Tossinfezioni avvelenamenti e intolleranze alimentari

 

 

 

Tossinfezioni avvelenamenti e intolleranze alimentari

 

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TOSSINFEZIONI E AVVELENAMENTI ALIMENTARI

 

Quando ci mettiamo a tavola, non sappiamo mai cosa mangiamo (e cosa rischiamo), tra mucca pazza e vitelli ingrassati con estrogeni, tra polli alla diossina e cibi transgenici, inquinamenti batterici, DDT, pesticidi, antibiotici ecc.
Esistono oggi al mondo più di 250 tossinfezioni alimentari, che si manifestano con differenti sintomi e sono causate da diversi agenti patogeni, perlopiù batteri, virus e parassiti. Con il passare degli anni, vengono identificati continuamente nuovi patogeni (i cosiddetti patogeni emergenti, come Campilobacter jejuni, Escherichia coli, Listeria monocytogenes, Yersinia enterocolitica, etc), alcuni dei quali si diffondono anche per effetto dell’incremento di scambi commerciali, di ricorso alla ristorazione collettiva, di grandi allevamenti intensivi e di viaggi.
Questi agenti biologici sono in grado di provocare la malattia nell’uomo attraverso due meccanismi distinti: infezioni e intossicazioni.

INFEZIONI. Sono quelle malattie sostenute da agenti biologici vivi e vitali i quali, in genere, si moltiplicano attivamente nel punto d’ingresso nell’organismo dove danno un processo infiammatorio più o meno grave.

INTOSSICAZIONI. Sono quelle malattie conseguenti all’ingestione di tossine prodotte da agenti biologici i quali, tuttavia, al momento dell’ingestione possono non essere più presenti nell’alimento vettore. Esse pertanto si comportano, e possono essere considerate, come qualsiasi altro contaminante chimico o veleno il quale viene trasmesso all’uomo attraverso gli alimenti.

E’ questa la ragione per cui molti non fanno alcuna distinzione tra intossicazioni ed avvelenamenti e li trattano insieme. I microrganismi causano infezioni o intossicazioni a seconda della caratteristica del tipo di germe o virus, della carica infettante, della resistenza del soggetto, delle modalità di infezione. Alcuni di questi microrganismi vengono diffusi con le feci perché si localizzano nell’intestino (es.: Escherichia coli, Salmonella, ecc.), altri si localizzano sulla pelle di tutto il corpo o nel naso, nella gola e nell’orecchio potendo facilmente essere diffusi con tosse e starnuti (Stafilococco) o ancora più semplicemente con il contatto tra le mani e gli alimenti.

Un numero esiguo di microrganismi comunque in un alimento, spesso non sono in grado di determinare una malattia; se però trovano condizioni favorevoli si moltiplicano attivamente determinando la tossinfezione.

Ci sono tre caratteristiche fondamentali che favoriscono la moltiplicazione dei germi e cioè:

  • la composizione (ad esempio la ricchezza di acqua e di principi nutritivi favorisce la crescita dei microrganismi);
  • la temperatura (i microrganismi crescono meglio a 37°C e sopravvivono o si moltiplicano tra 10 e 60°);
  • il tempo (ad esempio dopo 8 ore da un unico microrganismo ne traggono origine 17 milioni di nuovi).

Maggiore è quindi il tempo che passa tra la preparazione e consumazione dell’alimento, più elevate sono le possibilità che l’alimento sia fortemente contaminato da microrganismi. Non tutti i microrganismi sono nocivi per l’uomo; tuttavia, non è neppure possibile individuare ad occhio nudo quelli più pericolosi ed occorre quindi intervenire con rigidi criteri di prevenzione per impedire l’attecchimento di tutti i germi.

 

Modalità di infezione

 

Le tossinfezioni alimentari possono derivare dall’infezione con microorganismi patogeni che colonizzano le mucose intestinali oppure dall’ingestione di alimenti contaminati da questi microorganismi o anche dalla presenza nei cibi di tossine di origine microbica, che causano malattia anche quando il microrganismo produttore non c’è più.
Oltre alle tossine di origine biologica, possono causare contaminazioni del cibo anche sostanze chimiche ad azione velenosa, come ad esempio i pesticidi utilizzati in agricoltura. Per evitare questo genere di problemi, la distribuzione di queste sostanze è strettamente regolamentata.
Esistono poi categorie di alimenti naturalmente tossici, come ad esempio i funghi velenosi o alcune specie di frutti di mare.
La contaminazione dei cibi può avvenire in molti modi. Alcuni microrganismi sono presenti negli intestini di animali sani e vengono in contatto con le loro carni (trasmettendosi poi a chi le mangia) durante la macellazione. Frutta e verdura possono contaminarsi se lavate o irrigate con acqua contaminata da feci animali o umane. Fra gli altri, la Salmonella può contaminare le uova dopo aver infettato il sistema ovarico delle galline. I batteri del genere Vibrio, normalmente presenti nelle acque, vengono filtrati e concentrati dai frutti di mare, come ostriche e mitili, e quindi possono causare infezioni se gli alimenti vengono ingeriti crudi.
Le infezioni possono essere trasmesse al cibo, da parte degli operatori, anche durante la fase di manipolazione e preparazione degli alimenti (è il caso del batterio Shigella, del virus dell’epatite A, e di molti altri patogeni) sia per contatto con le mani che con gli strumenti della cucina, utilizzati ad esempio nella preparazione di diversi alimenti e non disinfettati a dovere. Un cibo cotto e quindi sicuro (la maggior parte dei microrganismi non resiste a temperature superiori ai 60-70 gradi) può contaminarsi per contatto con cibi crudi. Inoltre, grande importanza rivestono le condizioni in cui i cibi sono mantenuti durante le varie fasi di conservazione: la catena del freddo, ad esempio, previene lo sviluppo e la moltiplicazione di alcuni microrganismi, che per essere tossici necessitano di una popolazione molto numerosa.

 

Sintomi e diagnosi

Normalmente, il sistema interessato dalle tossinfezioni alimentari è quello gastrointestinale con manifestazione di nausea, vomito, crampi addominali e diarrea, e con una insorgenza dei sintomi in un arco di tempo relativamente breve (da ore a giorni). Nel caso di ingestione di alimenti contaminati, viene solitamente colpita la prima parte dell’apparato gastroenterico e i sintomi (nausea e vomito più che diarrea e molto più raramente febbre e brividi) si manifestano in tempi più brevi. Nel caso invece di tossinfezioni causate da microrganismi che tendono a diffondersi anche nel sistema sanguigno, i tempi di manifestazione possono essere più lunghi, e il sintomo più frequente è la diarrea, accompagnata da febbre e brividi.
Tuttavia, vi sono casi in cui i sintomi interessano altri apparati corporei e il decorso della malattia è molto diverso. Nel caso del prione legato alla malattia di Creutzfield-Jacob, ad esempio, il periodo di incubazione può essere anche di molti anni e le manifestazioni sintomatiche non interessano il sistema gastrointestinale, ma quello neurale.
La diagnosi di una tossinfezione è possibile solo attraverso test di laboratorio che identificano l’agente patogeno. Tuttavia, in molti casi, una diagnosi non viene effettuata perché non c’è una denuncia alle autorità sanitarie dell’infezione.
Inoltre, uno dei problemi in termini di gestione delle tossinfezioni alimentari è chiarire l’origine della malattia, soprattutto quando questa si trasforma in epidemia. Dato che molti microrganismi patogeni possono diffondersi anche attraverso canali diversi dal cibo (ad esempio attraverso l’acqua, l’aria o per contatto diretto), non sempre è facile per le autorità identificare la fonte dell’infezione e intervenire.
Nel corso dell’ultimo secolo, le malattie di origine alimentare sono cambiate molto, soprattutto nei paesi industrializzati. Da una prevalenza di febbre tifoidea e di colera, infatti, grazie all’implementazione di migliori pratiche di gestione degli alimenti, si è passati a malattie più recenti. Negli Stati Uniti sono stati identificati come agenti patogeni a metà degli anni ’90 il parassita Cyclospora e il batterio Vibrio parahemolyticus che ha infettato le ostriche. Negli stessi anni, l’Europa si trovava ad affrontare l’emergenza BSE, che nella versione capace di infettare gli esseri umani, la malattia di Creutzfield-Jacob, costituisce ancora oggi una delle principali preoccupazioni nel campo della sicurezza alimentare.

 

Gli agenti patogeni

 

Le infezioni più note sono quelle causate dai batteri Campylobacter, Salmonella, e Escherichia coli e dai virus del gruppo dei calicivirus.
Campylobacter genera febbre, crampi addominali ed è la causa più comune di diarrea al mondo. Si trova soprattutto nelle carni di volatili e pollame, che quindi dovrebbero sempre essere ben cotti.
La Salmonella è uno dei batteri più comunemente diffusi come origine di una tossinfezione alimentare, e si trova negli intestini di rettili, uccelli e mammiferi. I sintomi della salmonellosi sono diarrea, vomito e crampi addominali, ma in soggetti immunodepressi può causare condizioni anche molto serie.
Escherichia coli è un batterio che colonizza frequentemente gli allevamenti animali, e normalmente infetta gli esseri umani attraverso la contaminazione di cibo e acqua con residui fecali degli animali. Causa una diarrea sanguinolenta con crampi addominali.
I Calicivirus sono molto comuni ma non facilmente diagnosticati in quanto non ci sono test di laboratorio disponibili. Causano acute infezioni gastrointestinali con vomito più che diarrea, che si concludono nel giro di un paio di giorni. Si ritiene che questi virus si passino principalmente da persona a persona e che quindi un cuoco o un operatore infetto che lavori in cucina possa facilmente contaminare il cibo che tocca.
Altre tossinfezioni sono causate da patogeni che possono infettare l’uomo anche attraverso altre vie, come il batterio Shigella, il virus dell’epatite A e diversi parassiti.
In altri casi invece, la malattia non deriva dall’ingestione diretta di agenti patogeni, ma piuttosto dall’alimentazione con cibo contaminato da una tossina di origine microbica che agisce anche in assenza del microrganismo produttore. E’ questo il caso del batterio Staphylococcus aureus che produce tossine in grado di causare vomito violento. A questa categoria appartiene anche il temutissimo batterio Clostridium botulinum che produce una tossina in grado di causare una paralisi mortale nel giro di 24-36 ore.

