Storia dell' America Latina
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Storia dell' America Latina
BREVE STORIA DELL’AMERICA LATINA
Introduzione
Scrivere in sintesi una Storia dell’America Latina è senza dubbio una impresa un po’ folle sia per la ricchezza della parte del Continente così chiamato anche se impropriamente, sia per la complessità degli elementi che compongono la storia: l’economia, la politica e la società, la cultura e la religione, sia per le relazioni con la grande storia degli altri popoli e continenti.
Oggi si preferisce scrivere storia per temi e per parti, ma per chi vuole un quadro di riferimento il più vasto possibile per poi approfondire una tematica o un settore della storia è necessario avere un affresco il più possibile completo anche se, per forza di cose, non totale né esaustivo, né imparziale.
Proprio sulla parzialità è necessario soffermarsi. Se si pensa alla storia come una relazioni di fatti colti da uno studioso che li analizza come potrebbe fare un chirurgo nell’autopsia di un cadavere, forse si potrebbe essere imparziali. Invece è impossibile perché lo storico, come qualsiasi altro ricercatore degli eventi umani, è sempre coinvolto dalla sua posizione sociale, dalla sua cultura e da una sua costruzione ideologica. Soprattutto sulla Storia dell’America Latina si scontrano letture diverse: la Leggenda nera e Leggenda rosa, la scoperta e la conquista, quella dei conquistatori non è quella degli indigeni, quella basata sulle fonti dei detentori del potere non è quella della popolazione più povera e ridotta spesso in schiavitù, quella dei vincitori non è quella dei vinti, quella delle culture native non è quella della cultura imposta.
Per evitare una storia sbilanciata dalla parte del potere o totalmente dalla parte degli ultimi (quali poi?) e necessario prendere posizione e verificare continuamente e criticamente la lettura delle fonti e degli avvenimenti per giungere non tanto alla “verità” quanto il più vicini possibile ad un affresco che nell’insieme metta in relazione tra loro tutti i particolari.
Gustavo Gutierrez in un articolo scritto in occasione dei ‘500 anni dell’arrivo degli spagnoli scriveva. “Solo l’onestà storica dovrà essere il criterio di verità da seguire. Dobbiamo quindi, innanzitutto avere il coraggio di liberarci da quei pregiudizi, da quelle interpretazioni ristrette, da quegli occultamenti interessati che hanno reso il nostro passato non una sorgente di creatività, ma una pesante ipoteca che ci paralizza. Nascondersi ciò che è veramente accaduto nei secoli passati – per timore della verità, per difendere privilegi da lungo acquisiti o per qualunque altro motivo – non solo ci condannerebbe alla sterilità storica, ma ci allontanerebbe dalla fedeltà al Vangelo.” (Nigrizia, ottobre 1991).
La posizione di questo libretto è quella di chi vuol capire, nel senso più intenso del “capere” latino: afferrare, abbracciare, quindi situarsi nell’interno della realtà dalla parte di chi più soffre senza essere ideologicamente parziale ma nemmeno totalmente imparziale, per giungere il più possibile a condividere le “gioie e le speranze” (GS 1) e anche le tragedie, per scoprire le radici che dal passato giungono a noi e trarre una lezione per le relazioni umane dell’oggi, per la storia che stiamo costruendo insieme giorno per giorno.
Correggiamo innanzitutto alcune affermazioni e alcuni termini:
- La storia dell’America Latina non inizia con l’America Latina, ma con la storia della terra che gli indigeni chiamavano Abya-Yala ( terra matura o terra di sangue)
- Martino Waldeseemüller, geografo di Friburgo, sulla scoperta di Amerigo Vespucci che per primo ha avuto la certezza che quel nuovo continente non era l’Asia, ha avuto l’ardire, nel 1507, di affibbiare a quella terra il nome di America, al femminile come tutti gli altri continenti, senza preoccuparsi di ricercarne il nome originale. In questo appare già chiara quella che sarà per tanto tempo la supponenza “occidentale” verso il “nuovo Mondo”, termine coniato per primo dallo stesso Amerigo in una lettera ai Medici, pare nel 1505. I conquistatori imporranno nomi ai luoghi dove sbarcano a volte completamente sbagliati, che sono rimasti fino ad oggi: Rio de Janeiro, perché giunti a gennaio credevano che quella baia fosse l’estuario di un fiume che non esisteva; Perù: perché Pascual de Adangoya raggiunse una regione a sud dell’Ecuador dove c’era un fiume che gli indios chiamavano Birù, Monte Pascual dato da Alvares Cabral ad una montagna apparsa al loro sbarco nel giorno di Pasqua, Venezuela, piccola Venezia, anche se ben più grande, perché ricca di fiumi e canali.
- L’America Latina non è latina, termine coniato nella Francia per distinguerlo dal semplice: America, del quale si erano impossessati gli americani degli Stati Uniti. Se vogliamo essere corretti è india (i legittimi abitanti chiamati così da Cristoforo Colombo che pensava di essere arrivato alle Indie Orientali), africana (dovuto al grande numero di schiavi africani trasportati in quelle terre), latina (perché conquistata da popoli latini che hanno imposto la loro lingua, spagnolo e portoghese e in parte francese) sassone (perché esistono paesi e regioni che parlano l’inglese e l’olandese e, perfino, anche se in numero ridotto, dovuto agli immigrati, slava, russa, araba, giapponese.
“ Fin dall’inizio è stata una storia di equivoci. Cristoforo Colombo morì convinto di essere stato in Giappone e sulle coste della Cina e di essersi incontrato con i sudditi del Gran Khan. Quando, in seguito, si venne a sapere che la Cina non si trovava là dove Colombo credeva e che, invece, il genovese era arrivato ad una terra che l’Europa non conosceva, si battezzò quel regalo del caso con il nome di “scoperta”. Per gli “indios” “scoperti” fu l’inizio di un genocidio.
