Alberto Savino opere vita e biografia
Alberto Savino opere vita e biografia
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ALBERTO SAVINIO
L’Infanzia in Grecia e gli anni della formazione
Savinio nasce con il nome di Andrea Francesco Alberto de Chirico il 25 agosto del 1891 ad Atene, terzogenito di Gemma Cervetto, nobildonna di origine genovese, e dell'ingegnere ferroviario Evaristo de Chirico. Il fratello maggiore, Giorgio, nato a Volos tre anni prima, diventerà uno degli artisti più importanti del '900; la sorellina, Adele, morirà in tenera età.
Costretta a continui spostamenti tra Atene e Volos, dovuti alla professione del padre, la benestante famiglia de Chirico1 è un ambiente tradizionale nel quale crescere. Il piccolo Savinio2, riceve la sua prima educazione da precettori privati e, nel 1903, si diploma in pianoforte al conservatorio di Atene.
Alla morte del padre, nel 1905, Alberto compone la sua prima opera musicale, un Requiem, e, poco dopo, lascia la Grecia, culla della civiltà occidentale3. La madre, per consentire ai due figli un'educazione superiore in un ambiente intellettualmente stimolante, decide di trasferirsi a Monaco di Baviera4, considerata allora "l'Atene tedesca". Durante il viaggio verso la città tedesca, la famiglia de Chirico visita Venezia e Milano. Giunti a Monaco, Alberto continua a studiare musica5 con Max Reger, considerato allora il "Bach moderno". Compone "Carmela" e conosce Alberto Mascagni, che loda il suo lavoro.
PARIGI: A CONTATTO CON APOLLINAIRE E LE AVANGUARDIE
"Nivasio Dolcemare arrivò la prima volta a Parigi6 la sera del 25 febbraio 1910, e quando smontò dal vagone tedesco di terza classe che lo aveva portato da Monaco capitale della Baviera nella Ville Lumière (…), aveva esattamente diciotto anni e sei mesi". Savinio entra in contatto con i più importanti circoli musicali parigini, segue concerti e rappresentazioni (partecipa alle prime di "Petruschka"-1911- e "Le sacre du Printemps"-1913-, le due opere innovative di Stravinsky7) e comincia a scrivere intensamente. Nel 1911, in luglio, giungono a Parigi anche de Chirico8 e la madre. In seguito all'arrivo del fratello pittore, Savinio inizia a frequentare l'ambiente delle Avanguardie9 artistiche: conosce Larionov, la Gontcharova, Picasso10, Picabia, gli scrittori Cocteau e Jacob e il giovane mercante Guillaume11. Ma è soprattutto l'incontro con Apollinaire12 nel 1913, che segna l'inizio di una lunga e profonda amicizia, a far sì che Savinio acceda ai circoli più anticonformisti della bohème artistica parigina. Apollinaire mette a disposizione degli amici pittori e letterati la sua rivista "Les Soirées de Paris13", che in breve diventa il polo d'attrazione per un eterogeneo gruppo di artisti, proprio come i futuristi italiani, giunti a Parigi nel 1909, anno in cui pubblicano il loro "Manifesto" sulle pagine del "Figaro", e la compagnia dei "Balletti russi" di Diaghilev14.
LA METAFISICA E IL "RICHIAMO ALL'ORDINE"
Spinti dallo stesso impulso che indusse Apollinaire ad arruolarsi nell'esercito francese, io e mio fratello partimmo per Firenze onde presentarci a quel distretto militare ove eravamo iscritti". È il 191515. Così De Chirico ricorda il suo ritorno in Italia insieme a Savinio. Firenze li accoglie nel pieno fervore culturale, dove si respira la stessa aria bohèmienne di Parigi, animata dalla trainante presenza di Ardengo Soffici.
I due fratelli, però, sono presto trasferiti a Ferrara. È un periodo importante, suggellato dal confronto con De Pisis16 che viene inevitabilmente contagiato dalla Metafisica, con Carrà17, e con Morandi18, dagli inizi del'18.
Mentre De Chirico crea nel '17 Ettore e Andromaca19 e l'anno successivo Le Muse Inquietanti20, che rientrano tra gli esiti più alti della sua produzione, Savinio viene mandato sul fronte greco a Salonicco come interprete; il racconto del viaggio verso la Grecia riempirà le pagine della seconda parte di "Hermaphrodito21", "La partenza dell'Argonauta".
