Obesità infantile

 

 

 

Obesità infantile

 

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Obesità infantile

 

Che cosa è l'obesità infantile
di Cinzia Confalone, della redazione Ministerosalute.it –settembre 2002   

 

L'obesità infantile è un problema di notevole rilevanza sociale. Il fenomeno, denunciato a gran voce dai più autorevoli nutrizionisti (in Italia colpisce un bambino su quattro) è il risultato di un bilancio energetico positivo protratto nel tempo; in pratica si introducono più calorie di quante se ne consumano.
La definizione di sovrappeso/obesità nel bambino è più complessa rispetto all’adulto, il cui peso ideale è calcolato in base al BMI (Body Mass Index o Indice di Massa Corporea = peso in Kg diviso l'altezza in metri, al quadrato).
In attesa di trovare dei parametri di riferimento più adeguati, il BMI è stato proposto anche per i più piccoli. Pertanto si definisce obeso un bambino il cui peso supera del 20% quello ideale; in soprappeso se supera del 10-20%, oppure quando il suo BMI è maggiore del previsto.
La crescita ponderale del bambino si calcola facendo riferimento alle tabelle dei percentili, grafici che riuniscono i valori percentuali di peso e altezza dei bambini, distinti per sesso ed età. La crescita è nella norma se si pone intorno al 50° percentile. Più si supera il valore medio più aumenta il rischio obesità.
Ci sono mamme che passano ore in palestra, praticano jogging, bilanciano le calorie della propria dieta in maniera eccessiva, ricorrono in casi estremi alla chirurgia plastica per eliminare accumuli di grasso e cellulite, ma paradossalmente non si accorgono dei chili di troppo dei loro figli: è sufficiente questa valutazione per decidere di affrontare il problema.

 

Principali fattori di rischio
L’obesità infantile ha una genesi multifattoriale, essendo il risultato di diverse cause più o meno evidenti che interagiscono tra loro; in primo luogo una eccessiva/cattiva alimentazione, legata o meno ad una ridotta attività fisica e a fattori di tipo genetico/familiare; rari i casi di obesità legati ad alterazioni ormonali quali ipotiroidismo o disfunzioni surrenali.

 

ALIMENTAZIONE - Spesso ci preoccupiamo quando il bambino mangia poco, raramente quando mangia troppo. Se è vero che una dieta insufficiente può portare a deficit di vario tipo (proteine, calcio, ferro, vitamine ed altri nutrienti essenziali alla crescita), di contro, un introito calorico eccessivo determina, dapprima un sovrappeso del bambino e poi, nella maggioranza dei casi, una manifesta obesità.
Non dobbiamo dimenticare che un’iperalimentazione nei primi due anni di vita oltre a causare un aumento di volume delle cellule adipose (ipertrofia), determina anche un aumento del loro numero (iperplasia); da adulti, pertanto, si avrà una maggiore predisposizione all'obesità ed una difficoltà a scendere di peso o a mantenerlo nei limiti, perché sarà possibile ridurre le dimensioni delle cellule, ma non sarà possibile eliminarle. Intervenire durante l'età evolutiva è, quindi, di fondamentale importanza, perché ci dà la garanzia di risultati migliori e duraturi.
I genitori dovrebbero essere i primi ad accorgersi dell’eccessivo aumento ponderale del bambino e mettere al corrente il pediatra, la persona più indicata in questi casi. Spesso però il forte appetito, che a volte si traduce in una vera e propria voracità, viene interpretato come un segnale di benessere e si tende ad incentivarlo più che a limitarlo, con l’illusione che gli evidenti chili di troppo possano scomparire con lo sviluppo. Il bambino cicciottello, poi, ispira più simpatia di uno magro, che anzi, tende a preoccupare il genitore.
Oltre a mangiare troppo, però, il bambino mangia in maniera sregolata, spesso e male. Le tentazioni sono davvero tante, il frigorifero di casa è sempre stracolmo di merendine e snack, i distributori automatici delle scuole invitano a spuntini fuori pasto, costituiti da prodotti industriali ricchi di calorie e grassi nascosti. Le bevande gassate, infine, eccessivamente zuccherine, risultano essere un piacere insostituibile, da preferire all’acqua, specie d’estate, dopo una sudata, o in occasione delle “feste” con gli amichetti.