Fin dall’inizio, è stata una storia di non incontro di codici culturali e di comunicazione. Durante la seconda spedizione, sei indios furono arsi vivi sulla pira. Cosa avevano fatto? Avevano sotterrato alcune immagini di Cristo e della Vergine, convinti che queste nuove divinità rendessero più feconda la semina del mais. Per gli europei “scopritore” era un chiaro sacrilegio. Fin dall’inizio, infine, equivoci e malintesi hanno portato alla nascita di due storie, di due versioni contrapposte chiamate leggenda nere e leggenda rosa. Ambedue furono scritte da e per i vincitori e non ci consentono di cogliere la verità dei fatti… La leggenda nera scarica sulle spalle della Spagna – e in misura minore su quelle del Portogallo – la responsabilità dell’immenso saccheggio coloniale. In realtà, il ladrocinio finì con il beneficiare in quantità molto maggiore altri paesi europei, rendendo possibile lo sviluppo del capitalismo moderno…. La tanto citata “crudeltà spagnola” non è mai esistita. Sono invece esistiti spagnoli crudeli che, per primi- ma subito uguagliati e superati da latri europei – misero in atto un abominevole sistema che aveva bisogno di metodi crudeli per imporsi e crescere. Dalla parte diametralmente opposta la leggenda rosa elogia come coraggio e grandezza di vedute ciò che altri descrivono come infame comportamento, chiude gli occhi sui maltrattamenti imposti alle popolazioni locali e sullo sterminio di milioni di indios e definisce “evangelizzazione” quella che è stata la più colossale rapina della storia del mondo, attribuendone l’ordine a Dio.” (Eduardo Galeano, Oltre le “leggende” in Nigrizia ottobre 1991)
Nemmeno il papa Benedetto XVI è sfuggito alla dialettica tra le due letture della storia latinoamericana. Il confronto tra i due testi, fa comprendere che il secondo è il tentativo di correggere l’affermazione troppo definita del primo.
“.. l’annuncio di Gesù e del suo Vangelo non comportò, in nessun momento, un’alienazione delle culture precolombiane, né fu un’imposizione di una cultura straniera..”( Discorso di apertura alla V Conferenza del CELAM a Aparecida il 13 maggio 2007)
“Ho voluto riprenderlo ( il tema del rapporto tra fede e cultura) confermando la Chiesa che è in America Latina e nei Carabi nel cammino di una fede che si è fatta storia vissuta, pietà popolare, arte, dialogo,con le ricche tradizioni precolombiane e poi con le molteplici influenze europee e di altri continenti. Certo il ricordo di un passato glorioso non può ignorare le ombre che accompagnarono l’opera di evangelizzazione del continente latinoamericano; non è possibile infatti dimenticare le sofferenze e le ingiustizie inflitte dai colonizzatori alle popolazioni indigene, spesso calpestate nei loro diritti fondamentali. Ma la doverosa menzione di tali crimini ingiustificabili- crimini peraltro già allora condannati da missionari come Bartolomé de Las Casas e da teologi come Francisco da Vitoria dell’Università di Salamanca – non deve impedire di prender atto di gratitudine dell’opera meravigliosa compiuta dalla grazie divina tra quelle popolazioni nel corso di questi secoli”(–Udienza del Mercoledì 23 maggio 2007)
Cap 1 – Dalla preistoria agli Imperi
Chi sono e da dove vengono i primi abitanti?
Si presume che l’America sia stata abitata da popoli cacciatori di origine mongolica che iniziarono a stabilirsi sul suo territorio a partire da 30 mila anni a.C. Una seconda onda migratoria sarebbe avvenuta nel 15.000 a.C. Ne sono prova alcuni siti archeologici di Pikimachay (Perù 18.000/16.000) di Onion Portage (Alaska, 13.000) e i reperti antropologici: l’uomo (homo sapiens sapiens) di Tlapacoya in Messico (18.000 a.C.), l’uomo di Tedplexpan (10.000 a.C.), il cranio di donna (Luzia) della Lagoa Santa in Brasile (circa 10.000 a.C.), l’uomo di Sayhayco e di Nuapua in Bolivia a Monte Verde in Cile (10.500) La scoperta di una caverna abitata già nel 48.000 a.C. a San Raimundo Nonato nel Brasile, dove pure sono state trovate pitture rupestri di caccia risalenti a 10.000 anni a.C., pone ulteriori interrogativi sia sulla possibile provenienza di abitanti e sull’eventuale auto generazione.
Anche se si notano rapporti con le isole del Pacifico a partire dal 3.000 a.C., l’ipotesi più corretta è che l’occupazione del continente sia avvenuta per via terra attraverso lo Stretto di Bering, eventualmente coperto di ghiacci, realizzata da cacciatori che seguivano la migrazione degli animali. Hayerdhal con la zattera Kon Tiki nel 1947 ha riproposto la questione provando che era possibile la navigazione dalla Polinesia alle coste americane, con zattere costruite secondo il metodo indigeno.
Il flusso migratorio si sarebbe sparso nelle praterie dell’America del Nord, mentre altri gruppi si sarebbero diretti verso il sud, stabilendosi nell’America Centrale, nelle Isole dei Caraibi e nell’America del Sud. Hayerdhal ha pure attraversato l’Atlantico sulla zattera Rah, costruita con giunchi, secondo lo stile degli antichi egizi per provare la derivazione egizia e africana degli abitanti delle Americhe. Anche se la prova gli è riuscita, non può essere accettata come ipotesi storica.
