Storia italiana riassunto

 


 

Storia italiana riassunto

 

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Storia italiana riassunto

Capitolo 29

Dopo la prima guerra d’indipendenza e l’abdicazione di Carlo Alberto in favore di Vittorio Emanuele II, fu attuata una repressione durissima in tutta Italia: nel Lombardo-Veneto dagli austriaci, nel regno delle Due Sicilie da Ferdinando II di Borbone, in Toscana da Leopoldo II e nello Stato pontificio dal papa Pio IX; questo è l’inizio del decennio di preparazione (1849-1859). Solo nel regno di Sardegna rimase la Costituzione e Vittorio Emanuele II diede la carica di presidente del consiglio a Massimo d’Azeglio, un liberale moderato. D’Azeglio firmò il trattato di pace con l’Austria a Milano nel 1849, stabilendo che il Piemonte avrebbe dovuto pagare un’indennità di guerra; dopodiché approvò le leggi Siccardi per l’abolizione dei privilegi medioevali riconosciuti alla Chiesa. Nel 1850 entrò nel ministero d’Azeglio Camillo Benso conte di Cavour: nacque a Torino nel 1810, laureato in agraria, viaggiò molto in nord Europa e iniziò la sua carriera come ministro dell’agricoltura e poi delle finanze. Cavour apparteneva ai moderati di destra (centro-destra) e strinse un patto di alleanza con Rattazzi (centro-sinistra) per formare un partito di centro. Vittorio Emanuele II lo incaricò di formare un nuovo ministero (1852). Cavour divenne presidente del Consiglio e attuò una politica interna basata sulla nascita di uno Stato costituzionale moderno; l’agricoltura venne modernizzata e fu avviata un’opera di canalizzazione, si crearono nuove fabbriche e vennero potenziate quelle già esistenti nel settore tessile, il commercio aumentò grazie a basse tariffe doganali e allo sviluppo del porto di Genova. Per quanto riguarda la politica economica, Cavour aumentò le imposte dirette, potenziò le banche con l’istituzione di una Banca nazionale per la concessione di prestiti a interessi bassi, infine ampliò la rete ferroviaria e potenziò quella stradale. A causa delle leggi Siccardi, si diffuse l’anticlericalismo e i rapporti tra Stato e Chiesa vennero meno; con la legge dei conventi del 1855, Rattazzi e Cavour avviarono l’esproprio dei beni del clero per risanare l’erario. Per quanto riguarda la politica estera, Cavour vide nella Francia di Luigi Napoleone Bonaparte un potenziale alleato. Luigi divenne presidente della seconda repubblica francese nel 1848, la quale durò fino al 1851, quando Luigi fece un colpo di Stato e il 2 dicembre 1852 si proclamò imperatore Napoleone III, dando così vita al secondo impero. Dal 1853 fino al 1858 Cavour attuò un lento lavoro diplomatico per formare l’alleanza (il tessitore). Nel 1853 la Russia voleva conquistare la Turchia, ma la Francia e l’Inghilterra intuirono il rischio di un’espansione della Russia nel Mediterraneo e inviarono delle truppe nella penisola di Crimea. L’Austria non partecipò in quanto era in debito coi russi per l’aiuto ricevuto nel 1848 nella repressione della rivolta ungherese. Cavour non si fece scappare l’occasione e nel 1855 organizzò una spedizione di bersaglieri; così la guerra si concluse con la sconfitta dei russi. Durante la guerra di Crimea, nacquero i primi cori delle crocerossine (Florence Nightingale). Intanto Cavour inviò in missione la cugina Contessa di Castiglione a Parigi, per conquistare Napoleone III; per un anno fu l’amante dell’imperatore. Il Piemonte così guadagnò il diritto di partecipare al congresso di pace a Parigi nel 1856 e Cavour ne approfittò per parlare della questione italiana. In Italia si diffuse l’idea monarchica e nacque la Società Nazionale Italiana, un’organizzazione a cui aderì anche Garibaldi; Cavour la finanziò in modo da contrastare il partito mazziniano favorevole alla repubblica. Nel 1858 Napoleone III e Cavour si incontrarono a Plombières e strinsero un’alleanza militare segreta contro l’Austria: secondo il trattato, la Francia sarebbe intervenuta a fianco del Piemonte solo in caso di aggressione da parte dell’Austria e in cambio il Piemonte avrebbe dovuto cedere a Napoleone Nizza e Savoia.

Capitolo 30

Cavour mobilitò l’esercito e incaricò Garibaldi, rientrato nel 1858 dall’America, di organizzare un corpo di volontari, i Cacciatori delle Alpi, e provocare gli Austriaci ponendosi sulle sponde del Ticino. A capodanno Vittorio Emanuele II chiuse i rapporti con l’ambasciatore d’Austria dopo aver fatto un discorso. L’Austria mandò un ultimatum, che venne respinto, e così il 23 aprile 1859 scoppiò la seconda guerra d’indipendenza. I franco-piemontesi ottennero una vittoria schiacciante a Magenta e la Lombardia fu liberata; l’imperatore Francesco Giuseppe marciò verso Milano, ma venne sconfitto tra Solferino e San Martino. D’un tratto Napoleone III firmò l’armistizio di Villafranca (Verona) con l’Austria, facendo cessare le ostilità. Cavour si dimise e l’Austria aveva ancora il Veneto, ma dovette cedere la Lombardia a Napoleone, che a sua volta la diede a Vittorio Emanuele II. Le cause del tradimento di Napoleone furono: i numerosi morti, l’opinione pubblica francese e perché capì che era una guerra di espansione del Piemonte. Nel 1860 Vittorio Emanuele II richiamò Cavour al governo; nacque un fenomeno spontaneo e popolare, tramite un plebiscito, e la Liguria, l’Emilia e la Toscana furono annesse al Piemonte. Intanto la Sicilia era ancora sotto il dominio borbonico, ma i patrioti locali volevano unirsi all’Italia settentrionale. A Palermo ci fu un tentativo di insurrezione, che fu però soppresso. Garibaldi e il suo braccio destro Nino Bixio salparono da Quarto con due navi della compagnia Rubattino, insieme a 1000 altri uomini; indossano la camicia rossa, simbolo della ribellione. Cavour fu contrario alla spedizione, in quanto pensava che potesse riportare a delle idee rivoluzionarie, ma alla fine diede il proprio consenso a Garibaldi, facendo finta di non sapere nulla con Napoleone III. Si fermarono in Toscana per fare rifornimenti, dopodiché raggiunsero Marsala; tre giorni dopo da Salemi Garibaldi lanciò un proclama alla popolazione, dichiarando di assumere la dittatura in nome di Vittorio Emanuele II; i garibaldini ottennero la prima vittoria a Calatafimi, scatenando l’insurrezione di tutta l’isola. Garibaldi conquistò Palermo, insediando un governo provvisorio con a capo Francesco Crispi, e successivamente vinse a Milazzo, superò lo stretto e raggiunse la Calabria; si impadronì di Reggio, poi di Napoli, continuando a marciare verso Roma. Garibaldi venne fermato da Vittorio Emanuele II a Teano, il quale si fece consegnare tutte le terre conquistare durante la spedizione. Garibaldi si ritirò a Caprera, in quanto Nizza apparteneva ai francesi, mentre Vittorio Emanuele II proclamò l’unità d’Italia il 17 marzo 1861, con l’annessione del regno delle Due Sicilie, l’Umbria e le Marche; rimanevano così fuori Roma e Venezia. Torino divenne la capitale. Poco dopo l’unità, Cavour muore improvvisamente.

Capitolo 32

L’Italia era stata unificata, ma solo territorialmente: “L’Italia è fatta, ora bisogna fare gli Italiani” disse d’Azeglio, in quanto era consapevole del profondo distacco tra il Nord e il Sud. Si costituì uno Stato accentrato diviso in 59 province; si avviò il processo della piemontesizzazione, cioè l’estensione delle leggi piemontesi a tutta l’Italia. I principali problemi dell’Italia unita erano: l’analfabetismo, in quanto il 97% della popolazione era stata lasciata appositamente nella totale ignoranza; la mancanza di infrastrutture, soprattutto al Sud; l’arretratezza dell’agricoltura e dell’industria; l’emergenza sanitaria, causata dalla presenza di malattie come la malaria o il colera e di abitazioni misere; l’aumentare del disavanzo pubblico; la mancanza di un esercito omogeneo, a causa del problema della lingua. Per risolvere questi problemi, vennero applicate numerose leggi: la tassa sul macinato (grano); la leva obbligatoria; la legge Coppino-Casati, che stabilì l’istruzione elementare obbligatoria e gratuita per i primi due anni. Al Sud però i contadini non riescono a mandare i figli né a scuola né nell’esercito perché non hanno abbastanza denaro, così come forma di protesta si ritirarono sulle montagne, dando vita al brigantaggio. I piemontesi reagirono a questo fenomeno catturandoli e uccidendoli. La politica interna era divisa in Destra e Sinistra: la Destra era formata da moderati (seguaci di Cavour), appartenenti all’aristocrazia e all’alta borghesia, che volevano risanare il bilancio dello Stato anche a costo di sacrifici da parte della popolazione; la Sinistra era formata da progressisti (seguaci di Mazzini e Garibaldi), appartenenti alla piccola borghesia e al popolo, che volevano ottenere l’unità territoriale con la partecipazione popolare. La Destra, chiamata Storica, rimase al potere dal 1861 al 1876, durante il quale si impegnò a pareggiare il bilancio dello Stato, applicando la tassa sul macinato nel 1868, destinata a colpire le classi povere. Iniziò lo sviluppo dell’agricoltura, furono fondate delle scuole agrarie, vennero realizzate delle opere pubbliche e si crearono le prime infrastrutture; ma la Destra non riuscì ad impedire la stagnazione dell’industria. Il commercio riuscì a migliorare grazie a gli investimenti stranieri e a trattati internazionali.

