Francia del XVIII secolo

 


 

Francia del XVIII secolo

 

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Francia del XVIII secolo

 

La Francia del XVIII secolo


La rivoluzione francese


Luigi XVI è il re assolutista di una Francia in sviluppo
Nel 1774, salì al trono Luigi XVI (1774-93), che, nonostante la scarsa autorevolezza personale, era a capo di una monarchia assoluta: il re deteneva, infatti, tutti i poteri, in quanto, avvalendosi di funzionari da lui stesso nominati, faceva le leggi, le faceva eseguire e amministrava la giustizia. In quel secolo, inoltre, la Francia viveva un'atmosfera di vivacità culturale, fortemente stimolata dalla circolazione delle idee degli illuministi.


Il problema della Francia è la crisi finanziaria dello Stato
Nonostante il benessere economico e la crescita culturale della società, la Francia della seconda metà del Settecento soffriva di una gravissima crisi finanziaria dello Stato. Il regno, aveva sostenuto grandi spese per le continue guerre e per il mantenimento dei 15.000 nobili. Per evitare che la situazione peggiorasse c'erano due soluzioni: ridurre le spese statali o attuare una riforma del sistema delle tasse, che garantisse più entrate di denaro nelle casse dello Stato. Il re e i suoi ministri erano favorevoli a una riforma molto innovativa per la mentalità dell' ancien règime: eliminare i privilegi di cui godevano i nobili e l'alto clero. Alla fine del 1788 si aggiunse un peggioramento delle condizioni economiche. Un pessimo raccolto aumentò i prezzi, a cominciare da quello del pane.


Il re convoca gli Stati generali
L'intera popolazione era suddivisa nei tre ordini dell' ancien régime: nobiltà, clero e Terzo stato. Non esisteva in Francia il principio di uguaglianza dei cittadini: i primi due ordini godevano, infatti, di leggi a essi favorevoli e la loro condizione era privilegiata rispetto a quella della stragrande maggioranza della popolazione. Di fronte alla sempre più grave crisi finanziaria, nell'agosto 1788, il re fu costretto a convocare per l'anno successivo gli Stati generali, cioè l'assemblea dei tre ordini.


Le grandi questioni
La convocazione degli Stati generali, contro la nobiltà, diede avvio a dibattiti sulle grandi questioni politiche ed economiche del tempo. A questo contribuì, la consuetudine che prescriveva di raccogliere le lagnanze( i cahiers de doléances) dei suoi membri per esporle all'assemblea degli Stati generali. I ceti borghesi e le masse contadine ebbero così l'occasione di presentare le proprie rimostranze contro i privilegi aristocratici e i diritti signorili, dei quali veniva richiesta a gran voce l'abrogazione. La protesta del Terzo stato contro ogni residuo feudale era sorretta dalla progressiva presa di coscienza del proprio ruolo determinante nella vita economica e culturale del paese. Per modificare i secolari equilibri di potere, la borghesia chiedeva da un lato che il numero dei propri rappresentanti fosse pari alla somma dei deputati del clero e dell'aristocrazia, dall'altro che le votazioni non avvenissero per ordine, ma per testa. In questo caso, il Terzo stato avrebbe potuto ottenere la maggioranza per le proprie istanze in seno all'assemblea. Il sovrano decise di accogliere la prima proposta, senza tuttavia pronunciarsi sulla questione del voto.


Dagli Stati generali all'Assemblea nazionale costituente
Il 17 giugno i rappresentanti del Terzo stato,decisero di abbandonare l'aula e, riunirsi separatamente in un locale destinato al gioco della pallacorda, proclamandosi Assemblea nazionale, giurando di non separarsi prima di aver dato al paese una costituzione. Dopo avere inutilmente ordinato ai deputati di recedere dai propri propositi, constatata l'adesione della maggioranza del clero, Luigi XVI si rassegnò ad accettare il fatto compiuto e il 27 giugno invitò gli altri due ordini a confluire nell'Assemblea nazionale, che dal 9 luglio, prese il nome di Assemblea nazionale costituente. Con una vera e propria rivoluzione istituzionale il Terzo stato aveva abbattuto il sistema assolutistico sul piano giuridico, prefigurando una monarchia costituzionale. Il re non era però disposto ad accettare la sconfitta e ordinò di raggiungere Versailles per riprendere il controllo del potere. La notizia si diffuse rapidamente e spinse una folla composta in gran parte da artigiani e bottegai, la mattina del 14 luglio, ad assalire il carcere della Bastiglia . Con la presa della Bastiglia, salvando l'Assemblea nazionale e conferendo alla Rivoluzione un inatteso carattere popolare. Accanto all'élite che rappresentavano il Terzo stato all'Assemblea costituente, compariva un nuovo soggetto rivoluzionario, le masse urbane e in particolare quelle parigine, i cui interessi si sarebbero rivelati divergenti da quelli delle élite stesse, tanto che i successivi eventi rivoluzionari furono spesso il prodotto della tensione, sovente irrisolta, tra questi due protagonisti.


La “grande paura”
L'ondata rivoluzionaria raggiunse ben presto le campagne. Il timore di una vendetta, alimentò la “grande paura” delle masse rurali. L'endemico spirito di rivolta e la necessità di provvedere alla propria difesa spinsero i contadini ad armarsi e a dare l'assalto alle residenze nobiliari e agli archivi comunali, dove furono dati alle fiamme i documenti che legittimavano gli antichi privilegi signorili. Compariva così il terzo protagonista della Rivoluzione, le masse contadine, che si troveranno alleate con le masse urbane, creando una situazione in cui campagna e città si univano nella lotta antinobliare e antiassolutistica. I primi aristocratici, prendevano la via dell'esilio, l'Assemblea nazionale, si rese conto che occorreva rispondere alla spinta al mutamento che proveniva dalla masse contadine. Con due decreti, votati il 4 e l'11 agosto, l'Assemblea costituente abolì i diritti feudali e i privilegi fiscali e giuridici goduti dal clero e dall'aristocrazia, ma con una distinzione tra diritti eserciti sulle persone e diritti “reali” che gravavano sulla terra. Mentre i primi furono aboliti, per i secondi fu previsto un complesso meccanismo di riscatti, poi abrogati nella fase più radicale della rivoluzione.


La Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino
Il 26 agosto l'approvazione della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, redatta sul modello della Dichiarazione di indipendenza americana e intesa a porre i fondamenti di un regime costituzionale liberale. Gli articoli del testo da un lato enunciavano i diritti inviolabili e inalienabili dell'individuo, dall'altro affermavano il principio della separazione tra i poteri dello Stato e il diritto di ogni cittadino a concorrere alla formazione delle leggi. In tale contesto al re era riconosciuto il ruolo di primo funzionario della nazione. La Dichiarazione dei diritti poneva fine all'assolutismo e alla società delle disuguaglianze, del privilegio e dell'arbitrio, che da allora venne indicata con il termine di ancien régime. Il documento rifletteva i principi della tradizione liberale da Locke a Montesquieu e Thomas Jefferson, ma anche l'idea democratica di sovranità popolare proposta da Rousseau. La percezione del passato come lunga catena di violenze e abusi compiuti ai danni dei diritti naturali degli individui differenzia profondamente la Dichiarazione del 1789.
Alla convocazione degli Stati generali
del 1789 il Terzo stato:

  • presenta al re i cahiers de doléance
  • propone la votazione per testa e

proclama l'Assemblea nazionale

  • dopo la presa della Bastiglia abolisce

i privilegi della nobiltà e approva la
Dichiarazione universale dei diritti
dell'uomo e del cittadino

  • confisca i beni della chiesa
  • costituzione civile del clero

 

La marcia su Versailles
Il rifiuto di Luigi XVI di firmare tanto la Dichiarazione quanto i decreti di agosto provocò un nuovo moto popolare. Tra il 5 e il 6 ottobre, un corteo riuscì a eludere il controllo della neonata Guardia nazionale e si diresse a Versailles. Il re,la famiglia reale e i deputati dell'assemblea furono costretti a trasferirsi a Parigi.


I club
La partecipazione della popolazione parigina alle vicende rivoluzionarie, si manifestò in particolare attraverso la formazione di club e associazioni. Originariamente vi potevano accedere alle loro attività, solo gli iscritti, ma col tempo, alcune di esse furono aperte anche al pubblico.


I giacobini
Riservato ai parlamentari del Terzo stato; la quota di iscrizione era decisamente alta e anche quando l'accesso fu aperto ai non deputati,rimase comunque un'associazione molto elitaria. La sua posizione era: una difesa intransigente del nuovo ordine, ma tenendo bene le distanze dalle posizioni più radicali. Il carisma di questo club portò alla nascita di nuovi club e alla frammentazione di esso. Seguirono scissioni più gravi, mentre emergeva la figura del giovane avvocato M. Robespierre.


I cordiglieri
Democratica, la posizione di questo club, in quanto “Società degli amici dei diritti dell'uomo e del cittadino”, che si rifaceva alla Dichiarazione del 1789. Fondato nel 1790, guidato da G. Danton, J-P. Marat e C. Desmoulins, questo club, fu il più deciso sostenitore della partecipazione popolare alla Rivoluzione e il primo ad attaccare l'istituto monarchico.


La costituzione civile del clero
Un enorme problema che gravava sulle finanze del regno era il pesante debito pubblico, che venne risolto, sotto idea di Talleyrand, con la confisca dei beni ecclesiastici e l’emissione di titoli di stato. L’assemblea però, viste le gravi necessità finanziarie, fu costretta a emettere un numero di titoli molto superiore a quello dei beni espropriati. Questo provocò inflazione e danni all’equilibrio dell’economia, già poco stabile.
L’incameramento dei beni della chiesa rese necessaria una riforma dell’ordinamento ecclesiastico, a cui si rispose con la costituzione del clero civile(luglio 1790): i conventi e gli ordini religiosi venivano soppressi, i vescovi e i prelati diventavano funzionari stipendiati dallo stato, sotto elezione dei cittadini.
Molti vescovi rifiutarono il giuramento, e la costituzione venne condannata da Pio VI nell’aprile del 1791.


La fuga di Luigi XVI
Anche se fu costretto a firmare la dichiarazione dei diritti che vedeva una limitazione dei suoi poteri, Luigi XVI non si rassegnò, continuando a sperare nella restaurazione di un assolutismo, alimentato dal grande appoggio delle potenze europee (Russia, Austria, e in particolare la Prussia).
Il 20 giugno 1791 la famiglia reale abbandonò segretamente Parigi per raggiungere i Paesi Bassi, con l’intenzione di farvi ritorno con il sovrano a capo di un esercito organizzato da Leopoldo II, fratello di Maria Antonietta. Si sarebbe messo così in atto il tentativo di restaurazione dell’ancièn regime.
Il tentativo di fuga venne scoperto, e la famiglia fu costretta a tornare nella capitale; inizia il declino della monarchia.


La costituzione del 1791
Tornato a Parigi, Luigi XVI fu costretto a riconoscere la Carta costituzionale, approvata dall’Assemblea il 7 settembre 1791.
IL SOVRANO  era il titolare del potere esecutivo e aveva diritto di opporsi alle decisioni dell’Assemblea con un veto sospensivo valido per 4 anni.
I DEPUTATI DELL’ASSEMBLEA venivano eletti ogni 2 anni, dai cittadini attivi(soggetti al pagamento di un minimo di imposte), sulla base del suffragio a 2 turni.
Le elezioni erano previste anche per le cariche amministrative e giudiziarie.
Il territorio nazionale veniva cosi diviso in 83 dipartimenti.
La COSTITUZIONE :

  • Sanciva l’inviolabilità della proprietà privata
  • Eliminava le dogane interne

Terminato il proprio compito, l’Assemblea costituente venne sciolta e furono indette elezioni per la formazione dell’Assemblea legislativa.
La caduta della monarchia

  • L’ASSEMBLEA LEGISLATIVA

L’assemblea legislativa tenne la prima seduta il 1° ottobre del 1791.

  • 264 deputati monarchici costituzionali : espressione dell’alta borghesia e dell’aristocrazia liberale.
  • 136 deputati: costituivano la sinistra, rappresentata per lo più dai Giacobini, e dal gruppo della Gironda guidato da Brissot. Scarsa era la rappresentanza dei cordiglieri, che si basavano sul sostegno extraparlamentare dei cittadini “passivi”.
  • 345 deputati indipendenti: rappresentavano il centro ed erano privi di una connotazione politico-ideologica.