Alcuni popoli sono cacciatori e semi-nomadi, in bande, formate generalmente da non più di 25 persone, con armi prima di pietra poi con archi, frecce e ‘boleadoras’ ( tre pietre legate fra loro con corde di cuoio usate in Argentina e Cile) sono presenti in Nord America, in Cile, in alcune aree dell’Amazzonia e in Argentina del Sud e rimangono stabili per un lungo periodo, fino, ridotti in piccoli gruppi, ai nostri giorni. Dal 11.000 al 7.000 a.C. periodo è la cultura della pietra levigata, dal 8.000/7.000 al 3.000 si trasformano in cacciatori specializzati. Dal 9.000 al 4.000 si incontrano, soprattutto nell’area Brasile i sambaquis, montagne di resti di conchiglie e altro, difficili da classificare, che dimostrano però una chiara azione umana forse anche di carattere rituale. Nel Neolitico, a partire dal 3.000, il clima diviene più ameno, le tribù si stabiliscono in vari territori e si trasformano da cacciatori in piantatori. Si calcola che l’agricoltura si sia sviluppata partire dal 7.000 nella Meso America con mais, fagioli, cacao, zucca e addomesticamento del tacchino, e dal 5.500 sulle Ande con quinoa, fagioli, zucca e addomesticamento del lama. Esiste già una organizzazione sociale e si sviluppa l’uso di alcune tecniche agricole, soprattutto il metodo ‘taglia e brucia’, si trovano oggetti di caccia e pesca, di conservazione degli alimenti e vasi di ceramica (California, Texas, Arizona, Brasile, Venezuela, Colombia, Guyana). Altri popoli sviluppano culture e organizzazioni più avanzate con strutture di uno Stato vero e proprio, con una complessa organizzazione di caste: sacerdoti, guerrieri, artigiani, contadini e commercianti e con sviluppate tecniche agricole, architettoniche e artigianali ( Messico, Guatemala, Belize, Perù, Ecuador, Bolivia, nord del Cile). La ceramica più antica è quella di Valdivia (Ecuador) del 3.200 a.C. anche l’antropologa americana A. Roosvelt ha scoperto in sambaquis fluviali in Amazzonia, resti di ceramica che risalirebbe a 9.000 anni a.C.
Mettendo in relazione varie teorie di antropologi e ricercatori (Meggers, Wissler, Kroeber) potremmo dividere i popoli secondo le culture e le aree culturali:
- Culture tribali semi-nomadi: in Patagonia e nel deserto (Guanaco, Chaco) gli Araucano, i Mapuche (Cile e Argentina) dall’850 a.C al 1480 d.C. e gruppi presenti fino ad oggi come i Guajà in Brasile, tutti ormai attualmente obbligati ad essere sedentari.
- Culture di piantatori in Amazzonia e Foresta tropicale e sub tropicale: divisi in tre grandi ceppi linguistici: i Tupi-Guarani, i Macro-Gé e Arawak in una serie di popoli, di cui ne citiamo alcuni: Jìvaros, Tukano, Pano, Yanomami, Maxakali, Bororo, Nambikuara in Brasile e Venezuela, Suhar in Ecuador e Perù, Presenti fino ad oggi in percentuale molto minore degli inizi in Brasile, Perù, Ecuador, Venezuela. Nell’America Centrale i Guaymì in Panama, i Miskitos in Nicaragua. Parlano varie lingue e sono ancora presenti oggi.
Nelle Antille: Aruaque (o Arawak), Karib. Oggi completamente spariti.
- Culture marginali, intermedie: Circum-Caribe, Arizona–Messico: Tlatilco, Pueblo, Guayabo
America centrale e Colombia: Chibcha e S. Agustin (confederazione tribale a carattere politico sacerdotale). Dal 800/500 a.C. al 1.100/1.300 d.C. Producono tessuti, sale, mais, cotone, usano l’oro e gli smeraldi. Le divinità più importanti sono il Sole e la Luna. I discendenti sono presenti ancor oggi.
- Culture nucleari – Meso America Di lingua nauhatl. Presenti dal 2.600 a.C. alla conquista spagnola fino ad oggi. Iniziano con civiltà Olmeca, definita da A.Caso come la cultura madre mesoamericana, perché raggiunge il suo pieno sviluppo tra il 1200 (San Lorenzo) e il 900 a. C. (La Venta), per terminare nel 200 d.C,. dalle civiltà. Segue la Zapoteca nel 600 a.C (Monte Alban fino al 950 d.C.) e sparisce verso l’800 d.C., occupata e sostituita da Mitla dei Mixtechi. Nel 100 a.C. domina praticamente la città-stato, di Tehotihuacan, la prima vera urbanizzazione nel che raggiungerà 85.000 abitanti nel 450 d.C. occupando circa 24 kmq., terminando la sua esistenza nel 725 d.C. incendiata e rasa al suolo. Sulla costa del Golfo nasce la civiltà El Tajin nel 250 d.C forse dei Toltechi e assorbita poi dagli Huastechi nel 900. I Maya pur presenti dall’inizio (2.600 a.C ) sviluppano maggiormente la loro cultura elaborando i valori delle precedenti dal 250 d.C. fino al 900 d.C. conquistati dai Toltechi che si sviluppano sulle rovine di Tehotihuacan. Introducono il mito di Quetzalcoatl, re di Tula, cittàfondata nel 900 d.C. Segue una egemonia di una città sull’altra fino alla sconfitta dei Maya da parte degli Spagnoli a Utlatan. La civiltà Azteca, è l’ultima che riesce a dominare su tutte le altre dal 1200 d,C fino all’arrivo degli Spagnoli e all’annessione dell’impero azteco alla Corona di Castiglia nel 1521.
