Definizioni termini economici dalla M alla R

 

 

 

Definizioni termini economici dalla M alla R

 

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GLOSSARIO ELEMENTARE DI TERMINI ECONOMICI
A LIVELLO INTRODUTTIVO PER GLI STUDENTI DI
ECONOMIA APPLICATA ALL'INGEGNERIA

 

M

 

MACROECONOMIA

 

Ramo dell’economia che si occupa del comportamento di aggregati economici (un paese o un’area geografica studiandone ad esempio il prodotto lordo o il livello di occupazione), mentre la  microeconomia si occupa del comportamento economico delle unità decisionali individuali.

Tra le grandezze caratteristiche di un sistema macroeconomico sono:

  • reddito: flusso di moneta ottenuto dal sistema economico entro un determinato periodo di tempo;

 

  • produzione: valore della quantità di beni prodotta dal sistema economico entro un determinato periodo di tempo (in un sistema chiuso il reddito uguaglia la produzione);
  • consumo: quota venduta dei beni di consumo prodotti;

 

  • risparmio: differenza fra reddito e consumo;
  • investimento: somma dei beni strumentali acquistati (in un sistema chiuso uguale a quella dei beni prodotti);

 

  • scorte: quantità di un bene custodita allo scopo di poterla utilizzare quando necessario o opportuno;
  • moneta: bene di riferimento principale per gli scambi tra soggetti economici: può essere convertito agevolmente in ciascuno degli altri beni presenti sul mercato

 

  • tasso d’interesse entità della remunerazione che chi usa capitali di terzi paga annualmente al proprietario.
  • spesa totale: l’ammontare totale delle spese effettuate sia per consumi che per investimenti.

 

  • occupazione: numero di lavoratori occupati.

 

Un quadro sintesi delle quantità prodotte, scambiate e consumate è presentato in figura, dal punto di vista della tipologia di azioni:

 

 


La figura seguente espone un quadro di sintesi degli scambi che avvengono fra i due tipi principali di operatore economico (imprese e  famiglie ) nell’ipotesi di un equilibrio generale del sistema economico stesso.

 


Notare che i servizi comprendono sia il lavoro prestato che i prestiti effettuati dalle famiglie alle imprese e quindi che il reddito delle famiglie deriva sia da retribuzione del lavoro sia dall’interesse percepito sulle somme prestate). I pagamenti dalle famiglie alle imprese sono esborso dal punto di vista delle famiglie e ricavo dal punto di vista delle imprese; ovviamente dipendono dal regime dei prezzi.

 

MACROTREND

COMPLETARE

 

 

MAGAZZINO

 

Dal punto di vista della ottimizzazione della produzione

Ottimizzazione della dimensione del lotto di riordino

Livello di riordino

Modalità di contabilizzazione dei materiali semilavorati vedi FIFO LIFO

Con riferimento ai processi produttivi, la modalità di produzione per magazzino ha notevoli punti di differenza rispetto alla produzione per commessa.

La figura illustra la procedura di acquisizione di un ordine relativamente a un prodotto le cui specifiche tecniche e di fabbricazione (disegni esecutivi, cicli di lavorazione, ecc.) sono già definite (prodotti a catalogo).

 

 


Nel caso di produzione a magazzino, la programmazione operativa dovrà tener conto delle eventuali fluttuazioni delle richieste (ad esempio per effetti stagionali) e definire un programma delle quantità da produrre (lotti) che realizzi l’obiettivo di massima efficienza gestionale (costi, impegni finanziari, puntualità di consegna, livelli di qualità, ecc.).

Nell’ambito della produzione a magazzino si possono avere, in linea di principio due situazioni:

  • produzione a flusso continuo (di grande serie) o di processo (es. industria chimica);

 

  • produzione intermittente (in piccole serie o a lotti intermittenti e/o ricorrenti).

La produzione a flusso continuo (tipica di settori quali l’industria chimica, l’industria cartaria, le industrie petrolifere) viene realizzata per mezzo di impianti disposti sequenzialmente secondo le fasi del processo produttivo (linee o catene di produzione, ciascuna delle quali è in genere monoprodotto).Interposti fra le linee e/o i reparti di produzione, possono essere collocati magazzini intermedi, che compensino gli inevitabili squilibri produttivi tra i vari reparti e/o tra le varie catene di lavorazione e assicurino i rifornimenti (polmoni di scorta).

Nella produzione a flusso continuo le modalità di svolgimento delle attività (per quanto riguarda la programmazione operativa) sono già “incorporate” rigidamente nelle scelte di progetto adottate quando si è realizzata la linea.

Nella produzione intermittente su di una stessa linea, impianto o omicida si producono alternativamente più prodotti o componenti in modo discontinuo (lotti diversi, in inglese “batch”); è questo il caso di molte imprese manifatturiere. Ciò richiede tempi di disattrezzaggio e riattrezzaggio delle macchine ad ogni cambiamento. Ne discende la necessità di determinare il quantitativo più conveniente (lotto ottimale di produzione o lotto economico di produzione) bilanciando due effetti:

  • costi di avviamento (o set-up) dipendenti dal numero dei lotti, in quanto sostenuti in misura costante, ogni volta che si cambia lotto;

 

  • costo di immagazzinamento (o di mantenimento) per gli oneri derivanti dall’impiego finanziario per la merce immobilizzata e<dai costi di magazzino (spazi e attrezzature, personale di magazzino ecc.).

 

Dal punto di vista dei documenti di bilancio

Vedi GIACENZE

 

MAGGIORANZA                                                                                                                           3.1

Con riferimento alle azioni di una società, si definisce:

  • pacchetto di maggioranza relativa una quota di azioni detenute da un singolo che sia maggiore di tutti gli altri pacchetti detenuti da singoli altri soci; un pacchetto di maggioranza relativa può divenire pacchetto di controllo nel senso che di fatto influenza una serie di decisioni, più per debolezza relativa di tutte le altre presenze che per la forza della propria consistenza;
  • pacchetto di maggioranza semplice quello che corrisponde alla metà pi una delle azioni aventi diritto al voto;
  • pacchetto di maggioranza qualificata una quota di azioni di consistenza tale da poter assumere decisioni di particolare rilievo (per esempio la fusione della società o l’acquisizione di un’altra società).

Quanto sopra detto con riferimento a un singolo può applicarsi anche ad un gruppo di soci che stipuli un accordo (patto di sindacato); va tenuto presente che la legge pone qualche limite a tale tipo di accordi.

 

MAKE OR BUY

Scelta tra realizzare in azienda o acquistare fuori. Frequente è anche un terzo meccanismo (make together) cioè sviluppare insieme a un altro operatore, compartecipando ai costi e ai potenziali ricavi.

Si applica sia nella organizzazione della produzione ai semilavorati da incorporare nel prodotto finito sia più in generale ai servizi necessari per il funzionamento dell’azienda.

Si usa il termine integrazione quando si affronta la strada del make:
si parla di integrazione verticale quando si decide di produrre qualcosa che è a monte o valle del nostro prodotto in termini di analisi settoriale: per esempio dal chip per telecomunicazioni al telefonino è integrazione verticale a valle, mentre estendersi dal telefonino anche al chip che c’è dentro è integrazione a monte;
è integrazione orizzontale quando di decide di allargare ad oggetti connessi per esempio dal personal computer alle stampanti.

Si definisce outsourcing la soluzione buy cioè la scelta di commissionare  servizi all’esterno dell’azienda. Questo può riguardare sia la produzione, per esempio l’acquisto di semilavorati sia servizi, a cominciare dai più semplici (come per esempio paghe e contributi, che potrebbero essere volendo approntati anche all’interno), fino ai complessi servizi finanziari che solo un agende azienda può pensare di organizzarsi da sola.

La scelta tra make, buy or make together si pone anche per l’innovazione nell’impresa, soprattutto per l’innovazione tecnologica, nel senso che l’impegno per realizzare in casa il prodotto innovativo (make) può, almeno in parte, essere sostituito con l’acquisizione dall’esterno dei risultati necessari attraverso opportuni rapporti commerciali (buy) quali le licenze.