Nel frattempo nel paese cresceva la tensione economica, e si intensificava l’attività controrivoluzionaria dei nobili emigrati che spingevano i sovrani stranieri a intervenire.
Così l’Assemblea legislativa approvò una serie di decreti che intimavano agli emigrati di fare ritorno in patria, pena la confisca dei beni e autorizzavano le amministrazioni locali ad arrestare e incarcerare i preti refrattari.
Verso la guerra
Nel marzo 1792 la morte dell’imperatore austriaco Leopoldo II, e l’ascesa al trono del figlio Francesco II, contribuirono a porre in primo piano anche in Francia la prospettiva di un conflitto.

 

A FAVORE DELLA GUERRA:

  • I GIRONDINI: la consideravano uno strumento per esportare oltre la frontiera i principi rivoluzionari.
  • LUIGI XVI: auspicava la guerra e faceva affidamento sull’intervento straniero per restaurare l’assolutismo.
  • I MODERATI: per Lafayette, la guerra avrebbe offerto un’ottima occasione per rafforzare il potere centrale e preservare l’ordine interno dalle pressioni rivoluzionari radicali.

CONTRO LA GUERRA:

  • ROBESPIERRE: considerava come obbiettivi prioritari la lotta contro i nemici interni e il consolidamento delle conquiste rivoluzionarie. All’interno del movimento giacobino si delineava una pericolosa frattura, destinata ad allargarsi sempre di più.

Il governo formato per lo più da amici di Brissot provocò un precipitare degli eventi:

  • 20 aprile 1792: l’Assemblea si pronunciava a favore della dichiarazione di guerra contro Austria e Prussia. Gran parte degli ufficiali erano emigrati all’estero, lasciando disorganizzate le truppe francesi. Le prime sconfitte demoralizzarono l’esercito, e accrebbero l’odio per la monarchia, accusata dalla popolazione di connivenza con il nemico.
  • La proclamazione del duca di Brunswick(comandante delle forze austro-prussiane): portò malessere nella popolazione parigina, minacciata di rappresaglie contro chiunque avesse tentato di opporsi agli eserciti alleati, o avesse commesso oltraggio alla famiglia reale.

La nascita della Repubblica e l'offensiva
delle potenze europee
La Convenzione era così formata:

  • deputati indipendenti di centro, chiamati “Pianura” o “Palude”;
  • Girondini che, 200 deputati su un totale di 749, guidavano il nuovo governo; appartengono all'alta borghesia imprenditoriale, della finanza o del grande commercio marittimo;
  • Gicobini che, assieme ai Cordiglieri e altri deputati, formano “La Montagna”; appartengono in gran parte alla borghesia intellettuale e delle professioni.

Il 21 Settembre 1792 la nuova assemblea abolì la monarchia e il 25 proclamò la nascita della Repubblica “una e indivisibile”, questo avvenne senza alcuna vera opposizione. Ma, con la scoperta di rapporti segreti tra Luigi XVI e le potenze nemiche, la Convenzione si divise:

  • i Girondini ritenevano necessario delegare ogni decisione sulla sorte che spettava al sovrano direttamente al popolo;
  • i Giacobini, con Robespierre e Louis-Antonie de Saint Just, premevano perché a giudicare il Re fosse chiamata l'assemblea.

La seconda tesi riuscì ad imporsi e il 10 Dicembre iniziò il processo, terminando il 21 Gennaio con sentenza di morte per  decapitazione.
Sul fronte militare nel frattempo l'esercito francese aveva occupato il Belgio e la Renania, mentre a sud annetteva la Savoia.
Il 19 Novembre la convenzione, con un decreto, assicurò che con una guerra più di liberazione che di conquista, condotta contro i sovrani assoluti e non contro i popoli, avrebbe assicurato “fraternità e soccorso a tutti i popoli che vorranno conquistare la libertà”. Tuttavia i francesi si discostarono ben poco dai metodi di repressione e saccheggio tipici delle potenze occupanti. I valori di libertà e solidarietà rivoluzionaria cedettero il posto a una politica che rivendicava per la Francia il raggiungimento delle “frontiere naturali” dalle Alpi al Reno, giungendo a minacciare l'integrità territoriale dell'Olanda.
Questa prospettiva suscitò la dura reazione della Gran Bretagna, alla quale il governo girondino rispose con una dichiarazione di guerra. Sotto la giuda di William Pitt il Giovane, la Gran Bretagna promosse una coalizione di Stati composta, oltre che da Austria e Prussia, da Spagna, Paesi Bassi, Russia e da tutti gli Stati italiani e tedeschi (I Coalizione).
Nel Marzo del '73 il generale Dumouriez fu costretto ad abbandonare il Belgio e tentò inutilmente di convincere le proprie truppe a marciare contro Parigi, quindi passò al nemico. La crisi era resa ancor più grave dallo scoppio di una rivolta del reclutamento; e per reprimere questa insurrezione sanguinosa, che provocò atrocità da entrambe le parti, fu necessario l'impiego di due intere armate.
Nel frattempo, l'aumento dei prezzi aveva creato un diffuso e grave malcontento tra le masse urbane che chiedevano con forza provvedimenti che scongiurassero la carestia e l'inflazione.
Nella primavera del 1973 la Repubblica sembrava avere i giorni contati.
Così, incalzato dalla pressione popolare e dalle richieste dei giacobini che controllavano ormai gran parte della Convenzione, il governo girondino dovette avallare una serie di riforme in campo economico e militare:

  • fu accelerato il reclutamento di 300.000 uomini;
  • l'iniziativa politica passò ai Montagnardi che istituirono il Comitato di Salute pubblica, una sorta di governo provvisorio che di fatto concentrava in se ogni potere,formato da nove membri (tra cui Robespierre e Danton) scelti dalla Convenzione;
  • si crearono comitati di vigilanza rivoluzionaria e si istituì un tribunale eccezionale;
  • in ambito economico venne emanato il decreto del maximum: stabilì un tetto per i prezzi dei cereali, al fine di frenare la spirale inflazionistica e di risolvere le difficoltà di approvvigionamento delle città, generate dal cattivo raccolto.

