Muscoli

 

 

 

Muscoli

 

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CAPACITA’ MOTORIE

BREVI CENNI SUI MUSCOLI
I muscoli sono organi che a seguito di uno stimolo nervoso, si contraggono e si rilasciano, provocando il movimento delle ossa a cui sono collegati, o meglio inseriti.
Nel corpo umano vi sono tre tipi di muscoli: lisci (o involontari), striati (o scheletrici, o volontari) e muscolo cardiaco.

  • I muscoli lisci si contraggono in modo lento e ritmico, e agiscono in modo INDIPENDENTE dalla nostra volontà. Nel corpo provvedono alle funzioni organiche, quali esempio la digestione o la respirazione.
  • I muscoli striati si contraggono velocemente e sono innervati dal Sistema Nervoso Centrale, ovvero sono quelli che usiamo volontariamente per compiere un movimento.
  • Il muscolo cardiaco è un muscolo particolare perché ha la struttura striata tipica dei muscoli scheletrici o volontari, ma la sua contrazione è INVOLONTARIA.

I muscoli scheletrici, o striati, o volontari, sono:

  • costituiti da migliaia di cellule contrattili, dette fibre muscolari, che si raggruppano, o meglio, si organizzano in fasci.
  • rivestiti da tessuto connettivale, la cui estremità diventa più densa e forma il tendine, elastico e robusto, attraverso il quale il muscolo si “attacca” all’osso.
  • Avvolti da una fascia connettivale  che rappresenta lo strato esterno del muscolo nella sua globalità, definendone la forma e la possibilità di scorrimento rispetto ai muscoli adiacenti.

All’intero delle fibre muscolari si trovano delle strutture dette miofibrille, a loro volta costituite da due sostanze proteiche: actina e miosina, che hanno caratteristiche contrattili e che sono sovrapposte le une alle altre. Quando al muscolo arriva lo stimolo nervoso, i filamenti di actina e miosina si contraggono, scorrendo fra loro determinando l’accorciamento e un ispessimento del tessuto muscolare, provocando così il movimento.
Le fibre non sono tutte uguali, ma si possono suddividere in:

  • lente o rosse: definite anche toniche o a contrazione lenta. Posseggono una ricca vascolarizzazione, hanno un metabolismo prevalentemente aerobico, si contraggono lentamente ma in modo più duraturo. In altre parole, hanno un elevato contenuto di mioglobina e di mitocondri, grazie ai quali possono svolgere il loro lavoro per lunghi periodi di tempo. Elevate quantità di fibre rosse sono contenute nel soleo, muscolo che si trova al di sotto dei gemelli nel polpaccio e che stabilizza la posizione della caviglia.
  • veloci o bianche: definite anche fasiche o a contrazione rapida. Si contraggono più rapidamente, ma si esauriscono più in fretta rispetto alle fibre rosse e privilegiano processi energetici di tipo anaerobico. Contengono poca mioglobina, possono eseguire sforzi rapidi ed improvvisi perché sono ben collegate al SNC tramite neuroni (=unità cellulare del tessuto nervoso, formate da un nucleo e da 2 prolungamenti che ricevono e trasmettono l’impulso nervoso) che conducono lo stimolo molto rapidamente. Sono presenti in buona percentuale nei gemelli del polpaccio.
  • intermedie: a seconda delle esigenze dell’organismo, possono assumere le caratteristiche delle fibre bianche o rosse. Sono quindi fibre con caratteristiche miste.

Nel corpo umano la quantità di fibre rosse, bianche e intermedie contenute nei muscoli risulta determinata geneticamente (da qui le variabilità individuali nelle capacità, ad esempio, della velocità e della resistenza), anche se sembra che l’allenamento specifico contribuisca a determinare variazioni metaboliche.
Anche la diversa distribuzione delle fibre bianche e rosse nel corpo risponde a precise caratteristiche: ad esempio le fibre rosse sono prevalenti nei muscoli preposti al mantenimento della statica e quindi costantemente in attività con un metabolismo di tipo aerobico.
Le fibre muscolari possiedono le seguenti caratteristiche:

  • eccitabilità: è la capacità di reagire ad uno stimolo, che arriva sottoforma di impulso nervoso, ed è in grado di attivare la contrazione muscolare.
  • contrattilità: è la risposta allo stimolo nervoso, che avviene sottoforma di accorciamento delle fibre.
  • estensibilità: è la risposta allo stimolo nervoso, che avviene sottoforma di allungamento delle fibre.
  • elasticità: è la capacità di ritornare allo stato iniziale dopo una sollecitazione che deforma il muscolo.

