Arboricoltura generale appunti

 

 

 

Arboricoltura generale appunti

 

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Arboricoltura

 

COS’E L’ARBORICOLTURA DA LEGNO CON LATIFOGLIE DI PREGIO

L‘arboricoltura è la disciplina che si occupa della coltivazione di alberi realizzata per ottenere specifici benefici. Al termine arboricoltura si usa affiancare un aggettivo che individua l’obiettivo per cui gli alberi vengono coltivati. Spesso in arboricoltura si hanno obiettivi specifici ed esclusivi; nel caso di arboricoltura da frutto si punta esclusivamente ad ottenere frutti mentre nell’arboricoltura ornamentale ci si preoccupa dell’effetto estetico delle piante. In arboricoltura dal legno invece si punta a produrre legno mentre altri benefici aggiuntivi si ottengono come effetto scia, quindi senza che per essi si faccia nulla di specifico ne in fase progettuale ne durante la conduzione dell’impianto. Perciò si può parlare di arboricoltura da legno quando la coltivazione degli alberi è esclusivamente finalizzata alla produzione di legno, come peraltro risulta dalle definizioni contenute nel Decreto Legislativo n° 227 del 2001 e in molte Leggi Regionali. Se la coltivazione degli alberi non puntasse esclusivamente alla produzione di legno ma ad esempio anche allo stoccaggio di CO2, alla fitodepurazione o alla produzione di frutti non si dovrebbe più parlare di arboricoltura da legno ma di arboricoltura multifunzionale. In questo video parleremo di arboricoltura da legno ed in particolare della potatura delle latifoglie per ottenere legname di pregio.

 

Perché, come e quando potare

Quando si coltiva un albero con lo scopo di ottenere legname di pregio, si punta ad ottenere da ciascuna pianta un tronco lungo quanto consentono le caratteristiche dell’appezzamento, del clima e del vigore della pianta, dritto e poco rastremato cioè con un diametro il più possibile costante dalla base al punto di inserzione  della chioma e con un cilindro centrale contenente nodi e anomalie il più piccolo possibile. Nel disegno si può notare il fusto di una pianta adulta con all’interno il cilindro centrale che corrisponde al fusto che la pianta aveva al momento in cui è terminata la potatura. Nelle due sezioni di tronco di queste immagini sono evidenti i nodi e le cicatrici presenti nel cilindro centrale; quello a sinistra potrà essere tranciato, mentre quello a destra potrà dare origine solo a segati di scarsa qualità. Le latifoglie di pregio se non vengono potate o condizionate dalla competizione con altri alberi o arbusti tendono a produrre tronchi corti molto rastremati e con rami grossi inseriti in basso. La potatura eliminando i rami giusti al momento giusto condiziona la forma della pianta e consente di produrre tronchi più lunghi meno rastremati con nodi e cicatrici raccolti nel cilindro centrale più o meno piccolo. Sentiamo cosa ha da dirci l’esperto di potatura per quanto riguarda la tecnica.
Come si può notare qui sono stati portati via i rami lasciando dei moncherini molto evidenti; questo comporterà la presenza di nodi passanti nel materiale da opera risultante che noi ci prefiggiamo di ottenere. Quindi la prima cosa da ribadire è la corretta impostazione del taglio. E’ importante che il taglio sia più possibile parallelo all’asse del fusto e più possibile vicino al fusto stesso rispettando sempre o cercando di rispettare questo cercine il quale cercine provvederà poi alla chiusura esterna della ferita. Quindi un taglio impostato correttamente dovrebbe essere effettuato in questo modo. Come si nota il taglio è parallelo all’asse del fusto e più possibile vicino allo stesso; non abbiamo presenza di un moncherino e il cercine è stato rispettato. È importante rispettare il cercine perché poi da questo cercine si originerà la chiusura esterna della ferita. Mentre la chiusura della ferita avviene anche internamente con la compartimentazione dei vasi in tempi abbastanza brevi la chiusura esterna della ferita avviene in tempi molto più lunghi che possono superare anche l’anno. È importante che questa avvenga nel modo più rapido ed omogeneo possibile e questo avverrà soltanto se noi rispettiamo nella sua interezza questo cercine senza lederlo, senza eliminarlo. Ribadisco sempre che è un errore lasciare in arboricoltura da legno uno sperone o un moncherino perché andrà comunque in necrosi e verrà inglobato poi durante l’accrescimento diametrico dal fusto stesso e ciò comporterà poi la presenza di nodi passanti che sono un grandissimo difetto e che impediscono il più delle volte l’utilizzo di questo materiale come legname da trancia che è quello più remunerato e che deprezza notevolmente il materiale anche se viene utilizzato come materiale da sega.
Per quanto riguarda invece i periodo in cui può essere effettuata la potatura se si interviene durante il riposo vegetativo preferibilmente tra fine inverno inizio primavera in genere sarà possibile ottenere una cicatrizzazione delle ferite relativamente rapida ma sarà necessario controllare i ricacci che molto probabilmente verranno emessi in prossimità dei tagli. Tali ricacci dovranno essere eliminati con uno o più passaggi non appena emessi. Se invece si potano le piante nella tarda primavera o inizio estate la cicatrizzazione sarà più lenta e si potranno provocare colorazioni anomale del legname ma il rischio di emissione di ricacci sarà ridotto notevolmente.

