Appunti diritto della UE

 

 

 

Appunti diritto della UE

 

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Appunti diritto della UE

21-2-2012

II Guerra Mondialeà Stati europei aiutati dagli USAàcontribuiscono allo sviluppo degli stati europei.
1947: PIANO MARSHALLàstanziamento di una somma di denaro a favore degli stati europei per una loro ripresa economica. Perché? 1. se gli USA danno soldi, gli stati europei si riprendono quindi si creano dei mercati cosicché gli stati eu possono vendere i propri prodotti; 2. ragione politica: legame stretto. Condizioni:
Unione degli stati europei (soldi dati ad un’organizzazione composta da stati europei, 1948àORGANIZZAZIONE EUROPEA PER LA COOPERAZIONE ECONOMICA unione di 16 stati eu). Quali sono i limiti di questa organizzazione? 1. tutte le decisione venivano adottate all’unanimità; 2. priva di un organo avente il compito di sanzionare gli stati in caso di violazione delle regole. 1960 subirà delle modifiche, anche stati non europei entrerannoàOCSE. Consiglio d’Europa (1949)à44 stati al suo interno. Organizzazione internazionale (raccoglie anche gli stati eu) ha come obiettivo tutelare le libertà fondamentali dell’individuo. Gli si deve la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, tutelata attraverso la Corte europea dei diritti dell’uomo (a Strasburgo) che sanziona gli stati che violino le regole della convenzione eu. Art.6 processo equo. 1950ànuova organizzazione internazionaleàprima comunità europea: Comunità europea del carbone e dell’acciaio (1952-2002). Organi:
1.   Corte di giustizia;
2.   Alta autorità (sogg indipendenti dagli stati membri);
3.  Consiglio speciale dei ministri (sogg dipendenti dagli stati);
4.   Assemblea comune.

Collaborazione degli organi, ciascuno con le proprie mansioni, ma partecipano a tutte le funzioni. All’interno della CECA (Benelux, Germania, Francia e Italia) viene stabilito che alcune decisioni vengono approvate dalla maggioranza.
Comunità Europea di Difesaàesercito comune tra tutti gli stati membri. Non andata in porto.
1957, Romaàdue nuovi trattati: trattato costitutivo della CEE (comunità economica europea) e quello dell’EURATOM (energia atomica). Sono trattati non a termine. Tutto ciò di cui si occupava la CECA sono passate alla CEE e all’EURATOM. Organi:
1. Commissione (sogg indipendenti dagli stati membri);
2. Consiglio dei Ministri (sogg dipendenti dagli stati);
3. Parlamento Europeo (rappresentanti dei cittadini);
4. Corte di Giustizia.
Seconda modifica ai trattati (1992)
Quarta modifica (2001)
Quinta modificaàtrattato di Lisbona (procedura semplificata) (2007)

 

22-2-2012

Art. 48 procedura ordinaria e semplificata. Tutte le modifiche apportate fino ad oggi sono avvenute con procedura ordinaria. La procedura ordinaria può essere utilizzata per progredire lo sviluppo e per comprimere/ridurre. Tappe per la procedura ordinaria:
   Consiglio europeo studia le proposte di modifica del trattato e poi: 1. Convoca una convenzione (riunione composta da esponenti dell’UE, stati membri e parlamenti nazionali, che dovranno valutare le modifiche suggerite e eventualmente dare suggerimenti circa le modifiche da apportare); 2. Se la convenzione dà la sua approvazione, si convoca la Conferenza Intergovernativa (riunione dei soggetti rappresentanti degli stati membri e si tiene la fase della negoziazione del trattato);
   Si ha il testo di un trattato firmato dai rappresentanti degli stati membri; nel corso dei 2 anni si deve fare il punto della situazione nel caso in cui il trattato non entri in vigore, quindi bisogna porsi perché esso non viene ratificato da tutti gli stati (art.48 comma 5)

La CEE era di natura economica, organizzazione internazionale priva di occuparsi della sfera politica degli stati. Ogni stato continuava ad avere al proprio interno la più ampia discrezionalità di fare le proprie scelte. Mercato comune intasato di prodottiàgli stati producono un surplus di merci, quindi pluralità eccessiva di prodotti. Quindi la CEE deciderà che per esempio l’Italia si occuperà della produzione dei tessuti, la Francia invece la carne; questo però avviene se a monte vi è un sogg terzo distaccato dai singoli stati che metterà tutto in un mercato comune, ma ogni stato venderà un prodotto differenziato. La CEE voleva occuparsi anche dell’aspetto politico, decisionale, dei singoli stati (1986).  Atto unico europeo-à1986, primo trattato di modifica del trattato di Roma e introduce la competenza politica nella CEE, in vigore dal 1-7-87.  Obiettivoàcreare un mercato interno (unico mercato proprio dell’organizzazione internazionale) che va a sostituire il mercato comune (ciascuno stato immette tutti i prodotti senza controllo). Per la prima volta sposta l’attenzione dallo stato alle regioniàcoesione economica non solo con i 27 stati, ma anche con le realtà regionali. Obiettivo ultimoàunione dei popoli dell’UE. Introduzione della tematica relativa all’ambiente. Dal punto di vista istituzionale AUE apporta modifiche: 1. Procedura di voto della maggioranza qualificata e non dell’unanimità; 2. Ha attribuito al parlamento eu una competenza nell’ambito degli accordi di associazione (di adesione: quando un nuovo stato chiede di entrar a far parte dell’UE), quindi viene interpellato e esprime un proprio parere; 3. Introduzione della procedura di cooperazione per la formazione delle norme giuridiche in seno dell’organizzazione internazionale.

Trattato di Maastricht è un trattato che apporta modifiche al trattato di Roma, ma crea anche una nuova organizzazione istituzionale chiamata Unione Europea (1992). Entra in vigore nel 1993, introduce la procedura di co-decisione all’interno della CEE; toglie dalla CEE l’aggettivo economica, quindi parleremo solo di CE. Il trattato di Maastricht cerca di creare questa organizzazione internazionale che vuole oltre alla crescita economica anche la disposizione relativa alla cittadinanza eu. Esso ha introdotto tutta la procedura relativa all’unione monetaria modificando il trattato unico europeo (EUR).

UEànuova organizzazione internazionale, composta da 3 pilastri:
1.   Comunitario: all’interno troveremo le comunità europee (CECA, CEE, EURATOM);
2.   Politica estera e di sicurezza comune (PESC): attiene relazioni esterne degli stati membri;
3.   Cooperazione giudiziaria e affari interni (tematica relativa all’immigrazione, asilo, rifugiati, visti): cooperazione delle forze di polizia (EUROPOL, EUROGIAST), realtà di natura giurisdizionale;

Nel secondo e terzo pilastro le decisioni vengono adottate con la regola dell’unanimitààpilastri di cooperazione intergovernativa.
1996à nuova conferenza intergovernativa per modificare questa realtà internazionale, non solo alla CE, ma anche all’UE. Essa doveva occuparsi di: 1. deficit demografico; 2. principio di trasparenza (ci si rende conto che la CE aveva una sua efficacia diretta sulla vita dei cittadini, l’intervento produceva i suoi effetti sulla popolazione, ma quest’ultima non poteva capire il percorso fatto per raggiungere quella determinata norma; introduzione di questo principio); 3. i trattati avevano già subito varie modifiche, correzioni e quindi il trattato di Roma divenne illeggibile, omissione di vari art; aggiornandolo, aggiunsero modificazioni; quindi misero in ordine, rinumerandolo, in occasione di questa conferenza; 4. problema dell’eventuale comunitarizzazione di parte del terzo pilastro: materie che si potevano spostare dal III pilastro, al I pilastro. Perché? Perché il mercato interno, composto da persone che si spostano all’interno del territorio comunitario, vede anche persone che non appartengono ai 27 stati. Quindi questa tematica non viene gestita dagli stati/UE, bensì dalla CE. 1997àtrattato di Amsterdam (in vigore dal 1-5-1999): ha cercato di rendere più vicino al cittadino, l’organizzazione internazionale, introducendo il principio di appartenenza. Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale 1 e 3 pilastro insieme.

 

27/02/2012

Trattato di Amsterdam àimportante ma non completa l'evoluzione destinata a proseguire. Aspetti importanti:

  • ha introdotto nell'UE la politica dell'occupazione e la politica sociale;
  • ha preso in considerazione il fatto che l'Unione Europea si basava sulla tutela dei diritti fondamentali e delle libertà fondamentali degli individui. Nell'ambito dell'art. 6, il trattato faceva espressamente riferimento alla tutela di diritti e libertà fondamentali. Dopo il trattato di Lisbona, oggi il contenuto dell'art. 6, lo troviamo nell'articolo 2;
  • ha introdotto l'art. 7, che prevedeva e prevede la procedura attraverso la quale l'organizzazione internazionale può intervenire nei confronti di uno Stato membro che viola i diritti fondamentali degli individui. Questa procedura prevede una verifica della violazione ed una sanzione temporanea per lo Stato, che concerne il divieto della partecipazione al potere decisionale dell'organizzazione internazionale;
  • modifica l'art. 49, che prevede la procedura dell'adesione di nuovi stati all'UE, che da quel momento avrebbero dovuto rispettare l'art. 6;
  • ha introdotto il principio di trasparenza, permettendo a cittadini ed organi di Stati una maggiore conoscenza degli iter decisionali;
  • rinumerazione di tutti i trattati, a seguito delle modifiche periodiche di questi che aveva portato a testi normativi confusi.;
  • ha introdotto il concetto di cooperazione rafforzata. Con l'aumento del numero di Stati membri, era sempre più difficile raggiungere una situazione di stabilità. Con la cooperazione rafforzata, per evitare di bloccare i paesi più sviluppati, in attesa di quelli più arretrati, i primi possono perfezionare il loro sviluppo verso la comunità europea, mentre i secondi possono evolversi e raggiungere i primi. Vennero stabiliti a tavolino i criteri di convergenza, ovvero caratteristiche necessarie per accedere all'area euro ed adottare la moneta unica. (Da non memorizzare l'intera procedura).

 

Lacuna del trattato àAmsterdam non si occupa del problema legato all'allargamento. Gli organi dell'organizzazione internazionale sono nati per gestire 6 Stati. Progressivamente, anche se evolutisi, sono rimasti sostanzialmente invariati su punti fondamentali. Il problema che si pose fu rivedere gli organi dell'organizzazione internazionali al fine di adattarli alle nuove esigenze che si erano venute a creare.
Venne quindi convocata una nuova conferenza intergovernativa per modificare il trattato nell'ambito degli organi su citati. Questa conferenza giunse alla firma di un nuovo trattato (Trattato di Nizza) nel febbraio del 2001, che si occupa solo del tema della modifica degli organi dell'UE. Insieme a questo trattato venne elaborato la "Carta dei diritti fondamentali del cittadino europeo", approvata da tutti gli Stati membri. La sua peculiarità è che è un documento non vincolante, in quanto costituisce una mera enumerazione dei diritti fondamentali.
Al trattato di Nizza venne allegata una dichiarazione al futuro dell'Unione, si sapeva già, infatti, che Nizza non sarebbe stato il trattato definitivo.
Nel 2002 venne istituita la Convenzione Europea, un ampio dibattito composto da 105 persone: presidente + 2 vice presidenti + 56 soggetti, due per ogni Stato membro (28 Stati) + 2 rappresentanti della Commissione Europea + 16 rappresentanti del Parlamento Europeo.
La Convenzione Europea lavora sulla base del consenso, essa sottopone ai 105 soggetti le eventuali modifiche da apportare al portato e "se nessuno ha nulla da obiettare" si va avanti, in quanto si esprime il consenso. Non è una formale votazione.
Il prodotto della Convenzione fu un progetto di trattato, che altro non era che il trattato di Roma del 2004. Questo nuovo trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, non entrerà mai in vigore, bocciato da due referendum. Una volta cestinato, venne poi sostituito dal successivo trattato di Lisbona.

 

29/02/2012

Unione Europea --> lavora esclusivamente nell'ambito delle materie a lei espressamente attribuite dal trattato. L'UE possiede tre tipi di competenze:

  • esclusive;
  • concorrenti = l'intervento è attribuito tanto agli Stati quanto all'UE.
  • di sostegno.

Principio di attribuzione: art. 5. comma 2: UE agisce esclusivamente nei limiti delle competenze attribuite dagli stati membri per realizzare gli obiettivi stabiliti dai trattati. Quali sono le competenze? Tre tipi: esclusive (enunciate nell’art.3 del TFUE: attribuita al 100% all’UE, detiene la totale gestione di questa materia. Settori: unione doganale, politica monetaria, commerciale, ecc.), concorrenti (settori in cui si può trovare l’intervento dell’UE e degli stati membri; interviene lo stato salvo che l’UE non sia già intervenuta e in tal caso lo stato dovrà adattarsi alle disposizioni dell’UE o l’UE ha rinunciato di occuparsi della materia. Settori: art.4 del TFUE, mercato interno, politica sociale, ambiente, agricoltura e pesca, giustizia, ecc.) e azioni di sostegno (in alcuni settori, e alle condizioni previste dalla Costituzione, l'Unione ha la competenza di condurre azioni oppure di sostenere, coordinare o completare l'azione degli Stati membri, senza per questo sostituirsi alla loro competenza in tali settori. Tale sostegno si realizza essenzialmente attraverso interventi finanziari. Gli atti giuridicamente vincolanti adottati dall'Unione in tale ambito non possono comportare un'armonizzazione delle disposizioni legislative o regolamentari degli Stati membri. L'articolo I-17 contiene un elenco esaustivo dei settori interessati da questo tipo di competenze. Occorre sottolineare che l'esplicitazione della competenza dell'Unione nei settori dello sport, della cooperazione amministrativa, del turismo e della protezione civile costituisce un'innovazione).

Art 352 espansione momentanea raggiunto il traguardo ritorna tutto in mano allo statoàclausola di flessibilità. UE deve dimostrare che l’intervento in quell’ambito è necessario. Regola dell’unanimità; articolo per colmare lacune nel trattato di Lisbona, che non può essere usato nell’ambito della PESC. Alternativa alla clausolaàteoria definita dei poteri implicita: natura giurisprudenziale, elaborata dalla corte che nasce nell’ambito della corte internazionale di giustizia e anche applicata alla corte di giustizia della CE. Cosa dice? Perché alternativa? Quando la nostra organizzazione internazionale si vede attribuita una determinata competenze e per raggiungere l’obiettivo prefissato è necessario occuparsi di altre competenze, essa ci dice che se per raggiungere bisogna passare da tutte le altre competenze, anche se non espressamente attribuite, è ovvio che implicitamente anche le altre competenze le siano attribuite. È un’alternativa per ampliare le competenze dell’UE.

