Principi nutritivi

 

 

 

Principi nutritivi

 

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I PRINCIPI NUTRITIVI

I “pincipi nutritivi” sono le sostanze chimiche che si trovano più o meno in tutti gli alimenti, in quantità diverse, e che il nostro organismo utilizza per svolgere tutte le funzioni vitali.
Distinguiamo tra MACROnutrienti e MICROnutrienti:


 

 

 


VEDIAMO A COSA SERVONO E IN QUALI ALIMENTI LI POSSIAMO TROVARE

MACRONUTRIENTI:
LE PROTEINE
Le proteine sono formate da unità dette aminoacidi che legandosi danno luogo a molecole di complessità molto variabile. In natura gli aminoacidi sono 20, di cui 8 sono detti “essenziali” perché l’organismo non è in grado di sintetizzarli, quindi siamo costretti ad assumerli con gli alimenti. I restanti 12 non sono “essenziali”, dunque siamo in grado di “fabbricarli.
In base al contenuto in aminoacidi essenziali, si suole suddividere gli alimenti in 3 gruppi:

  • Alimenti ad alto valore biologico (complete, contengono tutti gli aminoacidi essenziali) : carne, pesce, uova, latte e latticini.
  • Alimenti a medio valore biologico (parzialmente complete, contengono una quantità discreta di aminoacidi essenziali): legumi, lievito di birra, cereali integrali)
  • Alimenti a basso valore biologico (incomplete, contengono un numero insufficiente di aminoacidi essenziali): cereali (raffinati), ortaggi, frutta e verdura.

Ma perché dobbiamo assumere le proteine?


Le proteine svolgono nell’organismo diverse funzioni:

  • Strutturale: concorrono all’accrescimento dell’individo o alla sostituzione delle cellule danneggiate o usurate.
  • Di trasporto: per es l’emoglobina responsabile del trasporto di ossigeno nel sangue
  • Ormonale: gli ormoni controllano diversi processi metabolici
  • Enzimi: “catalizzano” processi metabolici
  • Di difesa: gli anticorpi (immunoglobuline) costituiscono il sistema di difesa “specifico” del nostro organismo
  • Energetica: le proteine sviluppano 4 kcal/g, ma l’organismo le usa solo in caso di “emergenza” (prima brucia i glucidi, poi i lipidi, infine passa alle proteine.
    Il fabbisogno giornaliero in proteine è del 10-15% sul totale delle calorie introdotte.

CARBOIDRATI (O ZUCCHERI O GLUCIDI)
I Carboidrati sono formati da unità chiamate monosaccaridi (come lo sono gli aminoacidi per le proteine) ed hanno nel nostro organismo la funzione di fornire energia di rapida utilizzazione. Lo “zucchero” che utilizza il nostro organismo per ottenere energia è il “glucosio”, per intenderci quello presente nel sangue umano, e pertanto anche gli altri carboidrati che ingeriamo vengono trasformati in glucosio per potere essere utilizzati.
1 grammo di gludici fornisce 4kcal.
Il fabbisogno in carboidrati il 50%- 60% dell'energia giornaliera, di cui:

  • appena il 10-12% dovrebbe provenire da zuccheri semplici (come il saccarosio, che è lo zucchero da cucina, o il fruttosio contenuto nella frutta)
  • il 40-50% di glucidi nella dieta dovrebbe provenire dagli zuccheri complessi (essenzialmente l’amido) di cui sono ricchi pane, pasta, legumi e patate.

Gli zuccheri introdotti in eccesso vengono inizialmente immagazzinati nel fegato da dove possono essere facilmente riutilizzati in caso di necessità.
Esaurita la capacità di accumulo, anche gli zuccheri vengono trasformati in grassi e si depositano nel tessuto adiposo.
Fa parte dei carboidrati la Fibra Alimentare (come cellulosa, pectina, lignina) : l'uomo non è capace di digerirla (e tutto ciò che non riusciamo a digerire contribuisce alla formazione delle feci) , ma svolge importanti funzioni nell'organismo, regolando la funzione intestinale, ritardando lo svuotamento gastrico e contribuendo a mantenere il senso di sazietà.
Recentemente le è stata attribuita una funzione protettiva contro lo sviluppo di alcuni tumori.

 

I GRASSI (O LIPIDI)
I grassi (lipidi) sono una fonte concentrata d'energia di lenta utilizzazione (un grammo di grasso produce 9 kcal) e veicolano le vitamine liposolubili (A, D, E, K) (liposolubile= solubile nei lipidi) , facilitandone l'assorbimento. Nel corpo garantiscono una riserva di energia, agiscono come isolanti termici e proteggono gli organi interni.
I nutrizionisti consigliano di privilegiare i grassi di origine vegetale, limitando il consumo di quelli di origine animale, perché gli oli di oliva e di semi sono praticamente privi di colesterolo e ricchi di sostanze (gli acidi grassi insaturi) non solo benefiche, ma anche indispensabili per l'organismo che in alcuni casi non sa sintetizzarle e deve necessariamente rifornirsene con il cibo.
Infatti, considerando che il fabbisogno giornaliero in lipidi è del 25-30% delle calorie totali, questi dovranno essere così suddivisi:

  • 1/3 di origine animale (il grasso della carne, del pesce, dei formaggi, il burro)
  • 2/3 di origine vegetale (es: olio extravergine d’oliva e gli altri oli di semi)

 

 

 

 

MICRONUTRIENTI:

 

LE VITAMINE
Le vitamine sono sostanze prive di valore energetico ma indispensabili, anche se in piccole dosi (da pochi microgrammi a 100 milligrammi) per lo svolgimento dei processi che rendono possibile la vita.
Ogni vitamina svolge una specifica azione e l'alimentazione deve assicurare un apporto sufficiente di tutte queste sostanze perché l'organismo non è capace di fabbricare.
Le malattie da carenza di vitamine sono passate alla storia per aver distrutto eserciti e decimato gli equipaggi delle navi come lo scorbuto (carenza di vitamina C) , la pellagra (carenza di vitamina PP) , i beri-beri (carenza da vitamina B I) .
I composti riconosciuti come vitamine per l’uomo sono 13, di cui 4 liposolubili (A, D, E, K) e 9 idrosolubili: tiamina o B1, riboflavina o B2, niacina o PP, acido pantotenico, piridossina o B6, biotina e cianocobalamina o B12, l’acido ascorbico o vitamina C, acido folico.
Le vitamine si trovano sia negli alimenti vegetali che in quelli animali e vengono suddivise in due gruppi:

  • 9 idrosolubili: le vitamine del Gruppo B e la vitamina C,
  • 4 liposolubili: le vitamine A, D, E, K, F, che si trovano naturalmente disciolte nei grassi.

L'eccesso di vitamine è inutile se non dannoso: l'organismo non riesce infatti ad immagazzinare le idrosolubili (ad eccezione della B 12) ed elimina l'eccesso con le urine.
Le liposolubili invece, se in eccesso, vengono generalmente immagazzinate nei tessuti, dando luogo a ipervitaminosi che può provocare danni molto seri all'organismo.


I SALI MINERALI
I sali minerali, presenti sia nei cibi vegetali sia in quelli animali, non forniscono energia, ma svolgono nell'organismo importanti funzioni, partecipando a processi vitali:

  • il Sodio (Na) ed il Potassio (K) insieme al Cloro (CI) ed al Calcio (Ca) , mantengono i potenziali elettrici alla base della trasmissione di impulsi nervosi;
  • il Calcio è poi coinvolto in molteplici funzioni, quali la mineralizzazione dell' osso, la coagulazione del sangue, la contrazione muscolare;
  • il Selenio (Se) contribuisce alla protezione delle cellule dagli agenti ossidanti che ne provocano l'invecchiamento;
  • il Ferro (Fe) è un essenziale costituente dell'emoglobina dei globuli rossi e della mioglobina, che nel muscolo capta l'ossigeno.

L'organismo li elimina e li rinnova in continuazione e, quindi, devono essere introdotti regolarmente con la dieta.

 

L’ACQUA
È il composto più diffuso sulla terra, in cui è presente nei tre stati: liquido, gassoso, solido.
Circa l'80% del corpo di un bambino ed il 60-65% di quello di un adulto sono formati da acqua.
L'acqua è coinvolta in tutte le reazioni chimiche che avvengono nell'organismo, ed agisce anche come mezzo di trasporto dei nutrienti e come lubrificante.
La introduciamo sia con le bevande, che con i cibi e la perdiamo soprattutto con le urine, con la respirazione e con il sudore, che è fondamentale per il controllo della temperatura corporea.
Senza acqua si muore in pochissimi giorni proprio perché vengono bloccate tutte quelle reazioni chimiche che sono alla base della vita e che soltanto in presenza di acqua avvengono regolarmente.
Il fabbisogno giornaliero in acqua è di circa 1grammo per kcal ingerita.
Se per esempio il nostro fabbisogno calorico fosse di 2000 kcal giornaliere, dovremmo assumere 2000 gr d’acqua al giorno, cioè 2 litri!

 

Fonte: http://www.rioloweb.it/serale/09/dati/09-10-alimentazione-1-principi-nutritivi.doc

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 


 

Principi nutritivi

 

ALIMENTAZIONE IN GENERALE.

 

COMPOSIZIONE ELEMENTARE DEGLI ORGANISMI VIVENTI

 

La vita e la salute dell’uomo dipendono in gran parte dall’alimentazione, ma  purtroppo la maggioranza degli individui non ha un bagaglio sufficiente di informazioni per potersi nutrire correttamente.
L’alimentazione riguarda la somministrazione di sostanze necessarie allo svolgimento dei fenomeni vitali.
Nell’organismo gli alimenti servono anzitutto a compensare le continue perdite, dovute alla respirazione dei vari tessuti, a fornire l’energia necessaria a produrre lavoro muscolare, nervoso, ecc., e a riparare i tessuti che inesorabilmente si logorano nella produzione del lavoro sopra accennato, restituendo alla cellula la propria integrità funzionale e morfologica. Durante l’età dello sviluppo gli alimenti servono pure a completare la crescita, hanno cioè una funzione plastica.
L’alimentazione è quella funzione che somma tre importanti processi biologici:

  • Assunzione degli alimenti;
  • Digestione degli alimenti, ossia trasformazione degli stessi in principi nutritivi;
  • Assorbimento dei principi nutritivi che, attraverso la circolazione del sangue, vengono poi metabolizzati nei processi della nutrizione.

La nutrizione consiste nell’insieme dei processi metabolici che permettono alle cellule l’utilizzo dei principi nutritivi.

La successione dei processi all’interno del nostro organismo si può così riassumere:

 

ALIMENTAZIONE NUTRIZIONE ELIMINAZIONE DEI PRODOTTI DI RIFIUTO

 

1.2        CONCETTO DI DIETA E RAZIONE ALIMENTARE

La parola “dieta” viene troppo spesso utilizzata in modo improprio riferendosi alla sola “dieta dimagrante” o ipocalorica.
Con il temine dieta intendiamo invece l’insieme delle razioni alimentari che un individuo immette nel proprio organismo nell’arco di 24 ore.
Si tratta quindi del regime alimentare specifico di qualunque individuo che varia sia quantitativamente che qualitativamente in funzione di diversi fattori (età, condizione sociale, clima, salute, attività fisica….). Questo ci fa capire che non esiste una dieta uguale per tutti, in quanto le variabili che entrano in gioco sono diverse.
Con il termine razione alimentare si intende invece la quantità e il tipo di alimenti da ingerire in un preciso momento della giornata.

L’organismo, allo stato di veglia (eseguendo quindi un lavoro minimo), consuma 2400 Chilocalorie al giorno; a queste naturalmente vanno aggiunte le calorie necessarie per lo svolgimento di un determinato lavoro.
I principi alimentari organici ed inorganici (rispettivamente proteine, vitamine, glucidi, lipidi e poi acqua e sali minerali, di cui si parlerà più avanti) hanno diversi valori per il nostro organismo: valore calorico oppure energetico, che consiste nel fornire l’energia che il nostro organismo, scomponendo gli alimenti, trasforma in calore e lavoro. Tutti i principi alimentari sono indispensabili all’organismo; nessuno è sostituibile con altri, poiché ognuno ha compiti ben definiti. Ne consegue che un alimentazione equilibrata deve fornire in misura giusta tutti i principi alimentari.
Tutti gli organismi sono formati da elementi detti biogeni, ossia da composti chimici indispensabili alla vita. Di questi, quattro costituiscono il 95% della materia vivente e sono: ossigeno, carbonio, idrogeno ed azoto. Il rimanente è costituito da altri elementi presenti in quantità limitata ma pur sempre importanti.
L’ossigeno, l’idrogeno e l’azoto si trovano in piccola parte allo stato libero disciolti nel sangue, gli altri elementi chimici si trovano sotto forma di composti organici ed inorganici. I composti organici sono quelli che derivano dal regno animale e vegetale, quelli inorganici derivano invece dal regno minerale anche se oggi questa distinzione non ha più senso in quanto è possibile ottenere in laboratorio sostanze organiche partendo da sostanze inorganiche. Da un punto di vista più strettamente chimico possiamo invece osservare che le sostanze organiche, al contrario di quelle inorganiche sono composti derivati dal carbonio.

 

1.3          SOSTANZE INORGANICHE ED ORGANICHE CHE COMPONGONO     L’ORGANISMO UMANO

Conoscere la composizione chimica del corpo umano è il primo gradino per la determinazione dei bisogni nutrizionali dell’uomo

Un individuo adulto di 30-40 anni di sesso maschile, 1,75 m di altezza e 70 kg è composto da:

Composizione percentuale                                       Composizione in peso

Acqua      59%                                                               41,4 Kg
Proteine   19%                                                                  13 Kg
Grassi      17%                                                                   12 Kg
Minerali    4 %                                                                    3 Kg
Glucidi      1%                                                                 0,6 Kg
Vitamine   tracce                                                              3-5 g

L’uomo vive a spese degli alimenti. Gli alimenti sono tali in quanto contengono in proporzioni varie dei principi alimentari. Sono questi che l’organismo utilizza per crescere, rinnovarsi e lavorare. Alcuni di questi hanno funzione plastica, altri energetica, altri ancora metabolica nel senso che facilitano i milioni di reazioni chimiche che avvengono in ogni istante in tutte le nostre cellule di tutti gli organi.

 

1.4          SOSTANZE INORGANICHE

 

1.4.1       Acqua

L’acqua è indispensabile alla vita, costituendo il 60 –70% del peso corporeo dell’organismo adulto. E’ inoltre elemento fondamentale perché entra in ogni processo metabolico: l’attività biochimica avviene grazie all’acqua, veicolo di tutti gli scambi vitali nonché principale termoregolatore.

                In queste varie attività vengono espulsi circa 3 litri di acqua al giorno, nelle urine, nelle feci, nel sudore, nel muco nasale e ne vapori aspirati. A tre litri aggira perciò il fabbisogno giornaliero di acqua. Un litro di acqua viene ingerito con cibi solidi, dei quali l'acqua è costitutivo ordinario, gli altri due devono essere ingeriti sotto forma liquida.

               

L'acqua negli alimenti

Gli alimenti, tranne rare eccezioni, contengono quantità più o meno rilevanti di acqua e la sua presenza è importante sia a fini strutturali, organolettici e nutrizionali, sia nei riguardi della loro conservazione. Non si trova mai allo stato puro, ma sempre in soluzioni più o meno concentrate ed è proprio la presenza di soluti che conferisce
proprietà alle soluzioni.

Secondo una teoria classica l'acqua negli alimenti si divide in due categorie:

  • acqua legata con ponti idrogeno alle molecole organiche, soprattutto alle proteine e ai sali, organizzata in strati sovrapposti, non congelabile e non utilizzabile dai microrganismi
  • acqua libera, che è la maggior parte dell'acqua contenuta negli alimenti, trattenuta da forze fisiche, che congela a temperature inferiori rispetto all'acqua pura ed in relazione ai soluti disciolti, ed utilizzabile dai microrganismi.

