Malattie dovute alla cattiva alimentazione
Malattie dovute alla cattiva alimentazione
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Obesità
Obesità Patologia caratterizzata dall'accumulo di eccessive quantità di tessuto adiposo a livello sottocutaneo, e da un peso corporeo molto al di sopra dei valori normali. Lo sviluppo dell’obesità a partire da uno stato iniziale di sovrappeso può avvenire più o meno gradualmente, a seconda dell’individuo colpito. Il sovrappeso può manifestarsi nell’infanzia, infatti hamburger e patatine sono uno dei piatti preferiti dai bambini. Per non parlare delle merendine, bevande zuccherate gassate e gelati. Molti genitori utilizzano questi alimenti per premiare i figli. L’obesità può anche comparire in età avanzata.
L’INDICE DI MASSA CORPOREA |
La presenza di grasso corporeo si riscontra in tutti i mammiferi, in alcuni dei quali spessi pannicoli adiposi permettono la sopravvivenza in climi particolarmente rigidi o durante il periodo del letargo. In condizioni normali, nella specie umana il grasso corporeo costituisce il 25% del peso corporeo delle donne e il 15% di quello degli uomini; quando esso supera tali valori, porta progressivamente a una condizione di sovrappeso e, infine, di obesità vera e propria. Per dare una valutazione pratica del grado di sovrappeso o di obesità di un individuo, si utilizza il cosiddetto indice di massa corporea (IMC, o indice di Quetelet), che corrisponde al rapporto tra il peso (espresso in chilogrammi) e il quadrato dell’altezza (espressa in metri quadrati). Utilizzando tale parametro, si parla di sovrappeso se esso è compreso tra 25 e 30, e di obesità se supera il valore 30.
CAUSE DELL’OBESITÀ |
La deposizione di lipidi nelle cellule adipose, che forniscono circa il doppio dell'energia dei carboidrati o delle proteine, rappresenta un efficiente sistema con cui l’organismo accumula una riserva energetica di cui poter disporre. I lipidi, dunque, completano la funzione energetica, svolta innanzitutto dai carboidrati. La deposizione eccessiva di grasso corporeo è però un fenomeno anomalo, le cui cause non sono ancora del tutto chiarite.
L’obesità è probabilmente una patologia multifattoriale, scatenata cioè da cause differenti, che, a seconda dell’individuo, possono rivestire un significato più o meno preponderante. Spesso si riscontra un regime alimentare scorretto, a cui possono essere associati altri fattori: in alcuni soggetti vi è uno squilibrio del sistema endocrino; in altri sembra che la causa vada ricercata in una storia familiare di obesità. Possono anche essere presenti disturbi a livello dell’apparato digerente, che alterano la capacità di assorbimento delle sostanze nutritive. Alcuni ricercatori hanno dimostrato che gli individui di peso normale compensano eventuali eccessi alimentari in modo fisiologico, alimentandosi in minore quantità, mentre gli obesi non sembrano in grado di attuare questo controllo. In alcuni di questi, la massa corporea può raggiungere un valore superiore alla norma perché, anche se i meccanismi che controllano il metabolismo energetico sono efficienti, vengono ”regolati” su un valore di equilibrio troppo alto. In tal caso, la causa della patologia può risidere in un’alterazione dei centri di controllo nervosi. Si è anche verificato che l’obesità può insorgere dopo alcuni eventi scatenanti, quali la gravidanza, un’attività fisica forzatamente ridotta e disturbi psicologici.
OBESITA’ E GENE DELLA LIPTINA |
Un particolare gene, chiamato Ob, codifica per un ormone, la leptina, che agisce a livello del tessuto adiposo e regola l’assunzione di cibo in dipendenza del consumo energetico. La mutazione di questo gene determina la sintesi di un ormone inefficace. Poiché il gene Ob è un gene recessivo, affinché si sviluppi l’obesità devono risultare mutati entrambi gli alleli portati dall’individuo; la presenza di anche un solo gene sano permette, dunque, un normale controllo del peso. L’obesità può svilupparsi anche quando risultano mutati non i geni, ma i recettori cellulari della leptina presenti nel cervello; in tal caso, infatti, anche se l’ormone viene prodotto normalmente, non può agire perché i recettori mutati non riescono a riconoscerlo e a legarlo correttamente e, dunque, non consentono a livello cerebrale la trasmissione del segnale di controllo per l’assunzione del cibo.