 

L’analisi della pianta

Quando si coltiva un albero con lo scopo di produrre legname di pregio di deve tenere conto del fatto che la sua forma e quindi anche il pregio del suo fusto sono fortemente condizionati dal patrimonio genetico, dalla qualità vivaistica delle piantine, dalle caratteristiche del terreno, dal microclima dell’appezzamento, dall’influenza delle piante vicine, dagli interventi colturali e da eventuali danni dovuti al clima o a patogeni. La potatura è l’ultima perturbazione che l’albero subisce e per questo deve essere ben calibrata, in modo da condizionarne la forma senza provocarne eccessivi stress. Perciò per decidere se è il caso di potare, ed in caso affermativo per scegliere la tecnica e l’intensità dell’intervento, è prima necessario analizzare la forma, o meglio la struttura architettonica di ciascuna pianta. La tecnica ed intensità di potatura possono infatti variare da pianta a pianta e nell’ambito della stessa pianta può essere necessario potare in maniera diversa da un anno all’altro.
La struttura architettonica è l’insieme di fusto e chioma e in essa è utile osservare la lunghezza del fusto attuale senza rami e la profondità o l’altezza della chioma, la lunghezza del fusto potenziale, la lunghezza delle cacciate dell’ultimo anno, la lunghezza della cacciata apicale la qualità della gemma apicale, la presenza di bruschi restringimenti nel diametro del fusto detti “Collo di bottiglia”, causati dalla presenza di grossi rami. Ognuno di questi elementi fornisce utili indizi sulle condizioni di vigore della pianta, sul tipo di potatura che è possibile effettuare e sull’intensità di intervento opportuna. La lunghezza del fusto privo di rami detto “Fusto reale” se messa in rapporto con la profondità della chioma aiuta a capire se negli anni precedenti la pianta ha subito potature poco, mediamente o molto intense. Il “Fusto potenziale” indica la lunghezza massima del fusto che potrebbe essere in grado di produrre legname di pregio. La presenza di un “Collo di bottiglia” indica un punto in cui la pianta potrebbe impalcare la chioma e contemporaneamente un punto di debolezza che se possibile deve essere ridotto o eliminato con opportune potature. La lunghezza delle cacciate di un anno di età da indicazioni sulla vigoria della pianta sulla sua capacità di sopportare o meno elevate intensità di potatura e/o sulla necessità di eliminare rami che rischiano di raggiungere diametri eccessivi prima del successivo intervento. Nei primi anni di potatura fino a che la pianta non ha superato almeno i 250 cm di altezza è importante valutare il vigore della cacciata apicale cioè la lunghezza e la robustezza dell’ultimo accrescimento del fusto in altezza. È un parametro importante soprattutto perché sulla cacciata apicale si svilupperà la futura chioma dell’albero. La qualità della gemma apicale indica la possibilità che la pianta nella stagione vegetativa successiva possa produrre o meno una cacciata apicale vigorosa. Cessa di essere importante quando è stata superata l’altezza voluta. L’analisi della pianta è molto importante, tuttavia per potare bene è necessario conoscere le tecniche che consentono di ottenere i risultati attesi a seconda della specie arborea su cui ci si trova ad intervenire. Per intervenire correttamente sulle latifoglie di pregio infatti non è sufficiente saper potare il pioppo e tanto meno le piante da frutto. Inoltre in genere non tutti gli alberi dell’impianto vanno potati. Si interviene soltanto sulle piante principali cioè su quelle che dovranno produrre i “Tronchi commerciali” a cui si punta. Le principali tecniche di potatura sono state mese a punto su noce e ciliegio, le specie più impiegate in arboricoltura da legno ma alcune di esse con opportuni accorgimenti possono essere proficuamente adottate anche per le altre specie.

La potatura del noce

Per il noce sono state messe a punto 3 tecniche di potatura: “Progressiva”, “Replicativa”, “Ad astoni”.