Il colpo di Stato giacobino e il regime del Terrore
La reazione dei moderati alle riforme imposte dai Montagnardi fu immediata ma il 2 Giugno del 1973 una folla composta da gran parte da sanculotti(popolani)fece irruzione nell'aula della Convenzione e ottenne l'arresto di 32 capi girondini.
La caduta dei girondini ebbe tuttavia l'effetto di rafforzare l'autorità del Comitato di Salute Pubblica, che reagì avocando a sé poteri dittatoriali per fronteggiare l'emergenza nazionale. Per circa un anno da questo momento, infatti, la giuda della Francia fu nelle loro mani e,grazie ad una mobilitazione di tutte le risorse umane e materiali disponibili, ottennero l'appoggio popolare con un programma di riforme di chiara impronta democratica ma anche esercitando il potere in forma sostanzialmente dispotica:

  • le terre confiscate ai nobili furono ridistribuite tra i contadini in piccoli appezzamenti,
  • lo Stato assunse il controllo della produzione e stabilì pene severissime per l'accaparramento del grano e la speculazione finanziaria;
  • fu varato un più ampio maximum;
  • pesanti tributi furono imposti ai ceti più abbienti;
  • ci fu un arruolamento in massa dei contadini e quindi un'ascesa di ufficiali di estrazione popolare formatisi sul campo di battaglia.
  • Una svolta democratica si ebbe con la nuova Costituzione del 25 Giugno del 1973: abrogava la separazione tra i poteri dello Stato esaltando il ruolo dell'Assemblea legislativa, da eleggere ogni anno a suffragio universale maschile. La Costituzione, assieme alla nuova Dichiarazione dei Diritti che la precedeva, introduceva i diritti alla sussistenza, al lavoro, all'istruzione, e all'insurrezione.
  • Contro le riforme interne il Regime approvò una “legge sui sospetti” che attribuiva amplissimi poteri discrezionali ai tribunali rivoluzionari e allo stesso Comitato di Salute pubblica e per questo furono molte le condanne morte eseguite (Brissot, ex Regina Maria Antonietta, duca Filippo di Orleans).

La borghesia manifestò ben presto, però, il desiderio di tornare alla normalità. Il Comitato di Salute pubblica decise inizialmente di appoggiarsi agli “indulgenti” del fronte moderato, dove spiccavano Danton e Desmoulins, per soffocare le rivendicazioni degli arrabbiati, il quale leader, Roux, si suicidò in carcere. Hebert fu condannato a morte e Demoulins e altri esponenti moderati salirono al patibolo.
La caduta di Robespierre e la Costituzione del 1975

 


L'opposizione antigiacobina
L'eliminazione delle due frazioni che premevano sul gruppo dirigente rivoluzionario non frenò la montante opposizione contro Robespierre e la dittatura giacobina.
→ Nelle campagne i contadini reagivano con crescente ostilità alle requisizioni ordinate dall'autorità centrale.
-->Il fallimento del maximum sui prezzi diffondeva un sentimento di delusione anche tra le masse urbane
→ Il tetto imposto ai salari, anche se applicato solo nelle aziende nazionali suscitava malcontento
→ Il processo inflazionistico erodeva inesorabilmente il valore degli assegnati favorendo il dilagare della borsa nera
→ Le vittorie conseguite dalle armate francesi su tutti i fronti giustificavano inoltre la richiesta di attenuazione delle misure eccezionali della difesa della patria
→ Benché gli eccessi del terrore avessero già eroso il consenso verso i giacobini, la risposta del regime al malessere diffuso si tradusse nell' accentuazione delle misure repressive: una legge approvata il 10 giugno 1794 aprì la fase del Grande terrore. All'interno della convenzione cresceva il contrasto fra i sostenitori di Robespierre e il fronte degli indulgenti. L'autorità di Robespierre veniva sempre più contestata.
Il corpo di stato di termidoro e le sue conseguenze
Il 27 luglio 1794 le forze moderate attuarono un colpo di stato che portò al rovesciamento del governo ormai privo di appoggio popolare. Catturati dopo un' estremo tentativo di resistenza, Robespierre e i suoi partigiani furono arrestati e giustiziati. I giacobini, allontanati da tutte le cariche governative, divennero oggetto di accanita persecuzione e il movimento dei sanculotti, che ne avevano sostenuto l' operato, fu sommerso da un'ondata di terrore bianco. Si parlò di un ritorno al 1789, ventilando persino il ripristino della monarchia costituzionale, i termidoriani non si presentarono comunque come liquidatori della costituzione, ma come stabilizzatori del suo percorso. La convenzione rimase in carica fino alla stesura di una nuova costituzione.
→ Vennero riaperte molte chiese e uscirono di prigione molti dei preti refrattari
→ Lo smantellamento degli apparati e delle misure che regolamentavano l'economia nazionale suscitavano un clima di ottimismo e di libertà negli ambienti imprenditoriali e commerciali.
→ Sul piano del costume esplose una lussuosa mondanità, soprattutto tra i giovani benestanti della capitale.


I tentativi insurrezionali
Il Brusco passaggio da un regime economico all'altro provocò un' allarmante impennata dell' inflazione, aggravata da una ulteriore scarso raccolto che fece lievitare i prezzi dei prodotti alimentari. In tale contesto due tentativi di sollevazione effettuati dai sanculotti parigini furono violentemente repressi. Anche i monarchici organizzarono un moto insurrezionale e arrivarono a controllare quasi tutta la capitale. L' intervento dell' esercito si rivelò determinante per la repressione degli insorti, che vennero dispersi a cannonate per ordine di Napoleone Bonaparte.


La costituzione del 1795
Una nuova costituzione, approvata dalla convenzione nel settembre 1795, riconfermò i principi di libertà economica, inviolabilità della proprietà privata e la separazione dei poteri sanciti dalla costituzione del 1791.
--> Fu ristabilito il criterio del censo per partecipare alle elezioni dei deputati del nuovo Parlamento.
--> Il potere esecutivo fu affidato a un direttorio formato da cinque membri
→ Venne approvato un decreto in base al quale due terzi dei componenti delle nuove camere dovevano essere scelti obbligatoriamente tra i membri della convenzione.
→ Si apportarono modifiche alla dichiarazione dei diritti dell'uomo.
Le consultazioni elettorali sancirono una netta affermazione dei realisti, a testimonianza di quanto, nonostante gli sforzi compiuti dai giacobini, il sentimento monarchico fosse ancora ben radicato nel paese.