(1) La famiglia de Chirico
La famiglia In "Ascolto il tuo cuore, città" Savinio scrive: "Io ricordo i miei genitori. Li riguardavo come numi. L'idea non mi sfiorò mai che in loro fosse anche un'anima […]." Il rapporto di Alberto e del fratello nei confronti dei genitori si basa su grande rispetto e ammirazione, che celano una certa difficoltà nei rapporti e negli affetti, al punto che Savinio ricorda la madre e il padre addirittura come una sorta di divinità senz'anima. Il padre Evaristo, di origine dalmata, laureatosi in ingegneria meccanica, agli inizi progetta e costruisce reti ferroviarie in Toscana e in Bulgaria, per poi concentrare la sua attività in Tessaglia, Grecia. Sulla madre Gemma non ci sono notizie molto precise: Giorgio ricorda che era una baronessa di origine genovese, ma in realtà era nata a Smirne, da una famiglia cattolica e, prima di conoscere Evaristo, era stata forse cantante d'operetta. La famiglia De Chirico viene colpita da due drammatici avvenimenti: la morte della sorella Adelaide, di quattro anni più grande di Giorgio, avvenuta quando Andrea non era ancora nato, e la perdita del padre nel 1905. Il carattere rigido e autoritario della madre, che diventa il perno della vita famigliare, segnerà profondamente la vita affettiva dei due fratelli, che tra di loro, nonostante la stima reciproca, non riusciranno mai a mostrare apertamente il comune affetto.
(2)Il piccolo Savinio
"Si immagina un uomo la cui vita sia lo sviluppo naturale, conseguente dell'infanzia? Una siffatta eventualità spaventa l'adulto - questo borghese generale. […] L'educazione è la prima forma di reazione nella quale l'uomo si imbatte al suo esordio nel mondo." Queste parole di Savinio, scritte nel "Commento alla tragedia dell'infanzia", chiariscono la concezione che l'artista ha dell'età infantile. Non si tratta soltanto di un periodo dell'esistenza, ma di un punto di vista sul mondo, di una struttura letteraria, del fondamento stesso della sua arte. L'infanzia è per Savinio quel mondo ricco di fantasia, antigerarchico, antiautoritario, capace di vedere e penetrare l'essenza delle cose oltre la limitatezza dell'occhio razionale dell'adulto. La tragedia insita nell'infanzia è appunto la sistematica stroncatura di questa libertà perpetrata dal mondo dei padri con la scusa dell'educazione. In questo senso è da intendersi l'infanzia saviniana. Filtrata dalla memoria, essa è un'inestinguibile fonte di creatività, come lo è del resto il politeistico, antiautoritario mondo della mitologia greca, del sogno e dello humour. "Moros" in greco antico significa pazzo e in neogreco poppante. Attraverso il raffinato e illuminante strumento dell'etimologia, Savinio evidenzia il legame storico e culturale che la società umana "adulta" ha istituito tra la condizione dell'infante e quella del pazzo, del deviante, dell'artista, di colui, cioè, che si colloca fuori dalle regole.
(3)La Grecia, culla della civiltà occidentale
La nascita in Grecia rappresenta un aspetto fondamentale non solo della biografia saviniana, ma anche del suo universo intellettuale e artistico. Il mondo mitologico è una riserva inestinguibile di materia che si offre alla creatività di Savinio ed è soprattutto importante perché rappresenta l'infanzia della cultura occidentale, una sorta di mondo pre-logico che rappresenta, a livello collettivo, ciò che l'infanzia individuale è per ciascuno di noi. Nell'arte di Savinio la memoria individuale si fonde con quella collettiva e Centauri e Argonauti scendono a popolare le pagine di Savinio, così come le sue tele dipinte. Non è secondario il fatto che il politeista orizzonte del mito greco, in cui gli dei sono scossi da passioni e da ire e in cui esiste una pluralità di verità, rappresenta per l'artista quel "mondo senza padri" nel quale domina il "principio del piacere" che egli auspica e al quale cerca di dar vita con le sue opere. Alcune specifiche figure mitologiche sono particolarmente significative nell'opera di Savinio. I fratelli de Chirico amano ad esempio chiamarsi Dioscuri, come i due gemelli Castore e Polluce, protettori del viaggio degli Argonauti alla ricerca del vello d'oro, nonché simbolo dell'amore fraterno. Se ciò sta a indicare la profonda affinità intellettuale che lega i due artisti, è indubbio anche il riferimento al tema del viaggio, della scoperta intellettuale che i due fratelli intraprendono alla ricerca di una realtà metafisica che si colloca al di là di quella comunemente intesa.