POSSIBILI COMPLICAZIONI |
I soggetti obesi vanno incontro a possibili complicazioni del loro stato di salute generale, perché il sovrappeso ha effetti negativi soprattutto sull’apparato scheletrico e sull’apparato circolatorio. Le malattie che più di frequente insorgono, come conseguenza dell’obesità, sono il diabete, l’insufficienza coronarica, l’infarto del miocardio, l’arteriosclerosi, l’ipertensione, l’insufficienza respiratoria e l’artrosi.
TERAPIA |
Il tradizionale trattamento del paziente obeso consiste in un regime alimentare ipocalorico (in cui l’introito giornaliero di calorie è inferiore a quello ritenuto normale per una persona della stessa età e che svolge una normale attività fisica) che viene stabilito da un medico specialista (dietologo) e, nei casi più gravi, può essere seguito in appositi centri di cura. Talvolta vengono prescritte diete proteiche liquide, simili a quelle utilizzate per alcuni pazienti ricoverati in ospedale, che, tuttavia, sconvolgono il naturale equilibrio idrosalino dell'organismo e compromettono la funzionalità cardiaca. Altri approcci terapeutici possono affidarsi a farmaci anoressizzanti, i cui principi attivi, derivati dalle anfetamine, agiscono inibendo la sensazione di fame. Vi sono dubbi, comunque, sull’efficacia dei risultati ottenuti con questa terapia; inoltre, sembra che la prolungata assunzione di essi provochi dipendenza. Per questi motivi, l’uso di anoressizzanti è oggi sempre più raro.
TERAPIA CHIRURGICA |
Esistono due tipi di intervento chirurgico che permettono di affrontare l’obesità grave e resistente ai regimi alimentari: il by-pass ileale e il by-pass gastrico. Nel primo intervento viene asportato un tratto di intestino allo scopo di ridurre l'assorbimento delle sostanze nutritive; questo intervento è comunque attualmente assai poco praticato, poiché può innescare gravi effetti collaterali, come danni al fegato e diarrea cronica, e ha provocato persino decessi. Nella procedura del by-pass gastrico, una considerevole proporzione dello stomaco viene chiusa con graffe chirurgiche; in tal modo notevolmente ridotta la quantità di cibo che il soggetto riesce ad assumere.
Anoressia Patologia caratterizzata da perdita dell’appetito e progressivo rifiuto del cibo e, talvolta, anche dell’acqua. È una malattia che porta ad un dimagrimento smisurato e spaventoso. La persona affetta da anoressia non mangia e non vuole mangiare. Cosicché dimagrisce, deperisce, e spesso deve essere ricoverata in ospedale per un’alimentazione forzata. In qualche caso la persona non cela fa a recuperare peso e le forze e sopravviene la morte. L’anoressia non è dovuta ad un semplice disagio, ma è una vera e propria malattia mentale. Non ci sono farmaci idonei a curarla in quanto la persona anoressica è ferma nel suo proposito di non mangiare. L’anoressia non è una malattia moderna. Essa può avere diverse cause; può essere organica, e costituire una manifestazione di gravi malattie, come alcune forme di cancro e l’ipertiroidismo, o essere concomitante a forme di gastrite, all’alcolismo, o ad alcune affezioni associate all’AIDS. L’anoressia determina, se si protrae nel tempo, carenze nutrizionali; può condurre a uno stato di vera e propria malnutrizione. Un particolare tipo di anoressia è quella denominata anoressia mentale o nervosa.
