Femminismi e culture oltre l' Europa
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Femminismi e culture oltre l' Europa
FEMMINISMI E CULTURE. OLTRE L'EUROPA.
Introduzione.
Alcune donne presidenti fuori dall'Europa:
1974 → Isabelita Peron (Argentina)
2005 → Michaelle Jean (governatrice del Canada, di colore)
2006 → Michelle Bachelet (Cile) e Ellen Johnson Sirleaf (Liberia)
2011 → Dilma Rousseff (Brasile)
Risultato di una spinta crescente delle donne nel mondo e della loro aumentata presenza nelle istituzioni politiche e nei processi decisionali.
Le asimmetrie fra i sessi riflettono i ruoli e le qualità differentemente attribuiti a uomini e donne come specificità costitutive che variano a seconda delle società e delle culture che le hanno prodotte. (Es.: disuguaglianze nella natalità e infanticidio femminile sono in Europa pochissimo presenti mentre colpiscono duramente le realtà africane e asiatiche → in Cina incentivate dall'aborto selettivo, dalla pianificazione demografica coercitiva e dall'imposizione della 'politica del figlio unico')
1975, Città del Messico → Conferenza Mondiale delle Donne: primo tavolo di confronto istituzionale sovranazionale tra i movimenti delle donne
1975-85 → Decennio per le donne, proclamato dalle Nazioni Unite
1980, Copenaghen → Seconda Conferenza Mondiale delle Donne: approvata la Convenzione internazionale contro ogni forma di discriminazione verso le donne (Cedaw).
1985, Nairobi → Terza Conferenza Mondiale delle Donne: sancisce l'internazionalizzazione del movimento delle donne la forte ascesa dei movimenti di donne del Sud del mondo radicati a livello locale e alla ricerca di connessioni transnazionali
1995, Pechino → Quarta Conferenza Mondiale delle Donne: presenti figure storiche del femminismo come Betty Friedan e Kate Millet e giovani rifugiate bosniache. Approvata la Piattaforma di azione di Pechino accompagnata dalla Dichiarazione di Pechino con la quale i 183 paesi firmatari si impegnavano a realizzare le linee programmatiche della Piattaforma. Questi testi rappresentano ad oggi i documenti politici più rilevanti prodotti dal movimento internazionale delle donne.
2005, New York → Pechino +10, nonostante i progressi compiuti sono stati riconfermati gli obiettivi strategici definiti a Pechino.
Il centro focale dell'iniziativa delle donne deve spostarsi da una prospettiva welfarista e paternalista, nella quale la donna è soggetto passivo e svantaggiato (ricopre il ruolo di paziente) ad una decisa azione di agency dove la donna è soggetto agente, portatrice di cambiamento sociale.
I paesi che non hanno ratificato la Convenzione internazionale contro ogni forma di discriminazione verso le donne usano una sorta di “relativismo culturale di Stato” per giustificare (nel nome del primato dell'Islam o dei “valori asiatici”) la violazione dei diritti delle donne e più in generale dei diritti umani. I diritti umani sono anche accusati di una falsa universalità per via della loro matrice occidentale e incompatibili con la salvaguardia di radici culturali, tradizioni storiche, identità etniche e religiose. La multipresenza di culture diverse impone invece, per depotenziare tensioni e conflitti, dialogo, rivisitazioni incrociate d'identità e spazio per la rinegoziazione, la ridefinizione e la mobilità dei rispettivi confini.
La comunità internazionale con i suoi organismi ma soprattutto la “comunità d'interdipendenza” delle donne sono importantissime per la salvaguardia dei diritti e per continuare a sfidare il silenzio imposto dai regimi sulle violazioni di genere e non solo.
LA PARTECIPAZIONE POLITICA DELLE DONNE IN SUDAFRICA TRA POLITICHE DI GENERE E DISCORSO FEMMINISTA.
Democrazia Sudafricana → considerata un modello per la creazione di strutture finalizzate all'implementazione di politiche di gender equity.
1994 → National Gender Machineries: serie di strutture governative, parlamentari e indipendenti tese a promuovere e implementare politiche per l'avanzamento delle donne.
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Elezioni del 1994 → 27% delle donne in Parlamento
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Elezioni del 1999 → 30% delle donne in Parlamento
→ possibilità da parte delle donne di esercitare un impatto significativo sulla formulazione politica.
L'attenzione rivolta alle strategie tecniche di inclusione sottolinea come i diritti politici formali vengano considerati una pre-condizione fondamentale per l'avanzamento di politiche sociali eque; allo stesso tempo le campagne in favore delle quote hanno determinato la rinascita dell'attivismo femminista nell'Africa subsahariana.