- Zona Andina delle lingue quichua e aimara. Si susseguono una serie di civiltà. La preistoria inizia nel 4.000 a.C. Nel 2.500 inizia la coltivazione del cotone e nel 1.800 le prime ceramiche (Valdivia) seguite nel 1250 dalle prime lamine di rame. Nel 2.000 fino al 1.800 si sviluppa la cultura Valdivia e Mochalilla in Ecuador. Dal 900 a.C. incontriamo i centri cerimoniali di Chavin de Huantar. La civiltà Chavin che ha posto le basi soprattutto architettoniche e ceramiche delle culture seguenti, decade attorno al 200 a.C.. Inizia la cultura Paracas al sud e, pure nel 200 a.C., le culture regionalizzate di Mochica sulla costa settentrionale, con le migliori ceramiche andine e con interessanti conoscenze mediche, Nazca lungo il litorale sud, già con società di tipo piramidale e con le prime fasi dei Templi del Sole e della Luna e con figure geometriche gigantesche che fanno pensare ad un culto astrale. Nel 600 d.C. La potenza militare di Huari crea un impero contrastato da Tiwanaco (1.600 a.C.)presso il Lago Titicaca con una profonda conoscenza astronomica, entrambi terminati nel nulla verso il 1.000. Sulla costa nord nasce il regno Chimù con l’urbanizzazione tra Peru e Ecuador, il culto lunare e stellare, deformazione rituale del cranio. Ha come centro la città di Chan Chan assediata e conquistata dagli Inca nel 1.450 che domina il territorio fino alla Conquista spagnola, pur rimanendo con presenze ancora attuali.
- Le culture marginali e nucleari si organizzano in stati che si trasformano con la forte urbanizzazione in Imperi dei tipo federativo, mentre le altre culture rimangono legate alla tribù e solo in alcuni momenti di difesa si organizzano in federazioni.
Le fonti - Conosciamo la vita di queste culture soprattutto dagli scritti di Fra’ Bernardino di Sahagun raccolte nel Codice Fiorentino, Historia General de Cosas de España 1565-1577, di Fra’ Diego Duran, Historia Verdadera de la Conquista de la Nueva España, 1579-1581, di Garcilazo de la Vega: Comentarios reales, Huamàn Poma de Ayala: El primer nueva cronica y buen gobiern, .
Ci soffermiamo sulle tre culture e organizzazioni statali più importanti: I Maya, gli Aztechi, gli Inca.
I Maya
La cultura Maya inizia nel 2.600 a.C.( periodo pre - classico). Ha il suo punto più alto tra il 100/300 e il 900 d.C. (classico) Dopo il 928 (periodo post classico) non vi sono più annotazioni su pietra. I maya occupano il sud del Messico (Yucatan, Chiapas, Tabasco), Belize, Guatemala, parte di El Salvador, e Honduras. Il popolo Maya si organizza in Città Stato, spesso in lotta tra loro, per avere l’egemonia le une sulle altre. L’ultima è la lega di Mayapan che scalza la potenza di Chichen-Itzá nel 1200 d.C. La cultura maya di Mayapan risente dell’influsso cultuale tolteco, per finire anch’essa nel 1450, sotto l’egemonia degli Aztechi, il nuovo popolo dominante.
La società era diretta da una ristretta aristocrazia colta, il cui capo supremo è chiamato Halac Uinic (vero uomo) e dai sacerdoti. Ogni città dunque ha un re accompagnato da un consiglio di nobili e di sacerdoti che governano tramite i militari e i funzionari di corte e i capi dei villaggi o città sottomesse. Esisteva una piccola classe media formata da artigiani, artisti e funzionari. Alla base sociale erano i contadini e gli schiavi, criminali condannati e da prigionieri di guerra.
I contadini erano in assoluto la base economica della società, coltivavano il mais, il maggior prodotto considerato il dono supremo ricevuto dagli dei e al centro di una ricca mitologia, il cacao, usato come moneta di scambio, il cotone, l’agave. Viene addomesticata la papaia, si dedicano anche alla caccia e alla pesca e creano cani per cibarsi della loro carne, tacchini e api. Le tecniche agricole sono molto sviluppate: in un sistema rotativo, con irrigazione proveniente da cisterne e diffusa su piani a dislivello. Alla categoria dei lavoratori specializzati appartenevano gli artigiani, gli artisti, che lavorano la giada e l’ossidiana, i guerrieri, i mercanti, i funzionari di basso rango. I nobili erano costituiti dalle famiglie imparentate con la divinità.
La religione. I Maya considerano il mais una realtà divina, da cui sarebbe nato l’uomo. Nonostante questo la religione maya ha una serie di divinità legate alla natura, tra cui primeggia il Sole, la Terra-Madre, il Giaguaro. Ogni divinità presentava un aspetto buono e uno cattivo. Il Cielo è diviso in tredici cieli con una divinità per ogni cielo, sorretto da 4 divinità, i bacab, ai 4 lati del mondo dove sorgevano i 4 alberi sacri. Al di sopra di tutti e di tutto credevano nell’esistenza di un Dio occulto e creatore cui era riservato un culto molto scarso. La struttura religiosa era fondata sulla conoscenza dell’ordine del creato. Offrivano sacrifici umani, di fanciulli dai quali estraevano il cuore per propiziare le divinità, soprattutto il sole, che altrimenti avrebbe potuto spegnersi. Sembra anche che praticassero l’antropofagia rituale. Il sacerdote massimo era l’Ah Kin May (Quello del Sole), accanto a lui operavano i Chilam, profeti e aruspici. Le cerimonie erano preparate nella purità rituale con digiuni, l’offerta del proprio sangue e danze. Pur avendo 4 calendari, uno rituale di 260 giorni, uno solare di 365, uno lunare di 177 e uno regolato sul pianeta Venere di 584, il più importante che scandiva i tempi e gli eventi era quello solare. Il tempo era considerato ciclico, una continua riedizione del passato, con un ciclo che aveva per base il Katun. Un tun era pari a un anno di 360 giorni, ai quali si assommavano 5 giorni dichiarati nefasti, nei quali si praticava il digiuno e l’astinenza; era diviso in 18 mesi di 20 giorni ciascuno e il giorno in 9 ore di giorno e 9 ore della notte. Venti tun davano un katun, 7.200 giorni, ciclo che terminava sempre nello stesso giorno. Venti Katun formavano un Baktun 144.000 giorni. La storia ricominciava ad ogni 260 tun. Il futuro non è mai un nuovo, un imprevisto, ma semplicemente un ritorno. Secondo alcuni sacerdoti la data dell’inizio del mondo sarebbe, calcolandola secondo il calendario gregoriano, il 10 agosto del 3214 (o 3313) a.C..