Indicativamente, la fibra muscolare può accorciarsi fino alla metà della sua lunghezza a riposo, mentre può essere allungata fino ad una volta e mezza.
Ogni azione muscolare è normalmente caratterizzata dall’intervento di più muscoli.
Quelli che realizzano l’azione sono definiti “agonisti”, e possono essere principali (hanno la responsabilità quasi totale del movimento) o sinergici (concorrono in misura minore al movimento).
Vi sono poi alcuni muscoli che intervengono nel movimento ma che hanno un’azione di controllo del lavoro degli agonisti: per questo motivo vengono definiti “antagonisti”.

 

Per Capacità Motorie si intende l’insieme delle caratteristiche fisiche o sportive che un individuo possiede, e che permette l’apprendimento e l’esecuzione delle varie azioni motorie.
Le capacità sono proprie dell’individuo, in parte legate all’ereditarietà, e possono modificarsi con l’allenamento.
Tutti noi possediamo le stesse capacità, tuttavia esse raggiungono un differente grado di sviluppo in ciascuno: un individuo può possedere buone capacità di resistenza, ma scarso equilibrio, un altro può essere veloce, ma di limitata mobilità articolare, e così via.
Le capacità motorie si dividono in:

  • capacità condizionali: legate alla condizione fisica;
  • capacità coordinative: legate all’avvio e al controllo del movimento.

Le capacità condizionali sono: forza, resistenza, velocità e flessibilità.
Le capacità condizionali sono quell’insieme di capacità fisiche, dipendenti da vari fattori (come età, sesso, peso, struttura corporea, massa muscolare) che permettono di raggiungere le prestazioni desiderate.
Nel corso della vita le capacità condizionali sono soggette a un naturale processo di trasformazione: attraverso l’accrescimento e i normali stimoli ambientali, si sviluppano infatti in modo continuo.
Quando però diventa necessario raggiungere un più alto livello di prestazione, occorre allenarle.

LA FORZA

E’ la capacità dell’apparato neuro-muscolare di vincere una resistenza o contrapporsi ad un carico esterno con un impegno muscolare.
E’ una capacità determinante per la prestazione in quasi tutte le discipline, dato che in molte di esse viene richiesto di vincere delle resistenze, sia che si tratti del proprio corpo (corsa, salti, judo, ginnastica), che di un piccolo attrezzo (giochi con palla, lanci, tennis) o di grossi carichi (sollevamento pesi, pugilato, getto del peso).

I fattori che determinano la forza sono diversi:
- il volume del muscolo: maggiore è la sezione trasversa, maggiore è la forza che esso è in grado di sviluppare;
- la qualità neuromuscolare delle fibre muscolari: le fibre bianche, essendo raggiunte da nervi con calibro maggiore e ad alta velocità di conduzione, hanno la capacità di contrarsi più velocemente ed intensamente rispetto alle fibre rosse;
- la frequenza degli impulsi nervosi;
- la disponibilità di risorse energetiche;
- l’interazione con le altre qualità (resistenza, velocità, mobilità, coordinazione, equilibrio); quando questa è ottimale non vi è dispersione inutile di energia muscolare e quindi di forza;
- la capacità di coordinazione interna, cioè di sincronizzare, nella contrazione, le varie unità motorie. Tanto più il movimento è appreso, provato, interiorizzato, quanto migliore sarà il sincronismo interno;
- i fattori genetici, cioè una certa predisposizione naturale, ereditaria, che può riguardare anche diversi gruppi etnici.
La forza muscolare dipende anche dall’età, dal sesso e dall’allenamento.
Poiché è l’espressione lavorativa del muscolo scheletrico, essa cresce di pari passo con lo sviluppo neuromuscolare di ogni individuo. Il volume muscolare si incrementa seguendo le stesse leggi dell’accrescimento corporeo. Infine, mentre nelle fasi che precedono la pubertà lo sviluppo muscolare è, a parità di allenamento, quasi identico nei ragazzi e nelle ragazze, a partire dall’adolescenza tale sviluppo comincia a differenziarsi a vantaggio dei maschi.
La forza, abbiamo visto, è determinata in gran parte dalla grossezza del muscolo e dalla sua capacità di attivazione neuro-muscolare.
La contrazione muscolare che permette il movimento è attivata dalla trasmissione degli impulsi che originano nel cervello e che “viaggiano” lungo i nervi (ovvero canali di trasmissione).
L’insieme formato da un certo numero di fibre muscolari + il nervo che le raggiunge prende il nome di unità motoria. In ogni muscolo ci sono migliaia di unità motorie e ognuna di esse è composta da un numero variabile di fibre muscolari, a seconda della funzione svolta dal muscolo.
Tutte le fibre di un’unità motoria si contraggono nello stesso tempo  e al massimo grado quando arriva lo stimolo nervoso. Vige infatti la legge del “tutto o nulla”: ciò significa che se lo stimolo raggiunge una certa intensità, indicata come soglia dello stimolo, l’unità motoria risponde contraendosi al massimo delle sue capacità. Diversamente, se lo stimolo non giunge al valore soglia, l’unità motoria resta silente.
Se voglio alzare una biro sarà necessario reclutare solamente un piccolo quantitativo di unità motorie, perché il peso dell’oggetto so essere minimo.
Se invece voglio sollevare un bottiglione pieno d’acqua, la mia esperienza mi dice che devo reclutare un più elevato numero di unità motorie, perché maggiore è il numero di fibre che vengono sollecitate, maggiore è la forza che viene messa in atto.