 

MANAGEMENT

 

Gestione dell’impresa Decisione e operatività in un’impresa

Livelli di responsabilità Arco temporale di riferimento decentramento Span of control

MANAGER OPERATIVO

 

TOP MANAGER

CEO

COMPLETARE

 

MANUTENZIONE

 

Attività svolta per assicurare il funzionamento in buone condizioni di un bene mobile o immobile (tipico esempi gli edifici, i macchinari, le automobili). La manutenzione ha carattere preventivo e si distingue in questo dalla riparazione che serve, invece, a correggere un guasto o un malfunzionamento quando questo si è verificato. La miglioria è una terza fattispecie che si verifica quando si interviene su di un impianto, non per prevenire, né per riparare, ma per migliorare le sue prestazioni.

Si usa classificare le spese di manutenzione tra i costi variabili (per esempio la manutenzione delle auto è legata non tanto al trascorrere del tempo quanto ai chilometri viaggiati che sono il livello di produzione dell’impianto automobile); in realtà una parte dei costi di manutenzione sono da considerare fissi per quella parte di manutenzione che va comunque assicurata anche se l’impianto resta fermo) ;

Dal punto di vista bilancistico manutenzione e riparazioni sono spese correnti, mentre le migliorie sono spese in conto capitale e come tali debbono essere ammortizzate.

Si distingue la manutenzione ordinaria (in genere di piccola entità a carattere ripetitivo con breve periodo) dalla manutenzione straordinaria (in genere di grande entità e non ripetitiva). Con il termine manutenzione programmata si fa riferimento piuttosto all’opportunità di prevedere in anticipo la sequenza degli interventi di manutenzione, sia ordinaria, sia straordinaria.

Modalità per valutare convenienza incremento spese manutenzione nei progetti d’investimento.

 

MARGINALE

 

Aggettivo che, aggiunto al termine indicativo di una grandezza economica ne specifica la variazione relativa all’ultima unità in questione.

Risulta evidente che per specificare pienamente il significato del termine marginale riferito ad una funzione occorre indicare qual è la variabile indipendente rispetto alla quale si esegue la derivazione della funzione stessa.

Ad esempio, dato un legame tra il costo di produzione C e la quantità prodotta q legame espresso dalla funzione   C = C (q), per costo marginale Cs’intende l’incremento di costo DC dovuto all’ultima unità prodotta, rapportato all’aumento (che per definizione è unitario) della variabile indipendente q. Analiticamente:  Cm = DC / Dq ovvero  Cm = dC / dq (quando si possa parlare di incremento infinitesimo).

Analogamente per utilità marginale di un bene s’intende l’incremento di utilità dovuto all’ultima unità di quel bene, acquisita. Analiticamente, dato un legame tra l’utilità U e la quantità acquisita q  - legame espresso dalla funzione   U = U (q) -   risulta per l’utilità marginale U:
Um = dU / dq


 

MARGINE DI CONTRIBUZIONE

 


Il margine di contribuzione si calcola sottraendo ai ricavi i costi variabili. Rappresenta pertanto la quota di costi fissi coperta dai ricavi. In formula: MdC =  prezzo effettivo - CV   .
In condizioni normali i ricavi debbono coprire integralmente anche i costi fissi. Il concetto di margine di contribuzione è di particolare interesse nella gestione di una commessa: si può anche accettare in condizioni particolari una commessa in perdita, cioè un ordinativo che abbia ricavi inferiori ai costi totali, purché i ricavi superino almeno i costi variabili, in altre parole purché sia coperta almeno una quota dei costi fissi.

Il profitto progettato è indicato con Pp mentre il profitto effettivo è indicato con Peff
Nel secondo caso illustrato in figura l’imprenditore lavora in perdita, ma comunque il margine di contribuzione rimane positivo. Solo se l’imprenditore ha ragionevole aspettativa di ricevere commesse più remunerative incompatibili con quella in discussione gli conviene rifiutare una commessa con margine di contribuzione positivo.

Il termine mark up MU corrisponde alla differenza fra prezzo progettato e costo medio variabile: MU  =  Prezzo offerto - CV  =   Pp  +  CF   .

 

MARGINE OPERATIVO LORDO  MOL

 

E’ sinonimo di REDDITO OPERATIVO

(cfr. SCHEMA DI CONTO ECONOMICO)

 

MARKETING

 

Azioni condotte da un’impresa per comprendere le logiche del consumatore allo scopo di favorire la penetrazione sul mercato dei suoi prodotti. Se oltre allo studio si agisce per modificare l’attitudine al consumo si parla più propriamente di azione pubblicitaria, ma l’abitudine più recente è quella di usare il termine marketing a comprendere le due fasi di studio e di azione.

 

MARK UP (RICARICO)

Differenza fra prezzo progettato (o richiesto o, se vogliamo, desiderato) e costi variabili (per l’esattezza costo medio variabile CV.). Evidentemente, il mark up MU è superiore al profitto progettato Pp perché il mark up comprende anche la previsione di copertura dei costi fissi CF. In formule : MU  =  Prezzo offerto - CV  =   Pp  +  CF   .


Il prezzo effettivamente praticato sarà quello compatibile con l’equilibrio domanda offerta e darà luogo a un profitto effettivo Peff: se il prezzo effettivo è superiore al prezzo progettato si determina un extraprofitto, cioè utili al di sopra del “normale” (se un profitto normale era stato considerato in sede di definizione del mark up); se invece il prezzo effettivamente praticato è inferiore al prezzo progettato siamo in presenza di un utile inferiore al “normale” o addirittura a una perdita.

La figura precedente mostra sia un caso di profitto superiore al progettato, sia un caso di profitto inferiore al progettato, ma pur sempre un profitto.

Nel caso estremo della perdita, come nella figura successiva,

è utile introdurre, quando il ricavo è superiore ai costi variabili, il concetto di margine di contribuzione definito dalla:   MdC =  prezzo effettivo - CV  .

Nel determinare il mark-up il produttore deve tener conto di:

  • costi fissi che sostiene
  • profitto che si ripropone, anche con riferimento alle barriere all’entrata che caratterizzano il mercato nel quale opera.

 V. DETERMINAZIONE OFFERTA DA STRUTTURA COSTI

 

MATEMATICA FINANZIARIA

La Matematica Finanziaria si occupa di “operazioni finanziarie”, ossia di contratti che riguardano lo scambio di somme di denaro o di capitali disponibili in epoche diverse.

Le operazioni fondamentali della matematica finanziaria sono le operazioni di prestito e le operazioni di sconto.


Si sottolinea come in questo modello manchino tra gli operatori economici  il settore pubblico e l’estero

In questo caso si può parlare di attività di conservazione in efficienza.

  In economia tipicamente la variabile indipendente è la quantità.

Nel caso di vendita di un solo esemplare il ricavo e il prezzo coincidono. E’ questo in particolare il caso di una logica di produzione per commesse.

 

Regime finanziario dell’interesse semplice

1. Interesse semplice e montante

Nelle operazioni di prestito una persona, detta Creditore, dà in uso per un prefissato periodo di tempo (durata del prestito) un capitale ad un’altra persona, detta Debitore.
Il debitore si impegna a restituire all’epoca stabilita un altro capitale, che è la somma del capitale avuto in prestito e di un compenso, detto Interesse.

La somma del capitale e dell’interesse è detta Montante, rappresenta il valore del capitale dopo il tempo di impiego.

La caratteristica del regime finanziario dell’interesse semplice è che l'interesse è proporzionale al capitale C impiegato e alla durata t dell’impiego.
I = C·i·t con i = tasso, t = tempo

Il montante è dato da:
M = C + I = C + Cit = C(1+it)
si ha quindi la legge della capitalizzazione ad interesse semplice.

Assegnato un capitale C impiegato ad un tasso i, l’interesse I ed il montante M sono funzioni del tempo t di impiego, precisamente sono funzioni lineari di t. La rappresentazione grafica delle due leggi: I = Cit e M = C(1+it)in un sistema di assi cartesiani ortogonali è costituita da due rette parallele.

 

2. Sconto semplice o razionale

Ad ogni legge di capitalizzazione è associata una legge di sconto. Se è noto il montante M, che rappresenta il valore del capitale C dopo il tempo t, dalla legge M = C(1+it)si ricava:
C = M / (1+it)

Il calcolo di C interessa chi paga un debito, o chi riscuote un credito, prima della scadenza. Il capitale M è detto valore nominale del credito, o del debito, esigibile al tempo t, il capitale C è detto valore attuale o somma scontata.

La differenza fra M e C dà lo sconto semplice o razionale:
Sr = M - C

Il valore attuale di un capitale per un tasso fissato è funzione decrescente rispetto al tempo.