ANORESSIA MENTALE |
L’anoressia mentale costituisce una forma di anoressia tipica soprattutto delle ragazze adolescenti. Sembrano particolarmente colpite le ragazze tra i 12 e i 18 anni, appartenenti a classi sociali medio-alte. Essa viene considerata più un disturbo psicologico che una malattia organica; questo aspetto rende spesso più difficile la sua individuazione, almeno nelle sue fasi iniziali, e più complesso il trattamento terapeutico. In molti casi l’anoressia non è riconosciuta come un “problema” da parte del soggetto che ne è affetto o dei suoi familiari; di conseguenza, la consultazione di un medico viene effettuata spesso per il trattamento di disturbi che non sembrano in relazione con l’anoressia e che, in realtà, ne sono conseguenti.
Cause |
Non è facile identificare come si sviluppa lo stato di disagio psicologico che porta a comportamenti anoressici. Le indagini compiute recentemente sull’anoressia mentale, patologia che sembra essere in fase di diffusione, mostrano alcuni elementi comuni nella storia dei pazienti. Tra questi, vi sono elementi “psicologici”, come la presenza di disturbi relativi all’alimentazione nelle madri o nelle nonne (a loro volta anoressiche o obese); figure materne autoritarie, con rigide imposizioni alimentari, oppure figure paterne “importanti”, affermate nel lavoro, con forti aspettative sui figli; scarsa possibilità di avere spazi propri all’interno della famiglia. Vi sono inoltre elementi “fisici”, come lo svolgimento di una eccessiva attività fisica, la presenza di piccoli disturbi gastro-intestinali (nausea, gonfiore addominale) che inducono a ridurre l’introduzione di cibo; un effettivo stato di sovrappeso, che può verificarsi durante la pubertà mentre nell’organismo si instaurano nuovi equilibri ormonali.
SINTOMI
La patologia si sviluppa a partire da una errata immagine del proprio corpo, che si percepisce sempre come inadeguato e, in particolare, costantemente in condizioni di sovrappeso. I soggetti anoressici, temendo di non ricevere l’approvazione degli altri, cominciano a rifiutare il cibo. Nelle fasi iniziali, è possibile non accorgersi che il soggetto è affetto da anoressia, perché questi sembra apparentemente seguire una semplice dieta dimagrante a fini estetici; inoltre, spesso l’anoressico può in presenza di altri cibarsi ma, per “non ingrassare”, dopo può provocarsi artificialmente il vomito. Con l’aggravarsi della malattia, il vomito in molti casi avviene automaticamente, anche solo alla vista del cibo. Il progressivo stato di malnutrizione innesca vari disturbi, tra i quali: la perdita delle mestruazioni (vedi Amenorrea); il depauperamento delle riserve di tessuto adiposo, con conseguente abbassamento di organi che normalmente poggiano su pannicoli grassi, come i reni e lo stomaco, e disturbi nel funzionamento di questi organi; abbassamento della pressione sanguigna; sviluppo di disturbi della pelle, dei denti, delle unghie e dei capelli (che si desquamano e si spezzano con facilità); arresto del processo di crescita (nei casi in cui l’anoressia insorga precocemente, prima della pubertà); forti squilibri ormonali; osteporosi, a causa dell’insufficiente introito di calcio e altri sali minerali. I ripetuti episodi di vomito privano l'organismo di liquidi e di potassio, il che può avere effetti avversi sulla funzione cardiaca; inoltre, l’acidità del vomito può nel tempo corrodere i denti e la mucosa dell’esofago. Ancora, all’anoressia possono essere associati disturbi della sessualità e forme depressive.
L’anoressia mentale può alternarsi, in alcuni pazienti, a manifestazioni di bulimia, in cui il paziente si ciba con voracità e in modo non equilibrato; esso quindi si procura il vomito e ritorna a una fase anoressica.
