Affrontare le emozioni negative imparare ad aver pazienza
Affrontare le emozioni negative imparare ad aver pazienza
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Affrontare le emozioni negative imparare ad aver pazienza
Le emozioni
Le emozioni sono una componente fondamentale della vita umana. Ogni nostra giornata ne è piena: gioia, tristezza, paura, collera, vergogna... spesso si alternano e si sovrappongono, anche in un breve lasso di tempo. Per la loro importanza da sempre gli uomini se ne sono occupati: i filosofi, i poeti, i romanzieri, i musicisti e i pittori, e in tempi più recenti gli scienziati, soprattutto psicologi ed etologi.
Che cosa sono le emozioni
Definizione di emozione
Le emozioni sono stati mentali associati a modificazioni fisiologiche, attraverso cui entriamo in rapporto con l’ambiente; sono uno strumento mentale molto utile, al pari dell’intelligenza. In termini evolutivi la loro principale funzione consiste nel rendere più efficace la reazione dell'individuo a situazioni in cui è necessaria una risposta immediata (che non utilizzi cioè processi cognitivi ed elaborazione cosciente) ai fini della sopravvivenza. La parola emozione deriva dal latino emotus, che significa “smuovere”, “scuotere”: infatti l’emozione ci spinge ad agire.
Per i cognitivisti, a cui dobbiamo la teoria delle emozioni oggi più accreditata, ogni emozione è un processo interiore complesso, che passa attraverso più fasi e che parte sempre da un “antecedente”, cioè da un evento scatenante, che deve essere significativo per il soggetto coinvolto. Tale evento produce una reazione nella quale si possono distinguere aspetti cognitivi, fisiologici ed espressivi. Ad esempio, l’atteso incontro con la persona amata o una promozione sul lavoro provocano l’emozione della gioia, la quale presenta i seguenti aspetti: 1) il soggetto “sa” di essere felice (aspetto cognitivo della consapevolezza); 2) inoltre ha delle tipiche reazioni fisiologiche, come l’aumento della frequenza del battito cardiaco, la respirazione più veloce, la maggiore tensione del tono muscolare; 3) infine presenta alcuni tipici elementi espressivi, come il sorriso o la distensione dei lineamenti. Le emozioni sono violente e di breve durata, e vanno dunque distinte dagli stati d’animo (come ad esempio l’euforia, la malinconia, l’aggressività), che sono assimilabili all’umore e che sono “stabili”, poiché possono durare a lungo e non essere stati provocati da alcun evento scatenante.
Le emozioni fondamentali e le loro “famiglie”
Tuttora si discute se, tra le centinaia di emozioni osservabili negli uomini, ve ne siano alcune che possono essere definite “primarie”. Secondo lo psicologo statunitense Paul Ekman (nato nel 1934), che è il massimo studioso delle espressioni facciali e dei gesti comunicativi, esisterebbero 4 emozioni fondamentali, che gli uomini esprimono in maniera identica in tutte le culture: paura, collera, tristezza e gioia. Aggiungendo alle 4 emozioni universali descritte da Ekman l’amore, la sorpresa, il disgusto, la vergogna e l’invidia, si ottengono quelle che oggi sono considerate come le principali “famiglie” di emozioni (ad esempio, alla “famiglia” della collera appartengono la furia, lo sdegno, il risentimento, l’ira, l’irritazione ecc.).
Secondo una recente definizione di Robert Plutchik, invece, le emozioni primarie sono otto, divise in quattro coppie: 1) la rabbia e la paura; 2) la tristezza e la gioia; 3) la sorpresa e l'attesa; 4) il disgusto e l'accettazione. Altri autori hanno tuttavia proposto una diversa suddivisione. Secondo vari autori, dalla combinazione delle emozioni primarie derivano le altre (secondarie o complesse): l'allegria, la vergogna, l'ansia, la rassegnazione, la gelosia, la speranza, il perdono, l'offesa, la nostalgia, il rimorso, la delusione.
