I diritti fondamentali come istituzione, Luhmann Riassunto
I diritti fondamentali come istituzione, Luhmann Riassunto
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I diritti fondamentali come istituzione, Luhmann Riassunto
SOCIOLOGIA DEL DIRITTO
I DIRITTI FONDAMENTALI COME ISTITUZIONE – N. LUHMANN
Introduzione all’edizione italiana.
Luhmann,sociologo tedesco di fama internazionale,è stato definito uno dei padri del pensiero del 20° sec. per la diffusione della sua produzione scientifica che appare infinita. Da ricordare la sua predilezione per l’Italia e la sua stima per la Scuola Leccese che ancora oggi è la più fedele interprete del suo pensiero. Il tema trattato in questo libro è molto attuale in Italia, dove è sempre attivo un dibattito sulla tematica dei diritti umani, in particolare sui diritti fondamentali. A livello politico, originato dai fenomeni di immigrazione e dai conflitti etnici, cresce l’interesse scientifico e culturale verso il tema dei diritti; a livello europeo, l’obiettivo è quello di individuare un’entità comune, un progetto di garanzia dei diritti. Infatti a tale proposito ricordiamo la CARTA DI NIZZA del 2000 e il TRATTATO PER LA COSTITUZIONE EUROPEA del 2005 che doveva entrare in vigore il 1° novembre 2006, ma che ha subito una battuta d’arresto a causa dell’esito negativo del referendum in alcuni stati firmatari. L. critica il pensiero di Parson e la sua teoria funzionalista, dove viene elaborato il concetto di sistema. Parson individua, nel sistema sociale, 4 sottosistemi, a cui corrispondono 4 imperativi o prerequisiti funzionali:
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funzione di adattamento; |
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funzione di conseguimento degli scopi; |
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funzione di mantenimento dei modelli |
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funzione di integrazione. |
In Parson il concetto di funzione è collegato ad un schema causale unilaterale, poiché, data una struttura ed identificata la sua funzione, è possibile dedurre causalmente le attività necessarie al soddisfacimento dei bisogni del sistema. Questa teoria è stata definita struttural-funzionalistica. Mentre L. ha elaborato una teoria dei sistemi sociali di tipo funzional- strutturalistico, xchè antepone il concetto di funzione a quello di struttura. Tale teoria individua i rapporti che si stabilizzano tra elementi diversi del sistema, xchè insieme di relazioni reciproche, in cui ogni elemento condiziona altri elementi ed è a sua volta condizionato.
I diritti fondamentali sono x il sociologo istituzioni, cioè un complesso di reali aspettative di comportamento, attualizzate nel contesto di un ruolo sociale e che contano sul consenso sociale. I diritti fondamentali non possono essere considerati come diritti umani eterni, validi in qualsiasi luogo e tempo; ma sono Istituzioni Sociali che si affermano e si sviluppano in una specifica fase dell’evoluzione sociale e affrontano esigenze e problematiche che si presentano in questa o altre fasi. L’intento di L. è spiegare l’esistenza di dispositivi giuridici, richiamati come diritti, in modo differente dalla dogmatica o scienza giuridica, che non trova alcuna funzione; e dall’etica filosofica, che rimane chiusa nella sua astrattezza. I Diritti sono una realtà complessa nella quale confluiscono questioni vitali poste all’esterno del sistema. I diritti sono istituzioni xchè hanno origine nell’ambiente dei sistemi sociali; nei diritti si realizza una sorta di equilibrio tra tecnica di controllo, prestazioni funzionali, forme giuridiche, fatti sociali, consenso morale ed aspettative delle aree primarie vitali per quelle che Luhmann chiama persone. Ipotesi principale della ricerca di L. è che i diritti fondamentali si siano affermati nelle società + complesse e basate su una differenziazione di tipo funzionale. Consideriamo ad es.:
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società arcaica: le strutture di parentela erano connesse con quelle dell’autorità e dell’attività economica;
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società greca: si caratterizzò x la distinzione tra strutture parentali e politiche, l’individuo acquistò una sua autonomia rispetto all’ordine comunitario;
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società cristiana: l’individualità umana è stata considerata dal punto di vista etico-teologico;
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società moderna: si caratterizza x la scissione tra individuo e società e si afferma la differenziazione tra sfera religiosa, politica, sociale ed economica; con la conseguente distinzione tra verità, diritto e morale.
Quindi x dominare il mondo si deve rinunciare ad una visione unitaria, ma bisogna isolare una dimensione particolare e renderla indipendente dal tutto. I sistemi sociali possono continuare ad esistere solo crescendo e possono crescere solo differenziandosi. In una prima fase la differenziazione sociale avviene nella forma segmentaria, cioè si creano + sottosistemi con una complessità limitata. Nelle società altamente complesse, la soc. deve essere articolata sulla base di diversi sottosistemi ognuno dei quali si specializza in una funzione particolare.
I diritti fondamentali si fondano storicamente sulle contrapposte concezioni:
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della teoria giusnaturalistica: x la quale occorreva presupporre un diritto ulteriore e diverso dal diritto positivo e vigente, che ne costituisse il suo fondamento, in modo da poter avere una vera e propria gerarchia delle fonti giuridiche. X L. questa teoria è inadeguata a trattare il tema dei diritti fondamentali, xchè presuppone un ordine normativo immutabile; infatti il diritto è desunto dalla conoscenza di una realtà oggettiva che si trova nella natura delle cose. Con Hobbes, il problema è quello della divisione tra Stato e società. Se lo Stato è costruito su un contratto o le sue decisioni trovano giustificazione solo nel potere del sovrano, si pone il problema dei limiti di un tale potere e della protezione nei confronti dei cittadini. I diritti fondamentali restano bloccati in un’insuperabile dinamica: quella tra potere ed individui nella lotta per la garanzia dei sudditi dell’arbitrio di potere.
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delle scienze dello spirito: che hanno elaborato una teoria dei diritti fondamentali che non può ritenersi soddisfacente sia xchè non può essere verificata sia xchè riducono i diritti fondamentali ad un fattore di integrazione sociale e ciò fa si che questi possano essere sostituiti con strumenti equivalenti.
L. si occupa dei Diritti Fondamentali anche allo scopo di verificare la loro utilità in riferimento alla loro specifica funzione, che consiste nel mantenere la differenziazione sociale. Tutti i Diritti Fondamentali (di libertà, di uguaglianza) servono ad impedire che la sfera della personalità individuale, della socializzazione, del sistema economico, possano subire ingerenze da parte del sistema politico e servono, anche, ad impedire che il sistema politico attraverso le ingerenze possa de-differenziarsi, cioè perdere la specificità della sua funzione.
CAPITOLO 4
L’INDIVIDUAZIONE DELL’AUTORAPPRESENTAZIONE: DIGNITA’ E LIBERTA’
Ogni società differenziata deve poggiarsi sulla personalità del singolo, cioè sull’autorappresentazione della persona. Infatti, lo sviluppo si dirige verso l’autorappresentazione, verso atteggiamenti più consapevoli. La prima precondizione di una società civilizzata è la centralizzazione delle decisioni sull’impiego della forza fisica, che si può realizzare solo con la centralizzazione della decisione e mai con l’applicazione della forza. Può avere successo solo se si costituisce un’organizzazione statale produttiva di decisioni vincolanti. I diritti fondamentali sono posti per assicurare la libertà contro lo stato, a condizione che sorga una circostanza: che la libertà venga minacciata. L’argomentazione dei diritti fondamentali conserva la struttura “si - ma”, che trova formulazione nell’art. 2.2 Cost. ed è un modello di rappresentazione: l’uomo è sì libero, o meglio ha il diritto alla libertà, ma deve rispettare i diritti degli altri; l’uomo ha sì la proprietà, ma nel suo uso deve accettare i vincoli sociali. Libertà e dignità sono precondizioni per la socializzazione dell’uomo ed indicano i concetti fondamentali per il buon esito della sua autorappresentazione; intesa come personalità individuale. L’uomo acquista la sua individualità come persona, solo nei rapporti sociali, quando si interessa con il consenso o dissenso, alla sua autorappresentazione. L’identità personale costituita nei rapporti sociali non deve essere confusa con l’identità di ruolo, che è connessa alla situazione. Infatti, l’uomo non perde la propria identità se si comporta in modo sbagliato. I concetti di libertà e dignità sono formulati in riferimento a valori che indicano le problematiche interne ed esterne dell’autorappresentazione dell’uomo. La libertà non è un’interruzione del nesso causale attraverso l’impiego di una causa originaria, ma è una questione di attribuzione. L’esperienza di libertà si orienta a seconda che il sistema di azione sia personale o sociale. Quindi la libertà si pone a livello di presentazione simbolica, cioè dei contatti sociali e della comunicazione. X ciò si è potuto affermare che solo un agire libero può essere oggetto di rimprovero. Inoltre l’agire sociale non si esaurisce all’istante, xchè appena viene percepito da altri uomini, ottiene un valore espressivo che trascende il compimento dell’azione. Quando una persona si comporta in modo conforme ai ruoli non si mostra come se stessa. Quindi l’autorappresentazione presuppone la libertà da coercizioni evidenti e dall’esatta riproduzione di aspettative sociali. Oggi libertà significa, appunto, libertà da cause esterne socialmente manifeste, che ostacolano l’autorapresentazione. Le autorappresentazioni non sono minacciate solo dall’esterno, ma anche dall’interno. La minaccia interna dipende dal fatto che su un sistema di azioni e su un uomo sono disponibili + informazioni di quante la rappresentazione di un sistema sia in grado di rilevare. Di conseguenza l’autorappresentazione è sempre una prestazione selettiva e di conseguenza è minacciata da informazioni inconsistenti e penose. L’uomo rischia la sua dignità in ogni comunicazione. Deve dominarsi in presenza di altri, non può muoversi liberamente. Deve ponderare le sue parole e non rivelare troppo di se. La dignità non è una dotazione naturale, un valore che l’uomo ha e porta con sé, ma è una precondizione alla sua possibilità di socializzazione. La dignità è una qualità dell’uomo e deve essere costituita. È il risultato di rappresentazioni difficili, consce ed inconsce, ed è il risultato di una continua cooperazione sociale, che può essere praticata in modo latente o trasparente, ma mai in modo esplicito xchè finirebbe x essere un errore di rappresentazione. L’autorappresentazione è un processo che fa diventare persona l’uomo che comunica con altri uomini; l’uomo non può usare la personalità se non ha la dignità. La perdita della dignità comporta che l’uomo ritiri la propria personalità dalla circolazione, limiti la sua attività comunicativa a un numero ristretto di persone e cerchi di ricreare la sua dignità in un ambito ristretto e in conformità a determinate condizioni. Egli rinuncia alla libertà di scelta dei contatti e riconduce la sua libertà alla misura della dignità. Poiché l’ordine sociale vuole mantenere personalità capaci di contatti, discredita tutti gli espedienti dell’autorappresentazione, che rendono inabili all’interazione e compensano la perdita di dignità con la rinuncia alla libertà. Libertà e dignità si condizionano reciprocamente. L’uomo può sviluppare un atteggiamento generalizzato e porlo a base del suo comportamento comunicativo nelle diverse situazioni sociali che si vengono a creare, x es. in alcuni casi può comportarsi in modo impersonale, in altri in modo affettuoso, ecc. La funzione dei diritti fondamentali è quella di garantire il mantenimento della differenziazione, che costituisce l’ordine complessivo, nonostante le minacce provenienti dalla separazione dei sistemi. I diritti fondamentali non garantiscono né dignità, né libertà; essi mantengono la differenziazione sociale. La libertà indica l’esigenza di delimitare uno spazio di azione personale, che può essere giuridicamente tutelato da violazioni. Mentre si perde la dignità x implicazioni simboliche del proprio comportamento. Lo Stato totalitario si è subdolamente insinuato nella gestione della dignità; la libertà gestita da latri rappresenta la morte della dignità, xchè induce l’uomo a perdere la sua singolarità x la linea di comportamento richiesta. La dignità si riferisce alle condizioni e ai problemi interni dell’autorappresentazione della persona; la libertà si riferisce alle condizioni e ai problemi esterni. I diritti fondamentali di libertà e dignità devono proteggere la sfera sociale dagli interventi dello Stato, che potrebbero paralizzare l’espressione simbolico – comunicativo della personalità.