TERAPIA |
Per la cura dell’anoressia non esiste un'unica terapia che abbia dimostrato di essere efficace in tutti i casi. Circa la metà dei pazienti che si sottopongono a psicoterapia, singola o familiare, guarisce senza andare incontro a ricadute. La normalizzazione del peso corporeo è un passo importante nel trattamento di questa patologia, che talvolta prevede anche la somministrazione di farmaci antidepressivi. In una percentuale variabile tra il 5 e il 18% dei casi, l'anoressia nervosa ha esito fatale. Poiché, soprattutto tra gli adolescenti, il problema dell’anoressia viene spesso vissuto in solitudine, e tenuto nascosto a familiari e amici, sono stati di recente attivati servizi come quello denominato Telefono Amico che possono sostenere psicologicamente il malato, mantenendo il suo bisogno di riservatezza.
Bulimia Disturbo dell’alimentazione in cui il paziente sembra colpito da fame insaziabile e ingerisce alimenti in grande quantità e in modo non bilanciato. In molti casi, dopo il pasto si provoca il vomito o ingerisce lassativi, allo scopo di ingerire nuovamente cibo; in altri casi, la bulimia può alternarsi con periodi di anoressia, in cui il soggetto rifiuta il cibo.
SINTOMI |
Gli individui colpiti nel 90% dei casi sono di sesso femminile, hanno in media venti anni e sono caratterizzati da sovrappeso; la bulimia può insorgere, per contro, anche in soggetti eccessivamente dimagriti come conseguenza di diete molto ristrette e protratte nel tempo. Il quadro psicologico rivela un’eccessiva attenzione per la forma fisica, insoddisfazione e disturbi d’ansia, scarsa capacità di controllo dei propri impulsi, instabilità affettiva. La necessità di ingerire grandi quantità di cibo, infatti, sembra correlata al desiderio di placare stati ansiosi e solitudine; il vomito e l’uso di lassativi, per contro, compaiono dopo l’eccessiva introduzione di calorie, per il desiderio di mantenere il peso corporeo, ma probabilmente anche per nascondere agli altri l’ingrassamento (e quindi il proprio disturbo) e probabilmente per la disistima derivante dagli episodi bulimici. In breve tempo, però, l’appagamento che l’ingerimento del cibo apporta determina il bisogno di nuovi pasti. Spesso il soggetto tende a isolarsi, per non essere osservato dagli altri nei propri eccessi alimentari.
Si è osservato che, in soggetti sottoposti a diete molto ristrette per lungo tempo, si manifesta la tendenza bulimica a ingerire molto più cibo del necessario anche dopo il ritorno a un regime alimentare normale. Il metabolismo si adatta al ciclo di bulimia-assunzione di lassativi/vomito, rallentando e in tal modo aumentando il rischio che vi sia un aumento di peso anche solo attraverso l’ingestione di una quantità normale di calorie. La continua assunzione di lassativi e l’induzione dello stimolo del vomito possono stimolare a livello cerebrale la produzione di sostanze di tipo oppiaceo, come le endorfine, che hanno un effetto sedativo sul metabolismo. Quando il soggetto si trova in fase anoressica, invece, manifesta facile irritabilità e la tendenza a sviluppare stati depressivi. Questi disturbi psicologici scompaiono aumentando la quantità di cibo introdotta; il paziente entra di conseguenza in una nuova fase bulimia; in particolare, privilegia alimenti dolci, dato che stimolano la produzione di serotonina e migliorano indirettamente l’umore.
DISTURBI ORGANICI |
Il quadro clinico dei soggetti bulimici rivela lesioni a diversi organi: erosione dei denti, dovuta ai ripetuti episodi di vomito; lesioni della mucosa esofagea; aumento del volume delle ghiandole paratiroidi; infiammazione del tubo digerente; alterazione del bilancio idrico e dei sali, soprattutto del potassio, derivante dall’uso prolungato dei lassativi, da cui possono derivare estrema debolezza, paralisi e anomalie della contrazione cardiaca. Altri disturbi possono derivare dagli effetti collaterali dei farmaci assunti frequentemente dai bulimici, quali i lassativi, sostanze emetiche che inducono il vomito e, nel caso dei bulimici-anoressici, gli anoressizzanti per ridurre l’appetito e i diuretici. In generale, le prospettive di guarigione sono migliori per i bulimici che per gli anoressici.