Dallo studio del tempo e degli astri i maya divennero profondi astronomi e matematici, giungendo a calcolare l’anno solare in 365,2420 giorni, ben vicino ai calcoli dell’odierna scienza. Riuscirono a predisporre una tabella che prevedeva le eclissi di sole. Nella matematica conoscevano lo zero, raffigurato in genere da una conchiglia, simbolo dell’universo, il sistema numerale era vigesimale (0, 20, 40…) e veniva scritto verticalmente. Usavano una scrittura di geroglifici, il cui più importante documento è la Stele di Tikal, del periodo classico, dove è rappresentata la trinità maya: il dio della guerra, del fuoco e della pioggia.
Pur non avendo sviluppato strumenti tecnologicamente avanzati, iniziarono la manifattura della gomma ( importante il gioco di tipo rituale della pelota, nel periodo post classico, in cui un membro della squadra perdente veniva sacrificato), l’uso del bitume, la cera-resina di copale. Producevano ceramiche vivaci e un tipo di turchese che prese da loro il nome. Inizia con loro in America l’arte dell’affresco.
Ci sono pervenuti i libri sacri del Popol Vuh, che colloca l’acqua come principio di tutte le cose e i Chilam Balam testi dei sacerdoti aruspici del giaguaro.
Permane difficile decifrare i motivi dell’abbandono dei grandiosi e bellissimi centri culturali di Tikal, Copan, Palenque, Chichen-Itzá, Kaminaljuyù, Calakmul, Uxmal, Mayapan, Uaxactun, dalle possenti architetture e sculture, arricchite di affreschi. Forse l’abbandono si deve addebitare a rivolte dei contadini, a motivi religiosi legati ai cicli del tempo o ad altri fattori nefasti che obbligarono ad abbandonare il luogo e i monumenti al loro destino.
Gli Aztechi
Si può affermare che gli Aztechi sono la sintesi della cultura meso-americana, perché raccolgono l’eredità di tutte le culture e civiltà che li hanno preceduti sul territorio del centro America.
Dalla dispersione delle varie città stato delle culture precedenti: Tolteca: 900 d.C. fino al 1.045, Olmeca: 1.200- 1 a.C., Zapoteca, che scompare nel 950 d.C., Teotihuacan nata nel 100 a.C. con l’apogeo nel 450 d.C. finendo nel 750, inizia la nascita di Tenochtitlan, la città posta sull’isola in mezzo al lago. La nascita è legata al mito dell’aquila con una serpe nel becco, che si è posata su un cactus in un isola dove nascevano fiori bianchi, animali bianche e nell’acqua nuotavano pesci bianchi, e che avrebbe indicato ai chichimecas o mexicas il luogo dove dovevano stabilirsi, accanto a Texcoco e vicino alla città commerciale di Tlatelolco, nel 1319/1325/1345 d.C. (varia è la datazione calcolata dai diversi ricercatori). I chichimecas, chiamati anche mexicas e aztechi, dopo un periodo di mercenariato sotto i re precedenti, soprattutto sotto l’ultima città egemone di Azcapotzalco, diventano praticamente i detentori del potere. Fondano la confederazione tra le città di Tenochtitlan, Tetzcoco e Tlacopan. Con il regno di Moctezuma (Motechuzoma) I Ilhuicamina, nel 1440 inizia l’Impero, che si estende fino all’istmo di Tehantepec, tramite una serie di alleanze e l’organizzazione di una federazione di città, alcune conquistate, obbligate a pagare il tributo. La direzione della federazione spetta al Re-imperatore, di carattere divino, coadiuvato dal Gran Consiglio (Tlatocan) che partecipa alla elezione del sovrano. Il re imperatore si situa a metà tra capo tribale e capo di stato. Al regno di Moctezuma I si deve la costruzione di un acquedotto e dei primi Templi. A Moctezuma succede il figli Axayátl (1469-1481), che però vede ridotto l’impero per la vittoria di Tarasco e il non pagamento dei tributi delle tribù di Micoacan. Sotto il suo regno viene costruita la “Piedra del sol”. Gli succede Tizoc (1481-1486) suo fratello che ricostruisce il Tempio di Hitzilopochtli e lascia la successione al fratello Autzotl (1486-1502) che inizia una campagna militare per fare molti prigionieri per inaugurare il Tempio ricostruito. A quest’ultimo succede il figlio di Moctezuma II Xocoyotzin, che aumenta i confini dell’impero, impossessandosi dei territori maya fino al Chiapas e viene ucciso dagli spagnoli nel 1520.
All’epoca della conquista, Tenochtitlan contava 300 mila abitanti. Era la più grande città del mondo (Siviglia ne aveva 120.000, Lisbona 100.000). Era divisa in 4 quartieri secondo i punti cardinali, legata alla terra ferma tramite terrapieni. Centro cultuale, amministrativo e governativo con un enorme mercato. Gli Aztechi dominavano 38 province e 371 città o popoli che pagavano loro il tributo.