A che cosa “servono” le emozioni
Le emozioni possono avere un significato positivo anche quando a prima vista non sembra. Ad esempio, un’esplosione di rabbia, che può apparire un’emozione del tutto negativa, o uno “spreco” di energie, può essere più sana della sua repressione e, in certi casi, perfino costruttiva: negli animali è strettamente legata alla sopravvivenza, mentre negli uomini gli accessi di rabbia sono spesso la via per “liberarsi” di un senso di frustrazione, e possono talvolta costituire il punto di partenza per la ricomposizione di un conflitto. Ancora: il disgusto è utile perché ci aiuta a selezionare il cibo, allontanandoci da veleni e sostanze tossiche; la paura induce prudenza; la tristezza ha una funzione importante nel processo della cosiddetta “elaborazione del lutto”; l’imbarazzo si collega al giudizio che il prossimo formula su di noi e quindi, se non è eccessivo (perché in questo caso può incrinare la stima di sé), può essere una bussola nel nostro modo di rapportarci agli altri, orientandoci verso comportamenti socialmente accettati. Forse solo l’invidia, emozione molto diffusa, è totalmente negativa e antisociale; con un po’ di sforzo potremmo attribuirle una sola conseguenza non socialmente dannosa, consistente nell’emulazione di comportamenti positivi. In generale, dunque, possiamo affermare che le emozioni sono impulsi ad agire, cioè “piani d’azione” di cui la natura ci ha dotato per gestire in tempo reale le emergenze della vita. Quasi tutte le emozioni hanno pertanto un valore adattivo. Sotto questo punto di vista, la neurofisiologia ha dischiuso nuove e importanti prospettive: oggi sappiamo infatti che esiste un vero e proprio “cervello emotivo”, collocato in una sorta di “circuito” che unisce il talamo all’amigdala e che conduce da uno stimolo proveniente dall’ambiente a una risposta emotiva e comportamentale. Al di là dei tecnicismi, è importante comprendere che ogni nostra decisione e ogni nostro comportamento derivano da uno stimolo sensoriale che, una volta decodificato a livello cerebrale, provoca una reazione emotiva, quindi una elaborazione cognitiva e, infine, una risposta comportamentale (la più utile per la nostra sopravvivenza).
Caratteristiche delle emozioni
- Un’emozione è un processo. Un’emozione è una sequenza di cambiamenti, che ha inizio in seguito a un evento scatenante (antecedente), e che procede per un tempo più o meno lungo (da minuti a mesi), in maniera continua o a ondate, fino ad arrivare ad una conclusione.
- Ogni emozione comporta molteplici componenti (è multicomponenziale). In un processo emotivo, l’individuo viene interessato a tre livelli: cognitivo (pensiero), fisiologico, comportamentlae-espressivo (reazioni espressive spontanee e spinte ad agire).
- Le emozioni sono un sistema di monitoraggio dell’ambiente. Le emozioni sono suscitate da cambiamenti nell’ambiente che ci allertano e che finiscono quando la situazione è ritornata alla normalità. Le emozioni sono un sistema che avvisa la coscienza quando ci sono eventi per noi rilevanti che meritano di essere trattati con la dovuta attenzione.
Il processo emotivo
Avvio del processo emotivo: eventi scatenanti (antecedenti) > appraisal > emozioneChe cosa è in grado di scatenare un’emozione? All’origine di un’emozione c’è un antefatto (antecedente), che dipende da ciò che accade nella realtà e dalla nostra percezione delle cose. Il processo emotivo si innesca ogni volta che valutiamo (consapevolmente o inconsapevolmente) la realtà circostante non in sintonia con i nostri interessi, tanto da richiedere un maggior controllo sull’ambiente.Le emozioni sono la conseguenza di squilibri nell’appraisal, termine inglese introdotto da M.B. Arnold, con cui si indica il continuo monitoraggio di noi stessi e dell’ambiente teso a valutare se le situazioni sono in linea con i nostri fini (vedi fig.2 pag. 81). Esistono un appraisal consapevole e uno inconsapevole: il monitoraggio è in genere automatico e inconsapevole, ma a volte stimoli valutati inconsapevolmente possono arrivare alla coscienza e far scattare una valutazione consapevole. Le emozioni possono essere scatenate sia per effetto dell’appraisal consapevole che inconsapevole. Nel primo caso abbiamo un’emozione esplicita: dato che l’evento emotigeno (che ha generato l’emozione) è stato valutato dalla coscienza, sappiamo fin dall’inizio che cosa ci fa emozionare. Nel secondo caso invece c’è un’emozione implicita: l’emozione nasce senza che ce ne rendiamo conto e solo quando l’esperienza emotiva affiora alla coscienza cerchiamo di ricostruirne l’origine e di spiegarcela.A provocare lo squilibrio nell’appraisal è comunque un evento scatenante. Può trattarsi di eventi macroscopici (una vincita al superenalotto o un lutto), oppure di microeventi (un sorriso, una frase, uno sguardo, ecc.). Non necessariamente l’evento scatenante è reale. Spesso ci emozioniamo perché anticipiamo con l’immaginazione una situazione futura (andremo alla festa, probabilmente perderò il lavoro) o perché ci torna in mente un ricordo (una vittoria sportiva, la rottura di una relazione). Aiutano ad anticipare eventi futuri emotivamente carichi o a ricordarne di passati le associazioni (una galleria come quella dove ho avuto l’ansia, la musica di quella sera) e i simboli (una medaglia, un anello).Secondo Mandler gli eventi scatenanti sono ostacoli che possono impedirci di raggiungere una meta desiderata o imprevisti che incontriamo in un cammino che avevamo pianificato (ci siamo preparati tanto per un esame, poi però ci ammaliamo). Un’emozione può nascere però anche in assenza di ostacoli o di imprevisti: basta che ci sia la prospettiva di una meta fortemente desiderata (se mi sta molto a cuore superare l’esame, anche se non ci sono imprevisti, sarò comunque emozionato prima di farlo). A volte l’evento scatenante è semplicemente l’emozione manifestata da qualcun altro che ci contagia (come quando proviamo un senso di gioia o di tristezza vedendo un altro che manifesta gioia o tristezza). Dall’evento scatenante all’emozioneIl nesso tra tipo di evento e tipo di emozione non è così ferreo. Dinnanzi allo stesso fatto individui diversi possono reagire in modo diverso. Questo perché noi non reagiamo agli eventi in sé, ma agli eventi percepiti, ovvero agli eventi come noi li percepiamo e valutiamo. 