TERAPIA |
La diagnosi della bulimia in molti casi non è facile: il comportamento alimentare del paziente deve essere osservato per un certo periodo di tempo, al fine di definire il suo rapporto con il cibo. Il disturbo viene diagnosticato se si verificano almeno due episodi bulimici a settimana, nel periodo di tre mesi.
Il trattamento terapeutico deve innanzitutto vincere le resistenze mentali del bulimico, che ritiene il vomito o l’eccessiva emissione di feci l’unico rimedio alla tendenza a ingrassare. Il paziente bulimico deve essere ospedalizzato meno frequentemente di quanto avviene nell’’anoressico, a meno che non presenti fasi anoressiche o sia affetto da depressione maggiore; può essere curato mediante psicoterapia cognitivo-comportamentale e antidepressivi.
La psicoterapia è finalizzata a modificare l’immagine distorta del proprio corpo che di solito ha il paziente con disturbi alimentari, e i disturbi d’ansia che trovano temporaneo appagamento con l’ingestione del cibo. Il soggetto impara a nutrirsi tre volte al giorno, e a includere alimenti di ogni genere e deve prendere nota degli episodi di vomito o dell’impiego di lassativi, allo scopo di divenire maggiormente consapevole del suo comportamento. La terapia può coinvolgere anche i familiari, dato che i disturbi alimentari trovano spesso le radici più profonde in situazioni conflittuali del vissuto familiare.
Gli antidepressivi più usati nel trattamento della bulimia sono la fluoxetina, l’imipramina e la desipramina; alcuni medici impiegano anche il naltrexone, solitamente applicato alla cura delle tossicodipendenze. Alcuni studi hanno evidenziato che livelli elevati di ormoni maschili possono indurre nelle donne bulimiche tendenze depressive e l’impulso alla sovra-alimentazione; pertanto, concludono che la somministrazione di flutamide, capace di ridurre le concentrazioni di questi ormoni, può giovare alle pazienti entro una settimana di trattamento.
ORTORESSIA
L’ ortoressia ( dal greco orthos- corretto-e orexis- appetito-) è una forma di attenzione eccessiva alle regole alimentari, alla scelta del cibo e alle sue caratteristiche. Può essere dovuta a una paura, a volte maniacale, d’ingrassare o di non essere in perfetta salute, e conduce proprio, di norma, ad un risultato opposto con conseguenze negative sul sistema nervoso, avvertite con difficoltà dal soggetto colpito e in modo evidente da chi lo circonda. È classificata come disturbo dell’alimentazione, ma non ancora ufficialmente riconosciuta dal mondo psichiatrico.
La carenza di iodio, un problema attuale |
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Il kwashiorkor |
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La crescita demografica
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Nel mondo ci sono persone che come abbiamo visto muoiono della fame ed altre che invece pur avendo cibo si “cimentano” in diete sbagliate che possono portare ad una malattia già tratta prima: l’anoressia. Qui sotto elencate ci sono diete bizzarre come la dieta dei gruppi sanguigni ed altre dissociate come quella di Shelton. Esaminiamole:
DIETA DI ATKINS
Proposta negli anni '70 dal dr. Robert C. Atkins nel suo centro di cardiologia di New York, prende di mira il ruolo "nefasto" dei glicidi di cui propone una drastica riduzione. Il suo libro "Dr Atkins' New Diet Revolution" suscitò interesse e nel contempo critiche da parte della scienza ufficiale.