(4)Monaco di Baviera, una piccola capitale della cultura
Giorgio De Chirico nelle sue "Memorie" scrive: "Tutti ci consigliavano di recarci in Germania, a Monaco, perché io continuassi a studiare pittura e mio fratello musica. Monaco era allora un po' quello che ora è Parigi". Giunti a Monaco nel 1906 in seguito alla morte del padre, i fratelli De Chirico trovano una città ricca di stimoli culturali in grado di rivaleggiare con capitali come Berlino, Vienna e Parigi. L'ambiente risente ancora degli echi della Secessione, avvenuta nel 1892, con la conseguente diffusione dello Jugendstil, mentre per le vie e le piazze della città si respira un clima malinconico e classicista: basta attraversare Königsplatz per poter ammirare i Propilei e la Glyptotheck eretti da Von Klenze, che ricordano l'architettura greca antica, e creano nella memoria dei fratelli De Chirico un ponte immaginario tra la Germania e il loro paese natale. Nella città bavarese, Giorgio si iscrive all'Accademia di Belle Arti, mentre Andrea frequenta le lezioni di contrappunto del musicista Max Reger, che allora era considerato il "Bach moderno". La scena artistica è inoltre arricchita da dibattiti culturali molto accesi e da mostre dedicate a Gauguin, Cézanne e Van Gogh. In contemporanea nascono nuovi gruppi e associazioni, come Phalanx del 1901, fondata da Kandinsky, la Neue Künstlervereinigung München, del 1909 e per finire il Blaue Reiter del 1911, che segneranno momenti importanti nella storia dell'arte contemporanea.
(5)Savinio e la musica
Artista eclettico e versatile per eccellenza, Savinio è prima di tutto musicista. Dopo aver conseguito il diploma di pianoforte al conservatorio di Atene nel 1903, scrive il suo primo pezzo musicale, un Requiem per la morte del padre, nel 1905. Quest'ultima composizione, come le altre della sua produzione giovanile, è purtroppo andata perduta. È possibile comunque farsi un'idea dello stile e della struttura di queste opere tenendo in considerazione, oltre a ciò che fu scritto a proposito di esse, l'influenza che la musica romantica e, soprattutto l'opera di Wagner, ha sul giovane musicista. L'artista ricorda infatti di aver assistito con entusiasmo al "Tristano e Isotta" nell'autunno del 1906 nella capitale bavarese e, l'anno successivo, alla Scala di Milano, al "Tramonto degli dei", diretto da Arturo Toscanini. Dopo un periodo di studi a Monaco di Baviera con Max Reger, Savinio compone la musica e scrive il libretto di un'opera romantica in tre atti ambientata a Napoli: "Carmela". Nel 1909, Giorgio de Chirico informa che il fratello ha terminato di comporre un lungo melodramma, "Poema fantastico", che assomiglia un po' all'Oberon di Weber. Nonostante anche quest'opera sia andata perduta, si sa che fa riferimento alla mitologia greca ed è realizzata con uno spirito farsesco vicino alla scrittura di Pulci e di Rabelais, già molto amati da Savinio. La cultura musicale del giovane Andrea si nutre quindi di sostanze romantiche e decadenti prima di compiere, nel 1911, il definitivo balzo rivoluzionario. Un mese dopo l'esibizione monacense di Arnold Schönberg, la cui musica dodecafonica è applaudita da Kandinsky e Franz Marc, il 23 gennaio 1911, Savinio si esibisce in un concerto, definito da alcuni critici un "conglomerato di rumori", durante il quale chiude il suo periodo formativo, approdando a una musica totalmente nuova, definita poi dallo stesso autore "sincerista".
(6)La Parigi degli anni '10
"Io voglio vivere a Parigi! Fra la gente educata per tradizione o per pigrizia alla dolce indifferenza". Così Savinio, in un articolo datato 1926, ricorda la Parigi degli anni che precedono la I guerra mondiale, descrivendone con stupore il fermento culturale. In questi anni tutte le tendenze più moderne sono riunite nella città. Il triangolo di strade formato dall'incrocio tra Boulevard Raspail e Boulevard Montaparnasse e chiuso a est da Avenue Denfert-Rochereau racchiude in un raggio di 600 metri tutti i centri cruciali della vita artistica parigina. Sul lato occidentale di Boulevard Raspail, in un breve tratto di strada, si trovano i due studi di Picasso e la sede delle "Soirées de Paris", mentre in Rue de la Campagne-Première è situato lo studio che De Chirico affitta nel 1913. Di poco distano i caffé di Montparnasse, come il Petit Napolitain e la Rouche, un locale che i fratelli De Chirico frequentano abitualmente e luogo di incontro di artisti, pittori, musicisti e poeti di diverse nazionalità. Questo ambiente favorisce l'integrazione dei fratelli De Chirico nella cerchia intellettuale parigina, tra cui troviamo: Picasso, Léger, Cendrars, Chagall, Canuto, Soffici, Archipenko e Modigliani.
