

Il Bias edonico è dunque un errore di ragionamento (bias) mirato alla protezione di Sé (edonico) ke consente in tal modo di mantenere intatta l’autostima à formulare delle attribuzioni serve infatti a spiegare e a giustificare il comportamento (Ciò avviene perlopiù in persone con adeguati livelli di fiducia in Sé; chi ha invece una bassa autostima tende invece ad attribuire i propri successi a fattori esterni e ad accollarsi la responsabilità degli insuccessi).
Inoltre va tenuto conto della prospettiva da cui viene fatto il ragionamento causale, a seconda ke valutiamo:

  • Il ns comportamento: in quel caso la prospettiva è dell’attore (= prima persona). X l’attore l’elemento saliente è la persona: tende a difendere se stesso ricercando cause interne x i successi e giustificando gli insuccessi in base a cause esterne.
  • Il comportamento altrui: la prospettiva è dell’osservatore (=esterno). X lui, l’elemento saliente è la situazione; spesso manca inoltre di info e quindi, la sua tendenza, sarà quella di formulare  attribuzioni legate alla situazione in particolar modo x i successi.

Formulare delle attribuzioni significa quindi esprimere valutazioni in base ad elementi noti e disponibili (ke sono xo minori qnd valutiamo il comportamento degli altri piuttosto ke il ns).
Il Bias Edonico viene tuttavia:

  • ridotto/annullato dall’empatia (àxke riesco a mettermi nei panni di un'altra persona)
  • ampliato x condizionamenti culturali (à nella cultura occidentale, in assenza di info contrarie, viene spesso presunto ke la responsabilità dell’azione sia dell’attore) o stereotipi (à essi favoriscono infatti l’espressione di particolari tipi di attribuzioni e vengono ulteriormente sostenuti da distorsioni nel giudizio quali l’euristica della rappresentatività -ossia qnd una singola persona viene assunta quale prototipo dell’intera categoria di appartenenza- es idea comune ke le femmine son meno brave in matematica rispetto ai maschi: ciò porta ad attribuire i fallimenti delle donne alla loro mancanza di abilità, mentre quelle degli uomini alla situazione o al compito).

5. Classificazioni delle attribuzioni
L’attribuzione formulata deriva dalla necessità di trovare una spiegazione/giustificazione.
Le specifiche cause espresse possono essere classificate e interpretate in base a differenti teorie:

  1. Kelley: ritiene ke il soggetto nel formulare  un certo tipo di attribuzione rispetto a un certo comportamento di un certo attore (se stesso o altri) tiene conto di info relative:
    • Al consenso: se anke altri si comportano così (basso se solo Io mi comporto così, alto se tutti si comportano allo stesso modo)
    • Alla consistenza: frequenza nel tempo di un certo comportamento da parte di un certo attore
    • Alla Specificità: se lo stesso comportamento è assunto anke con materiali o situazioni diverse

Le persone tendono poi ad attribuire (a spiegare la situazione in base):

  • All’abilità: se una persona specifica, in una pluralità di situazioni, si comporta in un certo modo (es studente giudicato brillante in matematica se ottiene sempre voti alti x qst materia)
  • Alle caratteristiche del compito: qnd spesso, molte persone, credono sia facile o difficile riuscire in quello specifico compito (es materia valutata come facile se quasi sempre, tutti, ottengono bei voti)
  • A fattori casuali: qnd c’è consenso x cui una pluralità di comportamenti simili si manifestano solo occasionalmente (es vincere un pronostico è x molti un evento casuale)
  • Ricorrendo a 2 o più cause delle precedenti: es interazione fra abilità e facilità (solo quella persona -basso consenso- ottiene quel risultato sempre in uno specifico compito -alta consistenza e specificità-); oppure il successo può essere attribuito al compito se tutti sanno risolvere quell’esercizio in quella data situazione

In generale quindi, le spiegazioni possono dipendere da un incrocio di qst 3 cause (oppure, si può verificare il caso in cui le info sono così esigue da nn consentire di esprimere un giudizio).
Lo svantaggio principale di qst modello è tuttavia quello di voler distinguere una pluralità di tipologie a partire da sole 3 dimensioni (consenso, specificità e consistenza). Inoltre, 2 importanti limiti ke ha sono:

  • La sua applicabilità: legata a situazioni concrete e quotidiane. L’individuo infatti nn dispone di tutte le info precise relative al consenso, alla consistenza ed alla specificità (sia x le auto attribuzioni ke x le etero attribuzioni à i bimbi in particolare nn sono capaci di giudicare correttamente questi 3 diversi aspetti. Inoltre, anke se tutte le info fossero disponibili ed esatte, il ragionamento su di esse potrebbe essere scorretto e fuorviato da biases).
  • L’impossibilità di riuscire a distinguere attribuzioni interne: es impegno e abilità à Kelley riconosce infatti un solo tipo di attribuzione interna indifferenziata (l’abilità) e 2 tipi di attribuzioni esterne (compito e fortuna). Tuttavia, fra le attribuzioni interne è importante distinguere fra tratti tendenzialmente stabili (abilità specifiche, expertise, costanza) e componenti variabili a seconda della situazione (impegno, importanza attribuita al compito e strategie adottate).
  1. Weiner: il suo modello esamina nel dettaglio le attribuzioni interne; egli distingue le attribuzioni in:
    • Locus of Control: ossia se le cause vengono individuate all’interno o all’esterno (I/E) della persona
    • Stabilita: se le cause (indipendentemente dal locus) possono essere stabili nel tempo e nelle differenti situazioni o instabili (S/I)
    • Controllabilità: se le cause sono controllabili o meno (C/I) dal soggetto