Capitolo 33

L’obiettivo principale della politica esterna della Destra Storica era il completamente dell’unità d’Italia, quindi conquistare Roma e il Veneto. Roma era stata proclamata dal Parlamento futura capitale d’Italia e Napoleone presidiò Roma in modo tale da prevenire l’indipendenza. Nel 1861 salì al governo Ricasoli, il quale estese le leggi piemontesi a tutta l’Italia e iniziò la lotta contro il brigantaggio. Nel 1862 si dimise e salì il ministro Rattazzi, il quale incoraggiò una spedizione di garibaldini verso Roma, ma poi su pressione francese mandò l’esercito a fermarli. Durante la battaglia dell’Aspromonte, Garibaldi rimase ferito ad una gamba e venne imprigionato e Rattazzi fu costretto a dimettersi. Nel 1864 il nuovo presidente del Consiglio Minghetti firmò con Napoleone III la Convenzione di settembre, tramite il quale Napoleone prometteva di ritirare le sue truppe da Roma entro due anni se gli italiani non avessero più provato ad invadere lo Stato pontificio. La convenzione fu mal interpretata e il re mandò al governo La Marmora, che nel 1865 trasferì la capitale da Torino a Firenze. Intanto la Prussia, guidata dal cancelliere Bismark, iniziò a formare un esercito in grado di sconfiggere l’Austria, così da unificarsi con la Germania. Bismark si assicurò l’alleanza dell’Italia firmando un trattato italo-prussiano nel 1866, che prevedeva in caso di vittoria la cessione del Veneto all’Italia. Con a capo La Marmora e Cialdini e la flotta comandata da Persano, gli italiani vengono sconfitti a Custoza (a terra) e Lissa (in mare); Bismark vinse a Sadowa e firmò un armistizio con l’Austria e l’Italia fu costretta a sottoscrivere la tregua di Cormons. Il re ordinò a Garibaldi di fermare la sua avanzata verso Trento (perché i prussiani erano nostri alleati) e lui obbedì; il Trentino e il Friuli vengono definite terre irridente, cioè non liberate. La Prussia firmò con l’Austria la pace di Praga, così i prussiani assunsero la guida della Confederazione germanica, mentre l’Austria si unì all’Ungheria nell’impero austro-ungarico, composto da due Stati le cui capitali erano Vienna e Budapest. L’Italia firmò la pace di Vienna, ricevendo da Napoleone III il Veneto. Nel 1867 Rattazzi tornò al governo e fece arrestare Garibaldi, ma le sue truppe erano già avviate verso Roma; i francesi li fermarono a Villa Glori. Garibaldi tornò in Toscana e successivamente riprovò un altro assalto, ma fu fermata a Mentana dai francesi, equipaggiati con fucili automatici. Quando al governo salirono Lanza e il ministro delle Finanze Quintino Sella, si provò a risanare il disavanzo pubblico e a riallacciare i rapporti con la Chiesa. La questione romana si riaprì nel 1870, quando il conflitto franco-prussiano si accese e Napoleone fu costretto a concentrare le sue truppe in Francia; così l’Italia aveva l’occasione di invadere lo Stato pontificio. Il 20 settembre 1870 i bersaglieri entrarono a Roma attraverso la breccia di Porta Pia; tramite un plebiscito, Roma fu annessa al regno d’Italia. Il governo Lanza-Sella fece approvare nel 1871 la legge delle guarentigie, che garantiva al papato il Vaticano e la piena libertà di azione. Pio IX si ritenne prigioniero del Vaticano e interruppe i rapporti coi Savoia, che riprese solo nel 1929 coi Patti Lateranensi. La capitale fu spostata a Roma e il governo riuscì ad ottenere il pareggio del bilancio; nel 1876 la Destra si esaurì e il re incaricò la Sinistra di formare un nuovo ministero: venne eletto il lombardo Depretis.

Capitolo 35

L’Inghilterra era uno stato parlamentare con a capo la regina Vittoria (età vittoriana); viveva in una situazione di ricchezza e prosperità grazie al grande sviluppo industriale ed economico e alle numerose colonie. In Russia lo zar Alessandro II adottò molte riforme innovative, tra le quali l’abolizione della servitù della gleba nel 1861.

Capitolo 36

In Prussia, secondo il re Guglielmo I e il primo ministro Bismark, l’unità tedesca doveva avvenire sotto l’egemonia prussiana, e così fu. La vittoria della Prussia preoccupò i Francesi e Bismark non si fece scappare l’occasione di mettere fuori gioco Napoleone III: nel 1870 l’esercito tedesco uscì vittorioso dalla battaglia di Sedan. In Francia cadde l’impero e si formò la terza repubblica; nel 1871 con l’armistizio di Versailles la Francia cedette l’Alsazia e la Lorena alla Prussia; il popolo parigino fece una rivolta e creò un governo rivoluzionario e democratico, la Comune. Intanto nasceva l’impero germanico. La Francia fu scossa dal caso Dreyfus: l’ingiusta condanna per tradimento del capitano ebraico Dreyfus; questo fu il prologo dello sciovinismo e dell’antisemitismo. Inoltre la perdita dell’Alsazia e della Lorena portarono la Francia a dichiarare vendetta durante la prima guerra mondiale (Revanscismo).

Capitolo 37

Gli Stati Uniti avevano avviato un’espansione verso l’ovest e si erano ampliati. In quel periodo vi era una guerra civile tra gli stati industrializzati del nord e quelli agricoli del sud, che sfruttavano gli schiavi per lavorare nelle piantagioni. Nel 1860 salì alla presidenza Abramo Lincoln e si dichiarò favorevole all’abolizione della schiavitù; così gli stati del sud si staccarono da quelli del nord e aprirono una guerra di secessione. Nel 1865 vinse il nord e si riformò l’unità. Dal 1860 si avviò anche la guerra contro gli Indiani, utilizzando le armi e l’alcol. Tra i personaggi più importanti ci sono il generale Custer, ucciso in battaglia da Toro Seduto, e Buffalo Bill, il leggendario cacciatori di bisonti.

Capitolo 38.1

Uno dei principali obiettivi della Sinistra era la riforma elettorale, in quanto la maggior parte della popolazione era esclusa dal voto; inoltre la Sinistra mirava alla riduzione dei tributi e dell’analfabetismo, tramite una riforma scolastica. L’arretratezza del Meridione si basava su un’agricoltura non sviluppata, la miseria e le malattie. Depretis avviò una politica di trasformismo: costituì un governo formato non solo da piemontesi ma da persone di ogni regione e fece un connubio con i deputati della Destra, così da creare una maggioranza. Tra il 1880 e il 1884 venne abolita la tassa sul macinato, ma non servì a nulla; anche la riforma elettorale continuava ad escludere dall’elettorato le donne e il proletariato. Con la legge Coppino del 1877, si ripropose l’obbligo e la gratuità dell’istruzione; nel 1883 fu costituita la Cassa nazionale, per assistere le vittime degli incidenti sul lavoro. La politica economica si basò sul protezionismo, applicando le prime tariffe doganali. La crisi economica portò a molte rivolte ed aumentò le emigrazioni. Verso la fine del secolo, il Nord avviò un processo di industrializzazione nel triangolo Milano, Torino e Genova; nacquero molte industrie tessili e complessi come l’Ansaldo a Genova (navi), la Fiat a Torino, la Brera e la Pirelli a Milano.

Nella seconda metà dell’Ottocento l’economia mondiale subisce una trasformazione chiamata seconda rivoluzione industriale (tecnologia, banche, infrastrutture, petrolio, elettricità, metalli, macchinari ecc.); il capitalismo si espande (monopoli/trust), nascono associazioni in difesa dei diritti del proletariato industriale (partito socialista e cattolico) e si creano nuove colonie per lo sfruttamento dei paesi occupati (Africa e Asia occupate da Inghilterra, Francia, Belgio, Germania, Stati Uniti e Giappone). L’Inghilterra è ancora lo stato più potente d’Europa: è uno stato parlamentare e vede il suo massimo splendore sotto il regno della regina Vittoria, la quale rafforza l’impero coloniale e il primato industriale; la Prussia, guidata dal cancelliere Bismarck e dal re Guglielmo I, riesce ad unificare la Germania sotto il Secondo impero (Reich); la Francia vede il tramonto della monarchia: dopo essere stata sconfitta dalla Prussia nel 1870, viene instaurata la repubblica (la Comune); gli Stati Uniti, dopo la guerra di secessione (tra gli stati industrializzati del nord e quelli agricoli del sud nel 1861-65), ampliano i propri territori verso il Far West e sud; in Russia lo zar Alessandro II abolisce la servitù della gleba e intanto cerca di entrare in Europa conquistando i Balcani, senza riuscirci. L’Italia porta a compimento l’unificazione (tranne Trentino e Friuli), ma vive una crisi sociale ed economica. La Destra conserva il potere dal 1861 al 1876 e grazie ad essa si raggiunge il pareggio del bilancio, il completamento dell’unificazione, una separazione tra Stato e Chiesa (legge delle guarentigie, il papa sovrano del vaticano, intoccabile) e la stagnazione economica; la Sinistra sale al potere nel 1876 con Depretis, che attua una politica di trasformismo politico (connubio) e avvia anche una timida politica di espansione coloniale, con l’obiettivo di conquistare le coste dell’Eritrea nel Mar Rosso. Nel 1887 Depretis muore e sale Crispi, che invia rinforzi in Africa orientale e firma il trattato di Uccialli. La spedizione in Eritrea viene bloccata con le sconfitte di Dogali ed Adua.