 

6.2         MICRORGANISMI RESPONSABILI DI FREQUENTI EPISODI DI TOSSINFEZIONI ALIMENTARI MA CON ANDAMENTO SEMPRE BENIGNO

Escherichia coli

E’ un tipo di batterio che ha come sede abituale l’intestino degli animali, uomo compreso dal quale viene eliminato costantemente con le feci e nell’ambiente rimane vitale per alcuni giorni. Esistono diversi tipi (sierotipi) di Escherichia Coli, ma grosso modo danno delle tossinfezioni alimentari caratterizzate da crampi addominali, vomito, diarrea, cefalea, brividi di freddo e febbre. I sintomi sopraggiungono dopo un periodo di incubazione oscillante tra le 6 ore e i 4 giorni dall’ingestione dell’alimento contaminato. A volte tossinfezioni sostenute da Escherichia Coli possono dare dei sintomi molto più gravi, come ad esempio colite emorragica e conseguente anemia, nonché problemi a carico dei reni.

Stafilococco aureo

Gli Stafilococchi sono batteri largamente distribuiti in natura e risultano dotati di una buona resistenza alle condizioni avverse, per cui possono sopravvivere per lunghi periodi nell’ambiente.
Sono ospiti abituali dell’uomo, il quale forse rappresenta la più importante fonte di contaminazione degli alimenti. In esso sono localizzati sulla cute e prime vie respiratorie. Una percentuale molto elevata di uomini è vettore di Stafilococchi; secondo alcune statistiche il 30-50% delle persone sarebbe portatore, a livello nasale e questa percentuale aumenta al 60-80% quando le ricerche vengono eseguite a livello ospedaliero.

 

6.3         MICRORGANISMI RESPONSABILI DI FREQUENTI EPISODI DI TOSSINFEZIONI ALIMENTARI E CON ANDAMENTO PIU’ SEVERO

 

Salmonella

Ci sono diverse specie di Salmonella che possono essere causa di tossinfezioni alimentari. Sono germi che si localizzano, si moltiplicano e sono eliminati dall’intestino dell’uomo e degli animali ammalati o infetti; i soggetti malati sono i diffusori più pericolosi, eliminando con le feci grandi quantità di germi (circa 1 miliardo di batteri/g) sia durante la fase clinica della malattia che dopo la guarigione; solo dopo varie settimane dalla guarigione la quantità di salmonella nelle feci comincia a diminuire. In altri termini, nel caso delle salmonella, la guarigione clinica non è seguita dalla guarigione microbiologica.
Si possono anche trovare sulle uova, nei frutti di mare, negli ortaggi inquinati da liquami di fogne.
Il germe cresce in maniera ottimale a 37°C, mentre la temperatura massima di crescita è stata valutata intorno ai 44-47°C e la temperatura intorno ai 60°C, per pochi minuti, è in grado di inattivare la massima parte delle specie presenti, inoltre per svilupparsi una tossinfezione, è necessaria una quantità elevata di microrganismi.

Quindi la pastorizzazione e la cottura sono due fasi che sicuramente eliminano il rischio di contrarre un’infezione da Salmonella.

Le salmonella nell’uomo possono dare origine a tre differenti forme morbose:

1) Febbre tifoide. E’ causata dalla specie Salmonella typhi. L’unica riserva naturale di questo sierotipo è l’uomo. La trasmissione attraverso gli alimenti è sempre dovuta ad una contaminazione dell’alimento da parte di portatori sani umani e tra il personale che manipola i prodotti. A questo fanno eccezione i frutti di mare i quali, se consumati crudi, sono il principale veicolo di salmonella.

La forma morbosa è abbastanza grave ed è caratterizzata da febbre elevata, cefalea, costipazione, vomito e diarrea la quale però, fa la sua comparsa dopo 7-10 giorni dalla comparsa dei primi sintomi.

Spesso sono presenti arrossamenti cutanei ed emorragie intestinali e nasali.

Tutti gli alimenti possono trasmettere Salmonella typhi (a condizione che vengano contaminati da un portatore) comunque quelli più frequentemente coinvolti sono i molluschi e le verdure in seguito a contaminazione fecale dell’ambiente;

2) Forma enterica o paratifica. E’ sostenuta da Salmonella parathyphi A, B o C. Anche questa forma è abbastanza rara ed è conseguente ad ingestione di alimenti di origine animale contaminati direttamente o indirettamente da portatori umani.

Anche in questo caso gli alimenti più frequentemente chiamati in causa sono i molluschi e le verdure. Dal punto di vista clinico è molto simile alla forma precedente ma molto più blanda. Anche la durata della malattia è più breve, 1-3 settimane contro le 1-8 settimane del tifo.

3) Sindrome gastroenterica o tossinfettiva. La sintomatologia è caratterizzata da diarree, dolori addominali, brividi di freddo, febbre, vomito, disidratazione, cefalea. Il periodo di incubazione è compreso tra 5 e 72 ore (con una media di 12-36 ore) e la durata in genere non supera i 4 giorni.

La prevenzione di queste infezioni deve prevedere: astensione dal lavoro fino a che non è confermata la scomparsa di Salmonella dalle feci; lavaggio e disinfezione delle mani dopo l’uso dei servizi igienici; adozione di asciugamani a perdere; proteggere gli alimenti da consumare crudi e quelli già cotti tenendoli a temperature inferiori a 6°C oppure a temperature superiori a 65°C.

 

Clostridium botulinum

Diffuso ovunque, il germe cresce bene in assenza di ossigeno e si trova soprattutto nel suolo, nelle acque, nelle feci degli animali e nell’intestino di pesci. Il germe è resistente al calore ma la tossina con il calore rimane attiva. Ha azione sul sistema nervoso e può agire già dopo 12-36 ore dall’ingestione dell’alimento e fino a 6-8 giorni. Il decorso della malattia può andare da alcuni giorni (si può avere la morte anche in 72 ore), o al massimo in qualche mese e nella maggior parte dei casi l’esito è sfavorevole.
I principali sintomi sono costituiti da vomito e nausea, dolori digestivi senza febbre, stordimento, vertigini, disturbi della vista, della deglutizione e della parola. E’ frequente nei cibi sott’olio come il tonno, negli insaccati e nello scatolame, nei vegetali preparati in conserve non acide, specie nelle produzioni familiari.

La prevenzione consiste nell’accurata pulizia dei vegetali da conservare in barattoli, allo scopo di allontanare ogni residuo di terra, nell’acidificazione dell’alimento con bollitura in aceto e sale e nei prodotti conservati in vasi nel trattamento protratto con calore.

 

6.4        MICRORGANISMI RESPONSABILI DI EPISODI DI TOSSINFEZIONI ALIMENTARI  POCO FREQUENTI

Vibrio parahaemolyticus

Presente nelle acque marine e nei prodotti ittici.
I sintomi di una tossinfezione causata da Vibrio parahaemolyticus compaiono di solito 6-20 ore dall’ingestione dell’alimento contaminato e si accusano: forti dolori addominali, diarrea, nausea, vomito, febbre, brividi e cefalea.
L’adeguata cottura dei prodotti ittici elimina il rischio della comparsa di fenomeni tossinfettivi, anche se in molti casi, queste infezioni sono la conseguenza di ricontaminazioni dei prodotti cotti e loro conservazione a temperatura ambiente.

Campilobacter: è ad azione ritardata, frequente in carni, polli, latte ed acque.

Vibrione del colera: ha andamento gravissimo. Frequente in zone endemiche ed in acque e verdure contaminate da feci.

Shigella: frequente in paesi tropicali. Causa dissenteria grave.

 

6.5         VIRUS

 
Si tratta di microrganismi più piccoli dei batteri, e che danno di solito delle malattie con decorso anche più grave di quelle appena descritte.
Tra le infezioni virali che si contraggono per via alimentare la più importante è sicuramente l’epatite virale. Questa malattia è causata dalla assunzione di alimenti contaminati dal virus HAV il quale solitamente si annida in alimenti di origine vegetale e animale.

 

6.6        PARASSITI

 
Molti alimenti, incluse le carni, i pesci, i vegetali, possono servire da vettori di svariate specie di parassiti.

Una caratteristica di tutte le forme parassitarie trasmesse con gli alimenti è rappresentata dall’ingestione di cibi crudi od insufficientemente cotti, dato che tutti i parassiti risultano estremamente sensibili al calore.

La principale parassitosi umana trasmessa per via alimentare è la trichinosi che si contrae solitamente in seguito all’ingestione di carne poco cotta, di animali (orso, cinghiale, tricheco, ecc.) infestati dal nematode Trichinella spiralis. La sintomatologia, che assume inizialmente le caratteristiche di una tipica intossicazione alimentare (gastroenterite), compare generalmente dopo due giorni e si accentua via via che si manifestano i segni di interessamento dei vari organi: polmonite, meningite, nefrite, dolori muscolari, alterazioni cardiache. Se non adeguatamente trattata, la trichinosi può portare a morte il paziente.