Una teoria più recente sostiene che l'acqua contenuta negli alimenti sarebbe più o meno disponibile, ossia libera, a seconda della sua mobilità. In soluzioni molto concentrate, caratterizzate da un alto grado di viscosità, la mobilità e quindi la disponibilità dell'acqua risulta inibita: è questo lo stato vetroso; si parla invece di stato gommoso quando, aumentando l'umidità, la viscosità è più ridotta e la mobilità dell'acqua maggiore.
L'acqua nell'organismo umano

Come ormai è noto, l'apporto di acqua indispensabile alla vita; mentre si può sopravvivere anche 10 settimane senza mangiare, la morte sopraggiunge solo dopo pochi giorni se il digiuno è totale. L'acqua costituisce il 60% circa del peso dell'adulto ed il 75% del neonato.
L'acqua corporea si trova così distribuita:

  • acqua intracellulare, che si trova all'interno delle cellule e rappresenta il 40% circa del peso corporeo
  • acqua extracellulare, in totale circa il 20%
  • acqua plasmatica, rapidamente scambiabile
  • acqua interstiziale e linfa, con un ricambio più lento
  • acqua del tessuto connettivo e osseo
  • liquidi transcellulari, prodotti dalle ghiandole esocrine e dalle mucose dell'apparato respiratorio, gastroenterico e riproduttivo.

L'acqua non è ugualmente distribuita in tutti i tessuti. Con l'avanzare dell'età il tenore idrico dell'organismo diminuisce a causa della minore capacità di ritenzione dei tessuti stessi: l'invecchiamento determina un'alterazione delle strutture proteiche che legano l’acqua.
Il volume dei liquidi varia anche al contenuto dei grassi: gli obesi hanno un minor contenuto d'acqua rispetto ai magri; per lo stesso motivo, l'organismo femminile, che accumula più lipidi, ne contiene meno rispetto a quello maschile.

Funzioni e fabbisogno

Numerose sono le funzioni dell'acqua:

  • è solvente di gas, elettroliti e colloidi;
  • trasporta alle cellule le sostanze nutritive ed allontana quelle di rifiuto;
  • partecipa ai processi di termoregolazione;
  • costituisce il mezzo in cui avvengono le reazioni metaboliche e digestive;
  • è il costituente fondamentale delle secrezioni;
  • svolge una funzione plasmatica, conferendo turgore alle cellule.

In condizioni normali, ogni giorno l'organismo ricambia il 6% del suo patrimonio idrico. L'acqua prodotta dal metabolismo è insufficiente a coprirne il fabbisogno per cui diventa essenziale il suo apporto il suo apporto esogeno (bevande ed alimenti).
Per mantenere costante la quantità totale di acqua, ossia l'equilibrio idrico, è necessario che la quantità di acqua introdotta, addizionata a quella endogena, sia uguale a quella eliminata. Le vie di eliminazione sono rappresentate da urine, feci, il sudore e l'aria espirata. Se l'equilibrio è alterato si manifestano i sintomi di un'intossicazione da acqua, se le entrate superano le uscite, o di una disidratazione nel caso opposto. L'intossicazione è caratterizzata da: disfunzioni gastrointestinali, debolezza muscolare, irregolarità del battito cardiaco, disorientamento anche fino al coma.
Più grave e più comune è invece la disidratazione i cui sintomi sono: secchezza orale, aumento dell'emoconcentrazione, astenia, cefalea, irritabilità, insonnia, difficoltà di concentrazione per arrivare ad ipertermia, astenia profonda e collasso.

 

 

FALSE CREDENZE SULL’ACQUA

  • Non è vero che l’acqua faccia ingrassare. L’acqua non contiene calorie, e la variazioni di peso dovute all’ingestione o eliminazione dell’acqua sono momentanee e ingannevoli.
  • Non è vero che bere molta acqua provochi maggiore ritenzione idrica. La ritenzione idrica dipende più dal sale e da altre sostanze contenute nei cibi che consumiamo che dalla quantità di acqua che ingeriamo.
  • Non è vero che l’acqua gassata faccia male. Solo quando la quantità di gas è molto elevata si possono avere lievi problemi in individui che già soffrono di disturbi gastrici e/o intestinali.
  • Non è vero che le saune facciano dimagrire, fanno semplicemente eliminare sudore. Lo stesso organismo provvederà a reintegrare prontamente le perdite, e così nell’arco di poche ore il peso tornerà ad essere esattamente quello di prima.
  

 


1.4.2      Sali minerali

 

I Sali minerali sono indispensabili per molte funzioni del nostro organismo. I Sali minerali non vengono prodotti dal corpo, ma devono essere assunti attraverso l’alimentazione. Una carenza di Sali minerali può portare a vari problemi nel corpo. Il fabbisogno giornaliero di queste sostanze è minimo, rispetto alle altre sostanze di cui abbiamo bisogno, rappresentando essi solo il 4% dell’organismo e sono distribuiti nei vari tessuti ed organi. Grazie ad un’alimentazione equilibrata e variata è possibile assumere tutti i Sali minerali di cui il nostro organismo ha bisogno.
I Sali minerali che entrano nella composizione degli organismi sono tanti, ma i più importanti sono comunque: calcio, fosforo e ferro.

Calcio: sotto forma di fosfato di calcio, presente in quantità di circa 1 chilo e mezzo nell’organismo è componente essenziale delle ossa e dei denti. Il calcio è pure indispensabile per la coagulazione del sangue e la regolazione dell’eccitabilità neuromuscolare. E’ inoltre necessario per prevenire varie forme di tubercolosi. L’assenza di calcio danneggia il sistema osseo: i denti si fanno fragili come pure le ossa, lo sviluppo somatico avviene in scala ridotta.
Il metabolismo del calcio è regolato da alcune ghiandole, in particolare le paratiroidi. L’assorbimento è invece regolato dalla vitamina D detta calcio-fissativa, per cui pur mangiando alimenti ricchi di calcio ne avremmo lo stesso carenza qualora mancasse questa vitamina. Il calcio è presente soprattutto nel latte e nei suoi derivati, seguono poi gli ortaggi e il pesce.
Fosforo: l’organismo umano contiene circa un chilo di fosforo, di cui il 75% combinato con il calcio nelle ossa e il resto in combinazioni di albumina e di grasso nei nuclei cellulari, nelle cellule nervose, particolarmente nel cervello. Il grasso fosforico più noto è la lecitina presente nel latte, nelle uova, nella carne. L’assorbimento del fosforo avviene attraverso l’intestino tenue ed è in relazione alla quantità di calcio ed al suo assorbimento.

Ferro: è uno dei costituenti essenziali dell’emoglobina dei globuli rossi del sangue, cioè la proteina indispensabile per la fissazione dell’ossigeno. Si trova presente in una struttura chiamata eme,

R         R

\      /
Fe
/      \
R         R

Fig.1 – Struttura dell’eme

 

dove R è un gruppo organico. Quattro gruppi organici disposti a quadrilatero quasi perfetto tenuti insieme da un atomo di ferro posto al centro di questo quadrilatero. E’ proprio all’altezza dell’atomo di ferro che si lega l’ossigeno.
I globuli rossi invecchiati vengono trasformati dal fegato e il ferro da loro ceduto è utilizzato in parte per la formazione della bile e in parte per la formazione di un ormone che stimola il midollo osseo alla produzione di nuove emazie. L’organismo perde con la bile parte del ferro che contiene e ha bisogno quindi di recuperarlo in continuazione. A questo scopo provvedono gli elementi vivamente colorati: spinaci, carote, insalata, pomodori, carne rossa, vino rosso ecc.

 

Minerale

Fonte

Principali funzioni

Magnesio

Noci, cacao, semi di soia, vegetali verdi

Regola l’eccitabilità neuro-muscolare

Sodio

Sale, carne, uova, latte

Regola la pressione osmotica

Potassio

Legumi, asparagi, patate, albicocche, banane, cavoli, spinaci

Regola l’eccitabilità neuro-muscolare e la pressione osmotica

Cloro

Sale

Regola la pressione osmotica, è un costituente del succo gastrico

Rame

Legumi, pesci, crostacei, carne, noci, cereali

Indispensabile per l’assorbimento del ferro

Iodio

Acqua potabile, pesce, molluschi, uova, latte e derivati

Costituente degli ormoni tiroidei

Fluoro

Albicocche, pomodori, patate, pesce

Agisce sullo smalto dei denti, sulle ossa, sull’elasticità dei tendini

Manganese

Cereali, cipolla, cavoli, carote

Agisce sul buon funzionamento delle ghiandole, costituente di molti enzimi, interviene nella biosintesi del colesterolo

Silice

Cereali, frutta, verdura

Indicato per le malattie dell’invecchiamento, fondamentale nella costituzione del tessuto epiteliale

Zinco

Cereali, frutta, verdura, carne, funghi, cacao

Fondamentale per i globuli rossi, potenzia la risposta immunitaria

Bromo

Mandarini, uva, cavolo, pomodoro

Ha azione sedativa sul sistema nervoso

Cobalto

Verdura, latte, frutta, pesce

Facilita la captazione dello iodio da parte della tiroide

Selenio

Cereali, pesci

Ha azione protettiva sulle membrane cellulari

Molibdeno

Latte e derivati, legumi e cereali

Cofattore di enzimi delle ossidoriduzioni

                                                                    
Tabella 1: altri Sali minerali importanti

 

 

Ci sono poi l’arsenico e l’alluminio, tonici, l’argento e l’oro, antinfettivi, il litio, equilibratore del sistema nervoso, leggermente sedativo, presenti in minori quantità.

 

1.5          SOSTANZE ORGANICHE

 

1.5.1       Proteine

 

Le proteine sono le macromolecole più abbondanti e versatili delle cellule viventi di cui rappresentano il 50% del peso secco e costituiscono il 14-19% dell'organismo umano. Sono presenti in tutti i distretti, intracellulari ed extracellulari, entrano nel funzionamento di tutti i fenomeni biologici.
Sia nelle piante che negli animali le proteine sono componenti essenziale delle cellule. Nel corpo umano ce ne sono migliaia di tipi diversi distribuite nei muscoli, nei tendini, nei capelli, nelle ossa, nella pelle, nei vari organi; in pratica ovunque. L’emoglobina del sangue, gli ormoni, gli anticorpi, gli enzimi sono tutte proteine.

Dal punto di vista chimico sono costituiti da una sequenza di amminoacidi, che è specifica di ogni proteina e geneticamente determinata, a cui conferisce le proprietà di conformazione e chimiche necessarie per esplicare la propria funzione.
Un ammino-acido è formato da un acido carbossilico in cui è presente un gruppo amminico –NH2. La formazione di un ammino-acido quindi ruota intorno ad un atomo di azoto. Sebbene l’azoto molecolare sia molto abbondante nell’atmosfera terrestre, soltanto poche specie viventi sono

capaci di incorporarlo in molecole organiche, un processo chiamato fissazione dell’azoto. I vertebrati ricevono praticamente tutto il loro azoto dalle proteine e dagli acidi nucleici presenti nel cibo. Queste molecole vengono poi degradate negli ammino-acidi, cioè i “mattoncini” essenziali che compongono le proteine.

 In natura esistono “solo” 20 ammino-acidi, ma in una data proteina gli ammino-acidi si susseguono in un ordine ben definito, e naturalmente un ammino-acido specifico sarà usato molte volte nella costruzione della proteina. Il numero di diverse proteine che è possibile costruire con 20 ammino-acidi è spaventoso. 9 amminoacidi su 20 sono amminoacidi essenziali per i vertebrati, il che significa  che i vertebrati non sono in grado di sintetizzarli e devono essere assunti con la dieta.

Parlando di architettura delle proteine si citano quattro livelli di struttura. La struttura primaria corrisponde alla sequenza degli ammono-acidi; la conformazione (o disposizione) spaziale della catena degli ammino-acidi di una proteina viene detta struttura secondaria. Si dice struttura terziaria di una proteina la disposizione spaziale ad un livello più alto della struttura secondaria, cioè la disposizione reciproca delle varie strutture secondarie. Se un a proteina contiene più di una catena di ammino-acidi, il numero di catene e la loro reciproca disposizione darà la struttura quaternaria delle proteine.

In base al numero di amminoacidi presenti si hanno:

  • oligopeptidi: catene con meno di 10 amminoacidi;
  • polipeptidi: catene con 10-100 amminoacidi.

Gli amminoacidi sono 20 e si distinguono in essenziali e non essenziali a seconda che l'organismo sia in grado o meno di sintetizzarle per proprio conto. Numerosi sono i criteri classificativi delle proteine:

  • In base alla forma: proteine fibrose e proteine globulari;
  • In base alla composizione chimica: proteine semplici e proteine complesse o coniugate;
  • In base alla funzione: proteine strutturali e proteine dotate di una particolare attività biologica - ad es. enzimi, ormoni, anticorpi, ecc.-

La finalità primaria delle proteine alimentari è quella di fornire all'organismo, attraverso gli amminoacidi, gli elementi per la sintesi delle proprie proteine ed è questa finalità che differenzia essenzialmente i protidi dai glucidi e lipidi la cui funzione è fondamentalmente energetica.

Dal punto di vista nutritivo assumono particolare importanza le proteine delle masse muscolari (carne e pesce), e quelle di riserva (latte e uova).
Gli alimenti di origine animale contengono percentuali elevate di proteine ad alto valore biologico e facilmente digeribili; cereali e legumi contengono invece protidi a medio valore biologico e a composizione complementare - ossia mangiati insieme danno una miscela di amminoacidi molto simile a quella fornita dalle proteine animali- e meno digeribili rispetto a quelle animali.
Talvolta gli alimenti possono contenere delle proteine che svolgono un ruolo negativo per il funzionamento dell'organismo:

  • fattori antinutrizionali: sono inattivati con la cottura, presenti soprattutto nei legumi e nel bianco d'uovo;
  • tossine: sia di origine batterica che contenute originariamente nell'alimento;
  • allergeni: responsabili delle manifestazioni allergiche nei soggetti 'atopici' ossia predisposti.

 

1.5.2      Glucidi

 

I glucidi o carboidrati sono prodotti naturali che svolgono un grande numero di funzioni vitali. Tramite la fotosintesi le piante trasformano l’anidride carbonica in carboidrati: i più comuni sono la cellulosa, l’amido e tutti gli zuccheri. La cellulosa è il principale componente delle pareti cellulari rigide delle piante, l’amido è accumulato come alimento o fonte di energia, alcune piante (barbabietola  e canna da zucchero), producono saccarosio che è il comune zucchero da tavola. Negli animali superiori il glucosio appare tra i componenti essenziali del sangue.

Rappresentano solo l'1% del corpo umano ma hanno una notevole importanza nutrizionale costituendo il principale nutriente nell'alimentazione umana e la fonte energetica a più basso costo: forniscono, se disponibili, circa 4 kcal/g.
Si possono suddividere in:

  • monosaccaridi o monosi: formati da singole unità monosaccaridiche a catena variabile;
  • oligosaccaridi: formati da 2 a 9 unità monosaccaridiche;
  • polisaccaridi: composti da 10 a più unità saccaridiche.

Le funzioni dei carboidrati sono fondamentalmente due:

  • energetica: nell'uomo, sotto forma di glicogeno, costituiscono una riserva di energia a pronta utilizzazione e sotto forma di glucosio sono fonte di nutrimento per tutte le cellule;
  • strutturale: soprattutto nei vegetali, ma anche nell'uomo, entrano nella costituzione delle cellule, della sostanza extracellulare.

 

- Monosaccaridi

I monosaccaridi sono sostanze cristalline, di colore bianco caratterizzate da sapore dolce, sono solubili in acqua ed insolubili nei solventi organici.
In relazione alle funzioni biologiche che svolgono, i più importanti monosi sono il glucosio, il galattosio, il fruttosio ed il mannosio, appartenenti al gruppo degli esosi - a 6 atomi di carbonio- ed il ribosio, il desossiribosio e lo xilosio che appartengono invece al gruppo dei pentosi.

  • Glucosio
    E' senza dubbio il glucide maggiormente rappresentato nel mondo animale e nel mondo vegetale. Si trova libero nella frutta e nella verdura e costituisce il principale nutriente, a rapida utilizzazione, per tutte le cellule dell'organismo umano. Le piante lo sintetizzano a partire da acqua e anidride carbonica in presenza di luce solare attraverso il meccanismo di fotosintesi. Gli animali lo utilizzano invece come fonte principale di energia ed anche per la sintesi di molecole complesse.
  • Fruttosio
    E' molto diffuso nel mondo vegetale, in particolare nella frutta - soprattutto mele e pere- in concentrazione maggiore rispetto al glucosio. Nel sangue umano è presente solo in tracce dove è gran parte convertito, nelle cellule epatiche ed intestinali, in glucosio. Ha un potere dolcificante nettamente superiore rispetto

     agli altri zuccheri

  • Galattosio
    Libero è presente solo in alcuni frutti, ma la sua importanza è come costituente degli oligosaccaridi (lattosio) e polisaccaridi. Nel nostro organismo viene metabolizzato dopo essere stato trasformato in glucosio.

