L'Unità d'Italia

 

 

 

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L'Unità d'Italia

 

Dopo il 1848 una durissima repressione si abbatté su tutti gli stati, ma in particolare sul Regno delle Due Sicilie, nel quale i Borboni bloccarono ogni possibilità di sviluppo. Nel Regno di Sardegna invece iniziò un periodo di grande sviluppo economico e politico. A guidare queste trasformazioni fu Cavour, che divenne presidente del Consiglio nel 1852. Dal 1855 tutti gli sforzi di Cavour furono concentrati sulla costruzione dell'unità d'Italia. Per realizzarla occorreva innanzitutto cacciare gli Austriaci dal Lombardo Veneto, obiettivo raggiungibile solo attraverso l'aiuto di una potenza straniera: bisognava quindi indurre la Francia a intervenire a fianco dei Savoia.

Tra le moltissime mosse compiute da Cavour per raggiungere tale obiettivo, la più importante fu, nel 1855, l'intervento piemontese nella Guerra di Crimea, scoppiata tra Russia da una parte e Turchia, Francia e Inghilterra dall'altra. La guerra, scatenata dalla Russia, che voleva impadronirsidi territori turchi che garantivano sbocchi verso il Mediterraneo, non interessava allo stato sabaudo. Cavour però decise di mandare 15.000 soldati piemontesi, in modo che, finita la guerra, anche il Piemonte fosse ammesso al congresso di pace. Così avvenne. Dopo la sconfitta dei Russi, Cavour poté partecipare al Congresso di Parigi, sottoporre all'attenzione internazionale il caso dell'Italia, soggetta a potenze straniere, e ottenere l'appoggio della Francia (dove Luigi Bonaparte si era fatto eleggere imperatore con il nome di Napoleone III).

Con i patti di Plombières Cavour e Napoleone III si accordarono. La Francia sarebbe intervenuta a tre condizioni: lo Stato pontificio non doveva essere toccato, il Piemonte avrebbe dovuto limitarsi a occupare il Veneto e la Lombardia, in cambio la Francia avrebbe avuto Nizza e la Savoia.

Gli Austriaci, irritati per i preparativi militari del Piemonte, attaccarono lo stato sabaudo e scoppiò così la Seconda guerra d'indipendenza. Le truppe franco-piemontesi ottennero rapide vittorie a San Martino e Solferino. Ma improvvisamente Napoleone III decise di porre fine alla guerra,perché


allarmato dalle insurrezioni scoppiate in alcune città dello Stato pontificio e preoccupato per le perdite subite dal proprio esercito. Con l'armistizio di Villafranca l'Austria cedette la Lombardia (ma non il Veneto) allo Stato Sabaudo. Nizza e la Savoia passarono ai francesi.

Nel 1860, grazie a una serie di plebisciti (consultazioni in cui furono ammessi al voto tutti i cittadini adulti di sesso maschile), la Toscana e la Romagna passarono ai Savoia. In seguito fu compiuto un altro passo verso l'unità d'Italia: Garibaldi, ex mazziniano, guidò la spedizione dei Mille per liberale il Sud della penisola. Partiti da Quarto, nei pressi di Genova, i Mille sbarcarono a Marsala, in Sicilia. A Calatafimi vinsero l'esercito borbonico e proseguirono liberando tutto ilRegno delle Due Sicilie. In questa occasione i contadini siciliani, che, dopo aver spalleggiato i garibaldini, rivendicavano la riforma agraria, furono duramente repressi da Nino Bixio. Temendo che Garibaldi attaccasse anche Roma, sede del papa, protetto dalla Francia, Cavour bloccò la sua marcia da sud a nord, inducendo Vittorio Emanuele II a liberare personalmente tutti i territori dello Stato pontificio ad esclusione del Lazio.

Nel 1861 venne fondato il Regno d'Italia, con capitale Torino. Nello stesso anno Cavour moriva.

I problemi post-unitari

Dopo l'Unità, l'Italia si trovò a dover affrontare problemi interni e problemi esterni.

I problemi interni esplosero subito con il brigantaggio meridionale, che assunse forme di vera e propria guerra sociale; la maggior parte dei suoi protagonisti, infatti, era formata da braccianti che rivendicavano la riforma agraria. Il governo mandò nel Meridione 120.000 soldati, il doppio di quelli che avevano affrontato gli Austriaci nella Seconda Guerra d'indipendenza. Una legge proclamò lo stato di emergenza: vennero dati massimi poteri ai militari e stabilita la fucilazione immediatasenza processo per i briganti. Il nuovo stato unitario, per le popolazioni meridionali, da quel momento divenne un nemico e tutti i provvedimenti del suo governo (le tasse, la leva militare, i tribunali) furono identificati con la repressione.

I problemi esterni riguardavano la conquista del Veneto, di Roma e del Lazio.

Nel 1864 il governo italiano (di destra) spostò la capitale da Torino a Firenze. Pio IX emanò il Sillabo, un documento in cui condannava l'intera civiltà moderna e in particolare l'idea (perseguitadal Regno d'Italia) di separare il potere temporale da quello spirituale.

Nel 1866 l'Italia si schierò al fianco della Prussia di Bismarck, che aveva dichiarato guerra all'Austria. La partecipazione italiana assunse il nome di Terza Guerra d'indipendenza e portò all'acquisizione del Veneto (salvo Trento e Trieste).

La presa di Roma avvenne invece nel 1870, quando i bersaglieri la occuparono entrando da Porta Pia, approfittando del fatto che la Francia, tradizionale alleata del papa, era impegnata nellaGuerra franco prussiana. Questa guerra si concluse disastrosamente per i Francesi: sconfitto a Sedan, Napoleone III fu costretto ad abdicare. Parigi dovette aprire le porte ai Prussiani, ma glioperai parigini si barricarono nel centro della città e diedero vita a un governo separato: la Comune, il primo tentativo di governo socialista della storia. La Comune fu soffocata dallo stesso esercito francese, che fece strage degli operai, sgombrando il campo ai Prussiani.

 

Fonte: http://rossanaweb.altervista.org/blog/mater_studenti/storsunt.pdf

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