Orzo
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Orzo
Orzo (Hordeum vulgare, Fam. Poaceae/Graminaceae tribus Triticeae). l'orzo comune, polistico e distico, uno tra i più antichi cereali coltivati in Europa come alimento per l'uomo, mangime zootecnico o produzione di bevande fermentate (birra). Protagonista assieme a frumento e la vite (vino). L'orzo è un complesso eterogeneo, caratterizzato da spighette sessili, disposte in più file lungo il rachide e riunite a gruppi di tre. Le spighette possono essere tutte fertili o, più frequentemente, una fertile compresa tra due sterili. La principale differenza tra le singole varietà d'orzo è data proprio dal numero di file di spighette fertili presenti in ogni spiga, che possono essere due (orzi distici), quattro (tetrastici) o sei (esastici). Altra distinzione di tre gruppi di varietà, in base alle esigenze colturali e adattamento alle condizioni locali: varietà invernali dotate di elevata resistenza al freddo; varietà primaverili, che non richiedono vernalizzazione e hanno debole risposta fotoperiodica (neutrodiurne) e varietà alternative, con fioritura rapida in condizioni di giorno lungo e inibita da giorno corto, dotate di buona resistenza al freddo, ma seminabili anche in primavera, si da rimediare a eventuali danni invernali con una risemina. Nel 2005 la produzione mondiale di orzo è stata di 137 milioni di tonnellate (International Grains Council), al quarto posto dopo frumento, riso e mais. Alimento base nel Medio Oriente, in Occidente è usato soprattutto nel settore zootecnico (50% della produzione) e per la produzione di birra e distillati (20%). Il centro di sua massima biodiversità colturale è oggi localizzato nell'Altipiano Etiopico, dove sono frammiste varietà distiche, polistiche e a spighe irregolari, con colore variabile nei lemmi (nero, bianco, violaceo) e nell'aleurone (bluastro, viola, nero). Nessuna delle forme coltivate sembra esistere in natura, tutte derivano dalla specie Hordeum spontaneum del Vicino Oriente. Tutte le cultivar d'orzo risultano completamente interfertili con l'orzo selvatico. Il genere Hordeum L. comprende circa una ventina di specie, alcune delle quali perenni, altre annuali, molte crescono spontanee anche in Italia, dove si comportano come pioniere in prati aridi a siccità estiva, sabbie marittime, incolti e margini di strada, più raramente come infestanti nei coltivi: le più comuni sono Hordeum secalinum, H. bulbosum, H. marinum, H. hystrix, H. murinum, leporinum; è inoltre segnalato come avventizio nel Veneto e in Trentino-Alto Adige H. jubatum, originario dell'America settentrionale e dell'Asia orientale e talvolta coltivato per ornamento per le grandi spighe lungamente ristate. L’orzo selvatico annuale è diploide (2n = 14) e autoimpollinantesi. Originario dell'Asia, il suo areale è stato artificialmente esteso fino al Nord Africa, alla Turchia occidentale, Creta, Cipro, Iraq, Iran. Hordeum vulgare, Orzo comune, è pianta annuale alta 50-150 cm, con culmi eretti e cavi. Foglie nastriformi, alterne, verdi o glauche, denticolate, con lunghe guaine, auricolate all'apice. Infiorescenza a spiga, molto variabile in forma e dimensioni, con spighette riunite in due serie di tre, le centrali sempre fertili, le laterali fertili o sterili. Cariosside 3 x 10 mm, con solco longitudinale da un lato. All'interno di questa specie possono essere comprese forme, da taluni considerate specie: Hordeum hexastichum (orzo maschio, con spighette tutte fertili e lungamente aristate, disposte in sei serie, originario dell'Africa nord-orientale e Asia occ.), Hordeum distichum (orzo francese o scandella, distico, con spiga lunga e sottile) e Hordeum zeocriton (orzo di Germania, distico, con reste a ventaglio divergenti dal rachide, originario dell'Abissinia). STORIA: L'addomesticamento dell'orzo avvenne probabilmente in Asia Minore attorno al 9000-10000 a. C. successivo all'ultimo periodo glaciale, il relativo miglioramento climatico rese disponibili numerosi habitat per i cereali spontanei, provocando una rapida variazione nelle abitudini alimentari delle popolazioni umane. I manufatti litici, che si erano mantenuti sostanzialmente inalterati per più di 10.000 anni, mostrano una rapida evoluzione che conferma l'aumentata importanza della raccolta dei cereali selvatici e l'affinarsi delle tecniche per la loro macinazione. La prima cultura ad aver lasciato evidenze archeologiche in merito alla raccolta e alla macinazione dei cereali fu quella Natufiana, studiata in decine di siti nella Valle del Giordano e databili tra il 9000 e l'8000 a. C. Poiché l'orzo si autoimpollina, le varietà coltivate si incrociano raramente con quelle selvatiche. Questo rende più facile