- Disaccaridi

Costituiscono la classe nutrizionalmente più importante. Tra questi vale la pena ricordare:

  • Lattosio
    E' contenuto nel latte dei mammiferi in diverse concentrazioni: nel latte materno al 6%, nel latte vaccino al 4%. E' il meno dolce ed il meno

     solubile di tutti gli zuccheri.

  • Saccarosio
    E' lo zucchero maggiormente rappresentato e che viene abitualmente usato come ingredienti in molti prodotti alimentari; si ottiene industrialmente dalla canna da zucchero o dalla barbabietola. In natura si trova nella frutta matura ed in molti ortaggi.
  • Maltosio

Si trova nel malto e si ottiene mediante idrolisi dell’amido

- Polisaccaridi

Sono la riserva energetica di piante ed animali e trovano in genere depositati sotto forma di granuli. Tra i più importanti vanno menzionati:

  • Amido
    E' la riserva energetica di piante. L'amido viene attaccato dall'amilasi, enzima presente nel nostro apparato digerente che riduce l'amido prima in destrine lineari e successivamente in maltosio (disaccaride formato da due molecole di glucosio e isomaltosio.
  • Glicogeno
    E' il corrispettivo animale dell'amido. L'organismo ne contiene circa 350 gr localizzati principalmente nel fegato e nei muscoli. E' un polimero del glucosio ma ha scarsa importanza alimentare poiché viene rapidamente degradato a  glucosio e acido lattico. L'importanza biologica è invece fondamentale poiché rappresenta, nei muscoli, una riserva energetica a rapida utilizzazione e nel fegato un deposito indispensabile per mantenere costante il glucosio nel sangue: la glicemia.
  • Cellulosa

E’ un polimero del glucosio e costituisce fibre molto robuste. Il legno, il cotone, il lino, la paglia e la pannocchia del mais sono costituite essenzialmente di cellulosa. Non è metabolizzabile dall’apparato digerente umano e di molti altri animali.

Le tre classi di carboidrati possono essere messe in relazione tra loro tramite la reazione di idrolisi:

                                    H20                                                 H20  
Polisaccaride                                          Disaccaride                                  Monosaccaride

Esempio:
H20                                                  H20  
Amido                                         Maltosio                                         Glucosio

 

 

FALSE CREDENZE SUGLI ZUCCHERI

  • Non è vero che i succhi di frutta “senza zuccheri aggiunti” siano privi di zuccheri, contenendo gli zuccheri naturali della frutta – saccarosio, glucosio e fruttosio – nella misura dell’8/10% e quindi  forniscono circa 70 kcal per bicchiere.
  • Non è vero che i prodotti light o senza zucchero non facciano ingrassare e quindi  possano  essere  consumati liberamente. Molti di questi prodotti apportano calorie anche in notevoli quantità.
  

 

                Lipidi

I lipidi costituiscono la principale forma di riserva energetica degli organismi, entrano nella costituzione delle membrane biologiche, svolgono importanti funzioni bioregolatrici quali l’assorbimento delle vitamine liposolubili A, D, E, K.
I lipidi alimentari rappresentano una forma di energia concentrata per il corpo umano. Un grammo di lipidi sprigiona più del doppio dell'energia rispetto alla stessa quantità di glucidi e proteine: 9 kcal ogni gr di grassi.
Esiste in realtà una certa confusione tra i "grassi" ed i "lipidi". I primi vengono identificati con quelle sostanze untuose che rientrano nella costituzione di alcuni alimenti come burro, margarina, gli oli ed alcune parti delle carni.
Chimicamente i grassi sono dei trigliceridi: esteri della glicerina con acidi grassi variamente miscelati. I grassi depositati nell'organismo sono essenzialmente trigliceridi misti
I lipidi, invece, comprendono i trigliceridi ma anche i fosfolipidi e gli steroli. Ciò che accomuna i lipidi e i grassi è la loro assoluta insolubilità in acqua e la loro solubilità in solventi organici come etere, cloroformio, benzolo. Fisicamente si presentano solido-pastosi (grassi) o liquidi (oli) a temperatura ambiente.

I lipidi hanno funzioni biologiche molto differenziate:

  • lipidi di riserva o di deposito: essenzialmente trigliceridi che si accumulano nel tessuto adiposo;
  • lipidi strutturali o di membrana: fosfolipidi, glicolipidi, steroli
  • lipidi con attività biologiche specifiche: ormoni, messaggeri intracellulari, trasportatori di elettroni ecc.
  • forniscono acidi grassi essenziali
  • veicolano le vitamine liposolubili
  • conferiscono appetibilità ai cibi e sazietà.

I lipidi circolanti nel sangue o presenti nelle strutture cellulari sono spesso legati ad altre molecole formando delle strutture complesse, quali ad es. le lipoproteine  (lipidi + proteine) o glicolipidi (glucidi + lipidi).

Una classificazione utile da un punto di vista nutrizionale è quella che divide i lipidi in lipidi semplici e lipidi complessi: i primi sono presenti soprattutto negli alimenti e nel  tessuto  adiposo del  corpo  umano, i  secondi  sono  presenti  nel  plasma  e  nelle
strutture cellulari sia di origini animali che vegetali.

La parte più variabile dei lipidi è la catena degli acidi grassi che possono differire per: lunghezza della catena carboniosa, tipo di legame carbonioso, posizione spaziale del doppio legame.

Gli acidi grassi possono anche essere classificati in:

  • saturi: quando presentano tutti legami semplici; come ad esempio l'acidostearico, l'acidobutirrico e l'acidopalmitico. Sono contenuti nei grassi animali (burro, lardo, carne ecc.).
  • monoinsaturi: quando nella catena è presente un solo doppio legame;
  • polinsaturi: quando i doppi legami sono due o più.

Quasi tutte le molecole lipidiche dell'organismo sono prodotte per sintesi endogena, tranne gli "acidi grassi essenziali" che il nostro corpo non è in grado di sintetizzare e che devono essere quindi introdotti con la dieta, cioè l’acido linoleico, l’acido linolenico e l’acido arachidonico.

 

1.5.4      Vitamine

 

Scoperte nel 1911 dal medico polacco Kazimierz Funk, che estrasse per la prima volta dalla crusca una sostanza in grado di curare il beri beri, le vitamine sono un gruppo di sostanze organiche presenti negli alimenti, molto varie da un punto di vista chimico, non sintetizzabili dall'organismo ed essenziali affinché il metabolismo cellulare si svolga in modo regolare. Questi composti devono quindi essere introdotti dall'esterno, con gli alimenti tuttavia non c'è nessun  alimento che le contenga tutte.
Tra le caratteristiche, che accomunano queste sostanze così eterogenee tra loro, c'è quella di agire a piccole dosi - venivano chiamate micronutrienti - e di non avere importanza da un punto di vista energetico. Ogni vitamina ha un ruolo ben preciso ed insostituibile.

Le vitamine si possono suddividere in due grandi gruppi:
idrosolubili: non accumulabili dall’organismo e quindi da assumere quotidianamente con l’alimentazione. Si tratta di tutte le vitamine del gruppo B, compreso l’acido folico, della vitamina H, PP e C.
liposolubili: vengono assorbite assieme ai grassi alimentari e accumulate nel fegato. La carenza si manifesta quindi in seguito a una mancata assunzione per tempi lunghi. Ne fanno parte la vitamina A, D, E e K.

Vitamine idrosolubili
Vitamine del gruppo B: tiamina (B1): necessaria nel metabolismo dei carboidrati, favorisce lo stato generale di nutrizione dei tessuti nervosi. La carenza causa danni al sistema nervoso, deperimento generale e alcune condizioni specifiche come il beri beri, molto diffuso tra le popolazioni che si cibano principalmente a base di riso brillato, e la sindrome di Wernicke, una grave forma di stato confusionale. La tiamina è molto diffusa sia negli alimenti vegetali che in quelli animali, come i cereali, i legumi, la carne di maiale, il lievito di birra, ed è prodotta in parte anche dalla flora intestinale ma il suo fabbisogno, che è di almeno 0,8 mg al giorno (0,4 mg ogni 1000 kcal assunte) è appena coperto da un normale regime alimentare.


riboflavina (B2): importante per lo stato di nutrizione della pelle e delle mucose, la riboflavina è raramente scarsa nell’alimentazione delle popolazioni dei paesi ricchi. La sua carenza è invece evidente nelle popolazioni povere, dove associata a un generale stato di sottonutrizione, causa alterazioni della pelle, lesioni alle mucose e al tubo digerente. E’ molto diffusa nel lievito di birra, nel germe di grano, nei cereali integrali, nel fegato, nella carne, nel latte e nelle uova ed è prodotta anche dalla flora intestinale. Una certa parte però viene perduta con la cottura dei cibi. Il fabbisogno giornaliero è di 0,6 mg ogni 1000 kcal assunte.
acido pantotenico (B5): vitamina importantissima nella protezione da una serie di condizioni patologiche, è molto diffusa in tutti gli alimenti sia animali che vegetali, soprattutto nel fegato, tuorlo d’uovo, legumi e lievito di birra. E’ carente solo in stati di grave denutrizione, e il suo fabbisogno quotidiano è di 3-12 mg al giorno.
piridossina (B6): precursore di un enzima importante nel metabolismo dei composti azotati, la presenza della vitamina B6 influenza l’efficienza nell’utilizzo delle proteine da parte dell’organismo, ma anche la sintesi dell’emoglobina e il metabolismo dei carboidrati e dei lipidi. La carenza di B6 è piuttosto rara, e solitamente causa apatia e debolezza, e in qualche caso una forma di anemia ipocromica, dove i globuli rossi sono più chiari del solito. E’ molto diffusa tra gli alimenti, nella carne, nel pesce, nei legumi ed è resistente anche a molti trattamenti industriali. Il fabbisogno giornaliero è stimato in almeno 1,1 mg al giorno per le donne e 1,5 mg al giorno per gli uomini.
cobalamina (B12): si tratta di un gruppo di sostanze contenenti cobalto, coinvolte nel metabolismo degli acidi grassi, degli amminoacidi e degli acidi nucleici. La condizione di carenza è piuttosto rara, e si può manifestare solo nei casi di dieta vegetariana stretta. In questo caso, è particolarmente delicata la fase di gravidanza, dove la carenza nella madre può avere effetti molto pericolosi per il nascituro. La carenza però può derivare anche dall’assenza del fattore che ne facilita l’assorbimento a livello intestinale, con conseguenti disturbi a carico del sistema nervoso e della produzione delle cellule del sangue, fino a una forma di anemia definita ‘perniciosa’. E’ presente in tutti gli alimenti animali in minime quantità, in particolare nel fegato, nella carne, nel pesce nel latte e nelle uova, ed è resistente alla cottura. Il suo fabbisogno minimo giornaliero, normalmente coperto dalla dieta, è di almeno 2 mg al giorno.
Vitamina C – acido ascorbico: Oltre a partecipare a numerose reazioni metaboliche e alla biosintesi di collagene, di alcuni aminoacidi e ormoni, la vitamina C è anche un anti ossidante, interviene nelle reazioni allergiche potenziando la risposta immunitaria, neutralizza i radicali liberi e svolge una funzione protettiva a livello di stomaco, inibendo la sintesi di sostanze cancerogene. La sua carenza provoca una condizione definita scorbuto, una malattia che in passato era molto diffusa tra i marinai che assumevano poca frutta e verdura, i cui primi sintomi sono apatia, anemia e inappetenza e poi, proprio per la mancata sintesi di collagene, sanguinamento delle gengive, caduta dei denti, dolori muscolari, fragilità dei capillari e emorragie sottocutanee. La vitamina C è contenuta soprattutto negli alimenti freschi, come frutta e verdura, in particolare kiwi, agrumi, pomodori e peperoni. La vitamina viene però facilmente deteriorata durante i trattamenti di conservazione e cottura, si perde facilmente durante i lavaggi e la cottura in acqua e viene danneggiata anche dall’ossigeno e dal calore. Per assicurare un buon apporto di vitamina C è quindi necessario consumare frutta e verdura freschissime e crude o poco cotte. Il fabbisogno di vitamina C è di 60 mg al giorno (70 in gravidanza).
Vitamina H – Biotina   La biotina partecipa alla sintesi di glucosio e di acidi grassi. Essendo una vitamina molto presente negli alimenti e abbondantemente prodotta anche dalla flora intestinale, non è solitamente carente nell’organismo. Si trova soprattutto nel fegato, nel pollo, nel tuorlo d’uova, nella frutta secca, in diversi ortaggi e frutta fresca, nel latte e formaggi, nel pesce. Il fabbisogno giornaliero è di 15-100 µg al giorno, solitamente soddisfatto da una normale dieta alimentare.
Vitamina PP – Niacina   La vitamina PP prende parte alle reazioni della respirazione cellulare, della sintesi e demolizione di amminoacidi, acidi grassi e colesterolo. La carenza di niacina causa la pellagra, una condizione molto diffusa nelle zone povere anche del nostro paese fino all’inizio del ‘900, a causa di una alimentazione principalmente consistente in mais, povero di niacina e ricco di antivitamina PP, una sostanza che si combina con la vitamina PP e la rende non disponibile per l’organismo. Tipici sintomi della pellagra sono dermatiti, macchie e desquamazioni epidermiche, disturbi intestinali, diarrea, fino ad alterazioni neurologiche, come la demenza. La niacina è molto diffusa negli alimenti di origine animale, e viene sintetizzata dall’organismo a partire dall’aminoacido triptofano quindi una dieta a base di proteine ne garantisce un apporto sufficiente. Il fabbisogno giornaliero è di 6,6 mg per 1000 kcal assunte.

Vitamine liposolubili:   
Retinolo – vitamina A  Il retinolo e i suoi precursori, i carotenoidi, costituiscono uno dei fattori indispensabili per la vista, in quanto sono componenti della rodopsina, la sostanza sensibile alla luce presente sulla retina oculare. La carenza di retinolo comporta difetti alla vista che possono arrivare, nei casi più gravi, fino a completa cecità. La vitamina A però svolge anche un ruolo nel processo di differenziazione cellulare, ed è quindi molto importante per un corretto sviluppo dell’individuo, per la sua capacità di risposta immunitaria, per l’integrità del suo sistema di tessuti. Evidenze scientifiche indicano un ruolo della vitamina A come agente antitumorale. Una carenza di vitamina A quindi può provocare malformazioni fetali, difficoltà nel processo di sviluppo e crescita, sensibilità alle infezioni. Il retinolo è presente soprattutto negli alimenti animali, nel fegato, nel formaggio, nel burro, nelle uova e nel latte. Nei vegetali si trovano invece i carotenoidi, soprattutto nella frutta e verdura di colore arancione, giallo e rosso, come il pomodoro, la carota, le albicocche, l’anguria, i frutti di bosco. La vitamina A viene perduta in gran parte durante il processo di cottura. Essendo liposolubile, si accumula a livello del fegato, e può comportare, se assunta in eccesso, problemi di ipervitaminosi che possono causare anche danni permanenti a fegato e milza. Il fabbisogno giornaliero dunque è di 0,6-0,7 mg al giorno di retinolo, fino a 0,95 durante l’allattamento (1 mg di retinolo equivale a 6 mg di β-carotene). E’ però consigliabile non assumere più di 9 mg al giorno di retinolo per gli uomini e di 7,5 per le donne.
Tocoferolo – vitamina E
La vitamina E è un antiossidante che contribuisce al mantenimento dell’integrità cellulare. Si ossida e degrada facilmente alla luce e in presenza di calore, quindi durante il processo di cottura e quello di raffinazione dell’olio vegetale. E’ contenuta soprattutto in frutti oleosi, come le olive, il germe di grano, i semi. Una carenza di vitamina E, generalmente associata a una malnutrizione, comporta difetti generali dello sviluppo, compresi disturbi al sistema nervoso e al metabolismo generale. Il fabbisogno si aggira sugli 8 mg al giorno.
Calciferolo – vitamina D
Esistono due forme di vitamina D: l’’ergocalciferolo, assunto con il cibo, e il colecalciferolo sintetizzato dall’organismo. La vitamina D è un regolatore del metabolismo del calcio e favorisce dunque anche una corretta mineralizzazione dello scheletro. La maggior parte della vitamina D viene sintetizzata dall’organismo, per azione dei raggi del sole, a partire da derivati del colesterolo presenti nella pelle. La carenza di vitamina D comporta il rischio di rachitismo nei bambini, con conseguente deformazione delle ossa e arresto della crescita, e di osteomalacia negli adulti, una intensa forma di decalcificazione ossea. Un eccesso di vitamina D, al contrario, può causare calcificazioni diffuse negli organi, contrazioni e spasmi muscolari, vomito, diarrea. La normale esposizione ai raggi del sole è sufficiente a coprire il fabbisogno di vitamina D negli adulti, e va quindi assunta solo durante la fase di accrescimento e durante la gravidanza e l’allattamento. In questi casi l’assunzione dovrebbe essere di 10µg al giorno come integratore, vista la scarsa presenza di vitamina D negli alimenti, con l’eccezione dell’olio di fegato di merluzzo.

