Religione dei Maya

 


 

Religione dei Maya

 

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Religione dei Maya

I MAYA

I Maya erano popolazioni provenienti dal Messico che durante il XV sec. a.C. si stanziarono nella penisola dello Yucatàn, in El Salvador e in Honduras.
Essi fondarono un impero che fiorì tra il 300 d.C. e il 900 d.C. Da questo momento la civiltà Maya iniziò ad indebolirsi per cause ancora ignote(forse catastrofi naturali, epidemie, invasioni, guerre), fino a scomparire quasi completamente poichè, concentrandosi nello Yucatàn furono influenzati da altre popolazioni. Nel XVI sec. gli spagnoli, guidati da Francisco Hernàndez de Còrdoba provarono l’estinzione dei Maya con guerre e portando malattie sconosciute ai popoli locali.
Tikàl, Chichén Itzá e Palenque erano le città più importanti.

CIVILTA’

I Maya furono abili architetti e in tutti i centri religiosi costruirono imponenti piramidi, raccolte intorno a grandi piazze aperte, con uno stile architettonico simile a quello degli Aztechi.
Le piramidi erano rivestite di blocchi di pietra disposti a gradoni. Sulla cima sorgeva un tempio, dedicato ad un dio in particolare, a cui avevano accesso solo i sacerdoti attraverso ripide scale poste sul lato frontale delle piramidi. L’edificio piramidale avevano anche altre funzioni: una funeraria, infatti i Maya usavano seppellire i defunti sotto di esso, e una come osservatorio.
I Maya utilizzavano una scrittura che da una fase iniziale geroglifica si è evoluta in ideografica. Con l’arrivo degli spagnoli impararono il latino e scrissero il Popol Vuh, un libro redatto in lingua quiché ma in caratteri latini, facendo ricorso alla tradizione orale. Grazie a questo testo si possono   comprendere i complicati aspetti della civiltà maya.

 

RELIGIONE


Le divinità Maya erano caratterizzate perlopiù da connotati antropomorfi, fitomorfi, zoomorfi e astrali, e ognuna personificava una forza della natura.
Le figure divine più consuete erano dragoni, giaguari e serpenti. La figura più importante nel pantheon Maya era Itzamná, il dio del sole.
Le cerimonie religiose e i sacrifici, soprattutto animali e vegetali e raramente umani, erano fondamentali per saziare gli dèi e mantenere l'ordine cosmico.

 

UNIVERSO E MITO DELLA CREAZIONE
I Maya concepivano il tempo come un’immagine ciclica, un perpetuo ritornare di vita e morte, di creazione e di distruzione. Essi pensavano che prima della loro èra ne fossero passate molte altre, e che anche quella attuale dovesse concludersi, come quelle precedenti, con una catastrofe naturale.
I Maya pensavano l’universo come un albero: il cielo era formato da 13 livelli in cui risiedevano le divinità e dove transitava il Sole; la corona dell’albero rappresentava il luogo più vicino alle divinità rispetto all’uomo; il tronco era la Terra; le radici i 9 mondi infraterreni, luogo dell’oltretomba.
I Maya credevano nell’antropocentrismo: infatti pensavano che gli esseri sovrannaturali avessero creato il cosmo con una finalità precisa: dare vita ad un essere, l’uomo, il cui unico dovere sarebbe stato onorare gli dèi e mantenere l’esistenza del cosmo stesso. Egli con le sue conoscenze e abilità riesce ad assoggettare tutti gli esseri viventi al divino e a conservare l’equilibrio del cosmo con azioni rituali e il dono del proprio sangue.
Esiste una leggenda riguardo la genesi  del mondo tratta dal Popol Vuh: “In origine non esistevano che il cielo e il mare immersi nell’assoluto silenzio e buio. Gli unici esseri viventi erano il triplice “Cuore del cielo” e gli Antenati. Soltanto intorno a loro c’era la luce. Il Cuore del cielo volle creare il mondo e ne incaricò gli Antenati. Essi, semplicemente nominandola, fecero sorgere la Terra e tutti gli elementi della Natura. Poi diffusero la luce e quindi fecero nascere tutti gli animali, a cui comandarono di lodare i loro Creatori, ma gli animali non sapevano parlare, solo far versi. Per cui decisero di creare un altro essere che avrebbe espresso l’adorazione che desideravano, cioè l'uomo. Il primo tentativo di creare l’uomo fu fatto col fango: gli Antenati lo modellarono con forma umana ma ne uscì un essere molle e inconsistente che fu sciolto dalla pioggia. Tentarono col legno, ma i nuovi uomini non avevano cervello e rischiavano di distruggere l'universo; quindi tutta la Natura si avventò su di loro e li distrusse. I sopravvissuti diventarono scimmie.
Infine gli Antenati macinarono il mais e dalla farina realizzarono quattro uomini: essi erano intelligenti e dotati di capacità pari agli dèi. Subito resero grazie ai loro Creatori. Ma il triplice Cuore temeva gli
uomini per le loro capacità e quindi le ridusse.            

