Dai longobardi ai carolingi riassunto

 

 

 

Dai longobardi ai carolingi riassunto

 

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Dai longobardi ai carolingi riassunto

I LONGOBARDI

 

INTRODUZIONE

I Longobardi, “più barbari degli stessi barbari”, erano un popolo diviso in tribù proveniente dalla penisola scandinava. Essi avevano in seguito costituito un regno nella zona tra le attuali Rep. Ceca e Ungheria. Erano un popolo molto bellicoso; si dice che si cibavano del cervello e del cuore dei nemici per assorbirne le virtù.

LA CALATA DEI LONGOBARDI IN ITALIA

Giustiniano riuscì a ricomporre almeno in parte l’unità dell’impero romano, grazie alle conquiste in Italia, Spagna e Africa. Ciò non durò però molto a lungo: nel 568, infatti, i Longobardi approfittarono del momento di debolezza di Costantinopoli (a causa dello spreco di risorse per finanziare le guerre), invasero l’Italia guidati da Alboino e stabilirono la loro capitale a Pavia (Ticinum), dopo averla a lungo assediata. I bizantini non opposero molta resistenza a causa della lentezza dei soccorsi e a causa della peste che aveva decimato la popolazione. I Longobardi scesero poi verso sud fondando i ducati di Spoleto e Benevento, autonomi da Pavia.
I Bizantini organizzarono la loro debole difesa principalmente sulle coste (dove la flotta bizantina poteva raggiungerli) e in alcune città fortificate o difese da barriere naturali: Ravenna, sede dell’esarcato, Roma, ormai governata dal Papa, la costa veneta, Umbria, Lazio, fascia costiera campana, Salento, grandi isole (Sicilia, Sardegna, Corsica), la Pentapoli (da Rimini ad Ancona) e la Calabria centro-meridionale.

Da questo momento in poi l’Italia, che già aveva perso un suo governo indipendente, perderà quell’unità territoriale che sopravviveva dal III a.C. e che sarà ristabilita definitivamente solo nell’800. Poiché l’Italia venne divisa in due non vi fu neanche più quella collaborazione tra vinti e vincitori che aveva caratterizzato praticamente tutti i regni romano-barbarici: i Longobardi infatti, rendendosi conto di essere circondati da nemici, si affermarono come dominatori nei territori conquistati, spazzando via l’aristocrazia bizantina e sottomettendo duramente i popoli romanizzati, pretendendo da loro 1\3 delle terre. Lo stato dei Longobardi fu quindi il primo stato barbarico.

I Longobardi sono guidati dal re Alboino, personaggio molto bellicoso protagonista in precedenza nella guerra contro i Gepidi: uccise il loro re e sposò la principessa Rosmunda. Si narra che durante un banchetto la invitò a brindare con una coppa ricavata dal cranio del padre (“Brinda con tuo padre!”).

LA SOCIETA’ LONGOBARDA

La società longobarda era divisa in gruppi familiari (le fare), governate dai duchi, comandanti sottoposti al re. Esso veniva eletto solo in caso di guerre imminenti e aveva il solo potere militare. Terminata la guerra il re decadeva. Il popolo longobardo non si riconosceva appartenente ad un unico stato (come abbiamo visto Spoleto e Benevento erano indipendenti), ma come un’unica etnia.

Arimanni       erano i guerrieri liberi. Godevano della libertà e dei diritti politici

Aldi               cittadini inferiori (artigiani, contadini anche di nazionalità italica), godevano della libertà ma non dei diritti politici

Esercitali        dal secolo VIII sono gli italiani aggregati all’esercito longobardo

Servi              servi

I LONGOBARDI DOPO LA MORTE DI ALBOINO

Dopo la morte di Alboino i Longobardi elessero re Clefi. Due anni dopo eglì morì, e per un certo
periodo i duchi longobardi impegnati nella loro politica espansionista non si preoccuparono di nominare un nuovo re. In seguito nominarono re Autari perché i Bizantini chiesero aiuto ai Franchi per scacciare i Longobardi dalla penisola italica. Respinti i Franchi Autari esercitò una politica espansionistica a danno dei Bizantini: sotto il suo regno i Longobardi iniziarono a convertirsi al Cattolicesimo, grazie al forte impulso della principessa Teodolinda. Autari fu ucciso in una congiura e Teodolinda sposò Agilulfo, uno dei più importanti duchi longobardi. Egli proseguì la politica espansionista e arrivò fino alle porte di Roma, che venne salvata dall’intervento del Papa.