Nonostante ciò il gap tra il cambiamento formale istituzionale e il cambiamento reale legato alle condizioni di vita della maggior parte delle donne nere sudafricane è ancora notevole.
Il femminismo istituzionale che è emerso sulla scena politica ha acquistato in realtà un ruolo che lo ha allontanato dalle sue radici → scelta di promuovere una forma di femminismo inclusivo che puntasse sulla rappresentanza piuttosto che sulla mobilitazione.
Puntare sul politico ignorando la sfera sociale ed economica ha portato alla frammentazione del movimento nella seconda metà degli anni '90. Infatti se la promozione e l'assimilazione all'interno delle nuove strutture statali dei principi della gender equity ha avuto successo, lo stesso non si può dire per l'implementazione e l'affermazione di queste politiche. Le motivazioni che non hanno permesso lo sviluppo di queste politiche hanno una duplice natura politico-culturale, la prima legata alla mancanza di un movimento delle donne coeso, la seconda alla persistenza di una struttura patriarcale solida.
Le conseguenze dell'apartheid sulla vita delle donne nere sudafricane.
La partecipazione politica delle donne in Sudafrica non può prescindere dall'analisi dell'impatto dell'apartheid sulle relazioni di genere e sulla nascita e lo sviluppo del movimento delle donne all'interno della lotta di liberazione. La partecipazione attiva delle donne nel movimento anti-apartheid ha contribuito a fare emergere tre livelli di oppressione: razziale, di classe e di genere. Per il movimento l'aspetto di genere rimane comunque marginale rispetto agli altri due.
Il governo dell'apartheid impose un rigido controllo sociale e con esplicito intento biopolitico riuscì a modificare il rapporto tra produzione e riproduzione → formazione di forza lavoro migrante (controllata dal sistema delle pass laws) correlata all'esclusione delle donne dal mercato del lavoro, costrette a provvedere al sostentamento della famiglia nelle riserve designate come “africane”.
Il datore di lavoro otteneva così manodopera a basso costo e si garantiva un continuo ricambio di forza lavoro concedendo ai lavoratori di tornare periodicamente nelle riserve → concepimento dei figli → in questo modo il costo totale del lavoro riproduttivo rimaneva a carico delle periferie, autentiche artefici della crescita capitalista in Sudafrica.
La mobilitazione delle donne contro l'apartheid.
Fino agli anni '50 → carattere locale e sporadico delle proteste.
Organizzazioni sindacali → legame esistente tra oppressione di classe e oppressione di genere.
Organizzazioni politico-partitiche → le donne erano considerate auxiliary members senza diritto di voto. All'interno dell'ANC (African National Congress) le donne (per la maggior parte mogli dei membri del partito) erano organizzate in una Women's League e non avevano potere decisionale. Solo nel 1943 furono ammesse all'interno del partito con piena membership, nonostante ciò fino al 1952 il coinvolgimento della Women's League fu marginale.
1954 → nasce dall'esigenza delle donne delle organizzazioni sindacali, del Partito Comunista e della Women's League la Federation of South African Women (FSAW). Obiettivi:
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abolire tutte le leggi, le convenzioni e le tradizioni che discriminano le donne.
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inserire la lotta per la liberazione delle donne all'interno della lotta per la liberazione nazionale
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riconoscere e mettere in discussione le gerarchie di genere all'interno del movimento stesso
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Da un lato la partecipazione alla lotta di liberazione nazionale rese le attiviste consapevoli del legame tra oppressione razziale e di genere; dall'altro la totale subordinazione imposta alle richieste di genere rispetto alla causa di liberazione portava a chiedersi quanto i due progetti fossero congruenti → incapacità del movimento di liberazione nazionale di riconoscere il proprio carattere oppressivo nei confronti delle donne.
Dalla svolta degli anni '80 alla Women's National Coalization.
Fine anni '70 → forte attivismo sindacale che produsse tra le donne la consapevolezza del legame tra lo sfruttamento nel luogo di lavoro e la subordinazione domestica.
Inizio anni '80 → nascono due importanti organizzazioni: la United Women's Organization e la Natal Organization of Woman che vanno poi a confluire nello United Democratic Front con l'obiettivo di integrare la lotta per i diritti delle donne alla lotta di liberazione nazionale (tale scelta comporterà lo smantellamento alla fine degli anni '80 delle organizzazioni di donne dell'UDF: esempio di come l'istituzionalizzazione del movimento ne decretò la sua implosione)
Anni '80 → sviluppo di due correnti: una nera e nazionalista l'altra bianca e femminista che riuscirono a trovare punti di incontro creando una vera e propria corrente sudafricana di femminismo. Il legame fra queste due correnti fu trovato con con la figura della madre (motherism) che superava le barriere di classe e razza.