Le paci separate
Sul fronte bellico, già negli ultimi mesi del governo giacobino, la situazione si era volta decisamente al meglio. Dopo l'occupazione del Belgio le armate rivoluzionarie erano entrate nei Paesi Bassi, in Catalogna, nella Renania e nel Palatinato. A tali successi aveva contribuito una rivolta scoppiata in Polonia nel marzo del 1794 che costrinse Russia, Austria e Prussia a spostare parte delle truppe dal fronte francese e ad accordarsi per la terza definitiva spartizione dello Stato polacco. La Prussia in particolare era ansiosa di concludere la pace che, nell' aprile 1795, riconobbe alla Francia l'occupazione della riva sinistra del Reno. A luglio anche la Spagna intavolava trattative di pace, ottenendo il ritiro dell'esercito francese dalla Catalogna in cambio della cessione alla Francia dell'isola di Santo Domingo. Gran Bretagna e Austria invece non abbandonarono il conflitto, anche se la firma in ottobre di un armistizio tra Vienna e Parigi portò alla temporanea sospensione di tutte le operazioni militari. Nel frattempo, continuava in molti ambienti intellettuali europei la diffusione dell'ideologia rivoluzionaria.

 

 

L'era napoleonica
Periodizziamo il tempo di Napoleone in tre fasi:
Prima fase: 1796-1799
Nella primavera del 1796 il Direttorio decide di attaccare l’Austria e il Piemonte che mantenevano le ostilità con una manovra a tenaglia dal Belgio e dall’Italia.
Napoleone comanda l’armata d’Italia.
Sconfigge i piemontesi e li costringe all’armistizio di Cherasco 28 aprile 1796. Tra il 5 e il 9 aprile del 1796 l’esercito francese passò la catena alpina. Nel primo combattimento presso Montenotte gli Austriaci furono sgominati, e due giorni dopo presso Millesimo lo furono le truppe Piemontesi. Bonaparte proseguì l’azione e costrinse il Piemonte (il Regno di Sardegna) a stipulare una pace separata, per rimanere di fronte ai soli Austriaci. Questo armistizio fu firmato il 28 aprile 1796; il re del Piemonte cedeva a Napoleone due delle sue migliori fortezze, la Nizza e la Savoia; fu obbligato inoltre a non permettere il passaggio di nessun esercito attraverso il proprio territorio e a non concludere alleanze con nessuno. Dopo nuove vittorie Napoleone respinse gli Austriaci verso il Po. Sottomise Parma e le impose dei tributi anche se essa non combatteva i Francesi. Napoleone si avvicinava a Lodi e avrebbe voluto attraversare l’Adda, ma un reparto di 10000 austriaci difendeva questo passaggio importante. Il 10 maggio ci fu la famosa battaglia di Lodi. Venti cannoni austriaci spazzavano a mitraglia tutto ciò che era sul ponte, ma i granatieri guidati da Bonaparte se ne impossessarono e respinsero gli Austriaci. Bonaparte iniziò l’inseguimento e il 15 maggio entrò a Milano: la Lombardia apparteneva ormai alla Repubblica francese. In giugno un reparto francese occupò Livorno, un altro entrò a Bologna e Bonaparte occupò Modena e infine la Toscana, benché essa fosse neutrale nella guerra franco-austriaca. Bonaparte  entrava nelle città e nei villaggi, requisiva tutto ciò che era necessario al suo esercito e oltre al saccheggio diretto dei soldati s’impadroniva anche di armi e opere d’arte. Subito dopo Napoleone assediò Mantova,ma gli Austriaci riuscirono ad entrarvi e a liberarla. La rovina di parecchie tra le migliori armate austriache, la sconfitta dei più grandi generali, la perdita di tutta l’Italia settentrionale, la diretta minaccia alla capitale austriaca: questi furono i risultati del primo anno della campagna. Dopo nuove sconfitte e la ritirata dell’arciduca, l’imperatore d’Austria Francesco chiese di cominciare le trattative di pace.
Ancor prima dell’inizio delle trattative per l’armistizio, Bonaparte organizzò una spedizione contro Papa Pio VI che continuava ad aiutare gli austriaci. Le truppe papali furono sconfitte, le città si arrendevano e Napoleone s’impadronì di tutti i valori che vi trovava. Pio VI terrorizzato chiese la pace, che venne sottoscritta a Tolentino il 19 febbraio 1797. Il Papa dovette cedere i suoi possedimenti più ricchi e importanti, versare un tributo in oro e consegnare i quadri e le statue migliori e, dopo aver perso tutte le sue migliori terre, si salvò nel Vaticano.
Napoleone si rivolge contro l’Austria e punta a Vienna. Il 18 aprile a Leoben viene firmata la pace che garantisce le conquiste francesi in Italia.
Dopo l’armistizio di Löben del maggio 1797 fu firmata la pace di Campoformio il 17 ottobre 1797 fra Repubblica Francese e Impero Austriaco, dove Venezia servì da compenso all’Austria per le concessioni che essa fece sul Reno. Tutti capivano che la guerra perduta dagli altri generali sul Reno era stata vinta solo da Bonaparte in Italia e che così si era salvato anche il Reno. Nel frattempo Napoleone organizzò la nuova vassalla "Repubblica Cisalpina", nella quale comprese una parte delle terre conquistate(la Lombardia), una seconda parte delle sue conquiste fu annessa direttamente alla Francia e la terza parte infine -come Roma- fu lasciata ancora per un certo tempo nelle mani dei sovrani precedenti, ma di fatto assoggettata alla Francia. Bonaparte organizzò la Repubblica Cisalpina in modo tale che sotto l’apparenza