Tre sono le modalità di espressione della forza:

  • massima: o massimale, si può definire come la capacità del muscolo di esprimere la massima tensione possibile per vincere o equilibrare un’elevata resistenza (atleta forte).Negli sport, questo tipo di forza è caratteristico soprattutto del sollevamento pesi. Quando si esprime una forza assoluta, la velocità di esecuzione è minima.
  • veloce: è la capacità di esprimere elevate tensioni muscolari nel minor tempo possibile, cioè con alta rapidità di contrazione. E’ detta anche forza “esplosiva” (atleta potente) in relazione al brevissimo tempo in cui si esprime e alla sua potenza. Gli esempi nello sport sono numerosi: basti pensare alla grande velocità con cui un giavellotto o un peso vengono scagliati dal lanciatore, alla potenza impressa alla palla nella schiacciata o nel calcio di rigore, allo “schizzo” verso l’alto di un saltatore. IMPORTANTE: si differenzia dalla forza assoluta o massimale per il diverso rapporto che ha con la velocità di esecuzione e di conseguenza per l’accelerazione che imprime ai movimenti.
  • resistente: è la capacità di effettuare contrazioni muscolari abbastanza elevate per un periodo di tempo relativamente lungo. Non va confusa con la “resistenza alla forza” che è la capacità di esprimere tensioni di bassa intensità per un tempo molto prolungato. In altre parole, è la capacità di un gruppo muscolare o dell’intero organismo di opporsi all’insorgere della fatica nelle azioni in cui è richiesto un impegno muscolare prolungato e ripetuto (es. sprint finale di un ciclista, pagaiata nella canoa).

 

ALLENAMENTO DELLA FORZA

L’allenamento della forza determina modificazioni nel muscolo a livello strutturale, nervoso e della componente elastica.

  1. A livello strutturale, determina l’aumento della sezione traversa del muscolo
  2. A livello nervoso, fa intervenire un numero sempre più grande di unità motorie e quindi fa aumentare il numero di fibre muscolari coinvolte nella contrazione
  3. A livello della componente elastica, sviluppa una maggiore forza se prima di contrarsi viene allungato.

I muscoli consentono il movimento e quindi esprimono forza grazie alla loro contrazione.
La contrazione muscolare può avvenire in condizioni diverse: o variando la lunghezza del muscolo (contrazione isotonica), oppure mantenendo costante la sua lunghezza (contrazione isometrica).

  • Contrazione isotonica concentrica: i muscoli esprimono forza accorciandosi, ovvero i capi articolari si avvicinano. E’ l’allenamento più tradizionale della forza ed è quello più usato per aumentare la massa muscolare.
  • Contrazione isotonica eccentrica: i muscoli esprimono forza in condizioni di allungamento, ovvero i capi articolari si allontanano. Il muscolo controlla l’azione di cedimento.La forza esterna (di gravità) è maggiore di quella del muscolo e il processo che ne consegue è la distensione lenta delle fibre muscolari.
  • Contrazione isometrica: i muscoli sono attivati, il carico non viene vinto ma nemmeno si cede ad esso. Praticamente consiste nello sviluppo di un’elevata tensione muscolare (possibilmente massima) mantenendo il corpo o una parte di esso nella stessa posizione. La durata della tensione è di circa 3-6 secondi. E’ un metodo molto utilizzato in caso di riabilitazione, perché consente di mantenere in attività la muscolatura anche durante un periodo di immobilità forzata.
  • Contrazione pliometrica o reattiva: sfrutta la capacità del muscolo di immagazzinare e restituire energia elastica. Trova applicazione per lo sviluppo della forza veloce, in particolare degli arti inferiori.

Ricercare il miglioramento delle proprie capacità di forza significa riuscire a stimolare specifici adattamenti che riguardano sia l’apparato muscolare e legamentoso, sia i sistemi di produzione di energia, sia infine i processi nervosi.
Per stimolare tali adattamenti, gli stimoli devono essere progressivamente più elevati e adeguati alle caratteristiche della persona.
I principali metodi utilizzati per migliorare la forza sono i seguenti.