CAPITOLO 5
LA CIVILIZZAZIONE DELLE ASPETTATIVE DI COMPORTAMENTO:
LIBERTA’ DI COMUNICAZIONE
L’ordine sociale non deve offrire solo opportunità di autoappresentazione, ma deve anche assicurare una sufficiente complementarità delle aspettative di comportamento. X svolgere il proprio ruolo, ognuno ha bisogno di partner, che agiscano, in modo diverso ma dotato di senso, in appropriati ruoli corrispondenti. Quindi tutti, anche se agiscono in modo diverso, si armonizzino nell’aspettare le diversità. Questo significa che a causa della diversità io – tu, la concordanza non può essere raggiunta nell’agire, ma solo nelle aspettative di comportamento. Poiché l’armonizzazione del comportamento non avviene attraverso un adeguamento delle azioni, ma attraverso l’adeguamento delle aspettative di comportamento, si sviluppa la differenziazione, al crescere della quale si manifesta la discrepanza tra l’autorappresentazione e le esigenze della complementarietà. Vale sempre la legge, in base alla quale le autorappresentazioni si compiono nell’ambito dei contatti sociali, cioè solo sulla base di aspettative di comportamento complementari. X ridurre la complessità, l’ordine sociale, adopera come elemento costitutivo una casualità limitata. Quindi x il singolo divengono un problema non solo le proprie scelte ma anche quelle dei partner. Il singolo ha sempre ha che fare con uomini dominati dalla loro personalità individuale. Poiché la complementarità è minacciata si produce insicurezza nei comportamenti. Pertanto gli ordini sociali differenziati devono dotarsi di dispositivi di generalizzazione della comunicazione. Una funzione importante è svolta dalla generalizzazione materiale di aspettative di comportamento, nell’ambito della cultura, della specificazione del bisogno di consenso, della mobilizzazione dei contatti e delle affinità, da forme di organizzazione della comunicazione pubblica. Le aspettative di comportamento si dicono generalizzate materialmente quando sono ordinate secondo nuclei concettuali che rappresentano il comportamento come omogeneo al pensiero dominante o come suo effetto. Le aspettative di atteggiamenti sono utili come nuclei di ruoli che generalizzano la dimensione materiale: in base alla situazione si aspettano azioni diverse, riconducibili ad un atteggiamento interno determinato, che viene espresso e simbolizzato, ad es. il rango superiore che viene istituzionalizzato come status sociale. I ruoli si possono generalizzare attraverso la determinazione degli scopi. In questo caso ricevono il loro significato da specifici effetti, che vengono valutati in riferimento ad un valore, non tenendo conto dei ½ utilizzati x raggiungere lo scopo. Infine l’appartenenza a gruppi è una forma di generalizzazione materiale dei ruoli elastica e variabile. La sociologia moderna sa che la sopravvivenza del sistema sociale esige il consenso in misura limitata e che una massimizzazione del consenso determina una riduzione delle prestazioni. Quindi il consenso deve essere trattato come una variabile. Lo stile di comportamento nei rapporti sociali si modifica, se la differenziazione sociale è favorita dalla specificazione del bisogno di consenso. Un altro fenomeno importante della differenziazione sociale, è la mobilità dei contatti, affidata al singolo. Un principio conseguente alla mobilità dei contatti è l’istituzionalizzazione dell’amore come fondamento del matrimonio. Questo significa che i matrimoni si contraggono e devono essere condotti sulla base di una personale inclinazione. La scelta del partner è affidata agli stessi coniugi, senza intromissione da parte del sistema sociale. Di uguale importanza è la libertà dei contatti in riferimento all’ingresso nelle organizzazioni. Aver reso libere le appartenenze è importante sotto 2 aspetti:
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xchè si rafforza il potenziale di consenso della società;
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xchè permette a ciascuno di aderire a ciò che può approvare.
Ancora, il mercato dei beni di consumo con i suoi aspetti dell’approvvigionamento e della rappresentazione del consumo è un altro ambito di mobilizzazione dei contatti. L’aumento della differenziazione dei ruoli e della mobilità dei contatti rende indispensabile l’istituzionalizzazione del tempo. Poiché il tempo è percepito come una risorsa scarsa, diventa una prospettiva di ordine x molte strategie di comportamento, cioè un soggetto massimizza al max. il suo tempo. Periodi di riposo compensano questo sforzo, ma iniziano e terminano con l’orologio. Con la differenziazione sociale crescono le informazioni x il comportamento e quindi le informazioni. Il singolo è sommerso da impulsi, stimoli e informazioni. La selezione delle sue percezioni non gli può essere affidata completamente, xchè l’incontro tra partner di ruolo e informazioni diverrebbe un puro caso. Negli ordini sociali la comunicazione pubblica è affidata particolari organizzazioni, che si occupano della preselezione, semplificazione e presentazione delle comunicazioni. L’elaborazione di una comunicazione indiretta costituisce un meccanismo di generalizzazione delle informazioni, senza il quale non è possibile pensare ad un ordine sociale differenziato. Un sistema politico, dove le procedure creano il potere e la burocrazia decide, può essere stabilizzato solo se l’ordine sociale riesce a differenziarsi. In altre parole la specializzazione del sistema politico richiede l’esistenza di una forte mobilità della comunicazione nel suo ambiente. L’interiorizzazione e l’istituzionalizzazione dei modi di comunicare ha luogo attraverso la civilizzazione delle aspettative. Lo stato deve poter contare su ruoli complementari della società. La burocrazia deve poter sottrarre capitale alla società, ciò presuppone la libera disponibilità di mezzi finanziari. Lo Stato x potersi specializzare deve affidare alla società quelle esigenze che richiedono un soddisfacimento autonomo; da un lato deve presupporre un certo individualismo dell’autorappresentazione e la capacità dell’uomo di dare al suo comportamento una linea di condotta; dall’altro, lo stato deve poter contare su un certo grado di civilizzazione delle aspettative. La libertà di scelta dei temi e la libertà di scelta dei partner possono essere concesse congiuntamente; si devono scegliere i propri temi tenendo conto dei propri partner e viceversa. La libertà di scelta dei temi e la libertà di scelta dei partner possono essere concesse congiuntamente; si devono scegliere i propri temi tenendo conto dei propri partner e viceversa. La differenziazione sociale non implica un taglio di tutti i collegamenti tra sottosistemi, ma porta ad una intensificazione dei rapporti reciproci, che permettono ai sistemi di comunicare tra loro. La libertà di comunicazione non causa la neutralizzazione politica della società, ma ha l’obiettivo di attribuire una forma specifica all’interesse dello Stato x i fenomeni sociali politicamente rilevanti, in modo da conformarsi alla differenziazione sociale. Se lo Stato volesse controllare ogni significato politico della comunicazione sarebbe costretto a neutralizzare la differenziazione sociale e a sostituirla con una burocratica del sistema politico. In un ordine sociale differenziato si può tentare di rendere omogenee tutte le comunicazioni pubbliche e di assoggettare al consenso un ordine delle aspettative di comportamento legate a ruoli ufficiali. La mobilizzazione di tutte le forze può essere raggiunta solo mediante il sistema politico. Ogni ordine sociale deve soddisfare una pluralità di esigenze contraddittorie, questo viene fatto attraverso la civilizzazione delle aspettative.
Altro diritto fondamentale, particolarmente importante, è la tutela del matrimonio e della famiglia. La progressiva differenziazione della società ha sottratto numerose funzioni alla famiglia: funzioni politiche, funzioni produttive in campo economico e le funzioni educative in campo culturale; ciò non deve essere interpretato negativamente, perché ad essa corrisponde un processo di specificazione nel quale la famiglia trova nuovi fondamenti x la sua stabilità. La funzione che essa svolge si risolve nel consolidamento della personalità del bambino capace di socializzare e la serenità dei comportamenti della famiglia, ottenuta con le autorappresentazioni personali nella cerchia familiare. La famiglia è l’unico luogo dove sono noti i ruoli dell’uomo e dove questi ruoli possono essere organizzati in modo personale; al tempo stesso è un sistema sociale che riesce a condividere decisioni su un cambiamento dei ruoli e ad alleggerire la personalità. La famiglia è un sistema nucleare relativamente autonomo basato sull’intima affezione personale. Essa deve essere protetta nei confronti della politicizzazione, invece di essere regolata e legittimata in riferimento alla politica demografica, come avveniva nel Reich. Da una parte la famiglia è protetta come ambiente dell’autorappresentazione personale, come luogo dove spogliarsi dei ruoli sociali; dall’altra serve alla preparazione della civilizzazione dell’apprendimento, garantendo al bambino la possibilità di formare la sua personalità e di interiorizzare atteggiamenti orientati al valore.
CAPITOLO 6
LA MONETIZZAZIONE DELLA COPERTURA DEL FABBISOGNO:
PROPRIETA’ E LAVORO
Ogni uomo è in grado di utilizzare oggetti x il soddisfacimento dei propri bisogni. Chiamiamo economia l’ordine sociale delle comunicazioni regolato da questi bisogni. Ogni bisogno umano può diventare economicamente rilevante. La necessità di avvalersi di comunicazioni per l’utilizzo di cose deriva dalla loro scarsità. Situazioni di concorrenza, cooperazione e scambio hanno una struttura comunicativa che può essere regolata mediante l’istituzionalizzazione delle aspettative di comportamento, in modo tale da soddisfare un numero crescente di bisogni. Si pianifica la cooperazione, che viene organizzata attraverso una divisione del lavoro; lo scambio mediante l’impiego di strumenti indiretti, come il denaro. L’interpretazione dell’economia come struttura comunicativa di soddisfacimento dei bisogni evidenzia che l’aspetto economico dell’agire è istituzionalizzato. Solo con l’invenzione e la diffusione del denaro l’economia si organizza come sistema a sé. Il denaro ha una duplice funzione: misuratore del valore e mezzo di scambio. Pur essendo di ausilio alla soddisfazione dei bisogni, il denaro è indifferente nei confronti dello scopo per il quale viene impiegato; è neutrale rispetto ai valori, ma dipende dal sistema. È proprio attraverso il denaro che l’economia diventa un sistema. Poiché il denaro rappresenta anche il potere d’acquisto disponibile in ogni momento, le grandi aziende possono produrre per il mercato invece che solo per i bisogni avvertiti. Il denaro diventa simbolo del profitto per eccellenza e tutto ciò che è economicamente rilevante può essere espresso come somma di denaro. La specializzazione e l’autonomizzazione, nell’ordine sociale, di stato e economia, come sistemi di azione dotati di modelli comunicativi, rende problematico il loro rapporto d’interdipendenza, che può essere osservato su 2 piani di astrazione, sul piano delle prestazioni specifiche la burocrazia statale è indipendente dal pagamento in denaro dell’economia. La moneta elimina i fondamenti della politica: coercizione e lealtà. A sua volta l’economia riceve dallo stato decisioni vincolanti per i problemi. Stato ed economia dipendono reciprocamente non solo per le prestazioni ma anche in quanto sistemi. Perciò non devono solo fornirsi prestazioni reciproche, ma anche porre in essere una politica di rispetto del principio di generalizzazione dell’altro. Quindi l’economia deve dichiarare i propri interessi in modo che lo Stato possa sopportare la responsabilità politica e giuridica di una decisione; mentre, lo Stato deve rispettare le funzioni della moneta, che è il principio comunicativo dell’economia. La funzione dei diritti fondamentali è quella di mantenere la differenziazione sociale. Il senso della tutela della proprietà e degli altri diritti fondamentali, che hanno rilievo monetario, non consiste nel dare fondamento al denaro, ma continua ad essere il mantenimento della differenziazione sociale. Le minacce provenienti dal sistema politico al funzionamento delle comunicazioni economiche sono molteplici. La burocrazia statale, poiché può assumere decisioni vincolanti, influenza molto l’economia. Inoltre essa rappresenta un potente partner dell’economia, x il volume di denaro e di beni monetizzabili che controlla. Nei suoi rapporti con il denaro, il sistema politico, non può trascurare la funzione che esso ha nel sistema economico; ciò significa che lo Stato deve trattare il denaro come mezzo per soddisfare i bisogni ma anche come istituzione che ha ripercussioni in tutti gli ambiti della società. La tutela costituzionale della proprietà non riguarda i bisogni individuali del proprietario, ma un ruolo comunicativo che il singolo ha nel sistema economico, sulla sua possibilità di disporre di denaro o beni materiali equivalenti al denaro. La proprietà ha una funzione economica, che può essere dedotta dal principio comunicativo e di misurazione del valore rappresentato dal denaro. La monetizzazione della proprietà rende possibile l’indipendenza del sistema economico senza che siano distrutti i legami del proprietario con il suo stile di vita e la sua famiglia. Il diritto di proprietà non garantisce il mantenimento di una riserva di beni o di diritti nel potere di disposizione del proprietario e non garantisce un valore costante del patrimonio; esso garantisce solo le comunicazioni simbolizzate del denaro o di diritti che hanno valore monetario, secondo le condizioni del mercato. La Cost. non protegge il valore, ma la funzione. L’interpretazione dominante del diritto di proprietà risale allo Stato assoluto e ritiene l’esproprio un intervento permesso eccezionalmente, x cause di pubblica utilità o in caso di emergenza; cioè una violazione del diritto resa necessaria x un conflitto di interessi, che deve essere riparata attraverso l’indennizzo. Comunque il sistema economico è suscettibile nei confronti di espropriazioni senza indennizzo, non tanto x l’ingiustizia x l’intervento, quanto piuttosto xchè la possibilità di questi interventi rende incerto tutto il sistema economico. il sistema economico tollera solo prelievi monetari da parte dello Stato, come x es. le tasse. X l’autorappresenazione individuale è necessario un agire caratterizzante della persona. Non tutti gli usi della proprietà sono imputabili alla persona come libero agire, x se. Non lo sono il pagamento delle tasse e la decisione di investimento, che è soggetta alla razionalità. L’uso della proprietà ha una funzione simbolica nel settore del consumo, come agire libero e personale. La tutela della proprietà, che ha valore monetario, è utile prima al sistema economico e secondo agli interessi individuali della persona.