La società è divisa in due classi: i pipiltin, cui spetta il governo e il controllo della produzione come degli affari politico-religiosi e i macehualtin, la classe dei lavoratori. La classe alta era dominata dai nobili (tlatoqui: per via ereditaria o tecuhtli, per meriti militari) divisi in re o signori minori e maggiori a secondo delle città, signori capi delle case signorili, nobili di quartiere o capi delle comunità, i calpulli. Alla nobiltà appartenevano anche i sacerdoti che frequentavano la calmecac, la scuola propria per la nobiltà, mentre per l’educazione dei cittadini di ceto medio la scuola era il telpochcalli, e indirizzava verso i diversi mestieri artigianali e della terra e il servizio militare. Ai nobili seguivano nella scala sociale i funzionari, gli artigiani e commercianti riuniti in organizzazioni professionali. I mercanti, pur non essendo nobili, erano ben considerati e il mercato era ricco di ogni specie di merce. La base della società era costituita dai contadini organizzati in calpulli, comunità residenziali con un capo eletto, il calpullec. I mecehualtin sono il gruppo più elevato dei lavoratori; praticano varie attività sia come artigiani che come agricoltori. Vi erano poi i contadini senza terra (mayeques), i servitori e schiavi resi tali da un non pagamento di debiti, colpevoli di un furto o da un omicidio (tlathacotin). Il re, (tlatoani da tlatoa,parlare), era eletto tra i membri più insigni della nobiltà ed era considerato sacro, con un carattere divino, anche se il regime non era teocratico. Doveva prepararsi con lunghi rituali e il primo obbligo era dichiarare guerra per garantire i tributi e per ottenere vittime per i sacrifici. A lui spettavano alcune terre speciali, tlatocamilli. Tutto il popolo non nobile doveva pagare il tributo, i contadini dovevano dare come tributo parte del loro lavoro per opere pubbliche. Le città federate dovevano pagare il tributo al re della città egemonica dove risiedeva l’imperatore.
I militari ingaggiati tra i calpultin, potevano salire di grado se erano stati valorosi in battaglia e diventare tequihua, se facevano prigionieri 4 nemici. Solo, però, ai nobili era concesso far parte dei Guerrieri dell’Aquila e del Giaguaro. Le armi era solamente arco frecce, lance e fionde e mazze di legno e osso, soprattutto di ossidiana.
La religione. Il mito della creazione simile a quello biblico, parte da un principio duale da cui hanno origine gli dei creatori Padre e Madre degli dei. Dal principio creativo maschio e femmina, Omeotl o Tonacatecuhtli, nascono i 4 dei creatori, tra cui dominano i due antagonisti Tezcatlipoca o Huitzilopochtli e Quetzalcoatl da loro viene il fuoco, poi il sole, poi la coppia umana, alla quale danno i semi di mais per iniziare l’agricoltura. Le divinità erano dominate da Hiutzilopochtli, nato dal serpente, signore della guerra che presiedeva l’età del sole in moto. Al sole (Tonatiuh) per evitare la sua morte e quindi la distruzione della vita sulla terra, si offrivano sacrifici umani, generalmente di prigionieri di guerra, considerata santa. Nel 1486 il re Autzotl sacrifica circa 20.000 prigionieri per l’inaugurazione del Tempio. Il tempo era segnato do due calendari, uno rituale di 260 giorni e uno solare di 365 giorni, forse ereditati dai Maya. Il calendario solare, , esigeva ogni venti giorni, 18 volte l’anno, grandi celebrazioni al sole per assicurare il suo ciclo nell’orbita giornaliera, con sacrifici umani. La grande Pietra del Sole (3,5 metri di diametro e 24,5 tonnelate di peso), classificata un tempo come il calendario azteca, secondo più accurate ricerche e pur riportando i segni dei 20 giorni, sarebbe secondo l’archeologo Eduardo Matos Moctezuma, l’immagine del sole che chiede sacrifici umani e segna le cinque fasi dell’umanità secondo i mexicas. Al dio guerriero si contrapponeva l’immagine di Quetzalcoatl, il serpente piumato (coatl= serpente, saggezza), divinizzazione di un principe saggio di Chulula o Tula, che, secondo la leggenda, sarebbe tornato venendo dall’oriente, con uomini bianchi e barbuti come lui, per riconquistare la terra perduta e imporre la pace e la giustizia. Quetzalcolatl poteva venir considerato anche vento o il pianeta Venere; era il dio dell’istruzione, della cultura e della antica civiltà. Anche il mais ha il suo dio, Centeotl (o Chicomecoatl) e la pioggia Tlaloc. Ma c’erano anche divinità come gli antenati padre e madre della nostra carne: Tota e Totan e la madre di tutti gli dei Tonantzin e Coathicue ( colei che porta il serpente alla gonna). I sacerdoti, uomini e donne erano obbligati al celibato fino al 22° anno, dopo dovevano decidere se continuare o no. I più importanti i Tlenamacac maneggiavano il coltello di ossidiana per i sacrifici.
Il Tempio Mayor era considerato l’ombelico del mondo dal quale dipartivano le quattro direzioni dell’universo: Tezcatlipoca, nero o del coltello, al nord, Tezcatlipoca, rosso o della canna ad est, Tezcatlipoca azzurro o Huitzilopochtli o del coniglio, ad ovest e Quetzalcoatl, bianco o della casa, al sud. Sopra vi sono i 13 cieli e nell’ultimo abitano gli dei creatori. Al di sotto i 9 mondi sotterranei e in quello inferiore abitano i signori dei morti. I morti venivano sepolti rannicchiati in situazione fetale, raccolti in olle e innaffiati, come a significare che l’inizio e la fine della vita si toccano. Dopo la morte, la persona andava in luoghi separati a secondo del tipo di morte che aveva subito, solo i guerrieri e le donne morte al primo parto avevano un posto privilegiato ed era loro concesso accompagnare il sole durante una parte del suo percorso.
La Morale. La famiglia e la società erano dirette da regole precise. Il matrimonio era di carattere religioso monogamico, si ammetteva la presenza di concubine per i nobili. La separazione poteva avvenire per il temperamento della moglie o per la sua cattiva condotta. Il destino del nascituro era già stabilito e i ragazzi destinati al lavoro frequentavano fino alla prima adolescenza, scuole di canto dove si insegnava canto, musica e danza, il cosmo, la creazione e la storia degli antenati e venivano poi istruiti nei calpulli per il lavoro nei campi e il servizio militare. L’educazione dei nobili era a carico del clero in collegi (calmécac) dove si insegnava la scrittura (tra geroglifico e disegno), l’astronomia, la storia e la religione.