ROTARI 636-652

Tra i successori di Agilulfo fu certamente importante Rotari. Egli si dimostrò molto tollerante verso i Cattolici pur essendo Ariano, proseguì la politica espansionista ma soprattutto pubblicò l’Editto di Rotari. L’Editto di Rotari è un’ordinanza contenente un corpus di leggi scritte (le prime che si danno i Longobardi), che sostituiscono le antiche norme orali. Erano valide in tutto il territorio longobardo ma solo per la popolazione barbara. E’ scritto in un latino piuttosto rozzo dal punto di vista sintattico (ciò significa che i Longobardi, inizialmente brutali, riconoscono la superiorità culturale dei vinti o per lo meno quella della lingua latina, più ricca di termini astratti).
Lo scopo del corpus di Rotari era quello di eliminare le tensioni sociali attraverso una buona amministrazione della giustizia. L’Editto consta di 388 articoli e legittimava il sistema della vendetta, o legge del taglione: l’offeso o un suo parente, in caso di morte dell’offeso, poteva farsi giustizia da sè ma poteva anche pretendere un guidrigildo (pena pecunaria). Dagli articoli del corpus si capisce che i Longobardi non avevano capacità di astrazione e generalizzazione. Inoltre il servo e quindi la sua integrità fisica valevano meno di quella di un libero. Infine se non ci fosse stato nessuno da risarcire la colpa non costituiva reato.

LIUTPRANDO ED ASTOLFO

Successori di Rotari furono Liutprando ed Astolfo che attuano una politica espansionista al fine di unificare l’italia sotto i Longobardi. Questa politica preoccupò il Papa che temeva di perdere il proprio potere temporale (che aveva guadagnato potere grazie alla lontananza geografica di Costantinopoli): egli si alleò quindi con i Franchi.
Astolfo terminò la conquista del Nord Italia (conquistando Ravenna) e a quel punto rimaneva da conquistare solo il Papato per avere in mano tutta l’Italia. Ma il Papato era alleato con i Franchi, che in un primo tempo costrinsero i Longobardi a cedere vasti territori dell’Italia Centrale e la stessa Ravenna. Ma i Longobardi continuarono a pressare lo Stato della Chiesa.

PAPA GREGORIO I E LA CHIESA

La Chiesa fu l’unico stato che trasse vantaggio dall’esapnsione in Italia del regno Longobardo a discapito dei Bizantini. Davanti al vuoto di potere lasciato dall’impero di Costantinopoli, infatti, il ben organizzato stato della Chiesa riuscì ad aumentare il suo potere politico che conservò poi per tutto il corso della Storia. Nel 728 con la donazione di Sutri Liutprando donò al Papa alcune terre longobarde, tra le quali la cittadella di Sutri: così si formò il primo nucleo del Patrimonium Petri. Ma il vero creatore del potere temporale della Chiesa fu Gregorio I, detto Magno. Egli riuscì a governare Roma e ad approvigionarla assumendo le funzioni di un vero e proprio capo politico, amministrando non solo la città, ma anche i suoi rapporti con l’estero, visto che il Papato godeva di grande prestigio presso i regni occidentali e presso i Germani. Naturalmente anche i successori di Gregorio I continuarono la sua opera politica.
La Chiesa subì un duro colpo alla sua unità a causa del distacco tra Roma e Costantinopoli. Il Patriarcato di Bisanzio infatti era fedele e sottoposto all’Impero Bizantino (tanto che il Patriarca era nominato dall’imperatore) mentre la Chiesa di Roma rivendicò la sua autonomia. Ma fu nell’VIII secolo che si aprì un distacco incolmabile tra Roma e Costantinopoli, con la lotta per le iconoclastie.