Principio sussidiarietà, (art 5.3) attribuito alle competenze concorrenti, regola ed indica chi prima può intervenire. Permette l'intervento dell'UE solo quando lo Stato dimostra di non saper raggiungere gli obiettivi prefissatisi. E' un principio che tutela maggiormente gli Stati a fronte dell'intervento dell'UE.

Principio di proporzionalità,(art 5.4) stabilisce come l'UE interviene nelle proprie competenze. Trova applicazione nell'ambito di tutte le competenze. Enunciato nell'art. 5 della Costituzione Europea, al comma 4. L'UE deve adottare delle disposizioni sufficienti per raggiungere l'obiettivo, senza utilizzare strumenti troppo incisivi che possano, in qualche modo, diminuire l'influenza dello Stato stesso.
In base a questo principio, l'UE sceglie il tipo di strumento da utilizzare nei confronti degli Stati, la direttiva o il regolamento.

Atti normativi emanati dall'UE:

  • Direttiva = è un atto che vincola lo Stato per quanto riguarda l'obiettivo da raggiungere, ma lo lascia libero in merito ai mezzi da utilizzare.
  • Regolamento = atto che vincola lo Stato sia per quanto riguarda l'obiettivo da raggiungere, sia per i mezzi da utilizzare.

Principio di prossimità, secondo il quale l'UE deve sempre avere come punto di riferimento l'adozione di norme a favore dei cittadini. Questo principio è enunciato dall'art. 10 della Costituzione Europea.

Principio di leale cooperazione, è relativo al rapporto tra gli Stati e l'UE, che si devono adoperare per lavorare congiuntamente di modo tale da permettere l'omogeneo sviluppo dell'organizzazione internazionale e, di conseguenza, degli Stati.
Successivamente, si è deciso di applicare questo principio anche relativamente al rapporto tra le varie istituzioni comunitarie (gli organi statali.

Istituzioni dell'UE àart. 13 della Costituzione Europea. Con il trattato di Lisbona, le istituzioni passano da 5 a 7.

  • Consiglio Europeo à(non va confuso col Consiglio d'Europa ed il Consiglio dell'UE, detto anche dei ministri). Storia = Le prime riunioni antenati del Consiglio Europeo erano dette vertici e si ebbero negli anni '60. Sono delle riunioni di natura intergovernativa alle quali partecipano i capi degli Stati membri, nel corso delle quali si cerca di risolvere  i contrasti tra gli Stati stessi. Quando ci si rese conto dell'importanza di queste riunioni, si decide di regolarizzarle. Pertanto, nel 1974, si decise che questi vertici avrebbero dovuto svolgersi 3 volte all'anno, prendendo il nome di Consiglio di Comunità (con l'atto unico europeo, nel 1986, il nome cambia ancora, divenendo quello attuale). Con il trattato di Maastricht, nel 92, si definisce il Consiglio Europeo, la sua composizione ed i suoi compiti. Composizione = mista perchè vi partecipano i capi di Stato e di Governo e, contestualmente, anche il presidente della Commissione ed un presidente del Consiglio Europeo. La composizione appena annunciata, viene spiegata dall''art. 15. N° di riunioni = Dopo il trattato di Lisbona, il Consiglio Europeo si riunisce, di base, 2 volte a semestre, quindi 4 volte all'anno. Compito = è la funzione propulsiva per raggiungere gli obiettivi da raggiungere. Nel corso del suo sviluppo gli sono stati attribuiti sempre più funzioni. Si conclude con un documento detto "conclusione del Consiglio Europeo". Modalità di procedura = consenso tra le parti, non vi è alcuna votazione.
  • Parlamento EuropeoàRappresenta gli interessi dei cittadini degli Stati membri. Si riunisce sempre il secondo martedì del mese di marzo di tutti gli anni. Storia = è un'istituzione comunitaria, nata insieme all'UE, nel 1957, che progressivamente nel corso degli anni è riuscita ad acquisire maggior rilevanza nell'ambito della gestione dell'organizzazione internazionale. Composizione = in origine da cittadini degli Stati membri già parlamentari nel proprio Stato. Questa situazione comportò dei problemi, primo tra tutti l'assenteismo, per via della duplicità del lavoro che questi parlamentari svolgevano. Nel 1976 venne previsto che i membri del Parlamento Europeo potessero essere tutti i cittadini dello Stato membro, eletti tramite suffragio universale diretto. Nel '79 si tenne la prima elezione. N° membri = per anni è stato 626. La prima modifica vi è stata con il trattato di Amsterdam, che indicava un numero massimo di 700 membri. Tale numero viene successivamente modificato dai vari trattati. Ad oggi ci possono essere al massimo 750 membri, più il presidente (in particolare oggi sono 736). Ogni membro dura in carica 5 anni. I membri sono divisi in 20 Commissioni permanenti. Presidente del Parlamento Europeo = dura in carica 2 anni e mezzo e viene scelto dagli stessi parlamentari, per maggioranza assoluta dei voti espressi. Nel caso in cui non si raggiunga questa maggioranza, la votazione avviene 3 volte, infine, se ancora non si è ottenuto il risultato sperato, vanno al ballottaggio i più votati. Il presidente si occupa di organizzare e gestre i lavori dell'istituzione, della quale è anche il rappresentante. Egli deve partecipare all'apertura dei lavori del Consiglio Europeo, nel corso dei quali egli fa una presentazione ed esprime le posizioni del Parlamento. Commissioni permanenti = sono dei "mini parlamenti europei" all'interno dei quali si cerca di mantenere le stesse proporzioni dello Stato che la commissione rappresenta. Ciascuna commissione ha una materia specifica sulla quale si concentra. Ripartizione dei seggi = c'è un criterio di distribuzione dei seggi del Parlamento Europeo, ed è un criterio demografico: più sono i cittadini dello Stato, più saranno i seggi a disposizione per quello stesso Stato (con una soglia minima di 6 seggi e una massima di 96). I seggi vengono infine suddivisi per gruppi politici, che attualmente sono 8, piuttosto che per Stato d'appartenenza.àprincipio degressivamente proporzionale Incompatibilità = chi è membro del Parlamento Europeo non può far parte di alcun altra istituzione dell'UE. Non può far parte del Parlamento Europeo un soggetto già membro di governi o parlamenti nazionali. L'art. 14 ci illustra le caratteristiche fondamentali del Parlamento Europeo. Perché il Parlamento Europeo possa adottare le proprie decisioni, è necessario che vi sia almeno un terzo dei parlamentari. Vi sono eccezioni particolari che richiedono una partecipazione maggiore dei parlamentari. Immunità = di tipo funzionale, per la quale il parlamentare non può essere perseguito per le opinioni o i voti espressi nell'ambito dell'esercizio delle proprie funzioni. Di tipo giurisdizionale, per la quale il parlamentare, durante il periodo del proprio mandato, non può essere sottoposto a procedimenti penali promossi dal proprio Stato (l'unica eccezione si ha quando il parlamentare viene colto in flagranza di reato). Durata mandato = 5 anni e può ricandidarsi. Sedi = sono tre: una a Strasburgo, una a Bruxelles e una a Lussemburgo.

 

05/03/2012

Poteri del Parlamento europeo àè un organo sostanzialmente di controllo su:

  • Operato delle istituzioni comunitarie = il controllo si manifesta soprattutto attraverso "mozione di censura". Questa ha ad oggetto il controllo e l'attività svolta dai membri della commissione europea, i quali hanno l'onere di essere soggetti indipendenti dagli Stati d'appartenenza. Qualora il Parlamento dovesse riscontrare una condotta in capo ai commissari europei atti di nepotismo o di scelte fatte nel proprio interesse, può intervenire. La mozione di censura è lo strumento con il quale il Parlamento segnala questo tipo di condotta. Essa può essere presentata da al meno 1/10 dei parlamentari, e la votazione avverrà decorsi tre giorni dalla data di presentazione. Perché la mozione venga approvata, è richiesta la maggioranza dei 2/3 dei voti espressi purché questi siano rappresentativi della maggioranza del Parlamento europeo (ossia, in aula deve essere presente almeno la metà più uno dei parlamentari). Se la mozione di censura fosse approvata, l'intera commissione dovrebbe dare le dimissioni, in quanto vi è una responsabilità collegiale della Commissione Europea. Le dimissioni di questa comporterebbero una situazione di stallo dell'organizzazione internazionale, che porterebbe ad una nuova elezione della Commissione Europea, che comunque è un processo lungo. Disciplinata dall'art. 234 della Costituzione Europea.
  • Atti adottati dalle istituzioni comunitarie = il controllo maggiore è sul Bilancio Europeo, un documento contabile all'interno del quale vengono dettagliate le entrate (es. dazi doganali, percentuale sull'IVA riscossa dai singoli Stati) e le uscite (fondi strutturali per la promozione di attività di sviluppo all'interno degli Stati membri, il pagamento degli affitti delle sedi dell'UE, il pagamento dei dipendenti, i consumi...) dell'UE. Le istituzioni che si occupando del bilancio sono: la Commissione Europea entro il primo settembre, che invia al Consiglio dell'UE  e al Parlamento europeo un progetto preliminare di bilancio. Inoltre, la Commissione Europea ha il compito di raccogliere un prospetto indicativo di entrate/uscite di ciascun organo. Formalizza poi queste informazioni nel progetto preliminare, che se il Consiglio che lo analizza lo ritiene accettabile, lo inoltra al Parlamento europeo. Questi ha 42 giorni di tempo per esprimere la sua opinione: approvazione, silenzio-assenso, indicazione di emendamenti da apportare al progetto, che torna nelle mani del Consiglio. Se quest'ultimo approva tutte le modifiche suggeriti dal Parlamento, il bilancio si considera approvato. Qualora il Consiglio non condivida le modifiche (tutte o in parte) si convoca un Comitato di Conciliazione, composto da alcuni membri del Parlamento ed alcuni membri del Consiglio, che ha 21 giorni per elaborare una posizione comune. Se non si raggiunge alcuna posizione comune, si cestina il progetto in questione e si riparte da capo con un nuovo progetto di bilancio, viceversa si ritorna nelle mani del Consiglio e del Parlamento che hanno 14 giorni per esprimere l'approvazione. Se questa non viene espressa il progetto viene cestinato e si da inizio ad un progetto di bilancio ex novo. Se il Parlamento approva il progetto con una maggioranza significativa dei suoi membri, il bilancio è considerato approvato nonostante il Consiglio non abbia dato la propria approvazione. Nel caso in cui non si riesca ad ottenere il bilancio entro il 31/12, per i primi mesi dell'anno successivo viene applicato il regime dei dodicesimi, ossia ogni mese vengono previste entrate ed uscite così com'erano state previste nell'anno precedente. Una volta approvato il bilancio, la Commissione Europea si occuperà di darvi esecuzione, operazione sottoposta anch'essa al controllo del Parlamento europeo. Se questo dovesse ritenere che l'esecuzione al bilancio è stata data correttamente, emetterà una lettera di discarico, con la quale comunica la corretta esecuzione. La Commissione è tenuta ogni anno, ad inviare al Parlamento una relazione generale. 
  • Apparato amministrativo = si manifesta in particolare attraverso il potere di interrogazione in capo al Parlamento europeo (chiedere spiegazioni alle istituzioni circa il loro operato). Tale diritto prevede l'obbligo di rispondere per la Commissione, mentre il Consiglio non ha quest'obbligo. Altra possibilità di controllo si manifesta attraverso il diritto di petizione (documento scritto attraverso il quale i cittadini o le persone giuridiche chiedono determinate spiegazioni su scelte operate o sugli Stati o sulla stessa Comunità Europea). I cittadini, o le persone giuridiche incaricano all'UE, di fare dei controlli sulle scelte operate. A seguito della petizione il Parlamento può aprire un'indagine relativamente alla segnalazione pervenuta. Il Parlamento europeo nomina un Mediatore europeo, un cittadino di uno degli Stati membri, definito il difensore civico dell'UE. Per essere eletto il cittadino deve avere i requisiti necessari per rivestire le più alte cariche delle funzioni giudiziarie. Egli dura in carica 5 anni, come il Parlamento europeo. Il Mediatore è una figura particolare, in quanto riceve le denuncie di cattiva amministrazione all'interno delle istituzioni comunitarie. A questo punto anche il mediatore può convocare una Commissione d'Inchiesta e indagare e, se i sospetti sono fondati, informa il Parlamento europeo.

 

6/03/2012

Oltre alla funzione di controllo, un'altra funzione fondamentale del Parlamento europeo è quella legislativa. Il trattato di Lisbona ha previsto due procedure:

1.        Una procedura normativa ordinaria (art. 294 del trattato sul funzionamento del parlamento europeo) è la procedura di codecisione e si svolge nel seguente modo:
La proposta viene elaborata dalla Commissione Europea e inviata al Parlamento europeo che l'analizza e, eventualmente, la modifica leggermente. La proposta viene poi inviata al Consiglio, il quale la può ritenere accettabile e a maggioranza qualificata si adotta l'atto.
Se la proposta non viene ritenuta accettabile il Consiglio può proporre le proprie modifiche al Parlamento europeo che può, a sua volta, decidere di:

  • approvare la proposta così come l'ha modificata il Consiglio (quindi l'atto viene adottato, tramite assenso o silenzio assenso entro tre mesi);
  • non accettare la proposta del Consiglio (e quindi l'atto viene rigettato e si ricomincia da capo);
  • oppure può apportare ulteriori modifiche alla proposta stessa e rinviarla al Consiglio.

Ancora una volta, il Consiglio può accettare la proposta ultima entro tre mesi, rigettarla, oppure ancora accettarne solo alcune parti. Si cerca sempre di trovare un accordo tra Consiglio e Parlamento, quindi se ci si trova in quest'ultimo caso, si convoca il Comitato di Conciliazione che ha tempo 6 settimane per adottare un progetto comune. Se non si riesce a trovare un punto di contatto tra il Parlamento ed il Consiglio entro il termine stabilito, la proposta di atto normativo viene rigettato. Se invece il punto di contatto viene trovato, il progetto viene proposto di nuovo a entrambe le istituzioni del Consiglio e del Parlamento, che hanno anch'esse 6 settimane per prendere una decisione. Se queste accettano l'atto, questo entra in vigore, altrimenti l'atto viene rigettato.