 

OLTRETOMBA

Secondo i Maya, come per quasi tutte le religioni, esisteva una vita dopo la morte, e di conseguenza erano necessarie cerimonie funerarie per aiutare lo spirito dei defunti ad arrivare nel regno dei morti.
I cadaveri ricevevano diversi trattamenti, come l’inumazione, la cremazione, l’esposizione all’aria o l’abbandono, e venivano sepolti in luoghi più o meno importanti a seconda della condizione dei loro proprietari quando erano in vita, ad esempio i governanti erano posti sotto le piramidi in grandi camere,  i contadini nei campi e i sacrificati nelle fosse comuni.
I Maya consideravano l’uomo un essere duale, cioè costituito dal corpo e da una parte spirituale invisibile e intangibile, simile a quella degli dèi. A sua volta lo spirito si divide in due parti: una razionale, cosciente e immortale, che dimora nel cuore dell’uomo, e un’altra, impulsiva, incosciente e mortale che risiedeva in un animale selvatico. Questo alter ego animale non viveva con l’uomo, ma in una montagna misteriosa, nutrito e curato dagli dèi. Quando il corpo moriva, scompariva anche la parte animale, e rimaneva solo lo spirito razionale che prendeva dimora in uno dei tre regni dei defunti, a seconda della modalità della sua morte: i suicidi, i sacrificati, i guerrieri caduti in battaglia, le donne morte di parto, i re e i sacerdoti entravano nel Paradiso maya, un luogo beato, senza sofferenze e pieno di piaceri, sito appena sopra la Terra, in cui abbondavano cibo e bevande, dove scorrevano fiumi di latte e miele, e dove i bambini erano costantemente allattati da alberi dell’aspetto femminile. Al centro si trovava l’albero sacro, la ceiba, alla cui ombra si poteva riposare.

 

 

Il mondo inferiore, il Mitnal, accoglieva la maggior parte delle anime -ma soprattutto quelle dei malvagi- le quali vivevano un’esistenza irta di difficoltà e di continue prove da superare per opera dei diavoli.
Gli altri defunti finivano nel regno superiore e dovevano accompagnare il Sole nel suo cammino attraverso i cieli. Qui dimoravano anche coloro che avevano trascorso già molto tempo nel regno inferiore.
Poteva accadere che coloro che in vita occupavano un posto notevole nella società si trasformassero in divinità dopo la morte: questa credenza si può interpretare come un culto degli antenati, unico esempio in America Centrale.
Sui tre mondi della morte regnava il dio Giaguaro, signore della  notte stellata.
Prima di essere sepolto il cadavere veniva avvolto in un sudario e gli si metteva in bocca del mais, perché oggetto sacro; sulla testa venivano poste delle lastre di pietra, carapaci di tartaruga o un vaso capovolto, con lo scopo di proteggere lo spirito, poiché si diceva uscisse dal corpo dalla fontanella del cranio; sul pube erano poste delle spine di razza per l’autosacrificio, come dono agli dèi; nelle tombe furono trovate anche unghie, ossa e denti di felini, probabilmente di giaguaro, che rappresentavano il viaggio del Sole nell’inframondo durante la notte, e quindi il viaggio che l’anima deve compiere nell’aldilà.
A volte si dipingeva di rosso il corpo del defunto: il colore rosso significava nascita, e veniva usato per propiziare la vita nell’oltretomba.
Insieme agli oggetti sacri, nelle tombe i Maya solevano mettere oggetti legati alla quotidianità, come vasi. I Maya credevano che anche gli oggetti fatti dell’uomo avessero uno spirito immortale, ed era proprio questa parte invisibile che le anime dovevano utilizzare; per questo gli oggetti venivano rotti, cioè “uccisi”.

AH PUCH, “LO SCARNIFICATO”, DIO DELL’OLTRETOMBA
Il dio della morte era rappresentato come un teschio, come uno scheletro con le costole sporgenti o, quando era ricoperto di carne, come un cadavere in decomposizione, gonfio e nero. Portava su tutto il corpo sonagli di tutte le misure.
A volte era dotato anche di occhi, e quindi percepito come un essere vivente. Questo fa capire che la morte non era pensata come il nulla, ma come un’energia, complemento di quella vitale. Veniva raffigurato mentre compiva azioni rituali, ad esempio sacrifici umani.
Era il Signore del livello più basso dell’inframondo.

 

 
 
BIBLIOGRAFIA:
dal sito www.sapere.it
Microsoft ® Encarta ® Enciclopedia Plus. © 1993-2002 Microsoft Corporation
G. J. BELLINGER, Enciclopedia delle religioni, Garzanti 1989I
M. de la GARZA, “Le forze sacre dell'universo Maya”, in L. E. SULLIVAN, Culture e religioni indigene in America, Milano Jaca Book - Massimo
W. WESTPHAL, I Maya, antichi e moderni schiavi, Milano SugarCo
M. BUSSAGLI,  Miti e leggende del mondo, Casini Editori 1976
M. BOTTO – M. FORTUNATO, Dal Vecchio al Nuovo mondo, Mursia 1995

 

 

Fonte: http://old.liceivaldagno.it/ScuoleInRete/

trissino_valdagno/mediateca.nsf/9bc8ecf1790d17ffc1256f6f0065149d/eaa77160c84a9861c12570d7003f023c/Body/M27/maya.doc?OpenElement

Sito web da visitare: http://old.liceivaldagno.it/

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