IL MONACHESIMO

Il monachesimo venne fondato da Antonio, un benestante contadino egiziano che si ritirò in meditazione nel deserto dove morì dopo 70 anni di solitudine alla veneranda età di 105 anni. Questo stile di vita fu rivoluzionario in confronto allo stile di vita romano (caratterizzato dalla partecipazione alla vita politica e sociale). I pagani detestavano i monaci, perché negavano la vita di comunità ed erano considerati fanatici, stolti e barbari poiché rinnegavano ciò che la civiltà aveva costruito in migliaia di anni, ovvero la città.
Esistevano vari tipi di monaci, come i dendriti, che vivevano dentro alberi, oppure gli stiliti, che come il loro precursore San Simeone decidevano di trascorrere la loro vita su una piattaforma sospesa ed esposta a tutte le intemperie. Ad Occidente si diffuse invece il monachesimo cenobitico, ovvero organizzato in comunità di monaci, come quello dell’ordine dei benedettini (fondato da San Benedetto a Montecassino). La regola di san Benedetto  stabiliva un’alternanza tra il tempo della preghiera e quello dedicato al lavoro manuale (ora et labora): il monastero è la scuola al servizio di Dio, dove bisogna praticare obbedienza, silenzio, umiltà e carità. Benedetto regola anche le norme all’interno della comunità: il rapporto tra monaco e abate deve essere sincero, e viene data importanza al lavoro manuale. La vita cenobitica ha quindi una dimensione comunitaria con l’abate che funge da guida spirituale.

GLI ARABI

Prima dell’avvento dell’Islam nei deserti arabici vivevano tribù nomadi di beduini dediti alla pastorizia e alle razzie. Sulle coste e intorno alle oasi invece si potevano trovare anche commercianti, artigiani ed agricoltori in centri abitati di piccole dimensioni. L’organizzazione della società araba era caratterizzata dalle tribù, a capo della quale veniva eletto uno sceicco, che in tempo di guerra veniva sostituito dal rais (capo militare). La donna aveva una posizione societaria non dissimile da quella dell’uomo; la tribù intera era responsabile di ogni atto commesso da un qualsiasi membro della tribù, così spesso scoppiavano faide tra intere tribù per vendicare atti commessi da singole persone. Le religioni praticate erano molte, praticamente una per ogni tribù, e politeiste. Il luogo sacro comune a tutti gli Arabi era però La Mecca, alla quale ogni arabo si recava annualmente in pellegrinaggio sospendendo ogni conflitto. Alla Mecca si trova la Kaaba, ossia un edificio di forma cubica al cui interno è custodita la cosiddetta pietra nera, un meteorite: la leggenda narra che cadde sulla terra per volontà divina e che diventò nera a causa dei peccati degli uomini. Ma alla Mecca si andava anche in viaggio d’affari, poiché ogni anno si svolgevano fiere e mercati, con circolazione di merci e di idee.

MAOMETTO

Maometto nacque a La Mecca intorno al 570; suo padre era un modesto mercante. Maometto si trovò orfano da bambino e in giovane età sposò una ricca vedova della Mecca. Egli riuscì a La Mecca e nei suoi numerosi viaggi ad entrare in contatto con membri delle comunità ebraiche e cristiane. Così Maometto basò la sua nuova religione su monoteismo e su alcuni fattori in comune con le due religioni.
Intorno al 610 Maometto si ritirò su un monte dove ebbe delle visioni e sentì delle voci. Fu a questo punto che maturò la sua religione rigidamente monoteista. Sucessivamente venne scritto il libro sacro dell’Islam, il Corano, che espone non soltanto la religione ma anche la profonda e complessa visione di vita dell’Islam, dal diritto penale alle relazioni sociali. Ebbe così inizio la predicazione di Maometto, che inizialmente incontrò molte ostilità, poiché la sua religione contrastava le classi più abbienti e l’economia che gravitava intorno alla vendita delle statuette degli idoli: la sua religione si diffuse perciò nelle classi più povere grazie per esempio alla promessa di una vita ultraterrena. A causa dell’ostilità che lo circondava Maometto fu costretto a rifugiarsi a Medina nel 622 (l’egira): questa data segna l’inizio dell’era musulmana e quindi l’inizio del calendario arabo.
A Medina la reazione alla predicazione dell’Islam fu ben diversa: qui infatti Maometto trovò pochi oppositori e molti seguaci, tanto che i medinesi lo proclamarono loro capo spirituale e gli promisero di combattere al suo fianco. Nel 630 Maometto tornò da trionfatore a La Mecca dopo aver combattuto varie battaglie: gli idoli vennero abbattuti e l’islam acquistò prestigio in tutta l’Arabia. Dopo aver diffuso l’Islam in tutta la penisola araba Maometto morì (632).