1) Come prima cosa dobbiamo comprendere l’evento. Si è visto che ci serviamo di schemi evento-emozione, cioè di modelli interpretativi che da un lato rappresentano la struttura dell’evento, dall’altro l’emozione da provare (vedi fig. 3 pag 83). Molti schemi evento-emozione sono universali, cioè indipendenti dalla società e dalla cultura di appartenenza. Esistono però anche schemi specifici di determinate culture (emozioni etniche). 2) Successivamente, dobbiamo anche assegnare un peso all’accaduto, decidere quanto è importante per noi (per es. violare una certa regola sociale può essere gravissimo per una persona e di poco conto per un’altra).Reazioni fisiologicheNel processo emotivo si verificano cambiamenti fisiologici dell’organismo (possono interessare: pressione arteriosa, frequenza cardiaca, respirazione, diametro pupillare, movimenti oculari, ecc.). Si conoscono alcune configurazioni tipiche o pattern fisiologici delle emozioni (vedi fig. 4 pag. 85). Ad esempio nella rabbia e nella paura abbiamo un aumento significativo della frequenza cardiaca, con la differenza che la paura, diversamente dalla rabbia, si accompagna a marcato innalzamento della temperatura cutanea.Risposte comportamentaliLe emozioni spesso si accompagnano all’emissione spontanea di segnali non-verbali con i quali manifestiamo agli altri il nostro stato interiore. L’espressione delle emozioni nell’uomo ha il suo centro nevralgico nel viso: la mimica facciale e lo sguardo sono i principali sistemi di segnalazione dello stato emotivo. Sono importanti anche i movimenti delle mani e dei piedi, la postura, il comportamento spaziale e i segnali non verbali emessi con la voce. Tra questi ultimi ci sono i segnali prosodici che accompagnano il parlato (il tono della voce, la velocità dell’eloquio, il ritmo, la forza vocale, le enfasi, i fenomeni di durata) e i segnali paralinguistici, che si affiancano al linguaggio, come le esitazioni, le pause, gli urli. Le persone spesso dissimulano le emozioni, ma difficilmente riescono a mascherare completamente le reazioni espressive spontanee. Ci sono dei segnali per capire se una persona sta nascondendo un’emozione, per es. il fatto che evita il contatto visivo. A volte l’emozione dissimulata viene segnalata da espressioni di brevissima durata (una smorfia, un’occhiata aggressiva, un’espressione triste di qualche secondo). Inoltre, le espressioni contraffatte adoperate per coprire quelle spontanee si riconoscono per fini dettagli, come la durata non tipica o l’eccessiva staticità.Ci sono culture dove le emozioni si esternano di più ed altre dove si esternano di meno (per es. i giapponesi in pubblico tendo a dissimulare le emozioni negative, mentre gli statunitensi non hanno difficoltà ad esternarle).
L’esperienza emotiva
Il controllo delle emozioni
Non sempre diamo libero sfogo alle nostre emozioni, spesso ci troviamo nella condizione di voler o dover esercitare un controllo su di esse.
1) Spesso le emozioni vengono controllate per ragioni sociali (ad es. lo sfogo della collera può esporre alla ritorsione degli altri). La maggior parte delle volte controlliamo le emozioni in base alla loro natura: si tende a evitare emozioni spiacevoli e a ricercarne di piacevoli (motivazione edonica). 2) Per controllare le emozioni spesso prendiamo decisioni (es. decidiamo di immergerci nel lavoro per scacciare un dispiacere). 3) Altre volte ricorriamo al pensiero (riflettiamo su noi stessi e sulla situazione per vedere le cose in un modo da farci provare emozioni positive). 4) C’è anche un controllo basato sul conforto sociale, in cui sono gli altri ad aiutarci a controllare le nostre emozioni.
La comunicazione delle emozioni
Le emozioni vengono comunicate in parte intenzionalmente (per scopi precisi), altre volte in modo involontario, attraverso reazioni espressive spontanee. Quali effetti produce la comunicazione delle emozioni? 1) Relativamente frequente è il contagio emotivo: l’emozione manifestata dall’emittente suscita un’emozione simile nel ricevente (al sorriso rispondiamo con il sorriso e proviamo una gioia simile a quella che deve aver provato la persona che sorrideva). Si tratta di un’imitazione automatica e involontaria, probabilmente innata (favorisce la reciproca accettazione degli individui e l’armonia sociale). 2) A volte si attivano emozioni complementari: l’emittente manifesta un’emozione e il ricevente ne prova un’altra che facilita l’instaurarsi di un rapporto sociale di protezione, di aiuto, ecc. (l’ostentazione di emozioni infantili di gioia e sorpresa è un espediente spesso utilizzato, specie dalle donne, per suscitare negli altri sentimenti complementari di simpatia, affetto e protezione). 3) Comunicare le emozioni serve anche alla presentazione di sé e a esercitare un controllo sulle relazioni (vedi intelligenza emotiva).