 

La potatura progressiva

Una delle tecniche di potatura adatte al noce prende il termine di “Progressiva”. Tale denominazione deriva dal fatto che questa tecnica consente di ottenere un fusto sufficientemente lungo e diritto eliminando progressivamente i rami indesiderati. In altri termini questa tecnica non consente di condizionare a priori la pianta per produrre la struttura architettonica desiderata ma interviene a posteriori arrivando alla ramificazione attesa per eliminazione dei rami che possono creare problemi o perché troppo grandi o perché tendono ad assumere un andamento verticale. Tali rami sono detti “Assurgenti” ed è importante eliminarli tempestivamente poiché tendono ad entrare in competizione con la cacciata apicale. Con la potatura progressiva c’è il vantaggio di poter intervenire gradualmente anche su piante mal potate o sulle quali non si è potuti intervenire tempestivamente. Inoltre questa è una tecnica che rispetto ad altre può provocare meno stress alla pianta.
Come si interviene con la potatura progressiva.
Arrivati di fronte alla pianta si inizia ad analizzare le caratteristiche della sua struttura architettonica. Se i rami presentano un piccolo diametro all’inserzione del fusto e nessuno di essi è assurgente, cioè tendente alla verticale, non si interviene. Se invece i rami sono piccoli e ben inseriti ma è presente un ramo assurgente, si interviene eliminandolo poiché può determinare una eccessiva competizione con la cacciata apicale. In seguito per effettuare la potatura progressiva si procede prima che inizi la stagione vegetativa analizzando le caratteristiche della struttura architettonica e quindi eliminando i rami troppo grossi e quelli che possono sviluppare una eccessiva competizione con la cacciata apicale. L’anno successivo a fine inverno inizio primavera si analizza la pianta prima che entri in vegetazione e di nuovo si eliminano i rami troppo grossi e quelli assurgenti che possono sviluppare una eccessiva competizione con la cacciata apicale. Così si procede di anno in anno eliminando gradualmente dal basso anche i rami la cui scomparsa non crea eccessivi stress alla pianta fino a che il fusto libero da rami non ha raggiunto la lunghezza desiderata. Uno dei vantaggi di questo modo di procedere e che consente alla pianta di mantenere sempre un rapporto ben equilibrato tra lunghezza del fusto senza rami e profondità della chioma. Ciò consente di provocare minori stress e di ottenere fusti più lunghi che con altre tecniche più aggressive ma ha lo svantaggio che gli interventi possono protrarsi per qualche anno in più. Passiamo adesso ad esaminare un caso reale.
Ci troviamo in prossimità di un esemplare di noce di circa 8 anni di dimensioni abbastanza importanti nel quale l’intervento più idoneo è sicuramente quello di procedere ad una potatura progressiva. Si tratta quindi di selezionare al taglio alcuni rami i quali vengono scelti in base alle dimensioni, al portamento e alla posizione. Qui è evidente quali sono i rami che noi dovremmo provvedere ad eliminare. Abbiamo questi 2 primi rami in basso che sono importanti per le dimensioni, in particolar modo possiamo vedere questo primo ramo qui sulla destra che è anche in modo abbastanza accentuato verticalizzato; vedete qui come l’angolo è più acuto rispetto al portamento iniziale del ramo stesso. Questo ramo anche per via degli accrescimenti sia dell’apice che dei rami secondari fa anche facilmente intuire quanto sia vigoroso e quindi quanto facilmente possa acquisire dominanza nei confronti del fusto centrale. Risalendo lungo la chioma notiamo subito altri 2 rami che spiccano rispetto agli altri per dimensioni e portamento e sono questi 2 che si trovano nella stessa posizione di questo qui cioè sono di grosse dimensioni, il che fa già capire che hanno una vigoria più accentuata rispetto ai rami posti in prossimità e sono anche verticalizzati per cui vanno prontamente eliminati. Continuando a salire verso l’alto notiamo un altro ramo più grosso di quelli posti nelle immediate vicinanze da prima posto orizzontalmente e poi verticalizzato che oltre a costituire un pericolo per questioni di dominanza è anche un fattore di squilibrio per quanto riguarda la simmetria della chioma. E poi volendo se noi riteniamo opportuno cercare di riuscire ad innalzare ulteriormente le dimensioni di questa pianta si potrebbe procedere con l’eliminare questo ultimo ramo in alto che è molto più sviluppato di quelli vicini e che tende a verticalizzarsi.

 