DOPO MAOMETTO

Alla morte di Maometto per la prima volta la penisola araba era unificata da un’unica religione. La morte di Maometto però rischiò di mettere in crisi questa unità. Il problema più grave fu quello della successione di Maometto: da un lato c’era chi voleva far prevalere il principio dinastico che garantiva l’infallibilità (detti sciiti, avevano designato il genero Alì), mentra i compagni di Maometto (detti sunniti) puntavano ad eleggere un suo successore. Prevalse questa corrente, e per quattro califfati elettivi il sistema resse.

LA GIHAD

I califfi attuarono una politica fortemente espansionista e riuscirono a riunire sotto l’Islam Siria, Palestina, Persia ed Egitto, abbattendo l’impero sasanide e indebolendo fortemente quello bizantino. Ciò fu possibile per tre motivi: il fanatismo delle truppe islamiche, che combattevano per arrivare al Paradiso, dalla debolezza degli imperi affrontati e dall’atteggiamento ostile verso i vecchi dominatori dei residenti delle zone islamizzate (che poterono mantenere la propria fede cristiana o ebraica).
Nell’VIII secolo gli arabi conquistarono il Nordafrica e nel 711 arrivarono in Spagna battendo i Visigoti. Nel 732 vennero sconfitti a Poiters da Carlo Martello mentre tentavano di espandersi ulteriormente in Europa.
Gli Arabi erano decisi a conquistare anche Costantinopoli (674). La città si salvò grazie alle poderose mura e al fuoco greco. Nel 717 gli arabi tentarono nuovamente l’assalto a Bisanzio ma vennero sconfitti di nuovo. I Bizantini però subirono un altro duro colpo nell’830, con la perdita della Sicilia.

L’ICONOCLASTIA

La crisi dell’iconoclastia, che inizia nell’VIII secolo, diventa con il passare del tempo una vera e propria guerra civile. Iniziò con un decreto dell’imperatore Leone III che proibì il culto delle icone (un prodotto tipico dell’arte bizantina, immagini su legno realizzate inizialmente a tempera, poi a smalto ed oro). Queste immagini rappresentavano figure religiose come la Madonna. Poiché queste icone rappresentavano la divinità erano oggetto di culto. Leone III ordina la distruzione delle icone (o iconoclastia). Così inizia la lotta tra iconoduli e iconoclasti.

Questo editto viene emanato perché 1) gli Arabi attaccavano i Bizantini con una forte propaganda ideologica, accusandoli di idolatria: Leone III vuole indebolire questa propaganda 2) i monaci che custodivano le icone e incameravano le offerte dei fedeli si arricchivano e avevano il potere di manipolare le masse (aumento del prestigio dei monaci=calo di prestigio di imperatore e patriarca)

Dalla parte dell’imperatore si schiera la chiesa d’Oriente, dove prevale la natura divina del Cristo (concezione ultraspiritualistica). La Chiesa di Roma si oppone invece a Costantinopoli non accettando interferenze politiche e ritenendo l’ultraspiritualismo un’eresia poiché negava il dogma dell’incarnazione.
Nell’843 dopo lunghi scontri viene convocato il Concilio di Costantinopoli, che sancisce la legittimità delle icone.

LA FRAMMENTAZIONE DELL’ISLAM

Quando il califfato cessa di essere elettivo e diventa dinastico, la prima dinastia è quella degli omayyadi che governa l’Islam dal 661 al 756.
Nel 750 si passa gli abbasidi, che con una congiura eliminano la dinastia degli omayyadi. Gli abbasidi resero grande l’Islam e spostarono la capitale a Baghdad, che divenne una delle città più belle e grandi del mondo. L’unico sopravvissuto alla strage degli omayyadi, invece, si rifugiò nella Spagna islamica, a Cordoba, dove si fece proclamare emiro. Con gli abbasidi l’impero islamico si frantumò in tanti califfati indipendenti.