  • Metodo degli sforzi massimali (forza assoluta o massimale)

Si basa sull’utilizzo di carichi per cui, in genere, la resistenza da superare consenta al massimo 10 ripetizioni (tra l’80% e il 10% della personale forza massima) e sull’utilizzo di contrazioni isometrico contro resistenze che richiedano sforzi vicini al limite massimale.
Nei giovani è più consigliabile arrivare all’80% del proprio massimale. Le ripetizioni variano da 1 a 8 per ogni serie ed occorre un adeguato tempo di recupero (elevato, anche fino a 5 minuti) tra una serie e l’altra.
L’intervallo fra due allenamenti per la forza massima non deve essere inferiore a 48 ore, per permettere il ripristino del sistema neuromuscolare.
Uno dei metodi più antichi per l’allenamento della forza massimale è il metodo piramidale, che consiste nell’effettuare serie di sollevamenti con il n° di ripetizioni decrescente, ma con l’aumento progressivo del carico. Dato che però con questo metodo lo sforzo massimo si realizza quando l’organismo è stanco, è più opportuno, almeno all’inizio utilizzare il metodo piramidale al contrario, ovvero si parte con un carico elevato ed una sola ripetizione, fino ad arrivare ad un carico più basso ma con un più elevato numero di ripetizioni.

  • Metodo degli sforzi ripetuti (forza assoluta o massimale)

Si tratta di effettuare un numero variabile di serie di esercizi con carico costante. L’intensità del lavoro (= la percentuale del carico massimo, la velocità di sollevamento, il numero di ripetizioni) e il recupero variano in funzione del tipo di forza che si desidera sollecitare.
L’effetto allenante si registra soprattutto nelle ultime ripetizioni, perché per riuscire a sollevare il carico occorre reclutare fibre non ancora utilizzate o affaticate.

  • Metodo degli sforzi dinamici (forza veloce)

Si tratta di effettuare esercizi con carico medio, leggero o senza carico, alla velocità massima. Il numero delle ripetizioni varia in relazione alla velocità di sollevamento. Si tratta di un metodo adatto per i giovani che migliora la capacità di sviluppare rapidamente la forza e la coordinazione muscolare.
La velocità di esecuzione deve essere costante e il ritmo veloce; è inoltre opportuno eseguire il lavoro su ogni settore muscolare specifico.
E’ un metodo utile per quelle attività sportive che richiedono potenza (es. salti e lanci, tiri, schiacciate).
Bisogna evitare di effettuare tale allenamento in condizioni di stanchezza o nelle fasi finali di un allenamento perché lo stato di affaticamento, rallentando il movimento, ostacola la possibilità di migliorare.

  • Metodo degli sforzi prolungati (forza resistente)

Prevede l’esecuzione di prove lente per periodi prolungati. E’ un allenamento volto a prolungare l’espressione della forza anche in condizioni di affaticamento e di elevato dispendio energetico.
Dato che il lavoro di forza resistente è efficace se la resistenza che si vince per un tempo prolungato è significativa, quando l’organismo si è adattato ad una determinata resistenza occorre incrementare lentamente il carico di lavoro in termini di durata dello sforzo.
La forza resistente viene incrementata con un elevato numero di ripetizioni (anche 20), con carichi medio-bassi (25-60% del massimale) e con poco recupero (45 secondi) fra le serie (3 o 4).

LA VELOCITA’

E’ la capacità di compiere azioni motorie nel minor tempo possibile, in situazione di scarsa opposizione.
Sono espressioni di velocità solo quei gesti che hanno tempi d’azione relativamente brevi e attivati dall’energia ottenuta con meccanismi anaerobici alattacidi).
Con il termine rapidità si intende la capacità di muovere nel più breve tempo possibile una parte del corpo, mentre con velocità lo spostamento dell’intero corpo. La rapidità è quindi una forma elementare di velocità strettamente dipendente dall’efficienza del sistema nervoso. Spesso, i due termini sono indicati come sinonimi.
Per effettuare un movimento con rapidità, il soggetto dovrà inizialmente reagire ad uno stimolo, e successivamente dovrà attivare un rapido cambiamento di stato della muscolatura che porterà all’esecuzione effettiva del movimento.
In più, la prestazione di velocità in moltissimi casi si gioverà della capacità di anticipare e prevedere quando un certo specifico gesto andrà realizzato.
La velocità è una delle capacità motorie che possono svilupparsi maggiormente in età giovanile.
In base a quanto appena detto, possiamo distinguere tre aspetti della velocità:

  • velocità di reazione: è la velocità con cui il sistema nervoso centrale reagisce ad un segnale; consente di dare l’avvio al movimento nel modo più rapido possibile. Assume grande importanza il tempo di latenza, che è quel periodo compreso tra la percezione dello stimolo e l’attivazione muscolare. Non presenta fattori limitanti di tipo energetico.
  • velocità di accelerazione o di esecuzione: esecuzione di un singolo movimento o di una sequenza di brevi movimenti condotti alla massima velocità (es: partenza 100 metri, schiacciata nella pallavolo, tiro nel calcio). L’esigenza principale è quella di raggiungere la massima velocità esecutiva nel minor tempo possibile. L’attivazione muscolare rappresenta il cardine per il miglioramento della velocità, perchè dipende dalla capacità del sistema neuro-muscolare di esprimere rapidamente elevati livelli di forza (forza esplosiva).
  • velocità di frequenza o di spostamento: è la velocità da mantenere dopo un’accelerazione, ovvero la capacità di ripetere in modo ciclico e veloce il movimento fino al termine della gara. I fattori determinanti sono l’ampiezza del gesto e la rapidità di esecuzione dei gesti ritmici.

In campo sportivo il più delle volte occorre che tutti gli aspetti della velocità si manifestino contemporaneamente; per correre velocemente occorre che velocità di reazione, di esecuzione e di frequenza siano presenti insieme.
I fattori che influenzano la velocità sono:

  • velocità di trasmissione e di frequenza degli stimoli nervosi all’apparato muscolare;
  • composizione delle fibre muscolari (bianche, con capacità di contrazione più elevata di quelle rosse);
  • elasticità muscolare (che permette più ampie escursioni articolari);
  • coordinazione dei movimenti (ovvero corretta tecnica esecutiva dei gesti che evita inutili dispendi energetici);
  • forza veloce (potenza);
  • perfetto sincronismo neuromotorio fra i muscoli agonisti ed antagonisti;
  • Capacità mentali di concentrazione e determinazione.

Da un punto di vista biochimico, la velocità dipende dalle scorte energetiche presenti nel muscolo (ATP e fosfocreatina) e dalla loro capacità di ricostruirsi (meccanismo anaerobico alattacido). Quando la velocità si protrae per più di 10 secondi, entra in gioco il meccanismo anaerobico lattacido che determina un rapido debito di ossigeno e la produzione di acido lattico. Si parla allora di velocità resistente.
Per tanto tempo si è pensato che la velocità non fosse più di tanto allenabile, perché determinata geneticamente. Ora dato che si è compreso che anch’essa segue un processo di apprendimento, è considerata un’abilità perché dipende anche dalla forza e dalla tecnica esecutiva.
L’allenamento non migliora di molto la velocità in termini assoluti, ma perfeziona la tecnica del gesto che diventa più economico e vantaggioso, rende più veloci e reattive le risposte agli stimoli e permette di accrescere a livello muscolare le riserve energetiche di fosfocreatina.
L’allenamento specifico comprende esecuzioni in tempi brevi alla massima velocità con intervalli di recupero adeguati (3-5 minuti); ripetizioni dei gesti della gara affinchè diventino sempre di più automatismi; esercizi di reazione agli stimoli; esercizi di potenza; esercizi in condizione di facilitazione (corsa in discesa) o di resistenza (corsa in salita – corsa con traini) esecutiva.

LA RESISTENZA

E’ la capacità di protrarre un’attività fisica nel tempo, senza che diminuisca l’intensità del lavoro. In altre parole, è la capacità di resistere alla stanchezza tollerando sforzi di media e lunga durata.
E’ possibile classificare la resistenza in:

  • generale: capacità di eseguire per un lungo tempo, un’attività che impegna gran parte delle masse muscolari. Si tratta di prestazioni mirate al miglioramento della funzionalità del sistema cardio-circolatorio. Non è in genere rivolta a particolari discipline sportive, ma ha come obiettivo creare i presupposti per un allenamento specifico più intenso.
  • specifica: è mirata al miglioramento delle prestazioni in una specifica disciplina sportiva. Consiste nella capacità di eseguire un lavoro muscolare in modo ottimale per tutta la durata della gara.

A seconda dei meccanismi energetici utilizzati, la resistenza si divide in

  • aerobica: l’energia necessaria per poter effettuare un lavoro deriva dall’utilizzo di glucidi (carboidrati) e lipidi (grassi) in presenza di ossigeno. Attraverso una serie di reazioni chimiche il sistema determina la formazione di molecole di ATP (adenosintrifosfato), anidride carbonica e acqua. Questo sistema è il più lento ad entrare in funzione, ma fornisce grandi quantità di energia, cioè di ATP,e quindi può essere utilizzato per lavori muscolari che durano dai 2 minuti a diverse ore. Il sistema aerobico è determinante negli sport di lunga durata
  • anaerobica lattacida: l’energia necessaria per effettuare un lavoro deriva dall’utilizzo del glicogeno, ma in assenza di ossigeno. E’ tipica degli sport che impegnano l’atleta dai 20 secondi fino ad un massimo di 2 minuti. In questo caso, si ha la produzione di acido lattico che, se non viene eliminato tramite la respirazione, provoca irrigidimento della muscolatura  e fa manifestare il fenomeno della fatica.