Alla fine del 1800 l’Europa si riprende dalla lunga depressione economica e sente la necessità di iniziare una politica di colonialismo, in quanto la domanda di prodotti aumentava e quindi anche delle materie prime. Con la Conferenza internazione per gli affari africani, inaugurata a Berlino nel 1884, i maggiori Stati Europei (Inghilterra, Francia, Russia, Germania) e gli Stati Uniti si mettono d’accordo su come spartirsi l’Africa. Nei primi anni del 900 l’Africa è sotto la dominazione europea, soprattutto dell’Inghilterra e della Francia, seguite da Germania e Portogallo. Il nord-ovest (Algeria, Marocco, Guinea, Tunisia) e il Madagascar appartengono alla Francia; la Nigeria, l’Egitto, l’Uganda e il sud sono dell’Inghilterra; il Camerun, il sud-ovest e l’est sono della Germania; l’Angola e il Mozambico del Portogallo; l’Italia conquista l’Eritrea, la Somalia e successivamente la Libia; l’Inghilterra ha il controllo anche dell’India.

Belle époque è il termine assegnato al periodo storico, culturale ed artistico che va dal 1885 al 1915, caratterizzato da grandi innovazioni, un miglioramento sociale e la fiducia in un progresso materiale. Le innovazioni tecnologiche sono: i servizi igienici (con docce, gabinetti, lavabo e acqua corrente), industrie dell’acciaio (che permisero di costruire la Torre Eiffel), industrie chimiche e alimentari (che permisero di realizzare cibi in scatola e latte in polvere), l’impiego della lampadina elettrica, l’introduzione dell’ascensore elettrico, i primi riscaldamenti centralizzati, la cinematografia (fratelli Lumière), il grammofono, la radio, nuovi medicinali (aspirina e metodi contraccettivi). Inoltre prende piede anche lo sport, simbolo di ottimismo: si diffonde il calcio, il ciclismo e l’automobilismo. Si ha anche il fenomeno della massificazione in cui i singoli tendono a scomparire rispetto al gruppo ed emerge la pubblicità. Nei cabaret (soprattutto nel Moulin Rouge) nasce il ballo Cancan, ritenuto peccaminoso. Nello stesso periodo nasce anche la crisi della famiglia, con atteggiamenti trasgressivi (bohemiens), e la crisi della ragione con Freud e Nietzsche: Freud spiega la non-scienza, cioè la psicanalisi, attraverso la quale cerca di far emergere l’inconscio dell’individuo per spiegare tutte le contraddizioni e i disagi dell’individuo; il filosofo Nietzsche distrugge i valori borghesi tradizionali ed esalta la volontà di potenza con il concetto del superuomo (Ubermensch). Nascono i primi concetti di nazionalismo (la propria nazione sopra le altre) e le prime forme di xenofobia (paura dello straniero). Nascono quindi il panitalianesimo, pangermanesimo, panslavismo e sionismo.

In Italia dopo il breve governo di Zanardelli, sale al governo Giolitti nel 1903; dopo lo scandalo della banca romana, rimane al governo per un decennio (età giolittiana). In ambito sociale, Giolitti concede il diritto di sciopero (ammesso dal codice Zanardelli nel 1889), garantisce la neutralità dello stato nel rapporto tra lavoratori e datori di lavoro, difende i salari delle fasce più deboli (anziani, infortunati e invalidi), tutela il lavoro delle donne e dei bambini, mette l’obbligo dell’istruzione elementare fino a 12 anni, attua l’indennità parlamentare (compenso a tutti i deputati) e interviene in ambito igienico-sanitario (distribuzione gratuita del chinino contro la malaria). Grazie alla sua amministrazione del bilancio statale, il valore della moneta italiana si incrementa e agevola il risparmio, così da finanziaria l’attività industriale. Incrementa anche le opere pubbliche e istituisce il monopolio statale nel settore delle assicurazioni sulla vita (prima gestite da privati). Diffuse il chinino, farmaco che permetteva di guarire dalla malaria. Nel 1893 nasce il PSI (Partito Socialista Italiano). Nel 1900 Gaetano Bresci, anarchico italiano, uccide Umberto I. Nel 1906 avviene l’eruzione del Vesuvio mentre nel 1907, a causa di un terremoto, Messina viene distrutta. Nel 1906 sorse la CGL (confederazione generale del lavoro), che servivano per rappresentare gli interessi dei lavoratori di fronte alle controparti private, alla pubblica amministrazione e ai partiti. Guglielmo Oberdan fu un trentino che tentò di uccidere l’imperatore tedesco. Comunque alcuni problemi rimangono irrisolti, come l’analfabetismo, tubercolosi, miseria ed emigrazione (soprattutto nell’America del nord).

Per quanto riguarda la politica interna, l’iniziativa più importante di Giolitti è l’ampliamento del diritto di voto (1912) che viene esteso a tutti i cittadini di sesso maschile di oltre 21 anni (di oltre 30 anni se analfabeti). Giolitti cerca un accordo con il Partito socialista (nato nel 1892 a Genova grazie a Turati) che però non avviene a causa dell’ala rivoluzionaria socialista; poi capisce di doversi avvicinare anche alla Chiesa cattolica: nel 1913 firma il patto Gentiloni, con il quale i cattolici avrebbero sostenuto alle elezioni i deputati liberali di Giolitti, ma in cambio si doveva abbandonare la politica anticlericale. Murri e Sturzo sono gli artefici della Democrazia cristiana e vogliono una conciliazione tra democrazia e religione; Murri viene scomunicato nel 1909 perché i cattolici non volevano partecipare alla vita politica. La politica di Giolitti è stata contestata, in quanto corrompe i politici; il meridionale Salvemini lo chiama “ministro della malavita”.

Per quanto riguarda la politica estera, Giolitti considera la Triplice Alleanza (De Pretis con Austria e Germania) un patto puramente difensivo e quindi cerca di riallacciare i rapporti con la Francia e l’Inghilterra per conquistare nuove colonie: i sostenitori di un nuovo intervento in Africa facevano parte del movimento politico chiamato nazionalismo, nato grazie a Corradini. Il 29 settembre l’Italia dichiara guerra alla Turchia per conquistare la Libia; un corpo di spedizione sbarca a Tripoli ed occupa le coste, dopodiché inizia la conquista dell’interno. Nel 1912 la Turchia è costretta a firmare la pace di Losanna, con la quale concede i territori della Libia all’Italia. Dopo la guerra, il Partito socialista si divide tra riformisti, favorevoli al conflitto, e pacifisti, avversi alla guerra. Nel 1914 Giolitti si dimette perché non ha più la maggioranza e sale al governo Salandra.

Le cause della prima guerra mondiale sono: la politica aggressiva della Germania; contrasto franco-tedesco per la riconquista di Alsazia e Lorena (revanche) e per le guerre marocchine; contrasto austro-russo per il controllo dei Balcani; irredentismo. La Germania minacciava il controllo marittimo mantenuto da anni dall’Inghilterra, la quale si era avvicinata prima alla Francia e poi alla Russia (Triplice Intesa 1907). Il 28 giugno del 1914 a Sarajevo (capitale Bosnia, sotto Austria) Francesco Ferdinando (ultimo erede Asburgo) e la moglie Sofia vengono uccisi da un serbo. Il 23 luglio l’Austria manda un ultimatum alla Serbia con condizioni durissime (dovevano denunciare l’attentatore e dichiararsi estranei); 5 giorni dopo l’Austria dichiara guerra alla Serbia e così scattano le alleanze. La Germania si affianca all’Austria, mentre alla Serbia si affiancano la Russia (prende la scusa che sono anche loro di origine serba, ma in realtà gli interessa il Mediterraneo), la Francia (perché vuole vendetta contro Austria) e successivamente l’Inghilterra (per difendersi dalla Germania). L’Italia rimane neutrale ed è divisa tra neutralisti e interventisti. Tra i neutralisti troviamo Giolitti (dice che l’Italia non è pronta per una guerra), i cattolici e i socialisti. Tra gli interventisti ci sono: i nazionalisti (Corradini), i futuristi e gli irredentisti; c’erano anche d’Annunzio (considerato vate, esiliato in Francia, torna e incita il popolo a partecipare alla guerra) e Mussolini (passa da Sinistra a Destra, redattore del “popolo d’Italia”). Nel maggio 1915 l’Italia entra in guerra con l’Intesa e non con l’Alleanza: questo perché rivoleva i territori irridenti (4° guerra d’indipendenza). La Germania è convinta di fare una guerra lampo (mette in mostra le armi belliche); deve passare per il Belgio (neutrale) per attaccare l’esercito francese. La Francia organizza una valida difesa sulla Marna, dando vita a una guerra di posizione (d’usura/trincea).