2.        Alcune procedure legislative speciali (art. 289) comprendono:

  • La procedura di consultazione = è in realtà la più vecchia, in quanto in precedenza era la procedura ordinaria per ogni norma. Si ha la proposta formulata dalla Commissione che viene inoltrata al Consiglio, il quale, prima di adottare l'atto, deve consultare/interpellare/chiedere il parere al Parlamento europeo in merito alla proposta. Si tratta di un parere obbligatorio (deve obbligatoriamente essere richiesto al Parlamento) ma non vincolante. Se il Consiglio non dovesse interpellare il Parlamento e adottare comunque l'atto, questo sarebbe detto "viziato" e dichiarato nullo. Se il Parlamento europeo non condividesse la proposta, potrebbe decidere di tergiversare e di non emanare il parere, di modo che se il Consiglio adottasse l'atto, questo sarebbe dichiarato nullo. Questa condotta va ad essere in contrasto con il principio di leale coonperazione che è il cardine dell'organizzazione internazionale. Sulla base di questo principio, il Consiglio può emanare una sollecitazione. In questa procedura, il ruolo del Parlamento è decisamente marginale.
  • La procedura di approvazione o di "parere conforme" = venne introdotta all'interno del Sistema  Comunitario con l'atto unico dell'86. Questa prevede che la proposta venga sempre elaborata dalla Commissione ed inoltrata al Consiglio, il quale deve ancora interpellare il Parlamento. La differenza con la procedura precedente è che l'atto potrà essere adottato solo se l'opinione del Parlamento è concordante con quella del Consiglio. La pecca di questa procedura, rispetto a quella di coodecisione, era che il Parlamento non ha alcuna possibilità di apportare degli emendamenti, di modificare il testo. Inoltre la si può questa procedura la si può trovare applicata solo in alcuni casi particolari.

Il Parlamento europeo, in seno alla sua funzione di controllo, ha la possibilità di adire (interpellare) la Corte di Giustizia.

Consiglio dell'UE àè l'organo che rappresenta gli interessi degli Stati all'interno della nostra organizzazione internazionale. E' composto da un rappresentante per ogni Stato membro (27 persone), il quale è scelto a livello ministeriale, ossia sono scelti all'interno degli Stati membri stessi. Con il Consiglio  dell'UE, si parla di un organo collegiale di Stati. Il Consiglio, inoltre, è un organo non permanente, in quanto non è composto sempre dalle stesse persone ma cambiano i soggetti a seconda dell'argomento oggetto della discussione. (Es. per la politica riguardante i trasporti parteciperà il ministro dei Trasporti e non quello degli Esteri). Il fatto che sia un organo non permanente ha fatto sì che alle volte si è dovuto elaborare la possibilità di poter interpellare singolarmente i ministri all'interno dei vari stati attraverso una procedura scritta. Questo perchè il Consiglio non è sempre riunito nella sua totalità. Se i ministri sono tutti concordi su quella determinata proposta, inviata tramite la procedura scritta, questa potrà essere approvata senza che il Consiglio sia formalmente riunito.
A turno, uno dei 27 soggetti è il presidente del Consiglio. La presidenza dura 6 mesi (ci si riferisce a questo con le espressioni “siamo nel semestre italiano, spagnolo, ecc..”). Col trattato di Lisbona vengono scelti tre Stati che rivestiranno il ruolo di presidenti del consiglio per 18 mesi. Così facendo in quei 18 mesi, quei tre Stati, che formalmente si susseguono uno alla volta ma che congiuntamente svolgono il compito di presidenti, possono seguire tutto il lavoro svolto in quei mesi. Si permette una maggiore possibilità di avere dei passaggi di presidenza meno rigidi, garantendo quindi una maggiore continuità. Questo procedimento prende il nome di "troika".
Il presidente ha il compito di organizzare il lavoro del Consiglio, di promuovere e rappresentare l'istituzione all'esterno. Il Consiglio dell'UE è assistito da un Segretario Generale,  che svolge tutto l'aspetto burocratico che circonda il lavoro del Consiglio stesso. Per ovviare al problema della non permanenza del Consiglio è stato creato il "Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri" (COREPER), responsabile della preparazione dei lavori del Consiglio. Questo comitato è costituito da ambasciatori, soggetti appartenenti agli Stati membri. Si hanno due diverse tipologie di COREPER:

  • Quello composto dagli ambasciatori aggiunti che si occupa delle questioni tecniche;
  • Quello composto dai primi ambasciatori che si occupa delle questioni politiche.

Il COREPER (alter-ego del Consiglio e non ha potere decisionale) è colui che riceve tutti i progetti di legge formulati dalla Commissione, tutto ciò che fa partire le procedure legislative (speciali e ordinarie), esaminandoli. Una volta analizzati i progetti e consultati i vari Stati, suddivide le proposte in due macro-categorie:

  • Proposte di legge formulate dalla Commissione che avranno bisogno esclusivamente di un'approvazione formale del Consiglio, quando questo si riunirà.
  • Proposte per le quali sarà necessario una discussione in seno al Consiglio.

Esso riunirà le proposte in diversi settori e le comunicherà al Consiglio, cosicché i governi sappiano già le proposte all’ordine del giorno e manderanno il rappresentante per quella materia.

Ordine del giorno = documento all'interno del quale vengono inseriti gli argomenti dei quali si dovrà discutere nella riunione formale del Consiglio. Questo documento è importante perchè viene inviato almeno 14 gg prima della riunione, affinché gli Stati possano stabilire quali sono i ministri che vi dovranno partecipare.

Ci sono 3 modalità attraverso le quali il Consiglio esprime la propria posizione:

  • Voto unanimità = è la regola di partenza e prevede che tutti gli Stati siano d'accordo nell'adozione di un determinato atto. La regola dell'unanimità può essere raggiunta anche se uno o due membri del Consiglio si astengono dal voto, questo non vale per quanto riguarda l'assenza di anche solo uno dei 27 membri. Nel 1965, si decide di sostituire il voto dell'unanimità per quanto riguardava alcune materie (vedi politica della "sedia vuota" attuata dalla Francia nel 1965, p.3). Nel 1966 si raggiunge il compromesso di Lussemburgo che dice che gli stati non sono contrari all'idea di passare dall'unanimità alla maggioranza, però hanno sempre la possibilità, qualora ritengano che l'oggetto di discussione sia particolarmente importante nei loro confronti, di richiedere sempre l'unanimità. In questo compromesso, però, non si esplicita quando ci si trova nella condizione appena descritta. Così facendo, gli Stati hanno sempre ritenuto che le decisioni fossero sempre talmente rilevanti da utilizzare il voto all'unanimità. Solo con l'Atto Unico Europeo, nell'86, si decisero le materie assoggettate alla regola della maggioranza e non a quella dell'unanimità. Unanimità se manca una persona non la si raggiunge e se invece si astiene si raggiunge.
  • Voto maggioranza semplice = prima di Lisbona era la regola e le altre erano le alternative. La maggioranza semplice la si ha con la metà più uno, in particolare oggi bastano 14 voti per raggiungerla.
  • Voto maggioranza qualificata = dopo il trattato di Lisbona, è la procedura tipica di manifestazione della posizione del Consiglio, mentre le altre sono le alternative. Consiste nell'attribuire a ciascuno Stato una quantità di voti proporzionati alla popolazione presente sul territorio e alla rilevanza economica dello Stato in questione nell'ambito dell'UE. Il numero complessivo è di 345 voti, distribuiti tra i 27 Stati. Gli Stati più piccoli hanno in proporzione più voti rispetto agli Stati più grandi. Si ottiene la maggioranza qualificata con almeno 255 voti a favore della decisione, purché questi siano l'espressione di volontà della maggioranza degli Stati. Qualora la decisione adottata dal Consiglio è su una proposta di legge che non arriva dalla Commissione, quei 255 voti devono essere la manifestazione di volontà di 2/3 degli Stati membri. Ogni Stato può richiedere che i 255 voti siano la manifestazione di volontà del 62% della popolazione dell'UE (sistema di doppia maggioranza).

 

07/03/2012

La procedura della maggioranza qualificata resterà così com'è strutturata fino al 1° Novembre 2014, quando verrà abbandonata la distribuzione proporzionale di voti tra i 27 stati, ma ogni Stato avrà un solo voto da esprimere. Dal 2014 la maggioranza qualificata si raggiungerà con il 55% di voti a favore (15 Stati) purchè questi siano rappresentativi del 65% della popolazione. Le due condizioni devono sussistere entrambe.

Compromesso di Joanninaà1994, il cui contenuto è stato ribadito in occasione della firma del Trattato di Lisbona. Questo compromesso venne redatto quando la Comunità Europea era composta da 12 Stati ed era prossimo un suo allargamento a 15 Stati. In previsione di queste trattatistiche il Regno Unito e la Spagna sollevarono alcuni problemi. La maggioranza qualificata era così strutturata: gli Stati avevano a disposizione 87 voti, una decisione era adottata se si raggiungeva il numero di 62 voti favorevoli. Per bloccare una decisione erano sufficienti 26 voti = minoranza di blocco. Con l'introduzione dei 3 nuovi Stati, gli stessi 87 voti sarebbero stati distribuiti tra 15 Stati. Questo comportava che gli Stati con maggior forza di voto venivano privati di una parte del loro problema, in quanto questi voti venivano distribuiti ai nuovi Stati. L'oggetto del compromesso di Joannina è che se un gruppo di Stati, che rappresentano tra i 23 e i 25 voti, dovessero manifestare apertamente la loro opposizione all'adozione di una posizione, il Consiglio sospenderebbe la delibera e riaprirebbe le trattative e la discussione in merito al progetto onde riuscire ad ottenere un maggior numero di voti a favore. Inoltre per raggiungere la maggioranza il numero di voti favorevoli necessario si alza da 62 a 65.
In realtà, il compromesso di Joannina, non è altro che un nuovo esempio di come gli Stati non fossero così convinti nel dare ampio potere all'organizzazione internazionale. Se possibile preferirebbero l'unanimità, nell'impossibilità di questa condizione, preferiscono avere una maggioranza più estesa possibile.
La Francia non d’accordo di passare all’unanimità su determinate decisioni, quindi assenteàpolitica della sedia vuota: applicazione delle norme del trattato che se dice se un soggetto manca l’unanimità non è raggiunta.

Funzioni del Consiglio dell'UEàla funzione principale è quella legislativa, in quanto l'art. 16 ci dice che il Consiglio esercita, congiuntamente al Parlamento europeo, la funzione legislativa. Tutti gli atti normativi, infatti, devono essere firmati dal presidente del Consiglio. L'altra funzione, contemplata nello stesso articolo, è quella di bilancio. Infine il Consiglio esercita funzioni di definizione delle politiche di coordinamento alle condizioni stabilite nei trattati. Egli ha anche una funzione di controllo sulle altre istituzioni ed ha la possibilità, anch'egli, di svolgere funzioni di indagine sull'attività espletata.

Commissione Europeaàrappresenta gli interessi dell'UE, tutelandoli. E' disciplinata dall'art. 17 del trattato sull'UE. Caratteristica fondamentale, i suoi membri devono essere persone indipendenti dagli Stati d'appartenenza, e non possono svolgere alcun altra attività lavorativa, neanche a titolo gratuito. Proprio per questa caratteristica viene definita organo collegiale di individui.
Oggi i membri sono uno per ogni Stato, ma non è sempre stato così, perchè prima di Nizza vi erano 15 stati e 20 commissari, per dare un segnale del fatto che la commissione non fosse legata agli Stati. Il trattato di Lisbona ha proposto che dal 1° Novembre 2014 il numero di commissari venga ridotto ai 2/3 degli Stati, anche se sulla questione non è ancora detta l'ultima parola.
La procedura di formazione della Commissione Europea vede protagonisti il Consiglio Europeo, il Consiglio e Parlamento europeo. Il Consiglio europeo, a maggioranza qualificata, sceglie l'individuo a suo avviso idoneo ad impersonare il Presidente della Commissione Europea. Il Parlamento europeo può approvare tale scelta oppure non condividere, utilizzando il suo potere di veto. Il Consiglio europeo ha un mese di tempo per individuare un nuovo possibile presidente.
Da Lisbona in avanti, fa parte della Commissione Europea, essendone il vicepresidente di diritto, l'Alto Rappresentante dell'Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza (PESC). Questi, inoltre, presiede i lavori del Consiglio dell'UE, quando si riunisce per gli Affari Esteri. Da una parte fa parte idi un'istituzione indipendente dagli Stati d'appartenenza, d'altra parte, fa parte dell'istituzione che tutela degli interessi degli Stati.
I commissari vengono scelti dal Consiglio con l'accordo del presidente neo-eletto. Il Consiglio delibera anche in questo caso a maggioranza qualificata. I soggetti sono le persone che gli stessi Stati candidano. Questi soggetti si presentano alle Commissioni Permanenti del Parlamento europeo, le quali si occupano delle materie di cui in futuro, ogni commissario si occuperà. Se un membro eventuale futuro non dovesse piacere al Parlamento europeo cerca di farlo capire prima dell'approvazione generale che si dovrebbe avere terminata la fase di presentazione dei soggetti. In effetti, la Commissione deve essere infine approvata complessivamente dal Parlamento europeo.
I membri della Commissione Europea durano in carica 5 anni, in modo da coincidere con la durata del Parlamento europeo. Il mandato è rinnovabile.
La Commissione adotta le proprie decisioni a maggioranza, ma in realtà si riesce sempre a raggiungere l'unanimità dei membri che la compongono. Anche quest'istituzione è assistita da un segretario per le questioni burocratiche e si riunisce una volta la settimana.
Funzione = (art. 17) promuove l'interesse generale per l'Unione Europea. In particolare:

  • Funzione di iniziativa legislativa = gli atti normativi sono adottati su proposta della Commissione Europea. Il Parlamento o il Consiglio possono sollecitare la presentazione dell'atto. La Commissione, però, qualora dovesse non condividere la richiesta del Parlamento o del Consiglio, è  comunque tenuta a giustificare il rifiuto. Se il Consiglio volesse modificare la proposta della Commissione, le suddette modifiche devono per forza essere prese con l'unanimità del Consiglio stesso. Vedere "Libri bianchi" sul libro;
  • Funzione esecutiva e di controllo = si differenzia sotto due particolari aspetti: da un lato la si trova applicata quando la Commissione pone in essere atti in esecuzione a provvedimenti adottati dal Consiglio stesso. La Commissione può, quindi, dare esecuzione ai provvedimenti adottati dal Consiglio. Questo, assieme al Parlamento, può adottare un atto legislativo/provvedimento dando determinate indicazioni generali agli Stati membri. Per quanto riguarda gli aspetti tecnici di applicazione ed esecuzione di tale provvedimento, questi verranno delegati alla Commissione. La delega conferita è molto circoscritta e puntuale nell'individuazione della modalità, degli obiettivi, la durata e la portata. L'attività della Commissione è, inoltre, monitorata da dei comitati creati appositamente, composti da rappresentanti degli Stati. Qual'ora gli atti presi dalla Commissione non sono compatibili con le indicazioni date dal Consiglio, la delega dell'esecuzione può essere revocata. L'altro effetto peculiare della funzione esecutiva è la possibilità di vigilare sulla corretta applicazione dei trattati. La Commissione Europea detiene anche il potere di sanzionare lo Stato che viola le norme dei trattati. Può inoltre presentare ricorsi alla Corte di Giustizia relativi ad eventuali inadempimenti da parte degli Stati;
  • Funzione di rappresentanza = il Presidente della Commissione Europea ha il compito di rappresentanza dell'Unione Europea con l'esterno.