 

SEDENTARIETÀ - Oltre all’alimentazione scorretta e squilibrata, non dobbiamo sottovalutare, come fattore di rischio, la ridotta attività fisica o la sedentarietà, frutto di uno stile di vita sbagliato, ma sempre di più frequente riscontro.
I piccoli, infatti, sono spesso accompagnati in macchina dai genitori, anche se la scuola o la palestra distano pochi metri da casa, prendono l’ascensore anche per un solo piano, passano ore ed ore davanti al computer e alla televisione (con gli esempi negativi che accentuano le cattive abitudini alimentari), escono sempre meno e così via.
L’esercizio fisico è di fondamentale importanza per il bambino che cresce, in quanto, oltre a farlo dimagrire, lo rende più attivo, contribuendo a ridistribuire le proporzioni tra massa magra (tessuto muscolare) e massa grassa (tessuto adiposo). E’ sufficiente praticare un’attività aerobica leggera, senza affaticare troppo l’organismo, come una pedalata in bici o una camminata, che sottopongono i muscoli ad uno sforzo moderato ma costante e attingono carburante soprattutto dal serbatoio dei grassi; così dimagrire diventa più facile.

 

FAMILIARITÀ - I fattori familiari non sono meno determinanti dei precedenti. L’obesità, sotto certi aspetti, può considerarsi un problema di natura ereditaria e, sotto altri, una conseguenza di fattori ambientali.
Un’indagine multiscopo realizzata dall’ISTAT nel 2000 dimostra che circa il 25% dei bambini ed adolescenti in sovrappeso ha un genitore obeso o in sovrappeso, mentre la percentuale dei bambini sale a circa il 34% quando sono obesi o in sovrappeso entrambi i genitori.
L'esempio della famiglia è fondamentale: non si può parlare di educazione alimentare se i genitori non iniziano per primi a seguire una dieta equilibrata; allo stesso modo non è pensabile che il piccolo sia l'unica persona della famiglia a mangiare un contorno di insalata quando tutti gli altri preferiscono le patate al forno.
Per quanto riguarda la natura ereditaria dell’obesità sono state evidenziate alterazioni di alcuni geni aventi un ruolo nella produzione delle cellule adipose, ma gli studi sono tutt’ora in corso.

 

Fonte: http://www.fuoriclasse.rai.it/docenti/approfondimenti/13_obesitainfantile.doc

Autore del testo: Cinzia Confalone, della redazione Ministerosalute.it –settembre 2002 

Sito web da visitare: http://www.fuoriclasse.rai.it

Parola chiave google : Obesità infantile tipo file : doc

 

Obesità infantile: aspetti pedagogici e attività motoria

Accade sempre più spesso: attratti dalla martellante pubblicità di alimenti dolci o ipercalorici, i bambini avanzano con insistenza la richiesta di acquistarli e capita facilmente che i genitori accontentino i capricci dei propri figli. L’arrendevolezza di cui si rendono colpevoli genitori, nonni e zii, dimostra che all’obesità infantile non viene data la giusta importanza. Le statistiche effettuate a livello europeo indicano, infatti, che il 4% dei bambini è affetto da obesità, e ciò che è ancor più grave, si prevede un forte aumento di questo fenomeno. Va, inoltre, evidenziato che in questa classifica i bambini italiani risultano al primo posto. Si tratta ormai non più solo di emergenza sanitaria ma di una autentica emergenza sociale.