Vitamina K
La vitamina K svolge un ruolo importantissimo nel processo di coagulazione del sangue. Una carenza, che si verifica però raramente in seguito a malattie che impediscono l’assorbimento intestinale o a prolungati trattamenti antibiotici, comporta quindi emorragie. Il fabbisogno di vitamina K è di circa 60 µg al giorno, normalmente coperto dalla sintesi endogena a livello di flora intestinale. Fonti di vitamina K sono i vegetali, in particolare cavoli e spinaci, e il fegato.

 

Vitamina

Fonte

Principali funzioni

A

Olio di fegato di pesci, fegato mammiferi, latte, burro, formaggio, uova

Costituisce la rodopsina (pigmento visivo), promuove il mantenimento degli epiteli, svolge azione protettiva contro il cancro

B1

Lievito di birra, cereali, frutta, legumi, fegato, uova, latte

Trasmissione dell’impulso nervoso

B2

Cereali, frutta, legumi, fegato, uova, latte

Favorisce la respirazione cellulare

B6

Lievito, cereali, frutta, legumi, fegato, uova, latte, cervello , verdura

Favorisce il metabolismo degli amminoacidi

B12

Alimenti di origine animale

Controlla la sintesi degli acidi nucleici e favorisce la sintesi dell’emoglobina

C

Peperoni, rape, cavoli, agrumi, prezzemolo

Azione disintossicane, antiossidante, rafforza il sistema immunitario

D

Olio di fegato di pesci, fegato mammiferi, latte, burro, formaggio, uova, lievito

Regola il metabolismo del calcio nelle ossa

E

Verdure a  foglia larga, semi e frutti oleosi, oli, fegato, uova, latticini

Fissa il ferro nella molecola dell’emoglobina dei globuli rossi

K

Ortaggi, carne

Favorisce la coagulazione del sangue

PP

Lievito di birra, carne, fegato, pesce, legumi

Favorisce il metabolismo lipidico, glucidico e proteico

Acido folico

Verdure a  foglia larga e verde, legumi, arance, latte

Previene l’insorgenza nel feto della spina bifida

Tabella 2: le principali vitamine

Le carenze vitaminiche provocano malattie. Le più diffuse sono dovute alla mancanza di:

  • tiamina (B1)
  • niacina, (PP)
  • acido folico (B9)
  • acido ascorbico (C).

Vitamina C   

La carenza di acido ascorbico provoca lo scorbuto una malattia che colpisce in primo luogo le mucose che sono le parti organiche che anno più bisogno della vitamina C. I sintomi sono:

  •  lesioni alle gengive
  •  lesioni alla cute
  •  lesioni alle mucose.

Vitamina B1

La causa della carenza di tiamina, è data dal  consumo eccessivo di cereali pregiati come riso brillato cioè quello privo della pellicola esterna. La mancanza di tiamina provoca il beri-beri una malattia molto diffusa nei paesi più poveri ma soprattutto in Cina e in Indocina i sintomi che provoca questa malattia sono i 

  • Disturbi gastrointestinali.
  • Deperimento generale.
  • Disturbi cardiovascolari.

Nel caso dell'alcolismo cronico si determina una riduzione dell’apporto di tiamina dovuto ad una sua mancata attivazione nell'apparato gastrointestinale e di conseguenza un minore assorbimento.

 

Vitamina PP
Un deficit di niacina è dovuto alla carenza della (vitamina PP) che fa manifestare una malattia abbastanza grave cioè la pellagra, questa malattia chiamata delle 3D  si manifesta con: 

  • diarrea
  • dermatite
  • demenza

Vitamine: A, D, E, K
La vitamina A è indispensabile per una corretta funzione visiva (pigmenti visivi) e per la salute di pelle e mucose. Una sua carenza porta alla cecità notturna e a secchezza della cute e atrofia degli annessi cutanei.
La carenza di vitamina D, dovuta ad una poca esposizione alla luce solare, porta al rachitismo e all'osteomalacia. Per prevenire queste malattie, accanto alla vitamina D si assume livelli adeguati di Ca, P, Mg, e vitamina K.
La vitamina E ha funzione antiossidante delle membrane cellulari, la carenza porta ad un invecchiamento precoce
La carenza di vitamina K favorisce le emorragie, ed è molto rara negli adulti. Nel neonato, invece, è più ricorrente per lo scarso sviluppo di flora intestinale.

 
 
1.6          ALTRI COSTITUENTI

1.6.1       Enzimi

Gli enzimi sono sostanze presenti sia nel regno animale che in quello vegetale. Hanno una struttura chimica molto complessa e per la nostra vita sono indispensabili in quanto funzionano da catalizzatori, permettono cioè lo svolgimento di reazioni chimiche, abbassando notevolmente i tempi di reazione, senza combinarsi con gli elementi della reazione stessa.

1.6.2      Oli essenziali

Sono chiamati anche essenze e sono sostanze volatili che i vegetali utilizzano per attirare gli insetti o difendersi dai germi. Nel nostro corpo favoriscono la digestione e svolgono un’azione antisettica. Ne sono ricche le  piante odorose come la menta e la salvia.

1.6.3      Alcol etilico (Etanolo)

 

Un discorso a parte meritano le bevande alcoliche che sono costitute per la maggior parte da acqua ed alcol etilico; una minima quantità è rappresentata da altre sostanze sia naturali che aggiunte, cioè composti aromatici, coloranti antiossidanti, vitamine ecc. L’alcol è una sostanza estranea all’organismo e non essenziale. Il corpo umano è tuttavia in grado di sopportare l’etanolo senza danni evidenti a patti che si rimanga entro limiti fisiologici. Una volta assorbito l’etanolo entra nel sangue e di li va in tutti i liquidi corporei: non essendovi possibilità di deposito per l’alcol nell’organismo esso deve essere rapidamente metabolizzato ad opera di enzimi specifici, a livello gastrico e soprattutto epatico. La capacità degli enzimi presenti nel fegato di trasformare l’etanolo è limitata. In alcuni individui, in alcune razze e nelle donne l’efficienza di questo sistema è molto ridotta. Queste persone sono quindi più sensibili all’alcol.
Infine una piccolissima quantità di etanolo viene eliminata inalterata attraverso polmoni, urina e sudore.

FALSE CREDENZE SULL’ ALCOL

  • Non è vero che l’alcol aiuti la digestione; al contrario la rallenta e produce ipersecrezione gastrica con alterato svuotamento dello stomaco.
  • Non è vero che il vino faccia buon sangue; è vero invece che un abuso di alcol può essere responsabile di varie forme di anemia e di un aumento dei grassi presenti nel sangue.
  • Non è vero che le bevande alcoliche dissetino ma al contrario disidratano; l’alcol richiede una maggior quantità di acqua per il suo metabolismo e in più aumenta le perdite di acqua attraverso le urine.
  • Non è del tutto vero che l’alcol riscaldi. In realtà la vasodilatazione di cui è responsabile produce soltanto una momentanea e ingannevole sensazione di calore che in breve però comporta un ulteriore raffreddamento.
  • Non è vero che l’alcol aiuti a riprendersi da uno shock;  al contrario provocando vasodilatazione periferica determina un diminuito afflusso agli organi interni e soprattutto al cervello.
  • Non è vero che l’alcol dia forza. Essendo un sedativo produce soltanto una diminuzione del senso di affaticamento e di dolore.
  


1.6.4     Fattori antinutrizionali

I fattori antinutrizionali sono definiti come sostanze che così come tali o attraverso loro metaboliti, che compaiono nei sistemi biologici degli esseri viventi, interferiscono con l'utilizzazione degli alimenti, influenzando la salute e la produzione animale. Una prima distinzione può permettere di suddividere i fattori antinutrizionali in intrinseci all'alimento ed in acquisiti.
I primi si riferiscono a molecole naturalmente presenti negli alimenti e sotto controllo genetico. Questi fattori antinutrizionali possono creare situazioni di malnutrizione.
Quelli acquisiti dall'alimento sono, invece, opera dell'ambiente sia pure più o meno favoriti da una naturale predisposizione.
Gli antinutrizionali possono essere classificati in quattro gruppi:

  • Fattori che influenzano l'utilizzazione e la digestione delle proteine: inibitori delle proteasi, tannini, lectine.
  • Fattori che influenzano l'utilizzazione dei minerali: fitati, ossalati, glucosinolati.
  • Antivitaminici.
  • Fattori con attività varia: micotossine, mimosine, cianogeni, nitrati, alcaloidi, agenti fotosensibilizzanti, fitoestrogeni e saponine.

I cereali, come la verdura e i legumi contengono alcune di queste sostanze antinutrizionali. I più importanti sono:

- Tannini
Contenuti anche nel caffè, nel vino, nel the e nel cacao, sono sostanze aromatiche di natura fenolica che formano con le proteine dei composti indigesti. Si legano inoltre agli enzimi digestivi, limitando l'assorbimento di tutti i nutrienti.
Inibitori enzimatici di enzimi digestivi
Si trovano nell'endosperma della cariosside del frumento, della segale e dell'orzo. Ostacolano la digestione delle proteine e degli amidi dei cereali.

- Lectine e resorcinoli
Interferiscono con l'assorbimento di nutrienti interagendo con la mucosa gastrica.

- Acido fitico e i suoi sali
Diminuiscono l’assorbimento di alcuni minerali (Ca, Fe, Mg, Zn) con i quali formano composti insolubili

- Acido ossalico e i suoi sali
Svolge un ruolo simile all’ acido fitico.

 

1.6.5 Fibre

Le fibre presenti esclusivamente negli alimenti vegetali, non sono utilizzabili dal nostro organismo, non vengono digerite né assorbite. Sono comunque molto utili perché garantiscono un buon funzionamento delle attività intestinali favorendo l'allontanamento delle sostanze tossiche. Contribuiscono anche ad aumentare il senso di sobrietà, comportando così una minore introduzione di cibi. Le fibre si dividono in:
Idrosolubili: Le fibre idrosolubili sono contenute in frutta, verdura, legumi e alghe. A contatto con l'acqua aumentano di volume, trasformandosi in una massa gelatinosa.
Una volta ingerite contribuiscono a dare un senso di sobrietà; sono inoltre in grado di intrappolare zuccheri, grassi e colesterolo rallentandone l'assorbimento: ciò è di grande utilità nel trattamento di varie malattie, tra cui l'obesità e il diabete.
Importante è anche l'attività lassativa, derivante dall'aumento del volume fecale.
Non Idrosolubili: Le fibre non idrosolubili sono contenute in cereali, frutta, verdura e legumi. Una volta introdotte nel nostro corpo esse favoriscono l'eliminazione dei rifiuti della digestione. Mescolandosi alla massa fecale ne accrescono il volume e determinano un effetto lassativo blando, ma costante. Al loro passaggio, inoltre, catturano sali biliali, colesterolo ed altre sostanze tossiche favorendone l'eliminazione.

 

 

2.1          ENERGIA E METABOLISMO

 

                Abbiamo visto che gli alimenti sono tutte quelle sostanze che contengono principi nutritivi che si liberano durante il processo digestivo. Chimicamente gli alimenti si classificano in alimenti semplici e complessi.

 

Per alimenti semplici si intendono i cosiddetti principi nutritivi che vengono subito utilizzati dall’organismo per ricavare energia.
Gli alimenti complessi possono invece essere utilizzati dall’organismo solo dopo essere stati sottoposti al lavoro digestivo.
Questa energia ricavata dagli alimenti, semplici o complessi che siano, che nominiamo genericamente  energia chimica verrà poi convertita in altri tre tipi di energia:

  • l’energia termica, che serve a mantenere costante la temperatura del corpo a 36°C;
  • l’energia meccanica, che si esplica nel lavoro muscolare;
  • l’energia elettrica, che serve a trasmettere gli impulsi nervosi ai muscoli.

Questo concetto prende il nome di metabolismo energetico.

Nell’uomo il mantenimento delle funzioni vitali è legato al continuo svolgimento di reazioni chimiche di sintesi e di scissione le quali vanno sotto il nome di metabolismo. Le reazioni metaboliche si dividono in reazioni che liberano energia, o cataboliche, o catabolismo e reazioni che assorbono energia, o anaboliche, o anabolismo.

                          Catabolismo
          Substrato                                         prodotti di degradazione + energia

 

                                                  Anabolismo

          Substrato + energia                                      prodotti di sintesi

 

Tutte le reazioni, anaboliche e cataboliche costituiscono nell’insieme il metabolismo.

L’organismo umano è sede di continui scambi materiali ed energetici. Durante questi scambi possono verificarsi tre condizioni:

  • le uscite sono esattamente compensate dalle entrate e l’organismo si trova in equilibrio materiale;
  • le uscite superano le entrate, per cui la massa dell’organismo accresce;
  • le uscite superano le entrate e l’organismo non riesce a mettere in atto tutti i processi fisiologici.

 

 

METABOLISMO DEI PRINCIPI ALIMENTARI ORGANICI

 

 

Ciclo di Krebs

 

 

2.2         FABBISOGNO ENERGETICO DELLA DIETA

 

Ogni organismo vivente per il mantenimento delle funzioni vitali, per l’accrescimento, per compiere lavoro muscolare utilizza l’energia contenuta negli alimenti. Tale energia viene espressa in joule o, secondo un uso ancora molto diffuso in kilocalorie.

L’ unità di misura dell’energia più usata in dietologia è la Chilocaloria (Kcal) o grande Caloria (Cal). Si definisce Kcal la quantità di calore che si deve fornire a  1 Kg di acqua distillata per portarla dalla temperatura di 14,5°C a 15,5°C.
Nel Sistema Internazionale viene invece utilizzato il Kilojoule (Kj). Una Kcal è uguale a 4,18 Kj, quindi per trasformare le Kcal in Kj basta moltiplicare per 4,18.

 

Il fabbisogno calorico (FC) rappresenta la quantità di calorie necessaria nelle 24 ore.
Il fabbisogno calorico è dato dalla somma delle calorie richieste dai seguenti fattori:
Metabolismo basale (MB). Esprime la quantità di calorie che l’individuo consuma a digiuno e a riposo; esso è dovuto all’energia spesa per il compimento delle funzioni vitali, come circolazione, respirazione ecc. Un esaltazione del metabolismo basale si ha in alcuni stati patologici.
Accrescimento. Il fabbisogno calorico per questa funzione è nullo nell’adulto mentre nel bambino è tanto maggiore quanto è più intenso l’accrescimento.
Attività muscolare. Rappresenta certamente il fattore più importante ai fini di modificare la richiesta energetica. E’ limitato nei neonati, ma è elevato nei bambini e negli adulti che esplicano un’intensa attività motoria.
Azione dinamico-specifica (ADS) degli alimenti detta anche Termogenesi indotta dalla dieta (TID). Esprime l’energia consumata dall’organismo per l’utilizzazione degli alimenti. Nell’uomo l’ADS è massima per le proteine, poi vengono i glucidi ed infine i lipidi.
Termoregolazione. Comprende le calorie occorrenti per mantenere costante la temperatura corporea. Tale fabbisogno aumenta con il freddo.
Perdite caloriche. Si verificano per l’incompleta digestione degli alimenti che vengono successivamente eliminati con le feci, e per l’emissione, attraverso gli escreti o i secreti (urine, sudore ed altri), di sostanze che posseggono ancora un certo valore calorico.

