Stato sociale o welfare state
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Stato sociale o welfare state
LA SPESA PER LA SICUREZZA SOCIALE
LO STATO SOCIALE O WELFARE STATE è un sistema in cui lo Stato promuove la sicurezza e il benessere sociali; l'obiettivo è quello di riconoscere i diritti fondamentali (come la salute) e di migliorare le condizioni dei più deboli per giungere ad uno sviluppo equilibrato della società. La concezione dello Stato sociale comporta una rilevante presenza dello Stato stesso in importanti settori quali l'assistenza e la previdenza e trova, in Italia, il suo fondamento normativo negli artt. 38 e 36 della Costituzione.
- ASSISTENZA
- si concretizza attraverso la prestazione di servizi e l'erogazione di somme di danaro (mezzi di sussistenza, assistenza agli anziani, agli inabili, alle famiglie numerose);
- non comporta oneri per gli assistiti, è finanziata con le imposte, a carico della generalità dei contribuenti.
- PREVIDENZA
- tutela stati di bisogno futuri e prevedibili dei cittadini lavoratori (infortuni, invalidità, vecchiaia, morte);
- ha carattere assicurativo, è finanziata con il pagamento obbligatorio di un premio, contributo, a carico del datore di lavoro e del lavoratore.
I MODELLI ORGANIZZATIVI si distinguono per il diverso ruolo che viene affidato allo Stato.
- Modello scandinavo: lo Stato programma, gestisce e controlla il sistema;
- modello anglosassone: lo Stato svolge funzioni di programmazione e controllo, la gestione è affidata a privati;
- modello misto: è una combinazione dei ruoli (pubblico e privato) con interventi del terzo settore.
PREVIDENZA: LA GESTIONE DEI CONTRIBUTI PREVIDENZIALI.
- Metodo della capitalizzazione: le somme raccolte vengono accantonate e, in parte, investite sul mercato dei capitali; al momento della pensione, il lavoratore ha diritto a un'erogazione proporzionata ai contributi versati, aumentati del rendimento ottenuto dal loro impiego.
Limiti: questo metodo presenta un alto rischio in quanto la pensione è affidata alle oscillazioni del tasso di interesse nei mercati finanziari.
- Metodo della ripartizione: adottato in Italia fin dalla fine degli anni sessanta, comporta che i contributi raccolti in un determinato periodo servano a finanziare le prestazioni erogate nello stesso periodo. Si attua, perciò, un patto intergenerazionale: la generazione attiva finanzia le prestazioni dovute alla generazione che ha cessato di lavorare.
Limiti: il sistema entra in crisi quando il numero dei pensionati è superiore a quello degli occupati (calo
demografico, aumento dei disoccupati, eccessivo numero di pensioni erogate).
LE RIFORME DEL SISTEMA PENSIONISTICO.
- Riforma Amato (1992): le pensioni sono liquidate con il sistema a ripartizione di tipo retributivo: la misura della pensione dipende soprattutto dall'entità della retribuzione; l'obiettivo è quello di garantire un tenore di vita comparabile con quello goduto precedentemente;
- Riforma Dini (1995): la misura delle pensioni è calcolata in base al sistema a ripartizione di tipo contributivo: l'ammontare della pensione è principalmente legato all'ammontare dei contributi versati; la pensione implica un risparmio forzoso.
- Riforma Maroni (2004): prevede incentivi per chi ritarda l'uscita dal mondo del lavoro, l'innalzamento dell'età pensionabile per le pensioni di anzianità (cd. scalone), sviluppo della previdenza complementare da affiancare a quella pubblica.
- Riforma Damiano (2006): con il governo Prodi, subentrato a quello Berlusconi, lo “scalone” previsto dalla legge Maroni a partire dal 2008 non trova attuazione. Dal primo luglio 2009, si passa al “sistema misto di età e quote”: per lasciare il lavoro si deve raggiungere quota 95, sommando età anagrafica e contributi versati; le quote sono destinate ad aumentare con il trascorrere degli anni.
GLI INTERVENTI PENSIONISTICI COMPLEMENTARI, PRIVATI: fondi pensione e trattamento di fine rapporto (tfr).