IL RINASCIMENTO ARABO

Il rinascimento arabo è quel periodo tra i secoli VIII e IX che vide fiorire le arti e le scienze nel territorio islamico. Venne favorito dalla scoperta di antichi scritti classici nelle zone conquistate, e dal mecenatismo dei califfi che ospitavano scienziati, artisti e pensatori, favorendo la traduzione di molte opere greche in arabo.
Espressione del rinascimento arabo fu il filosofo Averroè, interprete del pensiero di Socrate. ma in questo periodò fiorì anche la matematica, con l’approfondimento dell’algebra, delle equazioni, della trigonometria, l’introduzione del valore posizionale e l’impiego dello zero (ereditato dagli indiani).
Gli Arabi avanzarono pure nel campo della navigazione (carte nautiche, astrolabio). Nell’arte gli Arabi si occuparono soprattutto di architettura (progetti di carattere urbano e religioso), con l’utilizzo dell’arabesco, tecnica decorativa che consiste nella ripetizione di piccoli elementi vegetali, della miniatura e la raffinazione dell’arte calligrafa.
Nei domini Occidentali, poco controllati dal potere centrale ma frequentati ininterrottamente dai mercanti, arrivarono oggetti e prodotti agricoli prima sconosciuti, come l’arancia, l’albicocca, il limone, la noce moscata, lo zafferano etc., oppure tecniche come la lavorazione della carta.
La Sicilia risorse da una decadenza che era durata secoli e si rinnovò culturalmente ed economicamente, in particolare grazie all’agricoltura.
In Spagna, nella capitale araba Cordova, venne costruita una grande moschea.
Si può dire quindi che l’Islam portò una ventata di novità nell’Europa in regressione, ma allo stesso tempo ruppe l’unità del Mediterraneo che prima era un bacino della cristianità.

UNA NUOVA FASE STORICA: IL MEDIOEVO

Il Medioevo, o età di mezzo, si può dividere in Alto Medioevo (476-1000) e Basso Medioevo (1000-1492), date importanti ma convenzionali.
Il concetto di Medioevo nasce nel Rinascimento (1500-1600): in questo periodo si fa una ripartizione della storia e si da al Medioevo un significato negativo; questo perché nel Rinascimento si rivaluta tutto il periodo antico (detto classico), visto come modello di perfezione da imitare. Così il Medioevo viene considerato un’epoca buia soprattutto dal punto di vista culturale. Altro elemento che amplifica la concezione negativa di questo periodo storico è il giudizio che gli viene dato dai Protestanti, che criticavano aspramente la corruzione della Chiesa di Roma (simonia, concubinato, nepotismo), dipingendo il Medioevo come un’epoca di corruzione morale e spirituale.
Gli elementi negativi di quest’epoca sono quindi la corruzione del clero, il declino culturale con un’elevata percentuale di analfabeti (eccezion fatta per i chierici che dovevano interpretare i testi sacri), la crisi economica, con il regresso della vita cittadina e spopolamento dei centri urbani , la crisi dell’artigianato e del commercio (a causa della mancanza di infrastrutture e impraticabilità del mare dovuta agli Arabi), diminuzione delle nozioni e capacità tecniche (non c’è più opera di manutenzione). Se mancano artigianato, commercio e capacità tecniche l’unico bene è la terra: si forma così un’economia rurale di sussistenza. L’immediata conseguenza della crisi economica è, come già detto, il calo demografico: così molte aree agricole rimangono incolte e si verifica il fenomeno del rimboschimento naturale, ma anche la formazione di nuove paludi (con conseguenze gravi come la malaria).
Il Medioevo è stato però rivalutato nei primi decenni dell’800 da una corrente di pensiero, detta del Romanticismo, che iniziò a considerare il Medioevo come un’epoca frammentata, e non unita quindi come quella romana. Inoltre venne rivalutata la produzione artistica medievale, considerata originale anche senza (e forse grazie alla mancanza de) la cultura classica. Inoltre il Basso Medioevo fu un periodo di risalita socio-economico-culturale che portò all’epoca moderna.