Lavoro e professione sono i fattori + importanti a x la propria autocomprensione e l’autostima; plasma la condotta personale; caratterizzano l’individuo in molte situazioni sociali. Queste rappresentano un valore simbolico solo se sono assunte in piena libertà. La libertà di lavoro e di professione ha un’importanza fondamentale per l’economia, xchè rende possibile organizzare l’assegnazione delle persone ai compiti lavorativi in modo razionale x il mercato. Tale libertà potrebbe liberare il sistema politico dal compito di dover garantire i suoi membri. Il dirito fondamentale alla libertà di lavoro e di professione deve essere intenso come diritto fondamentale multifunzionale, xchè non vincolato ad una direzione specifica della generalizzazione. La libertà di scelta del lavoro e della professione può essere riconosciuta come un’istituzione, che riguarda direttamente il problema centrale di un ordine sociale differenziato. Anche in questo caso i diritti fondamentali proteggono la struttura differenziata della società moderna dalle tendenze alla de-differenziazione (semplificante) che possono provenire dal sistema politico.
CAPITOLO 7
LA DEMOCRATIZZAZIONE DEL POTERE: DIRITTO DI VOTO
I diritti fondamentali di cittadinanza attiva e soprattutto il diritto di voto non sono diritti umani prestatali, xchè nascono con lo Stato ed in relazione ad esso, x questo non sono ritenuti illimitati come i diritti di libertà. I diritti fondamentali legati alla cittadinanza attiva hanno la funzione di costituzione di un potere politico legittimo. Un problema di legittimità del potere può sorgere solo come conseguenza della differenziazione funzionale dell’ordine sociale. La differenziazione sociale elimina la delimitazione del potere politico prima nell’ambito familiare, poi nei ruoli religiosi, poi in quelli economici e infine lo regola su se stesso, in modo da creare una legittimazione di competenze specifiche che sia giustificabile e condivisa. L’istituzionalizzazione di una specifica forma di legittimazione del potere risolve il problema (cioè quello di accettare le decisioni altrui come vincolanti) degli ordini sociali differenziati con la generalizzazione delle comunicazioni. La disponibilità ad accettare decisioni altrui come vincolanti può avere, nel caso singolo, cause diverse. Se la disponibilità deve essere istituzionalizzata normativamente, necessita che sia garantita attraverso l’impiego della forza fisica. Il potere legittimo dipende dalla disponibilità di sufficienti possibilità di coercizione, la quale non è uno strumento di potere universale, ma è applicabile sono a situazioni concrete. La coercizione e il suo impiego compromettono il potere; evidenziano l’esistenza di uomini che non accettano il potere e che possono coalizzarsi contro di esso.la possibilità di usare la forza fisica deve essere utilizzato solo in caso di emergenza. Inoltre, devono essere istituzionalizzati dispositivi di generalizzazione della comunicazione specializzati nella costituzione di un potere politico legittimo, per impedire allo Stato di utilizzare un istituto coercitivo. La legittimazione si realizza con un ordine comunicativo che produce e riproduce l’accettazione delle decisioni statali. Legittimità del potere statuale significa che il simbolo comunicativo “ decisione vincolante” ha un valore stabile riconosciuto da tutti. Perché ciò sia possibile, colui che assicura le decisioni statali, deve essere sicuro di trovare apprezzamento nella situazione regolata dalla decisione nei vari ambienti sociali. L’attore, come controvalore x la sua disponibilità all’obbedienza, ottiene uno sgravio di responsabilità nei rapporti sociali; la determinazione delle premesse decisionali da parte dello stato non deve causare difficoltà di comunicazione e di comportamento nei rapporti sociali; non deve ridurre il potenziale economico di posizioni giuridiche condivise, né modificare il rapporto tra obblighi, pretese, proprietà e possibilità di soddisfacimento dei bisogni.
I diritti politici fondamentali servono a mantenere distinte le varie direzioni di generalizzazione della comunicazione. La funzione del diritto di voto deve essere intesa come semplice attivazione della libertà individuale, come diritto ad agire in base al libero volere. Il diritto di voto serve a garantire la differenziazione interna del sistema politico in processi di comunicazione politica e processi di produzione burocratica delle decisioni. Il diritto di voto ha un’efficacia indiretta. Nei sistemi monopartitici, con diritto di voto solo x acclamazione, lo Stato si presenta unitario dinanzi ai cittadini. Progetta i suoi programmi decisionali esigendo e ottenendo plauso e collaborazione. Il cittadino non ha un diritto di voto; egli può usare il partito politico per esprimere le sue lamentele nei confronti della burocrazia statale. Il sistema politico tende a fondere sfera politica e comunicazione sociale, invece di istituzionalizzarsi in modo specifico, così da essere indifferente verso la comunicazione sociale, salvo che non sia necessaria x le decisioni su problemi specifici. Inoltre questo tipo di ordinamento pretende che il cittadino sia leale con il sistema politico. In questo sistema la differenziazione non si è realizzata compiutamente. Se, invece, il cittadino dispone del diritto di voto politico, c’è una scissione nei contatti tra lui e lo Stato. Il cittadino riveste la duplice veste di utente della decisione ed elettore; come utente effettua le sue richieste nei confronti dello Stato e come elettore sceglie tra i pochi programmi presentati dai partiti. Quindi, si riconosce al cittadino un’influenza totale anche se minimale, aspecifica e indeterminata e ci si aspetta che riconosca la legittimità delle decisioni vincolanti dello Stato. Si presuppone che accanto alla sfera politica si realizzi un altro sottosistema: la burocrazia statale (parlamenti, amministrazioni, tribunali) che agisca e decida in base a programmi; cioè richiede una differenziazione del sistema politico nei due ambiti della politica e dell’amministrazione. Il diritto di voto non va inteso come diritto della libertà individuale. Offre al cittadino la possibilità di partecipare al sistema politico, importante al fine di mantenere determinati processi di elaborazione dell’informazione. L’amministrazione per ottenere l’unitarietà, la generalizzabilità e l’effettività del decidere deve essere organizzata gerarchicamente; ma poiché le strutture gerarchiche sono asimmetriche e perciò sbilanciate; per bilanciarle è necessario un fondamento esterno del potere al vertice. La funzione + importante della separazione tra politica e amministrazione consiste nell’assicurare l’indipendenza decisionale dell’amministrazione nei confronti del suo pubblico. La separazione tra politica e amministrazione rende possibile l’applicazione del principio di uguaglianza. Senza questa separazione la sfera politica non riesce ad assorbire la comunicazione ed a convertirla in potere decisionale. Tra stato e società sussiste un rapporto di variabilità indipendente che deve essere coordinato mediante decisioni. Separazione dei ruoli indica che la scelta va ponderata e decisa rispetto alle alternative. La differenziazione interna del sistema politico in politica e amministrazione presuppone, la differenziazione generale della società.
CAPITOLO 8
IL FONDAMENTO DELLE DECISIONI DELLO STATO:
UGUAGLIANZA DAVANTI ALLA LEGGE
Nel XVIII sec. i diritti di libertà ed uguaglianza si fondavano sulla natura dell’uomo come essere dotato di ragione. Infatti nella loro ragione tutti gli uomini apparivano uguali e grazie ad essa si poteva supporre che sarebbero stati in grado di limitare la propria libertà in riferimento all’uguale libertà degli altri. Questa teoria prese il nome di teoria individualistica e l’uomo non aveva alcun ruolo. Nel XIX sec. individuo e società emergono in modo concreto; libertà ed uguaglianza sono considerati valori divergenti, la cui contrapposizione era considerata il motore dello sviluppo e il riequilibrio era un dovere. Il XX sec. non si è ancora espresso chiaramente sulla questione. L’uguaglianza si differenzia dalla libertà x la sfera d’azione che è regolata. Infatti il diritto di libertà crea un diritto di azione del cittadino. Il diritto dei cittadini è un bene giuridico primario. In via secondaria, il cittadino ottiene un diritto soggettivo di uguaglianza. Per entrambi i diritti il vero problema è la differenziazione sociale. Quando in un ordine sociale si costituisce un sottosistema autonomo di decisioni vincolanti possono verificarsi due pericoli:
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che le decisioni vincolanti obbligano il cittadino a comportamenti che non corrispondono alla struttura sociale differenziata, e a ciò si oppongono i diritti di libertà;
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che le decisioni dello stato non corrispondono alle esigenze strutturali di un ordine sociale differenziato, e a ciò si oppongono i diritti di uguaglianza.
Il principio di uguaglianza è una pretesa soggettiva nei confronti dello stato. Tale principio non dice che tutti devono avere gli stessi diritti ma che l’ordine giuridico di una società differenziata deve essere generalizzata secondo determinate esigenze strutturali, la + importante delle quali è detemporalizzazione del diritto, cioè che ogni decisione giuridica deve essere presa indipendentemente dal momento in cui viene assunta. Tale principio è una precondizione del potere dell’uomo sul diritto. Nel principio di uguaglianza sono contenute specifiche richieste nei confronti del legislatore, tra i suoi compiti, rientra quello di dare al diritto positivo una forma che corrisponda alle esigenze strutturali dell’ordine sociale. Tale principio allarga la possibilità di tutela dei diritti soggettivi attraverso il ricorso ad un controllo giudiziario sui motivi dell’attività del potere legislativo. L’uguaglianza è vista anche come un valore, essendo questa collegata alla giustizia, che è un valore. X ciò si dovrebbe cercare l’uguaglianza ed evitare la disuguaglianza.
Il principio di economicità esige una comparazione tra le conseguenze dell’agire e le alternative delle azioni, cioè, richiede che i costi di tutte le alternative di azioni siano confrontati tra loro e con lo scopo che possono essere neutralizzate qualitativamente e non quantitativamente.
Il principio di uguaglianza serve ad assicurare la correzione di una razionalità dell’azione. Il principio di causalità e di uguaglianza sono fenomeni caratteristici e concomitanti alla crescente differenziazione sociale che deve condurre all’autonomizzazione dei sottosistemi. Il sistema politico può essere immaginato come sistema di elaborazione delle informazioni con numerosi confini, attraverso i quali le comunicazioni scorrono dall’ambiente al sistema e viceversa. Il principio di generalizzazione viene considerato come uno di quei confini, ossia come il confine costitutivo del potere. Esso consiste nel diritto di voto universale, uguale e segreto. Il principio di uguaglianza amministra l’altro confine, attraverso il quale ha luogo l’emissione di decisioni vincolanti.
Il principio di uguaglianza sostiene la separazione dei ruoli e quello tra stato e società. Il diritto positivo non può essere inteso come il gradino più basso nella gerarchia delle fonti. Diritto positivo significa che le aspettative sociali di comportamento devono passare attraverso la decisione dello Stato prima di diventare diritto. Tale diritto può essere modificato da decisioni vincolanti dal sistema politico. Il fatto che i diritti fondamentali siano diretti contro lo Stato, ha portato l’opinione pubblica a ritenere che non possano essere garantiti dallo Stato. Questa affermazione è errata, xchè da una parte ignora che lo Stato deve sviluppare un interesse autonomo alla stabilizzazione dei confini, x potersi razionalizzare come sistema; dall’atra non riconosce la possibilità di differenziazione interna dello Stato. Il legame tra diritti fondamentali e struttura differenziata dell’ordine sociale è duplice, xchè i diritti fondamentali oltre a mantenere la separazione delle sfere della comunicazione, sono sostenuti da questa differenziazione. La positività del diritto presuppone, xchè istituzione sociale, un rapporto equilibrato con le altre istituzioni dell’ordine sociale, cioè presuppone una differenziazione sociale consolidata.
