Canaletto vita opere biografia
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CANALETTO
Giovanni Antonio Canàl, detto il CanaIétto, nasce a Venezia nel 1697 da una famiglia nella quale sia il padre sia, in seguito, uno dei fratelli, lavoravano quali scenografi e decoratori. La sua prima formazione artistica avviene pertanto sui modelli ormai consolidati di quel gusto rococò che, soprattutto nell'ambiente teatrale, aveva fatto dell'illusionismo prospettico uno dei generi artistici più diffusi e apprezzati.
Nel 1719 Canaletto è a Roma dove, oltre a esercitarsi nel dipingere alcune rovine "vedute dal naturale" ha modo di entrare in contatto con il vedutismo fiammingo, allora diffuso in Italia soprattutto grazie a Gaspard van Wittel, padre dell'architetto Luigi Vanvitelli.
A partire dagli anni Venti Antonio Canaletto, abbandonata la tradizione scenografica familiare, inizia la sua carriera di vedutista specializzandosi soprattutto in quei soggetti «veneziani» dei quali diventerà, nel giro di un decennio, il massimo e più stimato interprete.
Venezia, nonostante la crisi politico ‑ economica che la sta travolgendo, continua ad essere uno dei più importanti crocevia culturali d'Europa e l'arte del Canaletto si guadagna il favore della ricca e influente colonia inglese che abita nella città lagunare dei rapporti con la committenza inglese, affascinata dalla scientificità quasi illuminista delle vedute canalettiane, diventano sempre più stretti, tanto che nel 1746 l'artista si trasferisce a Londra da dove non ritornerà, salvo brevi interruzioni, che un decennio più tardi.
Definitivamente rientrato a Venezia (1756), il Canaletto continua a dedicarsi al vedutismo, che nel frattempo era diventato, proprio grazie al suo contributo, uno dei generi pittorici più diffusi.
La produzione dell'ultimo periodo risulta però meno fresca e spontanea di quella iniziale, in quanto spesso vengono riutilizzati in tele diverse scorci o personaggi appartenenti a lavori precedenti che, essendo riusciti particolarmente bene, finiscono per fornire un repertorio standardizzato, da riproporre quasi automaticamente a un pubblico orinai assuefatto a un determinato tipo di prodotto.
Nominato (non all'unanimità) membro d'onore dell'Accademia (1763), Canaletto è ormai un artista affermato ma non riscuote più il gran successo degli anni precedenti alla partenza per l'Inghilterra. Muore a Venezia, dopo un lungo e compassionevole male, il 20 aprile del 1768.
La prima attività veneziana dell'artista è testimoniata da un significativo Quaderno di disegni, oggi conservato alle Gallerie dell'Accademia, nel quale sono raccolte numerose vedute cittadine realizzate tra il 1728 e il 1730 con all'ausilio di una camera ottica portatile. Non si tratta pertanto di semplici schizzi, ma di rigorosi disegni prospettici preparatori mediante i quali il Canaletto studia e predispone realisticamente la struttura geometrica delle sue vedute.
Il Canaletto, pur provenendo da una famiglia di scenografi, tende a respingere ogni forma di rappresentazione che faccia riferimento solo a realtà illusorie, fantasiosamente deformate da un uso teatrale della prospettiva.
La diffusione sempre maggiore della cultura illuminista, con la conseguente volontà di privilegiare la razionalità e l'analisi scientifica, lo spinge infatti ad una riproduzione più naturale della realtà, priva delle correzioni ottiche e dei trucchi prospettici cari allo scenografismo della pittura rococò.
Nel Ritorno del Bucintòro al molo nel giorno dell'Ascensione, un olio databile intorno al 1729, i temi del vedutismo canalettiano appaiono già perfettamente precisati e compiuti.
Il dipinto descrive una delle feste più importanti e suggestive della tradizione veneziana e cioè quando, in occasione dell'Ascensione di Nostro Signore, veniva celebrato il simbolico sposalizio di Venezia con il mare. In tale occasione il doge saliva con tutte le magistrature della repubblica sul suo sontuoso bucintòro, nel quale erano invitati i rappresentanti del patriarcato della città e gli ambasciatori delle principali potenze straniere.