Il Superuomo è colui che vince in sé tutte le repressioni morali e sociali in cui è costretto da tutta una tradizione di pensiero idealistico e cristiano. È un essere duro e cinico, crudele con se stesso e con gli altri. Non ha nessun pentimento delle sue azioni e uccide Dio. Il Superuomo vive il presente come se fosse immune dalla minaccia della morte.

Nietzsche nega Dio e propone un Dio Dioniso, esaltazione entusiastica e orgiastica della vita. Chi ha avuto il potere di uccidere Dio è l’uomo felice. Uccide Dio ed esalta Bacco, Dioniso, il dio del vino, il dio dell’orgia, oppure il dio Pan, Pan l’eterno è il dio del bosco, l’istinto sulla razionalità.

In Italia veniva interpretato come esaltazione dell’individuo superiore che vive nella storia, capace di liberarsi dalle catene della morale convenzionale elevandosi sulla folla dei mediocri.

In “Così parlò Zarathustra”, Nietzsche dice che come l’uomo vede la scimmia come una derivazione, una vergogna dolorosa, il Superuomo ha lo stesso disprezzo nei confronti dell’uomo. Propone tre temi fondamentali: la morte di Dio, il superuomo e l’eterno ritorno. Il superuomo è stato mal interpretato. Infatti è colui che visti crollare i valori tradizionali, è in grado di ritornare ad essere fedele alla terra. La morte di Dio porta alla solitudine e alla pazzia.

Il primo vero Superuomo è stato un pastore che, svegliatosi con in bocca un serpente, senza prendersi dal panico, lo uccide e inizia a ridere. Il riso toglie la paura. Se si ride la Chiesa non può controllarti.


Riassunto storia 5-10

La partecipazione della Russia nella prima guerra mondiale portò a galla la crisi che la affliggeva già dal 1905, quando ci furono le prime sommosse da parte dei soviet, i quali costrinsero lo zar Nicola II a concedere l’istituzione di un Parlamento, la Duma, che garantiva una parziale partecipazione del popolo alla vita politica. Nel 1914 la Russia entrò di fianco alla Francia e alla Serbia e tre anni dopo registrò enormi perdite di uomini e mezzi. Dal 1915 iniziarono i primi scioperi e proteste a causa della mancanza dei beni di prima necessità e dal rincaro dei prezzi. Il 23 febbraio (8 marzo) del 1917 scoppiò a Pietrogrado una sommossa popolare contro la carestia e la fame; si formò così un governo provvisorio di unità nazionale, costituito dai membri della Duma e presieduto dal principe L’vov (conservatore), il quale viene affiancato dal socialdemocratico Kerenskji; costui prende il mano la conduzione del governo con il consenso di tutti i partiti di sinistra tranne i bolscevichi. Lo zar Nicola II è costretto ad abdicare e viene mandato con la famiglia nella residenza di Selo. Affianco al governo provvisorio, prendono potere i soviet, assemblee formate da rappresentanti degli operai, dei soldati e dei contadini; così si forma un dualismo di potere tra governo e soviet.

Il capo bolscevico Lenin, esiliato dal 1900, grazie all’aiuto della Germania, tornò a Pietrogrado nel 1917 e pubblicò le “Tesi d’aprile”, il cui scopo era trasformare la rivoluzione borghese in una rivoluzione proletaria e comunista e concentrare tutto il potere ai soviet; un altro slogan di Lenin era “la terra ai contadini e le fabbriche agli operai” e inoltre voleva stipulare una pace immediata, in modo da uscire dalla guerra. L’vov venne sostituito da Kerenskji, il quale dovette affrontare i disastri militari e i disordini interni che affliggevano il paese. Il generale Kornilov ne approfittò per attuare un colpo di stato ed eliminare sia il governo provvisorio sia i soviet. Il governo fu costretto a chiedere l’appoggio dei soviet e Lenin ne approfittò per conquistare il potere: nell’ottobre 1917 un corpo armato di operai bolscevichi, chiamato la “guardia rossa”, occupò il Palazzo d’Inverno, sede del governo (rivoluzione d’ottobre). Lo scopo era formare un governo rivoluzionario di operai e soldati, cessando la guerra con una pace democratica ed eliminando i diritti dei proprietari terrieri.

Il governo Kerenskji cessò e venne istituito il Consiglio dei commissari del popolo, diretta espressione del parlamento bolscevico, con presidente Lenin; Trotskji divenne commissario degli esteri e Stalin commissario delle nazionalità. Si creò così uno stato sovietico, basato cioè sui soviet. Vi erano due problemi, uno di politica interna e l’altro di politica internazionale: l’Assemblea costituente e la prima guerra mondiale. Visto che le elezioni per l’Assemblea costituente avevano portato risultati miseri per i bolscevichi, Lenin proclamò la superiorità dei soviet rispetto all’assemblea e così quest’ultima venne sciolta d’autorità. Per quanto riguarda la prima guerra mondiale, nel marzo del 1918 venne firmata la pace di Brest-Litovsk con la Germania e l’Austria, con la quale la Russia perse la Polonia, la Lituania, le province baltiche e una parte della Bielorussia; inoltre la Finlandia e l’Ucraina si dichiararono indipendenti.

Il 18 gennaio 1919 i rappresentanti delle potenze vincitrici si riunirono a Parigi con una conferenza di pace; i protagonisti furono il presidente americano Wilson, il presidente del consiglio francese Clemenceau, il primo ministro inglese Lloyd George e il presidente del consiglio italiano Vittorio Emanuele Orlando. Wilson presentò i suoi 14 punti, dove descrisse i principi secondo i quali per lui la pace avrebbe dovuto ispirarsi, come ad esempio che i confini dovevano essere messi in base alla lingua parlata dai cittadini e dalla loro nazionalità. Come stabilito dal 14° punto di Wilson, il 28 aprile 1919 venne creata la Società delle Nazioni, un organismo internazionale con sede a Ginevra formato con lo scopo di regolare pacificamente le controversie tra gli stati; tuttavia gli Stati Uniti non si riconobbero in questo organismo e si isolarono dalle vicende europee.

La conferenza di pace portò a cinque trattati, tra i quali ci fu il trattato di Versailles con la Germania, attraverso il quale si afflisse una profonda umiliazione nei confronti dei tedeschi: comprendeva moltissime perdite territoriali (Alsazia e Lorena alla Francia, Alta Slesia e Posnania alla repubblica polacca), pesanti clausole militari (smilitarizzazione), sanzioni economiche (risarcimento somme e cessione miniere ecc). Gli errori principali commessi dai vincitori (Inghilterra e Francia), che portarono uno spirito di vendetta tra i tedeschi, furono: l’imposizione dei trattati, senza discussioni; richiesta di troppo denaro per poter permettere una ripresa dei paesi sconfitti; i criteri non corretti seguiti per la distribuzione dei territori. Intanto la Polonia aveva ottenuto l’indipendenza e all’interno di essa vi era la città di Danzica, proclamata città libera e successiva causa dello scoppio della seconda guerra mondiale. L’Italia invece, grazie al trattato di Saint-Germain, ottenne dall’Austria il Trentino, l’Alto Adige, l’Istria e l’Isonzo. Al posto dell’impero austro-ungarico nacquero nuovi stati indipendenti: l’Austria, l’Ungheria (indipendente con il trattato di Trianon), la Cecoslovacchia, la Iugoslavia e l’Albania. Nacquero i nuovi stati indipendenti della Finlandia, Estonia, Lettonia e Lituania; con il trattato di Neuilly divenne indipendente anche la Bulgaria.

La guerra civile in Russia, scoppiata prima della pace di Brest-Litovsk, durò fino al 1921; i protagonisti della guerra civile furono i rossi (nuovo regime) e i bianchi (divisa ufficiali zaristi). I bianchi avevano formato l’Armata bianca, alla quale aderirono anche i menscevichi e i socialisti rivoluzionari. Lenin voleva estendere la rivoluzione in tutta l’Europa (bolscevismo internazionale) e creò la Terza Internazionale, con lo scopo di diffondere la rivoluzione proletaria nel mondo. I bolscevichi, che temevano il ritorno al regime zarista, trucidarono la famiglia imperiale il 17 luglio 1918. Venne così proclamata la Repubblica socialista federativa sovietica russa con capitale Mosca e il Partito comunista russo divenne l’unico ammesso. Intanto si formò l’Armata rossa, con a capo Lev Trotskji; con l’introduzione della leva obbligatoria, il numero dei soldati rossi arrivò a 5 milioni, permettendo così la vittoria dei rossi sui bianchi. Lenin emanò una serie di provvedimenti che presero il nome di comunismo di guerra: confisca dei beni ecclesiastici e della famiglia imperiale; controllo forzato della produzione; requisizioni del cibo eccedente il bisogno familiare; creazione di un sistema di tessere per il cibo; blocco di ogni commercio privato; controllo operaio sulle fabbriche (divieto di sciopero e lavoro forzato); soppressione della libertà d’opinione; creazione della ceka (polizia politica). Questi provvedimenti portarono a una forte resistenza da parte dei contadini e dei kulaki (proprietari terrieri); Lenin rispose sopprimendo le rivolte grazie alla polizia.