A seconda della durata, si distinguono 3 forme di resistenza:

  • di lunga durata: dai 10 minuti alle 2/3 ore. Il meccanismo è essenzialmente aerobico. Esempi di specialità sportive: maratona, sci di fondo, triathlon, ciclismo.
  • di media durata: dai 2 ai 10 minuti. Il meccanismo aerobico è poco interessato, mentre interviene maggiormente quello anaerobico lattacido. Gli esempi sportivi sono: 800/1500 metri, nuoto (fino a 800 metri).
  • Di breve durata: dai 40 secondi ai 2 minuti. E’ predominante il meccanismo anaerobico-lattacido. Esempi sportivi: 400 metri piani, ad ostacoli, sci slalom, sci discesa, nuoto, pattinaggio.

Gli elementi che influenzano la resistenza sono:

  • capacità di dilatazione dei polmoni;
  • funzionalità del cuore (aumento della portata del sangue);
  • elasticità delle arterie (maggiore spinta del sangue);
  • numero di capillari (maggior scambi di ossigeno-anidride carbonica);
  • quantità di emoglobina (per il trasporto di ossigeno);
  • composizione delle fibre muscolari (fibre rosse o lente, cioè maggiormente vascolarizzate);
  • fonti energetiche (glucidi e grassi)
  • volontà dell’atleta (resistenza psicologica alla fatica)
  • economicità del gesto (basso costo energetico)
  • corretta distribuzione dello sforzo

I metodi di allenamento della resistenza sono tre:

  • metodo continuo: consiste nel correre continuativamente una certa distanza o per un determinato periodo. Il Fartlek è una variante: prevede la corsa in un ambiente ricco di salite e discese, che quindi determinano una variazione dell’andatura. E’ un metodo che allena/stimola sia il sistema aerobico che quello anaerobico-lattacido, perché in salita si ha una maggior produzione di acido lattico e in discesa avviene il recupero aerobico dello sforzo sostenuto.
  • metodo intervallato o interval training: consiste nello svolgere un lavoro abbastanza elevato e comunque con intensità superiori a quelle del lavoro continuo, ma intervallato da pause di recupero.

Ha lo scopo di migliorare le prestazioni di resistenza alla velocità. In questo tipo di allenamento è fondamentale il recupero: dalle 180 pulsazioni al minuto bisogna scendere attorno alle 120 per poter riprendere l’esercizio.

  • circuit-training: si tratta del lavoro a stazioni, dove l’atleta passa da una stazione all’altra secondo un ordine prestabilito effettuando esercizi che sollecitano diverse parti del corpo. E’ una metodica finalizzata al miglioramento della resistenza generale e della resistenza alla forza, oltre che delle capacità cardiorespiratorie. Il carico di lavoro è determinato dal numero di ripetizioni da effettuare o dal tempo prestabilito in cui l’atleta cerca di effettuare il maggior n° di ripetizioni.

Per conoscere l’arco di pulsazioni per eseguire l’allenamento aerobico è utile seguire la seguente formula:
220 – età x 0,6 (valore minimo) oppure x 0,7 (valore massimo delle pulsazioni al minuto).

LA FLESSIBILITA’

O mobilità articolare, è la capacità dell’articolazione di effettuare movimenti di grande ampiezza.
Si tratta di una capacità complessa che dipende sia dalle caratteristiche delle singole articolazioni, sia da un buon livello di coordinazione, sia infine dal gioco reciproco fra i muscoli agonisti e quelli antagonisti.
La flessibilità dipende però anche da altri fattori:

  • età: la mobilità diminuisce con l’invecchiamento perché i tessuti, tendini e muscoli perdono progressivamente la loro elasticità;
  • sesso: le donne sono favorite perché hanno di norma minor massa muscolare e maggiore elasticità, oltrechè, in alcuni casi, una conformazione anatomica più favorevole;
  • tipo di attività fisica: allenamenti diretti all’incremento della forza riducono l’estensibilità dei muscoli;
  • sedentarietà: fare poco movimento non stimola e riduce progressivamente la capacità elastica dei nostri tessuti;
  • temperatura ambientale: l’elasticità muscolare migliora con il caldo, perché rilassa;
  • eventuali traumi.