(7)Igor Stravinsky, un grande rivoluzionario
Savino, durante il suo primo soggiorno parigino, segue concerti e rappresentazioni e realizza importanti componimenti musicali. In questo momento la città è elettrizzata dagli spettacoli anticonvenzionali dei Balletti Russi, diretti dal grande impresario Djaghilev che, nel 1910, chiama Stravinsky per la realizzazione delle musiche dell'"Uccello di fuoco". Inizia così la grande fama del compositore russo che, nel 1913, realizza sempre per i Balletti Russi e con la coreografia ideata dal ballerino Nijinsky, "Le Sacre du Printemps". Savinio è presente alla prima dell'opera, che viene eseguita e portata a termine mentre in teatro scoppiano violenti tumulti. Lo scandalo che suscita l'esecuzione è dovuto alle novità della partitura stravinskyana, che mescola mezzi operistici tradizionali, pezzi folcloristici russi e notevoli complicazioni ritmiche. In un articolo pubblicato nel 1941 su "Oggi", Savinio commenta: "Stravinsky non è una mente primordiale. E' un musico educato e spiritoso, che con le sue grosse e nodose mani da giocoliere giapponese, sa costruire dei meccanismi sonori molto curiosi e attraenti […] Il tentativo di imbarbarimento che è 'La sagra della primavera' non è stato del tutto sterile, ed ha avuto il risultato se non altro di riportare i sapori orchestrali alla loro schiettezza".
(8)La pittura di De Chirico negli anni'10
Nei primi anni '10, parallelamente alla fervida attività musicale e letteraria del fratello Alberto Savinio, nascono le visioni delle "piazze d'Italia" di De Chirico. Questo è uno dei suoi più famosi quadri metafisici ed è anche il primo che il pittore riesce a vendere a Parigi per la cifra di 250 franchi. La composizione, come le altre coeve, è in stretto rapporto con i soggetti dei "Chant de la Mi-Mort" di Savinio. In quest'opera De Chirico approfondisce la sua indagine sulla dimensione illusoria della realtà attraverso la disposizione apparentemente casuale degli elementi che compongono la scena. Nel quadro troviamo la torre rossa, il colosso primigenio che richiama il Mausoleo di Cecilia Metella e la Porta San Sebastiano di Roma, a cui viene unito il monumento equestre, ricordo del Monumento a Carlo Alberto, che il filosofo Nietzsche poteva osservare dalle finestre della sua casa torinese e che anche De Chirico vede durante il soggiorno nella città. La torre, posta al centro della composizione, si trova nel punto di fuga della prospettiva creata dalle arcate, che fungono da quinta alla rappresentazione. Il monumento equestre spunta solo parzialmente dietro l'arcata di destra e crea un senso di inquietudine, che viene aumentato dalla luce crepuscolare solcata da profonde ombre e dall'assenza totale di figure umane (anche se originariamente due figure, poi cancellate, facevano parte della composizione).
(9)Le Avanguardie parigine e il Futurismo
Tra il 1909 e il 1915 Parigi è il centro del fermento artistico e letterario d'avanguardia. Savinio, soggiornando nella città, entra a contatto con gran parte di questi circoli culturali e conosce i personaggi più rappresentativi della bohème artistica, tra cui: i pittori Picasso, Duchamp, Delaunay e Picabia, la coppia russa Larionov-Goncharova, lo scultore Brancusi e il mercante Paul Guillaume. A questo periodo risalgono anche gli incontri di Savinio con Max Jacob, personaggio eccentrico e scrittore da lui molto stimato, e la nascita della grande amicizia con Guillaume Apollinaire, poeta, critico e nume delle avanguardie, grande sostenitore dei fratelli De Chirico. Questi sono anche gli anni di maturazione del movimento futurista alle cui provocazioni Savinio guarda con interesse. Nel 1909, Marinetti pubblica su "Le Figaro" il "Manifesto" del Futurismo. Nello scritto si trovano i punti programmatici del movimento: la ribellione, lo sprezzo del pericolo, il culto della velocità e della metropoli moderna,ecc… Nel 1911 viene allestita alla Galerie Bernheim-Jeune di Parigi una mostra di opere futuriste che permette al movimento di affacciarsi sulla scena internazionale e affermare la ricerca di "uno stile del movimento" in polemica con la "troppo statica"pittura cubista.