 

BAMBINI SOVRAPPESO 33%

ETÀ

MASCHI

FEMMINE

Dai 6 ai 17 anni

26,9%

21,2%

Le punte più alte
tra i 6 e i 9 anni

33,6%

34,6%

 

Questa tabella mostra alcuni dati della Società italiana di pediatria: i problemi di sovrappeso interessano, in Italia,  il 33 per cento dei bambini. Nella colonna a sinistra, l’età in cui si osserva il sovrappeso; al centro la corrispondente percentuale di maschi  sovrappeso e, a destra, la percentuale di femmine.

In Italia un bambino su tre è sovrappeso, uno su dieci è obeso e rischia addirittura la morte in giovane età. A lanciare l’allarme è un’indagine dell’Istituto Auxologico Italiano di Milano, secondo il quale i giovani obesi sono colpiti da una serie di disturbi che si pensava riguardassero solo gli adulti. “Guardando i ragazzi di oggi possiamo fotografare le generazioni del futuro”, ha spiegato in conferenza stampa Michele Carruba, presidente della Commissione Alimentazione e Stili di Vita del Ministero della Salute. Alessandro Sartorio, direttore del Laboratorio di Ricerche in Auxologia dell’istituto milanese, ha sottolineato che “l’obesità cresce al ritmo del 25% ogni 5 anni”. Il Ministero della Salute rileva che l’obesità dipende solo in piccola parte da fattori genetici;  fondamentali risultano invece l’ambiente nel quale si vive e, in particolare, la famiglia. “I bimbi obesi - ha dichiarato Giancarlo Viberti, direttore del Laboratorio di Ricerche in Diabetologia dell’Auxologico - mangiano le stesse cose dei non obesi, semplicemente ne mangiano in quantità maggiore, assumendo circa 700 calorie in più al giorno”. Cecilia Ivitti - direttore dell’Unità Operativa di Malattie Metaboliche e Diabetologia - suggerisce di ”incoraggiare i figli a giocare all’aria aperta e organizzare passeggiate, biciclettate o nuotate nel tempo libero e regalare loro palloni e pattini, invece di videogiochi”.
Il problema dell’obesità nei bambini non va affatto sottovalutato: è importante affrontare la situazione prima che sorgano problemi più gravi. L’obesità, lungi dall’essere un fenomeno  passeggero legato solo ai primi anni della vita e destinato a risolversi con lo sviluppo, comporta invece serie ripercussioni sul metabolismo e sulla salute anche in fase adulta. E’ provato che adulti affetti da obesità quand’erano bambini, si ammalano più facilmente e la durata della loro vita è minore della media.

 

Spesso ci si preoccupa quando il bambino mangia poco, ma raramente quando mangia troppo. Se è vero che una dieta insufficiente può portare a deficit di vario tipo (proteine, calcio, ferro, vitamine ed altri nutrienti essenziali alla crescita), per contro un introito calorico eccessivo determina, dapprima un sovrappeso del bambino e poi, nella maggioranza dei casi, una manifesta obesità.
Non bisogna dimenticare che un’iperalimentazione nei primi anni di vita oltre a causare un aumento di volume delle cellule adipose (ipertrofia), determina anche un aumento del loro numero (iperplasia). Da adulti, pertanto, si avrà una maggiore predisposizione all'obesità e difficoltà a scendere di peso o a mantenerlo nei limiti, perché sarà possibile solo ridurre le dimensioni delle cellule adipose, ma non eliminarle. Intervenire durante l'età evolutiva per ridurre il numero di cellule adipose, cosa che non sarà più possibile in fase adulta, è quindi  di fondamentale importanza perché ci dà la garanzia di risultati migliori e duraturi.

 

Fonte: breve citazione da http://www.tuttosanita.it/ArchivioDocumenti/Interventi/OBESITA'%20INFANTILE%20x%20Tutto%20Sanit%C3%A0.doc

Autore del testo:Donato Calò

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