 

2.3         METABOLISMO BASALE

 

II Metabolismo Basale rappresenta l'attività metabolica ossia l'energia utilizzata da un individuo, in condizioni di riposo mentale e fisico, in posizione supina, a digiuno da 12 ore e con una temperatura ambientale di 20 gradi. Il metabolismo basale non è costante e viene influenzato da vari fattori:

  • Superficie corporea: Se si aumenta la superficie corporea aumenta il metabolismo basale e viceversa; 
  • Età: aumentando l'età diminuisce il metabolismo basale e viceversa, poichè, essendo il metabolismo basale espressione principale del consumo di energia della massa magra, con l'avanzare dell'età diminuisce la massa muscolare ed aumenta il tessuto adiposo; 
  • Massa muscolare: aumento della massa muscolare aumento del metabolismo basale; 
  • Clima: diminuzione della temperatura aumento del metabolismo basale e viceversa;
  • Stato di nutrizione: digiuno ed una bassa nutrizione diminuiscono il metabolismo basale che aumenta nelle alimentazioni iperproteiche; 
  • Febbre: il metabolismo basale aumenta del 13% ogni aumento di 1 grado di temperatura corporea; 
  • Farmaci: i sedativi diminuiscono il metabolismo basale;

Come calcolare il proprio metabolismo basale

METABOLISMO BASALE UOMO

METABOLISMO BASALE DONNA

Kg. peso corporeo x 24

Kg. peso corporeo x 24 x 0.85

 

2.4         FABBISOGNO CALORICO QUOTIDIANO

 

Il fabbisogno calorico o energetico quotidiano (FCQ) viene definito l'apporto di energia di origine alimentare necessario a compensare il dispendio energetico in individui che abbiano dimensioni e composizione corporea compatibili con uno stato di salute a lungo termine.

Ogni atto della vita implica una trasformazione di energia o in altri termini un dispendio di energia. Compiendo un qualsiasi lavoro muscolare noi consumiamo energia ma anche quando riposiamo il consumo  pur diminuendo non cessa mai del tutto. Il lavoro muscolare del cuore ed il lavoro dei muscoli della respirazione implicano una considerevole quantità di energia in qualsiasi istante, il che vale anche per gli altri muscoli che pur se in riposo, hanno tutti un loro “tono muscolare”.
Gli organismi viventi utilizzano essenzialmente due fonti di energia;

  • l’energia solare, utilizzata dalle piante verdi nella sintesi del glucosio durante il processo di fotosintesi clorofilliana
  • l’energia liberata nei processi ossidativi dai glucidi, dai lipidi e dalle proteine.

L’energia è dunque necessaria:

  • per compiere il lavoro chimico di sintesi dei nuovi costituenti
  • per preservare l’integrità dell’organizzazione cellulare
  • per compiere il lavoro meccanico
  • per essere convertita in calore.

Il dispendio energetico consta delle seguenti voci:

  • metabolismo basale
  • termogenesi indotta dalla dieta o azione dinamico-specifica degli alimenti
  • livello di attività fisica o fabbisogno energetico di attività

Il metabolismo basale incide per il 65/75% sul fabbisogno energetico totale, il livello di attività fisica ossia il dispendio energetico sull’intero arco della giornata è strettamente dipendente dal tipo, dalla frequenza e dall'intensità delle attività condotte dall'individuo nell'arco della giornata, Il livello di attività fisica può variare da un minimo del 15% (attività leggere) ad anche un 75/80% (attività pesante).
Si distinguono 3 livelli:
Sedentario (impiegato, studente):   20 % del metabolismo basale
Moderato (casalinga, commessa):  40 % del metabolismo basale
Pesante (facchino, taglialegna):   80 % del metabolismo basale

A queste voci vanno eventualmente aggiunte il dispendio per:

  • la crescita
  • la gravidanza e l’allattamento (+200/400 Kcal/24 h)
  • il clima caldo-umido (-5% ogni 10°C in più)
  • il clima freddo (+5% ogni 10°C in meno ai 18°C)

La termogenesi è una extraproduzione di calore da parte dell’organismo sotto particolari stimoli o in condizioni particolari. Si può distinguere:

La Termogenesi Indotta dalla Dieta (TID) o Azione dinamico-specifica (ADS) degli alimenti - rappresenta l'incremento del dispendio energetico in risposta all'assunzione di alimenti. Mediamente può essere valutata in circa 7-15% del dispendio energetico totale.
La TID varia in funzione della quantità e del tipo di alimenti ingeriti. Si distingue la termogenesi facoltativa legata alla quantità di alimenti assunti, e la termogenesi obbligatoria dovuta all’utilizzazione dei singoli nutrienti (processi fisiologici e metabolici). Lo stimolo termogenico maggiore è dato dalle proteine e dagli aminoacidi (10-35% dell'energia ingerita), mentre valori inferiori sono attribuibili a carboidrati (5-10% dell'energia ingerita) e lipidi (2-5%). Esiste infine una termogenesi dovuta a sostanze ad azione nervina presenti in prodotti di uso comune (caffè, tè, tabacco, ecc.) che può assumere, in base all’entità dei consumi, un significato rilevante.

 

In conclusione, la spesa calorica quotidiana dipende da due voci fisse: il metabolismo basale (all’incirca 1400-1600 calorie) e dalla termogenesi (all’incirca 400-600 calorie), e da una variabile, vale a dire l’attività fisica. Con l’alimentazione vengono fornite le calorie di cui l’organismo necessita per far fronte alla richiesta dei fattori appena evidenziati. I soli nutrienti in grado di fornire energia al nostro corpo sono le proteine, i carboidrati, i grassi e l'alcool. Se però l’assunzione calorica con gli alimenti è superiore a quella dei consumi, è chiaro che si determina un bilancio positivo, nel quale le entrate superano le uscite. Tale aspetto è evidenziato da un aumento del peso corporeo e dei depositi di grasso, e questa situazione è deleteria per ogni podista, perché determina un aumento del costo energetico della corsa e di conseguenza uno scadimento delle prestazioni.

FABBISOGNO CALORICO QUOTIDIANO

(METABOLISMO BASALE + LIVELLO  DI ATTIVITA’ FISICO)

 

2.5         FABBISOGNO QUALITATIVO DELLA DIETA

 

Per garantire un’adeguata alimentazione è utile conoscere, oltre il fabbisogno energetico, anche quello qualitativo.
Le sostanze metabolizzabili contenute negli alimenti subiscono come ultima trasformazione un processo di ossidazione, da cui deriva l’energia necessaria all’organismo.
Per coefficiente calorico si intende la quantità di calore liberata da un grammo di principi nutritivi.
I valori sono i seguenti:

  • 1 g di protidi sviluppa 5,6 kcal
  • 1 g di lipidi sviluppa 9,3 kcal
  • 1 g di glucidi sviluppa 4,1 kcal
  • Vitamine e sali minerali sviluppano 0 Kcal

Questi valori sono stati calcolati usando la bomba calorimetria di Mahler. Nel calorimetro però la demolizione delle proteine è completa mentre nell’organismo umano produce urea, che contiene ancora energia; infatti le proteine hanno una funzione plastica non energetica. Pertanto il coefficiente calorico risulta essere in realtà di 4,4 Kcal/g.

In più non tutti i principi nutritivi introdotti con gli alimenti sono assorbiti completamente a livello intestinale, ma ciascuno di essi ha un diverso coefficiente di assorbimento:

  •  Proteine: 92 %
  •  Lipidi: 97 %
  •  Glucidi: 98 %

Pertanto i coefficienti calorici dei tre principi nutritivi, nell’organismo umano si calcolano nel seguente modo:

  • Glucidi: 4,1 X  0,98  = 4,018 Kcal
  • Lipidi: 9,3 X 0,97 = 9,021 Kcal
  • Proteine: 4,4 X 0,92 = 4,048 Kcal

Quindi approssimando i valori  calorici sono i seguenti:

  • 1 g di protidi sviluppa 4 kcal
  • 1 g di lipidi sviluppa 9 kcal
  • 1 g di glucidi sviluppa 4 kcal

Il coefficiente calorico delle vitamine e dei sali minerali è uguale a zero. Ciò significa che tali principi nutritivi non hanno metabolismo, cioè non si possono né formare né scindere nel nostro organismo. In conclusione tali principi nutritivi debbono essere obbligatoriamente presenti nella nostra dieta.

Secondo la legge della isodinamia (di Rubner), ciascuna categoria di alimenti sarebbe sostituibile dalle altre, purché si tenga conto del valore calorico. Ma questa legge è valida solo fino ad un certo punto limite perché bisogna somministrare almeno un minimo di ciascuna categoria di alimenti, altrimenti l’organismo va incontro a stati carenziali: questa è la legge dei minimi.
L’organismo ad esempio ha bisogno di una certa quantità di proteine, il cui valore plastico è insostituibile, per provvedere alla crescita prima e alla sostituzione dei tessuti logorati poi. Almeno la metà dei protidi dovrebbe essere costituita da proteine di origine animale, che sono più facilmente digeribili, più simili a quelle del nostro organismo e assicurano la quantità indispensabile di amminoacidi essenziali.
Una dieta di soli protidi però non è consigliabile, perché implicherebbe  un superlavoro da parte del sistema renale per l’eliminazione di scorie derivanti dal loro metabolismo.
Lipidi e glucidi, non essendo alimenti plastici, sembrerebbero dover ubbidire alla legge dell’isodinamia, ma l’esperienza pratica ci insegna che necessita almeno un minimo di lipidi. Questo dipende dal fatto che essi sono vettori delle vitamine liposolubili, contengono acidi grassi essenziali, rendono il cibo più appetibile. Come per le proteine anche per i lipidi è opportuno che  essi abbiano una derivazione mista, animale e vegetale.
Infine  anche i glucidi sono necessari in quanto rappresentano il materiale di pronto impiego per l’attività muscolare; esercitano un’azione di risparmio sul consumo dei protidi, indirizzandoli all’utilizzazione plastica; inoltre sono indispensabili per il metabolismo dei lipidi, perché attivano ed accelerano la loro ossidazione.
In conclusione si ritiene che per una persona adulta la dieta giornaliera bilanciata dovrebbe contenere i principi alimentari nelle seguenti proporzioni:

  • protidi: 10 – 15 %
  • lipidi: 20 – 30 %
  • glucidi: 55 – 60 %
 

Nei nostri climi, una corretta alimentazione dovrebbe contenere glucidi, lipidi e protidi grosso modo nelle proporzioni di 1/2, 1/3 e 1/6 del totale. Ad esempio, per un fabbisogno energetico di 2400 kcal 1200 dovrebbero essere fornite dai glucidi, 800 dai lipidi e 400 dai protidi.

 

 

2.6         IL PESO IDEALE

 

Il calcolo del peso ideale non è un'impresa così semplice come si potrebbe pensare. Esistono vari metodi per questa valutazione, tutti con vantaggi e svantaggi. E' opportuno quindi distinguere un peso ideale, un peso di riferimento, un peso accettabile.
Il peso ideale è un peso più basso del normale ed eguaglia i valori numerici espressi dai vari metodi di calcolo del peso.
Il peso di riferimento è il peso individuale correlato, prescindendo dall'altezza e dalla conformazione fisica, con un benessere psicofisico.
Il peso accettabile è invece compreso tra i primi due.

 

PESO IDEALE

h (in cm) – 100 – (h -150)/4

 

Fino a qualche decennio fa la magrezza era vista come sinonimo di fragilità e, al limite, di malattia. Purtroppo anche fra gli addetti ai lavori le tabelle dell'FCQ continuano a essere riprodotte su molti testi di dietologia. Per fortuna l'introduzione dell'indice di massa corporea ha finalmente riportato sulla terra tutti quei dietologi che ritenevano del tutto normale avere qualche chilo di troppo.

 

L’ indice di massa corporea corrisponde al rapporto tra il peso corporeo (in kg) diviso per il quadrato della statura (in cm).

INDICE DI MASSA CORPOREA (I.M.C.)

Peso (in Kg) / h² (in m)

Risultati:
< 18  sottopeso;
18 – 25  normale
25 – 30  sovrappeso
> 30  obesità
> 40  obesità grave

 

Il peso teorico ideale di un individuo si può calcolare anche in base alla sua struttura corporea.
I tipi morfologici si classificano in:

  • longilineo – ad ossatura piccola e leggera
  • normolineo – ad ossatura media
  • brevilineo – ad ossatura grande e pesante

Per sapere a quale tipo morfologico apparteniamo si deve fare una valutazione che si basa sul rapporto:


Statura (in cm) / Circonferenza polso (in cm)

                                                                                      Tipo morfologico_______________________

                                                         Longilineo                                Normolineo                              Brevilineo

Uomo                                     > di 10,4                          tra 10,4 e 9,6                        < di 9,6

Donna                                    > di 10,9                         tra 10,9 e 9,9                        < di 9,9

 

3.1          RELAZIONE TRA ALIMENTI E ALIMENTAZIONE

 

Come è possibile prevenire alcune malattie osservando con rigore le norme igieniche così è possibile mantenere lo stato di salute seguendo una dieta corretta. E come le norme igieniche devono essere seguite fin dalla tenera età, lo stesso vale per la dieta. Una dieta squilibrata, ad esempio eccedendo in dolci o nel consumo di grassi va incontro inevitabilmente, a determinate malattie come l’arteriosclerosi e il diabete, che poi non potranno essere guarite correggendo, anche drasticamente, la dieta stessa. Naturalmente bisogna evitare anche gli eccessi opposti come quello di ridurre troppo bruscamente la razione alimentare per tentare di dimagrire senza il necessario controllo medico.
E’ sbagliato pensare che, come negli animali, si debba mangiare quando si ha fame e si debba smettere quando si è sazi. Nell'uomo il senso di sazietà e di fame è importante ma non fondamentale perché un ruolo rilevante lo svolge la nostra volontà che ci induce ad esempio a mangiare anche quando non ci sarebbe più la necessità o a smettere quando in realtà servirebbe introdurre nello stomaco altro cibo.
L’uomo primitivo aveva una dieta alimentare molto diversa dall’attuale. A quei tempi il modello nutrizionale era ricco di fibre e di cibi di origine vegetale ed era carente di grassi, zucchero raffinato e sale. Quel modello è rimasto praticamente immutato fino a tempi molto recenti. Negli ultimi cinquant’anni, soprattutto nei paesi industrializzati, la dieta umana è mutata radicalmente divenendo ricca di grassi, zucchero raffinato e sale, mentre si è impoverita di fibre.     
Attualmente le esigenze alimentari si sono adeguate ad un ritmo di vita molto frenetico che non consente una alimentazione fatta con calma (ricordate il detto: “a tavola non si invecchia”?) e che rispetti i criteri fondamentali raccomandati dalle tante società per la nutrizione umana presenti in tutti i paesi civili. La nostra si chiama Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) ed opera in collaborazione con l’Istituto Nazionale della Nutrizione. 
I cibi precotti e in scatola, che contengono un notevole quantitativo di zuccheri raffinati indispensabili per la loro conservazione, e i grassi, stanno sostituendo i cibi più nutrienti ad alto contenuto di vitamine e minerali. Una dieta fondata su questi tipi di alimenti porta a tutta una serie di disturbi e di disfunzioni a cominciare dall’obesità. D’altra parte è pure vero che molte persone seguono per anni diete squilibrate senza soffrire di disturbi gravi, ma le conseguenze di una dieta sregolata si faranno sentire a distanza, quando non sarà più possibile porvi rimedio.
Frutta, verdura cotta e cruda e cereali integrali sono cibi ricchi di vitamine e anche fonte di fibre molto importanti nell’assorbimento dell’acqua nell’ultima fase della digestione. Le fibre vegetali assorbono l’acqua come spugne dando origine a feci di maggior volume che transitano più rapidamente e più facilmente lungo l’intestino crasso. Una dieta ricca di fibre riduce anche il rischio di contrarre molte malattie come il cancro del colon e l’arteriosclerosi.
In Italia, nella prima metà del nostro secolo, i consumi alimentari risultavano pressoché costanti mentre sono progressivamente aumentati negli ultimi cinquant’anni. Il consumo di carne, ad esempio, è quadruplicato rispetto al periodo precedente alla seconda guerra mondiale e così pure quello del latte e dei suoi derivati, della frutta, degli ortaggi e degli zuccheri; si è invece mantenuto costante quello della pasta. Insieme con l’aumento dei consumi si è andato differenziando il tipo di alimentazione fra il Nord e il Sud del Paese. Al Nord si è riscontrata una tendenza verso consumi alimentari tipici del Nord Europa e degli Stati Uniti, mentre il Sud ha conservato le vecchie tradizioni fondate sulla cosiddetta dieta mediterranea, che viene considerata da molti un’alimentazione ideale per la prevenzione di molte malattie, soprattutto quelle cardiovascolari.
Una dieta sana ed equilibrata dovrebbe possedere alcune caratteristiche generali e cioè dovrebbe essere completa nel senso di contenere tutti i principi nutritivi e nelle giuste proporzioni, mista ossia comprendente cibi assunti sia dal mondo animale sia da quello vegetale, sufficiente per sopperire a tutte le perdite sia energetiche che materiali e soprattutto varia per evitare il fenomeno della nausea che interviene quando si mangiano sempre gli stessi cibi. Una buona regola alimentare è quindi quella di variare il più possibile il menù giornaliero. I bambini mangerebbero solo patatine fritte e dolci, e questo è un male.
Anche nei paesi in cui vi è cibo in abbondanza e in cui metà della popolazione è sovrappeso o obesa, risultano molto diffuse alcune forme di malnutrizione occulta quali l’anemia per carenza vitaminica in soggetti che seguono diete vegetariane senza le necessarie integrazioni o l’osteoporosi nelle persone che escludono latte e formaggi dalla dieta o ancora deficit funzionale tiroideo in chi bandisce dalla mensa i prodotti della pesca o infine la gotta in chi esagera nel consumo di carne trascurando gli altri alimenti. In altre parole, una alimentazione poco variata e incompleta può essere all’origine di disordini organici e malattie, mentre l’abuso di alcuni cibi favorisce l’insorgere di disturbi fisici di vario genere.
Dopo aver intrapreso un programma terapeutico, è importante valutare con il proprio medico e con il dietista quali siano le reali modificazioni apportate alle abitudini alimentari. A questo scopo può essere utile tenere un diario alimentare, con la funzione di cogliere, per esempio, le situazioni o le emozioni che più facilitano il consumo scorretto di cibo, ma anche di invogliare il paziente a un maggiore controllo delle sue abitudini alimentari. È stato infatti osservato che obesi che compilavano un diario alimentare, anche al di fuori di programmi dietetici, diminuivano il loro introito calorico di circa un quarto. Compilare il diario alimentare richiede costanza e possono essere d'aiuto le seguenti indicazioni:
- registrare ogni cibo o bevanda assunta. In particolare: il tipo cibo e la quantità, utilizzando le misure più note (come bicchiere, tazza, piatto, porzione); l'ora e il luogo in cui si è consumato l'alimento; eventuali attività contemporanee (leggere, parlare, ascoltare musica, televisione, radio); il grado di fame e di sazietà prima e dopo il pasto;
- annotare le sensazioni provate quando si consuma il cibo, i vari stati d'animo (depresso, arrabbiato, tranquillo, allegro) e le situazioni che inducono eventuali alterazioni del comportamento alimentare.
Per potersi correttamente orientare verso un’alimentazione razionale ed equilibrata i dietisti suggeriscono una gamma di possibili alternative all’interno di sette gruppi di alimenti da cui attingere quotidianamente avendo cura di non escluderne alcuno. Si tratta di alimenti che integrandosi vicendevolmente consentono un apporto nutritivo giornaliero soddisfacente.