La potatura replicativa

Un’altra tecnica sviluppata negli ultimi anni per il noce è la potatura replicativa. Il nome deriva dal fatto che con questa tecnica si cerca di indurre il noce a replicare più volte una medesima struttura architettonica caratterizzata da numerosi rami di piccole dimensioni raccolti in una chioma che scorre in alto di anno in anno. E’ stato osservato che l’emissione di piccoli rami sulla cacciata apicale dell’ultimo anno è più frequente se la cacciata stessa è libera dalla concorrenza di altri rami. Sul numero e sulle caratteristiche dei rami emessi dall’ultima cacciata del fusto hanno particolare influenza i 2 rami che il noce normalmente emette alla base della cacciata. Infatti se questi hanno modo di svilupparsi liberamente ostacolano l’emissione e/o lo sviluppo dei rametti sulla cacciata apicale fino all’altezza cui arrivano. Assumono un andamento quasi parallelo a quello della cacciata apicale raggiungono un grosso diametro nell’inserzione del fusto che si rifletterà sulla dimensione dei nodi nel futuro tronco provocando una eccessiva riduzione del diametro a monte del loro punto di inserzione denominata “Collo di bottiglia”. Il “Collo di bottiglia” rappresenta inoltre un punto di fragilità nel fusto dove possono provocarsi rotture in caso di neve pesante o forte vento. Se invece i 2 rami alla base della cacciata del fusto vengono eliminati preventivamente la pianta cresce lo stesso ma l’aspetto della chioma cambia radicalmente. È più facile potarla e i nodi prodotti dai numerosi rami sono piccoli. Per ottenere tale condizione la potatura replicativa prevede l’eliminazione sistematica di ogni cacciata annuale che il noce in genere sviluppa alla base del fusto. Questa operazione prende convenzionalmente il nome di “Scoronatura”. La “Scoronatura” può essere effettuata sia all’inizio della primavera quando la pianta è in riposo vegetativo che all’inizio dell’estate quando invece la pianta è in vegetazione. La potatura replicativa è semplice da realizzare ma è importante dosare l’intensità dell’intervento in funzione del vigore della pianta sia per non provocare eccessivi stress sia all’opposto per evitare che il noce arrivi a produrre rami troppo grossi.
A tal fine, in funzione delle caratteristiche di ciascuna pianta, la potatura replicativa può essere effettuata secondo 3 diverse intensità:
- bassa se le cacciate apicali sono lunghe da 50 a 70 cm;
- media con cacciate apicali comprese tra 70 e 100 cm;
- elevata se la cacciata apicale supera i 100 cm e la pianta si presenta molto vigorosa.
Quella di media intensità consiste nell’effettuare la “Scoronatura” accompagnata dalla “Ramatura”, cioè l’eliminazione sistematica di tutti i rami degli ultimi 2 anni inseriti nel tratto di fusto che ha 3 anni. Ogni anno si “Scorona” e si eliminano i rami di 2 anni, fino a che il fusto libero da rami non ha raggiunto l’obiettivo che ci siamo posti. La “Scoronatura” e l’eliminazione dei rami di 2 anni che caratterizzano la replicativa di media intensità possono essere effettuate sia in fase di riposo vegetativo che all’inizio dell’estate quando la pianta è in vegetazione. Se l’intervento avviene in fase di riposo vegetativo è importante controllare durante la primavera successiva l’eventuale emissione di ricacci i quali devono essere eliminati tempestivamente. Nella potatura replicativa a bassa intensità si applica sempre la “Scoronatura” ma i rami sul fusto vengono eliminati dopo 3 anni di vegetazione anziché dopo 2 della media intensità. Ciò provoca minori stress al noce e favorisce un migliore accrescimento del fusto in diametro. In casi eccezionali, quando il noce si trova in condizioni ottimali di crescita per la specie e lo dimostra con cacciate vigorosissime sia nel fusto che nei rami, può essere utile effettuare una replicativa di elevata intensità “Scoronando” regolarmente, eliminando i rami sul fusto dopo un solo anno di vegetazione anziché dopo 2 come nel caso della media intensità Quando si effettua una potatura replicativa ad elevata intensità è indispensabile installare un palo tutore per garantire la stabilità meccanica della pianta con le seguenti avvertenze: il palo deve superare di circa 50 cm l’obiettivo teorico, cioè la lunghezza minima del tronco desiderato; i legacci di raccordo tra pianta e palo tutore devono essere controllati regolarmente in modo che il palo non provochi danni al fusto o che i legacci troppo stretti non causino delle strozzature. Tali controllo devono essere effettuati 2 o 3 volte durante la stagione vegetativa. Quando si è sicuri che la pianta non presenta più problemi di instabilità meccanica il palo tutore deve essere rimosso. Passiamo adesso ad esaminare un caso reale.
Ora descrivo brevemente la potatura replicativa così come viene applicata. Qui abbiamo un esemplare che è stato allevato in potatura replicativa. Si possono notare gli accrescimenti; vediamo il primo accrescimento, cioè quando la pianta è stata messa a dimora l’accrescimento dell’anno scorso e quello di quest’anno che è questo qui verde non significativo. Voglio far notare alcuni particolari: nella parte risalente considerando come di quest’anno la freccia, noi abbiamo la presenza di rami di 2 anni; questo si può notare dalla presenza di questa porzione lignificata  dei nuovi nati di quest’anno. Nella porzione di fusto dell’anno scorso notiamo la presenza di rami nuovi nati quest’anno quindi definiamoli di 1 anno dopo di che abbiamo la freccia anche questa ben chiaramente definita dove è evidente il suo maggiore accrescimento rispetto a quello dei rami. La prima azione da compiere nella potatura replicativa è quella di garantire il fatto che la freccia mantenga dominanza e che le gemme  presenti all’ascella delle foglie della freccia siano libere dalla copertura dei rami sottostanti. Quindi la prima operazione è asporto dei rami di maggiori dimensioni che potenzialmente entrano in concorrenza con la freccia e che sono inseriti nella parte prossimale della freccia stessa. Faccio dei tagli rispettando il cercine in modo regolare quindi asporto questo ramo e poi asporto questo secondo ramo anche se piccolino però vedo che sopravanza leggermente il punto di inserzione sull’apice. Dopo di che scendo in basso ed asporto sistematicamente tutti i rami di 2 anni. Ecco qui definita la struttura che deve avere la pianta nell’impostazione del prossimo anno. Abbiamo un fusto libero, una chioma e una freccia