Nonostante l’importanza dei figli e la buona educazione data a loro, era possibile vendere il figlio come schiavo per castigo. I crimini maggiori erano: l’adulterio, l’aborto, l’omicidio, il furto, la bestemmia e l’ubriachezza. La giornata iniziava e terminava con la lettura dell’oroscopo e alla nascita i vecchi consultavano l’oroscopo, Tonalamatl, per sapere quali i giorni fortunati e sfortunati della vita del neonato. Il sistema di numerazione è vigesimale, la scrittura è soprattutto pittura con segni e colori con un significato proprio, non lasciati alla libera iniziativa dello scrittore. Abbondante la letteratura che tratta argomenti religiosi di divinazione e migrazioni, origine e storia delle dinastie. La professione del pittore-scriba (tlacuiloani) era molto stimata. Importanti per le cerimonie rituali erano la danza e la musica. Usavano il flauto, tamburi, sonagli e conchiglie come strumenti a fiato.
La produzione fondamentale è il mais, la patata, il maguey, i fagioli, le zucche, il peperoncino, il cacao, il cotone e i cereali. Usavano un metodo di coltivazione su isole artificiali, chinampas oin terrazze irrigate che permettevano un’alta produzione. Il cibo più comune erano le tortillas e i tomales, una specie di polenta arricchita di fagioli.
Erano sviluppate la tessitura e l’arte plumaria, i lavori in cuoio e la ceramica dipinta, coltelli di ossidiana e specchi; di grande gli oggetti d’oro e d’argento di carattere rituale, come il sole d’oro e la luna d’argento portati in dono da Cortés all’imperatore Carlo V e altri gioielli per le feste, la maggior parte perduti nella distruzione della conquista. Imponenti le costruzioni architettoniche, la più significativa e importante era il Templo Mayor, sulle rovine del quale gli spagnoli costruiranno la Cattedrale. Ogni città aveva il suo mercato ( tianquis).
Gli Inca
Gli inca arrivano nella valle di Cuzco (considerata l’ombelico del mondo a più di 3.000 metri di altezza) e sulle rive del lago Titicaca, nel 1200 d.C. in parte come migranti in fuga da Tiwuanaco e poco a poco sottomettono i popoli e le culture precedenti. La conquista si fonda sul mito di Manco Capac e la moglie Mama Occlo, inviati dagli dei a civilizzare le Ande. L’impero Inca, il Tahuantinsuyu (quattro quartieri in lingua quechua) si sviluppa però a partire dal 1438 con l’inca Pachacuti Yupanqui, personaggio storicamente attestato (1438-1471) che sottomette i popoli del Titicaca e l’impero Chimu. Il successore Tupac Yupanqui (1471-1493) conquista i territori boliviani, organizza l’esercito e l’amministrazione e ricostruisce Cuzco. Huayna Capac (1493-1527) estende l’impero a tutto l’Ecuador. Dopo di lui con la lotta per la successione tra i due fratelli Huáscar, figlio legittimo, e Atahualpa, figlio di una concubina, e con la vittoria di quest’ultimo e l’uccisione del fratello (1533), inizia la fine dell’impero, all’arrivo delle truppe spagnole guidate da Pizzarro, che entra in Cuzco e condanna a morte Atahualpa. Nel 1572 viene ucciso l’ultimo discendente della dinastia, Tupac Amaru e il Regno viene annesso alla Corona di Castiglia.
L’impero è una Confederazione di federazioni, divise in quattro regioni o provincie: Cuntisuyu (cordigliera peruviana), Antisuyu (montagna orientale), Chichasuyu (le valli costiere), Collasuyu (altipiano boliviano e oltre) amministrate da apu-kuna (anziani), unite fra loro da una impressionante rete di strade. Il potere centrale ereditario è dell’Inca (Imperatore), Figlio del Sole, con governa affiancato dalla sposa-sorella Coya. L’Inca, infatti, per mantenere la purezza del sangue doveva sposare una sorella. La sede dell’impero è Cuzco. Con la sua famiglia e una serie di dignitari, governa le province e i villaggi tramite i kurakas e mantiene l’ordine con un forte esercito. Viene imposta la lingua quichua a tutto l’impero; i dignitari e i figli dei governanti delle regioni devono recarsi a Cuzco per gli studi, proibiti per i figli degli altri gruppi sociali che devono essere incamminati al lavoro manuale della terra.. I mitma-kuna sono membri di colonia agricole-militari collocate dall’Inca nei territori conquistati per controllare il territorio. I Yana-kuna erano servitori privati della famiglia reale e dei nobili, esenti dal pagamento del tributo. I collana sono tutti i nobili appartenenti alla etnia inca, a loro è permessa la poligamia mentre al popolo viene imposta la monogamia. Pur essendo importante il matrimonio è permessa la convivenza e le ragazze madri sono considerate un valore perché ogni bambino che nasce significa mano d’opera in più. Per la conquista e la sottomissione dei vari popoli, sono importanti i militari divisi in professionisti e tutti gli altri chiamati alle armi al momento. Non usano molto frecce ed arco ma preferiscono il corpo a corpo con il nemico, armati di mazze.