  1. Il primo gruppo di alimenti è rappresentato da carne, pesce e uova, prodotti che forniscono proteine di elevato valore nutritivo nonché ferro facilmente assimilabile e vitamine del complesso B. La carne comprende il prosciutto e gli insaccati (dei quali tuttavia occorre fare uso limitato per il loro contenuto in sale e grassi) e il pesce a cui si associano anche i molluschi e i crostacei cioè tutti i prodotti della pesca. Le uova ovviamente non sono solo quelle di gallina, ma, per esempio, anche il caviale (per chi se lo può permettere).
  2. Il secondo gruppo è rappresentato dal latte e dai suoi derivati (yogurt, latticini e formaggi). Si tratta di alimenti ricchi di proteine ma poveri di ferro. Il latte, ad esempio, che è considerato un alimento completo, manca invece di alcune vitamine ma soprattutto del ferro, ed anche per tale motivo si rende necessario lo svezzamento del neonato dopo il periodo di allattamento al seno della madre. Il latte, mentre da un lato è privo del ferro dall’altro è ricchissimo di calcio e quindi è un alimento importante non solo per gli adolescenti in età evolutiva, ma anche per prevenire l’osteoporosi soprattutto nelle donne dopo la menopausa.
  3. Il terzo gruppo è rappresentato dai cereali e derivati (pane e pasta). Si tratta di alimenti a scarso contenuto proteico e minerale, ma indispensabili per la produzione di energia. Ben metà dell’energia giornaliera deriva dalla combustione dei carboidrati complessi. In realtà se il pane (e la pasta) invece che bianco fosse integrale cioè fosse fatto con la farina ottenuta macinando il chicco intero esso conterrebbe, oltre che abbondanti fibre, molti minerali come il ferro e il calcio e alcune vitamine del complesso B che invece vanno persi con l'eliminazione della crusca.
  4. Il quarto gruppo è rappresentato dai legumi, un alimento ricco di proteine anche se non complete in tutti gli amminoacidi, di ferro, di vitamine del complesso B, di amidi e di fibre. Le popolazioni dell’America latina, ad esempio, nella loro dieta fanno largo uso di fagioli che mescolano con il riso.      
  5. Il quinto gruppo è quello dei grassi da condimento. Questi vanno usati con parsimonia ma non devono essere aboliti del tutto, perché sono indispensabili per l’assorbimento delle vitamine liposolubili (A e D). Possono essere ridotti nella preparazione dei sughi allorché i grassi medesimi siano già presenti nella carne, nel pesce o in alcuni frutti ricchi di olio come le olive stesse.
  6. Il sesto gruppo comprende alimenti ricchi di vitamina A (fegato, rognone, ecc.), o del carotene cioè della molecola dalla quale verrà ricavata la vitamina A (carote, zucche, pomodori, albicocche, cachi, melone giallo, ecc.). 
  7. Il settimo gruppo infine comprende i vegetali ricchi di vitamina C (tutti gli agrumi, i kiwi, ecc.).

Generalmente la maggior quantità di calorie viene consumata al mattino o al pomeriggio, vale a dire nei momenti in cui si è più attivi. La sera il dispendio energetico è normalmente inferiore, ma dipende sempre dalle abitudine delle singole persone. Il mio consiglio è quello di assumere una maggior quantità di calorie a colazione e a pranzo, queste, infatti, saranno più facilmente consumate nell'attività giornaliera. La sera l'apporto calorico può essere inferiore, soprattutto quando trascorre poco tempo dalla cena al momento di andare a dormire.

 

Le calorie totali assunte durante la giornata vanno ripartite in queste proporzioni:
- il 25% del fabbisogno giornaliero a colazione,
- il 35-40% a pranzo,
- il 10-15% suddiviso fra i due spuntini,
- il 25-30% a cena.

La prima colazione
Per cominciare bene la giornata è importante fare una adeguata, nutriente e varia prima colazione.
E’ un momento alimentare troppo spesso trascurato, soprattutto in età scolare.
E’ dimostrato che saltare la prima colazione, oltre a causare ipoglicemia, ridotta concentrazione mentale, si correla positivamente con l’obesità. Un dato statistico interessante fa rilevare che solo il 5% dei non obesi salta la prima colazione, contro il 23% degli obesi. In parole povere, chi non fa colazione al mattino è portato a mangiare molto di più nel corso della giornata, con il rischio di eccedere e di ingrassare. Latte e yogurt, fette biscottate, frutta fresca e marmellata, dovrebbero essere gli ingredienti fondamentali della prima colazione, perché forniscono il giusto apporto di calcio, proteine, zuccheri e carboidrati.

La mancanza di una prima colazione adeguata, crea una carenza energetica che si traduce in svogliatezza, difficoltà di concentrazione e fame. Quindi è importante cominciare la giornata con una riserva di energia che permetta di affrontare tutti gli impegni senza 'black-out', in modo da arrivare al pasto di mezzogiorno senza essere troppo affamati.
Uno spuntino a metà mattina
A metà mattina si dovrebbe fare un piccolo spuntino, consistente in un frutto o in un vasetto di yogurt. Anche una fetta di pane e marmellata può andare bene ed è sicuramente meglio di una brioche confezionata, più calorica, ricca di grassi e quindi meno digeribile.
Il pranzo
Il pranzo ideale consiste in un primo piatto a base di pasta o riso, condito con legumi o con sugo di verdure e accompagnato da un contorno di verdura, cotta o fresca, condita con olio extravergine d'oliva da gustare con un piccolo panino. In realtà, la tendenza generale, è quella di dare, anche a pranzo, una porzione di alimenti proteici, consistente nella classica bistecca o in una porzione di formaggio. Recenti studi nutrizionali consigliano di diminuire l'apporto proteico, riducendolo ad una sola porzione al giorno di proteine, da assumere preferibilmente la sera.
La merenda
La merenda, a seconda dei gusti, può essere dolce o salata, l'importante è abituare i bambini a cibi semplici, poco elaborati e di facile digestione. Pane e marmellata, frutta fresca, uno yogurt o una fetta di pane condita con un poco di olio e sale costituiscono gli spuntini ideali capaci di accontentare tutti i gusti.
La cena
La cena deve essere leggera, di facile digestione e ricca di fibre, fornite da verdura, legumi e frutta. Perfetta è la combinazione che prevede fibra, carboidrati (forniti da pasta, pane o riso) e proteine provenienti da carne, pesce, uova, formaggi e legumi. Ciò che conta è variare spesso la fonte proteica, alternando alimenti diversi nel corso della settimana. La carne non rappresenta la fonte unica e privilegiata di proteine, come molte persone credono, pesce e legumi, ad esempio, forniscono elementi nutrienti fondamentali, necessari allo sviluppo e alla crescita di un bambino. Anche le uova forniscono aminoacidi essenziali e rappresentano un alimento indispensabile della dieta.

 


3.2         LE EQUIVALENZE ALIMENTARI, GLI SCARTI E I COEFFICIENTI DI RIFIUTO

 

Con il termine equivalenze alimentari si intende la possibilità di sostituire un alimento con un altro dello stesso gruppo o di un altro gruppo, al fine di ottenere lo stesso valore in nutrienti.
Per esempio 1 Kg di carne di manzo equivale al contenuto proteico di 84 g di formaggio Bel Paese o a 174 g di merluzzo.

Altri esempi:

  • 20 g di riso = 350 g di funghi
  • 25 g di pane = 150 g di mela
  • 30 g di pane integrale = 200 g di arance
  • 20 g di pasta = 350 g  di pomodori
  • 100 g di patate = 350 g di peperoni
  • 30 g di piselli = 400 g di spinaci

 

Nel considerare il valore economico e nutrizionale degli alimenti, occorre tener conto soprattutto della parte edibile cioè di quella parte che viene realmente utilizzata e consumata.
Gli scarti costituiscono la parte non commestibile di un alimento come bucce, noccioli, ossa ecc…
Le percentuali di scarto, dette coefficienti di rifiuto, variano in base al tipo di alimento ma anche in rapporto ai metodi con cui l’alimento viene preparato e consumato e quindi alle tradizioni culinarie.

 

3.3         I LARN

 

Acronimo di Livelli di Assunzione Raccomandata di Nutrienti e di energia. Sulla base di studi di popolazione sui consumi alimentari sono state redatte delle tabelle che riportano le dosi giornaliere di tutti i nutrienti. I LARN servono a proteggere l’intera popolazione dal rischio di carenze nutritizionali, più che di orientare la quantità e la qualità dell’alimentazione dei singoli individui e influenzare i consumi alimentari.
I LARN non rappresentano il limite minimo al di sotto del quale c’è la malnutrizione, ne un livello ottimale di assunzione, di fatto sono il livello di sicurezza valido non tanto per un singolo individuo quanto per la popolazione nel suo complesso.
Inoltre costituiscono la base per pianificare la politica degli approvvigionamenti alimentari nazionali e sono il punto di riferimento nelle decisione dietetiche di refezioni scolastiche e mense aziendali.

 


FABBISOGNI LARN


LIVELLI DI ASSUNZIONE GIORNALIERI RACCOMANDATI DI NUTRIENTI PER LA POPOLAZIONE ITALIANA (L.A.R.N.), SOCIETÀ ITALIANA DI NUTRIZIONE UMANA, REVISIONE 1996

Categoria

Età

Peso

Proteine

Acidi grassi essenziali

Calcio

Fosforo

Potassio

Ferro

Zinco

Rame

Selenio

Iodio

Vit. B1

Vit. B2

Vit. PP

Vit.B6

Vit.B12

Vit.C

Folati

Vit.A

Vit.D

 

(anni)(1)

(kg)(2)

(g) (3)

(g) (4)

(mg)

(mg) (6)

(mg)

(mg)

(mg)

(mg)

(mg)

(mg)(9)

(mg)

(mg)

(mg)(10)

(mg)(11)

(mg)

(mg)

(mg)

(mg)(13)

(mg)(15)

 

 

 

 

w 6

w 3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lattanti

0,5-1

7-10

15-19

4

0,5

600

500

800

7

4

0,3

8

50

0,4

0,4

5

0,4

0,5

35

50

350

10-25*

Bambini

1-3

9-16

13-23

4

0,7

800

800

800

7

4

0,4

10

70

0,6

0,8

9

0,7

0,7

40

100

400

10*

 

4-6

16-22

21-28

4

1

800

800

1100

9

6

0,6

15

90

0,7

1,0

11

0,9

1

45

130

400

0-10

 

7-10

23-33

29-42

4

1

1000

1000

2000

9

7

0,7

25

120

0,9

1,2

13

1,1

1,4

45

150

500

0-10

Maschi

11-14

35-53

44-65

5

1

1200

1200

3100

12

9

0,8

35

150

1,1

1,4

15

1,3

2

50

180

600

0-15

 

15-17

55-66

64-72

6

1,5

1200

1200

3100

12

9

1

45

150

1,2

1,6

18

1,5

2

60

200

700

0-15

 

18-29

65

62

6

1,5

1000

1000

3100

10

10

1,2

55

150

1,2

1,6

18

1,5

2

60

200

700

0-10

 

30-59

65

62

6

1,5

800

800

3100

10

10

1,2

55

150

1,2

1,6

18

1,5

2

60

200

700

0-10

 

60+

65

62

6

1,5

1000

1000

3100

10

10

1,2

55

150

0,8

1,6

18

1,5

2

60

200

700

10*

Femmine

11-14

35-51

43-58

4

1

1200

1200

3100

12/18(7)

9

0,8

35

150

0,9

1,2

14

1,1

2

50

180

600

0-15

 

15-17

52-55

56-57

5

1

1200

1200

3100

18

7

1

45

150

0,9

1,3

14

1,1

2

60

200

600

0-15

 

18-29

56

53

4,5

1

1000

1000

3100

18

7

1,2

55

150

0,9

1,3

14

1,1

2

60

200

600

0-10

 

30-49

56

53

4,5

1

800

800

3100

18

7

1,2

55

150

0,9

1,3

14

1,1

2

60

200

600

0-10

 

50+

56

53

4,5

1

1200-1500(5)*

1000

3100

10

7

1,2

55

150

0,8

1,3

14

1,1

2

60

200

600

10*

Gestanti

 

 

59

5*

1

1200

1200

3100

30(8)*

7

1,2

55

175

1

1,6

14

1,3

2,2

70

400(12)*

700(14)

10*

Nutrici

 

 

70

5,5

1

1200

1200

3100

18

12

1,5

70

200

1,1

1,7

16

1,4

2,6

90

350

950

10*

 


 
 

4.1          SCELTA E COTTURA DEGLI ALIMENTI

 

L’attenzione per le scelte degli alimenti che possono avere effetti negativi sulla salute è attualmente uno dei temi di maggior interesse per la salute pubblica. Considerata l’importanza del cambiamento delle abitudini alimentari della popolazione, è molto importante comprendere quali elementi determinano la scelta dei cibi. Il comportamento alimentare è complesso e questo articolo esamina l’ampia gamma di fattori che hanno un impatto sulla scelta degli alimenti. Altri articoli tratteranno successivamente con maggiori dettagli il modo in cui i fattori biologici influenzano la scelta degli alimenti, individueranno gli ostacoli al cambiamento della dieta e spiegheranno i modelli del cambiamento comportamentale.

La scelta degli elementi, come qualsiasi comportamento umano, è influenzata da molti fattori correlati. Gli impulsi fondamentali che ci spingono a mangiare o meno sono naturalmente la fame e la sazietà, ma ciò che scegliamo di mangiare non è determinato unicamente da bisogni fisiologici o nutrizionali. Altri fattori che influenzano la nostra scelta alimentare sono:

  • le proprietà sensoriali dei cibi, come il gusto, l’odore o l’aspetto;
  • fattori sociali, emozionali e cognitivi che condizionano la nostra scelta: preferenze e avversioni, conoscenze e atteggiamenti correlati alla dieta e alla salute, abitudine o contesto sociale. Per determinati individui, possono essere particolarmente importanti i valori personali, le esperienze di vita come il matrimonio/la convivenza, o le capacità (per es. culinarie), le convinzioni di una persona (per es. su temi come i cibi biologici e gli OGM), e le percezioni, quali le barriere percepite per seguire una dieta sana.
  • Anche i fattori culturali, religiosi ed economici limitano la nostra scelta. L’istruzione, fattori etnici e la disponibilità, la visibilità o i prezzi dei prodotti rivestono un ruolo importante nelle nostre scelte.