Il tfr è così definito e caratterizzato:
- retribuzione differita nel tempo, corrisposta dal datore di lavoro al lavoratore, alla fine del rapporto di lavoro: consiste in quote accantonate e rivalutate annualmente;
- il tfr è un capitale messo da parte per il lavoratore, nel momento in cui lascia o perde il posto di lavoro;
- il tfr è anche una riserva: il 70% del tfr maturato può essere utilizzato dal lavoratore con almeno otto anni di servizio per particolari esigenze come spese sanitarie, acquisto della prima casa...
- il tfr è, inoltre, uno strumento di finanziamento a basso costo per l'impresa: attraverso il tfr, ogni anno i lavoratori prestano circa il 70% del loro reddito da lavoro all'impresa per la quale lavorano e il prestito è assoggettato a un tasso di interesse stabilito per legge; al momento della liquidazione, il datore di lavoro restituisce al lavoratore il capitale e gli interessi maturati;
- infine, con la riforma Dini (1995), il tfr è stato trsformato nella maggiore forma di finanziamento dei fondi pensione.
I fondi pensione sono degli strumenti tecnici creati per integrare la pensione erogata dagli enti pensionistici obbligatori. Un lavoratore iscritto ad un fondo pensione dispone di un conto personale su cui accumula, anno dopo anno, la contribuzione che viene versata: quella pagata dal datore di lavoro (stabilita dai contratti), quella versata direttamente dal lavoratore ed, eventualmente, quel 6,91% della retribuzione lorda che l'azienda destinerebbe al tfr. Ovviamente, se si lascia il tfr in azienda la contribuzione al fondo è ridotta; in generale, i contributi versati al fondo vengono investiti nel modo migliore da gestori finanziari in azioni e titoli. A seconda dell'andamento dei mercati e della bravura dei gestori, il capitale versato renderà tanto o poco.
Va precisato che:
- le riforme succedutesi nel tempo hanno apertamente incoraggiato la destinazione del tfr ai fondi di previdenza complementare ciò sia attraverso benefici fiscali, sia attraverso il meccanismo del silenzio assenso per cui se, entro un certo tempo, il lavoratore non dichiara, esplicitamente e per iscritto, di voler mantenere il tfr in azienda, il silenzio è considerato assenso al trasferimento dello stesso al fondo pensione;
- il lavoratore che decide di aderire ad un fondo pensione ha diritto ad una informazione adeguata sulla tipologia, le condizioni per il recesso anticipato e i rendimenti stimati dei fondi di previdenza complementare.
IL SISTEMA SANITARIO.
- Il vecchio sistema sanitario prevedeva una gestione del servizio effettuata da diversi livelli di governo:
- il governo centrale;
- le regioni;
- le unità sanitarie locali (Usl).
Tale sistema si è dimostrato inefficiente sia per le interferenze politiche non sempre in linea con le esigenze economiche e sociali del Paese; sia per la mancanza di vincoli finanziari che consentiva alle regioni e alle Usl di sforare rispetto alle previsioni del Fondo sanitario nazionale, lasciando poi allo Stato il compito di intervenire per risanare il deficit.
- La riforma degli anni novanta trasforma le Usl in Asl e dota queste ultime di autonomia imprenditoriale nel senso di organizzazione, patrimonio, contabilità e gestione; da un punto di vista giuridico le Asl sono aziende pubbliche ma hanno una natura che le avvicina in parte alle aziende private infatti, possono agire e stipulare contratti di diritto privato e sono tenute al pareggio del bilancio.
Le regioni, attraverso le Asl, garantiscono i “Lea” vale a dire i livelli di assistenza sanitaria cui ciascun
cittadino italiano ha diritto e che ciascuna regione assicura ai propri residenti.
Il governo centrale ha compiti di monitoraggio, verifica ed eventuale sostegno nei confronti delle regioni.
Dal 2001, la spesa sanitaria è finanziata quasi totalmente da entrate tributarie proprie; è prevista,
l'attribuzione di risorse statali attraverso un fondo perequativo nazionale finalizzato a equilibrare le
risorse regionali differenti a seconda della capacità fiscale, della popolazione e delle condizioni socio -
economiche.
Fonte: http://share.itismajo.it/polotecnicobraidese/Classe5D/Materiali/la%20spesa%20per%20la%20sicurezza%20sociale.doc
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