 

12/03/2012

Corte dei Conti à istituzione inserita formalmente tra le altre con il trattato di Maastricht. E' composta da un membro per ciascuno Stato. I membri vengono nominati dal Consiglio a maggioranza qualificata previa consultazione del Parlamento europeo e restano in carica per 6 anni. Il Presidente dura in carica 3 anni ed è rinnovabile. I membri della Corte dei Conti, come quelli della Commissione, devono essere soggetti indipendenti dagli Stati d'appartenenza. Devono essere inoltre possessori di conoscenze specifiche di materie economico-fiscali. Il loro compito è quello di verificare i conteggi di tutti gli organi della Comunità Europea e monitorare la formazione del bilancio dell'Unione Europea. Svolge un controllo formale di legittimità di conteggi ed esprime un'attestazione di affidabilità di questi. La Corte dei Conti può rivolgersi, anch'essa, alla Corte di Giustizia, ma non può sanzionare direttamente come può fare invece la Commissione.
La Corte dei Conti ha un potere consultivo che si espleta con:

  • Pareri obbligatori = parere non vincolante, ma, in quanto previsto dal Trattato, è obbligatorio. Il Consiglio ed il Parlamento dovrà attendere il parere di questo;
  • Parere facoltativo = la Corte dei Conti è legittimata come e quando vuole a dare il proprio parere, ma siccome non è previsto dal Trattato, non è obbligatorio.

Banca Europea degli Investimentiàorgano previsto dall'UE, realtà autonoma di natura finanziaria che prevede la possibilità di elargire prestiti agli Stati in merito ad interventi statali.

Organi di Natura consultivaànon sono istituzioni, anche se anch'essi sono disciplinati dall'art. 13, che elenca le istituzioni, delle quali però non fanno parte. Sono due:

  • Comitato Economico e Sociale = raccoglie e rappresenta le categorie di interessi sociali presenti all'interno degli Stati. Oggi, è composto da 344 rappresentanti (Lisbona ne prevede al massimo 350), la cui durata del mandato è di 5 anni. I membri vengono scelti dal consiglio a maggioranza qualificata, previa consultazione della Commissione Europea. Essi vengono suddivisi in proporzione alla densità demografica di ogni Stato. Per la scelta, il Consiglio analizza un elenco, redatto da ogni Stato, dei potenziali membri. Dopo Lisbona, anche per questo comitato, è prevista l'elezione di un presidente che dura in carica 2 anni e mezzo ed è rinnovabile. Anche il Comitato Economico e Sociale ha pareri di tipo obbligatori ed altri di tipo facoltativo, in base a quanto previsto dal Trattato.
  • Comitato delle Regioni = istituito nel 1994, è una conferma del fatto che si cerca di arrivare nelle realtà più vicine agli individui, per realizzare una totale unione dei popoli. Come per il precedente Comitato, anche questo è composto anch'esso da 344 individui (max 250) e anche in questo caso i membri sono distribuiti in base ad un criterio demografico. Devono essere dei soggetti a livello regionale o locale, all'interno degli Stati. Devono essere quindi titolari di un mandato elettorale regionale locale all'interno della nazione di riferimento. I membri sono scelti ancora una volta, dal Consiglio a maggioranza qualificata, ma senza previa consultazione della Commissione. Ogni membro dura in carica 5 anni, il presidente di questo Comitato rimane in carica 2 anni e mezzo. Infine, questo Comitato ha la possibilità di esprimere pareri di tipo obbligatorio oppure facoltativo.

Corte di Giustiziaàdisciplinata dall'articolo 19 del Trattato sull'Unione Europea. Oggi, con l'espressione Corte di Giustizia, si intende l'insieme di tre organi che esercitano le funzioni giudiziarie all'interno dell'Unione Europea:

  • Corte di Giustizia = nasce nel 1951 con la CECA, e viene utilizzata anche per l'EURATOM e per la CEE. E' un organo preposto a monitorare le norme di diritto comunitario e, eventualmente, a sanzionare gli Stati che non le rispettano. E' un organo collegiale, formata da un giudice per ogni Stato membro. I giudici vengono scelti di comune accordo (all'unanimità) dai governi degli Stati membri. Anche questi membri devono essere assolutamente indipendenti dallo Stato d'appartenenza, si parla infatti di un ordine collegiale di individui. La nomina effettuata dai governi di comune accordo (Consiglio), è prima valutata da un Comitato composto da 7 persone (tendenzialmente ex-membri della Corte di Giustizia) che esprimono il proprio parere. I giudici scelti sono affiancati da 8 avvocati generali, nominati di comune accordo dal Consiglio, e durano in carica 6 anni. Non esercitano però la funzione di avvocato, ma vengono definiti amicus curiae, e aiutano i giudici nell'esercizio delle proprie attività. Il rinnovo dei giudici è sfalsato, ogni tre anni vengono cambiati 13 giudici, per permettere una maggiore continuità all'istituzione. Il Presidente regolerà l'esercizio delle funzioni della Corte e smisterà le cause all'interno della Corte stessa. La Corte lavora in sezioni, composte da 3, 5, o 7 giudici, che si specializzano su determinate cause. La Corte emana due diverse tipologie di provvedimenti: le ordinanze = provvedimenti attraverso i quali si regola lo svolgimento dei processi; e le sentenze = pongono fine alla controversia, la Corte esprime la propria posizione e risolve la causa;
  • Tribunale = venne introdotto con l'Atto Unico Europeo (fine anni '80) con il nome di Tribunale di Primo Grado. La causa che spinse all'introduzione di questo fu l'ingolfamento della Corte di Giustizia, la quale aveva un carico di lavoro eccessivo che provocava un dilungarsi dei tempi eccessivo. Il Tribunale di Primo Grado aiutava quindi a smaltire tutte le cause presentate alla Corte di Giustizia dalle persone fisiche o giuridiche. E' composto da un giudice per ciascuno Stato, scelto di comune accordo dal Consiglio. I membri sono sempre scelti tra le persone che all'interno dei singoli Stati sono ritenuti idonei per la carica. La durata del mandato dei membri è, ancora, di 6 anni ed ogni tre anni vi è un parziale rinnovo di questi. Il tribunale non prevede un ausilio da parte di avvocati generali ma, se la causa lo richiede, viene individuato un giudice del Tribunale che svolgerà la funzione di avvocato generale. Con l'introduzione del Tribunale si è creata la possibilità di un doppio grado di giudizio. La sentenza della Tribunale può quindi essere impugnata e si passa alla Corte di Giustizia, al di sopra della quale non vi è nulla;
  • Tribunali specializzati = si comincia a parlarne col Trattato di Nizza, sotto un altro nome, e riconfermato da Lisbona con il nome attuale. Oggi ve ne è solo uno, nel 2004, che si occupa di problemi legati al rapporto lavoro tra gli agenti... I membri vengono scelti, all'unanimità dal Consiglio, tra le persone idonee all'interno degli Stati membri. I soggetti dovranno essere indipendenti dagli Stati d'appartenenza. Avverso alle sentenze impugnate dai tribunali specializzati, è possibile portare la causa davanti al Tribunale (secondo grado di giudizio). A sua volta, la sentenza del tribunale può essere impugnata davanti alla Corte di giudizio (terzo grado di giudizio).

13-3-2012
Ricorsi: promossi davanti alla Corte di giustizia, due tipi:
Direttiàla procedura è quella che caratterizza i procedimenti di natura contenziosa (due parti che sono in contrasto tra loro più la Corte di giustizia o Tribunale che stabilisce chi ha ragione). Fase scritta (primo tempo, con un documento chiamato RICORSO PRESENTATO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA, vi sono un ATTORE, che introduce il procedimento del ricorso e un CONVENUTO, chiamato in causa; esso viene depositato presso la Cancelleria della Corte. Al ricorso gli viene attribuito un numero di riferimento, luogo e data; una volta accaduto ciò il ricorso viene notificato al convenuto, cioè portato a conoscenza. Successivamente viene pubblicato sulla Gazzetta ufficiale. A questo punto il convenuto può presentare un suo contro ricorso, sempre scritto, alla Cancelleria, a cui può seguire una replica dell’attore e una contro replica del convenuto) e orale (secondo tempo, caratterizza da udienze pubbliche; prima udienza si espone oralmente la causa dal Giudice relatore, che si studia la causa approfonditamente e avrà il compito di formulare la propria relazione orale nel corso dell’udienza, costruendo la vicenda e esprimere le posizioni dei 2 soggetti, i giudici possono decidere di acquisire delle proveàfase istruttoria; tutto può chiudersi in un’unica udienza oppure in altre. Questa fase termina con la presentazione da parte dell’avvocato generale, il quale affianca la Corte e i giudici per la decisione, delle sue conclusioni, documento non vincolante, ma serve ai giudici per farsi un’idea di come può andare a finire, avere una possibile opinione sulla risoluzione della causa; le conclusioni vengono depositate in un fascicolo. La Corte si chiude in camera di Consiglio all’interno della quale i giudici devono decidere su come risolvere la causa e ne usciranno solo quando avranno deciso chi ha ragione tra i 2 soggetti, dando lettura del provvedimento preso e riservandosi un periodo di tempo per depositare le motivazioni della sentenza)
Rinvii pregiudizialiàcompetenze non contenziose. Si caratterizzano dal fatto che la Corte non deve dare ragione ai due soggetti, bensì viene richiesta un’interpretazione delle norme del diritto comunitario. La procedura è in parte diversa a quella precedente, perché sono caratterizzati da: perché possa essere imbastito un procedimento, è necessario che esista un processo davanti al giudice nazionale, un giudice di uno stato membro. Il problema interpretativo deve sorgere davanti al giudice nazionale; posto che egli non è competente a interpretare il diritto comunitario, egli sospende con un’ordinanza il procedimento nazionale e invia le carte alla Corte di giustizia, chiedendole di interpretare la norma comunitaria al caso sottoposto. Il ricorso inviato arriva alla Cancelleria della Corte la quale provvede a scrivere il numero di riferimento, data e luogo; cosa importante viene introdotto in tutte le lingue ufficiali (23) e pubblicato sulla Gazzetta e notificato a tutti gli stati e istituzioni comunitarie, che entro 2 mesi presenteranno osservazioni scritte. Fase oraleàudienze pubbliche, giudice relatore presente, eventuale istruttoria per approfondire determinati temi, conclusioni orali e scritte dell’avvocato generale. Tale sentenza viene inviata al Giudice nazionale, che aveva sospeso il processo a livello nazionale; dopo aver ricevuto le carte e la sentenza, deciderà sulla causa nazionale, attenendosi a quanto indicato dalla Corte (sentenza vincolante).
Procedure di natura contenziosa esposte alla Corte di giustizia:
Ricorso di annullamento o legittimitààart. 263 UE. Oggetto: atti normativi adottati dall’UE. Possono essere sottoposti al controllo di legittimità tutti quegli atti che producono effetti giuridici. Chi può presentare ricorso per annullamento? Soggetti privilegiati (Consiglio, Commissione, Stati, Parlamento eu, il soggetto può presentare ricorso x annullamento senza dover giustificare la presentazione), semi privilegiati (BCE, Corte dei conti e Comitato delle Regioni, essi possono presentare ricorso solo per salvaguardare le proprie prerogative) e non privilegiati (persone fisiche e giuridiche, non possono presentare ricorso contro tutti gli atti, bensì solo avverso le decisioni, una categoria specifica di atto vincolante adottato dall’UE che ha destinatari individuali, che li riguardano direttamente; può capitare che le istituzioni comunitarie anziché scrivere decisioni, scrivano regolamento o direttiva, per evitare che persone fisiche non possano fare ricorso. Quindi è opportuno leggere la norma e se ci si rende conto che questa nella sostanza è una decisione ma non nella forma, la persona fisica o giuridica può comunque fare ricorso). Entro due mesi se non viene presentato il ricorso, l’atto è annullato.
Ragioni e cause per presentare il ricorso: sono 4 motivi:
-IncompetenzaàUE interviene su una materia che a lei non interessa, quindi crea un atto nullo;
-Violazione delle forme sostanzialiàquando vengono emanati degli atti nulli per via della violazione di un passaggio dell’iter normativo;
-Violazione del trattato (o di qualsiasi regola di diritto) relativa alla sua applicazioneàpuò essere il caso in cui si redige l’atto normativo e si sbagli ad indicare l’articolo che attribuisce la competenza e, quindi, porta all’annullamento dell’atto;
-Sviamento di potereàsi verifica quando l’istituzione che emana l’atto, utilizza tale strumento per eccedere nelle proprie competenze. Viene violato quindi, il principio di proporzionalità (contenere il proprio intervento all’interno del sistema comunitario).

14-3-2012
La sentenza emanata dalla Corte di giustizia è di natura declaratoria (si limita a dire che l’atto è nullo oppure no): qualora dovesse ritenerlo nullo, gli effetti sono:
Efficacia erga omnesàeffetti nei confronti di tutti i soggetti appartenenti all’UE; quella norma non ci sarà più, non solo per coloro che hanno presentato ricorso ma su tutti.
Efficacia retroattiva, ex tunc (da allora)àeliminati tutti gli effetti conseguenti che ha prodotto quell’atto dichiarato nullo e si ritorna al momento della pubblicazione dell’atto, come se non fosse mai esistito.

Casi in cui la Corte ritiene opportuno e di minor danno far salvi alcuni effetti dell’atto dichiarato nulloàefficacia ex nunc (da ora).

Ricorso in carenzaàoggetto di questo ricorso è un’ipotesi di inadempimento di un’istituzione comunitaria art. 265. Qualora un’istituzione si astenga dal pronunciarsi, in questo caso gli Stati e le istituzioni possono presentare ricorso alla Corte dell’UE. La caratteristica è che prima di interpellare la Corte, l’istituzione inadempiente deve essere avvertita (fase precontenziosa): invio di una lettera di messa in mora con lasso temporale di due mesi al destinatario per agire; se l’istituzione non cogliesse le sollecitazioni, lo Stato o le istituzioni andranno davanti alla Corte di Giustizia per vedere se c’è realmente un inadempimento. Se c’è, la Corte si pronuncerà con una sentenza declarativa (constaterà se l’inadempimento c’è o no).
I ricorsi presentati dagli Stati e istituzioni essi vengono rivolti alla Corte, mentre quelli da persone fisiche e giuridiche al Tribunale (hanno un doppio grado di giudizio).