Rendendosi conto dei problemi causati dal comunismo di guerra, dal 1921 Lenin attuò un nuovo indirizzo chiamato Nep (Nuova politica economica). La Nep portò alla fine delle requisizioni sul cibo, sostituite da un’imposta fiscale in natura; ci fu una parziale restaurazione del libero commercio e della proprietà privata in genere; ci fu una parziale liberalizzazione dell’attività industriale (maggiore libertà d’azione, libere retribuzioni). Invece in campo religioso la repressione fu molto severa: fu proibito al clero di insegnare nelle scuole, facendo posto ad un insegnamento ateo e marxista; il regime si impegnò comunque nella lotta contro l’analfabetismo. Nel dicembre del 1922 al primo congresso dell’Unione dei soviet nacque una federazione di repubbliche nominata Unione delle repubbliche socialiste sovietiche (Urss), la cui prima Costituzione fu il 31 gennaio 1924. Il potere legislativo venne dato a un Consiglio o Soviet supremo dell’Unione, mentre il potere esecutivo a un Consiglio dei commissari del popolo; il potere giudiziario venne affidato a una Corte suprema dei soviet. La direzione dello stato fu affidato al Comitato centrale del Partito comunista sulla base del principio marxista della dittatura del proletariato.

Dopo la guerra in Italia vi erano enormi difficoltà economiche, in quanto vi erano molti debiti per le spese belliche e le industrie del Nord (triangolo Milano-Torino-Genova) dovettero provvedere a una riconversione produttiva, cioè passare da un’economia di guerra a una di pace. Ci fu una caduta del tenore di vita, quindi gli italiani non potevano alimentare il mercato dei beni; questo portò alla sospensione di molte attività e al licenziamento degli operai. Il culmine della crisi si ebbe nel 1921, quando alcuni grandi trust (Ilva e Ansaldo) fallirono provocando il crollo di molti sistemi bancari. Le condizioni di vita dei lavoratori si aggravarono, in quanto colpiti dall’inflazione, e crollò anche la produzione agricola; questo portò anche all’aumento della disoccupazione. Ci fu la smobilitazione di circa 6 milioni di uomini, che si ritrovarono ruoli inferiori oppure senza lavoro; così i reduci iniziarono a rivendicare le terre promesse loro durante la guerra. Lo stato non si preoccupava di risolvere i problemi delle classi popolari, portando così a proteste e scioperi.

Nel dopoguerra i vecchi partiti (liberale e socialista) erano in crisi e così si formarono nuovi partiti: il primo di questi fu il Partito popolare italiano fondato nel 1918 da don Luigi Sturzo. Il suo programma prevedeva una riforma agraria (proprietario diventa socio dei contadini), l’estensione del voto alle donne e l’adozione del sistema elettorale proporzionale. All’interno del Psi si formarono diverse correnti: la corrente massimalista guidata da Serrati, che sosteneva l’imminente rivoluzione proletaria sovietica; la corrente riformista guidata da Turati, che era favorevole alla collaborazione con la borghesia per migliorare le condizioni di vite dei lavoratori; corrente dell’Ordine Nuovo guidato da Bordiga, Gramsci e Togliatti, che volevano un partito rivoluzionario come quello di Lenin fondato sui consigli di fabbrica (soviet). Benito Mussolini, dopo aver lasciato il Partito socialista nel 1914, fondò i Fasci di combattimento nel 1919. Il programma di San Sepolcro prevedeva una repubblica con ampie autonomie regionali e comunali, il suffragio universale, l’istituzione del referendum popolare, l’abolizione del Senato (nomina regia), l’eliminazione dei titoli nobiliari, della polizia politica e della leva obbligatoria; inoltre prevedeva il pagamento dei debiti dello stato da parte dei più abbienti, la terra ai contadini e la riduzione dell’orario di lavoro. Gli elementi chiave del movimento fascista erano il nazionalismo, l’esaltazione dell’azione individuale e della violenza.

L’esito della guerra portò malcontento tra gli italiani in quanto gli accordi del patto di Londra non erano stati rispettati (Dalmazia) e poi la città di Fiume, proclamata italiana nel 1918, non era stata consegnata all’Italia; iniziò così a prendere piede il termine “vittoria mutilata”. Con il nuovo governo italiano, si raggiunse un accordo con le potenze vincitrici in base al quale Fiume sarebbe stata evacuata dalle truppe italiane. Questo irritò i nazionalisti, tra i quali c’era Gabriele d’Annunzio, che nel settembre 1919 occupò Fiume e instaurò un governo provvisorio con il nome di reggenza del Carnaro. Quando Nitti si dimise e subentrò Giolitti. Subito dopo iniziò una serie di scioperi e manifestazioni che portarono al biennio rosso (1919-1920): con la decisione degli industriali di non concedere aumenti dei salari, i sindacati di sinistra indissero una sciopero bianco, con conseguente serrata, cioè chiusura degli stabilimenti. Nel triangolo del Nord occuparono le fabbriche. Giolitti riuscì a trovare un accordo e placare le rivolte. Nel 1920 l’Italia firmò il trattato di Rapallo con la Iugoslavia, in base al quale Fiume venne dichiarata città libera, ma d’Annunzio non volle cedere e così Giolitti mandò l’esercito, che dopo un mese riuscì a scacciare il poeta. Giolitti ritirò anche le truppe dall’Albania, che divenne indipendente.

Nel 1921 Giolitti indisse nuove elezioni e strinse un’alleanza con nazionalisti e fascisti: il blocco nazionale; i fascisti riuscirono ad entrare in Parlamento, tra i quali anche Mussolini. Nel novembre 1921 venne fondato il Partito nazionale fascista (Pnf), che ottiene consensi inizialmente tra i ceti medi e la piccola borghesia. Il fascismo, per contrastare gli scioperi, formò le squadre d’azione, bande armate che si facevano giustizia da sé con intimidazioni. Mussolini, una volta constatato che lo stato non era in grado di contrastarli, capì che era il momento di prendere il potere: intraprese la marcia su Roma il 26 ottobre 1922; il presidente del Consiglio Facta proclamò lo stato d’assedio, ma Vittorio Emanuele III lo rifiutò e fece entrare Mussolini a Roma per formare un nuovo governo.

Mussolini diede vita a un governo di coalizione (fascisti, liberali, popolari, socialdemocratici). Limitò il potere del Parlamento istituendo il Gran consiglio del fascismo nel 1923, che divenne l’organo effettivo di governo. Mussolini istituì un esercito di partito e trasformò le squadre d’azione in Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (Mvsn). Mussolini fece una nuova legge elettorale per favorire il partito che avesse ottenuto più voti e con la sicurezza della vittoria indisse nuove elezione nel 1924. Giacomo Matteotti, che combatteva contro le illegalità elettorali, venne assassinato da sicari fascisti.

Negli anni ’20 gli Stati Uniti si stavano affermando come potenze mondiale principale e Wilson attuò una politica liberista basata sulla difesa della libertà, della democrazia e dell’autonomia di tutti i popoli da i nazionalismi europei. Nelle elezioni però non ottenne molti consensi e prevalse il Partito repubblicano; così venne eletto presidente Harding. Si adottò una politica isolazionista, non partecipando alla Società delle Nazioni e proteggendo i prodotti nazionali. Nel 1919 fu emanata la legge sul proibizionismo, che vietò la produzione e la vendita di alcolici, ma alla fine ne favorì il traffico illegale. Il successore di Harding, Coolidge, favorì le esportazioni verso l’Europa e con il piano Daws del 1924 diede degli aiuti finanziari ai Paesi vinti; così l’Europa riuscì a restituire agli Stati Uniti i presti bellici. Nel 1925-1926 ci fu un boom economico; quegli anni vennero chiamati gli anni ruggenti. Nacque l’American way of life (larghi consumi, svaghi, divertimenti). Tutto questo portò a una crisi di sovrapproduzione, che nel 1929 sfociò nel crollo della borsa di Wall Street: le fabbriche chiusero e le banche fallirono, crebbero disoccupazione e povertà. Questa crisi si diffuse anche in Europa, dove l’arrivo di prodotti a prezzi bassi provocò l’arresto della produzione. Il presidente democratico Roosevelt eletto nel 1932 adottò il New Deal, un piano innovativo attuato per passare da un’economia libera a un’economia guidata, con l’intervento dello stato. Per favorire gli investimenti e i consumi, Roosevelt adottò un sistema di inflazione controllata (svalutando il dollaro per rialzare i prezzi). Difesi i salari minimi, i contratti di lavoro e la riduzione dell’orario. Realizzò lavori pubblici per combattere la disoccupazione e concesse aiuti alle aziende. Per ottenere le risorse necessarie, attuò una politica fiscale rigida verso i ceti più abbienti.