L’intelligenza emotiva
Verso la metà degli anni Novanta del Novecento, alcuni autori statunitensi, come Peter Salovey e Daniel Goleman, hanno diffuso la nozione di “intelligenza emotiva” e sottolineato l’importanza di un’educazione emotiva per valorizzare le proprie caratteristiche, avere successo nella vita sociale e professionale e prevenire la depressione. Dal punto di vista del rapporto con le proprie emozioni, secondo questi studiosi si possono distinguere 3 tipologie di individui: 1) i sopraffatti: tipi volubili, che, non totalmente consapevoli dei propri sentimenti, vi si “perdono”, incapaci di mettere in atto un atteggiamento distaccato. Non avendo controllo sulla propria vita emotiva e non riuscendo a sfuggire agli stati d’animo negativi, sono spesso sopraffatti dalle emozioni, che li “immobilizzano” nelle scelte concrete; 2) i rassegnati: pur essendo consapevoli dei propri stati d’animo (positivi e negativi), sono poco motivati a mettersi in gioco e a cercare di modificare il proprio comportamento. Essi tendono pertanto ad assumere un atteggiamento del tipo laisser faire, passivo e fatalista; 3) gli autoconsapevoli: hanno le idee chiare sulle proprie emozioni e questo rafforza gli aspetti caratteristici della loro personalità. Sono autonomi, sicuri delle proprie capacità come dei propri limiti, ottimisti. Godono di una buona salute psicologica e sanno gestire gli stati d’animo grazie all’attenzione che prestano alla loro vita interiore. Secondo Salovey, la persona “emotivamente competente” si distingue perché possiede 5 ben precise caratteristiche:
- in primo luogo l’autoconsapevolezza, poiché il prerequisito fondamentale per gestire la sfera emotiva è quello di conoscerla;
- in secondo luogo la capacità di controllo sulle proprie emozioni;
- poi l’empatia, cioè la capacità di riconoscere le emozioni altrui;
- la motivazione e la stima in se stessi;
- infine la capacità di gestire le relazioni sociali.
Pertanto l’identikit della persona dotata di intelligenza emotivo-sociale (ESI, Emotional-Social Intelligence) potrebbe essere il seguente: La persona ESI è capace di percepire, comprendere e accettare se stessa. Gestisce e controlla efficacemente le proprie emozioni, esprimendole chiaramente e comunicandole in modo assertivo. Ha fiducia in se stessa ed è emotivamente indipendente dagli altri, poiché si impegna nel conseguimento degli obiettivi personali, realizzando il proprio potenziale. Consapevole di ciò che gli altri provano, è in grado di identificarsi con il gruppo di appartenenza stabilendo delle relazioni interpersonali soddisfacenti. Unisce a un lato senso di responsabilità sociale un atteggiamento cooperativo ed empatico. La sua analisi della realtà è chiara e oggettiva; è flessibile nell’adattare pensieri e sensazioni alle nuove situazioni. Risolve in modo efficace i problemi di natura personale e interpersonale. Ha un atteggiamento ottimistico e coglie sempre gli aspetti positivi degli avvenimenti, felice e contenta di se stessa, degli altri e della vita.
Per alcuni consigli bibliografici visita il sito http://scienzeumane.wordpress.com/tag/emozioni/
Fonte: http://doceo.pbworks.com/w/file/fetch/50776149/Le%20emozioni.doc
Sito web da visitare : http://doceo.pbworks.com/
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
COME CONTROLLARE LE EMOZIONI NEGATIVE
Le nostre emozioni ci guidano nell’affrontare situazioni e compiti troppo difficili e importanti perché possano essere affidate al solo intelletto, nel senso che ogni emozione ci guida all’azione in modo caratteristico, ci orienta in una direzione già rivelatasi proficua per superare le sfide ricorrenti della vita umana. Ma ciò non significa che dobbiamo lasciar loro il compito di gestire la nostra vita. Le emozioni senza controllo sono come dei cavalli senza briglie: non riescono a condurci in nessun luogo da noi desiderato e possono addirittura farci correre gravi rischi.
Il saper controllare le proprie emozioni è alla base del benessere psico-fisico; i sentimenti estremi – emozioni che diventano troppo intense o durano troppo a lungo – minano la nostra stabilità. E’ normale e sano provare sentimenti negativi quali rabbia, ansia, tristezza; tali sentimenti possono diventare guide preziose per noi e spingerci a prendere le decisioni più opportune, ma è fondamentale che i sentimenti negativi molto intensi non sfuggano al controllo spazzando via tutti gli stati d’animo piacevoli.