1990 → Conferenza di Amstredam, organizzata dalla sezione femminile dell'ANC col supporto del Women's Commitee del movimento anti-apartheid olandese. Qui si discusse e si legittimò l'autonomia politica della lotta contro l'oppressione di genere all'interno della lotta di liberazione nazionale sfatando il falso miraggio che vedeva coincidere liberazione nazionale e emancipazione delle donne.
1992 → lanciata la Women's National Coalization, che riuniva 70 organizzazioni di donne di tutto il paese. La ragione immediata per la fondazione era l'esclusione dai negoziati tra il National Party e l'ANC frutto della debolezza che caratterizzava il movimento che solo unendosi poteva porre le basi per uscire dal silenzio → enfasi sulla partecipazione femminile nelle istituzioni.
Quote, sistemi elettorali e politiche di partito.
Il successo della Women's National Coalization nell'influenzare il processo di stesura della costituzione dipese più che dalla forza del movimento, dalla presenza nei partiti delle sezioni femminili. L'ANC scelse di applicare una quota del 30% per le donne. Il sistema proporzionale inoltre privilegia le relazioni di potere esistenti all'interno del partito → importanza dell'abilità delle donne elette di mobilitarsi all'interno del partito e non orientarsi verso l'esterno. La mancanza di relazioni fra parlamentari e organizzazioni locali ha portato alla smobilitazione del movimento → la rappresentanza formale senza una pressione politica dal basso rischia di non possedere gli strumenti per far avanzare concretamente l'agenda dell'uguaglianza di genere.
Il “mito” delle politiche di gender equity.
Statistiche sull'occupazione al 2003 → le donne nere sudafricane sono quelle con il più alto tasso di disoccupazione, stipendi più bassi, inferiore accesso alla formazione e alle promozioni.
Il miglioramento della condizione economica delle donne richiede una trasformazione strutturale che si basi sulla promozione dell'educazione e sulla riduzione delle responsabilità riproduttive delle donne.
Problema della femminilizzazione della povertà in Sudafrica aggravato dalla violenza di genere e dalla maggiore diffusione dell'HIV/AIDS tra le giovani → la povertà influenza le relazioni di genere e le rende ulteriormente impari, a causa di un accesso diseguale alle risorse economiche il potenziale riproduttivo e sessuale delle donne è spesso l'unica risorsa possibile dal loro lato per la transazione (sex workers, transactional sex).
La svolta liberista dello Stato nel 1996 ha ulteriormente marginalizzato le politiche in favore dell'uguaglianza di genere e ha portato a una riduzione della spesa per i servizi sociali nonostante la crescente emergenza AIDS.
Il genere viene neutralizzato nel suo intento politico ed incluso in ogni progetto come un add-on e non come un approccio che informa tutta l'analisi a priori.
Un nuovo spazio (femminista) per il movimento delle donne?
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ONG → impegnate in azioni di advocacy e lobbyng nei confronti delle istituzioni con l'obiettivo primario di promuovere l'elaborazione e l'attuazione di politiche di gender equity. Lavoro strategico sugli interlocutori istituzionali e non sul livello comunitario.
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Coalizioni di organizzazioni che si battono per una questione specifica → interlocutore privilegiato è il livello comunitario, il limite è la fragilità e la vulnerabilità di tali coalizioni e la mancanza di fondi.
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Organizzazioni di donne a livello community-based → si occupano dei bisogni pratici delle donne cercando di sopperire alle mancanze dello Stato nazionale e dei governi locali. Il loro limite è avere scarso impatto strutturale sulle relazioni di genere.
Questi tre livelli dovrebbero coordinarsi per tracciare le linee comuni che portino ad un vero e proprio cambiamento strutturale, e non solo formale, nelle relazioni di genere.
DISCORSI E PRATICHE DEI FEMMINISMI IN AMERICA LATINA: L'ESPERIENZA DEGLI ENCUENTROS.
Encuentros → riunioni a cadenza biennale o triennale che a partire dal 1981 hanno costituito una sorta di grande agorà delle femministe e dei movimenti delle donne di tutta l'America Latina (compresi i Caraibi).