 

Regime finanziario dello sconto commerciale

 

3. Sconto commerciale

Sia M il valore nominale del credito, o del debito, disponibile dopo un tempo t, sia d il tasso di sconto, lo sconto commerciale è proporzionale al valore nominale M e al tempo di anticipo t.
Sc=M·d·t

Si ricava quindi la somma scontata o valore attuale nel regime dello sconto commerciale.
C=M - Sc= M - Mdt = M (1 - dt)

Come nel regime finanziario dell’interesse semplice anche nel regime dello sconto commerciale la somma scontata decresce al crescere di t.

 

4. Capitalizzazione commerciale

Dalla formula del valore attuale C di un capitale M nello sconto commerciale C=M(1-dt) si ricava immediatamente la legge di capitalizzazione commerciale. Precisamente:
M = C / 1-dt
con M il montante del capitale C impiegato per un tempo t ad un tasso di sconto d (detto tasso di interesse anticipato).

 

Regime finanziario dell’interesse composto

 

5. Montante nella capitalizzazione composta

Nel regime finanziario dell’interesse semplice l’interesse è disponibile solo alla fine del tempo di impiego del capitale.

Nella pratica commerciale se la durata dell’impiego è superiore al periodo relativo al tasso, non si applica la capitalizzazione ad interesse semplice.

La proprietà caratteristica del regime dell’interesse composto è che gli interessi maturati alla fine di ogni periodo si aggiungono al capitale e diventano fruttiferi per i periodi successivi.

Vogliamo determinare la legge della capitalizzazione ad interesse composto per il capitale C impiegato per n anni, al tasso annuo i (in generale per n periodi con il tasso relativo al periodo di capitalizzazione).

Il montante alla fine del primo anno è dato da:
M1= C(1 + i)

Questo montante diventa il capitale su cui calcolare gli interessi per l’anno successivo e così di seguito. Si ha allora:
M2= M1+M1i = M1(1 + i) = C(1 + i)2
M3= M2+M2i = M2(1 + i) = C(1 + i)3

Procedendo in modo analogo fino all’n-esimo anno si ricava la legge del montante ad interesse composto:
M = C(1 + i)n

 

6. Valore attuale, sconto composto

Dalla legge M = C(1 + i)ndella capitalizzazione ad interesse composto si ricava il valore attuale C ad un tasso i di un capitale M disponibile dopo n periodi:
C = M(1 + i)-n

QUADRO RIASSUNTIVO

Regime di interesse semplice


 

Interesse                                                    

I = Cit

Montante(legge dell’interesse semplice)

M = C(1+it)

 

Sconto semplice o razionale

C = M / (1+it)

 

 

Regime dello sconto commerciale


Sconto Commerciale

Sc= Mdt

Valore Attuale

C = M (1 - dt)

Montante (legge di cap. commerciale)

M = C / 1-dt

Regime della capitalizzazione composta


Montante (legge di cap. composta)

M = C(1 + i)n

Valore Attuale

C = M(1 + i)-n

 

MATERIE PRIME

 

Le materie prime sono un fattore produttivo di primario rilievo soprattutto per le imprese di trasformazione: in prima approssimazione si può considerare siano semplicemente acquisibili facendo ricorso al capitale, ma non sempre sono disponibili senza vincoli (si pensi alla disponibilità di petrolio in situazioni di cartello) e spesso occorrono particolari accortezze per accedere alle materie prime a condizioni accettabili per l‘impresa.

Generalizzando il concetto di materia prima si può comprendere l’interpretazione dell’ambiente come risorsa preziosa e non rinnovabile. In una visione tradizionale, ma assolutamente riduttiva, risorse come l’acqua erano ritenute gratuite e in determinate località disponibili in quantità infinita: sappiamo bene che non è così.

Dal punto di vista del bilancio le materie prime rientrano tra le componenti della voce giacenze, vale a dire del magazzino..

Un tempo si affermava che la disponibilità di materie prime caratterizzava la ricchezza o almeno la potenzialità di ricchezza di un paese. Oggi è più evidente che la ricchezza di un paese nasce prevalentemente dalla disponibilità di tecnologia e capacità imprenditoriale e si fa riferimento al termine risorsa inteso come accoppiata tra materia prima e tecnologia: ad esempio l’uranio è una risorsa energetica solo se accoppiata alla tecnologia della fissione nucleare per utilizzarlo; la sabbia del mare, dalla quale si può ricavare il silicio per applicazioni fotovoltaiche, è risorsa solo se si dispone della tecnologia necessaria delle celle fotovoltaiche, per utilizzarla allo scopo. Questa circostanza è stata una caratteristica permanente della storia della civiltà: il carbone è diventato veramente una risorsa solo con lo sviluppo della siderurgia e soprattutto della macchina a vapore; considerazioni analoghe valgono per la diffusione dell’impiego del petrolio e dei suoi derivati.

Anche l’analisi della ricchezza dei paesi porta a conclusioni analoghe: il Giappone, una delle maggiori potenze economiche mondiali, non è certo privilegiato dal punto di vista della disponibilità di materie prime sul proprio territorio; al contrario l’Argentina, che dispone di notevoli risorse, è un paese in crisi economica ricorrente, il che dimostra che le materie prime non giocano un ruolo esclusivo, ma nemmeno caratteristico nello sviluppo di un sistema economico nell'attuale stadio della civiltà.

 

MBE  MANAGEMENT BY EMERGENCIES

Nell’organizzazione aziendale MBE è uno stile di direzione, ossia una modalità di gestione di un’azienda che pone la priorità sull’identificazione e sul superamento delle condizioni di emergenza mano a mano che si presentano. In questo senso è evidente la connessione con l’adhocrazia, espressione che sta ad indicare però non solo uno stile di direzione, ma addirittura una formula organizzativa.

Una sfumatura è legata al senso che si dà al termine emergenza: quello che si presenta o quello che è straordinario e richiede risposte straordinarie?

 

MBO  MANAGEMENT BY OBJECTIVES

Nell’organizzazione aziendale MBO è uno stile di direzione, ossia una modalità di conduzione di un’azienda che pone la priorità sull’identificazione e sul raggiungimento degli obbiettivi. Al raggiungimento degli obiettivi è correlata anche la retribuzione dei manager per cui l’espressione MBO viene anche ad assumere una forma di compenso che premia l’avvenuto raggiungimento degli obiettivi.

 

MERCATO

Il mercato è la sede nella quale si svolge l’attività economica di scambio di beni e servizi e quindi l’interazione tra produttore e consumatore (ovvero imprese e consumatori). Tale scambio è denominato anche incontro di domanda e offerta e  si usano al riguardo le espressioni “lato offerta” e “lato domanda” del mercato.

Il termine mercato è a volte usato come sinonimo di economia di mercato che è una forma di sistema economico oggi largamente prevalente. Questo aspetto è trattato alla voce CAPITALISMO.

Il mercato è soggetto a regole, in assenza delle quali il mercato sarebbe una giungla di pura conflittualità. Nessuno contesta la necessità di una regolamentazione del mercato (è una delle funzioni dello Stato in economia): la contesa si esercita sulla natura, sull’estensione e sull’incisività delle regole.

E’ necessario esaminare come si comporta il sistema integrato imprese consumatori in relazione a diverse possibili ipotesi di sua composizione, sia dal punto di vista del prodotto, sia dal punto di vista delle aziende.

Una sintesi delle situazioni possibili è esposta in tabella:

 

Numero imprese

Molte

Poche

Una

 

Prodotti

Omogenei

concorrenza  perfetta

oligopolio omogeneo

monopolio puro

Differenziati

concorrenza monopolista

oligopolio differenziato

monopolio differenziato

 

CONCORRENZA PERFETTA O LIBERA CONCORRENZA

E’ definito dalle seguenti condizioni:

per il sistema dei produttori:

  • ogni azienda produce beni omogenei e quindi i consumatori scelgono solo in base al prezzo;
  • ogni azienda può accedere alle stesse risorse e utilizzare le stesse tecnologie, quindi tutte le aziende possono produrre a costi simili;
  • tutte le aziende del sistema tendono a massimizzare il proprio profitto di breve e di lungo termine;
  • il numero di aziende è elevato e quindi la quantità prodotta dalle singole aziende non è determinante
  • non esistono accordi che vincolino il comportamento di un’azienda a quello delle altre
  • vi è libertà di entrata e uscita dal mercato per ogni singola azienda

per il sistema dei consumatori:

  • il mercato è omogeneo per cui le aziende non hanno motivi di preferenza tra consumatori diversi se non per il prezzo;
  • tutti i consumatori tendono a massimizzare la propria utilità di breve termine;
  • il numero dei consumatori è elevato per cui le quantità domandate dai singoli consumatori non sono determinanti
  • non esistono accordi che vincolino il comportamento di un consumatore a quello di altri
  • vi è libertà di entrata e uscita per i singoli consumatori.