dell’assemblea consultiva, costituita dagli strati agiati della popolazione, tutto il potere fosse nelle mani del commissario mandato da Parigi. In Italia venne diffusa la versione che il popolo italiano scuoteva l’antico giogo delle oppressioni e prendeva le armi per aiutare i francesi liberatori; ma in realtà non era così e soltanto con "rigorosi esempi" Bonaparte poté tenere l’Italia nelle sue mani: egli ordinò ad esempio di massacrare tutta la popolazione di Lugo e di Binasco, di fucilare l’amministrazione del comune di Pavia e di saccheggiare la città e fece infine incendiare i villaggi presso i quali venivano trovati uccisi dei francesi. Si manifestava così la politica di Napoleone: nessuna crudeltà gratuita, ma fiumi di sangue se ciò era politicamente conforme allo scopo. Egli distrusse inoltre ogni traccia di diritti feudali, tolse alle chiese e ai monasteri il diritto di prelevare alcuni tributi e introdusse alcune leggi che avvicinavano la struttura giuridico-sociale dell’Italia a quella francese.
Dopo Campoformio il Direttorio lo richiamò a Parigi, dove lo nominò comandante supremo dell’esercito che doveva operare contro la Gran Bretagna.
Il 7 dicembre 1797 arrivò a Parigi dove fu accolto trionfalmente e si mise subito al lavoro per il progetto della nuova grande guerra.
Nel 1798 N. va in Egitto per colpire gli interessi inglesi, vince sulla terraferma, ma rimane isolato perché la flotta francese viene sconfitta ad Abukir.
Nel frattempo in Francia il Direttorio, dopo il colpo di stato del 18 fruttidoro (1797) corre il rischio di soccombere ai tentativi della destra reazionaria e realista e della chouannerie vandeana.
In Italia le repubbliche vengono abbattute nel 1799.
N. torna in Francia e il 18 brumaio anno VIII (9 novembre 1799) e con un colpo di stato instaura il consolato.
Seconda fase: 1800 - 1806
N. introduce una nuova costituzione.
Il potere esecutivo è nelle mani del Primo console coadiuvato da altri due.
C’è poi un Consiglio di Stato, nominato dai Consoli, in cui si discutono le leggi, un Senato con limitati poteri ed un Tribunato.
1800 N. torna in Italia e la riconquista ai sovrani ed agli Austriaci, la Rep. cisalpina diventa Rep. italiana, e nel 1802 firma la pace di Luneville con l’Austria.
In questo anno diventa console a vita e firma un concordato con il nuovo papa Pio VII. Nel 1802 firma la pace di Amiens con la Gran Bretagna.
L’opera giuridica di N. che riconosce i diritti di eguaglianza, di legalità, di proprietà privata, di laicità dello stato culmina con l’introduzione del Codice civile, del 1804, che regola i rapporti fra i cittadini. Un ruolo importante lo hanno le leggi riguardanti la famiglia; viene riconosciuto il divorzio ma si sancisce la superiorità giuridica dell’uomo sulla donna.
È certamente quanto di più duraturo N. abbia lasciato, basti pensare che il Codice Napoleonico fu la base delle legislazioni che vennero assunte da parecchi Stati nel corso dell’800.
Il 2 dicembre 1804 s’incorona imperatore dei francesi, carica che gli viene riconosciuta con un altro plebiscito, con una cerimonia in Nôtre Dame alla presenza del papa.
Riprendono le ostilità contro la coalizione (Austria, Inghilterra, Russia); il tentativo d’invasione dell’isola è frustrato dalla sconfitta a Trafalgar nell’ottobre del 1805, mentre sul continente N. vince ad Austerliz 82/12/1805.
Si arriva alla pace di Presburgo: il Veneto, l’Istria e la Dalmazia sono cedute al regno d’Italia (ex Rep. cisalpina); il Sacro romano impero decade e si forma la Confederazione del Reno, formata da Stati tedeschi alleati della Francia.
Terza fase: 1806 -1815
N. decreta il blocco continentale contro l’Inghilterra.
Riprendono le ostilità contro la Prussia che viene sconfitta ed occupata. nel 1807 N. s’incontra con lo zar Alessandro I a Tilsit ottenendo il riconoscimento di altre conquiste coma il Regno di Vestfalia che si unisce alla Confederazione.
Negli anni successivi pur ottenendo un’altra vittoria contro l’Austria, sancita dalla pace di Wagram nel 1809 e dal matrimonio con Maria Luisa, figlia dell’imperatore Francesco II, nel 1810, da cui ottenne un figlio, N. inizia il suo declino.
Nel 1808, infatti, aveva conquistato la Spagna e qui ha i primi problemi in quanto deve difendersi da una guerriglia che mette in difficoltà la grande armata. Non solo, è costretto, per mantenere il blocco contro l’Inghilterra, ad intervenire contro la Russia fornitrice di materie prime dell’Inghilterra.
Nel 1812 organizza la campagna di Russia che si conclude con una clamorosa disfatta.
Radunate le forze residue N. si scontra con la coalizione antifrancese a Lipsia nel 1813 e qui viene nuovamente sconfitto.
Costretto ad abdicare ottiene la sovranità dell’Isola d’Elba.
Mentre in Francia sul trono va Luigi XVIII che concede una costituzione, le potenze vincitrici si ritrovano in Congresso a Vienna per decidere il futuro assetto europeo.
Nella primavera del 1815 Napoleone fugge e, tornato in Francia, raduna un esercito e riprende il potere.
Le potenze alleate lo affrontano a Waterloo nel giugno 1815 e qui N. viene definitivamente sconfitto.
Esiliato nelle Azzorre, a Sant’Elena, ivi morì il 5 maggio 1821.