(10)Le tante facce del Cubismo
Quando Braque, nel settembre 1907, si reca nell'atelier parigino di Picasso, rimane sbalordito dalla "bruttezza" delle Demoisells d'Avignon. Tuttavia, da questo momento, anche la sua produzione artistica, prima "fauve", si indirizza verso la sperimentazione cubista. Tra Picasso e Braque inizia un periodo di intensa collaborazione che si protrae fino allo scoppio delle I guerra mondiale. Da questo sodalizio nascono prima le opere del Cubismo analitico poi, dal 1912, quelle del Cubismo sintetico. L'idea rivoluzionaria dei due artisti, seguita in un secondo tempo da Juan Gris e Fernand Léger, è quella di una pittura non più intensa come semplice mimesi della realtà, ma come raffigurazione totale e simultanea degli oggetti e dello spazio. I due artisti abbandonano i metodi tradizionali di rappresentazione, impostati sulle regole della prospettiva rinascimentale e sull'uso del chiaroscuro, e li sostituiscono con una visione sfaccettata dell'oggetto, rappresentato contemporaneamente da più punti di vista. A questa prima fase di Cubismo "ortodosso" segue quella del così detto Cubismo "eretico" o Orfico che cerca di unire alla visione cubista l'acceso cromatismo "fauve" e l'idea di movimento futurista. Tra i cubisti "eretici" vanno ricordati Fernand Léger, Raymond Duchamp-Villon, Marcel Duchamp, Roger de la Fresnaye e Marie Laurencin, che si riuniscono nel gruppo della Section d'Or.
(11)Paul Guillaume: il "giovin signore" del mercato dell'arte moderna
Savinio racconta: "Intorno a quel tempo (I guerra mondiale) un giovin signore si presentò in casa di Guglielmo Apollinaire e con piglio studiatamente disinvolto disse: 'Mi chiamo Paul Guillaume e ho intenzione di entrare nel commercio della pittura moderna'. 'Je n'y vois pas d'inconvenient', rispose Apollinaire". Inizia così, nel 1911, la lunga amicizia e la stretta collaborazione tra il futuro mercante d'arte Guillaume e il poeta amante e promotore della pittura Apollinaire, due tra le figure più rilevanti della Parigi delle Avanguardie. Dotato di una vivace intelligenza, di una rara capacità comunicativa e comprensiva nei confronti degli artisti e di un ottimo fiuto, nonché tempismo per gli affari, questo giovane intraprendente, nato nel 1891 da una famiglia modesta, che si avvicina all'arte moderna ascoltando le accese discussioni al Bateau-Lavoir e che inizia a far pratica vendendo sculture di arte negra ai clienti altolocati del garage in cui lavora come impiegato, diventa, insieme a Kahnweiler e Rosenberg, uno dei mercanti più attivi e rinomati della città. La sua galleria apre i battenti nel febbraio del 1914 al n.6 di Rue Miromesnil, vicino all'Elysée: oltre a sculture negre, vi sono esposte opere di Picabia, de Chirico e altri pittori minori. Gli esordi non sono eclatanti, ma nel giro di poco tempo la Galleria Paul Guillaume si distinguerà quale polo d'attrazione per una clientela mondiale, instaurando anche importanti contatti con il mercato americano. Savinio diventerà un "protetto" di Guillaume nella seconda metà degli anni '20, quando, dopo essersi espresso come musicista e letterato, inizia la sua attività di pittore.
(12)Guillaume Apollinaire: "il precursore più illuminato dei tempi nuovi"
Nato a Roma nel 1880, polacco per parte di madre, italiano per parte di padre, Apollinaire è francese d'adozione. Dopo una rocambolesca prima adolescenza trascorsa tra Montecarlo, Cannes e Nizza, a contatto con una società vivace e cosmopolita, nel 1899 giunge a Parigi e nell'arco di pochi anni, questo giovane "nutrito di una cultura vastissima, varia come le nuvole" e di una curiosità insaziabile, diventa non solo un grandissimo poeta, ma anche un fautore della modernità, tanto in letteratura quanto in pittura. Celebri sono le sue raccolte "Alcools" (1913) e "Calligrammes" (1918) con le quali scardina il concetto tradizionale di poesia, attuando ardite sperimentazioni a livello tematico e sintattico. Nel 1904 avviene il fatale incontro con Picasso: da questo momento Apollinaire entra a far parte del gruppo di artisti che si radunano attorno al maestro spagnolo al Bateau-Lavoir, diventandone il portavoce e maggior sostenitore (il suo scritto sui "Pittori cubisti" esce nel 1913). La sua attività di padre spirituale non si esaurisce con i cubisti. Questo "poeta dallo sguardo lungo e dall'udito fine" diventa un amico e una guida per molti giovani artisti residenti a Parigi tra cui: il Doganiere Rousseau, Chagall, de Chirico, Savinio e i Surrealisti. Savinio in particolare vede in Apollinaire un fratello gemello, un alter ego. Entrambi sono apolidi, amanti dei classici, grandi "dilettanti", hanno uno spirito che li spinge ad "andare controcorrente" e soprattutto una comune missione da compiere: così come l'uno aspira alla poesia suprema, quella "Poesia che dorme tra i ghiacci purissimi del polo", l'altro è alla ricerca di un'arte suprema, metafisica, che abbia una funzione rivelatoria e profetica, capace di unire passato e futuro.