 

In condizioni di libera concorrenza occorre distinguere tra breve periodo e lungo periodo. Nel breve periodo valgono per il punto di equilibrio e per il profitto massimo i ragionamenti già esposti in linea generale.  Nel lungo periodo si deve considerare la possibilità di ingresso di nuove imprese e di uscita delle imprese meno inefficienti.  Il punto di equilibrio è caratterizzato dalla circostanza che il prezzo tende al costo medio di lungo periodo.  Se infatti il prezzo di mercato si stabilisse in un punto superiore ci sarebbe  margine per l’ingresso di un’impresa che si accontenti di un profitto minore; questo ragionamento può proseguire fino a che non si azzeri il profitto vale a dire quando il prezzo di vendita coincide con il costo minimo di lungo periodo. Quindi il profitto di lungo periodo in un sistema di concorrenza perfetta è zero.

A queste considerazioni teoriche vanno aggiunte alcune riflessioni: perché un’impresa si inserisca a sfidare il privilegio di chi è già sul mercato occorre tempo, risorse (finanziarie, tecnologiche) capacità organizzative ed operative. Allora l’inizio della concorrenza non è immediato e l’impresa leader di mercato può adottare le opportune contromisure per evitare di essere scalzata dal mercato: la risposta canonica è innovare i processi di produzione e innovare il prodotto; altre risposte possono essere più di marketing.

 

CONCORRENZA MONOPOLISTICA

 
In presenza di molte imprese con prodotti differenziati l’impresa ha, entro certi limiti, la possibilità di fissare il prezzo. In effetti quando il mercato è fortemente segmentato, all’interno del proprio segmento l’impresa si comporta come un monopolista e quindi il massimo profitto si ha quando il ricavo marginale Rm uguaglia il costo marginale Cm. L’impresa fisserà una quantità Q per cui questa condizione sia soddisfatta; fissata Q risulterà individuato il prezzo P in base alla curva di domanda.
 

 

 


E’ una forma di mercato molto diffusa per effetto del desiderio di distinguersi perseguito da un numero crescente di consumatori a seguito di miglioramento del reddito e a modifiche dello stile di vita e delle modalità di consumo.

L’elemento che differenzia il monopolista puro dall’operatore in concorrenza monopolistica è la durata dell’esclusiva: il secondo deve continuamente adoperarsi, agendo sul prodotto, per mantenerla, mentre il primo ne gode sistematicamente.

 

OLIGOPOLIO OMOGENEO E OLIGOPOLIO DIFFERENZIATO

Operano poche aziende, ognuna delle quali, potendo conoscere il comportamento delle altre e potendo ipotizzare le relative conseguenze, si comporta “di conserva”: esiste una forte interdipendenza tra imprese, spesso con un leader che guida i comportamenti. Esempi sono i prodotti chimici primari per l’oligopolio omogeneo, mentre l’auto e i frigoriferi sono esempi di mercati oligopolistici differenziati.

I prezzi tendono a rimanere stabili perché nessuno a interesse a innescare la guerra dei prezzi al ribasso. Si definisce cartello (in inglese trust), l’accordo esplicito o implicito tra produttori monopolistici per definire i prezzi . Lo Stato tende ad intervenire fissando regole e al limite intervenendo direttamente sul mercato per evitare la formazione di cartelli.

Nell’oligopolio la  curva di domanda vista dalla singola azienda ha un caratteristico andamento a
 

 

 


gomito che spiega la stabilità dei prezzi.

Supponiamo che la curva di domanda sia quella indicata dai punti D1 , D0 e D2 e che si operi inizialmente nel punto (D0, P0):

  • se l’azienda in esame per aumentare la propria quota di mercato decidesse di diminuire il prezzo (muoversi verso D2) tutte le imprese la seguirebbero e quindi la domanda si sposterebbe lungo il tratto D0 D2 e le quote rimarrebbero costanti. L’unico risultato sarebbe un danno per tutti i produttori;
  • se invece l’azienda volesse aumentare il suo prezzo per aumentare il profitto la altre potrebbero aumentare le loro quote non seguendola; la prima azienda incontrerebbe domanda elastica (tratto D0 D3 e non il tratto D0 D1); al limite, per l’oligopolio puro il tratto D0 D3 potrebbe essere pressoché orizzontale (elasticità infinita).

 

MONOPOLIO PERFETTO

E’ definito dalle seguenti condizioni:

per il sistema della produzione:

  • esiste una sola azienda che controlla l’intera produzione del bene e non esistono imprese che producono beni sostitutivi;
  • l’azienda può accedere liberamente alle risorse e alle tecnologie;

ne deriva che la singola azienda opera sull’intera domanda aggregata;

per il sistema dei consumatori (valgono le stesse condizioni del mercato di concorrenza perfetta):

  • il mercato è omogeneo per cui le aziende non hanno motivi di preferenza tra consumatori diversi se non per il prezzo;
  • tutti i consumatori tendono a massimizzare la propria utilità di breve termine;
  • il numero dei consumatori è elevato per cui le quantità domandate dai singoli consumatori non sono determinanti
  • non esistono accordi che vincolino il comportamento di un consumatore a quello di altri
  • vi è libertà di entrata e uscita per i singoli consumatori.

Il punto di equilibrio e il profitto massimo sono determinati con la stessa procedura e gli stessi risultati già esposti.

 

MONOPOLIO DIFFERENZIATO

Si ha monopolio differenziato quando una singola impresa offre sostanzialmente lo stesso prodotto, differenziandolo per alcuni aspetti (involucro immagine, funzioni secondarie ..) In tal caso l’impresa ha la possibilità di utilizzare la tecnica dei prezzi multipli, di vendere cioè lo stesso prodotto a prezzi diversi.

In casi di monopolio puro l’impresa può solo definire il prezzo; conseguentemente i consumatori definiscono la quantità e quindi l’esborso.  Nel caso di monopolio differenziato l’impresa può aumentare tramite i prezzi multipli l’esborso totale dei consumatori.

 

 




E’ evidente che in assenza dell’accorgimento dei prezzi multipli il produttore incasserebbe in totale p3 .q3 . Con questo accorgimento incassa invece p1 .q1  +  p2 . (q2 – q1)   +  p3 . (q3 - q2 ) che è maggiore di p3 . q3 .

Esempi di applicazione di questa tecnica sono lo stesso libro offerto in diverse edizioni, le classi differenziate nei trasporti aerei o ferroviari, i diversi marchi dell’elettronica dei consumi o degli elettrodomestici .

Si potrebbe sostenere che con la tecnica di prezzi multipli il venditore tende ad appropriarsi di qualcosa di simile al surplus del consumatore (in questo caso il consumatore collettivamente inteso):l’analogia analitica è evidente.

MONOPSONIO

 

Situazione particolare del mercato nella quale c’è un solo acquirente che ha di conseguenza notevole potere contrattuale. La situazione è tipica per servizi esclusivi, quali, prima della liberalizzazione, il mercato dell’energia elettrica che vedeva l’ENEL di fatto come l’unico acquirente o l’acquirente di gran lunga prevalente.

 

Dal mercato alla rete

Il concetto di mercato viene ad essere sostituto dal (o meglio, superato nel) concetto di rete nel senso che i ruoli degli operatori economici sono meno netti di quelli tradizionali riconducibili al dualismo schematico produttore venditore: oggi sono tutti simultaneamente venditori e produttori ma soprattutto tutti sono, più o meno, direttamente cointeressati ad operare nella rete.

La scomparsa dei monopoli naturali

 

In molti casi un’innovazione tecnologica  fa cadere la giustificazione, vera o presunta che sia, dei cosiddetti monopoli naturali cioè di quelle situazioni che “necessariamente” impongono, per effetto di fattori di scala favorevoli particolarmente elevati, la presenza sul mercato di un solo operatore.

Il controllo per evitare che si determinino meccanismi distorsivi della concorrenza è affidato ad apposite autorità, in Italia la cosiddetta Antitrust (Autorità garante della concorrenza e del mercato……). Analoga funzione su scala dell’Unione Europea è svolta da un’apposta Direzione Generale della Commissione Europea.