Secondo il dr. Atkins è il meccanismo dell'insulina, scatenato dai glicidi, a innescare il processo di accumulo di grasso. Infatti l'assunzione degli zuccheri mette in circolo insulina che ne permette l'utilizzo energetico dopo averli trasformati in glucosio. Se questo meccanismo non funziona alla perfezione parte del glucosio viene convogliato a formare grasso sottocutaneo. Riducendo pertanto l'assunzione di glicidi viene anche ridotta la produzione di insulina.
Sempre secondo il dr. Atkins, per "bruciare" i grassi è necessario attivare il "Fat Mobilizing Hormone", ormone la cui produzione è inversamente proporzionale alla presenza dei glicidi.
La dieta si articola in quattro fasi:
- Una prima fase, della durata di due settimane, dove non vanno superati i 20 grammi giornalieri di glicidi (sono permesse solo verdure a basso contenuto glicidico come insalata, cetrioli, finocchi). Vietati i cereali e derivati, riso, legumi, patate e frutta. Consentite le proteine ma solo per cibi ad alto contenuto proteico come pesce, carne, formaggio, uova. Vietato, invece, latte e yogurt. Sono permessi i grassi, anche burro e panna. Proteine e grassi possono essere assunti in quantità illimitata. E' consentito il caffé non zuccherato e le bibite light.
- Una seconda fase con modello alimentare simile alla fase precedente ma con la possibilità di arrivare a 40 grammi di glicidi.
- Una terza fase dove è possibile assumere glicidi sotto forma di frutta, pane o yogurt.
- Una quarta e ultima fase, che è quella di mantenimento, che permette di arrivare a 60 grammi di carboidrati. In questa fase possono essere introdotti, gradualmente, pane, pasta, riso, legumi, patate, ecc.
CRONODIETA
Nata negli anni '90 da osservazioni di due medici italiani, non prende in esame la quantità di calorie ingerite quanto invece la capacità di assorbimento dell'organismo in relazione ai ritmi biologici e ai diversi flussi ormonali nell'ambito delle 24 ore (cicli circadiani).
Al mattino si innalza progressivamente il metabolismo come anche la produzione di ormoni che regolano in particolare quello glicidico. Il cibo introdotto viene metabolizzato meglio e aumenta la velocità con la quale viene utilizzato ai fini energetici.
I glicidi (pane, pasta, biscotti, legumi, frutta zuccherina, ecc.) vanno assunti nelle ore che intercorrono tra il risveglio mattutino e le prime ore pomeridiane (entro le ore 15.00 circa). In questo modo, oltre a fornire energia muscolare subiscono una minore possibilità di essere immagazzinati a grasso di riserva. Va anche presa in esame la loro facilità di assimilazione. Pertanto pane, pasta e patate vanno assunti nelle prime ore della giornata mentre nella seconda parte sono da preferire riso e mais. Gli stessi glicidi non vanno associati ad alimenti proteici come carne, pesce, uova, latticini, inoltre vanno preferiti i cibi integrali.
Il pranzo deve essere il pasto più abbondante della giornata.
La cena assume la caratteristica di un prevalente contenuto di cibi proteici.
Le verdure e la frutta devono essere fresche e di stagione. Tutte le verdure devono essere presenti nei due pasti principali con la differenza che quelle a più elevato contenuto glicidico non vanno consumate a cena (barbabietole, carote, carciofi, broccoli, cavoli di Bruxelles, rape, verze, pomodori, peperoni, melanzane, spinaci, cipolle, ecc.).
La frutta può essere mangiata anche a metà pomeriggio, ma evitata a cena.
Nei condimenti va data la preferenza all'olio extravergine di oliva e agli oli di semi pressati a freddo. Vanno evitati i grassi di origine animale in genere (burro, lardo, pancetta, ecc) e cibi contenenti una elevata percentuale di grassi animali (latte e yogurt interi, formaggi grassi, insaccati).
Non vanno assunti vino, birra e caffé insieme ai pasti a prevalenza di glicidi.
Sono consigliati 5 pasti giornalieri, due dei quali sono spuntini di metà mattinata e metà pomeriggio.