la selezione di numerosissime cultivar, anche poco differenziate tra loro. Per la specie coltivata ai primordi dell'agricoltura, i reperti portano invariabilmente a Hordeum distichum. (6000 a. C. in Anatolia) che, grazie alla maggiore produttività, soppiantò rapidamente le altre forme. Gli orzi distici si mantennero soprattutto nelle aree originarie, diffondendosi solo localmente in Europa, dove prevalsero di gran lunga le forme tetrastiche ed esastiche. Come per altri cereali, una delle principali fasi della domesticazione fu l’acquisizione della persistenza del seme sul rachide. Infatti, nelle forme selvatiche le cariossidi si staccano spontaneamente dalla spiga non appena conclusa la maturazione, disperdendosi nel terreno. Questo fenomeno, di ovvio vantaggio per la disseminazione in condizioni naturali, è aggravato dal punto di vista colturale dalla scalarità della maturazione. Il carattere della rachide tenace è conseguenza di una sola mutazione recessiva, facile da isolare e propagare. La disposizione delle spighette in gruppi di tre, con le due esterne sessili, è un adattamento alla disseminazione ad opera di animali. Questa struttura permise di ottenere un aumento della produttività selezionando le mutazioni che provocavano la trasformazione delle cariossidi sterili in fertili. Le file di cariossidi, in origine solo due, divennero quattro o sei grazie a singole mutazioni geniche, anche queste recessive, seguite da selezione. Si ricorda che negli orzi tetrastici le file di spighette fertili sono sei, ma due di esse sono sovrapposte in modo da apparire una singola fila. Infine, vennero selezionate varietà mutiche per facilitare la pulizia dei chicchi e altre prive di dormienza invernale per permettere la semina primaverile.
L'orzo fu il cereale più importante nella progressione dell'agricoltura verso l'Europa. Nel Neolitico veniva coltivato in tutta Italia, assieme ai frumenti primitivi Triticum monococcum e T. dicoccum. Uno dei principali usi di questo cereale è il maltaggio per la produzione di birra. I cereali maltati venivano conservati sotto forma di pani non lievitati e cotti al forno, che venivano poi trattati con acqua prima di avviare la fermentazione. La coltura divenne ecologicamente bipolare: da un lato veniva praticata negli ambienti semiaridi dell'Asia sudoccidentale e del Mediterraneo orientale, dall'altra nelle valli alluvionali irrigue del Nilo, del Tigri e dell'Eufrate. Rispetto al frumento, che ha migliori qualità nutrizionali e panificabilità, l'orzo ha il vantaggio di essere più rustico e resistente ai climi aridi o freddi, pertanto maggior grado di diffusione nel mondo. Tra il 6° e il 5° millennio a. C. l'orzo divenne la principale coltura cerealicola dei paesi a clima freddo. La bassa Valle del Reno e il bacino del Mar Baltico ne furono interessate nel 4000 a. C., le Isole Britanniche e la Scandinavia nel 3000 a. C.. In questo stesso periodo iniziò anche la domesticazione di avena e segale, giunte in Europa come infestanti a seguito di orzo e frumento. Una seconda corrente migratoria aggiunse la Penisola Iberica attraverso l'Africa settentrionale, nel 4000 a. C. circa. Nei due millenni successivi la coltura dell'orzo si spinse verso l'Estremo Oriente, fino alla Cina e all'Arcipelago Giapponese. Nell'antichità, l'importanza dell'orzo come cereale era almeno pari a quella del frumento, soprattutto in Mesopotamia ed Egitto, divenne il cereale più economico e disponibile per le classi semplici e venne massicciamente diffuso durante la grave crisi agricola dovuta all'aumento della salinità dei terreni irrigui. In molte parti della Grecia l'orzo rimase a lungo il cereale più diffuso, soprattutto a causa della rocciosità e della scarsa fertilità del territorio montano. In Italia l'orzo, meno pregiato del frumento, venne progressivamente relegato nelle zone più marginali. Presso i Romani, l'orzo era il secondo cereale più coltivato, per erbai, pascoli e per la produzione di granella e di paglia; la produzione di granella arrivava a dieci volte la semente impiegata. Tuttavia, le classi abbienti dell'Italia centrale non lo consideravano un cibo degno, potendolo agevolmente sostituire con il più redditizio frumento per la panificazione e con la vite per la produzione di bevande fermentate. Se gli orzi distici erano impiegati nell'alimentazione delle classi inferiori, i tetrastici e gli esastici erano coltivati solo per uso zootecnico, per essere impiegati soprattutto in momenti particolari come gravidanza, parto, ingrasso e produzione di carne pregiata. Plinio, che correttamente considerava l'orzo il più antico cereale usato nell'alimentazione umana, notava come ai suoi tempi non servisse quasi più per fare il