N.B. LA FUNZIONE DELL’UGUAGLIANZA CONSISTE NELLO STABILIZZARE LA SEPARAZIONE DEI RUOLI AL CONFINE TRA BUROCRAZIA STATALE ED IL PUBBLICO. INDUCE IL DECISORE A PRESERVARE LA CONSISTENZA E LA COERENZA DELLE DECISIONI CON LE ALTRE DECISIONI SUI MOTIVI DEL TRATTAMENTO DISUGUALE. QUINDI LA FUNZIONE DELL’UGUAGLIANZA DERIVA DALLA FORMAZIONE NELLA SOCIETA’ DI SOTTOSISTEMI FUNZIONALMENTE SPECIFICATI E RELATIVAMNETE AUTONOMI.
SOCIOLOGIA DEL DIRITTO PANNARALE Riassunto del libro G. CAMPESI, I. PUPOLIZIO, N. RIVA " DIRITTO E TEORIA SOCIALE - INTRODUZIONE AL PENSIERO SOCIO-POLITICO CONTEMPORANEO" CACUCCI EDITORE.
CAP. 2 – HABERMAS. IL DIRITTO E LA TEORIA DELLA SOCIETA’
Secondo H. il Habermas, filosofo tedesco, è la figura centrale della seconda generazione della Scuola di diritto moderno è caratterizzato da una tensione tra fatticità e validità, che può essere interpretata in 2 sensi:
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come strumento che legittima il ricorso alla coercizione; in questo senso legittimazione e coercizione corrispondono alla validità e alla fatticità;
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come diritto positivo che pretende di essere legittimo; in questo senso alla fatticità e alla validità corrispondono la positività e validità sociale del diritto e la sua legittimità.
Il diritto moderno comporta un’autorizzazione all’uso della forza, nella forma:
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della coercizione, x prevenire le violazioni delle norme;
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delle sanzioni punitive, che vengono applicate in caso di violazione di norme.
Di conseguenza gli attori sociali possono assumere 2 atteggiamenti verso il diritto:
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quello dell’attore interessato a conseguire i propri obiettivi agendo in modo strategico, con la probabilità di subire interventi coercitivi e sanzioni punitive;
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quello che H. chiama performativo, cioè l’attore sceglie di regolare i propri rapporti con l’esterno in modo consensuale, in vista della sua appartenenza ad un gruppo sociale.
Secondo H., la tensione tra fatticità e validità si manifesta nel concetto stesso di legalità o validità giuridica. Egli ritiene che la validità giuridica abbia 3 dimensioni:
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in senso stretto: consiste nella positività delle norme, che sono statuite da un organo competente secondo una procedura. In questo modo la validità diventa un fatto accertabile empiricamente;
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validità sociale del diritto, intesa come norme che siano riconosciute valide dai gruppi sociali e che siano rispettate e/o che la loro violazione porti sanzioni punitive;
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validità ideale o legittimità: intesa come norme giustificate o giustificabili sul piano morale, etico – politico e pragmatico.
Perché un sistema giuridico sia valido, le norme che lo compongono devono essere emanate da un organo competente, legittime e dotate di un grado di validità sociale. Secondo H., nel corso dell’evoluzione sociale, il complesso dell’eticità si è differenziato su diversi piani:
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sul piano culturale: si sono sviluppate un’etica ed una morale post-convenzionali;
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sul piano delle istituzioni sociali: si sono sviluppati il diritto moderno e lo Stato di diritto costituzionale e democratico.
H. ritiene che tra morale post-convenzionale e diritto positivo esiste un rapporto di complementarità. Egli ritiene che nella modernità la morale si sia separata dall’etica.
ETICA |
MORALE |
risponde alla questione della vita buona. |
risponde alla questione della correttezza delle nostre interazioni. |
Le questioni relative alla vita buona non sono dotate di validità universale; xchè la validità è relativa ai singoli individui o alle singole collettività. I discorsi etici sono discorsi si autochiarimento e permettono all’individuo o alle collettività di interrogarsi sul proprio ideale di vita buona ed eventualmente modificarlo. Mentre l’etica tradizionale si basava sulla condotta da adottare e quella da evitare, l’etica contemporanea è + astratta e si basa sul concetto che i singoli e le collettività debbano esprimere la propria singolarità e specificità. Ciò produce individualismo a livello individuale e pluralismo a livello collettivo. La morale riguarda i doveri di una persona verso le altre persone, le questioni morali hanno validità universale. H. ritiene che la morale post-covenzionale si basa sul principio U, secondo il quale sono moralmente valide le norme x l’azione che rispettano gli uguali interessi di tutti i soggetti interessati dalle conseguenze dell’azione. Il principio U è la specificazione di un principio che H., chiama principio D, in base al quale sono valide solo le norme d’azione che gli interessati potrebbero approvare partecipando a discorsi razionali. Il principio D, a differenza del principio U, non specifica quali requisiti una norma debba soddisfare x essere approvata nei discorsi razionali. H. ritiene che la concezione post-convenzionale della morale, basata sul principio U, sia superiore alle concezioni pre-convenzionali e convenzionali della morale sia cognitivamente, xchè non fondata su presupposti falsi, sia praticamente, xchè può risolvere problemi che le altre concezioni non hanno saputo risolvere. Il diritto è complementare alla morale, xchè supplisce alle carenze della morale quale mezzo x l’integrazione della società. La morale post-convenzionale è soggetta a vari problemi su paini diversi:
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piano cognitivo: è esposta al problema della indeterminatezza, xchè non consiste in un sistema di norme x l’azione, ma fornisce un principio U x la soluzione morale di questioni controverse. Spetta agli attori stabilire la validità delle norme ed applicarle al caso concreto;
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piano motivazionale: è esposta al problema dell’incertezza dovuto alla debolezza della volontà. Da un lato pretende che le singole persone sacrifichino i loro interessi, quando norme giuste lo richiedano. Dall’altro lato non è ragionevole pretendere dalle persone che agiscano moralmente, se ciò non viene seguito anche dagli altri. Questa incertezza viene risolta dal diritto, con la minaccia di sanzioni e con la forza coercitiva;
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piano organizzativo: si hanno 2 limiti:
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fonda doveri in capo alla società nel suo complesso, ma non è in grado di assolvere alle funzioni organizzative necessarie, affinché si possa adempiere a tali doveri;
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mette in discussione la validità delle istituzioni sociali, ma non è in grado di indicare come tali istituzioni possano essere sostituite . attraverso il diritto lo Stato assolve alle funzioni che la morale post-convenzionale non è in grado di assolvere.
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Il diritto integra la morale di ragione (post-convenzionale) nella misura in cui viene ritenuto legittimo. X H., negli ordinamenti democratici la legittimità del diritto è garantita dal processo legislativo. H. ritiene che 2 siano i principi responsabili della legittimazione del diritto: il principio dei diritti umani e il principio della sovranità popolare. Questi 2 principi sono stati tradizionalmente considerati in conflitto. H., contrapponendosi a ciò, intende dimostrare come i 2 principi sono complementari, xchè entrambi sono espressione del principio democratico, che nasce dal collegamento della forma giuridica con il principio D. il diritto positivo diventa legittimo o in base all’etica sociale preesistente o attraverso procedure a cui partecipino anche i destinatari delle norme. Il diritto garantisce ai consociati giuridici, nella forma dei diritti di libertà, spazi d’azione entro i quali essi possano scegliere come agire x raggiungere i propri scopi, ma questo non basta a legittimare il diritto, è necessario anche il consenso dei soggetti, la cui interazione si vuole regolare. Il sistema dei diritti fondamentali è costituito, x H., dai quei diritti che le persone non possono non riconoscersi reciprocamente, se intendono regolare la loro convivenza attraverso il diritto. X tanto le norme che stabiliscono i diritti fondamentali sono norme costitutive della democrazia. Spetta ad ogni comunità stabilire quali diritti inserire tra i diritti fondamentali. Anche se ci sono tipologie di diritti da cui non si può prescindere: x es. quelli che garantiscono l’autonomia privata dei consociati (libertà fondamentali, diritti di integrità, di garanzia, poteri di acquisire proprietà e di disporne); i diritti politici di comunicazione e di partecipazione; i diritti di ripartizione sociale. Il sistema dei diritti fondamentali tutela sia l’autonomia privata che quella pubblica dei cittadini. X H. autonomia pubblica e privata sono interdipendenti.
H. citica il giuspositivismo weberiano, secondo cui la legittimità del diritto moderno deriva dai caratteri formali del diritto: sistematicità del corpus giuridico, universalità ed astrattezza delle norme, limiti procedurali alla discrezionalità dei giudici e dei funzionari della P.A. X Web la legittimità del diritto dipendeva dalla forma semantica delle norme e considerava minacce alla legittimità del diritto i processi di deformalizzazione o materializzazione delle norme dipendenti dalle politiche dello Stato. H. ritiene che ciò sia un timore ingiustificato, xchè la legittimità del diritto dipende dalla forma del processo legislativo. In quanto i processi di produzione e applicazioni delle norme sono essi stessi istituzionalizzati, xchè è il diritto che fissa le procedure x la sua stessa produzione e applicazione. Secondo H., un ordinamento giuridico può essere legittimo solo se non contraddice i principi morali, xchè diritto e morale sono complementari. Il diritto xò non include solo principi morali, ma anche ragioni etico-politiche e pragmatiche. In caso di conflitto le ragioni morali prevalgono su quelle etico-politiche.
X H. il diritto deve integrare 2 ambiti della società:
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delle relazioni quotidiane: responsabili dell’integrazione sociale;
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delle relazioni di potere tra pubblici ufficiali e tra Stato e cittadini; e delle relazioni economiche condizionate dal denaro.
Secondo H., le società primitive era ristrette, xchè formate da unità simili, le famiglie, che costituivano l’ambito esclusivo dell’interazione sociale. Queste società erano governate sui rapporti di parentela, da cui dipendeva la validità delle norme, che definivano i ruoli di ciascun componente della famiglia. I processi di socializzazione e le sanzioni di tipo sociali garantivano l’ordine sociale. Nelle società moderne, essendo + estese, la centralità della famiglia si è dissolta, xchè molte attività vengono svolte all’esterno di essa. Infatti le persone, ogni giorno interagiscono con altre persone, con le quali non hanno alcun rapporto di parentela, che infondi fiducia e solidarietà. Inoltre le società moderne sono caratterizzate dal pluralismo culturale; sono nati ambiti di interazione integrati funzionalmente, cioè gli apparati dello Stato e i mercati del lavoro e delle merci. Questo tipo di interazione permette di interagire anche senza un consenso espresso. In queste società è il diritto che rassicura gli attori sociali riguardo al comportamento altrui, alimentando la fiducia tra gli estranei. X H. una delle patologie delle società contemporanee è il processo di colonizzazione di ambiti dell’interazione, un tempo integrati socialmente. Il sintomo di ciò è il processo di giuridificazione, cioè il diritto, attraverso la minaccia di sanzioni, produce ordine sociale in quegli ambiti non + capaci di autoregolarsi in modo comunicativo. L’agire comunicativo di H. è una forma particolare dell’agire linguistico, attraverso cui gli agenti sociali si servono del linguaggio come mezzo x pervenire a un accordo che consenta di regolare la loro interazione in modo consensuale. X paradigmi del diritto, si intendono i modelli interpretativi attraverso cui i giudici, gli organi legislativi ed esecutivi, i funzionari della P.A., i cittadini interpretano le istituzioni giuridiche. I paradigmi mutano con il passare del tempo. Secondo H., negli ultimi 2 secoli si sono avuti 2 paradigmi:
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liberale-liberalista: connesso con l’ideale di società mercantile, del tardo ottocento; adotta una interpretazione formale della libertà. X questo paradigma i diritti fondamentali assicurano a tutti i consociati in misura uguale la libertà giuridica, attraverso norme universali ed astratte. Quindi garantisce sia libertà di arbitrio sia autonomia privata. Si manifesta nel diritto formale borghese. È entrato in crisi quando ci si è resi conto che questo tipo di libertà può convivere con disuguaglianze fattuali o produrle e riprodurle.
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sociale: connesso alle istituzioni e alle politiche delle Stato sociale; adotta una interpretazione fattuale, sostanziale della libertà. Questo paradigma ha il compito di eliminare gli ostacoli materiali alle pari opportunità nell’esercizio delle libertà. Il compito dei diritti fondamentali è quello di promuovere l’uguaglianza fattuale tra soggetti giuridici. Si manifesta nelle istituzioni e nelle politiche dello Stato. È entrato il crisi quando ci si è resi conto degli effetti negativi che produceva, xchè riduceva l’autonomia privata dei cittadini.