 

Riassunto Storia

L’Italia uscì dalla guerra vincitrice, ma fu una vittoria mutilata in quanto non vennero consegnati tutti i territori previsti dal patto di Londra (Dalmazia e Fiume, questa occupata da d’Annunzio dove instaurò la reggenza del Carnaro, ma con il trattato di Rapallo venne dichiarata città libera). Grazie al trattato di Saint-Germain, ottenne dall’Austria il Trentino, l’Alto Adige, l’Istria e l’Isonzo. Inoltre dovette affrontare numerose difficoltà economiche: riconversione produttiva (da un’economia di guerra ad una di pace), la disoccupazione e la crisi finanziaria. Il culmine della crisi si ebbe nel 1921, quando alcuni grandi trust (Ilva e Ansaldo) fallirono provocando il crollo di molti sistemi bancari. Lo stato non si preoccupava di risolvere i problemi delle classi popolari, portando così a proteste e scioperi. Nel 1919-1920 (biennio rosso) si aprirono una serie di scioperi e sommosse fomentati anche dall’esperienza rivoluzionaria russa. Il partito liberale perse peso politico mentre nacque nel 1919, ad opera di Luigi Sturzo, il partito popolare italiano (il pontefice Benedetto XV abbandonò così il non expedit con cui Pio IX vietò ai cattolici di partecipare alla vita politica). Il suo programma prevedeva una riforma agraria (proprietario diventa socio dei contadini), l’estensione del voto alle donne e l’adozione del sistema elettorale proporzionale. All’interno del Psi si formarono diverse correnti: la corrente massimalista guidata da Serrati, che sosteneva l’imminente rivoluzione proletaria sovietica; la corrente riformista guidata da Turati, che era favorevole alla collaborazione con la borghesia per migliorare le condizioni di vite dei lavoratori; corrente dell’Ordine Nuovo guidato da Bordiga, Gramsci e Togliatti, che volevano un partito rivoluzionario come quello di Lenin fondato sui consigli di fabbrica (soviet). Con il congresso di Livorno nel 1921 nacque il partito comunista italiano. Benito Mussolini, dopo aver lasciato il Partito socialista nel 1914, fondò i Fasci di combattimento nel 1919. Il programma di San Sepolcro prevedeva una repubblica con ampie autonomie regionali e comunali, il suffragio universale, l’istituzione del referendum popolare, l’abolizione del Senato (nomina regia), l’eliminazione dei titoli nobiliari, della polizia politica e della leva obbligatoria; inoltre prevedeva il pagamento dei debiti dello stato da parte dei più abbienti, la terra ai contadini e la riduzione dell’orario di lavoro. Gli elementi chiave del movimento fascista erano il nazionalismo, l’esaltazione dell’azione individuale e della violenza.

Il primo risultato delle elezioni del 1921 fu la caduta del ministero Giolitti e segnarono la crisi dello Stato liberale, con il successo dei fascisti e la mancata coalizione fra i suoi avversari. I riformisti del Partito socialista italiano formarono il Partito socialista unitario, dopo essere stati espulsi dal psi, sotto la direzione di Matteotti. Le debolezze dello Stato persuasero Mussolini che fosse arrivato il momento di prendere il potere. Ordinò ai suoi seguaci di intraprendere la marcia su Roma (26 ottobre 1922). Il presidente del consiglio Facta proclamò lo stato di assedio, per impedire l’ingresso dei fascisti nella città, ma il re Vittorio Emanuele III, rifiutò di firmarlo compendo un colpo di stato e invitò Mussolini a recarsi a Roma per formare un nuovo governo. Mussolini diede vita a un governo di coalizione (fascisti, liberali, popolari, socialdemocratici). Mussolini lasciò relativamente liberi la stampa e i partiti, mentre in realtà appoggiava le spedizioni punitive degli “squadristi”. Nel dicembre del 1922 fondò il Gran consiglio del fascismo, un supremo organi destinato a prendere decisioni politiche e quindi limitare le funzioni parlamentari. Trasformò le squadre d’azione in Milizia volontaria per la sicurezza nazionale. Fece votare una legge elettorale di tipo maggioritario (legge Acerbo) destinata ad assicurare la maggioranza parlamentare al partito che avesse ottenuto più voti. Indisse nuove elezioni e grazie a brogli elettorali ottennero il 65% dei voti. Matteotti protestò sull’illegalità dei voti, ma venne assassinato da alcuni sicari fascisti. Il governo si sciolse e l’opposizione in segno di protesta lasciò le camere, secessione dell’Aventino. Ma questo portò delle conseguenze positive per il fascismo: l’assenza dei deputati permisero a Mussolini di affrettare la distruzione delle istituzioni democratiche e godeva dell’appoggio della monarchia. Con il discorso alla Camera rivendicò a sé la responsabilità di quanto era accaduto e instaurò una dittatura trasformando il partito fascista in partito di regime.

Adottarono una politica estera di espansione economica sul piano internazionale, ispirata ai principi del liberismo, e una politica interna centrata sulla riduzione del disavanzo pubblico, sullo sviluppo dell’industria e dell’agricoltura e sulla diminuzione dei salari. Mussolini adottò una serie di leggi repressive, con le quali abolì la distinzione tra potere esecutivo e legislativo, che accentrò nelle proprie mani. Sostituì i sindaci con podestà di sua nomina. Con le leggi fascistissime sciolse i partiti e i movimenti d’opposizione e rispristinò la pena di morte; per reprimere le attività antifasciste istituì un tribunale speciale e l’Ovra (la polizia politica); intensificò il controllo di polizia e la censura, valorizzando al contempo organismi di inquadramento di massa (Opera nazionale Balilla, destinata all’educazione fascista dei ragazzi dai 6 ai 18 anni, Gruppi universitari fascisti). Il duce trasformò lo Stato in uno Stato totalitario instaurando una dittatura basata su un partito unico. Le elezioni erano solo una formalità (si votava una lista unica). Il Parlamento venne svuotato delle sue funzioni. Fece molta propaganda attraverso la stampa, il cinema, la radio, i testi scolastici e le scuole. Chiunque rifiutava il saluto fascista (braccio destro teso in alto) o salutava con una stretta di mano (considerato non igienico) o usato il “lei” (proibito da Mussolini) al posto del “voi” poteva essere condannato a violenze fisiche e psicologiche, emarginato e privato di casa e lavoro. Con l’attentato a Mussolini da parte di Anteo Zamboni, immediatamente ucciso a pugnalate, promulgarono dei provvedimenti tra cui l’annullamento dei passaporti, la soppressione di tutte le associazioni e pubblicazioni contrarie al regime.

Il fascismo propugnava l’autarchia, cioè l’autosufficienza della produzione nazionale valorizzando la produzione interna. Realizzò tre battaglie, quella del grano (per sviluppare la produzione cerealicola per ridurre il disavanzo estero), della palude (opera di risanamento e bonifica delle zone incolte e malsane, la più famosa l’agro pontino) e demografica (insieme di provvedimenti atti per aumentare il numero delle nascite). Lo Stato intervenne nell’economia introducendo dazi e divieti di importazione, politica del protezionismo. Nel 1929, con i Patti Lateranensi, Mussolini si riavvicinò alla Chiesa. La Chiesa riconosceva Roma capitale d’Italia e lo Stato ammetteva la religione cattolica come unica religione dello Stato e riconosceva al papa la sovranità sul nuovo Stato della Città del Vaticano. In questo patto si stabilì l’obbligo del crocifisso nelle scuole, l’insegnamento della religione cattolica. Nel 1936 occuparono l’Etiopia, allora governata dal negus Hailé Selassié, per avere un “posto al sole” e con il pretesto di compiere una “missione civilizzatrice” e la conquistarono il 9 maggio 1936. Vittorio Emanuele III ottenne il titolo di imperatore d’Etiopia mentre il duce quello di “fondatore dell’impero”. Con il progetto Madagascar si voleva spedire gli ebrei in Polonia e ucciderli.

La Germania dopo la proclamazione della repubblica e la formazione di un governo provvisorio di indirizzo socialdemocratico, scoppiò una rivoluzione capeggiata da Karl e Rosa (lega di Spartaco, movimento di estrema sinistra) ma repressa nel sangue. Nel 1919 l’Assemblea costituente proclamò la repubblica di Weimar, dotata di una nuova Costituzione che trasformava lo Stato unitario in repubblica federale, con un Parlamento, un cancelliere e un presidente. Nel 1920 Hitler fondò un movimento politico di estrema destra, il Partito nazionalsocialista dei lavoratori. Tentò un colpo di Stato (Putsch di Monaco), ma fallì nel 1924 e venne arrestato e imprigionato. Qui scrive il Mein Kampf, nella quale sosteneva che la spartizione del mondo doveva avvenire tra le nazioni ritenute degne, primi fra tutti i tedeschi, mentre i popoli inferiori dovevano essere usati come schiavi o sterminati attraverso la fame, sterilizzazione o campi di sterminio (negri considerati “mezze scimmie”, i latini un popolo inferiore, gli orientali un popolo di poco superiore agli ebrei, mentre questi dovevano essere uccisi mediante la soluzione finale). L’economia tedesca era sostenuta grazie al paino Dawes, ovvero all’aiuto statunitense. La crisi del 1929 rafforzarono le tendenze di estrema destra. I nazionalsocialisti ottennero successo nel 1930. Nel 1932 Hitler fu battuto nelle elezioni da Hindenburg. Questo nomina nel 1933 Hitler come cancelliere. I nazisti provocarono alcuni incidenti che fecero ricadere sull’estrema sinistra (incendio del Reichstag, parlamento). Hindenburg sciolse il Parlamento e indisse nuove elezioni. Vinsero i nazionalsocialisti e Hitler si assicurò pieni poteri per quattro anni attraverso una legge-delega. Instaurò un regime totalitario assumendo il titolo di Fuhrer. Sciolse i partiti (primo fra tutti quello comunista) e dichiarò il partito nazista come partito unico. Venne istituita una nuova polizia tedesca, la Gestapo, con il compito di reprimere ogni forma di opposizione. La chiesa fa un concordato per la libertà di culto e di non interferenza dello stato negli affari interni del clero. Alla morte di Hindenburg, nel 1934, Hitler ottenne il potere assoluto del Terzo Reich. La dittatura nazista fu favorita anche grazie al fanatismo dei seguaci del nazismo (Gestapo e SS), sull’azione di propaganda (affidata a Goebbels attraverso la stampa, l’editoria e nuovi mezzi di comunicazione) e sull’inquadramento, soprattutto nei giovani, nelle organizzazioni del Partito nazista. Hitler si sbarazzò delle SA (notte dei lunghi coltelli) e annullò ogni tipo di libertà di stampa e di riunione. Hitler risollevò il paese mediante una politica autarchica.