 

MERCATO BORSISTICO

Mercati regolamentati

Mercati di strumenti finanziari, organizzati e gestiti da apposite società di gestione (V.), autorizzati dalla Consob in presenza di altri requisiti. Sono iscritti in un elenco tenuto dalla Consob (art. 63, Tuf).

Mercato dei covered warrants - Mcw

Il comparto della borsa in cui si negoziano i covered warrants.

Mercato dei premi - Mpr

Il comparto della borsa in cui si negoziano i contratti a premio relativi ad azioni.

Mercato ristretto

Mercato regolamentato in cui si negoziano contratti di compravendita relativi ad azioni, obbligazioni, warrants e diritti di opzione, non ammessi alla quotazione ufficiale di borsa.

Mercato telematico azionario - Mta

Il comparto della Borsa in cui si negoziano contratti di compravendita relativi ad azioni, obbligazioni convertibili, warrants, diritti di opzione e quote di fondi mobiliari e immobiliari chiusi quotati in borsa. Gli altri due comparti della Borsa sono il Mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato (V.) e il Mercato dei premi (V.).

Mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato – Mot

Il comparto della borsa in cui si negoziano obbligazioni diverse da quelle convertibili e titoli di Stato.

Mercato telematico delle opzioni - Mto

Mercato gestito dalla Mif spa sul quale sono negoziate opzioni su future e titoli di Stato.

Nuovo Mercato

Mercato destinato alla negoziazione di azioni ordinarie di emittenti nazionali ed esteri ad alto potenziale di sviluppo gestito dalla Borsa Italiana spa.


V. BORSA

COMPLETARE

 

MERCATO (Economia di)

v.  CAPITALISMO

 

MERCATO INTERNO

Il mercato allo studio nel quale avvengono le transazioni è definito come mercato interno. La definizione è ovviamente relativa: per l’Italia i riferimenti per definire l’interno (e conseguentemente l’esterno) sono due: da una parte, ovviamente, il nostro territorio, ma anche, data l’unicità della moneta e tanti altri legami giuridici ed economici, l’Unione Europea. Non a caso l’Unione Europea chiama mercato interno quello corrispondente ai 15 paesi dell’Unione.

 

MERCE

Bene economico destinato allo scambio. Il termine merce impropriamente indica anche i beni consumati direttamente dal produttore.

 

MEZZI DI TERZI

I mezzi di terzi, componente essenziale delle risorse (passività) di cui dispone l’azienda, sono definiti in contrapposizione al capitale proprio.

 

MIB 30

Indice rappresentativo dei corsi dei 30 titoli azionari trattati sul Mta che presentano più elevati valori dell'indicatore Ilc (V.). La composizione dell'indice viene rivista almeno semestralmente.

MIB O30

Contratto di opzione sull'indice Mib30.

 

MICROECONOMIA

Ramo dell’economia che si occupa del comportamento economico delle unità decisionali individuali. Si potrebbe in termini semplificati far riferimento alle convenienze relative del comprare e del vendere dei singoli soggetti economici (consumatori e produttori).

V. anche MACROECONOMIA

MIDEX

 

Indice rappresentativo dei corsi dei 30 titoli azionari di media capitalizzazione e liquidità trattati sul Mta (ossia i secondi trenta titoli in base all'Ilc). La composizione dell'indice viene rivista almeno semestralmente.


MIGLIORIA

Attività svolta quando si interviene su di un bene mobile o immobile (tipico esempi gli edifici, i macchinari, le automobili) non per prevenire, né per riparare, ma per migliorare le sue prestazioni. La manutenzione invece ha carattere preventivo per assicurare che il bene continui a funzionare in buone condizioni. La riparazione ,infine, è una terza fattispecie che si riferisce a interventi mirati a correggere un guasto o un malfunzionamento quando questo si è verificato.

Dal punto di vista bilancistico manutenzione e riparazioni sono spese correnti, mentre le migliorie sono spese in conto capitale e come tali debbono essere ammortizzate.

 

MINUSVALENZA

La minusvalenza si determina in occasione della vendita, sostituzione, eliminazione (per cancellazione, write-off, che può essere totale o praziale) dei beni strumentali, e corrisponde alla variazione economica negativa del reddito rappresentata dal minore valore realizzato rispetto ai loro valori contabili (o valori di libro).  Fa parte della gestione extracaratteristica e va iscritta a bilancio nel conto economico tra gli oneri straordinari.

Si considerano minusvalenze anche le diminuzioni di valore apportate a titoli o ad altri elementi patrimoniali, in sede di valutazione del capitale a fine esercizio, rispetto ai valori attribuiti in precedenza.

v. PLUSVALENZA AMMORTAMENTO

 

MODELLO DI UN SISTEMA

Obiettivo della costruzione di un modello è descrivere in modo efficace un insieme di fenomeni relativi al mondo fisico o a quello economico o biologico, o sociale. Si usa far riferimento a modelli fisici, modelli analogici e modelli matematici.

Un modello fisico (in inglese mock-up) è una riproduzione in scala dell’oggetto che dà luogo ai fenomeni da studiare. Occorre porre attenzione al concetto di scala: le grandezze fisiche da scalare dipendono dal fenomeno da studiare, per esempio per certi tipi di problemi di fluidodinamica va mantenuto (pur cambiando le dimensioni del modello rispetto all’oggetto reale da simulare) un particolare parametro che è il numero di Reynolds.

Un modello analogico è la realizzazione appunto di un’analogia tra due fenomeni fisici che anno un qualche legame nelle leggi che li regolano: Per esempio una clessidra è un modello del tempo che scorre, come lo è un orologio meccanico; spesso un circuito elettrico (o elettronico può essere usato come modello di un fenomeno fisico (ad esempio un circuito composto da un alimentatore e una resistenza è modello di qualunque fenomeno lineare attraverso il ricorso alla legge di Ohm   DV = R. I , essendo R la resistenza elettrica, DV la differenza di potenziale ai capi della resistenza, I la corrente che in essa scorre. Fenomeni dinamici retti da un’equazione differenziale lineare  del  primo  ordine  del tipo   dq / dt   = - q / t  (che   quindi  ha per soluzione  q (t)  =  q0 e – t / t )  possono essere modellati dalla scarica in un condensatore con capacità C e resistenza R, tali che  R C = t ; in effetti q (t)  =  q (0) q0 e – t / t  è l’equazione della scarica essendo q la carica del condensatore.  Più in generale si può far riferimento ai calcolatori analogici …..

Un modello matematico di un sistema consiste in una o più equazioni che legano fra loro le variabili descrittive del sistema costruito e impiegato come descritto nel seguito

Acquisita attraverso il modello la capacità di descrizione del fenomeno in esame, ci si ripropone altresì di utilizzare il modello per fare previsioni sull’evoluzione del fenomeno stesso. Un modello si differenzia da una teoria in quanto non si basa solo sulle conoscenze organiche relative al comportamento dei diversi componenti del sistema, ma anche su descrizioni di tipo empirico fenomenologico; descrizioni che condizionano e in parte costituiscono la sostanza stessa della rappresentazione del sistema da simulare. Inoltre spesso il modello si riferisce a un campo di applicazione più circoscritto di quello che si vuole affrontare con la teoria. Per esempio una teoria economica ha ampiezza maggior di un singolo modello econometrico (vedi ECONOMETRIA)

La descrizione inizierà con la raccolta delle informazioni (e delle idee) che si riferiscono al fenomeno in esame e con il tentativo di collegarle tra loro in un complesso organizzato, nel quale sia riconoscibile una certa logica. Già nella prima fase risulta necessario individuare l’ambito nel quale il fenomeno ha luogo o, meglio il contesto nel quale interessa descriverlo. Una metodologia che si è rivelata efficace per costruire tale struttura è quell’insieme di procedure indicato come analisi dei sistemi (o ingegneria dei sistemi); nata nell’ambito delle discipline scientifiche si è diffusa con ottimi risultati anche per applicazioni economiche e sociali.