Questi 2 paradigmi devono essere superati ed essere sostituiti dal paradigma proceduralista, x cui l’unico modo x ovviare le conseguenze provocate dai precedenti paradigmi è quello di riconoscere la complementarità di autonomia privata e pubblica.
X H. i processi di globalizzazione hanno causato la crisi dello Stato moderno, costituzionale e democratico, che egli concepisce come istituzione che si è sviluppato nella forma di Stato nazionale. A tale proposito, infatti, parla di costellazione postnazionale.
H. individua 4 fattori x la costituzione, l’evoluzione e il buon funzionamento dello Stato moderno:
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lo Stato: istituzione che prende e impone decisioni vincolanti;
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delimitazione territoriale dello Stato: i confini definiscono i soggetti sottoposti all’autorità dello Stato;
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integrazione culturale dei sogg. sottoposti all’autorità dello Stato. Questa integrazione si è compiuta attraverso l’idea di nazione;
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affermazione dei principi di sovranità popolare e di legislazione democratica.
I processi di globalizzazione negli anni ’70 hanno causato la crisi di tutti questi fattori:
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la capacità dello Stato di assolvere alle proprie funzioni risulta di ridotta x 2 motivi:
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xchè molti problemi, che lo Stato deve affrontare, sono sopranazionali;
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xchè ha difficoltà a reperire, attraverso il prelievo fiscale, le risorse di cui necessita x le proprie funzioni; ciò avviene x la mobilità dei capitali;
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la sovranità dello Stato è stata compromessa, xchè le decisioni dei singoli Stati coinvolgono altri soggetti non sottosposti all’autorità, x es. decisioni di impatto ambientale; ancora, xchè gli Stati si strutturano in organizzazioni sopranazionali, come x es. l’UE;
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il crescente pluralismo produce la frammentazione sociale;
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le procedure che istituzionalizzano i principi di sovranità popolare e di legislazione democratica, x la riduzione della mancanza d’azione degli Stati, sono svuotate della loro capacità di produrre legittimità.
X H. l’evoluzione sociale si compie attraverso l’alternanza di fasi di apertura, in cui le forme dell’integrazione sociale si disgregano, x essere sostituite da forme di integrazione funzionale; e fasi di chiusura politica, in cui si producono nuove forme di integrazione sociale, che sono in grado di contenere gli effetti dell’integrazione funzionale. Il mondo contemporaneo si trova in una fase di apertura: tradizioni culturali e comunità nazionali si disgregano, gli Stati non sono in grado di controllare i processi economici a livello globale e di contenerne gli effetti. X contrastare gli effetti della fase di apertura è necessaria la fase di chiusura politica della società. X H., nelle singole società statuali bisogna promuovere una cultura politica autonoma rispetto a quelle + ampie dei diversi gruppi sociali e pratiche di partecipazione politica + inclusive, che promuovano il reciproco riconoscimento tra i cittadini e producano la solidarietà civica, legittimazione x il diritto e le istituzioni pubbliche. Solo una cultura autonoma centrata sui diritti fondamentali da vita al patriottismo costituzionale, che costituisce l’unica alternativa al patriottismo nazionale, fondato sul sentimento di appartenenza ad una nazione culturalmente omogenea. X contrastare tutti gli effetti della globalizzazione è necessario che si sviluppino forme di cooperazione tra gli Stati e che si creino centri di potere a livello sopranazionale. H. immagina un ordine mondiale a 2 livelli:
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livello globale: gli Stati dovrebbero unirsi, darsi una Cost. e costruire una organizzazione mondiale con il compito di proteggere i diritti umani e la pace. Nel corso del XX sec. il diritto internazionale si è evoluto verso una costituzionalizzazione. Esempio di ciò sono:
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il crescenti impegno dell’ONU x la tutela dei diritti umani, che giustifica le ingerenze nella politica interna degli Stati e conferisce lo status di sogg. di diritto intenazionale;
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i poteri dell’ONU di sanzionare violazioni del divieto di violenza e la possibilità di ricorrere alla forza x operazioni di polizia globale;
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carattere inclusivo dell’ONU e la validità universale del diritto da essa prodotto.
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livello interno.
H. guarda con preoccupazione alla politica estera degli USA successiva all’attentato dell’11/09/2001, xchè si caratterizza x l’atteggiamento egemonico, x la pretesa di potere e x il voler esportare i valori liberali tipici della cultura statunitense attraverso l’uso della forza. x H. bisognerebbe creare delle autorità plurinazionali in grado di governare i processi di globalizzazione sia a livello globale che a livello interno. Secondo H. è necessario terminare il processo di unificazione europea trasformando l’UE in una federazione di Stati dotata di poteri necessari a una politica esterna unitaria e ad armonizzare le politiche sociali, del lavoro e fiscali degli Stati membri.
CAP. 3 – FOUCAULT. LE ISTITUZIONI GIURIDICHE TRA PRODUZIONE DEL SAPERE E SISTEMI DI POTERE
F. ha ricostruito la nascita, l’evoluzione e il funzionamento di un complesso di tecnologie politiche che si sono affiancate agli strumenti x l’esercizio della potenza politica basati sulla tecnologia giuridica. La critica divide l’opera di F. in 3 fasi:
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il suo interesse era rivolto alla nascita ed evoluzione dei saperi antropologici;
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l’interesse era rivolto allo studio delle forme d’esercizio del potere, o tecnologie politiche, nelle società moderne;
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l’interesse era rivolto a temi etici della cura di sé e della produzione di soggettività.
F. analizza le istituzioni giuridiche in 2 modi:
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come volontà di potenza xchè strumenti di esercizio del potere;
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come volontà del sapere xchè strumenti di produzione del sapere.
La sua idea di base era che fosse possibile studiare come il sapere si produce, partendo dalla pratica politica, cioè analizzare il funzionamento delle istituzioni politiche e giuridiche come strumenti di produzione del sapere. L’analisi parte dallo studio delle pratiche giuridiche nell’antica grecia, che si erano sviluppate nella società omerica e quella edipica. Nella società omerica la soluzione delle controversie era affidato alla prova della verità, basata sul sistema delle sfide e della lite tra guerrieri. Nella società edipica troviamo la legge delle due metà, basata sulla profezia da un lato e dall’atro sulle testimonianze degli uomini. Durante il medioevo il sistema giuridico regolava lo scontro; quindi il diritto è una maniera regolamentata di fare la guerra. Comunque resta sempre la possibilità di accordi e transazioni. In un sistema basato sulla lotta e l’accordo, non vi può essere la presenza di un terzo, che si ponga come elemento neutro x la ricerca della verità. Una svolta x le pratiche giuridiche si avrà a partire dal basso medioevo, con la nascita dell’indagine e degli strumenti razionali x l’accertamento della verità.
F. elabora ciò che viene definito il progetto genealogico, nel quale si evidenzia come l’ambiente istituzionale concreto sia in grado di trasforma i fenomeni linguistici in pratiche sociali, che condizionano la vita e producono effetti di potere. Quindi la genealogia è un metodo x lo studio del funzionamento e della natura delle tecnologie politiche, intese come intreccio tra pratiche istituzionali e forme di razionalità. X F. tutto nell’uomo ha una storia ed è socialmente prodotto. Il progetto di genealogia delle tecniche politiche descrive l’emergere di quel complesso di istituzioni politiche e sociali che contribuiscono all’assoggettamento. F. critica il concetto di sovranità, inteso come modello teorico x pensare i rapporti politici i cui tratti si trovano nelle diverse epoche. I rapporti politici sono:
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economicismo: cioè l’idea che il potere sia un bene che gli individui trasferiscono ad un sovrano;
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statalismo: cioè l’idea che il potere sia esercitato da un soggetto unitario, sia esso un monarca, lo Stato o la classe al potere attraverso di esso, e che a partire da tale centro si sviluppino tutte le relazioni di assoggettamento;
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giuridicismo: cioè l’idea in base alla quale la principale manifestazione dell’esercizio della potenza sia la legge.
L’analisi del potere va fatta rinunciando a questo discorso della sovranità e partendo dalle micro-relazioni di potere. F. sostiene che il potere non si acquista, si strappa o si condivide. Esso si esercita a partire da relazioni disuguali e mobili. Queste relazioni di potere non si limitano a sanzionare i rapporti di classe, di razza o di genere consolidati, ma contribuiscono a costruirli. Quindi il potere viene dal basso, cioè non c’è all’inizio delle relazioni di potere un’opposizione fra dominati e dominanti, ma nel caso ci fosse sarebbe dall’alto in basso. questa idea di potere che transita serve a F. x mostrare come i rapporti di forza che si formano servono a supportare gli effetti di divisione che percorrono il corpo sociale. Questi effetti sono una linea di forza generale che attraversa gli scontri locali e li collega. È proprio attorno a queste linee di forza generali che le micro-relazioni di potere si organizzano e si dispongono, fino a causare effetti + ampi. Nelle relazioni di potere non è possibile individuare il soggetto. L’innovazione dell’analitica del potere di F. è dimostrata dalle sue ricerche sulle istituzioni disciplinari, spazi sociali all’interno dei quali le relazioni di potere si producono e riproducono. Egli analizzando il funzionamento di queste relazioni rileva l’emergere di una nuova razionalità politica, x la quale la sanzione ha una funzione di controllo, incitamento, rafforzamento delle forze che sottomette. Questo tipo di razionalità produce soggettività; essa viene definita da F. potere disciplinare. X F. l’età moderna ha sviluppato una meccanica x l’esercizio della potenza politica basata sulla forma generale del contatto sinaptico potere politico – corpo individuale. Esistono diversi apparati corporali:
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apparati di garanzia e di prova: attraverso cui si impedisce fisicamente il prodursi di un tipo di azione o si cautelano determinati interessi o beni;
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apparati che estorcono la verità;
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apparati che manifestano la forza del potere.
Secondo F. l’età moderna è caratterizzata da un apparato corporale diverso da questi, che funziona in base alla logica degli strumenti ortopedici e che ha come funzione la correzione e l’addestramento del corpo. La tecnologia ortopedica del corpo, basata sulla coercizione, tende alla manipolazione dei suoi elementi, in modo da plasmare il corpo e da renderlo utilizzabile alle diverse esigenze politiche. La tecnologia politica disciplinare investe l’esistenza individuale in modo totalizzante. A differenza del potere di sovranità, il potere disciplinare non agiste episodicamente sulla sfera individuale. La disciplina agisce attraverso delle procedure x la gestione del corpo e del tempo degli individui di cui si fa carico. (1^ procedura) Le discipline, secondo la regola dell’incasellamento, individuano x ogni individuo il suo posto e x ogni posto il suo individuo. L’organizzazione di uno spazio analitico è la prima procedura del potere disciplinare; una procedura effettua una distribuzione in base ad esigenze funzionali proprie delle diverse istituzioni. Quindi con la tecnica dell’incasellamento le moltitudini confuse vengono trasformate in molteplicità ordinate. (2^ procedura) Altra funzione delle discipline è l’anatomo – cronologia del comportamento, cioè intensificano l’uso del tempo, evitando la produzione di scarti. F. assume l’immagine del panopticon, x spiegare la logica operativa dei meccanismi disciplinari. Il panopticon, ideato da Bentham, constava di 2 cilindri concentrici: quello esterno, dove si trovavano le celle, aveva aperture rivolte verso il cilindro interno, dal quale i sorveglianti controllavano i reclusi senza essere visti. Quindi il soggetto in questo meccanismo di potere è visto ma non vede; è oggetto di informazione, mai di comunicazione. Il panopticon è un luogo x tentare esperienze pedagogiche, xchè serve x modificare il comportamento, x addestrare o recuperare gli individui. L’espandersi delle tecnologie politiche disciplinari è legato al processo generale di normalizzazione, intesa come razionalizzazione che si profilava in politica come si profilava in economia, sotto la spinta dell’automazione industriale. È con tale processo che l’idea di normalità e il concetto di norma sono posti al centro della vita economica e sociale. X F. la norma si definisce a seconda del ruolo disciplinare e coercitivo che è capace di esercitare negli ambienti cui si rivolge. La norma è un elemento a partire dal quale un determinato esercizio del potere trova il suo fondamento e la sua legittimità. Le tecnologie disciplinari, xchè tecniche che producono soggettività, sono il veicolo principale della normalizzazione. Le disciplina, infatti, stabiliscono una infra-penalità, cioè incasellano uno spazio che le leggi lasciano vuoto; reprimono una serie di comportamenti che sfuggivano ai sistemi di punizione. La infra-penalità funziona grazie all’esame, istanza di sorveglianza e controllo che permette di qualificare, classificare e punire. Le discipline, dunque, costituiscono la società della norma. L’essenza del potere disciplinare è sanzionare le irregolarità delle deviazioni rispetto alla normalità. Verso la fine degli anni ’70 F. comincia ad interessarsi alla questione della nascita dello Stato moderno e dei suoi apparati burocratici – amministrativi. Questo interesse è dettato dall’intenzione di analizzare la maniera in cui furono governati certi fenomeni sociali. F. descrive la presa in carico della vita da parte del potere e afferma che non avviene secondo la logica della razionalità politico-giuridica, ma attraverso una razionalità tesa a moltiplicare le forze sociali, economiche e biologiche di una collettività. Questa nuova forma di razionalità investe l’uomo come essere vivente. Inoltre questa nuova tecnologia del potere incorpora la tecnologia disciplinare. X tale motivo F. descrivendo la sovrapposizione di una tecnologia totalizzante e di una individualizzante, individua ciò che chiama dispositivo biologico, che si differenzia dal dispositivo disciplinare. Mentre il dispositivo disciplinare è centrato su corpo in quanto macchina; dispositivo biologico è centrato sul corpo specie, che serve alla proliferazione dei processi biologici. Entrambi i dispositivi convergono nel campo + generale che è il potere sulla vita. Il discorso sul potere biopolitico permette a F. di differenziare le nuove tecnologie politiche da quelle disciplinari. Egli, nell’analisi delle diverse tecnologie associate alle diverse forme di razionalità politica, distingue tra:
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dispositivi legali: basati sulla logica individualizzante del divieto e della sanzione;
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dispositivi disciplinari: basati sulla logica individualizzante della normalizzazione;
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dispositivi di sicurezza: basati sulla logica totalizzante dei controllo regolatori.