La politica estera fu particolarmente aggressiva nei confronti dei paesi “naturalmente tedeschi” per la creazione di un’unica grande patria (pangermanisimo). L’ideologia del nazismo si basava sull’assoluta superiorità della razza ariana e dell’ineguaglianza, quindi sottomissione delle razze inferiori. Con le leggi di Norimberga nel 1935, Hitler fece deportare in appositi campi di concentramento per i lavori forzati gli ebrei, gli oppositori del regime, gli zingari e tutti coloro che non fossero ritenuti appartenenti alla “razza pura”. Nel 1942 diverranno campi di sterminio. A seguito dell’uccisione di un nazista da parte di un ebreo, in molte città tedesche vennero devastati negozi appartenenti ad ebrei, sinagoghe e abitazioni (notte dei cristalli). Nel 1936 Mussolini stringe un accordo con Hitler dando vita all’asse Roma-Berlino e successivamente aderì anche il Giappone (Asse Roma-Berlino-Tokyo) che prevedeva l’impegno comune a lottare contro il “pericolo bolscevico” e una reciproca consultazione sulle questioni internazionali. Nel 1935 Hitler annette la Saar alla Germania a seguito di un plebiscito. Occupò la Renania (andando contro al trattato di Varsailles), poi l’Austria che venne annessa alla Germania nel 1938 e in questo anno ottenne anche la regione dei Sudeti. Nel 1939 invase la Cecoslovacchia, la Boemia, la Moravia e la Polonia, rivendicando il corridoio di Danzica. A questo punto Francia e Inghilterra dichiarano guerra alla Germania sulla base di un trattato da poco siglato con la polonia. Nel 1939 l’Italia stringe un patto con Hitler, il Patto d’acciaio, un’alleanza militare che impegnava le due potenze a prestarsi reciproco aiuto in caso di guerra. Inoltre firma un patto di non aggressione con l’unione Sovietica, per permettere di guadagnare tempo per rafforzare l’esercito e di ottenere vantaggi territoriali. Mussolini intanto occupa l’Albania.

Tra il 1936 e il 1939 in Spagna ci fu una guerra civile tra comunisti e fascisti. Francisco Franco, aiutato dall’Italia e Germania, sconfigge il governo repubblicano socialista, sostenuto da Francia e Inghilterra, e attua una dittatura dal 1936 al 1975 con il titolo di Caudillo. La spagna rimarrà neutrale durante la seconda guerra mondiale.

 

 

Riassunto Storia

Con la fine della prima guerra mondiale, le potenze vincitrici si riunirono a Parigi in una conferenza di pace. Parteciparono il presidente inglese David Lloyd George, il presidente francese Clemenceau, il presidente degli stati uniti Wilson e il presidente del consiglio italiano Orlando. Wilson presentò i 14 punti basato sui principi dell’autodecisione dei popoli e del rispetto delle nazionalità. Venne creata la Società delle Nazioni, un grande organismo internazionale con sede a Ginevra per regolare pacificamente le controversie tra gli Stati. La Germania venne considerata la vera responsabile della guerra: gli furono tolti i possedimenti coloniali, l’Alsazia e la Lorena, la Posnania e l’Alta Slesia e lo Schleswig, dovettero ridurre l’esercito a 100000 uomini, ridurre la flotta militare e pesanti sanzioni economiche. Scomparirono i grandi imperi: russo, austro-ungarico e ottomano. Nacquero Austria, Ungheria, Cecoslovacchia, regno di Iugoslavia, Albania, Bulgheria, Finlandia, Estonia, Lettonia e Lituania.

L’Italia uscì dalla guerra vincitrice, ma fu una vittoria mutilata in quanto non vennero consegnati tutti i territori previsti dal patto di Londra (Dalmazia e Fiume, questa occupata da d’Annunzio dove instaurò la reggenza del Carnaro e con l trattato di Rapallo venne dichiarata città libera). Grazie al trattato di Saint-Germain, ottenne dall’Austria il Trentino, l’Alto Adige, l’Istria e l’Isonzo. Inoltre dovette affrontare numerose difficoltà economiche: riconversione produttiva (da un’economia di guerra ad una di pace), la disoccupazione e la crisi finanziaria. Il culmine della crisi si ebbe nel 1921, quando alcuni grandi trust (Ilva e Ansaldo) fallirono provocando il crollo di molti sistemi bancari. Lo stato non si preoccupava di risolvere i problemi delle classi popolari, portando così a proteste e scioperi. Nel 1919-1920 (biennio rosso) si aprirono una serie di scioperi e sommosse fomentati anche dall’esperienza rivoluzionaria russa. Il partito liberale perse peso politico mentre nacque nel 1919, ad opera di Luigi Sturzo, il partito popolare italiano (il pontefice Benedetto XV abbandonò così il non expedit con cui Pio IX vietò ai cattolici di partecipare alla vita politica. Il suo programma prevedeva una riforma agraria (proprietario diventa socio dei contadini), l’estensione del voto alle donne e l’adozione del sistema elettorale proporzionale. All’interno del Psi si formarono diverse correnti: la corrente massimalista guidata da Serrati, che sosteneva l’imminente rivoluzione proletaria sovietica; la corrente riformista guidata da Turati, che era favorevole alla collaborazione con la borghesia per migliorare le condizioni di vite dei lavoratori; corrente dell’Ordine Nuovo guidato da Bordiga, Gramsci e Togliatti, che volevano un partito rivoluzionario come quello di Lenin fondato sui consigli di fabbrica (soviet). Benito Mussolini, dopo aver lasciato il Partito socialista nel 1914, fondò i Fasci di combattimento nel 1919. Il programma di San Sepolcro prevedeva una repubblica con ampie autonomie regionali e comunali, il suffragio universale, l’istituzione del referendum popolare, l’abolizione del Senato (nomina regia), l’eliminazione dei titoli nobiliari, della polizia politica e della leva obbligatoria; inoltre prevedeva il pagamento dei debiti dello stato da parte dei più abbienti, la terra ai contadini e la riduzione dell’orario di lavoro. Gli elementi chiave del movimento fascista erano il nazionalismo, l’esaltazione dell’azione individuale e della violenza.

Nel 1921 Giolitti indisse nuove elezioni e strinse un’alleanza con nazionalisti e fascisti: il blocco nazionale; i fascisti riuscirono ad entrare in Parlamento, tra i quali anche Mussolini. Nel novembre 1921 venne fondato il Partito nazionale fascista (Pnf), che ottiene consensi inizialmente tra i ceti medi e la piccola borghesia. Il fascismo, per contrastare gli scioperi, formò le squadre d’azione, bande armate che si facevano giustizia da sé con intimidazioni. Mussolini, una volta constatato che lo stato non era in grado di contrastarli, capì che era il momento di prendere il potere: intraprese la marcia su Roma il 26 ottobre 1922; il presidente del Consiglio Facta proclamò lo stato d’assedio, ma Vittorio Emanuele III lo rifiutò e fece entrare Mussolini a Roma per formare un nuovo governo.

Mussolini diede vita a un governo di coalizione (fascisti, liberali, popolari, socialdemocratici). Limitò il potere del Parlamento istituendo il Gran consiglio del fascismo nel 1923, che divenne l’organo effettivo di governo. Mussolini istituì un esercito di partito e trasformò le squadre d’azione in Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (Mvsn). Mussolini fece una nuova legge elettorale per favorire il partito che avesse ottenuto più voti e con la sicurezza della vittoria indisse nuove elezione nel 1924. Giacomo Matteotti, che combatteva contro le illegalità elettorali, venne assassinato da sicari fascisti.

Negli anni ’20 gli Stati Uniti si stavano affermando come potenze mondiale principale e Wilson attuò una politica liberista basata sulla difesa della libertà, della democrazia e dell’autonomia di tutti i popoli da i nazionalismi europei. Nelle elezioni però non ottenne molti consensi e prevalse il Partito repubblicano; così venne eletto presidente Harding. Si adottò una politica isolazionista, non partecipando alla Società delle Nazioni e proteggendo i prodotti nazionali. Nel 1919 fu emanata la legge sul proibizionismo, che vietò la produzione e la vendita di alcolici, ma alla fine ne favorì il traffico illegale. Il successore di Harding, Coolidge, favorì le esportazioni verso l’Europa e con il piano Daws del 1924 diede degli aiuti finanziari ai Paesi vinti; così l’Europa riuscì a restituire agli Stati Uniti i presti bellici. Nel 1925-1926 ci fu un boom economico; quegli anni vennero chiamati gli anni ruggenti. Nacque l’American way of life (larghi consumi, svaghi, divertimenti). Tutto questo portò a una crisi di sovrapproduzione, che nel 1929 sfociò nel crollo della borsa di Wall Street: le fabbriche chiusero e le banche fallirono, crebbero disoccupazione e povertà. Questa crisi si diffuse anche in Europa, dove l’arrivo di prodotti a prezzi bassi provocò l’arresto della produzione. Il presidente democratico Roosevelt eletto nel 1932 adottò il New Deal, un piano innovativo attuato per passare da un’economia libera a un’economia guidata, con l’intervento dello stato. Per favorire gli investimenti e i consumi, Roosevelt adottò un sistema di inflazione controllata (svalutando il dollaro per rialzare i prezzi). Difesi i salari minimi, i contratti di lavoro e la riduzione dell’orario. Realizzò lavori pubblici per combattere la disoccupazione e concesse aiuti alle aziende. Per ottenere le risorse necessarie, attuò una politica fiscale rigida verso i ceti più abbienti.