(13)La rivista " Les Soireés de Paris "
Nel 1913 Apollinaire, con l'aiuto della nobildonna Hélène d'Oettingen, fonda la rivista "Les Soireés de Paris". Grazie alla collaborazione alla rivista, Savinio inizia a frequentare il circolo di intellettuali che si raduna attorno ad Apollinaire, tra cui si trovano artisti come Picasso, Picabia, la Laurencin, Severini, Brancusi, Modigliani e letterati come Jacob, Salomon e Cendrars. Alberto partecipa attivamente alla vita della rivista, che organizza anche eventi e concerti, come quello di Savinio del 24 maggio 1914, che suscita grande scalpore. Nel 1913, l'artista tiene una conferenza sulla pittura di Rembrandt e si occupa di uno studio sulla scultura negra, uno dei grandi amori dell'amico e mercante Paul Guillaume. Nell'aprile del 1914 pubblica, sulle pagine delle "Soirées de Paris", il saggio "Le drame et la musique", un testo che si può considerare il primo manifesto teorico della musica metafisica. Infine, nell'agosto 1914, sull'ultimo numero della rivista, pubblica un frammento dei "Chant de la Mi-Mort", opera che trae ispirazione dalla poesia di Apollinaire e caposaldo delle sue future realizzazioni. L'attività delle "Soireés de Paris" si interrompe con l'avvento della I guerra mondiale.
(14)Sergej Diaghilev e la compagnia dei Balletti Russi
All'inizio del'900, il balletto, che da tempo è giudicato sterile e démodé come forma d'arte teatrale, viene rivisitato e rilanciato da un geniale direttore artistico russo, Sergej Diaghilev. Trasformato in un mezzo d'espressione d'avanguardia, il balletto diventa un'opera d'arte totale in cui danza, musica e decorazione si fondono armonicamente e formano un tutto unitario. A questo proposito Diaghilev afferma: "Quando produco un balletto, non perdo mai di vista per un solo istante neanche uno di questi tre fattori". È così che il palcoscenico diventa campo d'azione comune per le arti: la gestazione di un balletto coinvolge più artisti di diverse discipline, chiamati a svolgere un impegnativo e fervente lavoro d'équipe.
L'avventura dei Balletti Russi comincia nel 1909 quando Diaghilev raccoglie un gruppo di ballerini del Teatro Imperiale russo e debutta davanti al pubblico francese al Téâthre du Châtelet. Il successo è immediato e la fama della compagnia è destinata a crescere di anno in anno grazie alla collaborazione di importanti artisti, tra cui: il coreografo Fokine; i pittori-scenografi Bakst, Larionov, Gontcharova, Picasso (che realizza le scene e i costumi per "Parade" e "Mercure"), Delaunay; i compositori Stravinsky, Debussy e Satie; i ballerini Pavlova e Nijinsky.
(15)1915: la guerra e gli artisti
Il 28 luglio 1914 l'Austria dichiara guerra alla Serbia. È solo l'inizio di un conflitto che in pochi mesi si estende a macchia d'olio, coinvolgendo per la prima volta tutti e cinque i continenti. L'Italia, dapprima neutrale, il 23 maggio 1915 si schiera a fianco dell'Intesa tra le manifestazioni esultanti dei gruppi interventisti, tra cui i giovani futuristi. Le speranze di una vittoria rapida e gloriosa vanno presto in fumo, all'entusiasmo subentrano dolore e rassegnazione. La prima guerra mondiale si trasforma in uno scontro logorante, in una carneficina di soldati intrappolati nelle trincee per cinque lunghi anni. Soltanto nell'autunno del 1918 si firmano i trattati di pace che pongono fine al conflitto, sancendo la vittoria dell'Intesa e gettando le basi per la difficile ricostruzione politica ed economica dell'Europa. Il bilancio è drammatico: 8.500.000 i caduti, più di 20.000.000 i feriti gravi, un'intera generazione decimata. La guerra irrompe nei singoli paesi, s'insinua nelle città, incombe sulla vita privata degli individui e la stravolge. Anche per gli artisti il 1914 costituisce un forte momento di rottura. Le vivaci sperimentazioni delle avanguardie vengono bruscamente interrotte, i gruppi si sciolgono, gli artisti vengono richiamati in patria per arruolarsi, molti non torneranno più dal fronte.