Il nostro sistema nervoso non ci consente di ‘prevedere’ quale emozione ci travolgerà e in quale momento ciò avverrà, però ci mette in grado di controllare la durata dell’emozione che ci ha travolto. Innanzitutto, nel momento in cui ci sentiamo travolti da un’emozione è fondamentale riconoscere se siamo in grado di dominarla da soli o abbiamo bisogno di aiuto. Potremmo aver bisogno di colloqui con uno psicoterapeuta, di assumere dei farmaci per un periodo, o di entrambe le cose. Se così fosse, non esitiamo a rivolgerci ad un professionista che possa aiutarci, ne va del nostro benessere attuale e futuro. Se l’emozione che ci pervade è blanda e non interferisce in maniera significativa con lo svolgimento delle nostre attività quotidiane (famiglia, lavoro, tempo libero) probabilmente possiamo cavarcela benissimo da soli utilizzando alcune strategie..
Fonte: citazione da http://www.luigimastronardi.it/doc/le%20tecniche/emozioni%20negative.doc
Autore : Luigi Mastronardi
Sito web da visitare: http://www.luigimastronardi.it/
Affrontare le Emozioni Negative
Tutti noi sappiamo di provare sia emozioni positive che emozioni negative. Non appena sentiamo le parole amore, gentilezza, generosità, le riconosciamo subito come emozioni positive, mentre quando sentiamo parlare di odio, collera, gelosia, depressione, le riconosciamo subito come emozioni sgradevoli.
Dal punto di vista del Buddha è possibile trasformare le nostre menti. Possiamo apprendere a conoscerci meglio, ad osservare la nostra mente e ad acquisire una grande familiarità con ciò che vi si trova.
Il motivo di ordine sostanzialmente pratico che ci spinge a intraprendere questo genere di impresa è che, innanzitutto, ci renderà più felici, e noi sappiamo bene che vogliamo essere felici e, in secondo luogo, semplificherà le nostre relazioni con gli altri.
Lavorare con le emozioni, passo per passo
Noi, di solito, soffochiamo i nostri sentimenti oppure li sbattiamo in faccia agli altri. L’approccio buddhista è di ordine pratico: per nostra, e altrui, fortuna, come abbiamo detto prima, esiste una terza opzione!
Il metodo buddhista di affrontare le emozioni implica il riconoscere di provarle e, quindi, lavorarci sopra.
1. Riconoscere e identificare le emozioni
A volte la nostra mente somiglia ad una giungla fitta di pensieri ed emozioni distruttivi: non è semplice capire veramente cosa bolle in pentola. Con consapevolezza, onestà e intelligenza selettiva, possiamo cominciare a identificare cosa è cosa: “Quella è collera; quello è desiderio; quella è paura” e così via. Una volta che sappiamo contro cosa dobbiamo schierarci, possiamo scegliere i metodi appropriati.
2. Avere un atteggiamento sano ed equilibrato rispetto alle nostre emozioni
Gli atteggiamenti da evitare comprendono il senso di colpa, l’odio verso se stessi o l’autocondanna. Inoltre, dobbiamo smetterla di identificarci con l’emozione, per esempio: “Io sono la mia rabbia”, perché questo ci porta ad esserne ossessionati e a recitare questa parte. Possiamo evitare tutto ciò grazie alla consapevolezza che le afflizioni mentali sono impermanenti, vanno e vengono nella nostra mente come nuvole nel cielo e inoltre, non sono la nostra vera natura.
Secondo il Buddha, la vera natura della nostra mente è pura, libera dalle afflizioni mentali, come un cielo limpido e senza nuvole.
3. Lavorare con l’emozione durante la meditazione, usando uno o più antidoti
Se nella nostra mente si trovano contemporaneamente molte emozioni distruttive diverse, la cosa migliore è iniziare da quella più potente e più molesta: non cercate di affrontarle tutte in blocco! Una volta che siete riusciti ad ottenere un po’ di controllo sulla più ingombrante, allora potete procedere con quella che viene subito dopo in ordine di grandezza.
Antidoti generali per le emozioni
1. Presenza mentale o consapevolezza di sé
Quando riusciamo ad essere coscienti del sorgere di un’emozione nella nostra mente, per esempio la collera, allora possiamo averne controllo e affrontarla in maniera più efficace. A volte potremmo riuscire semplicemente a lasciarla andare. Inoltre, grazie ad una pratica costante della meditazione, la nostra mente sarà più calma e sarà meno propensa a reagire alle situazioni in maniera emotiva.