Altri tipi di parassitosi contratte per via alimentare sono:

· Parassitosi da Anisakis specie. Si contrae per ingestione di pesci (acciughe, aringhe, sgombri, merluzzi, sardine) non completamente cotti.

· Teniasi. Sono parassitosi che si contraggono di solito da carni crude.

Il parassita in questo caso è un verme piatto che si localizza a livello intestinale, che trae nutrimento dall’intestino dell’uomo e che crescendo può raggiungere dimensioni notevoli (anche di 12m).

 

6.7         INFEZIONI DA PROTOZOI

 

La toxoplasmosi: è la più importante infezione da protozoi. Si tratta di un’infezione che nella maggior parte dei casi è asintomatica, ma essa è importante non tanto per la parassitosi in se per se, quanto per le malformazioni fetali a cui conduce se viene contratta da donne in gravidanza.
Anche in questo caso l’infezione è causata dall’ingestione di alimenti contaminati da questo tipo di agente biologico. In particolare è facile ritrovare questo parassita nelle carni di agnello e suino, nonché nei vegetali non accuratamente lavati.

 

6.8        AVVELENAMENTI ALIMENTARI

 

Per avvelenamento si intende l'ingestione, il contatto o l'esposizione ad un veleno in quantità tali da procurare una sintomatologia specifica e grave. Può manifestarsi in forme acute, con sintomatologia imponente, o in forma cronica, con sintomatologia più lenta e subdola. I veleni possono colpire varie parti dell'organismo a seconda della loro via di entrata (polmoni e pelle per gas e polveri, apparato digerente per sostanze ingerite) e a seconda dell'affinità che essi hanno per questo o quel tessuto dell'organismo (fegato, reni, cuore, ecc.).
Alcuni avvelenamenti vengono classificati come malattie professionali, mentre molti altri possono verificarsi al di fuori di un'attività lavorativa, ma tra le mura domestiche (molto frequenti).

 

Malattie  da  agenti  chimici
 
Sono stati morbosi conseguenti all’ingestione di composti chimici presenti negli alimenti (pesticidi, antiparassitari, metalli pesanti, ecc.).

Molti consumatori sono dell’opinione che tutti gli alimenti freschi, e quindi naturali, siano sani ed innocui per la loro salute a differenza di quelli trasformati o preparati nei quali è possibile la presenza di composti chimici sintetici od artificiali. E’ una concezione errata in quanto difficilmente naturale è sinonimo di sicurezza. Non c’è dubbio che gli alimenti naturali sottoposti a trasformazioni industriali , così come alle varie preparazioni gastronomiche domestiche, possono , almeno in alcuni casi, contenere un numero di composti chimici nocivi superiore a quello già presente naturalmente nel prodotto fresco.

Le più importanti malattie da agenti chimici sono rappresentate dai casi di intossicazioni da metalli pesanti (mercurio, piombo, cadmio, ecc.) che è possibile ritrovare negli alimenti sia animali che vegetali. Prima fonte di contaminazione chimica degli alimenti è rappresentata dall’inquinamento atmosferico, in particolare da combustibili, i quali emettono nell’aria una certa quantità di metalli che sono poi assimilati dalle piante: un classico esempio è la presenza di metalli in eccesso nel vino. Non solo, anche i pesticidi sono fonte di contaminazione chimica, sia nel terreno che nelle acque e quindi sia dei vegetali che della fauna acquatica.

 

Avvelenamento da funghi

In Europa esistono oltre 300 varietà di funghi innocui ma non commestibili in quanto non saporiti e gradevoli, una ventina di varietà mangerecce ed altrettante velenose. Questi dati dovrebbero spingere a raccogliere con cognizione e competenza i funghi o mostrarli a un esperto prima di mangiarli, per non rischiare un avvelenamento, che, quando avviene, può essere grave e perfino mortale. Alcuni funghi velenosi danno manifestazioni che interessano, in modo più o meno violento, soltanto l'apparato digerente (nausea, vomito, diarrea) per breve tempo.
I più pericolosi colpiscono il sistema nervoso ed il fegato, con manifestazioni che compaiono tardi dopo l'ingestione e quando è molto più difficile correre ai ripari. Oltre ai disturbi gastroenterici che sono quasi sempre presenti, si possono avere ittero, tachicardia, convulsioni, compromissione renale ed insufficienza cardiaca grave.
Altra causa di morte, dovuta alla compromissione del fegato, può essere la cosiddetta atrofia giallo-acuta del fegato stesso che compromette irrimediabilmente
questo organo, vero e proprio laboratorio dell'organismo.

 

6.9         SOFISTICAZIONI ED ADULTERAZIONI ALIMENTARI

 

Esiste una notevole confusione in materia di preparazione delle merci: non sempre ciò che viene confezionato con tecniche tradizionali o antiquate è più genuino e migliore. Infatti è indubbio che oggi possiamo disporre di tecnologie molto avanzate e questo è positivo, ma purtroppo spesso si ricorre a metodi raffinati per nascondere frodi, anzichè per migliorare le caratteristiche dei prodotti finiti. Il problema quindi è poter fruire di informazioni precise e corrette.
I caratteri di una merce possono subire modifiche per cause naturali, e si parla allora di alterazioni, oppure a causa dell'intervento umano allo scopo di aumentare i profitti e in tal caso si parla di adulterazioni.

 

Alterazioni

Sono peggioramenti delle caratteristiche della merce dovuti a cause naturali e in particolare causati spesso dalla cattiva conservazione. Un esempio classico è l'irrancidimento dell'olio e dei grassi in generale, provocato dall'ossigeno dell'aria e dalla luce.

Adulterazioni
Si tratta di peggioramenti della merce provocati dall'uomo. Le adulterazioni propriamente dette sono dovute alla sostituzione di una parte del prodotto con un altro scadente o diverso: per es. si mette orzo torrefatto nel caffè macinato, oppure l'adulterazione può consistere nell'asportazione di una parte pregiata della merce. Naturalmente quando il trattamento è consentito dalla legge non si è più in presenza di una frode, come nel caso del latte scremato che è regolarmente in commercio.
Sofisticazioni
Un esempio tipico di sofisticazione è l'aggiunta di coloranti gialli alla pasta per farla sembrare all'uovo. È consentito migliorare l'aspetto di un prodotto, ma occorre rispettare le norme di legge che prevedono il tipo e la quantita di additivi che è possibile aggiungere ad ogni merce, altrimenti si ricade appunto nella sofisticazione.
Falsificazioni
Sono le frodi più gravi perchè consistono nella sostituzione di un prodotto con un altro, per esempio margarina al posto del burro.
Contraffazioni
Si hanno quando nomi e marchi di prodotti tipici o il marchio di una ditta vengono usati indebitamente.

 

Denaturazioni

Sono modifiche imposte dallo Stato e consistono nell'aggiunta di denaturanti a merci soggette ad imposta o allo scopo di consentire la scoperta di frodi. L'alcol denaturato è reso tale attraverso l'uso di sostanze che lo rendono imbevibile, in tal modo non è gravato dall'imposta di fabbricazione che è invece obbligatoria quando l'alcol è utilizzato come bevanda. La denaturazione serve anche per rilevare frodi. Accade nel caso della margarina a cui viene aggiunto olio di sesamo, in modo che se nel burro fosse presente della margarina, ciò sarebbe facilmente rilevato dalla presenza del sesamo, in caso contrario la presenza della margarina nel burro sarebbe difficile da scoprire.

 

6.10       INTOLLERANZE ED ALLERGIE ALIMENTARI

 

Già nell'antichità medici come Ippocrate (460-370 A.C.) e Galeno (131-210 D.C.) curavano l'allergia alimentare. Attualmente il problema ha una maggiore rilevanza anche a causa della progressiva diminuzione degli allattati al seno e l'inizio parallelo delle produzioni di latte animale per l'alimentazione del bambino.
Le prime documentazioni di allergia si riferiscono ai primi decenni di questo secolo relativamente alle proteine del latte e dell'uovo; successivamente sono state dimostrate allergie ed intolleranze ai più svariati alimenti.  Le manifestazioni di allergia e intolleranza agli alimenti sono state osservate con maggiore frequenza nei paesi a più elevato tenore di vita in conseguenza al maggiore uso di alimenti di produzione industriale.
Le intolleranze alimentari si manifestano quasi sempre con una sintomatologia generale più o meno sfumata (stanchezza, cefalea, gonfiori addominali postprandiali, infezioni ricorrenti, dolori articolari, ecc.) o con modificazioni cutanee (pelle secca, eczemi, orticaria, ecc.); spesso sono correlate a disordini del Peso Corporeo, sia in eccesso che in difetto.
Esse sono riconducibili all'accumulo nel tempo delle sostanze responsabili di Ipersensibilità, fino ad un livello che ad un certo punto supera la "dose soglia". A causa di questo periodo di latenza, spesso risulta difficile accettare e comprendere come si possa "improvvisamente" diventare Intolleranti ad un cibo comunemente introdotto quotidianamente o meglio pluriquotidianamente (frumento, olio di oliva, latticini, ecc.).

Le manifestazioni cliniche fanno il loro esordio verso il terzo mese di vita con eritema roseo, pruriginoso che assumerà poi un aspetto eczematoso con fissurazioni superficiali e formazione di croste.
L’eczema inizia dal cuoio capelluto (crosta lattea) e dalle guance per poi estendersi alle superfici flessorie dei polsi e gomiti, ai genitali, a mani e piedi.