(16)L'incontro con de Pisis
I fratelli de Chirico a Ferrara abitano in via Montebello, proprio di fronte al palazzo Tibertelli - de Pisis che iniziano a frequentare con assiduità. Ferrarese di nascita e con spiccati interessi filosofici e letterari, prima ancora che pittorici, Filippo de Pisis è istintivamente attirato dalle riflessioni sulla metafisica e dalle personalità di Giorgio de Chirico e Alberto Savinio. La sua "camera metafisica", dove raccoglie e custodisce oggetti di ogni tipo, è una vera e propria stanza delle meraviglie che impressiona gli ospiti, tanto da condizionare gli "interni metafisici" dipinti da Giorgio. Il sodalizio tra i tre, a cui si aggiungeranno a breve Carlo Carrà e Giorgio Moranti, rappresenta un periodo breve ma intenso di scambio culturale che si rinnova dieci anni più tardi nella capitale francese. Fondamentale è per de Pisis il primo soggiorno a Parigi nel 1925, anno in cui inizia a dedicarsi con passione alla pittura. Ossessionato dal trascorrere inesorabile del tempo, dal passare delle ore e delle stagioni, l'artista registra quello che lo circonda, quasi a voler fissare ogni istante sulla tela. La sua pennellata è rapida e sommaria, i colori spenti e malinconici, quasi a voler ribadire l'impossibilità anche per l'arte di rendere eterno ciò che è fuggevole.
(17)L'incontro con Carlo Carrà
È ormai esaurita l'esperienza futurista e la breve parentesi della pittura "antigraziosa" di Carrà in un dipinto come Il gentiluomo ubriaco, realizzato nel ´'16, in cui si possono cogliere i primi sintomi di un mutamento di linguaggio che lentamente lo portano ad accostarsi alla Metafisica, al confronto con De Chirico negli anni del felice sodalizio di Ferrara. Benché i due fossero diversi per temperamento e più tardi rinnegassero entrambi questa vicinanza, tanto che De Chirico nei "Ricordi della mia infanzia" racconta come "Carrà si mise a rifare, alquanto stentatamente, gli stessi soggetti che facevo io, con una spudoratezza e un 'sans-gêne' ammirevoli", è innegabile il processo osmotico di ricerca di una grammatica comune. Se al di là de Il gentiluomo ubriaco si considerano però le opere di Carrà del primo anno ferrarese, la Musa metafisica e la Solitudine, che è quella iconograficamente più dechirichiana, entrambe del '17, si chiarisce il diverso cammino intrapreso dai due pittori. La magica e rarefatta atemporalità degli spazi silenti dei dipinti dell'artista di Volos si traducono in una maggiore concretezza di visione in Carrà, il cui bisogno di attribuire peso di realtà a ogni oggetto lo porta a un dipingere plastico, tangibile, denso come nella Camera incantata, sempre del '17. Nell'evoluzione della sintassi pittorica di Carrà, il 1920 costituisce la soglia tra l'abbandono della Metafisica e l'emergere di una sopita, ma mai assente volontà di un fare sobrio, spoglio ed essenziale, di una solida unità spaziale e costruttiva, dove idea e natura si armonizzino in un insieme plastico, che guarda alla tradizione italiana e si esprime nell'incanto poetico dei suoi paesaggi marini.
(18)L'incontro con Giorgio Morandi
Pochi dipinti appartengono così limpidamente alla nostra cultura visiva come le nature morte di Morandi, quegli oggetti prima disposti, con un'accuratezza quasi maniacale, su di un piano orizzontale e poi dipinti con altrettanta disciplina, in un lavoro prima mentale che pittorico, tanto che risulta quasi superfluo riproporne le forme e i colori.
Perché allora non risalire alle origini della sua ricerca dove già si possono cogliere gli attributi di un'arte che nel suo dipanarsi attraverso la meditazione su Cézanne e Renoir, sulla tradizione trecentesca del Giotto di Assisi, della Cappella Scrovegni di Padova e di Santa Croce a Firenze e quattrocentesca di Piero della Francesca, la parentesi metafisica a contatto con De Chirico e Carrà e l'esperienza di "Valori Plastici", raggiunge la pienezza espressiva in occasione della Quadriennale romana del '39. In questo Paesaggio del '11, come nel Paesaggio primaverile e nella Nevicata dell'anno precedente, che devono essere considerati i suoi primi compiuti dipinti, c'è già tutta la sobrietà del Morandi maturo, quel senso del colore che si concretizza nell'armonioso accostarsi delle tonalità dei grigi perlati e dei verdi d'argento, tutta la saldezza architettonica della composizione imparata dal pittore di Aix-en-Provance in cui gli elementari solidi geometrici delle case emergono tra le pennellate corpose degli alberi e l'orizzonte appare, come Cesare Grandi dirà nella monografia sull'artista scritta nel'42, sotto un "cielo vasto di solitudine senza approdi".