2. Ricordare la natura della mente
La mente è chiara, non è materiale: è un flusso di eventi mentali che sorge e svanisce. Questi eventi mentali – pensieri, emozioni, ecc. – sono impermanenti: appaiono e scompaiono, vanno e vengono, non sono entità fisse e permanenti. Può risultare efficace immaginare che siano nuvole che vanno e vengono nel cielo, simili a sogni, simili ad arcobaleni, paragonabili al flusso e riflusso delle onde nel mare. Inoltre, è di grande aiuto imparare a non identificarsi con le emozioni: per esempio, invece di pensare “Sono arrabbiato”, pensate “La rabbia è nella mia mente”, in questo modo riduciamo il controllo che le emozioni hanno su di noi e così possiamo affrontarle in maniera più distaccata.
3. Sospendere il giudizio
Certi pensieri e certe emozioni ci piacciono mentre altri non ci piacciono. Questo conduce rispettivamente all’attaccamento/adesione e all’avversione/rifiuto. La nostra mente, quando è in preda all’attaccamento e all’avversione, non è pacifica. Piuttosto che questo, la cosa migliore da fare è coltivare un senso di equanimità: una consapevolezza non-giudicante e amorevole che accetta tutto ciò che sorge nella mente.
4. Fare un’analisi della realtà
Esplorate il concetto di “IO” che si nasconde dietro l’emozione: è qualcosa di concreto, che esiste per forza propria, indipendentemente, dalla propria parte? E’ qualcosa che potete localizzare nel vostro corpo o nella vostra mente? Che cosa è con esattezza?
Un’altra alternativa possibile è quella di esaminare l’oggetto per il quale stiamo provando quella particolare emozione: esiste proprio nel modo in cui ci appare oppure è possibile che ne stiamo avendo una percezione distorta ed erronea?
5. Pensare che i problemi degli altri sono simili ai nostri
Quando ci troviamo a sperimentare una difficoltà emotiva, tendiamo a divenirne ossessionati come se fossimo le uniche persone nell’intero universo ad avere problemi del genere. E’ ovvio che non è così; inoltre, questo modo di pensare rende il problema ancora più grave di quanto realmente sia. Perciò, è utile ricordare a noi stessi che ci sono molte altre persone che hanno un problema uguale o simile al nostro e che alcune persone hanno problemi di gran lunga peggiori dei nostri. Questo riduce il problema dalle dimensioni di una montagna a quelle di un sassolino, così è più facile da sopportare e ci aiuta anche ad essere più compassionevoli nei confronti degli altri.
Antidoti per la Collera
Nella maggior parte dei casi la nostra collera è diretta verso altre persone, ma possiamo anche prendercela con noi stessi o con oggetti inanimati. La collera spazia da una sensazione di irritazione provocata, per esempio, dal modo in cui qualcuno beve il tè, all’odio intenso che induce alla violenza fisica o, addirittura, ad uccidere.
La collera è l’esatto opposto della pazienza, della tolleranza, della compassione e dell’amore. E’ una concezione distorta, una maniera sbagliata di reagire alle situazioni, un’afflizione mentale: ci causa solo problemi e infelicità e non produce il risultato che speravamo di ottenere. Disturba la mente e ci porta a fare del male agli altri, sia con le azioni che con le parole: non è un modo di reagire intelligente ed efficace, in nessuna circostanza.
La pazienza, l’opposto della collera, è uno stato mentale di gran valore perché ci permette di accettare le difficoltà riducendo la sofferenza al minimo. Ma bisogna imparare ad avere pazienza e per svilupparla è necessario applicare gli antidoti per la collera.
L’approccio più efficace è riconoscere la collera o l’irritazione nel momento in cui sorge e affrontarla mentre si trova ancora all’interno della mente. Coglierla immediatamente non appena sorge è già di per sé sufficiente per far sbollire una buona parte dell’energia di collera. Dopodiché dovremmo esaminare l’emozione da diversi punti di vista: da cosa è stata causata? Che cosa speravamo di ricavarne? Come vediamo la situazione? Se abbiamo una comprensione chiara della collera, possiamo tenerla a bada con più risolutezza, perché nel momento in cui ci rendiamo conto di quanto sia insensata, abbiamo meno probabilità di restarne coinvolti.
La collera distorce il nostro modo di percepire le cose. Così, dopo averla analizzata, dovremmo applicare un antidoto, come uno dei metodi esposti qui di seguito, per volgere la mente verso una prospettiva più corretta e più realistica. Però, non è cosa facile. L’energia della collera è davvero intensa e noi non siamo abituati a tentare di controllarla o di trasformarla.
E’ utile applicare ripetutamente questi metodi durante la meditazione, lavorando con le esperienze di collera realmente vissute o con situazioni immaginate; in seguito, quando la collera si presenta nelle nostre relazioni quotidiane, possiamo riportare alla mente qualsiasi intuizione maturata durante le sessioni di pratica e possiamo cercare di sottrarci dal solito vecchio e familiare cliché di arrabbiarci.