 

IL CONFLITTO TRA IDEALI LIBERTARI E INCLINAZIONI AUTORITARIE NELLA FRANCIA REPUBBLICANA E NELL’ETA’ NAPOLEONICA.

Gli anni che vanno dalla condanna a morte di Luigi XVI all’ascesa politico-militare di Napoleone rappresentano l’epoca in cui viene elaborato il modello politico repubblicano. Dal 1792 al 1802,  anno in cui Napoleone si proclama console a vita,la Francia si trasforma in un attivo laboratorio politico che elabora molte delle caratteristiche dell’età moderna. L’idea di libertà formulata dalla cultura illuminista si realizza in una serie di nuove istituzioni politiche e culturali, che pur con tutte le loro contraddizioni contribuiranno ad un irreversibile mutamento della vita umana in tutti i suoi aspetti. “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” 1789. Solenne proclamazione dell’uguaglianza di tutti gli uomini nei diritti, considerati inalienabili e inviolabili (libertà, uguaglianza di fronte alla legge,  proprietà); sancisce anche la divisione dei poteri e il diritto di concorrere alla creazione delle leggi---re solo il primo funzionario fra pari---idea di sovranità popolare e volontà generale di Rousseau. (smentita dalla successiva Costituzione del 1791 che distinguerà fra cittadini attivi con dritto di voto e cittadini passivi).Questo grande processo messo in atto dalla Rivoluzione francese è il prodotto di una crisi strutturale della società di Antico regime i cui effetti ricadono su molti soggetti sociali che incarnano le differenti anime della rivoluzione. Travolte la monarchia e l’aristocrazia dalla radicalizzazione del processo rivoluzionario, i contadini cessano di essere un soggetto rivoluzionario, una volta ottenuti i loro obiettivi (la piccola proprietà libera da oneri feudali), ed in alcune aree, come la Vandea, diventano controrivoluzionari, anche a causa dei provvedimenti di scristianizzazione, impopolari nelle campagne. Nella borghesia si accentuano le differenze tra moderati(Foglianti, poi Girondini, poi la Pianura) e radicali (Montagnardi-Giacobini-Cordiglieri); la provvisoria vittoria dei secondi, espressa dalla dittatura di Robespierre e del Comitato di salute pubblica, si deve all’alleanza con l’altro soggetto di questa fase, il popolo di Parigi, dalla posizioni sempre più radicali sotto i colpi della crisi economica e della guerra, rappresentato dai sanculotti e dagli “arrabbiati” (Marat, Hebert, Roux): alleanza che porta all’adozione di una politica economica dirigista, contro il liberismo dei girondini.Lo scontro tra interessi contrapposti produce un’involuzione della spinta egualitaria e democratica ,che anima i protagonisti della repubblica giacobina;  il processo rivoluzionario evolve così verso forme di gestione del potere autoritarie e intolleranti che danno origine al periodo del  “Terrore”. - la concentrazione del potere nel Comitato, durante la fase giacobina, che porta alla rivoluzionaria presa di potere di Robespierre, cancella il costituzionalismo liberale, e conduce anzi a una DITTATURA
- la leva di massa per la difesa della rivoluzione e della patria, l'eliminazione della monarchia (e poi del re), l’instaurazione della  repubblica mettono al centro di questa fase lo STATO-NAZIONE
-l’emergenza economica, politica e militare inducono a misure eccezionali che fanno emergere il GOVERNO DIRETTO, ovvero la dilatazione dei poteri e dei campi di intervento del governo: calmiere dei prezzi, controllo degli approvvigionamenti, coscrizione obbligatoria, forti controlli…

Il modello politico teorizzato nella costituzione del 1792,non riesce a trovare un’attuazione pratica: l’acuirsi della conflittualità interna ed esterna determina l’emergere di un nuovo soggetto rivoluzionario, l’esercito ,che, anche grazie alle sue caratteristiche strutturali, assume il compito di realizzare in Francia e all’esterno gli ideali rivoluzionari. La figura di Napoleone, infatti, ben esprime la contraddizione tra gli ideali della rivoluzione e gli strumenti utilizzati per la loro realizzazione. Le caratteristiche personali e la biografia di Napoleone rappresentano indubbiamente una chiave di lettura del suo operato,ma non esauriscono il problema della comprensione della svolta istituzionale che produce un esaurimento del significato delle istituzioni repubblicane attraverso la realizzazione di un dominio personale e accentrato in Francia .
Fuori dai confini nazionali la politica di conquiste napoleoniche assume sempre di più il significato di una svolta di tipo imperialista, che pretende di assoggettare agli interessi francesi il resto d’Europa. Il fallimento del progetto napoleonico mette però in luce gli effetti più significativi e duraturi della sua dominazione:si evidenzia il ruolo di rinnovamento politico-giuridico,la diffusione della cultura illuminista e in ultima analisi degli ideali di libertà e uguaglianza che avevano rappresentato il motore ideale del processo rivoluzionario.

Prima parte :l’elaborazione del modello repubblicano e la deriva autoritaria.
Lo storico A.Sobul ha evidenziato la matrice borghese della rivoluzione; essa ha favorito l’avvio dell’economia capitalista attraverso l’abbattimento del regime feudale e dei vincoli che esso determinava alla libera circolazione delle merci e degli uomini. Questa interpretazione ,come hanno sottolineato molti storici appartenenti a differenti correnti di pensiero, presenta molti limiti.
La classe borghese di cui S. parla è un soggetto sociale molto composito che non può essere totalmente identificato con la borghesia mercantile e finanziaria che ,come sottolinea  lo storico Labrousse,non partecipa direttamente alla rivoluzione.Ma chi sono allora i reali protagonisti di questo evento?.Dallo studio delle vicende storiche appare chiaramente la presenza di almeno tre soggetti rivoluzionari:
a.i contadini, che  Labrousse rappresenta stremati dalle cicliche crisi economiche e climatiche che imperversano negli anni immediatamente precedenti l’89.
b.i ceti privilegiati che svolgono un ruolo significativo nelle assemblee provinciali,che incarnano la persistente frantumazione amministrativa della Monarchia(nonostante gli indubbi risultati dell’opera di centralizzazione di Luigi XIV).
c.il popolo di Parigi da cui scaturirà il movimento sanculotto.
La descrizione della società francese ,effettuata nell’omonimo testo dallo storico Cobban evidenzia la difficoltà di definire in modo univoco i diversi ceti sociali. Ciò che appare chiaramente è che inizialmente i protagonisti della rivoluzione sono  gli “officiers” cioè gli appartenenti alla classe dei liberi professionisti e degli intellettuali. All’interno di questo composito gruppo sociale vengono elaborate le posizioni politiche dei giacobini che grazie al loro radicalismo trovano un immediato sostegno nel movimento urbano dei sanculotti. La Convenzione nazionale del 20 settembre del 1792,vede l’emergere di tre raggruppamenti politici:Pianura, posizioni moderate, girondini rappresentanti degli ideali illuministi e delle dottrine economiche fisiocratiche,radicati maggiormente nelle province e nel ceto della borghesia rurale; e giacobini  che reclutavono  gli aderenti nella media e piccola borghesi  urbana. Le posizioni moderate inizialmente prevalgono,ma le sconfitte militari e l’acuirsi della crisi economica determinano la sconfitta dei girondini . L’ascesa dei giacobini coincide con il consolidamento del legame  con il movimento sanculotto.La Convenzione elabora una nuova costituzione  varata nel 1793. In essa sono riassunti gli ideali democratici e libertari della rivoluzione. L’articolo 4  afferma che la Legge è espressione della volontà generale,altri articoli sanciscono un uguale diritto agli incarichi pubblici e attribuiscono all’istruzione un ruolo fondamentale per la realizzazione dell’eguaglianza. Il popolo ha il diritto di ribellarsi ad un governo che ne viola i diritti.la resistenza all’oppressione è la conseguenza degli altri diritti(art.33). Questa Costituzione però resta sulla carta, il Comitato di salute pubblica assume tutte le funzioni governative; le sconfitte militari,le rivolte rurali,la crisi economica producono un involuzione sempre più autoritaria. Il Comitato istituisce un governo dittatoriale e tra i suoi componenti Robespierre assume il ruolo preminente.Egli è convinto dell’importanza della partecipazione popolare come componente essenziale della Rivoluzione,è infatti seguace delle idee di Rousseau, auspica una società composta da “uomini virtuosi”. E’ però convinto che “la virtù sia sempre stata minoritaria sulla terra”.Per questo pensa di poterla imporre anche con metodi autoritari. Il tribunale dei sospetti diviene uno strumento di epurazione sociale e il modello di educazione forzata del genere umano,poi drammaticamente seguito da molte altre rivoluzioni nel XX secolo,finisce per oscurare i meriti delle scelte economiche e culturali del periodo giacobino.Il calmiere dei prezzi,che viene incontro alla miseria delle masse,la leva di massa che risolleva le sorti della guerra non sono sufficienti a compensare una strategia politica fondata sull’uso indiscriminato della persecuzione politica e dell’eliminazione fisica di ogni opposizione di destra e di sinistra. La Costituzione aveva decretato il diritto di tutti alla partecipazione alla vita politica,la dittatura giacobina aveva prodotto un mostro che divorava le sue stesse membra.
La transizione del Termidoro e il ruolo dell’esercito.
La restaurazione moderata del termidoro nell’estate del 1794,rappresenta la ripresa del modello repubblicano. Una nuova ondata di epurazione si abbatte sugli esponenti di rilievo del movimento giacobino. I moderati prevalgono anche perchè le misure economiche adottate dai giacobini non sono sufficienti a risolvere la crisi economica.. La borghesia dei commerci e delle finanze vuole ripristinare la libertà di mercato e il diritto alla proprietà. Il peggioramento delle condizioni di vita produce nuovi tumulti ma il movimento sanculotto è definitivamente represso. La politica del Direttorio non può comunque eliminare i conflitti socio-economici . Monarchici e giacobini recuperano consensi e vengono tacitati con continui colpi di stato sino al 1798. E’ in questa fase di profondo stallo politico che l’esercito assume un ruolo sempre più rilevante e, al suo interno il generale Napoleone Bonaparte.