Ricorso per inadempimento o infrazione (art.258-259-260 TFUE)àoggetto: un inadempimento o infrazione delle norme del trattato poste in essere da uno Stato membro dell’UE. Soggetti legittimati a presentare questo tipo di ricorso: la Commissione europea (unica istituzione) e Stati membri. Procedura: lo Stato non dà attuazione delle norme o lo fa, ma in malo modo, la Commissione riscontra o constata l’inadempimento o di adempimento errati. Tappe: due fasi:

  • Precontenziosaàla Commissione riscontra l’inadempimento e invia una lettera di messa in mora allo Stato; esso deve rispondere entro due mesi, non tassativi, se l’infrazione è avvenuta o meno. Se la Commissione capisce che le giustificazioni sono infondate, agisce con ampia discrezionalità se andare avanti contro lo Stato oppure di chiudere un occhio e non andare davanti alla Corte di giustizia; se pensa che le giustificazioni siano false presenta un parere motivato (atto scritto più completo) in cui spiega la situazione e sarà oggetto di ricorso davanti alla Corte, formalizza l’accusa. Se cambia la circostanza quel parere non vale più, bisogna mandarne uno nuovo, preceduto dalla lettera di messa in mora. Se lo Stato sana la situazione contestata, la procedura si chiude; se invece facesse il contrario, la Commissione può adire la Corte di Giustizia, inoltrando un ricorso diretto per infrazione. Se la Corte dovesse ravvisare l’infrazione dello Stato, provvede ad emanare una sentenza in cui dichiara lo Stato inadempiente, la sentenza ovviamente viene pubblicata; se lo Stato dovesse continuare a far nulla, le accuse mosse possono essere due: la Commissione può dire che la sua inadempienza continua; nonostante continua la violazione, esso è inadempiente rispetto alla sentenza della Corte. Quindi rimane colpevole della precedente violazione e diviene responsabile per non aver rispettato la sentenza della Corte. La Commissione ha la possibilità di riproporre un ricorso per inadempimento per questa violazione, mandando un parere motivato allo Stato descrivendo la situazione grave in cui si trova, dopodiché se la Commissione torna davanti alla Corte, quest’ultima può intervenire in modo più severo, emanando una sanzione pecuniaria nei confronti dello Stato, seguendo una tabella prestabilita; con il Trattato di Lisbona, la Corte può, sin da subito dal primo ricorso, emanare una sanzione pecuniaria allo Stato, in caso in cui esso non abbia avvisato l’UE.
  • Contenziosaàse invece è lo Stato a presentare ricorso, deve rivolgersi alla Commissione, che svolge il ruolo di organi di conciliazione tra gli Stati, e gli espone la sua posizione dicendo che uno Stato è inadempiente. La Commissione inoltra una lettera di messa in mora allo Stato accusato e gli chiede di rispondere alle accuse mosse dello Stato accusatore: se le risposte non sono soddisfacenti o non interviene, la Commissione ha 3 mesi di tempo per emanare il suo parere motivato: qualora ritenesse opportuno non emanarlo, lo Stato accusatore può decidere di rivolgersi direttamente alla Corte. Terminata la procedura e la Corte ritiene che lo Stato accusato sia inadempiente e se continua nel suo percorso di infrazione, lo Stato accusatore non ha l’opzione di presentare un secondo giro di ricorso diretto che solo la Commissione ha.

Ricorsi in materia di responsabilità extracontrattuale promossa nei confronti dell’UEà L’Unione deve risarcire i danni di cui è responsabile. I danni possono essere cagionati, ad esempio, da un agente dell’UE nell’esercizio delle sue funzioni, o possono derivare dall’attività normativa delle istituzioni europee, come l’adozione di un regolamento.

La responsabilità extracontrattuale dell’UE è sottoposta a disposizioni uniformi elaborate dalla giurisprudenza della CGUE. Il ricorso può essere intentato da privati o da Stati membri che sono stati vittime del danno e che vogliono ottenere un risarcimento. Il ricorso va presentato entro un termine di cinque anni a decorrere dal verificarsi del danno.
La Corte di giustizia riconosce la responsabilità dell’Unione se si verificano tre condizioni:

  • Il ricorrente ha subito un danno;
  • Le istituzioni europee o i loro agenti hanno tenuto un comportamento illegale rispetto al diritto europeo;
  • Esiste una relazione di causalità diretta tra il danno subito dal ricorrente e il comportamento illegale delle istituzioni europee o dei loro agenti.

Il ricorso per responsabilità intentato dinanzi alla Corte di giustizia dell’UE può chiamare in causa solamente la responsabilità dell’Unione. I privati possono anche impegnare la responsabilità degli Stati membri in caso di danno provocato dalla cattiva applicazione del diritto europeo. I ricorsi intentati contro gli Stati membri, però, devono essere presentati dinanzi ai giudici nazionali.
Quando si verifica una situazione di responsabilità extracontrattuale, l’UE deve risarcire i danni art.288 TCE -340. Il danno è risarcibile, in linea di principio, soltanto se provocato con colpa: significa che l'evento, che non è stato intenzionalmente determinato, si è verificato a causa di negligenza,  imprudenza, imperizia oppure senza l'osservanza di norme.
Per la richiesta dei danni devo avere: un danno, un agente con condotta illegale e ci sia un nesso.

19-3-2012
La domanda di risarcimento danni, può essere presentata entro i 5 anni dall’avvenuto danno. Se decorrono tali anni, la domanda del soggetto decade. Per quanto riguarda la quantificazione del danno l’UE non ha tabelle particolari, ma utilizza i principi presenti e comuni all’interno degli Stati membri. In materia di quantificazione del danno si dice che il danno che deve risarcire l’UE è il danno nella sua complessità che può essere:

  • Patrimonialeàl’UE è chiamata a risarcire tanto i danni patrimoniali da lucro cessante (viene ad individuare il guadagno patrimoniale, al netto delle spese, che viene a mancare in conseguenza dell'inadempimento.) tanto quelli a danno emergente (perdita subita: si quantifica secondo la perdita che ha subito il patrimonio del creditore dalla mancata, inesatta o ritardata prestazione del debitore o da un danno cagionato).
  • Moraleàlegato al turbamento dell’individuo, stato psicologico, accettazione del danno e situazione.

Altre competenze della Corte di giustizia nell’ambito delle controversie contenziose:

    • Art .273: disciplina un’ipotesi della Corte quale giudice internazionale, che deve dividere una controversia tra gli Stati e solo se essi gli hanno attribuito tale competenza attraverso un compromesso.

Competenza NON contenziosa spetta esclusivamente alla Corte di giustizia (27 giudici e 8 avvocati generali):

  • Ambito della conclusione degli accordi internazionali. Art. 218 n. 11 (TFUE): la funzione non contenziosa attribuita alla Corte di giustizia, circa la compatibilità di un accordo con gli Stati con il Trattato è una competenza di natura consultiva. Se ritiene che essi siano compatibili, viene ratificato e va in vigore; se invece è incompatibile, le conseguenze sono o che l’accordo viene modificato o si deve modificare il Trattato.

20-3-2012

  • Rinvii pregiudiziali: competente solo la Corte di Giustizia che può riceverli.   Caratterizzati dal fatto che deve sussistere una controversia in ambito nazionale e il Giudice nazionale deve decidere di sospendere il procedimento interno e interpellare la Corte di giustizia. La particolarità della procedura è che il ricorso viene tradotto nelle lingua ufficiali e pubblicato nella Gazzetta ufficiale e messo a disposizione a tutti gli Stati membri che hanno 2 mesi di tempo presentare relative osservazioni. Una volta ottenuta la sentenza, essa viene trasmessa la giudice nazionale e la utilizzerà per procedere con il processo interno. Art. 267 TFUEà1. può avere ad oggetto una richiesta di interpretazione dei trattati o di 2. verifica di validità di una norma e un’interpretazione di una norma adottata da un’istituzione. Chi può presentare il rinvio pregiudiziale? Solo i giudici nazionali. I giudici degli stati membri possono rivolgersi alla Corte di giustizia se ritengono che una norma sia stata interpretata male, ma se decidono di non presentarlo non succede nulla; ad eccezione dei giudici di ultima istanza perché loro hanno l’obbligo di presentare il rinvio. È colui contro le cui sentenze non è ammessa la possibilità di fare alcun ricorso. La sua sentenza è definitiva. Le sentenze della Corte di giustizia hanno efficacia inter partesàefficacia vincolante nell’ambito della controversia nazionale ove si è posto il problema. Efficacia erga omnesàin merito alle sentenze relative alla validità degli atti, cioè efficaci nei confronti di tutti; perché se l’atto è stato giudicato non valido, non lo è né per le parti in causa né per l’UE.

 

26-3-2012
Fonti del diritto:
Il sistema delle fonti del diritto è costituito da:
A. Trattati istitutivi = si parla in tale proposito, di norme "costituzionali" dell'ordinamento dell'UE, per indicare appunto la loro posizione preminente in questo ordinamento e il loro valore inderogabile, tanto da poter essere modificate soltanto da un nuovo trattato stipulato tra gli Stati membri. ;
B. Accordi internazionali;
C. Diritto derivato;
D. Principi generali dell'ordinamento dell'UE.

Tra le fonti esistono due principi che vigono e regolano i rapporti fra le stesse fonti:
1. In quanto le fonti possono essere primarie o secondarie, una fonte che sta al di sotto non potrà mai modificarne una superiore;
2. Fra fonti di pari grado, una fonte successiva può modificarne una precedente.

Nel nostro ordinamento, nel gradino soprastante troviamo i Trattati istitutivi. Subito sotto vi sono, invece, i principi generali dell'ordinamento comunitario, collocati nel secondo gradino della gerarchia in quanto vengono menzionati all'interno dei Trattati. Questo significa che se non ci fossero i Trattati, non ci sarebbero neanche i principi. 
Principi generali sono menzionati all’interno del Trattato e li collochiamo al di sotto di essi, perché, se non ci fossero i Trattati non parleremo di principi generali.
Quando si parla dei principi generali bisogna distinguerne le tipologie che si occupano di oggetti diversi:
- Principi generali comuni degli Stati membri (p.207) (menzionati quando si è parlato di responsabilità extracontrattuale), come ad esempio il principio della non retroattività della norma, quello della certezza del diritto (la norma deve essere chiara e precisa nei confronti dei soggetti);
- Principi enunciati espressamente all'interno dei Trattati (p.211), come quello di solidarietà, di attribuzione, quello di proporzionalità, di sussidiarietà, di leale cooperazione, ecc... Costituiscono ormai una fonte non scritta del diritto dell'Unione: la Corte svolge dunque una vera e propria funzione normativa o di "legislazione giurisprudenziale";
- Principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia (p.217), enunciati nell'ambito delle sentenze della Corte, come ad esempio il principio del mutuo riconoscimento (si tratta della fiducia che gli Stati devono riporre tra loro, che è obbligatoria. Uno Stato deve fidarsi dei controlli effettuati da un altro Stato membro);
- principi relativi alla tutela dei diritti dell'individuo e alle libertà fondamentali (p.215) (che entrano a far parte integrante dell'UE nel Trattato di Maastricht e successivamente con Amsterdam, Nizza e Lisbona. In realtà, già negli anni '70, la Corte di giustizia ne denunciava la mancanza. La carta dei diritti fondamentali (documento che enuncia ed elenca tutti i diritti fondamentali che si rivolgono all'individuo) è stata dichiarata non vincolante fino al 2009, con il Trattato di Lisbona.

  • Comuni degli Stati Membriànon retroattività della norma (norma giuridica pubblicata sulla gazzetta ufficiale, troverà applicazione solo quando entrerà in vigore); certezza del diritto (una persona deve trovare applicata nei suoi confronti, una norma precisa).
  • Enunciati all’interno dei Trattatiàsussidiarietà, proporzionalità, attribuzione, leale cooperazione.
  • Elaborati dalla giurisprudenza della Corte di giustiziaàmutuo riconoscimento (enuncia un principio di affidamento, fiducia, che gli Stati devono provare tra loro); riguardo ai Diplomi (utilizzabile anche in un altro Stato dell’UE).
  • Tutela dell’individuo e dei diritti fondamentaliàTrattato di Maastricht e poi Amsterdam. Fino agli anni 70 la Corte di Giustizia se ne occupava e ne aveva introdotto il problema. Carta dei diritti fondamentali è vincolante dal Trattato di Lisbona.

Atti normativi di diritto derivatoàart. 288 TFUE (trattati, principi, atti di diritto derivato), sono tutti quegli atti normativi che vengono prodotti dalle istituzioni comunitarie applicando le varie procedure (legislativa ordinaria e speciale). Diritto derivato perché derivano dal Trattato. Li collochiamo al 3 gradino perché nel momento stesso in cui le istituzioni adottano le norme giuridiche, devono rispettare i principi all’interno del trattato. Quali sono e come si differenziano? Distinguiamo in:

