mezzadria contratto definizione storia

 

 

 

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LA MEZZADRIA

 

    • La mezzadria è il contratto in forza del quale il concedente ed il mezzadro si associano per la coltivazione di un podere al fine di dividerne i prodotti e gli utili. Il podere d’ogni nobile famiglia inoltre, comprendeva le case degli aiutanti del contadino ed altri edifici di servizio, e aveva un’estensione che variava dai sette ai dieci ettari di terreno. Il podere era un’azienda autosufficiente che portava avanti vari tipi di colture (agricoltura promiscua): come la vite, l’olivo, gli alberi da frutta, il grano, l’erba medica per il bestiame. Parte dei prodotti del podere serviva a mantenere la famiglia del contadino e i suoi aiutanti; la restante parte spettava al proprietario del podere e poteva essere venduta ai mercati cittadini. Questo rapporto tra padrone e contadino, che si affermò dopo il 1423 fu detto MEZZADRIA. Quest’ultimo era quindi un particolare tipo di conduzione agraria che prevedeva la collaborazione tra proprietario e lavoratore del podere e per questo possiamo dire che costituiva un sistema di conduzione agraria di tipo associativo: il proprietario e il lavoratore del podere (detto anche colono) dividevano a metà gli utili, le perdite e anche le spese di conduzione del podere. Nei contratti di mezzadria, infatti, il contadino era presentato per la prima volta come libero contraente. Per ciò che riguarda gli aspetti socio-economici della mezzadria si può dire che essa era la più importante e la più diffusa forma d’economia diretta a conduzione divisa in quanto il proprietario del fondo e l’imprenditore vengono a coincidere. Tutto questo discorso mette in evidenza il fatto che il pilastro fondamentale su cui poggiava la mezzadria era rappresentato dall’equilibrio podere-famiglia, nel senso che il podere doveva avere una struttura tale da poter assorbire tutto il lavoro di cui poteva essere capace la famiglia colonica, in modo da creare la cosiddetta autonomia colonica. Quest’ultima però non era intesa soltanto in rapporto al lavoro, ma anche al reddito in quanto doveva assicurare alla famiglia colonica un adeguato tenore di vita.

La rottura dell’equilibrio podere-famiglia al contrario generava una non autonomia che poteva essere di due tipi:

  • famiglie coloniche parzialmente capitalistiche (ossia datrici di lavoro) che si avevano quando la famiglia colonica non riusciva ad assorbire tutto il lavoro offerto da podere;
  • famiglie coloniche parzialmente salariate (ossia prestatrici di lavoro al di fuori del podere) che si avevano quando il lavoro offerto dal podere era insufficiente.