LA CURTIS

Poiché come abbiamo già detto la terra era l’unico bene prezioso del Medioevo, nell’Alto Medioevo si assiste alla nascita di una nuova forma di organizzazione del lavoro nei campi: all’interno dei latifondi vengono organizzate delle aziende agricole (fino a 30-40 per latifondo). Ogni curtis era divisa in due pars: la pars dominica, gestita da uomini di fiducia del signore, detti villici o fattori; e la pars massalicia, divisa in piccoli poderi o masi coltivata dai coloni. La pars dominica era sotto il diretto controllo del latifondista ma le decisioni su come gestire il terreno, i tempi di raccolta etc. erano affidate al villico. I coloni invece prendevano un podere in affitto e lo coltivavano a proprie spese: inoltre dovevano pagare l’affitto in natura e prestare servizio gratuito nella pars dominica (corvees). La condizione di colono era ereditaria proprio come nel tardo periodo romano: pur essendo questa una condizione di semischiavitù il piccolo proprietario terriero preferiva affidarsi alla protezione del latifondista a causa della generale situazione di insicurezza che caratterizza tutto il Medioevo.
In questo modo però scomparì la schiavitù, perché ormai non era più convenienete a causa della poca motivazione e per la forte opposizione della Chiesa nei confronti di questa pratica. Viene così rivalutato il lavoro manuale prima affidato ai servi e inizia un periodo di sviluppo tecnologico legato all’agricoltura.

L’IMMAGINARIO MEDIEVALE

L’immaginario medievale, ovvero la visione del mondo che avevano le persone dell’epoca, è caratterizzato dalla mescolanza tra elementi cristiani e pagani, e da una superstizione diffusa. La figura del drago occupa una posizione centrale nell’immaginario medievale. Questo animale fantastico simboleggiava la manifestazione del demonio: scacciare un drago è uno dei più frequenti miracoli compiuti dai santi.

I MEROVINGI E I PIPINIDI

Dopo la fine dell’Impero Romano d’Occidente in Galli si formarono due regni romano-barbarici: il regno dei Burgundi (valle del Rodano) e quello dei Franchi. La prima dinastia del regno franco è quella dei Merovingi (da Meroveo, il capostipite). Il più famoso dei Merovingi fu certamente Clodoveo (V-VI sec.). Egli attuò una politica espansionista e convertì i Franchi dall’Arianesimo al Cattolicesimo, procurandosi così l’appoggio della chiesa di Roma.
Il regno franco non fu un regno unitario ma un insieme di regni retti da diversi Merovingi: presso i Franchi infatti v’era una concezione patrimoniale dello Stato (stato=bene privato) da suddividere tra i figli.
Nell’VIII secolo il cosiddetto regno dei Franchi risulta suddiviso in quattro principali regni: Aquitania, Neustria, Austrasia e Borgogna.
A causa della frantumazione del regno col passare del tempo il potere dei re si ridusse sempre più, poiché essi venivano esautorati anche a causa del fenomeno delle curtes. Nei loro regni infatti i proprietari terrieri hanno un potere decisionale ampio sui lavoratori nelle curtes, poiché ora poteva anche costringere i coloni ad arruolarsi per difendere i suoi territori. Le curtes quindi diventano centri che godono di una certa autonomia. Ciò porta alla nascita di signorie locali.
Nella nuova situazione i sovrani Merovingi vengono definiti “re fannulloni”, anche perché si avvalgono per sbrigare i loro compiti e amministrare i beni della corona di un I ministro, detto maggiordomo, che acquisì sempre più potere a tal punto che ormai i maggiordomi erano considerati i veri detentori del potere, pur senza titolo.
I Pipinidi sono una dinastia di maggiordomi (la carica divenne col tempo dinastica). Il capostipite fu Pipino il Vecchio. Il suo successore riunifica il regno sotto la sua autorità. Carlo Martello , suo figlio, infligge agli Arabi la celebre sconfitta di Poiters (732) fermando la loro avanzata verso l’Europa: egli si presenta come difensore della cristianità contro gli attacchi islamici; ciò contribuì al miglioramento di rapporti tra Stato e Chiesa.