  • VincolantiàI requisiti formali richiesti per tutti questi tipi di atti sono: tutti devono essere dotati di una motivazione (le istituzioni devono spiegare il perchè hanno deciso di adottare tale atto), tutti devono avere un espresso riferimento alla base giuridica (devono far riferimento alle norme che li legittimano ad intervenire su quella materia), nell'ambito delle politiche concorrenti dev'esserci espresso riferimento al principio di sussidiarietà, dev'essere fatto riferimento alla proposta della Commissione ed ai pareri obbligatori. Tutti gli atti normativi devono essere pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell'UE ed entrano in vigore una volta decorsi 20 giorni dalla loro pubblicazione, salvo eccezioni. Questo lasso temporale viene definito vacatio legis. L'entrata in vigore può tuttavia essere ritardata o immediata (cioè il giorno stesso della pubblicazione). Quest'ultima è ammessa solo per motivi di urgenza inerenti alla natura della misura presa. L'efficacia retroattiva è normalmente esclusa, salvo che lo richieda il fine perseguito e purché sia rispettato il legittimo affiamento degli interessati. Tra gli atti di diritto derivato vincolante non esiste alcuna gerarchia.
    Regolamenti (ha tre caratteristiche fondamentali:
    - E' un atto avente portata generale, ossia il regolamento individua il suo destinatario in modo generale e astratto. L'atto viene sottoposto ad una verifica;
    - E' obbligatorio in tutti i suoi elementi, in quanto il Regolamento indica al suo destinatario l'obiettivo da raggiungere e tutti i mezzi per raggiungerlo. La sua obbligatorietà sta nell'essere atto vincolante sia nell'obiettivo che nei mezzi per raggiungerlo.
    - E' direttamente applicabile in tutti gli Stati, vale a dire che una volta trascorso il vacatio legis il regolamento entra in vigore ed è automaticamente applicabile all'interno degli Stati come se fosse norma interna, producendo effetti immediati nei confronti di tutti i soggetti di diritto interno. Inoltre, i regolamenti non hanno bisogno di alcun atto di recezione o di attuazione da parte degli Stati membri: anzi, qualsiasi misura di recepimento mediante un atto normativo interno deve considerarsi illegittima. La Corte di giustizia ha però precisato che le misure nazionali di attuazione dei regolamenti sono ammissibili per colmare loro eventuali lacune, ma solo nella misura indispensabile alla loro corretta esecuzione e purché non ne modifichino la portata o la sostanza o, ancora, per superare difficoltà di interpretazione.
    Si è soliti distinguere i regolamenti di base, adottati dal Consiglio, dai regolamenti di esecuzione (o delegati), emanati per l'attuazione dei primi, di solito adottati dalla Commissione previo conferimento dei poteri necessari da parte dell'atto normativo di base. I regolamenti di esecuzione devono risultare conformi al regolamento di base, pena la loro invalidità.), direttive (meglio riesce ad ottenere quel riavvicinamento delle legislazioni nazionali, perché pone un obiettivo comune tra tutti gli Stati; efficacia mediata, cioè per poter produrre i suoi effetti necessita un intervento degli Stati. Ci sono 3 casi in cui produce i suoi effetti in maniera immediata anche senza una norma di attuazione:
  • Obbligo di non facereàla direttiva rivolta allo Stato dice quello che non deve fare lo Stato preso in questione;
  • Obblighi già previsti nei Trattatiàsi limitano solo a ribadire gli obblighi già noti agli Stati;
  • Dettagliate o particolareggiateàadottate dall’UE all’interno delle quali non si è limitata a indicare l’obiettivo da raggiungere, ma anche il mezzo con cui raggiungerlo. Atto che ribadisce le caratteristiche del regolamento) e decisioni (è obbligatoria in tutti i suoi elementi. Ha portata individuale. Il soggetto destinarlo della decisione possono essere gli Stati membri e i privati cittadini. Se la decisione è rivolta ad uno Stato, essa segue la disciplina della direttiva; laddove invece è rivolta ad una persona fisica, essa segue la disciplina dei regolamenti, quindi è obbligatorio in tutti i suoi elementi ed è direttamente applicabile). Caratteristiche tipiche degli atti vincolanti: tutti gli atti devono essere dotati di una propria motivazione(spiegazione del perché le istituzioni hanno ritenuto necessario intervenire con un atto vincolante)
  • Non vincolantiàraccomandazioni (tipologia di atto adottato dalle organizzazione internazionali, atti attraverso i quali suggerisce comportamenti da tenere alle istituzioni, Commissione europea e Consiglio utilizzano le raccomandazioni) e pareri (atto attraverso il quale si esprime una propria opinione).

27-3-2012
Accordi internazionaliàconcluso tra UE e Stati che non fanno parte dell’UE. Come tipologia di fonte del diritto li collochiamo al di sotto dei Trattati, dei principi; è collocato tra i principi e gli atti di diritto derivato. Gli accordi presi dall’Unione, vincolano le istituzioni dell’UE e degli Stati membri. Il soggetto che negozia l’accordo è la Commissione, chi conclude l’accordo è il Consiglio.
Accordi di associazioneàstipulati dall’UE, disciplinato dall’art. 217. in qualche l’UE spende il proprio ruolo per creare relazioni non solo di natura economica, ma anche socio-assistenziali con paesi in via di sviluppo, detti paesi ACP (Africa, Caraibi e Pacifico). Associazione creata tra l’UE e gli stati ACP, caratterizzata da diritti e obblighi reciproci e azioni in comune. Consiglio di associazione: rappresentanti dell’UE e degli Stati membri dell’associazioni. Comitato di associazione: si occupa dell’esecuzione nel raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Principio della diretta applicabilità del diritto dell’UEàtrova applicazione relativamente alle norme di diritto dell’UE che hanno quale destinarlo lo Stato. È un principio in base al quale qualora una disposizione del Trattato CE o di un atto comunitario, esso crea diritti e obblighi in favore dei privati, i quali sono legittimati ad esigere, davanti alle giurisdizioni nazionali, la stessa tutela riconosciuta per i diritti di cui sono titolari in base alle norme dettate dall’ordinamento interno. Ovviamente tale principio ha assunto un’importanza fondamentale soprattutto nella valutazione di atti comunitari diversi dai regolamenti: per questi ultimi, infatti, è lo stesso trattato che all’art. 249 prevede che essi siano obbligatori in tutti i loro elementi e direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri. E’ un principio che consente ai singoli di invocare direttamente una norma europea dinanzi a una giurisdizione nazionale o europea. Tale principio si applica unicamente ad alcuni atti europei ed è inoltre subordinato a diverse condizioni. L'efficacia diretta del diritto europeo è, insieme al principio del primato, un principio cardine del diritto europeo. Esso è stato introdotto dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) e consente ai singoli di invocare direttamente il diritto europeo dinanzi ai tribunali, a prescindere dall’esistenza di atti normativi di diritto nazionale. Il principio dell’efficacia diretta garantisce quindi l’applicabilità e l’efficacia del diritto europeo negli Stati membri. Tuttavia, la CGUE ha definito diverse condizioni da soddisfare affinché un atto giuridico europeo possa essere direttamente applicabile. L’efficacia diretta di un atto può inoltre riguardare unicamente i rapporti tra un singolo e uno Stato membro oppure essere estesa ai rapporti tra singoli. L'efficacia diretta del diritto europeo è stata introdotta dalla Corte di giustizia con la sentenza Van Gend en Loos del 5 febbraio 1963. In tale sentenza la Corte ha stabilito che il diritto europeo non solo impone obblighi agli Stati membri ma attribuisce anche diritti ai singoli. I singoli possono pertanto avvalersi di tali diritti e invocare direttamente le norme europee dinanzi alle giurisdizioni nazionali ed europee. Non è quindi necessario che lo Stato membro recepisca la norma europea in questione nel proprio ordinamento giuridico interno. L'efficacia diretta ha due aspetti: verticale e orizzontale.
L'efficacia diretta verticale si spiega nei rapporti tra i singoli e lo Stato: i singoli possono far valere una norma europea nei confronti dello Stato.
L'efficacia diretta orizzontale si manifesta nei rapporti tra singoli, ossia consente a un singolo di invocare una norma europea nei confronti di un altro singolo.
A seconda del tipo di atto in questione, la Corte di giustizia ha distinto tra efficacia diretta piena (orizzontale e verticale) ed efficacia diretta parziale (solo verticale).
Il principio dell’efficacia diretta riguarda anche gli atti di diritto derivato, ossia adottati dalle istituzioni sulla base dei trattati istitutivi. Tuttavia, la portata dell'efficacia diretta varia a seconda del tipo di atto:
il regolamento: i regolamenti hanno sempre un’efficacia diretta. L’articolo 288 del trattato sul funzionamento dell’UE precisa infatti che i regolamenti sono direttamente applicabili negli Stati membri. La Corte di giustizia precisa nella sentenza Politi del 14 dicembre 1971 che si tratta di un’efficacia diretta piena;
la direttiva: la direttiva è un atto rivolto agli Stati membri che deve essere recepito dai medesimi nei rispettivi diritti nazionali. Ciononostante, in alcuni casi, la Corte di giustizia riconosce alla direttiva un’efficacia diretta al fine di tutelare i diritti dei singoli. La Corte ha quindi stabilito nella propria giurisprudenza che una direttiva ha efficacia diretta quando le sue disposizioni sono incondizionate e sufficientemente chiare e precise (sentenza del 4 dicembre 1974, Van Duyn). Tuttavia, l’efficacia diretta può avere carattere verticale ed essere applicabile soltanto se gli Stati membri non hanno recepito la direttiva entro i termini previsti (sentenza del 5 aprile 1979, Ratti);
la decisione: le decisioni possono avere efficacia diretta quando designano uno Stato membro come destinatario. La Corte di giustizia riconosce quindi un’efficacia diretta solo verticale (sentenza del 10 novembre 1972, Hansa Fleisch);
gli accordi internazionali: nella sentenza Demirel del 30 settembre 1987 la Corte di giustizia ha riconosciuto un’efficacia diretta a taluni accordi in base agli stessi criteri stabiliti dalla sentenza Van Gend en Loos;
i pareri e le raccomandazioni: i pareri e le raccomandazioni non sono giuridicamente vincolanti e sono quindi privi di efficacia diretta.

Principio del primato del diritto dell’UEàsancisce il valore superiore del diritto europeo rispetto ai diritti nazionali degli Stati membri. Il principio del primato vale per tutti gli atti europei di carattere vincolante. Gli Stati membri non possono quindi applicare una norma nazionale contraria al diritto europeo. Il principio del primato garantisce la superiorità del diritto europeo rispetto ai diritti nazionali ed è uno dei principi cardine del diritto europeo. Questo principio non è contemplato nei trattati ma è stato introdotto dalla Corte di giustizia dell’Unione europea. Il primato del diritto europeo sui diritti nazionali è assoluto. Pertanto, ne beneficiano tutti gli atti europei di carattere vincolante, di diritto sia primario che derivato.
Tale principio vale inoltre nei confronti di qualsiasi atto normativo nazionale di qualsiasi natura (legge, regolamento, decreto, ordinanza, circolare, ecc.) che sia stato emesso dal potere esecutivo o legislativo dello Stato membro. Anche il potere giudiziario soggiace al principio del primato. Il diritto da esso prodotto, ossia la giurisprudenza, deve pertanto rispettare il diritto comunitario.
La Corte di giustizia ha stabilito che anche le costituzioni nazionali sono soggette al principio del primato. Il giudice nazionale è quindi tenuto a non applicare le disposizioni costituzionali contrarie al diritto europeo. Come per il principio dell'efficacia diretta, è la Corte di giustizia che controlla la corretta applicazione del principio del primato del diritto comunitario, condannando gli Stati membri che non lo rispettano con decisioni rese in base ai ricorsi previsti dai trattati istitutivi, in particolare il ricorso per inadempimento.
Anche il giudice nazionale è tenuto a far rispettare il primato del diritto comunitario e in caso di dubbio può presentare un rinvio pregiudiziale. In una sentenza del 19 giugno 1990 (Factortame), la Corte di giustizia ha stabilito che il giudice nazionale, nell'ambito di una questione pregiudiziale sulla validità di una norma nazionale, deve sospendere immediatamente l'applicazione della norma in questione fino al momento in cui si pronuncia in esito alla soluzione fornita dalla Corte.

28-3-2012
Corte costituzionaleàorgano giudiziario del nostro ordinamento, è chiamata a valutare la compatibilità di una norma interna con la Costituzione.

2-4-2012
Sentenze della Corte costituzionale che hanno segnato le tappe dello stato italiano:

  • Costa contro Enel (pag. 413)à1964, prima fase. Visto che lo stato italiano nel momento in cui ha aderito alla CEE ha accettato sovranità in favore di questa organizzazione internazionale, il ragionamento della Corte costituzionale era che non dovevano esserci dei problemi, data l’accettazione precedente. Sentenza della CC invece della CG, profondamente differenti.
  • Sentenza Frontinià1974, Italia, tagliata dalla CEE (seconda fase). La CC ammette che l’art 11 rientri anche nel nostro paese. Le norme discendenti dell’UE hanno un rango costituzionale, quindi portate al di sopra delle leggi ordinarie, sono più tutelate. Unico elemento limitante l’efficacia della sentenza Frontini è individuazione dell’organo che può riconoscere il contrasto tra una norma interna e una comunitaria. Il soggetto è solo la Corte Costituzionale stessa. Se il giudice interno riscontra tale contrasto deve sospendere il processo interno, mandare le carte alla CC per chiederle se vede tale contrasto. Se lo trova, la norma interna viene dichiarata costituzionalmente illegittima, altrimenti è legittima. Sentenza Simmenthal (1978) vedi pag 416.
  • Sentenza Granital (1984)àterza fase. La CC ribadisce la tutela all’ordinamento comunitario attraverso l’art 11, il quale può essere applicato alla CEE. Di fronte ad un contrasto, il giudice nazionale, può automaticamente applicare la norma comunitaria e non applicare quella interna. Limite di questa sentenza: non parla né di abrogazione né di cancellazione, ma parla di non applicazione. Sul territorio italiano, situazioni simili possono essere gestite in modo diverso.

Teoria dei contro limiti: oggi lo stato italiano riconosce la norma comunitaria prevale su tutto l’ordinamento nazionale, salvo che tale norma non vada a violare i principi fondamentali dell’ordinamento nazionale stesso. Rispetto all’attuazione delle normative comunitarie, lo stato italiano si è sempre trovato in ritardo in quanto non era ben chiaro chi dovesse occuparsi di tale compito. In Italia, il soggetto preposto a legiferare è il Parlamento, il quale può delegare questo compito al Governo. L’incarico delegato deve essere puntuale e preciso. 1989àLegge Lapergola, successivamente modificata nel 2005 con la legge n. 11: entro il 31-1 di tutti gli anni, il Governo (Ministro delle politiche comunitarie) propone un progetto di legge al Parlamento; un’individuazione di tutte le direttive alle quali lo stato italiano deve dare attuazione e individua anche chi si deve (e come) occupare di dare attuazione a tali norme. Progetto discusso in Parlamento e l’atto che chiude il percorso è la cosiddetta LEGGE COMUNITARIA che lo stato adotta tutti gli anni. àelenco delle direttive, dell’indicazione dei soggetti che se ne devono occupare, modalità, può abrogare le norme che nel periodo si sono riconosciute in contrasto con la norma comunitaria. Se l'argomento della direttiva appartiene alle competenze esclusive della Regione si presenta il problema dell'individuazione del soggetto che deve legiferare. In principio, in quanto la norma è rivolta allo Stato, questo pretendeva di riallargare i propri poteri. Le Regioni, manifestando la loro posizione contraria, sono però riuscite ad ottenere la competenza specifica.
Risultato = se la direttiva si occupa di materie riguardanti le competenze esclusive della Regione, sarà questa ad occuparsene. Nel caso di materie concorrenti tra Stato e Regioni, a queste ultime tocca l'attuazione della norma comunitaria e solo se la Regione dovesse risultare inadempiente, lo Stato può sostituirsi alla Regione. Lo Stato può, inoltre, indicare criteri guida ai quali la Regione deve attenersi nell'attuazione della normativa.