Le regioni d’Italia in era maggiormente diffusa la mezzadria erano Toscana, Umbria, Emilia Romagna, Veneto e Marche. In queste ultime l’istituto mezzadrile si è sviluppato in forma particolare tra il 14° e il 15° secolo. In seguito nei contratti di mezzadria erano elencati minuziosamente tutte le lavorazioni che il colono era tenuto a svolgere e si precisavano pure i periodi in cui dovevano essere effettuate. Tali contratti inoltre obbligavano il mezzadro a fornire gratuitamente o semi-gratuitamente dei lavori o corvées (scavo di fosse di scolo, effettuazione di terrazzamenti, ecc…) o imponevano una serie di consistenti donazioni gratuite di certe quantità di animali da cortile, uova e così via. Inoltre la posizione del mezzadro era resa assai debole a causa dell’eventualità di rescissione immediata del contratto, qualora egli non rispettasse qualcuna delle disposizioni. La recessione economica nel ‘600, l’uso del mais nel ‘700, la crescita demografica del ‘700 e dell’800 hanno reso il patto mezzadrile sempre più duro per il colono, spesso ripetutamente indebitato con il proprietario. Negli ultimi decenni, con la fine della mezzadria, le proprietà terriere sono state smembrate o cedute a coltivatori diretti o rilevate da poche grandi aziende moderne e meccanizzate i cui proprietari sono tornati a vivere in città. In sé per sé la mezzadria era un sistema non caratterizzato da aspetti particolarmente negativi. Nella realtà invece si sono potuti riscontrare almeno due svantaggi che l’hanno caratterizzata. Il primo ha costituito spesso un ostacolo all’introduzione di nuovi metodi di coltura e di nuovi mezzi tecnici, poiché i mezzadri erano poco aperti alle innovazioni, anche perché non avevano un alto grado di scolarità. Il secondo svantaggio è dato è dato dal fatto che spesso il contratto di mezzadria non risultava più equo in quanto includeva clausole che ponevano il mezzadro in condizioni di svantaggio. Altri motivi della crisi della mezzadria vanno ricercati nella sua incapacità di soddisfare la crescente richiesta di prodotti ortofrutticoli delle città industriali secondo le esigenze poste dallo sviluppo economico della società italiana nel dopoguerra.  Il 14 giugno 1947 il rapporto tra colono e proprietario del podere è stato modificato tramite un accordo sindacale detto “tregua mezzadrie”, per mezzo del quale si è spostata la quota di riparto da 50 a 55% a favore del mezzadro; Durante il periodo fascista il contratto mezzadrile è stato esaltato giacché si riteneva una grande cosa la collaborazione tra categorie sociali opposte ed è stato disciplinato con la carta della mezzadria nel 1933. Nel 1964 per adeguare il profitto del mezzadro al lavoro da lui effettivamente svolto, la legge n° 756 ha modificato i criteri riguardanti il rapporto tra colono e concedente nei seguenti modi:

  • La produzione lorda vendibile doveva essere assegnata per il 42% al concedente e per il 58% al mezzadro;
  • Le spese e gli stipendi dovevano essere divisi a metà;
  • I salari dei braccianti erano interamente a carico del mezzadro;
  • Gli interessi sul capitale di anticipazione erano a carico del padrone, mentre quelli sul capitale di scorta andavano divisi a metà;

Il rapporto mezzadrile è visto con sfavore dalla moderna legislazione. La legge del 1964 infatti ha vietato la stipulazione di nuovi contratti mezzadrile. con la legge n° 590 del 1965, il mezzadro che coltivava un podere da almeno quattro anni, aveva diritto di prelazione nel caso il proprietario del podere volesse venderlo, in altre parole doveva essere il primo al quale era offerto l’appezzamento di terreno da vendere. Nel 1982 infine si è giunti all’approvazione di una legge che prevedeva entro determinati limiti, la trasformazione in contratti d’affitto dei contratti mezzadrile in corso: tale legge ha subito però delle limitazioni a seguito della sentenza n° 138, emessa dalla Corte Costituzionale. Secondo l’articolo 2141 del Codice Civile, il mezzadro nei rapporti con il proprietario del podere, agisce non soltanto come singolo, ma in qualità di rappresentante della famiglia colonica, le cui energie lavorative devono essere riservate alla coltivazione del podere e, di conseguenza, la famiglia dei lavoratori è costretta a trovare nel podere i mezzi necessari per il suo sostentamento sempre in base al Codice Civile il proprietario del podere deve istituire il libretto colonico o libretto di mezzadria di cui esistono due copie (una in mano al concedente e una in mano al mezzadro) in cui devono essere segnate debiti e crediti relativi ai rapporti interni tra concedente e mezzadro. Un aspetto positivo da evidenziare, per ciò che riguarda il rapporto tra questi ultimi, è dato dal fatto che il colono collaborava anche alla direzione dell’impresa che pertanto era gestita nell’interesse di entrambi. Questo fatto includeva anche la possibilità del sorgere di contrasti tra il proprietario del podere e il mezzadro e in questi casi era previsto l’intervento risolutivo di una particolare autorità, l’ispettorato dell’agricoltura.

 

Fonte: http://www.bobbato.it/fileadmin/grpmnt/1133/CGIL_progetto_memoria/LA_MEZZADRIA_20_05_2006.DOC

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