L’analisi parte dal modo diverso di rapportarsi allo spazio, all’evento e alla norma, che caratterizza le tecnologie di sicurezza rispetto a quelle giuridiche e disciplinari. Lo spazio è al centro di tutte le tecnologie politiche; infatti, la sovranità si costituisce in rapporto con un territorio; la disciplina fraziona lo spazio, mirando all’organizzazione e all’incasellamento delle molteplicità confuse. La tecnologia di sicurezza organizza lo spazio in funzione di eventi possibili che bisogna inserire in uno spazio dato. Il funzionamento delle tecnologie di sicurezza si basa sulla nozione di ambiente, inteso come spazio all’interno del quale si producono eventi aleatori frutto dell’interazione tra materia fisica e materia vivente. L’evento: la sovranità si rapporta ad esso in modo negativo, xchè suddivide le cose secondo il lecito e il vietato, mirando alla determinazione degli eventi indesiderati e x tanto sanzionati. Il potere disciplinare basato su una logica positiva e tende a produrre le attitudini desiderate negli individui presi in carico. La tecnologia di sicurezza si limita a gestire e regolare una massa indefinita di eventi. A partire dagli anni ’70 le attenzioni di F. sono rivolte all’idea di governo, le cui origini sono da rintracciare nel tema pastorale tra civiltà antiche e mondo cristiano. È attorno alla riflessione su come governare se stessi e gli altri che si sviluppa ciò che F. ha definito governabilità, cioè l’insieme di istituzioni, procedure, analisi che permettono di esercitare questa forma di potere, che ha nella popolazione il bersaglio principale, nell’economia politica la forma privilegiata del sapere e nei dispositivi di sicurezza lo strumento tecnico essenziale. F. nella sua analisi del governo parte dalla riflessione sulla ragion di Stato. Le moderne arti di governo si sviluppano partendo dalle riflessioni sulle arti del regnare, si trasformano da discorsi centrati sulla figura del principe e la conservazione della sua sovranità in un sapere sulle risorse economiche e militari dello Stato e sui ½ x conservarle ed incrementarle. F. evidenzia come la maturazione epistemologia delle scienze dello Stato sia avvenuta attorno allo strutturarsi di 2 dispositivi:
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dispositivo diplomatico – militare;
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dispositivo poliziesco.
F. ha sviluppato una critica della ragion di governo liberale xchè complesso discorso economico – politico contrapposto alla scienza politica e alle scienze dello Stato d’antico regime. La sua analisi si concentra su come il pensiero economico – politico ha modificato le arti di governo. La ragion economica non si è sostituita alla ragion di Stato, ma l’ha arricchita di nuovi contenuti. Le scienze di polizia, xchè arti della felicità e del benessere della popolazione, presuppongono un oggetto manipolabile dalle istituzioni politiche. La popolazione non ha una sua natura e delle dinamiche riconducibili all’intervento del governo. La natura della popolazione è costituita dall’interazione di molte variabili, ambientali, climatiche, sociali, culturali, che mediano le capacità della politica di governare la vita, i processi di produzione e di riproduzione sociale.
CAP. 4 – BOURDIEU LA SOCIOANALISI DEL CAMPO GIURIDICO
B. è un sociologo critico; vedeva nella sociologia la scienza delle scienze. La sociologia di B. si sviluppa in un continuo confronto con gli altri approcci teorici, i quali diventano essi stessi oggetto di analisi. Secondo B. le categorie di autorappresentazione di un contesto sociale devono divenire oggetto di analisi, xchè si possano evidenziare le relazioni oggettive e i rapporti di forza fra coloro che li producono. Nasce una sociologia riflessiva caratterizzata dall’esercizio intellettuale che B. chiama oggettivazione partecipe. X B. una scienza del diritto si distingue dalla scienza giuridica, xchè la prima assume la seconda ad oggetto. Una scienza del diritto esigente è quella che riesce ad osservare la scienza giuridica tradizionale come il prodotto di una ideologia professionale degli agenti del campo. La critica all’ideologia giuridica è ispirata alla tradizione marxista. Innanzitutto B. si sofferma su un elemento, che il marxismo ha ignorato, ma che ha interessato Weber, il ruolo giocato dal corpo dei giuristi, in quanto agenti specializzati di produzione di un sistema simbolico. Infatti, secondo Weber la formazione del diritto è condizionata dai rapporti intra – giuridici, cioè dalle caratteristiche della cerchia di persone che influenzano professionalmente la formazione del diritto. B. accoglie insegnamento weberiano ed evita di istituire relazioni esplicative dirette tra il sistema simbolico del diritto e l’economia capitalista. Il rapporto tra capitalismo e diritto si può cogliere solo nello spazio dove si producono le norme. Questo spazio, dove si produce la specificità delle norme e delle argomentazioni giuridiche, è il campo giuridico. Anche x quanto riguarda il tema dell’ideologia, B. di distacca dal marxismo. L’ideologia non è + falsa coscienza, la rappresentazione deformata e parziale della realtà concepita dai produttori di idee. In relazione al diritto, quello che interessa sono le condizioni storiche che devono essere soddisfatte xchè possa emergere un universo sociale autonomo, che sia in grado di produrre e riprodurre un corpo giuridico indipendente dai vincoli esterni. Quindi se si vuole comprendere la specificità del diritto bisogna guardare a quel l’universo sociale specifico nel quale esso stesso si produce e si esercita. B. abbandona il concetto di ideologia e sviluppa quello di violenza simbolica, che è quella esercitata su un agente sociale con la sua complicità e assicura al dominante il consenso del dominato, attraverso il misconoscimento, x il quale si intende il riconoscimento della violenza che viene esercitata nella misura in cui non la si riconosce come violenza. X B., nella modernità capitalista, ciò che può essere osservato è la pluralità di campi sociali, distinti da propri valori e principi regolativi. Questo fa individuare la sociologia di B. come sociologia storica. Il campo giuridico si è creato in base al principio x cui la legge è legge. In questo caso, come gli altri, un campo si istituisce attorno ad un’intesa, i cui confini sono i confini stessi del campo. Attorno a questa intesa si aggregano gli agenti accomunati da un interesse specifico. X quanto riguarda il campo giuridico, B. ritiene che esso si istituisca intorno alla rinuncia della messa in discussione del fondamento della legge. B. afferma che x spiegare il diritto è necessario considerare l’ottica specifica nella quale lavorano gli agenti del campo giuridico. Quest’ottica è ciò che B. chiama formalizzazione. La sociologia produce una anamnesi dell’origine, cioè analizza la logica specifica dei diversi spazi sociali, in cui si producono sistemi simbolici che pretendono di essere validi universalmente, e riporta le leggi della logica all’attività socialmente regolata di discussione e giustificazione degli enunciati. Il campo giuridico si istituisce come spazio in cui opera la concorrenza fra agenti mossi da un interesse specifico a produrre categorie universali: i giuristi. B. ricorre al concetto di gioco x illustrare quello di campo. Infatti, x B., ciò che opera nel campo giuridico è un gioco la cui posta è la trasformazione delle regole del gioco stesso. Egli è interessato non tanto al gioco delle procedure, ma alla struttura del gioco, cioè le possibilità offerte a chi entra nel campo e le condizioni di accesso al campo, che sono le caratteristiche necessarie x accerdervi, cioè il capitale specifico. X quanto attiene al campo giuridico il capitale specifico è, una particolare disposizione cognitiva, una doxa. Il campo è uno spazio di gioco nel quale valgono regole che ciascun agente trova e dalle quali retsa vincolato, pur potendole modificare. Condizione necessaria x competere è il misconoscimento dell’arbitrio: abbracciare attivamente e quindi collaborare a riprodurre l’illusione giuridica. Infatti attraverso il concetto di illusio si designa la contrapposizione tra campo e agente, fra azione libera e coinvolgimento, fra giocare ed essere giocato. B. ha elaborato anche il concetto di habitus, che si pone sempre tra l’agente ed il campo. L’habitus è una proiezione della struttura del campo nella personalità individuale; sono sistemi di percezione che permettono di operare atti di conoscenza pratica e di generare strategie rinnovate. L’habitus ed il campo si condizionano, da ciò si costruisce, nel campo giuridico, l’ideologia professionale dei giuristi, che funge da collante tra gli agenti ed il campo ed è condizione della riproduzione del campo stesso. La concorrenza tra agenti, che si svolge nel campo giuridico è a 2 dimensioni:
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concorrenza fra soggetti dotati di differenti capitali specifici;
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concorrenza, che si svolge all’interno di ogni corpo, fra agenti che condividono la stessa qualità di capitale specifico.
Il lavoro di razionalizzazione dei professionisti del diritto permette alla decisone giudiziaria di divenire verdetto, cioè le attribuisce l’efficacia simbolica x diventare decisione legittima. La decisione giudiziaria è l’esito di una dialettica fra agenti dotati di competenze. Secondo B. l’analisi sociologica deve produrre una rappresentazione dello spazio sociale, inteso come luogo della coesistenza di punti di vista, prodotti dagli habitus strutturati. Il capitale diventa il segno della collocazione sociale dell’individuo. Nello spazio sociale l’individuo non è libero di muoversi, ma rimane ancorato a condizioni oggettive che ne influenzano le trasformazioni. Nel mondo sociale le opportunità sono distribuite in modo diseguale, a ciò corrisponde una distribuzione ineguale del capitale nelle sue differenti specie. X B. il campo giuridico ha come funzione il mantenimento dell’ordine simbolico. È proprio nel campo giuridico che, attraverso dispute e conflitti attuati sulla base dell’habitus condiviso, si svolge un’attività performativa. Infatti è nel campo giuridico che vanno cercate le basi performative dei discorsi giuridici. La forza del diritto è la forma, poiché attraverso la formalizzazione si ha l’effetto di universalizzazione degli enunciati, ossia la condivisione sociale di significanti e significati. X l’efficacia universalizzante, il diritto è il + importante strumento di dominio simbolico. È l’habitus stesso degli agenti del campo giuridico, nelle sue manifestazioni visibili, a rilevare al destinatario dell’atto la sua legittimazione. Nella sociologia di B. il linguaggio è il supporto di rapporti di potere. Il diritto è un linguaggio particolare x le forme in cui si riproduce. La ricerca socio – giuridica è il ½ x accedere alla comprensione scientifica del diritto come insieme di enunciati. Sono state mosse critiche alla sociologia di B., la + frequente è quella di aver ridotto ogni margine di autodeterminazione degli agenti sociali, stabilendo che l’azione sociale si determini dalle condizioni strutturali entro le quali viene posta in essere. B. riconosce che, nella teoria dei campi, il processo di autonominazione e differenziazione svolge un ruolo centrale, sostenendo una prospettiva conflittualistica. Il rischio in cui si incorre è quello del determinismo, dove il campo è percepito come una scacchiera nella quale ogni agente è giocato dalla propria collocazione, ma questo rischio è evitato da B. con il rifiuto dell’idea che la trasformazione del sistema giuridico è data da leggi proprie. Inoltre B. assume le distanze dalla teoria dei sistemi xchè tende a confondere il diritto propriamente detto, cioè le strutture simboliche, con le istituzioni sociali di cui esse sono il risultato. I concetti della teoria sociale di B. sono stati sviluppati come strumenti x superare le difficoltà epistemologiche che si manifestano durante la ricerca. La sociologia riflessiva deve essere considerata scienza della scienza. B. enuncia che una scienza del diritto rigida si distingue dalla scienza giuridica, xchè la prima assume ad oggetto la seconda. L’antigiuridismo di B. è da analizzare su 2 piani:
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basato su una componente assiologia e politica: negli scritti di B. si trova una antistatalismo della filosofia marxista, nella quale il diritto è il diritto della sovranità. Quindi il diritto, in questa prospettiva, procura legittimazione ai rapporti di dominazione;
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di tipo epistemologico: è il rifiuto di pensare che l’azione sociale sia il prodotto di norme che si pretendono regolarla. X B. la regola, intesa come menzogna socialmente strutturata e incoraggiata, esiste come principio x occultare i moventi della pratica. L’interazione sociale, dunque, è un’interazione regolata.