Non ci riusciremo ogni volta, è ovvio. A volte, passano addirittura minuti, ore o giorni, prima che ci rendiamo conto di esserci arrabbiati e di aver fatto del male a qualcuno! Ma non è mai troppo tardi per porvi rimedio. Sedetevi, richiamate alla mente la situazione, individuate che cosa è andato storto e cercate di farvi un’idea di come evitare di commettere nuovamente lo stesso errore. Questo genere di analisi è utile anche nel caso di problemi che risalgono a tanto tempo fa. Non è il caso di demoralizzarsi se la collera continua a sorgere con violenza: ci vuole tempo per troncare le abitudini incallite. Ciò che è importante è volere lavorarci sopra e provare a farlo.
1. Contemplate i limiti o svantaggi della collera, in tal modo vi convincerete di quanto è nociva e niente affatto utile e, di conseguenza, non vorrete assecondarla. In primo luogo, considerate gli effetti immediati della collera sulla mente e sul corpo. Come vi sentite quando siete arrabbiati? La vostra mente è pacifica e felice, oppure disturbata e insoddisfatta? Riuscite a pensare con chiarezza, a prendere decisioni sensate, oppure i pensieri si fanno confusi e sconnessi? E quali sono gli effetti sul vostro corpo? Vi sentite calmi e rilassati, oppure agitati e tesi? Studi scientifici hanno dimostrato che la collera è una causa rilevante di certi problemi di salute, quali disturbi cardiaci e cancro, ed è anche causa di morte prematura.
Quali sono gli effetti della vostra collera sulle persone che vi circondano? Se manifestate la collera con parole e azioni, cosa ne risulta? Potrebbe portarvi a fare del male alle persone che amate e a compromettere le relazioni affettive. Ma anche la collera diretta verso i vostri “nemici” - quelli che, secondo voi, il male se lo meritano - potrebbe ricadervi addosso in un secondo momento. E allora vi sembra questo il modo più saggio di affrontare i “nemici”?
Oltre a ciò, la collera produce effetti più sottili, meno evidenti, sulla nostra psiche. In termini di karma, ogni istante di collera lascia nella mente impronte che produrranno esperienze dolorose in futuro: ulteriore sofferenza. Inoltre, distrugge gran parte del karma virtuoso accumulato a costo di un duro lavoro. La collera è uno degli ostacoli maggiori per coltivare le qualità positive come amore, compassione e saggezza, e per fare progressi lungo il sentiero spirituale…
Riconoscete gli effetti nocivi della collera, determinatevi a non permetterle di invadere la vostra mente e imparate, piuttosto, come fare a disinnescarla.
2. Coltivate la gentilezza amorevole. E’ possibile svilupparla attraverso la contemplazione di pensieri quali: “Possano tutti gli esseri stare bene ed essere felici.” Se acquisiamo familiarità con la gentilezza amorevole e lasciamo che la nostra mente ne sia impregnata, la collera tenderà a sbollire in maniera del tutto naturale.
3. Ricordate il karma, causa ed effetto. Se qualcuno vi fa del male in qualche modo - comportandosi in maniera prepotente oppure ostile, ingannandovi o derubandovi, oppure danneggiando cose che vi appartengono - e, secondo voi, non avevate fatto niente per meritarlo, riconsiderate la situazione. Dal punto di vista del Buddhismo, qualsiasi disgrazia ci capiti è il risultato di azioni nocive che abbiamo compiuto nel passato, in questa vita oppure in vite precedenti.
Raccogliamo quel che abbiamo seminato. Quando riusciremo a vedere i nostri problemi sotto questa luce, la nostra capacità di accettarli aumenterà e ce ne assumeremo la responsabilità, invece di scaricare la colpa sugli altri.
Per di più, non appena comprendiamo che, infuriandoci e vendicandoci, non facciamo altro che porre le cause per sperimentare ulteriori problemi in futuro, saremo determinati a essere più pazienti e a stare più attenti al karma che creiamo.
4. Mettetevi al posto degli altri: provate a guardare la situazione dal loro punto di vista. Cosa li spinge a comportarsi così? Sono in uno stato mentale pacifico e felice, oppure confuso, meschino e fuori d’ogni controllo? Sono esseri umani proprio come voi, con problemi e preoccupazioni, anche loro cercano di essere felici e di trarre il meglio dalla vita. Ripensate alle vostre stesse esperienze, alle vostre manifestazioni di collera e di villania, così avrete un’idea più precisa di come se la stanno passando gli altri.
Inoltre, considerate: che tipo di risultato ci sarà se continueranno ad agire seguendo criteri ingannevoli? Saranno felici e soddisfatti, oppure stanno solo creando le condizioni per ulteriori guai e sofferenza?
Se comprendiamo a fondo la confusione e il dolore degli altri, saremo meno propensi a reagire rabbiosamente - cosa che non farebbe altro che accrescere la loro sofferenza - e saremo più propensi a guardarli con compassione.