Osservazioni: presenta parzialmente i limiti di una dieta dissociata. Tiene parzialmente conto dell'interazione tra i vari principi alimentari, ovvero del fatto che alcuni nutrienti, per essere digeriti e assorbiti in maniera ottimale, richiedono necessariamente la presenza di altri. Ad esempio il ferro "eme", contenuto essenzialmente nei cibi proteici di origine animale, viene assorbito in maniera ottimale solo se in presenza di cibi ricchi di vitamina C, ovvero alimenti di origine vegetale, specialmente la frutta.
DIETA DEI GRUPPI SANGUIGNI
Peter D'Adamo, naturopata americano, studiando la presenza dei gruppi sanguigni nelle varie popolazioni, giunse a conclusione che esisteva una correlazione tra gruppo sanguigno e modalità di assunzione di alcuni alimenti. Secondo D'Adamo i vari gruppi sanguigni si sono adattati nei millenni alle modificazioni dei rapporti tra popolazioni e territorio (popolazioni dedite alla caccia oppure stazionare e dedite allo sfruttamento del suolo). Lo stesso è avvenuto col cibo e con la capacità di digestione e assorbimento ottimale. Pertanto, a seconda del gruppo sanguigno, esistono dei cibi tollerati e altri che possono creare problemi fino alle intolleranze vere e proprie. Alcune particolari proteine, le "lectine", hanno la proprietà di agglutinazione in relazione ai vari gruppi sanguigni e ai cibi introdotti, procurando intolleranze alimentari e rigetto. Le lectine sono delle "supercolle" naturali usate dagli antigeni dell'organismo, ma anche da batteri, virus e parassiti per legarsi ai tessuti e organismi. Questo comporta una incompleta assimilazione dei cibi e di conseguenza la facilità a formare depositi di grasso, inoltre edemi, infiammazione delle muscose intestinali, epatiti, debolezza nervosa. La verifica di una eventuale alterazione dovuta all'incompleta metabolizzazione delle proteine si può fare dalle analisi delle urine dove si verifica il tasso di presenza di "indoli" che sono sostanze tossiche.
I gruppi sanguigni e le loro caratteristiche sono essenzialmente:
- GRUPPO 0: tipico dell'essere umano dedito alla caccia (prevalente alimentazione a base di carne), comprende circa il 40% della popolazione europea e il 47% di quella italiana. Presenta un apparato digerente robusto ma non altrettanto si può dire del sistema immunitario, in particolare se riferito ai cambiamenti delle abitudini alimentari (allergie, coliche intestinali, malattie autoimmuni come l'artrite). Inoltre necessità di una attività fisica intensa e regolare, praticamente l'attività agonistica vera e propria specialmente se richiede forza e abilità.
Dal punto di vista alimentare sono problematici i cereali e i legumi in genere, la carne di oca e di maiale, i pesci quali il caviale, salmone affumicato, aringa salata, il latte e derivati e alcune verdure come le melanzane e le patate.
Sono invece importanti la carne e il pesce in genere, il kefir e lo yogurt, la frutta e la verdura.
- GRUPPO A: rappresenta la civiltà contadina (prevalente alimentazione vegetariana) diffuso in Europa nel 43% delle persone e nel 38% in Italia. L'apparato digestivo è particolarmente delicato mentre quello immunitario è abbastanza efficiente salvo verso le cellule mutanti come i tumori. I disturbi più frequenti sono le malattie cardiache, tumori, anemie, disturbi del fegato e cistifellea. Necessita di una attività fisica e sportiva di resistenza ad intensità media.
L'alimentazione problematica è costituita dalla carne rossa, pesce come anguilla, crostacei, pesce affumicato e salato. Inoltre i latticini in genere, cereali e derivati, leguminose come ceci e fagioli dell'occhio. Le verdure tra cui melanzane, cavolo cappuccio, patate, pomodoro e la frutta come le arance, banane, melone, noce di cocco, mango, papaia.