La sociologia di B. è uno studio interessato alla produzione della normatività, senza abbandonare mai il metodo sociologico.
CAP. 5 – LAW AND ECONOMICS
ORIGINI E COMPLESSITA’ DELL’ANALISI ECONOMICA DEL DIRITTO
Nell’analisi economica del diritto si possono individuare 2 correnti di pensiero:
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definisce la law and economics come metodo, strumento di analisi, modo di osservare e valutare il fenomeno giuridico e la sua influenza sulle dinamiche reali con strumenti tipici delle scienze economiche;
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individua nella massimizzazione, nell’equilibrio e nell’efficienza i concetti essenziali che servono x comprendere e spiegare i principi giuridici oltre che quelli economici.
Nella storia dell’analisi del diritto è possibile particolarmente importante è la corrente di pensiero the first great law and economics movement, che nacque negli USA nel XIX sec. X molti non si può parlare di movimento di pensiero ma piuttosto di contributi isolati di giuristi ed economisti. Al centro del dibattito era l’attenzione nei confronti dell’interesse pubblico, che andava tutelato e difeso. Chiassoni effettua una classificazione delle correnti interne alla law and economics in base alla strumentazione economica, ciò significa differenti modi di interpretare il sistema giuridico. L’autore varie scuole, ma la contrapposizione + importante è quella tra la scuola di Chicago, con un approccio rigidamente neoclassico, e quella di Yale. Tratto comune delle 2 scuole è l’assunto che il sistema giuridico influisca profondamente sul sistema economico e che le connessioni tra il sistema economico e quello giuridico possano essere ricercate con l’applicazione agli istituti giuridici di nozioni, metodi di analisi e criteri di valutazione microeconomici. L’analisi economica del diritto permette di valutare la capacità di una norma di raggiungere un determinato obiettivo. La scienza giuridica e quella economica si influenzano reciprocamente e il sistema giuridico è concepito come sistema attivo in grado di orientare le scelte dei soggetti. L’analisi economica del diritto neoclassica si fonda sulla microeconomia e identifica l’efficienza come criterio unico x la valutazione degli istituti giuridici. L’obiettivo della norma è la massimizzazione della ricchezza. Il concetto di efficienza ha 2 diverse accezioni nella teoria economica:
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la nozione introdotta da Marshall: efficienza significa massimizzazione, intesa come scelta della migliore alternativa data una serie di vincoli, del surplus;
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la nozione introdotta da Pareto: efficienza è una situazione che non è possibile modificare in modo tale da migliorare la soddisfazione delle preferenze di alcuni individui senza ridurre quelle degli altri.
Kaldor e Hicks hanno proposto una ulteriore accezione, secondo la quale, in caso di incomparabilità con il principio di Pareto, va preferita la scelta che permette all’agente che peggiora la propria condizione di essere risarcito del danno e a colui che deve risarcire di continuare a godere di un beneficio netto anche dopo la compensazione. L’analisi economica del diritto neoclassica vede un agente razionale, autointeressato al raggiungimento di utilità, felicità, surplus, benessere. In base al postulato di massimizzazione del proprio interesse, la teoria economica ipotizza che le imprese tendono alla massimizzazione del profitto e i consumatori a quella del loro surplus. Il primo autore che ha collegato il concetto di utilità alla struttura normativa è stato Bentham. I cardini del suo utilitarismo sono:
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consequenzialismo: le scelte devono essere valutate in base alle conseguenze a cui danno luogo;
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welfarismo: l’utilità è l’unico criterio di valutazione;
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ordinamento – somma: l’utilità generale, che è la max. felicità x il maggior n. di persone, si ottiene dalla somma delle utilità individuali.
Secondo Betham, le norme devono favorire i comportamenti individuali + adatti alla maggiore felicità x il maggior numero di persone. Nella teoria neoclassica l’individuo è isolato; la società è la somma di tutti gli individui che la compongono e le azioni dell’aggregato sociale sono la somma delle azioni dei singoli. Le azioni dei singoli sono prevedibili (determinismo situazionale), basate su preferenze stabili e coerenti. La teoria delle preferenze rivalutate identifica le utilità con le preferenze e vede l’individuo come capace di individuare, tra le tante possibilità, quella maggiormente conveniente alle proprie necessità e di perseguirla. Il concetto di massimizzazione è legato a quello di scarsità delle risorse. La norma, x l’analisi economica del diritto, è un meccanismo x l’allocazione di risorse scarse. Nell’analisi economica del diritto vengono utilizzati 2 metodi di analisi:
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teoria dei giochi: analizza situazioni nelle quali le circostanze possono essere modificate dagli agenti, come una strategia di gioco dove il risultato a cui ogni giocatore giunge dipende dall’interazione tra le proprie azioni e quelle degli altri giocatori;
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analisi costi – benefici: si basa sulla valutazione delle conseguenze delle opzioni praticabili che vengono considerate monetariamente e possono essere sommate. Questa analisi giudica positivamente le opzioni x le quali i benefici superano i costi; negativamente quelle x cui i costi superano i benefici. Un es. è la regola di Hand, giudice americano, che applicò il principio x cui tutte le attività che generano un beneficio individuale inferiore al danno atteso dovrebbero essere considerarsi illecite e dare luogo a responsabilità.
La scuola di Chicago o scuola positiva ha poste le basi di quello che viene definito approccio mainstream all’analisi economica del diritto. La nascita della new law and economics si coloca in un periodo storico caratterizzato da profonde tensioni. Negli anni ’70 di fronte al fallimento delle politiche keynesiane, che prevedevano l’intervento dei pubblici poteri nell’economia, le risposte offerte dal mondo politico sono 2:
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la socialdemocrazia e la pianificazione centralizzata;
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neoliberismo; è poi quello che prevale.
I primi studi di analisi economica del diritto a Chigaco criticano la disciplina delle organizzazioni economiche vigente negli USA. Con la nomina di Posner a giudice si ha l’influenza dell’approccio neoclassico sulla giurisprudenza. Posner riteneva che l’economia neoclassica fosse capace di rappresentare il mondo realisticamente. Posner vede l’economia come una disciplina utile x analizzare l’esistente; il giuseconomista deve attenersi ad un’analisi di tipo positivo, centrata sull’efficienza. Questa analisi positiva ha come obiettivo l’individuazione dell’efficienza insita nel sistema giuridico di common law, considerato + efficiente di quello di civil law. Criteri guida nell’analisi neoclassica è la massimizzazione della ricchezza. Un altro autore Coase, attraverso l’analisi di un reale caso giudiziario, ha posto le basi x la critica della law and economics nei confronti dell’intervento dello Stato nell’economia. X comprendere la teoria di Coase bisogna introdurre 2 concetti essenziali:
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costi di transazione: sono i costi legati alla stipulazione di contratti;
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esternalità: si riferisce a situazioni in cui i costi sociali di un’attività sono differenti dai costi individuali; sono effetti che l’attività di un agente esercita sulla condizione di un altro o della collettività. Si distinguono in:
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positive: istruzione e sanità producono effetti positivi sulla comunità;
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negative: l’impresa che compie attività inquinante e del vicino che si trova a vivere in un ambiente insalubre.
Le esternalità hanno natura reciproca. Riprendendo l’es. dell’impresa inquinante, Coase ritiene che essa leda il diritto del vicino a vivere in un ambiente salubre, ma considera anche che il divieto di inquinare impedirebbe all’impresa di esercitare liberamente la propria attività economica. Coase afferma che, x risolvere i problemi di esternalità sono necessarie 2 condizioni: i diritti di proprietà e l’assenza dei costi di transazione. Quindi l’efficienza viene raggiunta indipendentemente a chi vengano attribuiti i diritti di proprietà. l’attribuzione iniziale dei diritti ad una parte o all’altra ha conseguenze sulla distribuzione finale delle risorse, che non vengono considerate da Coase. Egli riconosce che l’intervento pubblico conduce a risultati efficienti, ma ritiene che sia necessario impostare un sistema giuridico il + possibile coerente con il mercato di concorrenza perfetta e con la minimizzazione dei consti di transizione. Anche xchè l’azione diretta del governo non assicura necessariamente risulatati migliori di quelli ottenuti lasciando che sia il mercato o l’impresa a risolvere il problema.
Opposta alla scuola di Chigaco, troviamo la scuola di Yale, il cui il maggior esponente è Calabresi. Questa scuola si caratterizza x l’attenzione verso i principi di equità e giustizia. Secondo Calabresi è necessari esprimere le premesse che sottostanno all’analisi dell’economia del diritto. L’efficienza incorpora giudizi di valore che incidono sugli effetti delle norme. Le ricerche di Calabresi sono rivolte alla responsabilità extra – contrattuale, alle scelte pubbliche e alla politica del diritto. In particolare sostiene la necessità di un criterio di responsabilità oggettiva, x gli incidenti automobilistici, che permette l’allocazione dei costi degli incidenti a colui che è meglio situato x minimizzarli. X Calabresi il compito del giurista è trovare gli strumenti legali + adatti al raggiungimento di obiettivi socialmente desiderabili, incarnando la figura di giurista sociologo. X ciò l’analisi economica del diritto è un metodo che permette all’analista di elaborare supporti teorici e partici a sostegno delle differenti opzioni praticabili. Rispetto alla scuola di Chigaco quella di Yale propende all’intervento pubblico x correggere i fallimenti del mercato. Alla base dell’approccio funzionale all’analisi economica del diritto è l’economia delle scelte pubbliche, che analizza con prospettive economiche temi della scienza giuridica. I maggiori esponenti sono: Tullock e Buchanan. Entrambi criticano sia la scienza politica che non sia integrata con l’analisi economica sia i tradizionali metodi di analisi giuridica ed economica del benessere. Nell’approccio di Tullock, definito anche approccio neo – paretiano, la distribuzione e la produzione di ricchezza sono elementi legati. L’oggetto dell’analisi funzionale è il legame tra preferenze individuali ed esiti sociali, tra meccanismi istituzionali e scelte individuali. Ancora importante è il concetto di individualismo metodologico e normativo. Il corpo sociale non è cosa diversa dalla somma dei singoli individui che si formano proprie opinioni e perseguono propri fini. Solo il giudizio dei singoli individui è una valida prova nella valutazione delle norme.
Tra gli anni ’70 e ’80, Williamson sviluppò la teoria dei costi transattivi, punti cardine sono:
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i costi transattivi:
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le transazioni: intese come ogni tipo di scambio tra 2 fasi di una attività e i contratti.
Secondo questa impostazione gli individui interagiscono tra di loro in 2 modi:
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le organizzazioni;
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i mercati.
La scelta tra l’una o l’altro dipende dai rispettivi costi di transazione. Obiettivo dell’agente economico è l’efficienza transattiva. Le organizzazioni, come le imprese x es., nascono x minimizzare i costi transattivi in situazioni in cui sia troppo costoso, difficile o impossibile gestire le transazioni tramite contratti sul mercato. Quindi questa teoria interpreta le economie di scala come minimizzazione dei costi di transazione, ciò vale anche x le posizioni di monopolio, che non sono posizioni dominanti, ma organizzazioni efficienti delle imprese x ridurre i costi delle transazioni.
Altra corrente di pensiero è quella auto – evoluzionistica: esponente maggiore Rizzo, il quale critica il concetto di efficienza. La critica si basa sulla necessità di verificare o falsificare empiricamente i risultati attraverso parametri oggettivi. L’approccio prevede che un utilizzo scientificamente corretto del criterio di massimizzazione della ricchezza richiederebbe la sua applicazione solo in ambiti dove abbiano rilievo valori non economistici. Il ruolo della norma giuridica è quello di stabilizzare le relazioni sociali secondo giustizia. X Rizzo l’obiettivo del sistema giuridico deve essere l’efficienza istituzionale, secondo i criteri di giustizia distributiva e allocativa e di certezza delle interazioni sociali.