Il primo risultato delle elezioni del 1921 fu la caduta del ministero Giolitti e segnarono la crisi dello Stato liberale, con il successo dei fascisti e la mancata coalizione fra i suoi avversari. I riformisti del Partito socialista italiano formarono il Partito socialista unitario, dopo essere stati espulsi dal psi, sotto la direzione di Mussolini. Le debolezze dello Stato persuasero Mussolini che fosse arrivato il momento di prendere il potere. Ordinò ai suoi seguaci di intraprendere la marcia su Roma (26 ottobre 1922). Il presidente del consiglio Facta proclamò lo stato di assedio, per impedire l’ingresso dei fascisti nella città, ma il re Vittorio Emanuele III, rifiutò di firmarlo compendo un colpo di stato e invitò Mussolini a recarsi a Roma per formare un nuovo governo. Mussolini lasciò relativamente liberi la stampa e i partiti, mentre in realtà appoggiava le spedizioni punitive degli “squadristi”. Nel dicembre del 1922 fondò il Gran consiglio del fascismo, un supremo organi destinato a prendere decisioni politiche e quindi limitare le funzioni parlamentari. Trasformò le squadre d’azione in Milizia volontaria per la sicurezza nazionale. Fece votare una legge elettorale di tipo maggioritario (legge Acerbo) destinata ad assicurare la maggioranza parlamentare al partito che avesse ottenuto più voti. Indisse nuove elezioni e grazie a brogli elettorali ottennero il 65% dei voti. Matteotti protestò sull’illegalità dei voti, ma venne assassinato da alcuni sicari fascisti. Il governo si sciolse e l’opposizione in segno di protesta lasciò le camere, secessione dell’Aventino. Ma questo portò delle conseguenze positive per il fascismo: l’assenza dei deputati permisero a Mussolini di affrettare la distruzione delle istituzioni democratiche e godeva dell’appoggio della monarchia. Con il discorso alla Camera rivendicò a sé la responsabilità di quanto era accaduto e instaurò una dittatura trasformando il partito fascista in partito di regime.

Adottarono una politica estera di espansione economica sul piano internazionale, ispirata ai principi del liberismo, e una politica interna centrata sulla riduzione del disavanzo pubblico, sullo sviluppo dell’industria e dell’agricoltura e sulla diminuzione dei salari. Mussolini adottò una serie di leggi repressive, con le quali abolì la distinzione tra potere esecutivo e legislativo, che accentrò nelle proprie mani. Sostituì i sindaci con podestà di sua nomina. Con le leggi fascistissime sciolse i partiti e i movimenti d’opposizione e rispristinò la pena di morte; per reprimere le attività antifasciste istituì un tribunale speciale e l’Ovra (la polizia politica); intensificò il controllo di polizia e la censura, valorizzando al contempo organismi di inquadramento di massa (Opera nazionale Balilla, destinata all’educazione fascista dei ragazzi dai 6 ai 18 anni, Gruppi universitari fascisti). Il duce trasformò lo Stato in uno Stato totalitario instaurando una dittatura basata su un partito unico. Le elezioni erano solo una formalità (si votava una lista unica). Il Parlamento venne svuotato delle sue funzioni. Fece molta propaganda attraverso la stampa, il cinema, la radio, i testi scolastici e le scuole. Chiunque rifiutava il saluto fascista (braccio destro teso in alto) o salutava con una stretta di mano (considerato non igienico) o usato il “lei” (proibito da Mussolini) al posto del “voi” poteva essere condannato a violenze fisiche e psicologiche, emarginato e privato di casa e lavoro. Con l’attentato a Mussolini da parte di Anteo Zamboni, immediatamente ucciso a pugnalate, promulgarono dei provvedimenti tra cui l’annullamento dei passaporti, la soppressione di tutte le associazioni e pubblicazioni contrarie al regime. Nel 1929, con i Patti Lateranensi, Mussolini si riavvicinò alla Chiesa. In questo patto si stabilì l’obbligo del crocifisso nelle scuole, l’insegnamento della religione cattolica. Nel 1936 occuparono l’Etiopia. Realizzò tre battaglie, quella del grano (per sviluppare la produzione cerealicola per ridurre il disavanzo estero), della palude (opera di risanamento e bonifica delle zone incolte e malsane, la più famosa l’agro pontino) e demografica (insieme di provvedimenti atti per aumentare il numero delle nascite).

La Germania dopo la proclamazione della repubblica e la formazione di un governo provvisorio di indirizzo socialdemocratico, scoppiò una rivoluzione capeggiata da Karl e Rosa ma repressa nel sangue. Nel 1919 l’Assemblea costituente proclamò la repubblica di Weimar, dotata di una nuova Costituzione che trasformava lo Stato unitario in repubblica federale, con un Parlamento, un cancelliere e un presidente. Nel 1920 Hitler fondò un movimento politico di estrema destra, il Partito nazionalsocialista dei lavoratori. Tentò un colpo di Stato, ma fallì nel 1924 e venne arrestato e imprigionato. Qui scrive il Mein Kampf. L’economia tedesca era sostenuta grazie al paino Dawes, ovvero all’aiuto statunitense. La crisi del 1929 rafforzarono le tendenze di estrema destra. I nazionalsocialisti ottennero successo nel 1930. Nel 1932 Hitler fu battuto nelle elezioni da Hindenburg. Questo nomina nel 1933 Hitler come cancelliere. I nazisti provocarono alcuni incidenti che fecero ricadere sull’estrema sinistra (incendio del Reichstag, parlamento). Hindenburg sciolse il Parlamento e indisse nuove elezioni. Vinsero i nazionalsocialisti e Hitler si assicurò pieni poteri per quattro anni attraverso una legge-delega. Instaurò un regime totalitario assumendo il titolo di Fuhrer. Sciolse i partiti (primo fra tutti quello comunista) e dichiarò il partito nazista come partito unico. Venne istituita una nuova polizia tedesca, la Gestapo, con il compito di reprimere ogni forma di opposizione. La chiesa fa un concordato per la libertà di culto e di non interferenza dello stato negli affari interni del clero. Alla morte di Hindenburg, nel 1934, Hitler ottenne il potere assoluto del Terzo Reich. La dittatura nazista fu favorita anche grazie al fanatismo dei seguaci del nazismo (Gestapo e SS), sull’azione di propaganda (affidata a Goebbels attraverso la stampa, l’editoria e nuovi mezzi di comunicazione) e sull’inquadramento, soprattutto nei giovani, nelle organizzazioni del Partito nazista. Hitler si sbarazzò delle SA (notte dei lunghi coltelli) e annullò ogni tipo di libertà di stampa e di riunione. Hitler risollevò il paese mediante una politica autarchica. La politica estera fu particolarmente aggressiva nei confronti dei paesi “naturalmente tedeschi” per la creazione di un’unica grande patria (pangermanisimo). L’ideologia del nazismo si basava sull’assoluta superiorità della razza ariana e dell’ineguaglianza, quindi sottomissione delle razze inferiori. Con le leggi di Norimberga nel 1935, Hitler fece deportare in appositi campi di concentramento per i lavori forzati gli ebrei, gli oppositori del regime, gli zingari e tutti coloro che non fossero ritenuti appartenenti alla “razza pura”. Nel 1942 diverranno campi di sterminio. A seguito dell’uccisione di un nazista da parte di un ebreo, in molte città tedesche vennero devastati negozi appartenenti ad ebrei, sinagoghe e abitazioni (notte dei cristalli). Mussolini stringe un accordo con Hitler dando vita all’asse Roma-Berlino e successivamente aderì anche il Giappone (Asse Roma-Berlino-Tokyo). Nel 1936 L’Italia stringe un patto con Hitler, il Patto d’acciaio, un’alleanza militare che impegnava le due potenze a prestarsi reciproco aiuto in caso di guerra. Nel 1935 Hitler annette la Saar a seguito di un plebiscito. Occupò la Renania (andando contro al trattato di Varsailles), poi l’Austria che venne annessa alla Germania nel 1938 e in questo anno ottenne anche la regione dei Sudeti. Nel 1939 invase la Cecoslovacchia e la Polonia. Firma un patto di non aggressione con L’unione Sovietica, per permettere di guadagnare tempo e rafforzare l’esercito.

Tra il 1936 e il 1939 in Spagna ci fu una guerra civile tra comunisti e fascisti. Francisco Franco, aiutato dall’Italia e Germania, sconfigge il governo repubblicano socialista e attua una dittatura dal 1936 al 1975 con il titolo di Caudillo. La spagna rimarrà neutrale durante la seconda guerra mondiale.

 

Fonte:

http://pitonsblack.altervista.org/s/storia.doc

http://pitonsblack.altervista.org/s/storia2.doc

http://pitonsblack.altervista.org/s/storia3.doc

http://pitonsblack.altervista.org/s/storia4.doc

Sito web da visitare: http://pitonsblack.altervista.org

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