PARTE SPECIALE

3-4-2012
Mercato internoàprincipi che hanno segnato un’evoluzione dal mercato comune a quello interno:

  • Paese di destinazione: i prodotti e persone che circolano all’interno dell’area comunitaria, hanno diritto di doversi applicare la normativa del paese in cui stanno; nel corso degli anni emerge che il principio non andava bene alla CEE e quindi andava cambiato, poiché qualche piccola discriminazione la faceva;
  • Paese di origine: trova origini nel 1969 con la sentenze Cassis de Diijon; se un prodotto, titolo è valido all’interno di uno Stato membro, allora quello stesso prodotto non dovrà essere sottoposto a ulteriori controlli e normative speciali, quindi deve poter circolare in tutti gli Stati membri;

Libera circolazione delle merciàtrova disciplina nel TFUE, art. 28 a 37. Per merce si intende qualsiasi prodotto a cui può essere attribuito un valore economico. Due sottogruppi di norme:

  • Unione doganale: art 30-31-32 TFUE essa è una realtà economica che prevede l’abolizione dei dazi doganali (tasse richieste nei rapporti commerciali tra gli Stati) nei rapporti degli Stati membri. Essa fa sì che il territorio costituito dai singoli territori dai vari Stati, non abbia più dazi. Sul perimetro esterno dell’area comune viene applicata una tassa nei rapporti con gli Stati terzi, tassa uguale per tutti gli Stati membri. Quando si crea l’unione doganale all’interno della nostra organizzazione? Si è costituita per tappe progressive, con inizio nel 1958 e con una scadenza dopo 12 anni diminuendo i dazi. Tasse ad effetto equivalenteàrichieste di denaro effettuate dagli stati che non vengono più etichettati come dazi, ma hanno lo stesso effetto. a un dazio doganale è un onere pecuniario direttamente o indirettamente collegato all'importazione o all'esportazione di un prodotto, anche se imposto in un momento diverso. In altri termini, si tratta di un onere pecuniario che, pur non essendo un dazio doganale, comporta gli stessi effetti restrittivi sugli scambi, in quanto imposto in ragione della circostanza che il prodotto ha varcato il confine di uno Stato membro dell'Unione europea e tale da elevarne il costo.

In base all'articolo 30 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea l'applicazione di tali oneri, come quella dei dazi doganali all'importazione o all'esportazione, è vietata tra gli Stati membri. Tariffa doganale comune (tariffa sul perimetro esterno)àsostituita dalla TARIC (tariffa doganale comunitaria), si applica nei rapporti con gli Stati terzi. Tassa ad valorem, cioè sul valore della merce.

  • 2. Divieto delle restrizioni quantitative tra Stati membrià Il primo obbligo impone di non praticare restrizioni quantitative: sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all'importazione ed esportazione nonché qualsiasi misura di effetto equivalente (artt. 34-35 TFUE). Il secondo obbligo impone di non applicare misure di effetto equivalente alle restrizioni quantitative nei confronti, rispettivamente, delle importazioni e delle esportazioni. La finalità dei due obblighi è identica: vietare ogni misura che abbia per oggetto o per effetto di restringere le correnti commerciali tra Stati membri e di creare una disparità di trattamento tra commercio interno di uno Stato membro e il commercio interno dell’Unione. Per definire le specifiche tipologie di misure, la Corte di Giustizia ha considerato separatamente le misure che si applicano in modo distinto ai prodotti importato (o esportati), e le misure che si applicano in modo indistinto ai prodotti nazionali e a quelli importati (o esportati). Le misure sono generalmente incompatibili con il divieto di applicare misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative perché assumono carattere discriminatorio e rendono impossibili o ostacolando gli scambi di merci. Tra le misure che si applicano distintamente e che risultano vietate per o loro effetti discriminatori, vanno inclusi i provvedimenti che impongono una autorizzazione o una licenza per le importazioni o per le esportazioni o che richiedano certificati attestanti la qualità dei prodotti importati. Nella stessa categoria di misure, la Corte di giustizia, ha classificato i provvedimenti che impongono controlli sanitari a carattere sistematico sui prodotti importati o esportati e le misure che impongono prezzi diversi ai prodotti nazionali e a quelli importati. Tali disposizioni producono effetti restrittivi sulla circolazione delle merci. Difatti una misura imposta sia ai prodotti nazionali che a quelli esportati potrebbe ridurre le potenzialità di commercializzazione di questi ultimi negli altri Stati membri e quindi avere un effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all’esportazione ai sensi dell’art. 35 TFUE. La Corte di giustizia ha considerato vietate quelle disposizioni che stabiliscono prezzi minimi ad un livello così elevato da neutralizzare il vantaggio concorrenziale posseduto dalla merce importata in virtù dei suoi prezzi inferiori. Per quel che riguarda i prezzi massimi indistintamente applicabili, questi sarebbero in contrasto con l’art. 34 TFUE qualora siano fissati ad un livello talmente basso da implicare una vendita in perdita dei prodotti importati. Ciò potrebbe accadere, in particolare, qualora il prezzo massimo non consenta una maggiorazione corrispondente alle spese inerenti all’importazione.

 

 

4-4-2012
Per misura di effetto equivalente si intende ogni normativa commerciale degli Stati membri dell'Unione europea che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari, determinando un effetto pratico sul commercio in ambito UE comparabile a una restrizione quantitativa all'importazione di merci.
La ratio della disposizione è quella di garantire la libertà di circolazione delle merci, funzionale alla realizzazione di un compiuto mercato comune europeo. Tale concetto trovava la sua definizione normativa e la sua disciplina giuridica primaria agli artt. 28-29 del Trattato CE, a seguito della riforma apportata dal trattato di Lisbona la norma è stata inserita nel Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli articoli 34 e 35.

Normative interne indistantemente applicabili alle merciàostacoli: prezzo massimo di un oggetto, però se tale produttore vuole vendere il suo oggetto in un altro stato che non sia il suo e tale prodotto confezionato costa di più ovviamente, vuole guadagnarci, però a causa della norma non si potrebbe, quindi lui non potrà vendere il suo oggetto in un altro paese, perché andrebbe in perdita. àostacolo alla libera circolazione delle merci.
Normative particolari sul confezionamento per esempio, etichettatura del prodotto. Se un prodotto circola all’interno del suo stato membro senza problemi, esso deve poter girare liberamente in tutto il territorio.àprincipio del mutuo riconoscimento: all’interno degli Stati membri deve esserci fiducia reciproca.

Libera circolazione dei capitali e dei pagamenti (art. 63-66 TFUE)àCapitale: è uno spostamento di denaro tra uno Stato membro verso un altro per effettuare un investimento. Pagamento: è sempre uno spostamento di denaro da uno Stato membro ad un altro con finalità diversa; costituisce una controprestazione nell’ambito di un negozio giuridico. Inizialmente la disciplina pagamenti e capitali era divisa (Trattato di Roma), successivamente si è deciso di unire le due discipline; in realtà l’approccio degli Stati è stato differente per questo spostamento di denaro.
Gli Stati temevano che potessero verificarsi situazioni di fuoriuscita ingente di denaro e quindi ci fosse squilibrio nella bilancia dei pagamenti statali. Preoccupazioni eccessive perché all’interno del mercato interno il denaro aveva un movimento circolare. Piena libera circolazione dei capitali eliminando restrizioni e ostacoli alla circolazione (direttiva 361 del 1988). 1992àlibera circolazione dei capitali in coincidenza della prima tappa dell’unione economica e monetaria. L’art. 64 del Trattato, prevede di monitorare e rendere più controllata la circolazione di denaro sia all’interno dell’UE sia nelle transazioni degli Stati terzi. Art. 65 àle misure e procedure non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria. Quando è ammessa un’ipotesi di limitazione? Art. 66, clausola di salvaguardia: quando i capitali dei paesi terzi causino minacce difficoltà gravi per il funzionamento dell’unione economica e monetaria il Consiglio può prendere misure di salvaguardia.
Evoluzione della libera circolazione dei lavoratori subordinati.
Prima tappaà1961-64àadozione del regolamento n. 15, vede il riconoscimento in capo a una persona che decide di spostarsi dal suo Stato di origine a un altro dell’UE, venga rilasciato il permesso di lavoro, con validità annuale e per i primi 4 anni venga rinnovato per la stessa mansione. Decorsi essi, si potrà ottenere il permesso di lavoro per qualsiasi attività all’interno dello Stato. I datori di lavoro possono dare la priorità ai lavoratori nazionali.
Seconda tappaà1964-68àal lavoratore viene rilasciato sempre un permesso di lavoro con validità annuale, rinnovo per i primi due anni e non quattro e il permesso per qualsiasi attività la si ottiene prima. Si perde il principio della priorità nazionale, ma viene introdotto la clausola di salvaguardiaàil datore di lavoro che vuole continuare ad assumere un dipendente nazionale al posto di un altro, può farlo, ma comunicandolo alla Commissione europea.

15-04-2012
Terza tappaà1968-2004àinsieme di norme emanate per disciplinare la materia, gli atti normativi di riferimenti sono: il regolamento 1612 (1968) e la direttiva 360 (1968). Novità introdotte: al permesso di lavoro si sostituisce una carta di soggiorno (documento con validità di 5 anni, rinnovabile); dal 1968 in avanti, oltre al lavoratore, può circolare anche la famiglia a carico. Direttiva 364-365-366 (1990) fanno riferimento all’allargamento del novero di soggetti cui è permesso circolare nell’area comunitaria. 365-riguarda i pensionati; 366-riguarda gli studenti; 364-può circolare chiunque sia in grado di dimostrare di avere una copertura economica tale da permettergli il mantenimento negli stati ospitanti e una copertura sanitaria. 1992àintroduzione della cittadinanza europea.
Quarta tappaà2004 a oggiàdirettiva 38 (2004) ha raccolto tutti gli atti normativi elaborati sino a quel momento, sostituendoli con un unico documento normativo, abrogandole. Carta di soggiorno sostituita da un attestato d’iscrizione rilasciato dalle competenti autorità nazionali (durata di 5 anni, decorsi loro se il cittadino è rimasto o assentato per un periodo non superiore a due anni, questi otterrà un permesso permanente di soggiorno. All’interno dell’UE devono essere eliminate tutte le limitazioni per un cittadino che vuole spostarsi da uno stato membro all’altro. Art. 45 ci dice che la libera circolazione dei lavoratori è assicurata, nessuna discriminazione tra lavoratori degli stati membri e stranieri. Altre limitazioni ammesse dall’UE, sono di due tipologie:

  • Tipo di lavoro svoltoà art. 45 comma 4 introduce una limitazione alla tipologia di mansione; sono escluse tutte quelle mansioni che hanno carattere dirigenziale e decisionale, tutto il resto deve trovare la normativa relativa alla libera circolazione dei lavoratori.
  • Lavoratore che deve svolgere la mansioneàart.45 comma 3 fa riferimento a: fatte salve le limitazioni ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblicaà3 ipotesi per le quali vengono accettate limitazioni della libera circolazione di una persona. Non basta una sentenza di condanna per espellere una persona da uno stato membro.

Lavoratore autonomo
Diritto di stabilimento (art 49-55)àprevede che un soggetto di sposti dal proprio stato verso un altro stato membro e vi collochi la sede della propria attività lavorativa.
Libera prestazione dei servizi (art 56-62)

1. La libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione è assicurata.
2. Essa implica l'abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l'impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro.
3. Fatte salve le limitazioni giustificate da motivi d’ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica, essa importa il diritto:
a) di rispondere ad offerte di lavoro effettive;
b) di spostarsi liberamente a tal fine nel territorio degli Stati membri;
c) di prendere dimora in uno degli Stati membri al fine di svolgervi un'attività di lavoro, conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che disciplinano l'occupazione dei lavoratori nazionali;
d) di rimanere, a condizioni che costituiranno l'oggetto di regolamenti stabiliti dalla Commissione, sul territorio di uno Stato membro, dopo aver occupato un impiego.
4. Le disposizioni del presente articolo non sono applicabili agli impieghi nella pubblica amministrazione.

17-4-2012
Lavoratore autonomo: indica quale lavoratore autonomo colui che si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente

  • Diritto di stabilimento (art. 49-55 TFUE)àprevede che un soggetto di sposti dal proprio stato verso un altro stato membro e vi collochi la sede della propria attività lavorativa. Questo diritto è relativo ai cittadini degli stati membri e alle persone giuridiche alle società, cooperative, le quali devono essere legate agli stati membri. Principale (quando creo la sede della mia attività all’interno di un altro stato membro) e secondario (società che crea delle filiali all’interno di altri stati membri). La regola che prevede il trattato è il trattamento nazionale (no discriminazioni). Limiti: tipologia del lavoro svolto (art.51 sono escluse dall’applicazione quelle attività che in tale stato partecipano anche occasionalmente ai pubblici poteri) e persona che lo deve svolgere (art. 52 sono escluse dall’applicazione quei lavorati della sfera pubblica).

Libera prestazione dei servizi (art. 56-62 TFUE)àservizio: definizione residuale, art. 57, lavoro svolto dietro retribuzione che non rientri all’interno delle altre libertà. Trova applicazione solo a soggetti provenienti a soggetti degli stati membri. Prevede che il soggetto deve beneficiare del trattamento nazionale.