La corrente neo – istituzionalistica: secondo la quale l’economista deve fornire alla società consulenze imparziali. Particolarmente importante è la distribuzione della ricchezza. L’efficienza è determinata dai diritti soggettivi e dal potere di cui godono nel contesto sociale degli individui.
Alla fine del XIX sec. Langdell riformò la law school. Egli introdusse un modello, basato sulla rgida selezione di casi giurisprudenziali che permettessero l’enunciazione dio principi integrati a sistema e regole fisse. La formazione dei + importanti giuristi avveniva nelle università che seguivano il formalismo; le Corti d’Appello salvaguardavano la sfera dell’individuo dall’intervento dello Stato, riaffermando che i rapporti tra attori economici privati dovevano essere governati non da norme, ma da diritti e doveri contrattualmente stabiliti dagli attori. Contestualmente all’affermarsi del langdellismo, si cominciarono a sistemare i vari settori del diritto di common law. I realisti contrapposero al giurista formalista l’ingegnere sociale. L’approccio realista si basa su un modello sociale capace di cogliere le dinamiche sociali. Il realismo americano si articolò in:
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realismo tecnologico: vedeva il diritto come processo sociale funzionale al perseguimento di fini socialmente rilevanti; lo studio del giuridico doveva essere sia teorico che pratico;
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realismo intuizionistico: la giurisdizione era legata al caso concreto e ad una interpretazione soggettiva delle regole giuridiche. Quindi bisognava realizzare caso x caso la giustizia.
L’approccio realista fu quello più consono al periodo noto come New Deal di Rooselvet, in cui negli USA tutti i campi furono riformati.
CAP. 6 – I CRITICAL LEGAL STUDIES
Nati negli anni ’80 negli Stati Uniti. Lledò definisce i CLS come un movimento formato da un insieme eterogeneo di autori che utilizzano supporti teorici e metodologie diverse, si occupano di una serie di problemi riferiti a numerosi campi di studio, offrendo soluzioni che spesso contrastano tra loro. Caratteristiche tipiche di questo movimento sono:
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vocazione naturale x la storiografia giuridica;
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l’insistenza sulla questione dell’insegnamento nelle law schools;
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l’eclettismo teorico e l’interesse x altre discipline, come la filosofia, la sociologia del diritto.
Le matrici teoriche del CLS sono:
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il realismo giuridico: xchè condividono la convinzione che x comprendere a pieno il fenomeno giuridico occorre guardare a ciò che gli avvocati e i giudici fanno e non a quello che dicono. A tale proposito si parla di scetticismo sulle regole, cioè il ruolo limitato che i precetti giuridici svolgono nell’attività decisionale dei tribunali. I CLS hanno respinto la tesi realistica secondo cui x riempire il vuoto lasciato dal formalismo fosse necessaria un’analisi delle policies, in grado di risolvere l’ambiguità connesse all’uso dei concetti giuridici astratti; inoltre non hanno condiviso la possibilità di ritrovare una fonte diversa di legittimità dell’attività del legislatore o dei giudici nell’indagine sulle conseguenze delle loro decisioni. X i CLS il contributo + importante del realismo è una critica pragmatica del potere;
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il pensiero marxista: al centro delle critiche è l’interpretazione della relazione tra struttura e sovrastruttura. I CLS hanno respinto questa relazione xchè si basava sulla visione dominante, secondo cui i sistemi giuridici dovevano essere descritti e spiegati secondo la capacità di rispondere funzionalmente ai bisogni sociali.
Secondo Lledò si possono individuare 3 temi nella ricezione della teoria critica tedesca da parte dei CLS:
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critica alla scienza sociale positivista;
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rifiuto di ogni forma di funzionalismo evoluzionista, che analizza il fenomeno giuridico come una risposta ai bisogni della società;
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critica all’ideologia giuridica: intesa come analisi dei processi di legittimazione del diritto e come coscienza giuridica.
Infatti la loro influenza sui CLS può essere letta anche attraverso la teoria costitutiva del diritto, x cui la possibilità di definire i modi di produzione dipende dal diritto, xchè le relazioni di potere economico si fondano su diritti ed obblighi riconosciuti dal sistema giuridico. Cohen ha dimostrato che è possibile descrivere un nucleo materiale di rapporti sociali senza alcun riferimento al diritto: le relazioni di produzione possono essere definite attraverso il concetto di potere, che sostituisce quello di diritto e rende l’interrogativo sulla loro esistenza un fatto osservabile. Cohen sa che queste relazioni, xchè non poggiano sulla norma sono relazioni instabili. Tuttavia poiché il potere precede il diritto, egli afferma che durante la trasformazione sociale è possibile distinguere la base materiale delle relazioni di produzione da ciò che le sostiene. La critica mossa alla teoria di Cohen è che essa non è errata ma piuttosto incompleta. I CLS hanno articolato con + precisione il ruolo costitutivo del diritto nell’articolazione dei rapporti sociali, rifiutando di considerare diritto e società sfere separate. I maggiori esponenti dei CLS sono:
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Roberto Unger: muove una critica totale al liberismo. Con il termine liberismo designa un piccolo n. di presupposti, che insieme costituiscono una struttura profonda del pensiero moderno. L’obiettivo di U. è quello di relazionare 3 elementi di questa struttura:
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una tesi epistemologica: fondata sulla separazione tra teoria e fatto;
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una concezione dualistica della personalità: che afferma la distinzione tra ragione e desideri;
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una teoria della società: che risponde al problema di come è possibile l’ordine sociale attraverso la distinzione tra norme e valori.
U. ritiene di poter individuare i problemi della teoria politica liberale, in particolare il problema della legislazione e quello della giurisdizione. Il problema sta nel contrasto tra le premesse della teoria liberale e i suoi obiettivi politici, x ciò U. afferma che non è possibile stabilire regole e procedure x la creazione di regole, che siano capaci di contemperare interessi individuali. Secondo U. i principi liberali del convenzionalismo, dell’individualismo e della soggettività dei valori impediscono, nella creazione e applicazione di regole, l’elaborazione di una soluzione valida al problema di assicurare l’ordine e proteggere la libertà. U. ritine che la procedura sia inseparabile dal risultato. X quanto riguarda il problema della teoria della giurisdizione; questa teoria è legata al formalismo, x il quale il sistema legale elaborerà un’unica soluzione corretta in ogni caso. X U. questa tesi poggia sulla credenza di una corrispondenza tra mondo e linguaggio. U. abbraccia la teoria della giurisdizione orientata agli scopi e in grado di eliminare le ambiguità del linguaggio giuridico; in questa teoria colui che fa legge e colui che applica la legge sono collaboratori. La teoria della giurisdizione orientata agli scopi priva le norme di generalità o stabilità, poiche se ogni regola particolare è un ½ x raggiungere determinati scopi, sarà sempre possibile scoprire un ½ + efficiente. È stato rilevato che uno dei difetti della critica di U. al liberalismo risiede nella cattiva interpretazione del principio della soggettività dei valori. Lo stesso termine valore è ambiguo, xchè può essere riferito:
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agli scopi perseguiti dagli individui nella costruzione dei propri progetti di vita;
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alle concezioni del bene e del giusto. Questa distinzione manca all’interno del pensiero di U.
L’obiettivo della critica di U. è quello di dimostrare che esistono altri aspetti che rendono possibile la convivenza umana.
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Duncan Kennedy: nonostante punti di distacco con Unger, i 2 autori si avvicinano sotto 2 profili:
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del contenuto: i contrasti dottrinali possono essere riportati ad una struttura profonda del pensiero giuridico, che contiene opposte visioni dell’uomo e della società;
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del metodo: la lettura di questi contrasti come una costruzione culturale da interpretarsi simbolicamente.
L’obiettivo di K. è quello di indagare i nessi tra gli argomenti giuridici utilizzati dal legislatore o rinvenibili nella pratica dei tribunali. Il pensiero di K. è circondato da un alone di pessimismo, che verrà sempre + in luce nelle opere successive. K. afferma che esistono dimensioni generali dove le questioni giuridiche vengono discusse dal punto di vista formale, cioè indipendentemente da chi ha posto la norma. Queste dimensioni sono:
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realizzabilità formale: è la + importante delle dimensioni; indica il grado di regolarità con il quale una determinata norma può essere applicata e distingue:
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le regole: offrono ai destinatari una maggiore sicurezza, vincolando i giudici entro binari precisi; ma in alcuni casa ci saranno sopra o sotto – inclusive rispetto agli obiettivi perseguirti;
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gli standard: favoriscono una maggiore aderenza della decisone alle particolarità del caso concreto; possono incoraggiare un rispetto formale e sostanziale delle regole; concedo al giudice una discrezionalità che può sfociare nell’arbitrio.
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generalità: cioè il n. di situazioni che possono ricadere sotto una determinata norma;
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la dimensione che distingue tra le regole che pervengono a determinati comportamenti da quelle che prescrivono alle parti private determinate formalità x il raggiungimento dei loro scopi.
Le 3 dimensioni sono indipendenti, nel senso che possono essere combinate tra di loro. Quindi in base a queste premesse, K. afferma che l’idea, x la quale il legislatore possa accostarsi al problema in modo neutrale e decidere sulla base di un calcolo razionale dei vantaggi e dei benefici da raggiungere, è falsa. Nei diversi campi in cui si pone la scelta tra regole e standard, gli argomenti in favore delle regole poggiano sulla retorica individualistica, secondo cui la gente dovrebbe voler accettare le conseguenze delle proprie azioni. Gli svantaggi connessi a regole generali possono essere tollerati xchè conoscibili in anticipo. Se una regola formalmente realizzabile punisce qualcuno oltre le sue colpe, l’applicazione degli standard, riequilibria il tutto, nell’interesse concreto che il legislatore intendeva proteggere attraverso quella disposizione (altruismo). K. non prospetta alcuna soluzione del conflitto tra le 2 posizioni: individualismo e altruismo.
I CLS hanno denunciato l’indeterminatezza di tutto il sistema giuridico; la coppia di termini + analizzata è stata quella di pubblico – privato. Nella costruzione giuridica classica, la sfera pubblica coincide con quella dell’azione collettiva attraverso il governo, in cui la coercizione è possibile e legittima ma deve essere limitata attraverso le regole. Nella sfera privata, invece, ognuno è libero di perseguire i propri obiettivi, che x definizione sono soggettivi ed illimitati; in questo caso nessun obbligo è legittimo se non è stato liberamente voluto o accettato dal suo titolare. I CLS ritengono che le regole del diritto privato non sono neutrali. I critici identificano, x ogni principio fondamentale x il raggiungimento della decisione concreta, un controprincipio che definisca l’ambito di operatività del primo. Così, se il regime dei contratti è improntato sull’idea fondamentale di considerare giuridicamente vincolanti gli accordi presi, Kennedy definisce costitutive le eccezioni a tale principio, xchè obbligare qualcuno a rispettare accordi presi sotto violenza, minaccia o stato d’incapacità, allontana dall’idea secondo cui ciascuno è libero di non concludere accordi, e deve essere protetto in caso il suo consenso sia stato estorto con la forza. Quindi il giudice o il legislatore, x il principio della libertà di contratto, deve astenersi dall’imporre condizioni ad un accordo liberamente raggiunto. Accanto a Kennedy, Dalton, analizzando argomenti giudiziali in materia di accordi tra conviventi; nei casi in cui una parte cercava di recuperare somme o proprietà acquistate a nome dell’altra durante la convivenza, le corti hanno ritenuto che le relazioni personali non sono contrattuali e le parole espresse sono un impegno, ma non un contratto. Così questa categoria era troppo privata x l’intervento della corte o troppo pubblica, x la regolazione di status fornita dal legislatore, alla quale le parti non possono sostituire accordi tra loro. Dalton ha mostrato la presenza di argomenti pubblici e privati nella disciplina dei contratti. La tesi dell’indeterminatezza mette in crisi la pretesa di separare la creazione del diritto dalla sua applicazione. Indeterminatezza e contraddizione sono alla base della critica dei CLS al liberalismo, poiché insieme minacciano la possibilità di realizzare il governo delle leggi e non degli uomini. Sul piano descrittivo: se nell’ordinamento convivono concezioni del mondo illimitate e se il materiale normativo non può dar conto delle decisioni concrete prese dalle corti, ci si chiede allora cosa possa farlo; i tentativi di Unger e Kennedy di rintracciare una struttura profonda appaiono slegati dalla possibilità di connettere queste contraddizioni con il contesto sociale e politico all’interno del quale si sono formate.
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