La potatura ad astone

Una delle tecniche più vecchie conosciute della potatura del noce è la potatura ad astone. Questa consiste nella eliminazione sistematica di tutti i getti che produce il fusto lasciando quindi al noce solo le foglie prodotte dalla cacciata apicale che si sta sviluppando. Tale operazione induce il noce a produrre cacciate più lunghe e consente di ottenere fusti senza nodi o cicatrici prodotte dalla potatura. Per questo i tronchi prodotti applicando tale tecnica sono molto ricercati e ben pagati. Tuttavia la potatura ad astone sottopone il noce a un fortissimo stress. Per questo può essere applicata per 2 o 3 anni al massimo e soltanto in presenza di piante molto vigorose e con cacciate apicali più lunghe di 100 cm. Questa tecnica come la replicativa ad elevata intensità di cui potrebbe essere considerata un caso limite provoca un forte allungamento del fusto e determina problemi di instabilità meccanica nella pianta. Il fusto può piegarsi in maniera facilmente irreversibile sotto l’effetto del vento o può assumere un andamento curvilineo che si rifletterà sul valore del tronco. Perciò per le piante potate “Ad astone” è inevitabile l’utilizzo di un robusto palo tutore che deve sporgere dal terreno per una lunghezza di 50 cm superiore a quella dell’obiettivo teorico stabilito, cioè la lunghezza minima del tronco desiderato, come in tutti i casi in cui si installa un palo tutore. È poi necessario controllare i legacci di raccordo tra palo e pianta per almeno 2 o 3 volte durante la stagione vegetativa. Quando si è sicuri che la pianta non presenta più problemi di instabilità meccaniche, il palo tutore deve essere rimosso.

La potatura del ciliegio.

Completata la panoramica delle possibili tecniche di potatura del noce passiamo adesso ad analizzare alcuni casi reali di potatura del ciliegio che risulta essere una delle latifoglie maggiormente impiegate nelle piantagioni da legno e quella in assoluto più usata negli anni ’90 in Piemonte.
Qui abbiamo una giovane pianta di ciliegio di circa 3 anni e quindi siamo nei primi stadi di impostazione della potatura. È importante notare questi particolari, cioè la presenza di brachiblasti i quali sono importantissimi in quanto portano le foglie quindi organicano e nel contempo non determinando notevoli accrescimenti di rami lasciano delle piccole cicatrici una volta asportate; quindi non sono un problema ma anzi un vantaggio Poi abbiamo un verticillo che è già stato asportato correttamente e che adesso vedete in questo punto. L’asportazione di questo verticillo favorirà molto probabilmente il fatto che da questi brachiblasti si formeranno dei piccoli rami a lento accrescimento e quindi un ulteriore vantaggio dal punto di vista trofico della pianta. Altra cosa che volevo far notare e che è importante nei primi anni in cui si imposta il fusto in presenza appunto di numerosi brachiblasti e di rami diffusi in modo più o meno omogeneo non inserito quindi in uno stesso punto ma abbastanza distanziati fra di loro la presenza di questi rami si può procedere alla asportazione del verticillo distale quindi una specie di “Scoronatura” in modo tale da eliminare la formazione di un possibile “Collo di bottiglia” cioè una diminuzione diametrica in questo punto cioè subito sopra il punto di inserzione dei rami e in più di favorire un maggiore sviluppo i lunghezza della “Freccia” cioè dell’ultimo accrescimento apicale del fusto. Quindi il prossimo anno probabilmente noi ci troveremo con una pianta con questa struttura cioè questi brachiblasti diventeranno rami simili a questi quindi rami di piccole dimensioni abbastanza orizzontali che non creeranno problemi di dimensioni nel punto di inserzione col fusto quindi organicheranno; in tal modo avremo eliminato la possibilità del “Collo di bottiglia”e quindi il fusto si accrescerà in modo omogeneo, cilindrico e uno sviluppo in altezza veloce che consentirà di poter determinare un “Toppo”. Il “Toppo” ripeto è la parte di tronco che noi utilizzeremo che venderemo alla fine del ciclo, e quindi questo sarà un “Toppo” più alto.