 

6.11        DISTINZIONE TRA ALLERGIE E INTOLLERANZE ALIMENTARI

 

L'allergia alimentare rappresenta l'effetto che hanno sul nostro organismo le sostanze contenute nei cibi che fanno parte della nostra dieta abituale, compresi quegli alimenti che assumiamo occasionalmente.
Parlare di allergia significa parlare di una sintomatologia scatenata entro pochi minuti dall'assunzione di un determinato alimento o gruppo di alimenti (da 2-3 minuti a 30-120 minuti), la quale mette in azione il nostro sistema immunitario.
Esse variano a seconda dell'età: nel lattante é maggiormente interessato l'apparato gastrointestinale; nel bambino è la cute e successivamente l'apparato respiratorio; nell'adulto si hanno sintomi più diffusi che vanno dall'orticaria ai disturbi respiratori fino ad arrivare, in qualche caso, a veri e propri shock anafilattici.
L'allergia alimentare è mediata immunologicamente e i sintomi sono scatenati dall'assunzione anche di piccole quantità dell'alimento responsabile.

Le Intolleranze o Ipersensibilità Alimentari si differenziano dalle allergie alimentari vere e proprie perché non producono Shock Anafilattico e di solito non rispondono ai tradizionali Test Allergici Cutanei. Non provocano quasi mai delle reazioni violente ed immediate nell'organismo, e quindi spesso non sono direttamente collegabili all'assunzione del cibo che le determina.
Esse derivano dall'impossibilità dell'organismo di digerire un dato alimento, a causa di difetti metabolici, quasi sempre la mancata produzione di un enzima digestivo da parte della mucosa gastrica, che possono essere causati dallo stile di vita (scarsa masticazione, errate combinazioni alimentari, ecc.), o da stati emotivi alterati, oppure possono essere scatenate dall'assunzione di Antibiotici.
Originano a livello intestinale, avendo come presupposto un'irritazione della mucosa di tale distretto, ma non provocano produzione di Anticorpi e raramente hanno come effetto la produzione di Istamina.
Solo nei neonati e nei bambini qualche volta l'intolleranza può regredire spontaneamente negli anni o alla pubertà.

 

Alcune intolleranze alimentari: la celiachia

La dieta priva di glutine rappresenta da oltre 40 anni il trattamento standard e il più valido per chi soffre di celiachia, intolleranza caratterizzata da un difettoso assorbimento intestinale a seguito di una reazione immunitaria dell’organismo al glutine, una proteina contenuta in molte granaglie. Tuttavia la ricerca scientifica in questo settore potrebbe rendere disponibili in futuro terapie alternative alla dieta priva di glutine.

Dove si trova -  Il glutine si trova in cereali come frumento, farro, orzo, segale e quindi in farina, amido, semolino, fiocchi dei cereali suddetti e quindi in cibi come pasta fresca, grissini, cracker ecc.

 
Dove non si trova – Il glutine non è presente in altri cereali e vegetali come castagne, legumi, mais, riso, patate, soia, quindi in alimenti come polenta e popcorn.

Per quanto riguarda gli altri alimenti non ci sono controindicazioni a meno che non si ricorra a prodotto confezionati e surgelati che potrebbero contenere glutine.

I sintomi – Secondo stime dell’Associazione Italiana Celiachia, un italiano su 150 sarebbe afferro da questa malattia. I sintomi classici della celiachia sono diarrea cronica, inappetenza, gonfiore addominale e perdita di peso. Tuttavia non sono rari i casi in cui tale malattia si manifesta con sintomi meno tipici, secondari al cattivo assorbimento, come malessere generale, osteoporosi ed anemia.
Sebbene la celiachia sia considerata una malattia principalmente dei bambini, negli ultimi anni si è visto che è sempre più frequente la sua comparsa in età adulta.

La cura - Secondo esperti statunitensi, sarebbe stato individuato un enzima in grado di demolire il glutine in tante particelle non tossiche per i pazienti,  in tal modo questi non dovrebbero essere più costretti  a seguire un regime alimentare senza glutine. Nel campo della celiachia infatti la ricerca si sta muovendo su due fronti: agire sui cereali modificando il glutine o agire sul paziente cercando di modulare le sue risposte immunologiche. Nel primo caso rientra per esempio, la possibilità di modificare geneticamente il frumento o di trattarlo in modo tale da rendere il glutine incapace di scatenare la risposta immunologica del celiaco.
Oppure, come proposto dai ricercatori statunitensi, si tratterebbe di fornire al paziente gli strumenti, sotto forma di questi particolare enzima, necessari per digerire al meglio il glutine.


Uno dei cambiamenti che assumono maggiore importanza è rappresentato dalla minore incidenza della frequenza dell'allattamento al seno materno: infatti sostituire il latte materno con altro latte di origine animale o vegetale, proprio perché nei primi mesi di vita l'apparato gastroenterico del neonato non ha ancora raggiunto la sua piena maturità funzionale, può creare le premesse per una sensibilizzazione nei confronti di antigeni alimentari.
Inoltre l'uso indiscriminato di insetticidi, diserbanti e fitofarmaci impiegati nella coltivazione di prodotti alimentari, spesso provoca reazioni organiche spiacevoli .

Un uso eccessivo di additivi alimentari o mangiare quantità esagerate di cibi esotici, contro i quali il nostro organismo non ha potuto sviluppare eventuali meccanismi di difesa, può certamente peggiorare ulteriormente la situazione.
Oggi possono essere fatte analisi chimiche piuttosto sofisticate degli alimenti che, insieme ad una maggiore conoscenza dell'apparato gastrointestinale e a metodiche diagnostiche specifiche nella pratica clinica, permettono di fare una maggiore chiarezza sui meccanismi che sono alla base delle reazioni avverse ai cibi.

 

L'intolleranza al lattosio

L'intolleranza al lattosio è l'incapacità presente in alcuni individui di digerire lo zucchero del latte, il Lattosio appunto, con conseguenti sintomi gastrointestinali quali flatulenza, meteorismo, crampi e diarrea. Ciò è provocato da una carenza dell'enzima deputato alla sua idrolisi, la lattasi, che scompone il Lattosio nei due composti più semplici, Glucosio e Galattosio.
Di fatto tutti i neonati ed i bambini piccoli possiedono l'enzima lattasi che scinde il Lattosio in Glucosio e Galattosio, che possono poi essere assorbiti nel flusso ematico. Prima della metà degli anni 60, la maggior parte dei Sanitari Americani reputavano che questo enzima fosse presente anche in quasi tutti gli adulti. Invece, quando alcuni ricercatori hanno condotto uno Studio per testare la capacità di digerire il Lattosio in vari gruppi etnici, i risultati hanno dimostrato il contrario. Circa il 70% degli Americani di origine Africana, il 90% degli Americani di origine Asiatica, il 53 % degli Americani di origine Messicana ed il 74% dei Nativi sono risultati intolleranti al Lattosio

Sintomi - I sintomi più comuni dell’intolleranza al lattosio sono gastrointestinali: dolore addominale non specifico e non focale, crampi addominali diffusi, gonfiore e tensione intestinale.
Diagnosi - E’ quanto meno discutibile fare diagnosi di intolleranza al lattosio basandosi sulla scomparsa dei sintomi in seguito a dieta di eliminazione dei prodotti contenenti lattosio, in quanto gli stessi sintomi possono essere dovuti ad esempio ad una allergia alle proteine del latte, specialmente nei bambini. Per fare diagnosi sono quindi necessari esami diagnostici di laboratorio.
Terapia - Il cardine della terapia è la dieta a ridotto contenuto di lattosio. La quantità di lattosio tollerata dai vari soggetti è variabile, pertanto è opportuno eliminare gradualmente gli alimenti iniziando da quelli a più alto contenuto in lattosio (latte, yogurt, formaggi freschi) in modo da valutare la soglia di tolleranza del paziente. Tali alimenti possono essere sostituiti con alimenti analoghi privi di lattosio che attualmente si trovano in commercio con facilità.
Poiché gli alimenti contenenti grandi quantità di lattosio contengono anche grandi quantità di calcio, è consigliabile una integrazione di calcio in tutti i pazienti sottoposti ad una stretta dieta di eliminazione ed in particolare nei bambini che richiedono grandi quantità di calcio per lo sviluppo osseo.

 

Il favismo
Il favismo è una malattia caratterizzata dall’assenza di un enzima normalmente presente nei globuli rossi. La carenza di questo enzima provoca un'improvvisa distruzione dei globuli rossi (emolisi) e quindi la comparsa di anemia emolitica con ittero, quando il soggetto che ne è carente, ingerisce fave, piselli, varie droghe vegetali o alcuni farmaci (ad esempio sulfamidici).
Il difetto enzimatico si trasmette ereditariamente con il cromosoma X del sesso: i maschi ne sono colpiti in forma grave mentre le femmine, che sono portatrici del gene anomalo e possono trasmetterlo ai propri figli, si ammalano di forme più lievi. È diffuso soprattutto in Africa (nei bantu raggiunge una frequenza del 20% circa) ma si riscontra spesso anche nelle popolazioni dell'Asia meridionale e del bacino mediterraneo, dove in alcune zone (Grecia, Sardegna) raggiunge una frequenza variabile dal 4 al 30%.
La malattia si manifesta in modo improvviso, 12-48 ore dopo l'assunzione di fave fresche (o degli altri alimenti o medicinali summenzionati): il colorito diventa giallo intenso su fondo pallido. Nei casi gravi, circa la metà dei globuli rossi viene distrutta; la cute e le mucose diventano allora intensamente pallide, oltre che itteriche, le urine ipercolorate, e compaiono i segni di un collasso cardiocircolatorio.