La nave si avviava lentamente al largo, scortata da centinaia di altre imbarcazioni minori in assetto da parata con a bordo i patrizi e i notabili della città, fra i canti e le grida dei barcaioli e dei gondolieri. Il momento più solenne della celebrazione si aveva quando il doge, fatto voltare il bucintoro con la poppa rivolta al mare aperto, gettava in acqua la preziosa vera benedetta, cioè l'anello nuziale con il quale annualmente si ripeteva lo sposalizio del Il mar sì come Fòmo sposa la dona per esser so signór".
Il momento raffigurato nella tela del Canaletto è quello dei ritorno del bucintoro al molo di Palazzo Ducale. Si noti innanzi tutto lo straordinario rigore con il quale l'artista descrive le architetture di Piazza San Marco, le cui perfette proporzioni risentono evidentemente di accurati studi preparatori mediante la camera ottica. Il risultato è quello di un realismo che, abbandonando ogni tentazione scenografica, considera le architetture come soggetti da rappresentare e non più come semplici fondali decorativi.
Le novità del Canaletto, comunque, non si limitano al puro elemento tecnico della restituzione prospettica. Grazie all'impiego appropriato di colori puri di tonalità chiara, l'artista riesce a simulare una luce estremamente tersa e razionale, in grado di scolpire con chiarezza e distinzione tutte le componenti della scena.
Osserviamo a questo riguardo le varie tipologie dei personaggi: si tratta di barcaioli, gondolieri, persone mascherate, semplici curiosi assiepati sulle rive. Pur essendo meticolosamente studiati negli atteggiamenti e altrettanto ben dettagliati nelle vesti, essi non cadono quasi mai negli eccessi descrittivi comuni a molta pittura fiamminga di tema analogo. Il dipinto, dunque, ha il pregio di poter essere ammirato sia nella sua globalità, percependo l'atmosfera gioiosa della gran festa collettiva, sia nei suoi particolari, godendo della freschezza e del naturalismo con il quale vengono individuate le varie figure.
Gli stessi concetti possiamo ritrovarli nel Molo con la Libretia e la Chiesa dega Salute sullo sfondo, databile intorno al 1735. In questo dipinto il Canaletto rappresenta un momento qualsiasi della vita di Venezia. 1 gondolieri anneggiano intorno alle loro imbarcazìonì, alcuni mercanti posizionano i propri banchi a fianco della Libreria, due bambini giocano in riva al molo, dei passanti si soffermano a chiacchierare. L'atmosfera è quella d'un mattino terso, con il sole che illumina nitidamente sia le architetture sia i personaggi. La consueta esattezza prospettica del disegno viene ulteriormente accentuata dalla chiarezza dei colori, come se osservassimo la scena non tanto dal vivo quanto piuttosto attraverso le limpide lenti di una camera ottica.
E proprio questa chiarezza descrittiva che rende famoso il Canaletto anche negli ambienti culturali di tendenza illuminista. Benché egli non fosse un intellettuale né impiegasse la prospettiva scientifica con particolari finalità ideologiche, cioè per dare una visione oggettiva e razionale della realtà, la sua pittura rappresenta un taglio netto nei confronti di tutta la precedente esperienza di gusto rococò. Messa da parte la fantasia interpretativa, egli attinge dalla realtà naturale e lo stupore dei suoi estimatori non sta nell'ammirazione delle arditezze prospettiche ma nel riconoscimento di vedute plausibili, come sarebbero potute apparire anche dal naturale. Il soggiorno in Inghilterra, quindi, non fa che rinvigorire ulteriormente la concezione canalettiana di una pittura tesa al rilievo oggettivo della realtà. Cambiano gli ediifici e i paesaggi, ovviamente, ma non cambiano l'atmosfera, sempre vivida e tersa, come dopo un temporale primaverile, né cambia la volontà di organizzare ogni veduta secondo le perfette ricostruzioni dalla camera ottica.
Fonte: http://www.istitutobalbo.it/autoindex/indice/Liceo%20Classico/Lezioni%20di%20storia%20dell%27Arte/1700/canaletto.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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