A seconda delle combinazioni si daranno poi determinate attribuzioni (tait;pfaf):

ISC à tenacia
ISI à abilità
IIC à impegno
III à tono dell’umore
ESC à pregiudizio
ESI à facilità del compito
EIC à aiuto
EII à fortuna
Il Vantaggio della classificazione di Weiner è ke definisce le principali attribuzioni in base ad etichette di immediata interpretazione.
Il limite di tale approccio è ke nn tutti gli individui assegnano alla stessa etichetta lo stesso significato o cmq il significato definito dalla teoria (es abilità: alcuni la intenderanno come un tratto stabile / immutabile, mentre altri la concepiranno come variabile a seconda della situazione).

  1. Abramson: qst’ultimo modello è semplicemente un’integrazione delle attribuzioni alle 3 precedenti di Weiner: propone infatti ke vengano aggiunte:
    • Attribuzioni Globali: Riguardano la generalità di possibili situazioni (es uno studente ke si ritiene incapace in tutto)
    • Attribuzioni Specifiche: relative ad una sola specifica situazione (incapace in una certa materia)

6. Attribuzioni e motivazione al successo
La teoria attributiva riprende e interpreta  in termini cognitivi la teoria di Atkinson: egli intendeva la tendenza al successo come una forma di motivazione x via dell’emozione anticipata di orgoglio ke è interpretabile come una forza interiore. Atkinson sottolinea dunque l’aspetto emotivo: se il soggetto anticipa il successo, prova orgoglio, mentre se anticipa il fallimento prova vergogna
X Weiner invece, la motivazione al successo sarebbe una disposizione cognitiva (e nn affettiva): la tendenza ad impegnarsi / nn impegnarsi dipende infatti dalle convinzioni del soggetto circa le possibili cause del successo / insuccesso à ciò produrrebbe conseguenze sulla sfera emotiva e cognitiva ke, a loro volta, orienterebbero la risposta finale ed il comportamento futuro. La motivazione dipenderebbe quindi dalle attribuzioni formulate in precedenti situazioni di successo o fallimento (à maggiore motivazione identificabile quindi con un maggiore riconoscimento di cause interne e dell’impegno). L’accento è dunque posto sugli aspetti cognitivi e sulle interpretazioni date ai precedenti successi/insuccessi (in tal modo, la capacità di provare orgoglio nella realizzazione è sostituita con la capacità di percepire il successo come causato da fattori interni).
La tendenza al successo attribuisce quindi al successo una combinazione di abilità e impegno; l’attribuzione all’insuccesso viene invece data alla mancanza di impegno. La motivazione ad evitare il fallimento attribuisce invece il successo a fattori esterni e l’insuccesso a mancanza di abilità.
X la teoria Attributiva quindi, la motivazione deriva dai normali processi di riflessione sulle cause dei propri successi e insuccessi; gli aspetti emotivi esistono, ma son visti come conseguenze poiché derivano dallo specifico tipo di attribuzione formulata: un fallimento potrà determinare vergogna se attribuito alla mancanza di abilità, ma nn se attribuito a fattori casuali e imprevisti (e idem x l’orgoglio: lo si prova se si attribuisce all’impegno il successo, ma nn se lo si attribuisce alla fortuna o a cause esterne).
Nella tendenza al successo si attribuisce il successo all’impegno e alle buone capacità personali, mentre vede nell’insuccesso un impegno insufficiente o dovuto ad elementi nn prevedibili (à a qst si accompagna poi un sistema auto valutativo positivo: si ha la sensazione di aver incontrato molte situazioni di successo e pochi fallimenti).
La motivazione ad evitare il fallimento attribuisce invece il successo a fattori esterni e nn controllabili quali la facilità del compito, la fortuna e l’aiuto; l’insuccesso è invece attribuito alla mancanza di abilità (à si ha quindi un sistema auto valutativo negativo, in cui vengono sovrastimati i fallimenti e poco riconosciute le situazioni di successo, spesso interpretate come frutto di elementi legati alla situazione e nn come esito del proprio impegno/abilità). Gli insuccessi sono vissuti come molto negativi in quanto attribuiti a mancanza di abilità e tale convinzione spinge a pensare di fallire di nuovo in futuro (à pensieri del tipo nn sono portato x..).
La prevalenza dell’una o l’altra motivazione dipende quindi, secondo la teoria attributiva, dalle spiegazioni date dall’individuo rispetto ai precedenti successi/insuccesso. In tal modo, saranno più orientati verso cause interne e controllabili x chi tende al successo e verso cause esterne (o interne incontrollabiliàabilità) x chi è motivato ad evitare il fallimento.
CAP 5. OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO COME CONTENUTI O STRUTTURE


Fonte:  http://appunti.buzzionline.eu/downloads/apprendimentomotivazione0708.doc

sito web: http://appunti.buzzionline.eu/
Autore: Tommy

Compendio completo di Tommy sull'intero corso di Psicologia dei processi di apprendimento e motivazione della professoressa Palladino.

 

 

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