 

I sintomi

  • Improvvisa insorgenza di febbre e di ittero della cute e delle mucose.
  • Urine ipercolorate, giallo-arancione.
  • Pallore, debolezza, compromissione delle condizioni generali.
  • Respiro frequente, difficoltoso.
  • Polso rapido, debole, poco apprezzabile.

 

L'evoluzione e i rischi -  Consente una vita perfettamente normale e non comporta in genere alcun disturbo, purché il soggetto colpito non ingerisca fave o determinati farmaci che possono provocare la crisi emolitica acuta. È perciò indispensabile che la condizione di carenza sia nota per prevenire questi rischi. Il favismo in fase acuta è invece una condizione piuttosto pericolosa, in quanto l'anemizzazione può essere rapida (poche ore) e drammatica, mettendo in serio pericolo la sopravvivenza del bambino.

 

Come si cura - L'unica terapia del favismo in crisi emolitica è una immediata trasfusione di sangue fresco. Al più presto possibile, il ragazzo dovrà essere ricoverato in ospedale ove sarà possibile, dopo la trasfusione (sovente sono necessarie più trasfusioni nei primi giorni di ricovero), eseguire gli Indispensabili accertamenti per individuare la condizione di deficit enzimatico. In questa occasione anche la madre, le sorelle e gli altri familiari saranno sottoposti agli opportuni esami ematologici.

 

Fonte: http://massimoparisi.it/docs/Scienza%20dell%27Alimentazione%20(%20V%20Dirigenti%20di%20Comunit%C3%A0)/Capitolo%206.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 


 

Tossinfezioni avvelenamenti e intolleranze alimentari

 

Allergie e intolleranze

L'allergia alimentare è una reazione immunitaria all’ingestione di uno specifico alimento (o di alcune sostanze contenuto in esso). Tale reazione si esprime al primo contatto attraverso la formazione di anticorpi specifici chiamati IgE. Questi anticorpi hanno il compito di difendere l’organismo da ciò che l’organismo stesso riconosce come estraneo a sé. La reazione è la medesima che l’organismo manifesta nei confronti di batteri e virus. In occasione di una eventuale e successiva esposizione, a seguito della reazione fra l'alimento ''allergenico'' e l'anticorpo, si libera una sostanza, l’istamina, che è la principale responsabile dei sintomi caratteristici di tutte le reazioni allergiche.

Le allergie alimentari possono manifestarsi immediatamente dopo l'ingestione dell'alimento incriminato, a volte anche in modo violento. I sintomi di una intolleranza alimentare invece possono comparire anche a distanza di ore, in casi rari anche dopo alcuni giorni, il che rende più difficile riconoscerla e metterla in relazione con il cibo.
I sintomi variano quanto a rapidità e ad intensità a seconda della qualità e la quantità del cibo ingerito.
Quando il cibo ''incriminato'' viene portato alla bocca e deglutito, può provocare immediatamente prurito e gonfiore alle labbra, al palato e alla gola; una volta nello stomaco e nell'intestino, può provocare nausea, vomito, crampi, gonfiori addominali, flatulenza, diarrea.

Al di fuori dell'apparato gastrointestinale, sono frequenti le reazioni cutanee come orticaria, angioedema o eczemi, sintomi a carico dell'apparato respiratorio (asma e rinite), oppure cefalea ed emicrania.

Nei casi più gravi, fortunatamente rari, si possono avere difficoltà respiratorie, brusche cadute di pressione arteriosa, perdita di coscienza e in alcuni casi morte. In questi casi si parla di shock anafilattico, che compare entro un'ora dall'ingestione dell'allergene e che richiede sempre un ricovero ospedaliero urgente.

L'intolleranza alimentare è una reazione indesiderata del nostro organismo scatenata dall’ingestione di uno o più alimenti (o sostanze attive) oppure da disfunzioni/disturbi a carico dell'apparato digerente (intolleranze enzimatiche e intolleranze farmacologiche).
Tale reazione è strettamente dipendente dalla quantità dell’alimento non tollerato ingerito (dose-dipendente) ma a differenza delle allergie alimentari, non è mediata da meccanismi immunologici.
L’intolleranza alimentare si manifesta con l’insorgere di sintomi spesso sovrapponibili a quelli delle allergie alimentari.
Le intolleranze enzimatiche sono determinate dall'incapacità dell'organismo di metabolizzare alcune sostanze presenti negli alimenti. Questo difetto degli enzimi deputati al metabolismo di determinate sostanze generalmente è congenito, ma talvolta può essere acquisito nel tempo. Le intolleranze alimentari su base enzimatica sono numerose e comprendono un certo numero di malattie che riguardano il metabolismo dei carboidrati, delle proteine e dei lipidi.

Le intolleranze farmacologiche vengono definite anche come reazioni pseudoallergiche (PAR), perché esistono molte somiglianze a livello clinico con le allergie mediate dagli anticorpi specifici (IgE) Le intolleranze alimentari e la manifestazione sintomatologica conseguente sono sempre dose-correlate e questo aiuta nella distinzione dalle allergie vere nelle quali i sintomi sono scatenati già dall'assunzione di piccole quantità di alimento responsabile.
Generalmente i farmaci sono contenuti negli alimenti in quantità molto basse ed è difficile che abbiano un ruolo patogenico nelle intolleranze alimentari di questo tipo. Il problema potrebbe essere scatenato da reazioni incrociate tra additivi alimentari e farmaci.
Esistono anche reazioni pseudoallergiche (PAR) da alimenti e da additivi alimentari. 

Cause:

  • assunzione di alimenti che inducono liberazione di istamina nell'organismo e possono provocare orticaria;
  • ingestione di alimenti contenenti, per loro natura, elevate quantità di istamina e manifestazione conseguente di orticaria; in questi due casi si parla anche di pseudoallergie perché alcuni alimenti assunti in grandi quantità possono provocare sintomi simili a quelli di un'allergia vera e propria in quanto si viene a determinare nell'organismo un eccesso di istamina. Si tratta comunque di casi in cui l'eliminazione dalla dieta abituale dell'alimento incriminato non è tassativa ma basta limitarne il consumo a meno che la sua ingestione non provochi reazioni molto gravi;
  • deficit enzimatici ossia l'assenza di quelle particolari proteine detti appunto enzimi di cui l'organismo ha bisogno per metabolizzare gli alimenti. Alcune persone sono prive fin dalla nascita di alcuni di questi enzimi e quindi non riescono ad assimilare determinati alimenti o parte di essi.
  • Ingestione di particolari additivi contenuti negli alimenti come coloranti, esaltatori di sapidità, conservanti, aromi naturali ed artificiali.

Le manifestazioni cliniche sono varie: fra le più frequenti la dermatiti (atopica), asma e difficoltà respiratorie, vomito, diarrea, coliche intestinali.

La celiachia o morbo celiaco, è difficilmente classificabile fra le comuni allergie o intolleranze in quanto coinvolge fortemente il sistema immunitario, senza però chiamare in causa le IgE.

Fonte: http://missioneinfermiere.myblog.it/list/alimentazione-e-patologie-correlate/1564698073.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

Focus sugli allergeni alimentari

 

La diffusione delle allergie alimentari ha suscitato maggiore interesse durante gli ultimi anni, con una stima del 2-4% di adulti e un 6% di bambini che soffrono di alcuni tipi di queste allergie. Nonostante si sappia sempre di più riguardo le allergie alimentari e degli alimenti che le causano, esse rimangono una questione complessa e impegnativa.

Cosa causa le allergie alimentari?

Il sistema immunitario protegge il corpo da proteine estranee dannose generando una risposta per eliminarle. Allergia vuol dire essenzialmente “errore nel sistema immunitario” laddove una normale sostanza innocua viene percepita come una minaccia – un allergene – e quindi attaccata dalle difese immunitarie del nostro organismo. In una vera reazione allergica, il sistema immunitario risponde producendo anticorpi (proteine che si legano in modo specifico al allergene per disattivarlo e rimuoverlo dal corpo). Esistono diversi tipi di anticorpi, ma quello responsabile di una reazione allergica al cibo è noto come IgE (Immunoglobulina E). L’anticorpo IgE si attacca a sua volta al allergene scatenando una risposta allergica.

Durante una reazione allergica, l’IgE provoca il rilascio di molecole di segnalazione al interno del circolo sanguigno, che alla fine determinano l’insorgenza di sintomi comuni alle allergie alimentari. Questi sintomi includono eruzioni cutanee, naso e occhi pruriginosi, starnuti, affanno, tosse, labbra e bocca che prudono, nausea, crampi, gonfiori, vomito e diarrea. Fortunatamente, la maggior parte delle reazioni allergiche agli alimenti sono relativamente leggere ma, in casi molto rari, le reazioni allergiche possono essere fatali.

Allergia o intolleranza?

Molte persone chiamano allergia o riposta allergica ogni sgradevole reazione al cibo, ma in molti casi è solo un’ intolleranza o un’avversione. Le vere reazioni allergiche si verificano subito dopo aver mangiato e coinvolgono il sistema immunitario con il rilascio di IgE. I sintomi delle intolleranze alimentari impiegano normalmente più tempo a svilupparsi, non coinvolgono il sistema immunitario e tendono a manifestarsi sotto forma di gonfiore, diarrea e costipazione. Un esempio di intolleranza alimentare è quella al lattosio, dove in certi individui manca l’enzima lattase della digestione, che abbatte lo zucchero lattosio del latte. Il lattosio viene così frammentato dai batteri intestinali producendo flatulenza, dolore e diarrea.

