Dal 1958 al 1968 - dal boom economico all’autunno caldo

 

 

 

Dal 1958 al 1968 - dal boom economico all’autunno caldo

 

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Dal 1958 al 1968 - dal boom economico all’autunno caldo

 

Fra il 1958 ed il 1963 giunse al culmine il processo di crescita economica iniziato dal 1950. Furono questi gli anni del miracolo economico. Molti erano i fattori che avevano promosso il miracolo: la congiuntura internazionale favorevole, la politica di libero scambio sancita dall’adesione alla CEE, la modesta entità del prelievo fiscale e soprattutto lo scarto che si venne a creare fra l’aumento della produttività ed il basso livello dei salari.. Fu dunque questo il periodo in cui l’Italia divenne un Paese pienamente industriale. La crescita dei consumi fu resa possibile dall’aumento generalizzato delle retribuzioni che si verificò a partire dalla fine degli anni ‘50. Il calo della disoccupazione, conseguenza dello sviluppo economico, accrebbe la capacità dei lavoratori di ottenere notevoli miglioramenti salariali. Questi aumenti ebbero però l’effetto di ridurre i margini di profitto e di mettere in moto un processo inflazionistico. Così, nel 1963-64 il miracolo italiano subì una battuta d’arresto. Gli investimenti si ridussero drasticamente e lo sviluppò subì una brusca frenata.

In coincidenza col boom industriale, la società italiana subì una serie di profonde trasformazioni; col miracolo economico l’Italia si lasciò alle spalle le strutture ed i valori della società contadina ed entrò nella civiltà dei consumi. Il fenomeno più importante di questi anni fu il massiccio esodo dal Sud al Nord del Paese e dalle campagne verso le città.

Le grandi migrazioni interne e la rapida urbanizzazione erano indubbiamente il segno di un progresso economico del Paese, ma l’espansione delle città avvenne in forme caotiche, senza un adeguato intervento dei poteri pubblici. I due simboli più emblematici di questo progresso furono sicuramente la televisione e l’automobile.

I mutamenti economici e sociali suscitati dal miracolo italiano si accompagnarono all’inizio degli anni ‘60, all’allargamento delle basi del sistema politico, attraverso l’ingresso dei socialisti nell’area di governo. La svolta maturò in seguito ad una serie di avvenimenti drammatici. Nel 1960 il democristiano Tambroni, non riuscendo a trovare l’accordo con socialdemocratici e repubblicani formò ugualmente un governo monocolore con l’appoggio del MSI. Tambroni fu costretto a dimettersi dalla stessa DC. Con lui cadde ogni ipotesi di un governo appoggiato dall’estrema destra. Fu formato un nuovo governo monocolore presieduto da Fanfani, che ottenne però l’astensione in Parlamento dei socialisti, dando così il via alla stagione politica del centrosinistra. La nuova alleanza fu sancita dal congresso della DC nel ‘62 grazie ad Aldo Moro. Un nuovo governo Fanfani proprio del ‘62 era composto da DC, PRI e PSDI e si presentò con un programma concordato col PSI. Fu in questa fase che il centrosinistra ottenne i risultati migliori: la nazionalizzazione dell’industria elettrica fu portata a compimento nel ‘62 con la creazione dell’ENEL, mentre nel ‘63 fu approvata la legge che istituiva la scuola media unica, abolendo così gli istituti di avviamento professionale.

I contrasti nella maggioranza furono esasperati dall’esito delle elezioni dell’aprile del ‘63: perdita di voti della DC e del PSI, successo di liberali (contrari all’apertura a sinistra) e rafforzamento dei comunisti. Si faceva sempre sentire il peso delle forze ostili al centrosinistra che, oltre alla destra economica, contavano anche le alte gerarchie militari, tanto che nel ‘64 si diffusero le voci di un possibile colpo di Stato promosso dal generale De Lorenzo, capo dei servizi segreti delle forze armate.

La fine degli anni ‘60 fu caratterizzata da una radicalizzazione dello scontro sociale che ebbe come protagonisti gli studenti, poi la classe operaia. La mobilitazione degli studenti universitari portò all’occupazione di numerose facoltà, a grandi manifestazioni di piazza e a frequenti scontri con le forze dell’ordine. Sei in mezzo mondo le ragioni della lotta erano l’anti-imperialismo, la protesta contro la guerra del Vietnam e l’avversione alla civiltà dei consumi, in Italia assunse una forte ideologizzazione in senso marxista e rivoluzionario antocapitalistico. A partire dall’autunno del ‘68 il movimento studentesco individuò il suo interlocutore privilegiato nella classe operaia.

Nuovi gruppi politici nacquero fra il ‘68 ed il ‘70 sull’onda del movimento studentesco e furono chiamati partiti extraparlamentari: Potere operaio, Lotta continua e Avanguardia operaia. Anche per l’influenza della contestazione giovanile, questi conflitti si caratterizzarono per l’elevato grado di partecipazione e per la radicalità delle richieste; le tre maggiori organizzazioni sindacali (CGIL, CISL, UIL) riuscirono a prendere in mano la direzione delle lotte. Questo impegno comune nelle lotte d’autunno servì anche a riavvicinare le tre confederazioni sindacali. Tuttavia l’unico risultato di rilievo nel campo dell’istruzione fu la liberalizzazione degli accessi alle facoltà universitarie. Furono poi varate alcune leggi come lo Statuto dei lavoratori, l’Istituzione delle regioni (1970) e nonostante l’opposizione della DC fu approvata la legge Fortuna che introduceva in Italia la legge del divorzio.

 

 

Fonte: http://www.gpeano.org/candido/files/Sintesi-del-Novecento-corretta1.doc

Sito web da visitare: http://www.gpeano.org/candido

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