La base sociale e produttiva fondamentale è l’ayllu, la comunità, che coltiva la terra ma che rimane tutta proprietà dell’Inca. La produzione è: quinoa, mais, da cui ricavavano una specie di birra la chicca, cacao, patate, coca (cuca), molto usata anche come moneta di scambio e tabacco. Allevano il bestiame (llama, vicuña, alpaca) e, anche, anatre e porcellini d’india. Sulla costa si dedicano alla pesca soprattutto delle sardine. Producono il charque, la carne secca. Una parte della produzione serve per l’alimentazione della famiglia il resto deve essere consegnato ai kurakas per il pagamento del tributo ai sacerdoti e all’inca. Interessante il metodo di coltivazione delle chinampas, specie isole artificiali o in un sistema di canalizzazioni e di coltivazioni a terrazze. Non conoscevano però l’aratro e la ruota (forse per motivo sacro rituale) e nemmeno il ferro. Era sviluppata la medicina e l’erboristeria, come pure l’artigianato in ceramica, in tessitura e l’arte mineraria in oro e argento. Hanno prodotto oggetti di grande valore artistico e commerciale in tessuti, collane, preziosi, gioielli, maschere funerarie, oggetti rituali, come i tumi, coltelli cerimoniali, e strumenti musicali come il flauto e il tamburo. Usavano un sistema di nodi di colori diversi (quipu), forse proveniente dalla civiltà Huari, per la contabilità della produzione, delle nascite e delle morti. Non avevano alcuna forma di moneta e il commercio avveniva per baratto. Il pagamento del tributo era in prodotti o in lavoro obbligatorio (mita) per l’apertura di strade, costruzioni di templi e palazzi, apertura di canalizzazioni. Molto interessante l’organizzazione della posta, tramite staffette ogni due chilometri e corrieri (chasqui) che percorrevano decine di chilometri al giorno
Le costruzioni religiose e civili rimaste sono imponenti, soprattutto la Fortezza Sacsahuaman, il Machu Picchu, la strada di Cuzco che giungeva fino a Quito, e si dirigeva a sud per un percorso totale di circa 4.000 chilometri, con i tambos, punti di ristoro per i viaggiatori, le canalizzazioni, i ponti in pietra o in corda, sospesi come il ponte sul fiume Apurimac, il centro di Ollantaytambo con templi e terrazze..
La religione ha come divinità e culto centrale il Dio Sole, Inti, culto imposto dal re Pachacuti Inca Yupanchi (1438-1471). Nell’Inti Huatana, il grande tempio, costruito accanto al Grande Tempio dell’antica divinità creatrice, Viracocha, il sommo sacerdote (Huillac Umu) offriva sacrifici anche umani, soprattutto nella festa della luna nuova. L’Inca è venerato come l’incarnazione della divinità e, quindi, Figlio del Sole. Oltre ai sacerdoti esisteva un convento di donne dedicate al Sole, le ‘mamaconas’ o aella-kuna, che potevano diventare concubine dei nobili e dell’Inca. Esistevano pure templi e luoghi di pellegrinaggio come Tiwuanacu e Copacabana, accanto all’isola del sole e della luna.
.Il tempio era anche un centro astronomico dove si radunava la popolazione per le grandi feste del 22 di giugno ( Inti Raymi, il solstizio) e il 22 settembre, festa della Luna che feconda la terra madre (Pacha Mama). Il mese lunare era di 29 giorni diviso in tre settimane.
I precetti morali: non mentire, non rubare, non rimanere in ozio. Le colpe maggiori: l’omicidio, l’aborto l’adulterio, la rivolta o il tradimento contro l’Inca, venivano punite con la morte, l’incenerimento e la non sepoltura. Colpa grave era la non sepoltura dei morti. Infatti il culto dei morti e degli antenati era importante e si doveva il più possibile preservare il corpo del defunto, mummificato e raccolto in stato fetale in una ricca sepoltura e avvolto in strati di tessuti pregiati.
Elementi comuni
Economia – Dalla caccia e pesca all’allevamento del bestiame e agricoltura con al centro il mais o la manioca. Nell’ambito delle Grandi culture Meso americane e Andine, è significativo lo sviluppo dell’ artigianato e dell’arte, partendo dalla ceramica alla tessitura e all’arte plumaria, fino alla lavorazione e all’uso dei metalli soprattutto dell’oro, dell’argento e delle pietre preziose. Nelle culture delle praterie, pampas e foreste lo sviluppo artistico si limita a qualche esempio di ceramica come la Marajoara dell’isola di Marajò in Brasile e all’arte plumaria, alla pittura corporea e agli strumenti usali di caccia e pesca. Limiti comuni: alle grandi culture, il non uso o non conoscenza della ruota e la non conoscenza del ferro e alle culture delle pampas e della foresta la ricchezza dei prodotti naturali, della caccia e della pesca, che non sollecitava una maggior ricerca in costruzioni e tecnologie.
Politica e struttura sociale – Dal bando alla tribù, alla federazione di tribù fino agli Imperi federati. Urbanizzazione sugli altipiani e struttura di caste tra cui domina la sacerdotale. Forte legame con il fenomeno religioso, pur non arrivando al regime teocratico. Profonda e diffusa religiosità. L’imperatore è figlio del Sole che dirige i popoli occupati in forma di confederazioni con l’obbligo del tributo. Al centro della vita è la famiglia e il legame tra le famiglie del clan o tribù.
Religione – Enoteismo con un Dio generalmente nascosto e ozioso, religione cosmica con la prevalenza del Sole e della Luna. Tendenza a organizzare la vita sociale secondo i cicli astronomici. Culto degli spiriti del bene e del male e dei defunti per mantenere l’armonia e la salute. Sacrifici umani di giovani e di schiavi prigionieri di guerra, per evitare che il Sole scompaia. Grandi e importanti centri religiosi nelle culture meso americane e andine.
Morale molto alta anche se la guerra tra tribù è fattore comune, spesso per avere vittime da offrire al dio sole, ma anche per il predominio di una città-civiltà sull’altra.
Arte Stupendi centri cultuali con la predominanza delle piramidi a scale. Sviluppo molto significativo della ceramica e dei lavori in osso e in oro. Statue, oggetti di culto e comuni, arte plumaria e di tessitura. Musica, gioco della palla, danza.
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Autore del testo: Mario Aldighieri
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