I più comuni allergeni alimentari

Tutti gli alimenti possono potenzialmente causare allergie, tuttavia, in Europa sono 14 gli allergeni che presentano i maggiori rischi allergici (Tabella 1) e che sono perciò soggetti a etichettatura legislativa. Degno di nota è che i bambini crescono senza alcuna allergia alimentare durante l’infanzia.

 

 Tabella 1   Maggiori allergeni alimentari

 Arachidi

 Cereali che contengono glutine

 Crostacei

 Diossido di zolfo (usato come antiossidante e conservante, per es. nella frutta secca, vino e patate conservate)

 Latte

 Lupino (un tipo di legume appartenente alla famiglia delle Febacee)

 Molluschi

 Noci

 Pesce

 Sedano

 Semi di sedano

 Senape

 Soia

 Uova

Riferimento 1

Valori di soglia

Del 2-4% di adulti e del 6% di bambini che soffrono di allergie alimentari, esiste un alto grado di variabilità su come molti allergeni debbano essere presenti in un alimento per scatenare una reazione allergica. La minima concentrazione di allergene in grado di scatenare una reazione allergica viene definita soglia. A causa delle notevoli differenze nei valori soglia tra gli individui, attualmente è molto difficile identificare un valore universalmente valido per stabilire la massima concentrazione di allergene presente in un alimento che, se ingerito, non causi una reazione avversa. Un importante traguardo della ricerca per trovare una soluzione a questo problema è sviluppare la capacità di prevedere la gravità delle reazioni negli individui.

Legislazione della Unione Europea (UE)

Attualmente, non esiste una cura per l’allergia alimentare, se non evitare di ingerire cibo contenente gli allergeni. Per assicurare il corretto livello di informazione, la Commissione Europea (CE) ha stabilito che i maggiori 14 potenziali allergeni (vedi Tabella 1) debbano essere chiaramente indicati sull’etichetta di tutti i cibi preconfezionati, quando essi o qualunque ingrediente fatto da essi vengano usati a qualsiasi livello (eccetto per il diossido di zolfo che è esente da dichiarazioni quando in concentrazioni minori di 10mg/kg).

Il caso “potrebbe contenere”

Durante la produzione degli alimenti conservati viene fatta attenzione in modo da impedire la cross-contaminazione di un alimento con allergeni alimentari di un altro, attraverso buone pratiche di separazione e igiene. Ci può comunque essere la possibilità che un prodotto, che per esempio non contiene intenzionalmente frutta secca nella ricetta ma che è stato prodotto negli stessi locali di un prodotto che invece contiene frutta secca, contenga alla fine tracce di essa e perciò suoi allergeni.
In molti casi, la probabilità di tale contatto incrociato viene volontariamente indicato sulla confezione sotto la didascalia “potrebbe contenere”. Questo è utile quindi come importante informazione per i consumatori.

 

Maggiori informazioni:
Food allergy and food intolerance backgrounder
www.eufic.org/article/it/page/BARCHIVE/expid/basics-allergie-intolleranze-alimentari/

Testi di riferimento

  1. DIRETTIVA 2007/68/CE DELLA COMMISSIONE del 27 novembre 2007: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2007:310:0011:0014:IT:PDF
  2. European Commission Joint Research Centre, the Institute for Reference Materials and Measurements section: http://ec.europa.eu/dgs/jrc/index.cfm?id=1500
  3. European Food Safety Authority, News and Press Room section: http://www.efsa.eu.int/EFSA/efsa_locale-1178620753812_1178620829454.htm
  4. Food Standards Agency, Guidance on Allergen Management and Consumer Information, Multimedia section: http://www.food.gov.uk/multimedia/pdfs/maycontainguide.pdf
  5. Protall, Food allergens of plant origin – the relationship between allergenic potential and biological activity, infosheet section: http://www.ifr.ac.uk/protall/infosheet.htm#What%20is%20Food%20Allergy?

FOOD TODAY 12/2008

 

Fonte: http://fenal.it/doc/asilonido/Focus%20sugli%20allergeni%20alimentari.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

Le allergie e le intolleranze alimentari

 

1. Introduzione

La maggior parte delle persone può mangiare una grande varietà di cibi senza alcun problema. Per una piccola percentuale di individui, tuttavia, determinati alimenti o componenti alimentari possono provocare reazioni negative, da una leggera eruzione cutanea ad una risposta allergica di grave entità.

Le reazioni negative agli alimenti possono essere causate da allergia alimentare o intolleranza alimentare. Benché circa una persona su tre ritenga di essere "allergica" a certi alimenti, l’allergia alimentare ha un’incidenza effettiva intorno al 2% della popolazione adulta. Nei bambini, il dato sale al 3-7%, anche se, nella maggior parte dei casi, l’allergia viene superata con l’età scolare.

 

2. Qual è la differenza tra allergie e intolleranze alimentari?

 

La reazione negativa al cibo è spesso erroneamente definita allergia alimentare. In molti casi è provocata da altre cause come un’intossicazione alimentare di tipo microbico, un’avversione psicologica al cibo o un’intolleranza ad un determinato ingrediente di un alimento.

L’allergia alimentare è una forma specifica di intolleranza ad alimenti o a componenti alimentari che attiva il sistema immunitario. Un allergene (proteina presente nell’alimento a rischio che nella maggioranza delle persone è del tutto innocua) innesca una catena di reazioni del sistema immunitario tra cui la produzione di anticorpi. Gli anticorpi determinano il rilascio di sostanze chimiche organiche, come l’istamina, che provocano vari sintomi: prurito, naso che cola, tosse o affanno. Le allergie agli alimenti o ai componenti alimentari sono spesso ereditarie e vengono in genere diagnosticate nei primi anni di vita.

L’intolleranza alimentare coinvolge il metabolismo ma non il sistema immunitario. Un tipico esempio è l’intolleranza al lattosio: le persone che ne sono affette hanno una carenza di lattasi, l’enzima digestivo che scompone lo zucchero del latte.

 

3. Allergia alimentare

 

3.1. Che cosa avviene in una reazione allergica?

Generalmente, il sistema immunitario protegge il corpo dalle proteine estranee dannose scatenando una reazione per eliminarle. L’allergia è essenzialmente "un’alterazione immunitaria" in cui una sostanza normalmente innocua viene “percepita” come una minaccia - un allergene - e attaccata dalle difese immunitarie dell’organismo. In una vera reazione allergica, l’organismo produce anticorpi (proteine che si legano specificamente ad altre proteine chiamate antigeni - in questo caso allergeni - per disattivarle ed eliminarle dal corpo). La categoria di anticorpi che prende il nome di immunoglobuline E (IgE) reagisce con l’allergene scatenando un’ulteriore reazione con i mastociti (cellule dei tessuti) e i basofili (un tipo di cellula ematica). I mastociti si trovano sotto la superficie cutanea e nelle membrane che rivestono il naso, l’apparato respiratorio, gli occhi e l’intestino. Rilasciano una sostanza chiamata istamina o altre sostanze quali i leucotrieni e le prostaglandine che provocano reazioni allergiche come quelle indicate nella tabella riportata di seguito. Le reazioni negative sono immediate e di solito localizzate. Alcune reazioni allergiche impiegano varie ore o addirittura giorni a manifestarsi dopo l’esposizione ad una proteina estranea. In questo caso si parla di "reazioni di ipersensibilità ritardata".

Fortunatamente, la maggior parte delle risposte allergiche agli alimenti è relativamente lieve ma in un numero limitato di persone si verifica una reazione violenta che può essere letale e che prende il nome di anafilassi. A volte la reazione anafilattica può manifestarsi nel giro di qualche minuto dall’esposizione e richiede cure mediche immediate. Le arachidi sono molto note come causa di "shock anafilattico", una grave condizione in cui la pressione arteriosa precipita e il soggetto può morire di arresto cardiaco se non gli viene rapidamente somministrata adrenalina per aprire le vie respiratorie.



SINTOMI DI REAZIONI ALLERGICHE AGLI ALIMENTI
Respiratori
Naso che cola o congestione nasale
Starnuti
Asma (difficoltà a respirare)
Tosse
Respiro affannoso-sibilante
Cutanei
Gonfiore di labbra, bocca, lingua, faccia e/o gola (angioedema)
Orticaria
Eruzioni cutanee o rossori
Prurito
Eczema
Gastrointestinali
Crampi addominali
Diarrea
Nausea
Vomito
Coliche
Gonfiore
Sistemici
Shock anafilattico (grave shock generalizzato)





3.2. Quali sono i soggetti a rischio di allergia alimentare?

La presenza di casi in famiglia è uno dei fattori che permette di prevedere problemi alimentari di tipo allergico. Nei neonati che hanno un genitore allergico il rischio di sviluppare un’allergia alimentare è due volte superiore rispetto ai neonati i cui genitori non soffrono di allergie. Se entrambi i genitori sono allergici, il rischio aumenta da quattro a sei volte. In base ai dati raccolti, l’allattamento al seno, comparato con l’alimentazione artificiale, ridurrebbe il rischio di allergia alimentare. Nei neonati con parenti stretti che soffrono di allergie, il solo allattamento al seno per 4-6 mesi sembra sufficiente a fornire una certa protezione.

 

3.3. Qual è l’incidenza delle allergie alimentari?

Le stime effettive sull’incidenza delle allergie alimentari sono decisamente inferiori alla percezione della gente. Anche se da una su tre persone circa crede di soffrirne, in realtà le allergie alimentari sono scarsamente diffuse. La reale incidenza è indicata soltanto da qualche studio, con conferma della reazione allergica attraverso un test clinico in doppio cieco (assunzione alternata dell’alimento e di un placebo, in forma non riconoscibile, senza che né il paziente né il medico conoscano la sequenza di somministrazione).