pane ma solo per l'alimentazione degli animali. Era ancora molto usato per preparare una salutare tisana e anche la farina serviva ormai quasi solo per usi medicamentosi. Il quadro varietale fornito da Plinio si limita alla constatazione dell'esistenza di orzi distici, tetrastici ed esastici ("alcune spighe hanno due file di grani, altre di più, fino a 6"), oppure alla descrizione di differenze qualitative nelle cariossidi: "più o meno allungate e leggere, o più corte, o più rotonde...". Meno parco di notizie è Columella, che mostra di non disprezzare l'uso alimentare dell'orzo, considerandolo comunque "più salutare del cattivo frumento" e utile soprattutto nei periodi di carestia, perché più adatto ai terreni asciutti. Tra le varietà, cita un esastico (Cantherinum, Cavallino), un distico (Galatico), che diventa, "mescolato al grano, ottimo cibo agli schiavi" (e soprattutto ai gladiatori, per questo chiamati hordearii). Ai tempi di Columella la selezione per la persistenza della granella non era ancora completa: la raccolta dell'orzo doveva ancora essere eseguita prima della maturazione completa, per evitare che i chicchi "non rivestiti di pula e sorretti da uno stelo fragilissimo" cadessero nel terreno. L'autore fa notare come questo cereale andasse piantato in terra "fertilissima oppure poverissima, perché si sa che da esso i campi vengono resi più magri, e per questo si pone o in un terreno tanto grasso che non possa nuocere alle sue sovrabbondanti risorse, o tanto magro che non si possa piantare niente altro". Nelle sue ultime fasi, l'Impero Romano adottò una politica agraria volta a favorire, in Italia, la coltura degli strategici cereali a spese dei tradizionali vite e olivo. Il ripetersi delle invasioni barbariche e la diffusione del pascolo portarono però a una profonda crisi di tutta la cerealicoltura, che comunque sopravvisse per poi rifiorire quasi ovunque al ritorno di una relativa pace in Europa. Nel Medio Evo l'orzo venne di nuovo coltivato nelle zone in cui non poteva essere coltivato il frumento e nelle zone in cui veniva consumata la birra. Nel Nord Europa, il pane d'orzo era l'alimento base dei poveri, contrapponendosi al pane di frumento consumato dalle classi ricche. Ancora nel 1800 l'orzo era uno dei cereali più coltivati nell'Europa centro-settentrionale, sia per la produzione di mangimi zootecnici che di birra; pertanto la selezione varietale ebbe in queste regioni risultati notevoli: l'inglese Maris Otter e la tedesca Perga saranno poi alla base del rilancio dell'ordeicoltura nel resto d'Europa. In Italia, l'orzo era molto coltivato soprattutto al Sud, nei terreni poveri e aridi. In queste condizioni di sopravvivenza, la semente veniva prodotta localmente e tramandata di generazione in generazione, con il risultato di una pletora di tipi molto variabili e con media produttività. Nelle zone fertili del Veneto l'orzo fu sempre un cereale secondario, ma nei settori più difficili, come le Prealpi, le Alpi e l'alta pianura, poteva dare buoni risultati nei terreni poco fertili e ricchi di scheletro. Gli impieghi nell'alimentazione umana erano limitati alla preparazione di minestre, modesta panificazione e come surrogato del caffè, scopo per il quale l'orzo veniva talvolta coltivato appositamente in piccoli appezzamenti familiari, mentre il grosso della produzione veniva impiegato per uso zootecnico. In tempi recenti l'orzo è stato presente in pianura, a spese del frumento, per la sua maturazione precoce che gli permette di essere seguito dal mais o dalla soia in secondo raccolto. Nella produzione della birra, l'Italia, paese tradizionalmente viticolo, ha una tradizione molto recente, si diffuse dapprima al Nord, Piemonte, Lombardia e Veneto e più tardi nella penisola e nelle isole. La più antica birreria veneta, (Canale d'Agordo), che ha aperto attorno al 1847, causò la conversione di gran parte delle locali colture di patate in colture d'orzo; cessò l'attività negli anni Trenta del '900. Nel corso degli anni '70, la birreria venne acquisita dall'olandese Heineken e la sua storia industriale prosegue fino ai giorni nostri, nonostante crisi varie e gravi. A Padova, nel 19° secolo, iniziò a produrre birra la ditta Cappellari (Itala Pilsen), poi confluita nella Moretti di Udine. Nel Vicentino il settore ebbe uno sviluppo temporale breve ma tormentato. Il primo stabilimento fu costruito nel 1868 a Piovene-Rocchette, allo sbocco della Val d'Astico, da Pietro Rossi (parente dell'industriale laniero di Schio, Alessandro Rossi), con due caldaie di bollitura della capacità di circa 6 quintali.
Fonte: http://digilander.libero.it/stebama/MEDIA/ortaggi_cereali_legumi.doc
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