Una buona mobilità articolare è essenziale non solo in quegli sport che la richiedono in modo caratterizzante (es. ginnastica artistica e ritmica), ma per lo sviluppo delle tecniche sportive in generale, soprattutto se basate sull’espressione della velocità e della forza veloce. Una buona mobilità consente infatti un miglior controllo dei movimenti e una maggiore precisione esecutiva.

La flessibilità può essere classificata in:

  • attiva: quanto la massima escursione è ottenuta attraverso l’azione della propria muscolatura;
  • passiva: quando la massima escursione è ottenuta grazie all’ausilio di forze esterne (gravità, pesi, partner).

Esistono due metodi per l’allenamento della flessibilità:

  • metodo dinamico: consiste nell’eseguire dei movimenti abbastanza veloci che impegnano l’articolazione in tutta la sua escursione (es: slanci, circonduzioni..)
  • metodo statico, detto anche stretching.

Lo stretching è una tecnica di allungamento muscolare ideato negli USA ed è la più utilizzata in campo sportivo.
E’ facile e semplice da fare, e pressoché priva di effetti nocivi sull’apparato muscolo-tendineo.
Consiste nel portare un gruppo muscolare in una posizione di massimo allungamento e di mantenerla così per un periodo di tempo prolungato.

 

La teoria si basa sul presupposto che con un allungamento lento e graduale del muscolo, viene inibita la contrazione riflessa dei muscoli stessi.

Ogni esercizio di stretching prevede 3 fasi:

  • raggiungimento di una posizione di allungamento;
  • mantenimento della posizione (per circa 30 secondi);
  • ritorno alla posizione iniziale.

Gli effetti dello stretching sono i seguenti:

  • riduzione delle rigidità muscolari;
  • maggiore libertà di movimento;
  • riduzione probabile degli infortuni;
  • miglioramento dell’apprendimento, dello sviluppo e del perfezionamento delle abilità motorie;
  • miglioramento della circolazione sanguigna;
  • miglioramento delle capacità di rilassamento.

 

Fonte:http://www.isgallarate.it/public/sys.insegnanti/MaterialeDidattico/173635Muscoli,%20conoscenza%20e%20allenamento%20capacit%C3%A0%20motorie.doc

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 


 

Muscoli

 STABILIZZA LA TUA CORSA
col potenziamento muscolare

 

Per migliorare la postura durante la corsa è fondamentale avere una tecnica di corsa biomeccanicamente valida ed efficace, la quale può dipendere da diverse fattori , quali :

  • Equilibri corporei tra muscoli agonisti e antagonisti
  • Articolazioni mobili e flessibili
  • Muscoli tonici e flessibili

 

In questo articolo vediamo come poter sviluppare al meglio la muscolatura della parte la muscolatura del busto e del bacino mediante un potenziamento mirato, intelligente e utile. In linea di massima molti podisti effettuano il potenziamento muscolare per la parte inferiore del corpo, sia a carico naturale e sia con sovraccarichi , in quanto gli permette di sviluppare la forza muscolare degli arti inferiori, i quali sono considerati i principali muscoli coinvolti nella corsa. Ma oltre a sviluppare i muscoli delle gambe è necessario stabilizzare la parte superiore del corpo, in quanto il busto, le braccia, e il bacino non sono “accessori” da portarsi dietro durante la corsa, ma fanno parte del movimento armonico, fluido e redditizio, soprattutto quando dobbiamo correre per diverse ore. Per questo motivo vediamo in maniera specifica come poter sviluppare la parte superiore del corpo compreso il bacino per migliorare la tecnica di corsa, correre più veloci risparmiando energia. L’apparato locomotore è costituito da ossa, articolazioni e muscoli, che danno un determinato aspetto e assetto al nostro corpo, lo sviluppo o meno di una determinata parte del nostro corpo condiziona il nostro aspetto e la nostra postura. Prima di analizzare il potenziamento muscolare dei muscoli superiori del corpo, vediamo in maniera semplice come si possono dividere i muscoli del busto.

 

In base alla loro funzione Muscoli del Busto e delle Braccia possono essere suddivisi in:

  • Estensori (grande dorsale,interspinosi,intertrasversari,rotatori,multifido,semispinali et)
  • Inclinatori del busto (obliquo esterno , obliquo interno , quadrato dei lombi , ileopsoas , grande dorsale , intertrasversari , rotatori , multifido etc)
  • Torsione del busto (obliquo interno omolaterale , obliquo esterno, controlaterale , rotatori controlaterali , multifido controlaterale , semispinali controlaterali
  • Flessori del busto (Retto addominale)
  • Flessione ed estensori del braccio (bicipiti, tricipiti e pettorali)
  • Elevatori del braccio (deltoidi anteriori, posteriori )

 