Sulla base di tali studi, è stato stimato che le allergie alimentari si manifestano nell’1-2% circa della popolazione adulta. L’incidenza è più elevata tra i bambini piccoli, con una stima tra il 3 e il 7%. Fortunatamente, l’80-90% di tali soggetti supera l’ipersensibilità al raggiungimento del terzo anno di età. Mentre le allergie infantili all’uovo e al latte vaccino possono scomparire, le allergie alle noci, ai legumi, al pesce e ai molluschi tendono a protrarsi per tutta la vita.

 

3.4. Quali alimenti sono più comunemente causa di allergie alimentari?

Anche se le reazioni allergiche possono manifestarsi con qualsiasi alimento o componente alimentare, in alcuni le probabilità di provocare allergie sono superiori. Tra gli allergeni alimentari più comuni vi sono il latte vaccino, le uova, la soia, il grano, i crostacei, la frutta, le arachidi e vari tipi di noci.

3.4.1. Allergia alle proteine del latte vaccino

L’allergia alle proteine del latte vaccino si riscontra più comunemente nei neonati e nei bambini, soprattutto in quelli che hanno una storia familiare di predisposizione alle allergie. Si manifesta in un numero di neonati compreso tra lo 0,5 e il 4% ma l’incidenza diminuisce con l’età. I sintomi più comuni sono vomito e diarrea anche se la gamma di risposte negative varia da una persona all’altra. Fortunatamente, le reazioni alle proteine del latte vaccino sono generalmente di breve durata e l’incidenza nei bambini più grandi e negli adulti è nettamente inferiore.

L’allergenicità del latte vaccino può essere ridotta mediante alcuni processi caseari. Per esempio il trattamento a temperatura elevata che modifica la struttura di alcune delle proteine del latte. Per questo motivo, alcuni soggetti sensibili a questo alimento possono tollerare i prodotti a base di latte sterilizzato o evaporato ma non il latte pastorizzato. Vi sono anche altre lavorazioni casearie, quali la trasformazione enzimatica delle proteine in peptidi, che possono ridurre il potenziale allergenico delle proteine del siero di latte. Nei prodotti fermentati, come lo yogurt, e nei formaggi, le proteine del latte mantengono per lo più invariata la loro struttura e quindi la loro allergenicità.

Avuta conferma della diagnosi di allergia alla proteina del latte, è importante seguire una dieta bilanciata e sana, soprattutto durante la crescita e lo sviluppo del bambino. I consigli alimentari di un dietologo professionista sono fondamentali per garantire un’assunzione ottimale di nutrienti essenziali, quali calcio, magnesio, vitamine A, D, B2 e B12. Il consumo di sardine e salmone con lisca (in scatola) e di verdure verdi cotte, per esempio i broccoli, contribuisce a fornire la giusta dose di calcio.to milk protein has been confirmed, it is important to ensure that a healthy balanced diet is maintained, especially during a child's growth and development. Dietary advice from a registered dietician is essential to ensure optimal intakes of essential nutrients such as calcium, magnesium, vitamins A, D and B2 and B12. The consumption of sardines and salmon with bones (canned) and dark green cooked vegetables like broccoli, will help to maintain calcium intakes.

 

3.4.2. Allergia ai vari tipi di noci

L’allergia alle noci è una patologia di una certa gravità perché inizia in tenera età, dura per tutta la vita e può essere letale. Le arachidi, note anche come noccioline americane, e i vari tipi di noci che crescono su albero, come le noci stesse, le mandorle, le noci brasiliane e le nocciole possono provocare sintomi anche con un minimo contatto con la pelle o per inalazione. Nella sua forma più lieve, l’allergia alle noci può limitarsi a provocare sfoghi cutanei, nausea e mal di testa e a volte gonfiore della lingua e delle labbra, mentre nella sua forma più grave può provocare uno shock anafilattico. Per la potenziale gravità dei sintomi, chi soffre di allergia alle noci deve assolutamente evitare il contatto con questi cibi e portare sempre con sé l’adrenalina (per neutralizzare la violenta reazione allergica).

 

3.4.3. Altri comuni allergeni alimentari

Tra gli altri alimenti che presentano maggiori probabilità di essere associati alle reazioni allergiche vi sono frutta, legumi (compresi i germogli di soia), uova, crostacei (granchi, gamberi di fiume e di mare, aragoste), pesce, ortaggi, semi di sesamo, semi di girasole, semi di cotone, semi di papavero e semi di senape. Il potenziale allergenico di alcuni allergeni alimentari può essere eliminato (anche se non sempre) mediante la cottura o la lavorazione industriale, attraverso le quali le proteine vengono denaturate. Le tecniche più recenti, come il trattamento ad alta pressione, la fermentazione e il trattamento con enzimi, possono contribuire a ridurre l’allergenicità di alcune proteine alimentari. Nel caso degli olii, è inoltre possibile eliminare gli allergeni mediante la raffinazione. Una parte dei problemi rimasti irrisolti nel campo delle allergie alimentari, sia per i prodotti industriali che per quelli consumati fuori casa, potrebbe essere la presenza di lievi tracce che possono provocare la reazione allergica.

 

4. Intolleranze alimentari

L’intolleranza può provocare sintomi simili all’allergia (tra cui nausea, diarrea e crampi allo stomaco), ma la reazione non coinvolge nello stesso modo il sistema immunitario. L’intolleranza alimentare si manifesta quando il corpo non riesce a digerire correttamente un alimento o un componente alimentare. Mentre i soggetti veramente allergici devono in genere eliminare del tutto il cibo incriminato, le persone che hanno un’intolleranza possono spesso sopportare piccole quantità dell’alimento o del componente in questione senza sviluppare sintomi. Fanno eccezione gli individui sensibili al glutine e al solfito.

 

4.1. Quali sono le cause più comuni dell’intolleranza alimentare?

I due più comuni responsabili dell’intolleranza alimentare sono il lattosio e il glutine.

4.1.1. Intolleranza al lattosio

Il lattosio è lo zucchero contenuto nel latte. Normalmente, l’enzima chiamato lattasi, presente nell’intestino tenue, scompone il lattosio in zuccheri più semplici (glucosio e galattosio) che entrano poi in circolo nel sangue. Quando l’attività enzimatica è ridotta, il lattosio non viene scomposto e viene trasportato nell’intestino crasso dove viene fermentato dai batteri presenti in quella parte del corpo. Questo può determinare sintomi come flatulenza, dolore intestinale e diarrea.

Anche se la maggior parte dei popoli di ceppo nordeuropeo produce una quantità sufficiente di lattasi per tutta la vita, tra le razze non bianche e le popolazioni del Medio Oriente, dell’India e di alcune parti dell’Africa, compresi i loro discendenti, la carenza di lattasi è un fenomeno molto diffuso. In realtà, circa il 70% della popolazione mondiale adulta non produce lattasi a sufficienza e presenta quindi un certo grado di intolleranza al lattosio. In Europa, la carenza di lattasi si manifesta nel 5% circa della popolazione bianca, con marcate variazioni a seconda del Paese, e in proporzione decisamente superiore (50-80%) nelle minoranze etniche.

La quantità di latte e latticini tale da determinare sintomi di intolleranza è molto variabile. Molti soggetti che hanno una ridotta attività intestinale della lattasi possono bere un bicchiere di latte senza alcun problema. Analogamente, i formaggi stagionati, che hanno un basso contenuto di lattosio, e i prodotti a base di latte fermentato, come lo yogurt, sono in genere ben tollerati. Questo potrebbe spiegare l’ampio consumo di prodotti a base di colture di latte e di yogurt nelle regioni del mondo in cui la carenza di lattasi è più diffusa. Inoltre, l’introduzione costante di cibi contenenti lattosio nell’ambito dei pasti induce un progressivo adattamento e la riduzione della quantità totale di lattosio ingerita in un solo pasto può migliorare la tolleranza negli individui sensibili.

4.1.2. Intolleranza al glutine

L’intolleranza al glutine è una disfunzione intestinale che si manifesta quando il corpo non tollera il glutine (proteina presente nel grano, nella segale, nell’orzo e nell’avena, anche se quest’ultima è oggetto di controversie e di ricerche per stabilirne l’effettivo ruolo). La diffusione della malattia, comunemente chiamata celiachia o intolleranza al glutine, è sottostimata. Gli esami serologici rilevano questa malattia, che altrimenti non verrebbe diagnosticata, in 1 individuo su 100 della popolazione Europea (con differenze regionali).

La celiachia è una disfunzione permanente e può essere diagnosticata a qualsiasi età. Se la persona che ne è affetta consuma un alimento contenente glutine, le pareti di rivestimento dell’intestino tenue si danneggiano e subiscono una riduzione della capacità di assorbire nutrienti essenziali quali grassi, proteine, carboidrati, minerali e vitamine. I sintomi includono diarrea, debolezza dovuta a perdita di peso, irritabilità e crampi addominali. Nei bambini, possono manifestarsi sintomi di malnutrizione come, ad esempio, una crescita insufficiente. Attualmente, l’unico aiuto per i pazienti celiaci è una dieta priva di glutine. I centri di dietologia e le organizzazioni di informazione sulla celiachia mettono a disposizione gli elenchi degli alimenti privi di glutine. Escludendo tale sostanza dalla dieta, l’intestino si ripara gradualmente e i sintomi scompaiono.

Sono in corso ricerche per individuare l’esatta natura e sequenza degli aminoacidi del glutine che determinano la celiachia e queste conoscenze potrebbero costituire, in futuro, la base per l’applicazione della biotecnologia allo sviluppo di cereali che non causano intolleranza.