Art. 53 TFUE àdisciplina il mutuo riconoscimento dei titoli di studio. Argomento rilevante all’interno dell’UE. L’intervento da parte del Parlamento e Consiglio avviene attraverso le direttive. Per un’armonizzazione del settore le istituzioni comunitarie hanno pertanto dovuto procedere all’emanazione di diverse direttive, con le quali venivano dettati i principi generali per il mutuo riconoscimento dei titoli di studio. Tuttavia per l’esercizio di alcune professioni tali provvedimenti sono risultati insufficienti a garantire una effettiva libertà di circolazione ai professionisti del settore, ragion per cui si è reso necessario emanare disposizioni particolari per questi settori. 
Per quanto riguarda invece il sistema generale di mutuo riconoscimento dei titoli di studio esso è incentrato su due direttive: 
— la direttiva n. 89/48 (nota anche come bac + 3) con la quale si è proceduto al riconoscimento dei titoli che sanzionano una formazione professionale di almeno tre anni, che abiliti all’esercizio di una determinata professione, compiuta in un’università o in un istituto di istruzione superiore. 
Tuttavia, data la mancanza di uniformità in ambito comunitario per l’esercizio di determinate professioni, il riconoscimento può essere subordinato a specifiche condizioni: 
a) quando la formazione professionale tra due Stati prevede un periodo di differenza superiore ad un anno può essere richiesta una comprovata esperienza professionale atta a compensare tale differenza; 
b) qualora vi siano notevoli difformità fra le materie insegnate in uno Stato rispetto ad un altro, è necessario il superamento di una prova attitudinale o l’effettuazione di un tirocinio di adattamento. 
L’Italia ha dato attuazione a tale direttiva con il D.Lgs. n. 115 del 27 gennaio 1992; 
— la direttiva 92/51 (nota anche come bac + 2) con la quale sono stati estesi i medesimi principi anche ai diplomi d’istruzione superiore che sanzionano una formazione professionale compresa fra uno e tre anni (in Italia tale direttiva è stata recepita con D.Lgs. 2-5-1994 n. 319). Anche in questo caso sono previsti meccanismi compensativi. 
Una riforma della disciplina del mutuo riconoscimento dei titoli di studio è attualmente all’esame delle istituzioni comunitarie. La proposta, contenente modifiche alla direttiva 89/48 per facilitare e rendere più trasparente il meccanismo di riconoscimento dei titoli di studio, prevede l’introduzione del concetto di formazione regolamentata: lo Stato che ospita il professionista, al momento dell’esame dei titoli e delle esperienze professionali di quest’ultimo, sarà obbligato a tener conto della formazione che ha acquisito nel paese d’origine, anche se lo Stato non rilascia un titolo corrispondente, e dei titoli acquisiti nei paesi extracomunitari. 
Gli Stati membri, inoltre, sono soggetti ad obblighi informativi nei confronti della Commissione su modalità, tempi e criteri di valutazione delle misure di compensazione (test e tirocini), informazioni che successivamente devono essere messe a disposizione del pubblico. 
Per scoraggiare l’uso delle misure di compensazione, il Parlamento ha anche proposto che lo Stato ospitante verifichi la corrispondenza tra le qualifiche e le conoscenze del professionista con le competenze previste dall’ordinamento nazionale; qualora vi sia equivalenza, il riconoscimento deve essere concesso. 
Direttiva 36/2005 unico atto normativo sulla materia, completa attuazione entro il 20-10-2007. prevede un automatico riconoscimento dei diplomi per attività tra loro compatibili. Nella sentenza Thieffry del 28.4.1977 la Corte di Giustizia ridimensionò nuovamente l’importanza dell’emanazione della normativa secondaria prevista dal Trattato in tema di libertà di stabilimento, precisando che, anche ove non fossero state approvate le direttive di coordinamento di cui all’art. 57 (art. 47 Tratt. CE ora art. 53 Tfue), posto che l’effettivo godimento della libertà di stabilimento poteva e doveva essere garantito dalle autorità nazionali competenti (ai sensi dell’art. 5 Tratt. CE), spettava a queste ultime garantire che leggi o prassi venissero applicate conformemente all’obiettivo fissato dal Trattato in materia.

18-4-2012
Ogni tre anni la Commissione europea è tenuta ad esporre una relazione e descrivere la situazione della cittadinanza europea. Art. 25 si richiede che gli stati ratifichino la novità introdotta conformemente alle norme costituzionali.

Libera circolazione delle persone provenienti dagli stati terziàentrare a far parte di uno Stato membro, nel momento in cui la libera circolazione prendeva piede, poteva circolare senza problemi. Il Trattato di Roma non dava questo tipo di competenza alla nostra organizzazione internazionale. La prima modifica, datata nel 1986 con AUE il quale inizia a introdurre il discorso. La reale modifica che ha permesso di occuparsi di questo argomento è con il Trattato di Maastricht (1992), con il terzo pilastro si faceva riferimento al flusso di persone provenienti da stati terzi, soggetti non membri dell’UE. La caratteristica del terzo pilastro è che è intergovernativo, decisioni adottate con la regola dell’unanimità, materie oggetto prevedono l’uso di strumento normativi che erano azioni  e posizioni comuni e trattati. All’interno di esso c’era la norma passerella: portare le materie oggetto del terzo pilastro verso il primo pilastro. Trattato di Amsterdamàapportata una modifica importante: una parte delle materie del terzo pilastro (articoli che riguardavano il flusso di persone provenienti da stati terzi, “visto, asilo e immigrazione”) verso il primo. Visto, asilo e immigrazione diventano competenza della Comunità europeaàdi tipo concorrente, dove gli Stati vogliono intervenire in prima battuta. La prima volta che viene introdotto l’argomento del flusso di persone fu con gli accordi di Schengenàtrattato intergovernativo (1985) stipulato fra alcuni stati (Francia, Germania, Benelux); stufi dell’inesistenza della gestione di questo problema, decidono si siglare questo accordo internazionale. Fece poi seguito la Convenzione di applicazione degli accordi di Schengen, attraverso il quale si cercava di chiarire la portata dell’accordo e spiegare alcuni termini e particolarità; chiarire come gestire questo flusso di persone. Questo accordo ha chiarito chi è lo stranieroàun qualunque cittadino proveniente da stati che non fanno parte degli accordi di Schengen. Obiettivo: permettere agli stranieri, entrati in area Schengen, di poter circolare liberamente all’interno di essa, ove venivano aboliti i controlli alle frontiere. Essi prevedono la costituzione di un organo composto da un rappresentante per ciascuno stato, il quale adotta le norme per unanimità e disciplina il flusso di persone. Altro elemento importante è il sistema informativo, cioè una Banca dati: SIS (Sistema Informativo Schengen) all’interno di ciascuno stato deve esistere una banca dati, collegati alla centrale la quale ha sede a Strasburgo; cataloga dati degli stranieri e cittadini presenti nel territorio. Prevede un Coordinamento delle forze di polizie e delle autorità giudiziarie. Oggi gli accordi di Schengen contano ben 29 stati (Benelux, Germania, Francia, Svizzera, Islanda, Norvegia, Liechtenstein, Portogallo, Spagna, Italia, Grecia, Austria, Danimarca, Finlandia, Svezia, Slovenia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Malta). Le caratteristiche proprie di uno Stato per entrare a far parte della Zona Schengen sono tre:

    • stato dotato di una normativa puntuale in tema di immigrazione;
    • stato dotato di una normativa sulla privacy;
    • stato capace di controllare in modo efficace le proprie frontiere esterne.

Tipologia di straniero:
Prima ipotesiàimmigrato, soggetto che si sposta dal suo stato per uno stato dell’area Schengen, per cercare lavoro.
Seconda ipotesiàrifugiato, arriva da uno stato terzo, ma che esce dal proprio stato, per tutelare la propria vita e non può far rientro nello stato di appartenenza.
Terza ipotesiàsfollati (o profughi), soggetti che si spostano a causa di calamità naturali.
L’Italia fece domanda nel 1993 e l’ingresso ufficiale avvenne nel 1997. L’Italia era carente in tutti e tre gli aspetti. Lo stato italiano si è adoperato per dimostrare che s’impegnava a voler controllare le proprie frontiere, quindi si dotò di tutti gli strumenti per entrare nella Zona.
Dal 1992 gli accordi di Schengen vengono letti all’interno del terzo pilastro per disciplinare, asilo, visto e immigrazione al fianco della cooperazioni di polizia. Art. 134 (costituzione di applicazione degli accordi di Schengen)àle norme adottate nell’area Schengen devono essere compatibili con il diritto comunitario.
Trattato di Lisbonaàha previsto solo più l’esistenza dell’unione e, quindi, le materie del terzo pilastro sono gestite nell’ambito dell’intera Unione.

23/04/2012

Gli accordi Schengen, come già detto, si occupano degli immigrati e dei rifugiati. Sul punto rifugiati, "gli Stati si devono impegnare a garantire un diritto d'asilo al soggetto". La concessione di questo diritto prevede un permesso speciale in quanto rifugiato, un alloggio e vari aiuti e sostanziamenti. Non si è però parlato di quali Stati dovevano analizzare la domanda d'asilo. Infatti, nel corso degli anni si è presentato il seguente problema: diversi soggetti entravano in area dicendosi rifugiati e formulando una richiesta d'asilo. Una volta entrati, mentre la procedura molto lunga di verifica della richiesta aveva luogo, si spostavano in un altro Stato richiedendo nuovamente richiesta d'asilo e poi, ancora una volta, si spostava di nuovo. In questo modo, in primo luogo non si riusciva a trovare il rifugiato, in secondo luogo nessuno Stato prendeva in carico la richiesta di asilo. Questi rifugiati, che presero il nome di "rifugiati in orbita", si ritrovavano quindi ad essere presenti sul luogo, ma a non possedere alcuno Stato di riferimento. Per risolvere questo problema, venne redatta nel '90 la Convenzione di Dublino, che aveva l'onere di chiarire quale Stato doveva ritenersi competente a esaminare la richiesta d'asilo del rifugiato. La Convenzione possedeva inoltre diversi criteri:
Lo Stato competente è quello che ha già riconosciuto, in passato, un parente del rifugiato stesso;
Se nessuno Stato non ha mai riconosciuto l'asilo a un parente del richiendente, è competente lo Stato ove la persona ha già ottenuto il permesso di soggiorno. Questo è il caso ad esempio degli studenti i quali, durante il soggiorno per motivi di studio, non possono tornare nel paese d'appartenenza per via di cambiamenti di condizioni. In questo caso, il permesso di soggiorno viene tramutato in domanda d'asilo;
In mancanza delle prime condizioni, è competente lo stato che era tenuto a controllare la frontiera attraversata dal rifugiato;
Se ancora una volta ci si trova in mancanza delle condizioni precedenti, è competente lo Stato ove la prima volta è stata depositata la richiesta d'asilo.

Dopo il trattato di Maastricht ci troviamo in una situazione in cui anche la Comunità Europea si adopera a trattare il tema della libera circolazione al proprio interno, grazie all'inserimento del terzo pilastro. Per non creare atti normativi nuovi, si disciplina la parte relativa al terzo pilastro con gli accordi di Schengen.
Successivamente gli accordi di Schengen, ratificati da quasi tutti gli Stati membri, portando quasi a coincidere l'area dell'UE con quella di Schengen. Gli Stati che non ratificarono tali accordi furono unicamente la Gran Bretagna e l'Irlanda. La Danimarca, dopo averli ratificati, li ha considerati come mero accordo internazionale che nulla aveva a che vedere con l'ordinamento comunitario.
Con Amsterdam, nel 1997, una parte del settore relativo a visto-asilo-immigrazione è stato spostato dal terzo pilastro ed è stato portato all'interno del pilastro comunitario, con la creazione del Titolo 4°. Questo a comportato che la materia in questione non è più oggetto di interventi di natura intergovernativa, ma diventa oggetto di interventi di natura comunitario. Gli atti tipici di questi interventi sono regolamenti, direttive e decisioni, non accordi internazionali. In questo modo si rischiava di perdere tutta la normativa che disciplinava visto-asilo-immigrazione. Si è comunque deciso di recuperare tale normativa ritenendola compatibile con i principi e gli scopi enunciati nel primo pilastro. Per evitare di riscrivere tutti questi atti, in occasione dell'entrata in vigore di Amsterdam la comunità europea ha "vestito gli atti del terzo pilastro con gli abiti degli atti tipici del primo pilastro", adottando un regolamento all'interno del quale all'interno del quale tutto il contenuto della convenzione di Dublino.
Per gli ultimi 12 Stati che sono entrati a far parte dell'UE, dal 2004 in avanti, nel momento in cui ratificarono il trattato di Roma e quello di Maastricht, automaticamente entravano a far parte dell'area Schengen. Questi Stati devono comunque possedere i criteri che gli accordi di Schengen prevedono. In particolare, di quei 12 Stati che sono entrati a far parte dell'UE dopo Amsterdam, ancora due Stati non fanno parte dell'area Schengen, oltre agli Stati prima citati.

Con Lisbona si è cercato di riunificare il tutto e di creare un unico sistema, eliminando la divisione in pilastri. In particolare la materia visto-asilo-immigrazione la si trova all'interno del titolo 5°, che gestisce non solo visto-asilo-immigrazione, ma anche la parte che era rimasta nel terzo pilastro, ossia i temi relativi alla cooperazione giudiziaria (che si distingue in materia civile e penale, ossia di polizia). All'interno di tale titolo la procedura legislativa da utilizzare è quella ordinaria di coodecisione e che le decisioni siano adottate in maggioranza qualificata.
All'interno del Titolo 5°, è prevista la costituzione di un Comitato Permanente che ha il compito di assicurare all'interno dell'UE la promozione ed il rafforzamento della cooperazione fra gli Stati in tema di sicurezza. E' inoltre previsto che i Parlamenti nazionali possano monitorare la normativa adottata all'interno del Titolo 5° ed il rispetto del principio di proporzionalità.

Frontex = agenzia che si occupa di coordinare le politiche di controllo delle frontiere operate dagli Stati.

Ai sensi dell'articolo 78, gli Stati europei devono garantire il principio di non respingimento della richiesta d'asilo. Gli Stati possono comunque porre dei limiti massimi alle richieste d'asilo delle persone provenienti agli Stati terzi. 
Gli Stati riceventi, devono possedere, oltre ai criteri previsti dagli accordi di Schengen, anche una normativa relativa all'impedimento di immigrazione illegale.

24-4-2012
Serpente monetario europeoàparametro in cui le monete degli stati membri potevano oscillare da un valore minimo a un valore massimo.
ECUàunità di riferimento che valeva nei singoli stati.
Con il Trattato di Maastricht abbiamo l’istituzione dell’unione monetaria.
Tappe per lo sviluppo dell’area EURO:
31-12-1993àfine prima tappa. Completa e libera circolazione dei capitali.
31-12-1998àfine seconda tappa. Valutazione circa l’idoneità degli stati per entrare nell’area euro e la loro analisi per entrare nel terzo step. Criteri di convergenza: art.140 TFUE. Elementi che ci portano a dire che lo stato è in grado di sostenere la terza fase: dimostrare di avere un alto grado di stabilità dei prezzi; dimostrare di avere una situazione della finanza pubblica sostenibile; garantire una fluttuazione normale nell’ambito dei tassi di cambio della propria moneta; controllo dei tassi d’interesse.
IMEàIstituzione transitoria costituita il 1° gennaio 1994, all’avvio della Seconda fase dell’Unione economica e monetaria (UEM), e posta in liquidazione il 1° giugno 1998. 
L’IME non era responsabile della conduzione della politica monetaria nell’Unione europea, di competenza esclusiva delle autorità nazionali. I compiti principali dell’Istituto erano il rafforzamento della cooperazione fra le banche centrali, il coordinamento delle politiche monetarie e il completamento dei lavori preparatori per la Terza fase della UEM.
Ogni due anni doveva venire rivalutata la condizione degli Stati per entrare nella terza fase; gli stati già membri dell’UE hanno diritto a non entrare a far della UEM, ma di continuare ad avere la propria valuta interna.
Inizia il 1-1-1999 (terza fase)àvede la creazione della moneta unica utilizzata per le transazioni bancarie. L’euro entra in vigore il 1-1-2002. Rapporto tra euro e monete in vigoreàper i primi due mesi, gli stati erano liberi se mantenere una stabile convivenza tra le due monete o di far circolare solo l’euro. Costituzione di due organi: Sistema europeo delle banche centrali e la BCE (3 organi, Comitato esecutivo, Consiglio direttivo e generale) disciplinate dal TFUE, art 282-283-284.

 

Fonte: http://www.appuntiunito.it/wp-content/uploads/2013/11/Diritto-dell_UE-Iesonero.doc

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