 

Costruzione di modelli

Articolazione in sottofasi della costruzione di un modello:

  • analisi preliminare del sistema da analizzare e formulazione dettagliata del tema, cioè definizione di quale tipo di risposte si debbano conseguire mediante il modello e con quale livello di approssimazione (per esempio nell’ingegneria un modello per definire le sistemazioni impiantistiche di un impianto complesso, ha poco a che vedere con un modello per il calcolo delle sue prestazioni) ;
  • identificazione di eventuali sotto insiemi – il cui comportamento è presumibilmente più facile da descrivere – e organizzazione delle relazioni tra sottosistemi
  • individuazione delle variabili rappresentative del sistema, sia le variabili indipendenti (i dati di ingresso al modello) sia le variabili dipendenti (i risultati in uscita dal modello); questi tanto nell’interno dei singoli sottosistemi, quanto per le iterazioni tra di essi;
  • formulazione delle relazioni tra variabili come equazioni matematiche, definizione delle relative tecniche di soluzione
  • valutazione delle prestazioni del modello e in particolare del suo campo di validità.

Non si può ignorare che qualsiasi rappresentazione adottata per un certo sistema è necessariamente limitata ad alcuni aspetti: debbono essere analizzati e scelti caso per caso il grado di rappresentatività e il livello di descrizione (punto a.) un relazione alla qualità delle informazioni disponibili e agli obiettivi da conseguire (punto c.).definita tale scelta il modello diventa uno strumento di comunicazione non ambiguo avente un valore intrinseco, indipendentemente dalle previsioni che il suo uso consentirà di formulare.
La complessità del sistema in esame è spesso tale da suggerire di non trattarlo come un tutto unico: ne consegue l’importanza di scegliere nell’analisi del sistema una strutturazione gerarchica in sottoinsiemi basata sulla loro rilevanza agli effetti del funzionamento globale (punto b.); tali sottoinsiemi non devono necessariamente coincidere con entità fisicamente distinte, ma saranno scelti in modo da semplificare al massimo la descrizione del sistema, anche in vista delle possibilità di utilizzare modelli parziali già disponibili.
Nelle relazioni tra variabili confluiscono le conoscenze preesistenti sul comportamento dei singoli componenti del sistema (punto d.), cioè le leggi che li regolano.
Gli strumenti disponibili per la risoluzione delle equazioni matematiche (punto d.) condizionano direttamente la formulazione del modello e possono divenire i fattori limitanti: Ne consegue l’interesse preminente attualmente assunto dalla maggior convenienza di elaborare grandezze rappresentate in successione discreta e non continua.
Il modello delinea relazioni tra le variabili rappresentative dei fenomeni possibili nel sistema allo scopo di prevedere come le varie grandezze coinvolte intervengono nello svolgimento dei fenomeni di interesse.  All'atto dell’impiego del modello si per ottenere una tale previsione, si adotterà quell’insieme ordinato di operazioni note (detto procedura) definito durante la costruzione del modello (fase c. e fase d.).
Un modello risulterà tanto più soddisfacente quanto più saranno plausibili, (cioè in accordo con quanto già noto) e generali, (cioè valide anche in casi diversi da quello in esame) le proprietà attribuite alle grandezze che intervengono nel modello. La dimostrazione della validità del modello consiste nella verifica sperimentale degli eventi che il modello stesso consente di prevedere (punto e.).

Verifica e impiego dei modelli

Nelle applicazioni tecnico-scientifiche che si presentano formulate in un linguaggio quasi direttamente matematico, il ruolo dei modelli risulta così facile da individuare e soprattutto, così sottinteso, che si usa indicare tali applicazioni con il nome sintetico di calcolo, passando sotto silenzio le fasi che precedono le soluzioni matematiche delle equazioni rappresentative della formulazione del modello.  Al contrario, nelle applicazioni di tipo decisionale la disponibilità di un modello colpisce a tal punto la fantasia dei non addetti ai lavori che non a tutti risulta evidente il fatto indiscutibile che i modelli matematici sono solo strumenti utili per valutare le conseguenze di possibili diverse decisioni e che la scelta fra le varie possibilità non può che conseguire dai criteri prefissati da parte di chi ha costruito il modello stesso
Le sottofasi in cui si articola l’impiego dei modelli sono:

  • controllo della capacità del modello di rappresentare il sistema reale confrontando i risultati forniti dal modello con storie vere (test);
  • eventuale modifica del modello (o più semplicemente dei valori dei parametri che in esso figurano)
  • progettazione e messa a punto di un piano di prova e di sperimentazione, con l’indicazione degli obiettivi prefissati
  • effettuazione delle prove e raccolta dei risultati.

L’impiego parametrico di un modello per dedurre dal suo comportamento alcune informazioni sul comportamento del sistema modellato è detto simulazione. Si usa parlare di esperimenti numerici per descrivere l’operazione di raccolta dei risultati dell’impiego dei modelli.

Analisi dei risultati ottenuti per ricavare informazioni sul sistema in esame

Le sottofasi da svolgere per valutare il comportamento del sistema in relazione a possibili differenti decisioni sono:

  • analisi dei risultati in relazione agli obiettivi
  • eventuale ripetizione o modifica del piano di sperimentazione
  • presentazione dei risultati
  • definizione delle raccomandazioni per la progettazione e gestione del sistema reale

Vantaggi nell’uso dei modelli

In sintesi si può dire che l’uso di modelli matematici dà luogo ai seguenti vantaggi:
Non ambiguità
Oggettività
Ripetibilità
Verificabilità

Le considerazioni che precedono si applicano specificamente a modelli di tipo deterministico, nel senso che sono legati a legami deterministici (corrispondenza biunivoca espressa da un legame analitico) tra le variabili che nel modello figurano. Ma esistono anche altri modelli quali quelli stocastici, aleatori, adattivi che non sono qui trattati.

 

MONETA

DEFINIZIONE DI MONETA

 

Bene di riferimento principale per gli scambi tra soggetti economici, sia come mezzo di pagamento, sia come unità di misura del valore. Come tale, può essere convertito agevolmente e senza perdite in ciascuno degli altri beni presenti sul mercato: da questo punto di vista carattere distintivo della moneta è la liquidità.

Ha una funzione liberatoria dei debiti (deve cioè essere accettata come pagamento) che se imposta dalla legge definisce la moneta legale, se deriva dall’uso definisce la moneta consuetudinaria o fiduciaria.

La moneta rappresenta un potere d’acquisto immediatamente spendibile e variabile inversamente al prezzo dei beni .

La moneta non cambia valore quando cambia il tasso d’interesse, mentre cambia valore quando cambia il livello generale dei prezzi.

E’ evidente la distinzione tra moneta (che è uno stock detenuto) e reddito che è un flusso ricevuto in un certo periodo di tempo.

Una delle cause di aumento dei prezzi, e conseguentemente della perdita del potere di acquisto della moneta, è l’inflazione.

La moneta è sotto la responsabilità del Banca Centrale che in un equilibrio di poteri con il governo realizza la  politica monetaria  secondo parametri quali:

  • la domanda di moneta
  • la velocità di circolazione della moneta;
  • l’offerta complessiva di moneta;
  • la base monetaria.

 

Sul mercato di determina una condizione di equilibrio tra domanda ed offerta di moneta.

MONETA LEGALE

 

Denominazione che si applica rigorosamente qualora una norma di legge imponga la funzione liberatoria dei debiti propria della moneta  (la moneta deve essere accettata come mezzo di pagamento)

MONETA FIDUCIARIA O CONSUETUDINARIA O PRIVATA

 

Denominazione che si applica qualora non è una norma di legge ma solo l’uso a determinare la funzione liberatoria dei debiti propria della moneta  (la moneta è accettata come mezzo di pagamento perché così fanno tutti). Per esempio nella maggior parte dei paesi invia di sviluppo, soprattutto quelli aperti al flusso turistico, il dollaro è moneta fiduciaria accettata da tutti anche più volentieri rispetto alla moneta locale. 

Sono moneta fiduciaria gli assegni i “traveller cheques” e le carte di credito.

MONETA CONVERTIBILE

 

Moneta per la quale è possibile per il detentore scambiarla legalmente con altra moneta o con oro. Normalmente le monete dei paesi industrialmente avanzate sono convertibili l‘una con l’altra. Per lungo tempo non erano convertibili le monete dei Paesi dell’Est Europa; per i turisti era legittimo detenerne solo quantità derivanti da cambi effettuati ufficialmente all’ingresso del Paese ed era fatto obbligo all’uscita dal Paese di riconvertire nella valuta originaria eventuali rimanenze. Di fatto questo implicava che la moneta non convertibile valeva meno di quanto dichiarato dal paese emettitore; conseguentemente proliferava un mercato nero locale di trafficanti disposti a cedere valuta locale non convertibile in cambio di moneta convertibile (tipicamente dollari) a tassi di cambio ben più favorevoli al dollaro di quelli ufficiali.