Ad esempio si possono fare alcune considerazioni riguardo al legame fra clima  e religione. Nel deserto niente si trova gratuitamente o naturalmente e tutto  ciò che occorre al sostentamento deve essere estorto alla natura. Ai tropici invece i bisogni della vita sono soddisfatti ancora prima di essere formulati: le stagioni si avvicendano violentemente e la vegetazione esplode in un ciclo continuo. In tali condizioni non è richiesto nessun intervento sulla natura perché la natura stessa dispensa autonomamente i suoi doni.
Quindi l’atrofia vegetativa del deserto impone un’ integrazione animale della dieta e genera una morale che permette l’uccisione degli animali per il proprio sostentamento: secondo la Genesi, Dio stesso consentì all’Uomo di diventare carnivoro dopo il Diluvio Universale benché gli avesse imposto di essere vegetariano nel Paradiso Terrestre. Naturalmente una cosa che giustifica la morte altrui quand’essa sia necessaria per la propria vita non tarda a degenerare in ideologie di potenza e di guerra, che si sono storicamente coniugate ai monoteismi attraverso i secoli, dalle crociate cristiane alle jihad islamiche.
La natura ai tropici è invece sufficientemente generosa da permettere e stimolare diete vegetariane, oltre al concomitante sviluppo di dottrine ispirate alla non violenza e al pacifismo che sono divenute parti integranti dell’induismo e del buddismo. (P.Odifreddi)
Questa moltitudine di fattori illustra come “il mangiare sano”, che è l’obiettivo delle campagne di salute pubblica, sia soltanto una delle molte considerazioni inerenti alla scelta del cibo.
Se non vi sono importanti motivi per limitare in quantità l'introduzione giornaliera di cibo, un sano comportamento alimentare si basa su una accurata scelta degli alimenti, sulla loro preparazione, cottura o conservazione domestica secondo regole igienicamente corrette, sul loro consumo in funzione delle proprie esigenze reali e secondo quelle semplici norme che la scienza alimentare ci indica.

 

4.2         LA SCELTA DEGLI ALIMENTI

L’attenzione ai comportamenti in fase di programmazione e preparazione dei pasti porta progressivamente ad un sempre più attento controllo del comportamento alimentare globale.
Per quanto riguarda quindi la scelta degli alimenti il comportamento da sottoporre a primaria attenzione si concretizza nel fare la spesa. Ciò, ovviamente, determina quanto e come la dispensa sarà riempita.
E’ bene programmare giorno per giorno gli alimenti da consumare, e solo se necessario, sulla base di uno schema dietetico adeguato e corretto.
Chi organizza la scelta d’acquisto degli alimenti non deve lasciarsi influenzare dai messaggi   pubblicitari; nelle comunità organizzate la scelta e l’acquisto sono seriamente pianificate.

Il primo criterio riguarda i valori nutrizionali; l’aspetto primario è quello biologico cioè l’alimentazione deve soddisfare le esigenze dell’organismo.

Altro criterio da tenere presente è l’aspetto psicologico; bisogna tenere presente il colore, la forma e la dimensione degli alimenti che può rendere o meno appetibile l’alimento stesso. I sensi condizionano e contribuiscono al gradimento del prodotto che addirittura risulterà più digeribile.

Ancora è da valutare l’aspetto economico in quanto non sempre l’alimento più costoso ha un più alto potere nutrizionale; è chiaro che a parità di contenuto e nutrienti sono da preferire i cibi meno costosi e con minore coefficiente di rifiuto cioè la parte comunque non commestibile in un alimento (es. l’osso di una bistecca, la lisca di un pesce, l’osso di un frutto). Ad esempio per 100 grammi di sogliola bisogna acquistarne 200 perché il coefficiente di rifiuto è del 50%. Invece alimenti come il pane o le verdure surgelate hanno coefficiente di rifiuto pari a zero.
Come norma principale si raccomanda la scelta di alimenti freschi , limitando (ma non abolendo) il consumo di quelli conservati. Infatti, pur privilegiando, per quanto possibile, la scelta di cibi freschi e naturali, non è affatto controindicato il consumo di quelli conservati, in particolar modo dei surgelati, che, comunque, andrebbero riservati a situazioni particolari, di "emergenza" .
Per quanto possibile e se non espressamente vietato da condizioni cliniche particolari andrebbe sempre privilegiato il cibo integrale, almeno per quanto ragionevolmente possibile.  
Il pane integrale pressochè quotidianamente, pasta e riso integrali almeno una o due volte alla    settimana. Il ricorso ad alimenti integrali, comunque, pur essendo effettivamente indicato nella   maggior parte dei casi, deve sempre essere ben valutato sulla base delle proprie effettive esigenze.  Esistono pur sempre controindicazioni o limitazioni di uso da definirsi solo a seguito di una corretta osservazione medica.
Un accenno va fatto ai cosiddetti alimenti "dietetici", siano essi francamente dietetici , quali ad esempio i cibi per diabetici, per nefropatici o altro e i cibi invece definiti dietetici a scopo commerciale.
Se escludiamo le poche situazioni veramente patologiche, che richiedono lo stretto consumo di cibi speciali, gli alimenti dietetici sono per lo più un elemento di confusione e talvolta di errore. Molte ditte commerciali infatti creano attorno ai propri prodotti delle immagini pubblicitarie che facilmente traggono in inganno l'acquirente.
In particolare molto diffusa è l'idea che consumando questo o quel tipo di alimento definito dietetico non si ingrassi o addirittura si dimagrisca. Moltissimi esempi si potrebbero citare (ad esempio il caso delle cosiddette "merendine" per ragazzi...) a dimostrazione di come sia facile creare false convinzioni e false necessità di consumo.

      • Le combinazioni alimentari

Per seguire una corretta alimentazione risulta fondamentale associare correttamente gli alimenti, in modo che non si creino conflitti digestivi. Vediamo quindi quali sono le “associazioni buone” e le “associazioni cattive”.

Associazioni buone

  • Pasta – fagioli. L’associazione cereali + legumi costituisce un’ottima combinazione alimentare, in quanto gli amminoacidi dei cereali sono complementari rispetto a quelle dei legumi.
  • Carne (o pesce) – verdura. E’ un ottimo abbinamento in quanto la digestione delle proteine  viene stimolata dagli alimenti ricchi di sali minerali che favoriscono l’assorbimento degli amminoacidi a livello intestinale. Gli alimenti più ricchi di sali minerali sono le verdure, in particolare se consumate crude.
  • Verdure – olio. I grassi aiutano ad assorbire i carotenoidi antiossidanti presenti nei pomodori, carote, zucche ecc.
  • Cavolfiore – fagiolini. La vitamina C favorisce l’assorbimento del ferro.
  • Bistecca – erbe aromatiche. Insaporire le carni con erbe aromatiche aiuta a ridurre il consumo di sale.
  • Patate – aceto. L’aceto riduce il rialzo della glicemia dopo il consumo di alimenti amidacei come le patate.

Associazioni cattive

  • Cereali – carne. Gli alimenti amidacei uniti a quelli proteici costituiscono una cattiva combinazione in quanto gli uni impediscono la digestione degli altri. L’ambiente acido che si forma nello stomaco per la digestione delle proteine, blocca la digestione dell’amido, e la presenza dell’amido rende difficoltosa l’elaborazione delle proteine, che non vengono assimilate a livello intestinale dando luogo alla formazione di sostanze tossiche. Pasta e lasagne al ragù sono quindi piatti sconsigliati.
  • Carne (o pesce o uova) – latticini.  Gli alimenti del primo gruppo non andrebbero mai associati ai latticini, in quanto questi ultimi formano una sorta di pellicola attorno alle proteine che passano nell’intestino senza essere digerite. Da evitare quindi associazioni come hamburger al formaggio, uova con sottiletta, besciamella + ragù di carne ecc.
  • Carne (o pesce) – legumi.  Sia la carne che il pesce sono alimenti proteici che creano conflitto con le proteine dei legumi affaticando i reni. Associazioni come zampone e lenticchie, tonno e piselli, bistecca e fagioli sarebbero da evitare.

 

Emergono però anche alcuni effetti indesiderati conseguenti ad alcune combinazioni di alimenti e bevande. Questo vale per il tè e il caffè il cui elevato contenuto in polifenoli può interferire con l’assorbimento del ferro fornito dagli alimenti di origine vegetale. Ecco perché a chi ha carenza di ferro si consiglia di non bere tè e caffè vicino ai pasti. Anche associare il latte alla crusca di frumento potrebbe ridurre l’assorbimento del calcio, di cui, com’è noto il latte è un’ ottima fonte. Infatti l’acido fitico di cui è ricca la crusca di frumento, si lega la calcio in una forma che ne riduce l’assimilazione.

 

4.3         LA COTTURA DEGLI ALIMENTI

Particolare attenzione inoltre andrà posta alla cottura. Le modificazioni, infatti, che il calore può provocare alla composizione dei vari cibi possono diventare davvero importanti. Vari, inoltre, sono i fattori che possono condizionare le alterazioni di un certo alimento per effetto del calore.
Ad esempio: il modo di cottura (il metodo cioè di trasmissione di calore all'alimento stesso), il tempo di riscaldamento, la temperatura raggiunta alla superficie e all'interno dell'alimento... ma anche il tipo stesso di alimento, cioè la sua composizione chimica e quindi la predisposizione ad alterarsi in varia misura sotto l'effetto del calore.
Milioni di anni fa i nostri antenati hanno cominciato a nutrirsi di alimenti cotti. Erano gli unici nel mondo animale, eppure hanno radicato così profondamente questa abitudine che la cottura ha influenzato anche la forma del nostro viso: la nostra mandibola è più piccola e meno protrusa in avanti rispetto a quella dei nostri antenati più lontani, che si cibavano esclusivamente di alimenti crudi.
Ma perché preferiamo mangiare un cibo cotto? Entrando oggi in una delle nostre cucine e vedendoci circondati da forni a gas o a microonde, tostapane, pentole di tutte le misure forse la domanda può sembrare retorica, ma le nostre cucine non solo altro che l'evoluzione della prima brace che ha arrostito il primo pezzo di carne rendendo possibile la formazione di ben 600 composti chimici diversi in più rispetto a quelli originali. È proprio in questi composti il segreto di questo popolare comportamento adattativo perchè sono queste sostanze chimiche che contribuiscono a formare il sapore, il gusto e l'odore di un piatto ben cucinato. Ma non è solo il gusto a guadagnarci. Ogni volta che cuociamo un alimento lo rendiamo più digeribile, in alcuni casi commestibile e più masticabile e sicuramente igienicamente più sicuro
È chiaro comunque che non sono solo positivi gli effetti della cottura. Bisogna ricordare che quando cuociamo un alimento sottraiamo parte del suo potere nutritivo: alcuni aminoacidi, vitamine, sali minerali.
Cuocere un alimento non sempre è necessario, ma in alcuni casi è indispensabile per rendere alcuni cibi commestibili, oltre che più appetibili in quanto durante la cottura vengono aggiunti altri ingredienti per esaltarne il sapore. I cibi cotti si conservano più a lungo perché l’alta temperatura uccide quei microrganismi responsabili del deterioramento organico del cibo.
Nelle persone anziane la cottura dei cibi gli conferisce digeribilità e ne facilita la masticazione. Esistono poi casi curiosi come ad esempio quello dei germogli delle patate che sono velenosi e con la cottura si inattiva tale fattore antinutrizionale.
Con la cottura vengono inevitabilmente alterate le proprietà nutrizionali degli alimenti; ma a questa conseguenza negativa si contrappongono gli effetti positivi della cottura che consistono nell’intensificarsi dei colori del cibo, del gusto e  dell’aroma oltre a facilitarne la digeribilità.

Vediamo di esaminare i principali metodi di cottura dieteticamente consigliabili per i vari alimenti.

4.3.1      In acqua
E' indicata per cuocere pasta, riso, carne, pesce, ortaggi, legumi. L'alimento che viene immerso nell'acqua bollente cede una parte del suo aroma ed alcuni dei suoi nutrienti ma può insaporirsi con la presenza di altri alimenti o aromi.
4.3.2     In pentola a pressione
Consente di cuocere al riparo dall'aria e sotto pressione ad una temperatura di ca. 110 - 120°C in tempi molto più brevi della cottura comune, conservandone di più aroma e sapore. La dispersione di vitamine e sali minerali è limitata.

4.3.3     Al vapore
E' un ottimo tipo di cottura. Con la cottura al vapore non si usano grassi e l'alimento conserva meglio di ogni altro metodo il suo contenuto in vitamine e minerali, mantenendo anche in modo più efficace sapore e aroma caratteristico.
Si tratta di un metodo di cottura realizzato ponendo l'alimento su una griglia o un supporto forato ed esponendolo per un certo tempo al passaggio del vapore che proviene dall'ebollizione dell'acqua contenuta in un recipiente posto al di sotto dell'alimento stesso. Richiede pertanto una pentola particolare ma di modestissimo costo.

4.3.4    Al forno
Anche questo è un ottimo metodo di cottura. A patto di escludere o limitare l'impiego di grassi e di sgocciolare i grassi interni dell'alimento che si liberano con il calore.
La cottura al forno, infatti, deve essere sfruttata proprio per questa possibilità di utilizzare poco grasso da cottura o di abolirlo del tutto.

4.3.5     Alla griglia ( ai ferri o alla piastra)
Anche questo metodo permette l'abolizione dei grassi da cottura. Tuttavia va tenuto presente che la cottura ai ferri o alla griglia compromettono in parte il contenuto in vitamine (particolarmente sensibili alle alte temperature) e in minerali in quanto facilitano la bruciatura della parte più esposta e realizzano uno sbalzo termico troppo violento. L'utilizzo della piastra permette forse, se usata con attenzione, una diffusione del calore più omogenea e graduale. Anche in questo caso i grassi liberati dall'alimento per effetto del calore andranno eliminati e sostituiti con grassi crudi in quantità adeguata.

4.3.6    Al cartoccio
Anche questo è un ottimo metodo di cottura da un punto di vista nutrizionale, a patto di utilizzarlo in modo adeguato.
L'alimento viene racchiuso in un cartoccio (di carta stagnola o di altro materiale apposito) e cotto nel forno. E' pertanto possibile limitare o abolire l'uso dei grassi da cottura e, come con altri metodi, i grassi prodottisi dall'alimento andranno sostituiti con grassi crudi a termine cottura. Si tratta di un metodo di cottura inoltre che permette l'aggiunta di vari aromi non calorici e quindi offre una ampia possibilità di spaziare con la fantasia in soluzioni sempre diverse.

4.3.7     A microonde
Si tratta di un tipo di cottura rapido, da utilizzare in situazioni di particolare fretta. Deve comunque essere fatto con gradualità in modo da consentire all'alimento di non perdere liquidi e conservare le sue caratteristiche nutrizionali. Permette facilmente l'abolizione dei grassi da cottura.
Il forno a microonde consiste essenzialmente in un forno alimentato ad energia elettrica che contiene uno strumento chiamato “magnetrom” che trasforma  l’energia elettrica in energia elettromagnetica. Le onde penetrano nelle molecole d’acqua, l’assorbimento delle radiazioni provoca un aumento dell’energia cinetica stessa delle molecole stesse che cominciano a girare a velocità frenetica producendo calore. Il tempo di cottura si riduce enormemente e il calore interessa solo il cibo in questione. Bisogna però utilizzare contenitori che vengano attraversati dalle onde e che non le riflettano come i metalli.

4.3.8    La frittura

Può avvenire su uno strato sottile o per immersione totale nell’olio: nel primo caso va bene per alimenti come le uova, il bacon, le frittate ecc, nel secondo caso è indicato per patate, verdure olive, pesce, carne ecc. L’ immersione in olio bollente determina un rapido aumento di temperatura sulla superficie dell’alimento (minore è il contenuto di olio nel fritto, migliore è la sua qualità), limita la perdita di nutrienti e rende il prodotto croccante e dorato. La formazione della crosta è favorita dalla presenza di amido e proteine nell’alimento che le alte temperature trasforma l’amido in destrine che coagulano le proteine.
In questo tipo di cottura è molto importante la scelta del grasso da utilizzare. Il più adatto è sicuramente l’olio di oliva. Tra gli oli di semi i più indicati sono l’olio di cotone e quello di arachide per l’elevato punto di fumo cioè la temperatura a cui un grasso comincia a decomporsi per effetto del calore. Lo strutto è l’unico grasso di origine animale adatto per la frittura; sconsigliato invece il burro.