(19)Ettore e Andromaca
"Andromaca gli si fece vicino piangendo e gli prese la mano, disse parole…", così Omero descrive l'ultimo incontro tra il valoroso Ettore e la moglie Andromaca sulle mura di Troia devastata dalla guerra. De Chirico rende ancora più drammatica l'infelicità degli amanti, assurdi ingranaggi senza volto, fantocci muti e privi di membra, condannati al silenzio e all'impossibilità dell'abbraccio. I personaggi e gli episodi della mitologia classica ricorrono con frequenza nelle opere pittoriche dell'artista e negli scritti coevi di Alberto Savinio, a sancire l'affinità di pensiero e il comune sentire che lega i due fratelli in questi anni. Interpreti dell'evento sono due manichini, qui umanizzati e portatori di sentimenti, divenuti ormai una firma delle tele metafisiche di De Chirico, ma già anticipati dai testi di Savinio. Il momento scelto e assolutizzato non è quello epico della battaglia, ma piuttosto il distacco, un addio carico di malinconia e nostalgia per le consuetudini familiari perdute. Le nubi nere sullo sfondo, infausto presagio di morte, non lasciano prevedere un lieto fine. Immediati sono i riferimenti al vissuto dei due artisti, nati nella mitica Grecia, antica patria degli dei e degli eroi, ma destinati a continue peregrinazioni, ora travolti dallo scoppio della I guerra mondiale.
(20)Le muse inquietanti
Benvenuti a Ferrara, città "quantomai metafisica". Il castello estense sullo sfondo è affiancato da una fabbrica con ciminiere, segno della modernità, e da un palazzo ad arcate che s'intravede nella penombra, preceduto da una statua classica. Luoghi ed epoche diversi sono qui giustapposti, accomunati soltanto dal colore dominante della composizione, il rosso acceso dei mattoni di Ferrara. Il riferimento preciso all'ambiente, alla città dove l'artista si trova, non è però sufficiente ad annullare l'effetto di sospensione, di silenzio e d'immobilità irreale, di totale assenza di vita. Protagonisti assoluti dell'immenso palcoscenico, attori di una scena assurda e misteriosa, sono enigmatici manichini, parvenze di un'umanità ormai lontana, irraggiungibile. Le due figure sono assemblate con gli oggetti più disparati: la muscolosa statua marmorea in primo piano, volta di spalle e ricoperta fino ai piedi da una veste che le dona l'aspetto di una colonna dorica, è sormontata da un manichino sartoriale con le cuciture in evidenza a tracciare strani segni, poco più indietro siede a braccia conserte un fantoccio di pezza, con la testa svitata e appoggiata a terra. Le muse dechirichiane non sono più portatrici di grazia e bellezza, ma diventano inquietanti, non affascinano, ma disorientano l'uomo moderno.
(21)Hermaphrodito
"Tutto ciò che ho fatto di poi, è o formato o in germe in Hermaphrodito: una lunga variazione su quel tema. Lo dico e lo ripeto", afferma Savinio, sottolineando l'importanza del suo primo romanzo, vero contenitore di situazioni, personaggi e immagini anticipatori della produzione successiva. L'artista ne inizia la stesura a Ferrara nel 1915, pubblica alcuni racconti separatamente su riviste coeve per poi raccoglierli in unico testo che uscirà nel '18 con prefazione dell'amico Papini. Il romanzo, denso di riferimenti fortemente autobiografici, ricrea l'atmosfera parigina e ferrarese per poi concentrarsi nella seconda parte, nel capitolo intitolato "La partenza dell'Argonauta", al viaggio del soldato verso Salonnico, vissuto come un ritorno al mitico paese natale. Savinio s'identifica con Hermaphrodito, il figlio di Hermes e Afrodite che gli dei uniscono indissolubilmente alla ninfa Salmace, formando un corpo solo, contemporaneamente uomo e donna. Divinità inquietante, simbolo per eccellenza di ambiguità, Hermaphrodito racchiude in sé i due poli contrapposti ma complementari della mente umana, condizione privilegiata e indispensabile per la creazione artistica.
Fonte: http://www.istitutobalbo.it/autoindex/indice/Liceo%20Classico/Lezioni%20di%20storia%20dell%27Arte/1900/Avanguardie/savinio.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
Alberto Savino opere vita e biografia
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