 

Con riferimento agli scambi internazionali si usa il termine valuta come sinonimo di moneta.

MONOPOLIO

 

Situazione particolare del mercato  che per il sistema della produzione vede una sola azienda in grado di controllare l’intera produzione del bene mentre non esistono imprese che producono beni sostitutivi; nel contempo detta azienda può accedere liberamente alle risorse e alle tecnologie.

Il suo opposto è in un certo senso il monopsonio.

 

MONOPSONIO

Situazione particolare del mercato nella quale c’è un solo acquirente che ha di conseguenza notevole potere contrattuale. Se gli acquirenti sono pochi si parla di oligopsonio.

Il suo opposto è in un certo senso il monopolio.

Trattasi di domanda e offerta collettive e non individuali.

In particolare è necessario capire se il mercato può raggiungere uno stato di equilibrio e se, variando le condizioni, tale equilibrio sia stabile o meno.

Libertà di entrata sul mercato è sinonimo di libertà di accesso al mercato per il produttore.

Non ha senso esaminare il caso di un prezzo inferiore al costo minimo di lungo periodo, perché, in questo caso, il profitto sarebbe negativo e l’impresa sarebbe scomparsa.

Tipico esempio l’OPEC. (Oil Producing and Exporting Countries): i paesi produttori, concordando il totale della produzione (e soprattutto la ripartizione in quote fra i paesi aderenti) riescono a determinare sul mercato situazioni di scarsità del petrolio che fanno lievitare i prezzi.

E’ il caso di marchi diversi posseduti dalla stessa impresa dei quali uno accreditato di fascia alta e l’altro accreditato di fascia bassa anche se sostanzialmente equivalenti; è diverso dal caso (citato a proposito dell’oligopolio) di due prodotti sostanzialmente equivalenti messi sul mercato da due aziende totalmente distinte.

Va ricordata l’esigenza di conciliare il miglioramento delle prestazioni del modello, e in particolare del livello di descrizione, con la limitazione della gestibilità del modello stesso, per esempio il tempo di calcolo necessario per risolvere le equazioni che lo compongono: è meglio un rapido modello semi-teorico o addirittura empirico, che un modello teoricamente più soddisfacente, ma meno agevole.

E’ facile comprenderlo facendo riferimento al concetto di esborso: essendo l’esborso dato dal prodotto p . q dove p è il prezzo e q  è la quantità acquistata è evidente che a parità di esborso in moneta la quantità scende in ragione inversa se il prezzo sale.

 

MUTUO

 

Particolare debito, in genere a medio lungo termine, che prevede la restituzione dell’importo originario più l’interesse; questi avviene attraverso rate periodiche composte di una quota capitale e di una quota interessi. Il mutuo è spesso assistito da una garanzia immobiliare in forma ipotecaria; la presenza dell’ipoteca consente un ridimensionamento dell’ammontare del tasso di interesse perché si riduce fortemente il rischio.


 

N

 

NASDAQ

La sigla deriva da National Association of Securities Delaers con l’aggiunta del termine Quotations, indica cioè le quotazioni fornite da un’associazione di agenti di borsa USA, operante a New York, che tratta titoli tecnologici non quotati nella tradizionale Borsa di New York, la NYSE. IL NASDAQ che è di gran lunga la più importante fra le borse  dei titoli tecnologici è la sede delle contrattazioni che alimentano la new economy e più specificamente la net economy.

 

NET ECONOMY

V. RETE

 

NEW ECONOMY

Termine generico indicante l’attuale fase dell’economia caratterizzata dall’immateriale e dall’annullamento delle distanze attraverso il miracolo delle telecomunicazioni e dell’informatica (la cosiddetta ICT) in contrapposizione con “old economy” che indica l’economia tradizionale, basata invece su materie prime (derrate alimentari incluse), semilavorati, prodotti materiali, infrastrutture “pesanti” (quali energia e trasporti), servizi tradizionali. Questi settori sarebbero secondo alcune scuole di pensiero inarrestabilmente in declino rispetto alle prospettive aperte dalla new economy. In realtà i dati più recenti vanno nella direzione di contenere queste semplicistiche previsioni.

 

NO GLOBAL

Movimento di contrasto alla globalizzazione o al meno alla globalizzazione così come si viene configurando. Sono presenti anime diversificate all’interno del movimento che ha carattere internazionale e vede una prevalenza di giovani.

 

NOLEGGIO

v. AFFITTO

 

NOTA INTEGRATIVA                                                                                                                 3.3

Documento costituente il bilancio, insieme con le due tabelle conto economico e stato patrimoniale.

L’obiettivo di questo documento è fornire una serie di informazioni utili a comprendere e motivare le scelte adottate nella redazione del bilancio. I suoi contenuti sono definiti dall’art 2427 del codice Civile.

 

NUMTEL

Nuovo Mercato Telematico

 

NYSE  New York Security Exchange

La tradizionale Borsa di New York con sede a Wall Street, strada che ha assunto il valore di sede simbolica della finanza mondiale; di gran lunga la più importante borsa al mondo: IL suo andamento è espresso dall’indice Dow Jones.

La connotazione “tradizionale” sta ad indicare la distinzione rispetto alla borsa dei titoli tecnologici NASDAQ.


 

O

 

OBBLIGAZIONE                                                                                                                           3.1

Titolo di credito relativo a prestiti che un esterno concede ad un’impresa. La somma prestata sarà restituita alla fine del periodo incrementata degli interessi convenuti. A differenza di quanto avviene per le azioni, le sorti dell’azienda (profitti o perdite) non si riflettono direttamente sull’obbligazione, almeno che non si arrivi al caso estremo del fallimento dell’impresa.

Va tenuto presente che come tutti gli altri beni l’obbligazione si può comprare e vendere sul mercato; il suo valore dipenderà da come la remunerazione assicurata da questo titolo di credito (cioè l’interesse corrisposto) si confronta con le remunerazioni di altre operazioni di prestito praticabili. Anche in questo caso l’attenzione verrà posta sull’aspettativa che il mercato possa o meno offrire, a breve, beni equivalenti (nel nostro caso altri titoli di credito) più convenienti . La borsa è la sede delle contrattazioni (e quindi delle quotazioni) dei titoli obbligazionari.

Sono per moti versi simili alle obbligazioni i titoli di debito emessi dal Tesoro.

 

OBBLIGAZIONE CONVERTIBILE                                                                                        3.1

L’impresa riconosce al titolare dell’obbligazione la possibilità di esercitare alla scadenza (o comunque entro un termine prefissato) l’opzione di trasformare l’obbligazione in azione. In questo senso l’obbligazione convertibile è associata a un warrant.

 

OBSOLESCENZA

Invecchiamento economico contrapposto al deterioramento fisico subito dal capitale fisso, prevalentemente come conseguenza del progresso tecnico vale a dire dell’innovazione tecnologica. Si tratta della perdita di valore di un’attrezzatura perché è disponibile sul mercato una più moderna più efficace o più efficiente. Se il progresso tecnico è veloce l’obsolescenza tecnica arriva prima del deterioramento fisico.

V. VITA TECNICA

 

OCCUPAZIONE

Quantità di lavoratori occupati: teoricamente uguale all’offerta di lavoro meno il numero dei disoccupati. In realtà è difficile misurare questa grandezza in un paese che ha distinti mercati del lavoro, differenti per qualificazione dei lavoratori, durata del rapporto di lavoro, condizioni negoziali, ecc. E’ una delle variabili della macroeconomia.

La curva di Philips mostra che il ritmo di crescita dei salari è alto se l’occupazione è elevata.

 

OFFERTA

Disponibilità a vendere una certa quantità ad un certo prezzo: il produttore pone sul mercato (offre) i beni prodotti e cerca un accordo con l’acquirente o (consumatore) che esprime una domanda (disponibilità ad acquistare una certa quantità ad un certo prezzo).

Si definisce offerta collettiva la somma delle offerte individuali.