Potatura della farnia, del ciavardello e del pioppo bianco

Facciamo adesso una panoramica sulla potatura di altre specie di pregio impiegate in arboricoltura da legno. Tra queste vedremo l’esperto di potatura all’opera su piante di farnia, ciavardello e pioppo bianco.
Qui ci troviamo di fronte ad una farnia di circa 2 anni. La farnia non determina sempre un asse di accrescimento cioè un fusto ed una chioma ben determinata. Per quel che riguarda la gestione della potatura nella farnia da legno il nostro obiettivo e sempre quello di cercare di assecondare un unico asse di sviluppo quindi una dominanza apicale ed intervenire dove questa in qualche modo possa correre il rischio di essere compromessa. Altra considerazione da fare e che bisogna eliminare i rami di grosse dimensioni, specie se questi sono inseriti in numero relativamente elevato, nello stesso punto per evitare fenomeni di restringimento del fusto al di sopra della loro inserzione sul fusto. In questo caso abbiamo una farnia accoppiata con un’altra comunque ben conformata dove un fusto centrale ben definito non presenta grossi problemi. Prudente sarà magari provvedere ad eliminare questi 2 rami in modo tale da avere un fusto ben definito con un accrescimento ben determinato avendo cura di fare attenzione che siano presenti delle gemme o dei rami lungo questo fusto in modo tale che questo sia omogeneamente gestito il più possibile dai rami. Dopo di che in questo primo stadio della potatura si può osservare più in basso dove vanno inseriti i rami più grossi ed eventualmente se ne vediamo di particolarmente grossi eliminarli ma in questo caso ancora mi sembra non si debba intervenire. In quest’altro esemplare notiamo che abbiamo avuto una perdita della porzione apicale che si è disseccata non so per quale motivo comunque dai 3 rami subito sottostanti le 3 gemme hanno espresso questi altri 3 rami che sono uguali; si è formata una specie di cuspide per cui si è interrotto in questo punto asse centrale. Qui bisogna intervenire per ristabilirlo. Va detto che in natura comunque uno solo di questi 3 tenderà ad acquisire dominanza e questi 2 prima o poi verrebbero inibiti e rimarrebbero fermi. Rimanendo sempre nell’ambito dell’arboricoltura da legno volendo quindi noi accelerare il più possibile lo sviluppo di questa pianta secondo le nostre esigenze in questo caso abbiamo 2 opzioni: o asportiamo questi 2 rami sperando che questo prima o poi si raddrizzi, e lo farà quasi sicuramente, oppure in una prima fase si può tentare di spingere in verticale 1 dei 2 prestando in particolar modo attenzione al fatto che sul ramo che noi abbiamo scelto che nel nostro caso è questo e poi prima della ripresa vegetativa quando si è stabilizzata la ripresa del ramo in questione asportarli tutti e 2, oppure provvedere alla eliminazione di tutti 2 i rami immediatamente. Qui abbiamo il vantaggio che riusciamo probabilmente a consolidare subito il ramo in una posizione che vogliamo. Lo svantaggio è che se noi non eliminiamo il ramo di sostegno in tempo utile cioè prima della ripresa vegetativa corriamo il rischio di autoinnesto cioè che questo ramo si saldi a quest’ altro e compromettiamo così il nostro lavoro. Nelle specie quercine l’autoinnesto è abbastanza comune perciò va sempre tenuto presente questo fatto per cui la prima opzione facciamo in questo modo e aspettiamo a tagliare quest’altro. L’altra opzione era quella di provvedere direttamente in modo da consentire a questo di verticalizzarsi più rapidamente possibile. Non è detto che questo si verticalizzi immediatamente comunque molto probabilmente ciò avverrà.
Questo è un ciavardello, un sorbo che viene utilizzato in arboricoltura da legno perché il materiale prodotto con questa pianta è materiale ottimo e ben remunerato. La potatura del ciavardello è relativamente semplice in quanto si esprime con un buon fusto generalmente dritto una buona dominanza apicale, non ha grossi problemi per quel che riguarda il restringimento del fusto dovuto all’inserzione dei rami. Va tenuto presente che però ogni tanto alcuni rami tendono a verticalizzarsi in modo improvviso ed a creare quelle che comunemente vengono definite “Baionette” le quali se lasciate a se stesse acquisiscono dominanza arrivano a superare in altezza l’apice della pianta e a diventare loro stesse un nuovo fusto inibendo lo sviluppo del fusto originario centrale. Possiamo notare per esempio che nell’ultima stagione vegetativa questo ciavardello si è accresciuto partendo da qui di tanto per cui si è provveduto a fare la prima scoronatura, poi abbiamo avuto probabilmente un blocco e la pianta è ripartita. Per questo si è provveduto ad eliminare nuovamente i cosiddetti rami di corona, cioè nel punto di inserzione dell’ultimo accrescimento apicale vanno eliminati tutti i rami inseriti in prossimità di questo. Questi rami sono pericolosi in quanto oltre a creare il famoso “Collo di bottiglia” cioè il restringimento dell’accrescimento della freccia, possono a loro volta con molta probabilità diventare dominanti ed uno di questi potrebbe riuscire con la sua dominanza nell’accrescimento ad inibire lo sviluppo della parte centrale e quindi a modificare la forma del fusto.
 Questo è un pioppo bianco di 2 anni di età è il momento di intervenire con la potatura di formazione per cercare di dargli una forma adatta e poter ottenere poi alla fine del materiale idoneo. I punti in cui bisogna intervenire sono questo qui nella parte bassa del fusto, bisogna provvedere ad eliminare questi rami che sono inseriti uno vicino all’altro e sono di dimensioni abbastanza grosse e se noi li lasciamo nella loro sede possono causare una eccessiva disformità dalla porzione in cui sono inseriti i rami e la porzione subito sovrastante in quanto il diametro in questa zona aumenterà ad una velocità maggiore del diametro del fusto nella zona sovrastante per cui si avrà un “Collo di bottiglia” che è comunque un difetto se noi vogliamo ottenere un fusto cilindrico regolare. Un'altra porzione nella quale bisogna intervenire è nella parte apicale dove notiamo che abbiamo una forca cioè il fusto si divide in 2 parti nelle quali le 2 parti si accrescono più o meno alla stessa velocità ed in futuro se lasciate a se stesse tenderanno a costituire una biforcazione evidente. La prima operazione come si è detto è l’eliminazione di questi rami e provvedo con un tronchese Ripeto che questa può apparire una semplice spalcatura ma lo scopo di questi tagli è unicamente quello di far si che non si venga a creare un “Collo di bottiglia” in questo punto.