L’ESERCITO FRANCO

L’esercito franco era costituito prevalentemente da reparti di fanteria. Carlo Martello attua una riforma militare per aumentare la cavalleria e reperire i fondi confisca alcuni beni della Chiesa, donati ad essa da fedeli in cambio del Paradiso, per girarli ad aristocratici di sua fiducia, che in cambio avrebbero dovuto mantenere cavalli addestrati e combattere al suo fianco. Si forma così il vassallaggio, fondato su uno strettissimo legame tra re e vassallo.

IL VASSALLAGGIO

Il vassallaggio nasce quindi come un patto tra il re e il vassallo, che garantisce fedeltà al re in cambio di benefici vitalizi (basati sul possesso della terra). Quando cadeva l’atto di fedeltà decadeva anche il beneficio concesso al vassallo, che col tempo, da Carlo Magno in poi, assunse anche incarichi amministrativi. Il re fu costretto con il tempo a delegare sempre più poteri al vassallo (legislativi, tributari, militari e monetari), fino a che nell’877 i feudi diventarono ereditari e i feudatari sovrani. A causa di ciò si verificò una nuova frantumazione del regno.

L’assegnazione dello statuto di vassallo avveniva con una precisa cerimonia che consisteva in due momenti: l’omaggio e l’investitura. Nella parte dell’omaggio il vassallo manifesta la sua fedeltà al padrone con un rituale (per esempio l’inginocchiamento). All’omaggio del vassallo il sovrano ricambiava con il rito dell’investitura, ovvero della concessione del beneficio. Il tradimento prevedeva la nomea di “fellone” per chi lo commetteva.

I CAROLINGI

Il successore di Carlo Martello, Pipino il Breve, si fece proclamare re dal papa stesso (grazie ai buoni rapporti che intercorrevano tra la Chiesa e i Franchi) nel 750, deponendo di fatto l’ultimo sovrano merovingio e dando alla dinastia un carattere sacro.
Alla morte di di Pipino il Breve gli successero i due figli Carlomanno e Carlo. Alla morte di Carlomanno Carlo, riunificato il regno, avviò una politica espansionista, conquistando i Sassoni (mai un solo regno aveva unificato le due sponde del Reno) e convertendoli coattamente al Cristianesimo, scatenando una strage a causa del loro rifiuto. In seguito sottomise anche la Baviera e nel 796 sconfisse gli Avari (stanziati tra Ungheria e Austria). Inoltre conduce delle spedizioni contro il califfato islamico della Spagna (omayyade) a causa delle loro mire espansionistiche. Di ritorno dalla spedizione, però, l’esercito dei Franchi viene sorpreso dai Baschi (778 disfatta di Roncisvalle) e in questo assalto mori Rolando, che sotto il nome di Orlando divenne famoso in vari poemi epici.

La conquista più importante dei Franchi è però l’Italia. Desiderio divenne re dei Longobardi nel 756 (succede ad Astolfo) e decide di attuare una politica molto cauta: firma un patto di alleanza con i Franchi suggellato dal matrimonio di sua figlia Desiderata con Carlo Magno e di un’altra sua figlia con Carlomanno.
Dopo la morte di Carlomanno Carlo Magno cambia politica perché Desiderio aveva deciso di invadere quei territori che i Franchi avevano tolto ad Astolfo, minacciando la stessa Roma. Così Adriano I chiede aiuto ai Franchi che scesi in Italia con due eserciti conquistano Pavia nel 774 e fanno crollare il Regno Longobardo. Carlo Magno si attribuisce il titolo di re dei Longobardi anche se controlla solo il Nord Italia poiché lascia autonomia ai ducati di Spoleto e Benevento.


            Tanto che la città di Spalato era contenuta interamente nella pianta della reggia di Diocleziano

            piccolo Marte

            Adelchi

 

Fonte: http://appuntiuds.altervista.org/storia/dai_longobardi_ai_carolingi.doc

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