Considerate la persona oggetto della vostra collera come se fosse uno specchio. Verificate: che cosa non vi piace dell’altra persona o per quale motivo provate rancore nei suoi confronti? Poi domandatevi: “E’ qualcosa che esiste anche dentro di me?” Qui si considera l’ipotesi che ciò che non ci piace degli altri è qualcosa che non ci piace di noi stessi: la soluzione è quella di sviluppare una maggiore accettazione dei nostri stessi difetti e di diventare meno giudicanti.
E’ più probabile che la collera sorga nella nostra mente quando siamo infelici o insoddisfatti. Se vi accorgete di irritarvi e di infuriarvi anche per un nonnulla, sedetevi e verificate che cosa sta succedendo negli strati più profondi della vostra mente. Vi si annidano pensieri tristi e ipercritici relativi a voi stessi o ad aspetti della vostra vita?
Vi state concentrando maggiormente sul lato negativo delle cose piuttosto che su quello positivo? Se è così, allora la meditazione sulla preziosità della vita umana costituisce un ottimo rimedio. Ci sono aspetti positivi che riguardano voi e la vostra vita e, se vi prestate maggiore attenzione, la vostra mente sarà più felice e appagata e sarà meno probabile che reagiate con rabbia anche quando si verificano problemi più gravi.
Le situazioni difficili sono in genere le più proficue in termini di crescita spirituale. Così, una persona che desta la nostra collera ci sta offrendo un’occasione per imparare che abbiamo ancora molto lavoro da fare. Potremmo credere di aver fatto molta strada per quel che riguarda la comprensione e il controllo della nostra mente e che adesso siamo sufficientemente pacifici, invece, ecco che, tutt’a un tratto, sorge la collera! Allora, ne consegue che quando gli altri ci fanno infuriare, ci stanno offrendo l’occasione di servirci della nostra conoscenza e di far crescere la nostra pazienza.
Contemplate tutto ciò e consolidate la decisione di comprendere la collera, portandola sotto controllo e imparando a reagire invece con pazienza. Sarà di beneficio per voi stessi e per gli altri.
Riflettete sulla morte. Dal momento che la morte potrebbe arrivare in qualsiasi momento, è illogico rimanere aggrappati alle differenze con gli altri. Morire con strascichi di collera non risolta crea il caos nella mente e rende impossibile una morte serena. Anche l’altra persona potrebbe morire in qualsiasi momento. Come vi sentireste se ciò accadesse prima che siate riusciti a chiarire i problemi tra voi?
Non c’è dubbio che voi stessi, l’altra persona e la vostra relazione siano cose destinate a finire. Alla luce di ciò, i problemi sono davvero così importanti? Valgono l’angoscia e l’infelicità che ci causano?
9. Tutti i metodi fin qui presentati implicano la meditazione volta ad affrontare la collera per conto nostro; ma è anche possibile risolvere un conflitto dialogando con l’altra persona. Però, in questo caso, bisogna agire con molta cautela. In primo luogo, dobbiamo valutare la disponibilità dell’altra persona al dialogo e se questo dialogo potrebbe produrre risultati positivi. In secondo luogo, dovremmo esaminare molto attentamente la nostra motivazione: vogliamo davvero appianare le nostre differenze con questa persona e arrivare ad una migliore comprensione reciproca, oppure vogliamo soltanto esprimere la nostra irritazione o magari vincere la battaglia?
Se iniziamo a discutere il problema con il desiderio di ferire l’altro oppure con aspettative e pretese, la comunicazione non funzionerà. Perciò, è necessario che le nostre intenzioni siano molto chiare e che siamo davvero sinceri e onesti nell’esprimere i nostri sentimenti. Questo genere di comunicazione aperta è potentissimo e può trasformare i nemici in amici.
Ovviamente, a volte siete talmente infuriati che l’ultima cosa che desiderate fare è sedervi a meditare! Come minimo, allora, dovreste cercare di evitare di rimanerne completamente coinvolti e di parlare aspramente o diventare violenti. Potreste escogitare qualche metodo per dar sfogo alla vostra energia senza fare del male all’altra persona, o potreste provare a diventare assolutamente insensibili, come foste fatti di pietra o di legno, finché la collera non sbollisce. In un secondo momento, quando la mente si sarà calmata, potrete meditare sul problema e applicare uno degli antidoti.
Un problema che si ripresenta con una certa frequenza, per esempio vi arrabbiate spesso con le persone con le quali vivete o lavorate, può essere affrontato con maggiore efficacia se riconsiderate la situazione nel corso della meditazione e programmate cosa dire e fare la prossima volta che capita. In questo modo, sarete più preparati e sarà meno probabile che siate colti alla sprovvista.
Queste note sono state messe insieme da ven. Sangye Khadro che le ha attinte da diverse fonti appartenenti alla tradizione tibetana. L’autrice ne ha gentilmente concesso l’uso. Leggera revisione di ven. Lobsang Tönden.
Fonte: http://www.sabsel.com/docs/Affrontare%20le%20Emozioni%20Negative%20(intro_%20anger).doc
Sito web da visitare: http://www.sabsel.com/docs/
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