 

Il recupero delle piante mal impostate

Il successo di un impianto di arboricoltura da legno può essere ostacolato da eventi naturali ad esempio una gelata tardiva o un’alluvione oppure da una conduzione dell’impianto inadeguata. Un evento avverso può colpire poche piante o l’intera piantagione e può verificarsi in momenti diversi del ciclo produttivo. Per questo è necessario controllare ogni anno il corretto sviluppo delle piante sia prima che durante la stagione vegetativa e perlustrare la piantagione dopo ogni evento naturale che può potenzialmente danneggiare gli alberi. Quando si verifica uno di questi fenomeni è spesso necessario effettuare cure colturali straordinarie non previste nel piano di coltura. Per questo è utile e prudente che l’arboricoltore si consulti preventivamente con un tecnico esperto che può indicare le procedure da seguire  per recuperare le singole piante colpite o l’intera piantagione. Uno degli effetti negativi che può essere attenuato con un tempestivo intervento di potatura è quello della perdita di dominanza della cacciata apicale. Va però tenuto presente che più tempo trascorre tra il verificarsi del danno e l’intervento di recupero più è difficile annullare gli effetti dell’intervento negativo. Osserviamo nell’esempio pratico come può essere sostituita la cacciata apicale di un noce dopo un evento traumatico.
Talvolta per cause avverse di natura prevalentemente climatica noi ci troviamo a dover reimpostare l’asse principale della pianta cioè il tronco in quanto è successo anche recentemente specie a causa di gelate tardive noi abbiamo il blocco la distruzione a causa della gelata degli apici vegetativi. Distruzione degli apici vegetativi alla quale la pianta reagisce ripartendo riformando da gemme sottostanti ripartendo un pochino più tardi. Allora da questo caso in particolar modo con la perdita dell’apice vegetativo la forma di recupero consiste in questo. Il più precocemente possibile però quando almeno noi abbiamo una ripresa di vegetazione di un minimo di 15 – 20 cm noi bisogna cercare di reimpostare un apice. Come lo reimpostiamo questo apice: innanzitutto bisogna scegliere quale ramo utilizzare; il ramo che noi vogliamo riutilizzare è quello che si trova il più possibile in asse con il fusto. Questa è la prima condizione. La seconda condizione ovviamente è che sia sano nella parte apicale e che sia ben conformato e molto robusto. In un caso come questo dove è evidente la perdita dell’apice vegetativo io sarei dell’idea di partire in questo modo cioè ricostituire la parte apicale della pianta facendo un taglio obliquo rispettando il punto di inserzione del ramo questo è molto importante perché non bisogna causare la minima lesione alla base della nuova punta perché se no non rimarrebbe in sede ma si spezzerebbe e cadrebbe asportando il ramo suo compagno che gli fa concorrenza. Un’altra cosa da fare è garantire il più possibile al nuovo apice le massime possibilità di mantenere una dominanza, cioè di non trovarsi in condizioni poi di dover soccombere all‘eccessivo sviluppo dei rami sottostanti. In questo caso non si presentano grossi problemi perché i rami sottostanti sono abbastanza piccoli, non sono verticalizzati e non hanno un accrescimento tale che si possa dire competa con l’accrescimento della parte apicale. Qualora noi ci trovassimo in queste condizioni si può intervenire asportando i rami subito sottostante l’apice semplicemente cimandoli in modo tale che il taglio comunque faccia si che la lunghezza del ramo sottostante anche in proiezione non superi il punto di inserzione del nuovo apice. Anche la mancanza di interventi di potatura o la realizzazione di interventi non idonei possono compromettere parzialmente o completamente l’obiettivo produttivo  Per questo è bene che l’arboricoltore controlli il proprio operato e verifichi che nelle piante non si manifestino segni di indebolimento complessivo della pianta come ad esempio cacciate estremamente ridotte eccessivi restringimenti del fusto al di sotto della lunghezza minima attesa del fusto a fine ciclo produttivo presenza di rami di grosse dimensioni inserito al di sotto della lunghezza minima del tronco desiderato Per capire meglio come si può procedere analizzando le piante vediamo alcuni esempi. Si nota infatti l’inserzione di rami più o meno delle stesse dimensioni e fra questi spiccano 3 grossi rami i quali come è facile vedere sono anche oltre che di grosse dimensioni molto verticalizzati per cui la loro vigoria tenderà ad aumentare nel tempo