 

5. Additivi alimentari e reazioni negative

Se per la maggioranza delle persone gli additivi alimentari non costituiscono un problema, alcuni soggetti che soffrono di specifiche allergie possono essere sensibili a determinati additivi quali alcuni coloranti e i solfiti.

Poiché tutti gli additivi alimentari devono essere chiaramente indicati in etichetta, coloro che hanno una specifica sensibilità o ritengono di averla possono facilmente evitare qualsiasi additivo che costruisca un potenziale problema.

 

6. Come si diagnosticano le allergie e le intolleranze alimentari?

Una corretta diagnosi delle allergie e delle intolleranze alimentari può essere effettuata mediante test scientifici. Se una persona ritiene di soffrire di reazioni allergiche a determinate sostanze alimentari, la prima cosa da fare è consultare il proprio medico per verificare che i sintomi non siano causati da un’altra malattia ed essere eventualmente indirizzato ad un dietologo o un allergologo.

Il primo passo di una diagnosi affidabile è un’anamnesi dettagliata del paziente e della sua famiglia. Si deve dedicare particolare attenzione alla tipologia e alla frequenza dei sintomi, nonché al momento preciso in cui si verificano in relazione al consumo di determinati alimenti. Il paziente deve anche sottoporsi ad un esame fisico completo. Successivamente, si utilizzano i seguenti metodi di accertamento.

 

6.1. Test cutanei

Sulla base dell’anamnesi dietetica, gli alimenti sospettati di provocare reazioni allergiche sono inseriti nella serie utilizzata per i test cutanei. Il valore di questo tipo di test è molto controverso e i risultati non sono affidabili al cento per cento. I test consistono nell’inserimento sottocutaneo di estratti di un determinato alimento, mediante iniezione o sfregamento, per verificare l’eventuale comparsa di una reazione di prurito o di gonfiore.

 

6.2. Diete ad esclusione

Il principio della dieta ad esclusione si basa sull’eliminazione di un alimento o di una combinazione di alimenti sospetti per un periodo di circa 2 settimane prima di effettuare una prova di verifica. Se in questo periodo i sintomi scompaiono, i cibi sospetti vengono reintrodotti nella dieta, uno per volta, in quantità ridotte e aumentate gradualmente fino a raggiungere la dose normale. Una volta verificati tutti i cibi sospetti, è possibile evitare quelli che causano problemi.

 

6.3. Test RAST (radioallergoassorbimento)

In questo tipo di test si mescolano in una provetta piccoli campioni di sangue del paziente con estratti di alimenti. In una vera allergia, il sangue produce anticorpi per combattere la proteina estranea che può così essere rilevata. Il test può essere usato soltanto come indicatore di un’allergia ma non determina l’entità della sensibilità all’alimento nocivo.

 

6.4. Test in doppio cieco con controllo di placebo (DBPCF)

In questo test allergologico, l’allergene sospetto (per es. latte, pesce, soia) viene inserito in una capsula o nascosto in un alimento somministrato al paziente sotto stretto controllo medico. Questi test permettono agli allergologi di individuare i più comuni alimenti e componenti alimentari che provocano effetti negativi.

Gli altri tipi di test per la diagnosi delle allergie non sono stati scientificamente avvallati e potrebbero non avere alcun valore.

 

7. Che cosa si può fare per prevenire le allergie e le intolleranze alimentari?

Dopo aver effettuato un esame completo per identificare con precisione gli alimenti o i componenti alimentari nocivi, l’unico modo per prevenire la reazione allergica nei soggetti sensibili è eliminare tali alimenti o componenti dalla dieta o dall’ambiente. In caso di intolleranza alimentare, il solo fatto di ridurre le porzioni può essere sufficiente ad evitare i sintomi. Il miglior sistema di difesa consiste nel leggere attentamente le informazioni relative agli ingredienti riportate sulle etichette dei prodotti e nel sapere quali sono gli alimenti che scatenano allergie, intolleranze o asma.

Il supporto professionale di un dietologo permette di non escludere alcun nutriente dalla dieta quando si inseriscono variazioni e alimenti sostitutivi. Quando si mangia fuori casa, occorre informarsi sugli ingredienti e sui metodi di cottura per evitare i problemi alimentari conosciuti e spiegare la situazione e le particolari esigenze al proprio ospite o al ristoratore. Se necessario, si può chiedere di parlare al cuoco o al direttore del bar o del ristorante.

In caso di dubbio, meglio andare sul sicuro ed attenersi ad alimenti semplici, per esempio carni alla griglia, oppure portare cibi preparati in casa. È opportuno prevedere sempre un piano di pronto intervento e, in caso di reazione allergica alimentare grave propria o altrui, chiamare immediatamente un medico o un’ambulanza.

 

8. Quali sono le responsabilità dei produttori di alimenti e dei commercianti?

Quello delle allergie è attualmente riconosciuto come un problema importante in materia di sicurezza dei cibi e l’industria alimentare deve impegnarsi con la massima cura per aiutare coloro che soffrono di allergie a scegliere con fiducia una dieta adeguata. I produttori devono adottare la massima scrupolosità nella valutazione dell’uso, come ingredienti, dei più comuni allergeni che potrebbero dare gravi reazioni, avvisando della reale o potenziale presenza di tali allergeni nei prodotti e prevenendo la contaminazione crociata involontaria con allergeni presenti in altri prodotti industriali.

Quello delle allergie è attualmente riconosciuto come un problema importante in materia di sicurezza dei cibi e l’industria alimentare deve impegnarsi con la massima cura per aiutare coloro che soffrono di allergie a scegliere con fiducia una dieta adeguata. I produttori devono adottare la massima scrupolosità nella valutazione dell’uso, come ingredienti, dei più comuni allergeni che potrebbero dare gravi reazioni, avvisando della reale o potenziale presenza di tali allergeni nei prodotti e prevenendo la contaminazione crociata involontaria con allergeni presenti in altri prodotti industriali.

Una risposta a tali problemi viene dall’adozione delle Pratiche di Buona Fabbricazione (o GMP, dall’inglese Good Manufacturing Practices), compresa l’adozione dei sistemi di Analisi dei Rischi e Punti Critici di Controllo (HACCP, dall’inglese Hazard Analysis Critical Control Points), che comportano una stretta collaborazione con i fornitori di materie prime ed altri anelli della filiera alimentare. La corretta preparazione delle ricette e i controlli garantiscono che il prodotto alimentare contenga soltanto gli ingredienti specificati in etichetta. Vengono inoltre adottate precauzioni per impedire le contaminazioni crociate durante lo stoccaggio delle materie prime, la manipolazione e la lavorazione degli alimenti, soprattutto quando gli stessi impianti sono usati per alimenti diversi.

 

9. Quali sono gli sviluppi in materia di etichettatura dei potenziali allergeni presenti negli alimenti?

L’Unione Europea sta valutando il modo più corretto per indicare gli allergeni in etichetta e, nel contempo, vari organismi a livello nazionale hanno messo a punto linee guida che incoraggiano la diffusione delle Pratiche di Buona Fabbricazione e di informazioni al consumatore.

La Commissione Codex Alimentarius, la Commissione Europea e altre organizzazioni internazionali stanno definendo i criteri scientifici per la selezione degli alimenti allergizzanti da indicare nelle etichette. I principali allergeni individuati sono: arachidi, vari tipi di noci, crostacei, pesce, germogli di soia, latte vaccino, uova, grano e sesamo (Commissione Europea).

Anche se, in base alla legislazione europea, non esistono disposizioni alimentari specifiche che prevedono la necessità di indicare in etichetta i potenziali allergeni, la norma generale impone che tutti gli ingredienti aggiunti all’alimento debbano essere indicati nella lista degli ingredienti riportata sul prodotto. Al momento, vi sono alcune eccezioni a questa regola generale:

  • gli ingredienti che rientrano nella "regola del 25%". È il caso degli ingredienti composti (un ingrediente noto con un nome comune ma composto da vari ingredienti), che costituiscono meno del 25% del prodotto finale;
  • gli ingredienti "trasferiti", quali alcuni additivi che non hanno alcuna funzione tecnologica nel prodotto finito, ma sono veicolati nell’alimento attraverso uno dei suoi ingredienti;
  • alcuni alimenti (per es. alcuni formaggi o la maggior parte delle bevande alcoliche).

Di loro iniziativa, alcuni produttori e commercianti dichiarano già nella lista degli ingredienti gli allergeni più rischiosi anche se presenti in piccolissime quantità. Sono inoltre riportate diciture del tipo “può contenere” su prodotti in cui possono essere accidentalmente presenti tracce di un potenziale allergene. Tuttavia, in risposta alle ripetute richieste dei consumatori di una migliore informazione sugli alimenti che acquistano, la Commissione ha emesso una proposta di emendamento della Direttiva 2000/13/EC sull’etichettatura dei cibi. La proposta abolirà la "regola del 25%", il che significa che tutti gli ingredienti aggiunti intenzionalmente dovranno essere indicati in etichetta. La proposta imporrà anche l’obbligo di etichettare gli ingredienti riconosciuti dalla letteratura scientifica come responsabili di allergie. L’emendamento si prefigge l’obiettivo di garantire una miglior informazione sulla composizione degli alimenti al fine di permettere ai consumatori che soffrono di allergie di individuare gli ingredienti nocivi che potrebbero essere presenti nel prodotto.

Alcuni produttori e commercianti mettono a disposizione dei consumatori elenchi di prodotti privi di allergeni specifici mediante volantini, comunicazione via Internet e servizi di informazione e assistenza.

 

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fonte: http://www.eufic.org/article/it/page/BARCHIVE/expid/basics-allergie-intolleranze-alimentari/

autore: www.eufic.org

 

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