I cibi indicati sono i volatili e il pesce in genere, cereali, soia e derivati, verdure, frutta, tè, vino rosso.
- GRUPPO B: tipico dei nomadi con cultura ascetica, ne fanno parte il 12% della popolazione europea e l'11% di quella italiana. Presenta una particolare efficienza del sistema immunitario. I disturbi tipici sono il diabete, sindrome da fatica cronica, malattie autoimmuni e sindrome premestruale. Dovrebbe effettuare una attività fisica di resistenza prettamente aerobica.
Dal punto di vista alimentare può avere una dieta abbastanza varia con alcune limitazioni come animali da cortile, carne di maiale, interiora, pesce come anguilla, crostacei, seppie, cereali in genere, formaggio fuso, alcune verdure come carciofi, pomodoro, rapanelli e frutta a guscio.
Sono ottimali le carni magre compresa la selvaggina e il pesce, i cereali come il riso e pane di miglio. Inoltre, il latte e derivati, verdura e frutta. Possono assumere in quantità superiore ai due gruppi precedenti i cereali, semi oleosi e frutta secca, tè verde e vino.
- GRUPPO AB: Comprende solo il 5% della popolazione europea e il 3,8 di quella italiana, è anche il gruppo comparso più recentemente (circa 1000 anni fa) e presenta tutte le caratteristiche della moderna civilizzazione. E' particolarmente resistente alle allergie ma non ai tumori (malattie cardiocircolatorie, tumore, anemia). L'apparato digerente è particolarmente debole. Non necessita di particolare attività fisica.
I cibi da evitare sono il manzo, selvaggina, maiale, anatra, oca e pollo, il pesce come anguilla, crostacei, salmone affumicato. Inoltre, i cereali come il grano saraceno e il mais, il latte e derivati, in particolare i formaggi fermentati. Anche alcune verdure come carciofi, rapanelli, ramolaccio e frutta come l'avocado, banana, noce di cocco, mango, arance.
Sono indicati la carne di fagiano, tacchino, animali erbivori, il pesce. Tra i cereali il riso e il pane alla soia, miglio e germe di grano. Inoltre, alcuni derivati del latte come lo yogurt, kefir, mozzarella, formaggio di pecora e capra, formaggi rustici. Frutta e verdura, tè verde e caffé.
Osservazioni: non presenta particolari squilibri purché tutti gli alimenti previsti per i vari gruppi facciano parte della dieta. Ad esempio dove è prevista l'assenza di latticini e derivati può determinarsi una carenza di calcio e vitamina A.
DIETA DISSOCIATA DI SHELTON
Viene proposta negli anni '50 dal medico Herbert Shelton che enuncia la legge delle "combinazioni alimentari". Insieme al dr. Howard Hay possono definirsi i capostipiti delle diete dissociate.
Propone di evitare, nello stesso pasto, alcune associazioni come tra amidi con proteine di origine animale, grassi animali con proteine, alcune proteine tra loro, alimenti altamente zuccherini con alimenti proteici ed amidi, cibi e bevande acide con proteine ed amidi. Questo in considerazione delle diverse richieste digestive (enzimi) di ciascun alimento e, quindi, interferenza sulla digeribilità ed assimilazione ottimale dell’uno o dell’altro principio alimentare. Shelton mette in evidenza che la digestione ottimale delle proteine richiede un ambiente acido mentre per i glicidi un ambiente basico.
Alcuni esempi di associazioni:
- carne, pesce, uova, latte e derivati, frutta in genere;
- pane, pasta, riso, patate, dolci, banane.
Sono considerati cibi "neutri", quindi abbinabili con tutti verdura, frutta secca, olio e burro.
Lavoro eseguito da Giulia Cugini, Simone Di Luzio, Jhonatan Mangano e Christian Preziuso – classe 2 e – s.m.s. “via fontana
della rosa” – velletri
fonte: http://www.fontanarosascuola.net/upload/11.%20malattie%20dovute%20alla%20cattiva%20alimentazione.doc
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