Si può notare inoltre una brusca riduzione del diametro del fusto a monte dell’ultimo grosso ramo questo sta ad indicare già che questa porzione qui di fusto sta subendo gli influssi negativi dovuti alla forte vigoria dei rami posti in questo modo . Un altro particolare che volevo far notare è questo ramo qui che è un unico accrescimento di 2 anni che non è un vero e proprio ramo bensì un ricaccio che è spuntato in seguito al taglio di un ramo preesistente in questa posizione. È importante ricordare che i ricacci che si formano in prossimità di ferite e di tagli precedenti sono da asportare quanto prima in quanto hanno un particolare ritmo di accrescimento che è più veloce. Ora siamo di fronte ed un esemplare di noce di circa 6 anni che non si è sviluppato notevolmente ed ha avuto ed ha tuttora dei problemi di vegetazione. Comunque sia è possibile migliorare la struttura di questa pianta tramite la potatura progressiva. Possiamo notare dei rami che sono particolarmente vigorosi anche qui per cui è opportuno procedere alla loro eliminazione per far si che la pianta possa concentrare le sue forze nello sviluppo dell’asse centrale. Bisogna avere anche l’accortezza di non infierire troppo nell’eliminazione dei rami perchè così facendo anche se la pianta abbastanza debilitata e stressata come questa creerebbe ulteriori problemi per quel che riguarda la vegetazione.
Comincio ad eliminare questo ramo in basso perché assurgente e verticalizzato perché è in una posizione tale che può essere eliminato facilmente anche riequilibrando la chioma. Questo altro ramo potrei eliminarlo totalmente ma non lo faccio perché così impoverirei troppo la chioma per cui procedo ad un taglio cosiddetto “Di ritorno” in modo da ridurre l’assurgenza di questo ramo in modo per orizzontalizzarlo un momentino e per ridurre la sua vigoria oppure lasciando un numero di gemme tali da poter supportare una massa fogliare adeguata. In questo ramolaccio la stessa operazione. Questi i tagli di ritorno e poi questo ramo che è verticalizzato e quindi potrebbe potenzialmente creare dei problemi al fusto centrale viene trattato allo stesso modo.
Quando la forma del fusto è decisamente compromessa ma la pianta è ancora giovane e vigorosa piuttosto che tentare un recupero lungo e difficile attraverso le normali tecniche di potatura si può optare per la ceduazione. Così facendo, grazie all’apparato radicale preesistente si ottengono ricacci vigorosi da cui si può ottenere un fusto con le caratteristiche volute.
Vediamo come un arboricoltore piemontese si è avvantaggiato del consiglio di un tecnico.
Ho pensato di realizzare questo impianto nel 1994 avendo un pezzo di terreno disponibile e mi è stato consigliato di realizzare un impianto misto anche perché non si poteva prevedere se il noce era più adatto o meno al tipo di terreno e allora ho messo noci, ciliegi e frassini: Nel tempo ho notato che il noce era più propenso a questo tipo di terreno con il risultato che cresce molto bene soltanto che io un po’inesperto non ho seguito molto bene la potatura e anche per il fatto che cresceva velocemente le piante sono venute un po’ storte e con dei difetti che come legno pregiato non vanno bene. Praticamente ero quasi rassegnato e pensavo di andare avanti col ciliegio e lasciare perdere il noce. Poi con l’intervento dei tecnici mi è stato consigliato di ceduare queste piante e a distanza di un anno mi sono venute delle piante di altezza media di 2 m o addirittura come qui che forse la zona è più fertile anche di 4 m.

 

Fonte: citazione - estratto per uso didattico da : http://tempiattesa.servizirl.it/shared/ccurl/878/222/AL_20090412_2512_testo_dvdpotature_AGR_MS.doc

Autore del testo: Regioni Piemonte e Lombardia

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