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pluralità di gruppi: contadine, operaie, indigene, lesbiche, afrodiscendenti, militanti, ricercatrici.
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interrelazione tra sessimo e razzismo.
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critica ad un femminismo di matrice occidentale come pensiero universalista ed etnocentrico, borghese, elitario, eterosessuale e segnato dalla supremazia razziale bianca ed europea.
Anni '80:
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fine dei regimi autoritari
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esaurimento delle strategie rivoluzionarie
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crisi economica
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lenta transizione verso la democrazia
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crescita dei movimenti sociali dal basso (nuove forme di partecipazione sociale e politica delle donne fuori dai percorsi consolidati della pratica femminista in autonomia dai partiti politici → rottura del paradigma femminista classico legato alle donne di classe media bianche)
Temi centrali che hanno caratterizzato il primo decennio degli Encuentros:
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rapporto tra movimento femminista e sinistra rivoluzionaria maschile (rivendicazione di autonomia e autodeterminazione)
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rapporto tra movimento femminista e movimenti di base delle donne
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autonomia
Anni '90 → doppia transizione verso la democrazia e l'economia liberista → democrazia ancora una volta non coincide con emancipazione femminile specie in società segnate da un forte autoritarismo e maschilismo.
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rottura con la posizione anti-statalista
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preparazione alla Conferenza di Pechino tradotta in un rafforzamento della presenza femminile nelle ONG e negli organismi di governo
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fondi di organizzazioni e fondazioni europee, americane o internazionali → accesso a un maggiore spazio pubblico di denuncia, fondi per la ricerca, stessa partecipazione alle conferenze internazionali → difficoltà di gestire la relazione tra denaro, pressioni e processi decisionali
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la Conferenza di Pechino ha rappresentato un momento di ridiscussione delle pratiche politiche del movimento femminista latinoamericano
Le costruzioni di genere e la stratificazione sociale non è determinata solo dalla classe ma dai rapporti di potere tra i sessi, dall'etnia e dall'orientamento sessuale. Le donne indigene messicane sono una presenza politica importante all'interno delle comunità, sono impegnate per il riconoscimento dell'autodeterminazione e dei diritti della terra, contro le politiche neoliberiste (importanza dell'esperienza zapatista). Il razzismo essendo parte del tessuto della società messicana permea anche la pratica politica femminista.
Chicana/o → figli di immigrati messicani negli Stati Uniti, condizione politico-culturale di coloro che vivono nella frontiera tra Messico e Usa → vivono le contraddizioni di appartenere a entrambi i lati e allo stesso tempo mettono in crisi l'idea di una cultura/nazione basata sul criterio dell'autenticità e della purezza. La letteratura chicana attacca il femminismo accademico occidentale e sfida le rappresentazioni egemoniche, incluse quelle legate al maschilismo, al patriarcato e all'omofobia.
Il movimento femminile brasiliano insieme a quello delle donne negras ha svolto un ruolo decisivo nelle prime mobilitazioni pubbliche contro il regime militare. La sinistra brasiliana degli anni '70 ben si conciliava con le lotte contro le diseguaglianze sociali promosse dal movimento negro, ma spesso era cieca di fronte alle discriminazioni specifiche incontrate dalla popolazione negra (mercato del lavoro, abitazione, violenza della polizia). Il razzismo veniva messo in secondo piano, tendenza diffusa era considerare la povertà la causa delle discriminazioni negando l'esistenza di meccanismi di dominazione e emarginazione basati sul colore della pelle.
1988 → le donne negras si sono costituite in un movimento autonomo con il primo Encontro Nacional de Mulheres Negras richiamando l'attenzione sulla doppia discriminazione subita: razzista e sessista. Il ruolo della donna di origine africana nella società brasiliana è sempre stato considerato “naturale” (riproduttivo, sessuale e di cura) negandone il carattere sociale e politico. Il movimento ha sviluppato sempre più una prospettiva di politica e di alleanze internazionali, riconoscendo nelle organizzazioni internazionali degli interlocutori privilegiati per portare avanti le proprie lotte a livello nazionale (salute delle donne, salute riproduttiva, servizi, informazione sul colore dei pazienti dei documenti medici, ligadura → controllo natalità, induzione dell'uso indiscriminato di anti concezionali)
L'identità delle donne sudamericane è il “risultato dell'incontro-scontro tra culture, civiltà e gruppi di origine diverse (indigeni, europei, africani) […] può essere interpretata come una continua sfida a qualsiasi forma di essenzialismo culturale, etnico e nazionale” (Ribeiro)
Fonte:
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