Tabella 1: riassunto dei mezzi di cottura

Per insaporire ulteriormente gli alimenti e per renderli più appetibili si potrà fare uso, se non espressamente vietato dalle tabelle di scelta dei cibi, di comuni aromi da cucina e spezie, quali: cipolla, aglio, prezzemolo, basilico, origano, salvia, alloro, limone, aceto, curry, menta, timo, noce moscata, ecc. oppure salse tipo: salsa Worcester, di soia, tamari, ketchup, ecc. .
Si raccomanda comunque di consultare bene le tabelle di scelta dei cibi per quanto riguarda le spezie e gli aromi. Si raccomanda inoltre che, anche se concessi, gli "aromi" devono essere sempre assunti in quantità limitate e saltuarie. Meglio variarne tipo e qualità piuttosto che consumare ripetitivamente gli stessi. Limitare in ogni caso il consumo del sale. Nel caso la dieta proposta sia a tenore controllato di sale seguite sempre le indicazioni fornite sullo schema. Non utilizzate mai, se non espressamente indicato, sali alternativi. Parlatene prima con il medico.

4.3.9 La cottura della carne
Con la cottura la carne diventa più tenera e più digeribile, acquista sapore ed aroma e risulta igienicamente più sicura. Infatti eventuali microrganismi patogeni vengono distrutti quando la temperatura di tutto l'alimento raggiunge i 65-70° C. 
La carne è formata da numerose lunghe fibre muscolari di natura proteica oltre che, naturalmente, da più del 70% di acqua.
Le fibre sono disposte una parallela all'altra, racchiuse da una guaina di tessuto connettivo e unite in fasci. I fasci a loro volta sono uniti l'uno all'altro grazie ad altre proteine: il collagene e l'elastina. Quando cuociamo la carne le proteine che formano le fibre si denaturano, ossia perdono la loro struttura originaria, coagulandosi, restringendosi e accorciandosi con la conseguente fuoriuscita di acqua. È come quando stringiamo una spugna imbevuta.
Il pezzo di carne a causa di questa trasformazione diventa più piccolo e pesa di meno. Il collagene invece quando viene cotto diventa solubile e assume un aspetto simile a una gelatina; grazie a questa trasformazione rende la carne più tenera.
Le fibre muscolari al contrario tendono ad indurire la carne, è per questo che quei tagli pregiati che contengono più fibre e meno connettivo, come il filetto o il lombo, devono cuocere poco, mentre quelli di qualità inferiore che contengono più connettivo, più cuociono e più si inteneriscono.
Se le proteine vanno incontro a così tante trasformazioni i grassi non sono da meno.
Quei grassi che si trovano tra le fibre proteiche con la cottura tendono a fondere e a fuoriuscire dalla carne. Questo non è altro che un bene perché quando fuoriescono raggiungono ogni parte del pezzo di carne, imbibendolo.
Sono i grassi quelli che contribuiscono maggiormente al sapore della carne arrostita. Quando infatti le temperature sono alte e in presenza di altre particolari sostanze (gruppi aldeidici) i grassi vanno incontro ad una reazione, la più importante per ogni gastronomo, detta reazione di Maillard.
Tale reazione è responsabile anche della crosticina croccante del pane o delle patate ed è forse grazie a essa che l'uomo ha cominciato a preferire i cibi cucinati. Non è ancora nota completamente in tutti i suoi passaggi tale reazione, ma i risultati sono veramente ottimi.
Una reazione di Maillard ancora più "saporita" si ottiene quando si impana o s' infarina la carne. In quest'ultimo caso ci sono anche altre trasformazioni a carico dell'amido che concorrono a dorare la superficie. Un adeguato contenuto di grassi oltre quindi a migliorare il sapore della carne, la intenerisce e la rende più appetibile.
L' aroma della carne cotta a basse temperature è dato principalmente alla frammentazione delle proteine nei loro costituenti principali, gli aminoacidi, e alla trasformazione di quest'ultimi in ammine.
Anche il colore della carne cambia durante la cottura. Quando la carne è tagliata, la superficie è di un rosso vivo, che diventa più scura a mano a mano che la esponiamo all'aria. L'aria contiene ossigeno che ossida la mioglobina, allo stesso modo in cui l'emoglobina nel sangue cattura l'ossigeno dai polmoni. La completa ossidazione della mioglobina avviene esattamente alla stessa temperatura in cui le proteine si denaturano per il calore, così il cambio di colore è una indicazione che la carne è cotta.
La perdita di nutrienti dovuta alla cottura è dovuta principalmente alla fuoriuscita di sali minerali, peptidi solubili (piccole porzioni di proteine) e vitamine (soprattutto del gruppo B e la PP), alcune delle quali sono inattivate dal calore altre invece si perdono nel liquido di cottura.
4.3.10 La cottura del pesce
Il pesce presenta una struttura proteica un po' diversa rispetto alla carne. Ha più proteine fibrose e meno collagene ed elastina. Se tale composizione lo rende un alimento molto digeribile richiede però una maggiore cura durante la cottura. Una cottura eccessiva infatti rovina irrimediabilmente il pesce, oltre a privarlo di importanti principi nutritivi che rimangono nella pentola. Per non perdere importanti nutrienti come lo iodio, lo zinco (rari negli atri alimenti), il ferro si preferisce per il pesce la cottura a vapore o la frittura rapida dopo aver infarinato. I pesci grassi possono invece essere cotti alla griglia e si manterranno morbidi.
4.3.11 La cottura delle uova
Quando si cuoce un uovo si passa da un alimento liquido a uno in forma solida. Questo prodigiosa trasformazione avviene grazie alle proteine. Quando le proteine dell'uovo vengono scaldate inizialmente passano da una struttura globulare a una più lineare. Cominciando a srotolarsi, le proteine formano una vera e propria rete che con l'aumento della temperatura si stabilizza intrappolando al suo interno l'acqua e assumendo in questa nuova forma il colore bianco. L'albume solidifica a temperature un po' più alte e può andare incontro se cotto troppo a una trasformazione indesiderata: tra il tuorlo e l'albume si forma una colorazione verdastra dovuta al solfuro ferroso, il risultato della reazione tra il ferro del tuorlo e l'idrogeno solforato liberatosi dalle proteine dell'albume.
Con la cottura le uova perdono parte di alcune vitamine come la B1 e la B2, si rende però più disponibile il contenuto di ferro e zinco dell'albume. L'albume crudo contiene una sostanza, l'avidina, che è un antagonista della biotina, una vitamina. Tale sostanza fortunatamente si inattiva con la cottura.
4.3.12 La cottura degli ortaggi
Gli ortaggi sono gli alimenti che con la cottura vengono maggiormente privati di importanti nutrienti. Anche se la cottura li ammorbidisce dovrebbero essere prese alcune precauzioni per evitare la perdita eccessiva di nutrienti. Innanzitutto bisogna preferire alcuni metodi di cottura piuttosto di altri. Ecco in ordine decrescente i metodi di cottura in rapporto alla perdita di importanti sali minerali e vitamine:


bollitura con molta acqua (perdita massima),

bollitura con poca acqua (perdita media),

cottura al vapore (perdita media-bassa),

bollitura con pentola a pressione (perdita minima),

cottura al forno a microonde (perdita minima).

Con la cottura al vapore in pentola a pressione si ottengono i risultati migliori perché vengono uniti tempi ridotti alla eliminazione del contatto dell'alimento con l'acqua. 
Il cambiamento di colore degli ortaggi è condizionato principalmente dal loro contenuto in clorofilla e carotenoidi. La clorofilla diventa più scura mentre l'arancione dei carotenoidi tende a sbiadire a causa di un'ossidazione.
Il calore determina la frammentazione della cellulosa in fibre più corte rendendo l'ortaggio più morbido. L'azione del calore sulla cellulosa è favorito dal bicarbonato di sodio, per questo c'è l'abitudine di aggiungere questa sostanza nell'acqua di bollitura.
4.3.13 La cottura dei legumi
La cottura è molto importante per i legumi, perché è l'unico modo non solo per renderli più digeribili ma per eliminare delle sostanze, gli inibitori delle proteasi, che sono in grado di inattivare i nostri enzimi digestivi specifici per le proteine. Nei legumi sono inoltre contenute altre sostanze tossiche (allergeni, saponine, aflatossine, lectine, fitati, fattori di flautulenza) che vengono eliminate solo con la cottura.
4.3.14 La cottura del pane
Tutti i prodotti da forno vanno incontro a notevoli trasformazioni dovute al calore. La cottura del pane raggiunge temperature elevatissime: fino a 300° C.
Ma vediamo in dettaglio che cosa succede con l'aumento della temperatura:

30° C

Inizia l'espansione del gas grazie all'intensificazione della fermentazione e la produzione enzimatica di zuccheri semplici a partire dall'amido che si ammorbidisce e si plasticizza;

45°- 50°C

In attivazione e morte dei microrganismi responsabili della lievitazione (saccaromiceti);

50°- 60°C

L'amido inizia a solidificarsi e le proteine iniziano a denaturarsi;

60°- 80°C

L'amido è gia solido e l'attività degli enzimi si interrompe. L'alcol formatosi dalla fermentazione evapora ed inizia la caramellizzazione degli zuccheri;

100° C

L'impasto diventa rigido, comincia la produzione di vapore acqueo e la formazione della crosta;

110°-120°C

Formazione di un colore giallo chiaro sulla crosta (dovuto alle destrine);

130°-140°C

Formazione di un colore bruno sulla crosta;

140°- 50°C

Caramellizzazione (abbronzamento della crosta);

150°-200°C

Formazione di prodotti croccanti aromatici.

La fase in cui si formano i sapori è quella che si svolge a 150° - 200° C.
Quando certe proteine e zuccheri sono presenti insieme nella stessa preparazione alimentare si produce una particolare reazione nota come imbrunimento non-enzimatico. L'arrostimento delle patate, la tostatura dei biscotti, del pane e delle torte producono un colore marrone-oro e un sapore gradevole. Le patate, come la farina contengono una piccola quantità di glucosio. Quando questo si riscalda insieme a proteine o aminoacidi, le due sostanze si combinano per formare un complesso che se riscaldato ulteriormente si rompe e da origine a colore e sapore, la famosa reazione di Maillard nominata in precedenza. Anche se il colore prodotto è sempre marrone il sapore è diverso perché dipende dal tipo di aminoacidi presenti.
La cucina sembra essere il primo laboratorio chimico inventato dall'uomo. Ma c'è un aspetto molto curioso nella formazione delle sostanze gustose: quasi tutte già esistono in natura e vengono sfruttate per gli scopi più diversi.
Nel 1973 un gruppo di entomologi notarono che quando formiche di diverse specie erano disturbate, secernevano una sostanza che odorava di cioccolato. Tale sostanza era un messaggero chimico: induceva le formiche nelle vicinanze a ritirarsi. A testimonianza di ciò una volta analizzata questa sostanza si vide che effettivamente ne era presente una identica nel cioccolato tostato.
I cibi cotti quindi in generale acquisiscono un intricato insieme di composti molto più saporiti dei cibi originali, soprattutto se prendiamo in considerazione i cereali, i tuberi, o la carne e il pesce. Ma questo comunque non è sempre vero, ci sono delle eccezioni come i frutti selvatici che presentano una complessità di aromi spesso difficile da analizzare. Le fragole per esempio hanno più di 300 aromi diversi. Forse è stata la frutta a fornire ai nostri antenati più lontani intermezzi rinfrescanti da affiancare a una dieta piuttosto sciapa.

 

4.4        REAZIONI DI MAILLARD

 

Con il termine Reazioni di Maillard si intende una serie complessa di fenomeni che avviene a seguito dell'interazione con la cottura di zuccheri e proteine. I composti che si formano con queste trasformazioni sono bruni e dal caratteristico odore di crosta di pane appena sfornato. Le reazioni sono piuttosto complesse ed eterogenee ma attraverso la formazione di un intermedio (composto di Amadori) si formano diverse sostanze dall'odore e dal colore caratteristico. Spesso è grazie a questi composti che preferiamo un prodotto da forno piuttosto che un altro: siamo attratti dal colore marrone bruno ma non tanto dal giallino/bianco che interpretiamo come non abbastanza cotto o dal marrone molto scuro/nero che interpretiamo come bruciato. Come spesso accade nel mondo delle tecnologie alimentari, è il binomio tempo e temperatura a condizionare maggiormente l'aspetto e il gusto del prodotto. Questa reazione può essere desiderata in certi alimenti come appunto il pane ma potremmo ottenerla anche in alimenti in cui non è desiderata come nel caso del latte. In quest'ultimo caso è riconoscibile dal tipico odore di cotto.

Questa trasformazione delle proteine prende il nome da colui che l'ha studiato per primo nel 1912. Avviene negli alimenti che contengono zucchero (soprattutto glucosio) e proteine, ed è favorita da calore, luce, metalli, ambiente leggermente basico.
La reazione di Maillard dà origine a composti di varia natura, che a seconda della situazione possono dare caratteristiche positive o negative all'alimento.
Nel latte sterilizzato, per esempio, contribuiscono a dare lo sgradevole sapore di cotto e il colore grigio.
In altri casi, come nel pane tostato, nel caffé e nell'orzo tostato sono responsabili dell'aroma piacevole di questi alimenti.
Dal punto di vista nutrizionale, le caratteristiche sono tutte negative, sebbene il fenomeno, generalmente, interessa solo una piccola parte dell'alimento e di fatto, quantitativamente, può essere trascurabile. Si ha infatti:
- la perdita dell'amminoacidi lisina;
- l'effetto (presunto da alcuni autori) di alcuni prodotti intermedi della reazione che inibirebbero l'assorbimento intestinale di amminoacidi;
- l'indurimento del prodotto e la diminuzione della digeribilità delle proteine coinvolte dalla reazione.
La reazione di Maillard avviene anche nelle cellule vive ed è un fattore che determina l'invecchiamento delle cellule. Infatti i prodotti terminali della reazione si accumulano nei tessuti e ne alterano l'elasticità, a causa dei legami che formano con le molecole di collagene.

 

 

    • I MODELLI ALIMENTARI

 

Il modello di pasto completo di gran lunga più diffuso è ancora quello costituito da primo, secondo, contorno e dessert, che si conclude generalmente con un caffé o con un amaro. Ma nonostante la sua ampia diffusione, questo modello alimentare non è dieteticamente corretto.

Considerando infatti il primo piatto come un importante apporto di carboidrati ed il secondo come un apporto proteico, avendo questi principi nutritivi un processo digestivo opposto, il chimo rimane per più tempo nello stomaco e la digestione non fa che allungarsi.  
Il dolce a fine pasto peggiora la situazione in quanto anche se i disaccaridi non hanno bisogno di scissione a livello gastrico, la presenza di un altro alimento  ostacola l’assimilazione anche degli zuccheri semplici, contribuendo ad acuire il senso di pesantezza.
Il caffé infine, non solo non faciliterà la digestione ma farà innalzare il livello di acidità gastrica.

Per iniziare bene il pasto, il primo dovrebbe essere un’abbondante porzione di verdure miste crude, che risultano utili per i seguenti motivi:

  • Preparano adeguatamente l’ambiente digestivo, creando una situazione ideale per accogliere alimenti come pasta, pesce, legumi o formaggi;
  • Sono ricche di vitamine e sali minerali che, legandosi agli enzimi ne potenziano gli effetti;
  • La loro presenza nello stomaco non interferisce con i processi digestivi di altri alimenti;
  • Essendo ricche di acqua e fibra, assicurano alla massa del cibo l’idratazione e la corposità necessarie per un adeguato transito meccanico;
  • Con la parte acquosa, concorrono al ricambio del liquido cellulare, veicolando principi vitali ed eliminando tossine;
  • Eliminano la sensazione di “buco nello stomaco” che induce a mangiare pane o grissini prima di iniziare a pranzare;
  • Danno senso di sazietà, evitando un consumo eccessivo di altri alimenti nel corso del pasto;
  • Possono essere consumate a volontà, anche se si segue una dieta ipocalorica, purché condite solo con limone ed erbe aromatiche.

 

Fonte: http://massimoparisi.it/docs/Scienza%20dell%27Alimentazione%20(%20V%20Dirigenti%20di%20Comunit%C3%A0)/Capitoli%201,2,3,4.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

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