Seconda parte: la complessa figura di Napoleone.
Se all’inizio Napoleone sembra essere l’unico in grado di salvare la rivoluzione dall’offensiva della coalizione antifrancese,in seguito la sua ascesa politica  coincide con il superamento della fase repubblicana.  La critica storica esprime giudizi contrapposti sull’operato di Napoleone.Lo storico Tarle individua nell’ascesa di Napoleone la vittoria della grande borghesia urbana che vuole escludere il proletariato artigiano e le masse plebee dalla vita politica. I contadini piccoli proprietari appoggeranno la politica imperiale di Napoleone non con un intento rivoluzionario bensì conservatore. Napoleone garantisce la sopravvivenza dei loro piccoli possedimenti all’interno di un ordine sostanzialmente tradizionale. Nonostante ciò Napoleone utilizza le condizioni create dalla rivoluzione per edificare un modello di stato funzionale all’ascesa della classe borghese e in questo senso si può dire che realizzi il compito fondamentale della rivoluzione: il superamento dell’antico regime. La laicizzazione dello stato,l’importanza attribuita alla formazione della classe dirigente, attraverso la fondazione dell’école politecnique,la razionalizzazione della macchina amministrativa attraverso la creazione dei dipartimenti,la centralizzazione burocratica garantita dal ruolo dei prefetti,l’uniformità giuridica perseguita attraverso la realizzazione del codice civile,sono conquiste durature che non possono essere offuscate dal nepotismo del suo governo o dalla sfrenata ambizione con cui perseguì il sogno di trasformare l’Europa in un mosaico di regni satelliti. Lo storico Zarle analizza con molta accuratezza la figura di Napoleone: l’immagine che emerge è quella del mediatore forse inconsapevole tra le innovazioni introdotte dalla rivoluzione e il recupero di alcune componenti dell’antico regime. L’impero napoleonico crea un nuovo ceto di notabili e favorisce la proprietà fondiaria aristocratica e ecclesiastica,contrasta la formazione della piccola proprietà contadina.La questione sociale non viene affrontata. Napoleone però ha l’indubbio merito di aver superato la condizione di anarchia in cui versava la Francia dopo il fallimento della repubblica giacobina,con la dittatura di Robespierre e con i successivi colpi di stato del termidoro; libertà politica e democrazia erano già sconfitte.Napoleone dà alla Francia, come sottolinea C.Zagh “strutture moderne,istituti,leggi,strumenti di governo…….che da secoli fanno parte del suo tessuto culturale e sociale”.
La rivoluzione francese come forse tutte le altre grandi rivoluzioni del XX secolo hanno prodotto un’accelerazione nel  flusso degli eventi storici e le energie e i soggetti coinvolti non possono essere agevolmente racchiusi in rigide definizioni.Gli effetti che i cambiamenti rivoluzionari hanno prodotto si misurano nei tempi lunghi della storia che non può stemperare il dolore e la sofferenza patita da intere generazioni ma che deve essere in grado di cogliere la complessità della vicenda umana, dove inevitabilmente grandi conquiste in termini di giustizia ,libertà e  benessere si mescolano a violenza ,arbitrio e oppressione.La riflessione sulle vicende passate pur non eliminando questa dura necessità, può aiutarci a trovare vie sempre più pacifiche per risolvere i conflitti e per far crescere la libertà, l’uguaglianza e la democrazia.

 

Autrici :
Linda Iori
Bettina Adamo
Anna Zanichelli
Francesca Ferrari
Martina Scalabrini
Silvia Franceschini
4gbcA

 

Fonte: http://www.pascal.re.it/Documents/SpazioStudenti/materialeDidattico/grafico%20beni%20culturali//Castiglioni%20Barbara-4GbcA-Dispensa%20FranciaNapoleone.doc

 

 

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