Senza entrare troppo nello specifico dal punto di vista anatomico possiamo affermare che dal punto di vista pratico e funzionale è necessario tonificare, rendere stabile e flessibili la parte superiore del nostro corpo mediante esercizi di potenziamento. In linea di massima il potenziamento deve riguardare i muscoli posteriori del dorso, muscoli anteriori , muscoli flessori ed estensori del braccio , muscoli flessori ed estensori del bacino. Per fare in modo di avere un equilibrio muscolare e quindi un equilibrio generale del nostro corpo, è necessario potenziare ed allungare i muscoli agonisti e muscoli antagonisti. Per capire meglio il concetto teniamo presente che nella flessione del braccio con palmo rivolto verso di noi si potenzia il muscolo bicipite del braccio (muscolo agonista) e si rilascia allungandosi il muscolo tricipite (muscolo antagonista). Da ciò si evince l’importanza di potenziare ed allungare in maniera efficace entrambi i muscoli, perché in generale se un muscolo è troppo potente e l’altro non si allunga a sufficienza si potrebbe andare incontro a strappi e contratture muscolari. Un esempio classico per il podista è la contrattura del muscolo posteriore della coscia (bicipite femorale) poco flessibile a riguardo di un muscolo potente come il quadricipite muscolo anteriore della coscia.

 

Vediamo alcuni esercizi di potenziamento muscolare per stabilizzare il busto

 Lat machine       Pectoral machine     Flessioni braccio   Estensioni braccio    Alzate frontali
(dorsali)             (Pettorali)              (bicipiti )               (tricipiti)            (Deltoidi anteriori)


Alzate dietro               Torsione busto            Crunch normale               Crunch inverso
(deltoidi posteriori)      (addominali obliqui)      (retto addominale)          (Addominali bassi)

Questi esercizi su menzionati sono solo alcuni che possiamo svolgere per migliorare il potenziamento muscolare e quindi la postura durante la corsa. Le regole generali da rispettare per far si che il potenziamento dei muscoli del busto sia efficace per la nostra corsa, devono essere le seguenti:

  • Potenziare e allungare muscoli agonisti e antagonisti (esempio bicipiti e tricipiti, pettorali e dorsali, deltoidi anteriori e posteriori) in pratica il nostro corpo deve lavorare e allungarsi in armonia;
  • Utilizzare serie lunghe da 20/25 ripetizioni per ogni serie, ed eseguite a mò di circuito , cioè un esercizio dietro l’altro senza recupero, e ripetere circuito da 3 alle 5 volte in base alla nostra condizione fisica;
  • Usare pesi medio/leggeri pari al 50/70% del nostro massimale che è possibile valutare mediante 1RM , dovremmo in pratica riuscire a svolgere le ripetizioni programmate (20/25) arrivando alla fine con la sensazione di poterne farne altre;
  • Recupero breve, tra un circuito e l’altro il recupero deve essere breve compreso tra 45” e 1’00, tutto dipenderà dalla nostra capacità di recupero, all’inizio possiamo dare più tempo di recupero e poi man mano accorciarlo;
  • Eseguire stretching dopo potenziamento, come abbiamo evidenziato nella premessa alla fine del potenziamento è obbligatorio e necessario fare stretching in quando il muscolo di potenzia (quindi si accorcia) e necessita di essere allungato per ridargli elasticità; in questo modo avremo un muscolo tonico, ma allungato e tutto ciò terrà gli infortuni lontani da noi.
  • Eseguire esercizi di mobilità articolare, la differenza negli esercizi di mobilità articolare rispetto allo stretching è data dal fatto che non si mantiene la posizione per allungare la muscolatura, ma si effettuano esercizi di ampiezza articolare e di circonduzioni per rendere flessibile e mobili le articolazioni predisposte al movimento del busto, delle braccia, del bacino.

 

Tutti questi esercizi possono essere svolti una volta a settimana, o anche due volte a settimana lontano dalle gare, si possono eseguire anche a corpo libero si necessita solo di un tappetino, possiamo svolgere sia esercizi per le braccia, busto e addominali senza l’uso degli attrezzi. All’inizio dopo una seduta di potenziamento per il busto e braccia si possono avvertire nella corsa delle tensioni ulteriori. Il consiglio per limitarli ed eliminarli del tutto è quello di svolgere dopo la seduta di potenziamento una leggera corsa con allunghi facendo attenzione a rilassare la parte superiore del tronco, effettuando dei lanci della palla medica da 1 a 2kg, in questo modo scioglieremo ancor più i muscoli coinvolti nel potenziamento muscolare, e svolgere esercizi di mobilità articolare, oltre che di stretching mirato!

Buona corsa !

Autore: Antonacci Ignazio
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fonte: http://www.atleticafe.it/files/Stabilizza%20la%20tua%20corsa%20col%20potenziamento.doc

 

 

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