La curva dell’offerta stabilisce un legame tra quantità offerta e prezzo richiesto dal produttore

V. LEGGE DELLA DOMANDA E DELL’OFFERTA

 

OFFERTA COMPLESSIVA DI MONETA

L’offerta complessiva di moneta è la quantità di moneta esistente in un dato periodo ed è governata dalle banche centrali direttamente attraverso l’emissione (o il ritiro) di base monetaria e indirettamente attraverso le misure che influiscono sul processo di moltiplicazione da parte degli operatori tra le quali:

  1. la variazione del tasso ufficiale di sconto cioè il tasso di sconto applicato dalla banca centrale alle singole banche che ad essa si rivolgono per operazioni di rifinanziamento, tipicamente anticipazioni e sconto cambiali;

 

  1. la variazione dei coefficienti di riserva obbligatoria, cioè l’entità dell’obbligo a carico degli istituti di credito di tenere capitali in opportuna forma per far fronte alle esigenze previste ed impreviste derivanti dalla loro funzione;
  1. i vincoli diretti sul credito.

 

L’offerta complessiva di moneta è una delle determinanti della circolazione monetaria

Sul mercato di determina una condizione di equilibrio tra domanda ed offerta di moneta.

 

OFFERTA PUBBLICA DI ACQUISTO

 

Opa incrementale


Offerta pubblica di acquisto obbligatoria promossa, ai sensi dell'art. 10, comma 8, della legge 149/1992, da chi, detenendo una quota dei diritti di voto di una società quotata in borsa o ammessa alle negoziazioni nel mercato ristretto pari alla metà della partecipazione di controllo o di maggioranza relativa, abbia aumentato tale quota di un quinto, ovvero in misura superiore al 2 per cento del capitale sociale, in un arco di 12 mesi. La legge 149/1992 è stata abrogata dal Tuf (art. 214, comma 1, lett. e)).


Opa preventiva


Offerta pubblica di acquisto avente ad oggetto almeno il 60 per cento delle azioni ordinarie di una società italiana quotata in un mercato regolamentato italiano, promossa ai sensi dell'art. 107 del Tuf. Nel periodo di vigenza della legge 149/1992, per Opa preventiva si intendeva un'offerta pubblica promossa al fine di acquisire, direttamente o indirettamente, il controllo di una società quotata in borsa o ammessa alle negoziazioni nel mercato ristretto.


Opa residuale

Offerta pubblica di acquisto promossa da chiunque venga a detenere una partecipazione superiore al 90 per cento delle azioni con diritto di voto di una società italiana quotata in un mercato regolamentato italiano, ai sensi dell'art. 108 del Tuf. Nel periodo di vigenza della legge 149/1992, per Opa residuale si intendeva l'offerta promossa da chi, direttamente o indirettamente, avesse acquisito il controllo di una società quotata in borsa o ammessa alle negoziazioni nel mercato ristretto, nel caso in cui il flottante della società divenisse inferiore al 10 per cento o al minor limite stabilito dalla Consob.


Opa successiva


Offerta pubblica obbligatoria totalitaria promossa ai sensi dell'art. 106 del Tuf da chiunque, a seguito di acquisti a titolo oneroso, venga a detenere una quota dei diritti di voto di una società italiana quotata in un mercato regolamentato italiano superiore al 30 per cento. Nel periodo di vigenza della legge 149/1992, per Opa successiva si intendeva l'offerta obbligatoria promossa da chiunque avesse acquisito il controllo o la maggioranza relativa dei diritti di voto di una società quotata in borsa o ammessa alle negoziazioni nel mercato ristretto.


Opa volontaria

Offerta pubblica di acquisto non obbligatoria e non volta all'acquisizione del controllo della società quotata emittente i titoli oggetto dell'offerta.

COMPLETARE

OFFERTA PUBBLICA DI SCAMBIO – OPS


Offerta pubblica di acquisto avente come corrispettivo strumenti finanziari.

 

OFFERTA DI SOTTOSCRIZIONE

Offerta di vendita relativa ad azioni di nuova emissione

OFFERTA PUBBLICA DI VENDITA  OPV


Offerta di vendita relativa ad azioni già esistenti.

COMPLETARE

 

OIL SHOCK

Crisi del mercato petrolifero e conseguentemente delle economie utilizzatrici di petrolio a seguito del subitaneo e forte aumento dei prezzi del greggio; un primo episodio si è avuto nrl 1973-74 (quadruplicazione dei prezzi del greggio nel giro  di pochi mesi) una seconda nel 1979-80.

Le conseguenze di una tale crisi per i paesi consumatori di petrolio di importazione sono nel breve periodo un contenimento di emergenza nei consumi sia delle famiglie (austerità) sia delle imprese (riduzione della produzione) realizzato anche attraverso il razionamento. Nel lungo periodo si riducono i rischi di crisi petrolifera mediante la diversificazione delle fonti energetiche, riducendo la dipendenza petrolifera e la diversificazione delle aree geografiche e quindi dei mercati geopolitici di provenienza.

In occasione di tali crisi è particolarmente incisivo il ruolo di un’organizzazione quale l’OPEC.

 

OLD ECONOMY

Termine generico che indica l’economia tradizionale. in contrapposizione con “new economy” riferito invece all’attuale fase dell’economia.

Materie prime (derrate alimentari incluse), semilavorati, prodotti materiali, infrastrutture “pesanti” (quali energia e trasporti), servizi tradizionali sarebbero secondo alcune scuole di pensiero elementi caratterizzanti la vecchia economia e inarrestabilmente in declino rispetto alle prospettive aperte dalla new economy caratterizzata dall’immateriale e dall’annullamento delle distanze attraverso il miracolo delle telecomunicazioni e dell’informatica (la cosiddetta ITC). In realtà i dati più recenti vanno nella direzione di contenere queste semplicistiche previsioni.

 

OLIGOPOLIO

Configurazione del mercato nella quale operano poche aziende, ognuna delle quali, potendo conoscere il comportamento delle altre e potendo ipotizzare le relative conseguenze, si comporta “di conserva”: esiste una forte interdipendenza tra imprese, spesso con un leader che guida i comportamenti. I prezzi tendono a rimanere stabili perché nessuno a interesse a innescare la guerra dei prezzi al ribasso. Si definisce cartello (in inglese trust), l’accordo esplicito o implicito tra produttori monopolistici per definire i prezzi. Lo Stato tende ad intervenire fissando regole e al limite intervenendo direttamente sul mercato per evitare la formazione di cartelli.

 

OLIGOPSONIO

Situazione di mercato in cui una merce è acquistata da un numero limato di acquirenti, ciascuno dei quali decide sulla base delle presunte reazioni degli altri, a meno che non ci siano accordi collusivi tra acquirenti analoghi a quelli tipici dell’oligopolio collusivo. Se l’acquirente è unico si parla di monopsonio .

 

OMEOSTASI

(Vedi CONTROLLO DI UN SISTEMA)

 

ONERI CONTRIBUTIVI (PREVIDENZIALI E ASSICURATIVI)

Importi dovuti a soggetti pubblici (per esempio I.N.P.S.) (o che svolgono funzioni pubbliche) a fronte di prestazioni che il lavoratore riceve (per esempio assistenza sanitaria), o riceverà in seguito (per esempio pensione). Tali somme sono a carico del datore di lavoro e, in misura minore del lavoratore. Il costo del lavoro è dato dalla somma della retribuzione percepita dal lavoratore (al lordo degli oneri fiscali) più gli oneri contributivi.

 

ONERI DI SISTEMA

Componente della struttura dei costi della produzione di servizi pubblici, in particolare dell’energia elettrica, da prendere in esame in sede di determinazione della relativa tariffa.. I cosiddetti oneri generali di sistema hanno sul costo medio del chilowattora un’incidenza complessiva che ha raggiunto l'8 per cento. Tra gli oneri di sistema emerge come particolarmente oneroso il sostegno alle fonti rinnovabili e agli impianti cosiddetti assimilati, basato su norme introdotte nel 1991 e 1992. A partire dal gennaio dell'anno in corso un decreto ministeriale ha posto sul mercato, con procedure di asta, una quantità di energia prodotta da fonti rinnovabili e assimilate pari a oltre un decimo dell'intera produzione nazionale. Questa produzione è remunerata all'origine con un prezzo di acquisto definito da provvedimenti di legge emanati tra il 1991 e il 1995. Le aste, in parte riservate a clienti disposti ad accettare clausole di interrompibilità, hanno fatto emergere prezzi largamente inferiori a quelli corrisposti ai generatori. La differenza concorre ad alimentare gli oneri di sistema gravanti sulla generalità dei consumatori di energia elettrica.

Figurano anche tra gli oneri di sistema i costi per la transizione dal monopolio alla concorrenza; essi comprendono i rimborsi per gli investimenti operati e gli impegni assunti dall'impresa già monopolista e delle altre imprese produttrici-distributrici, e che il mercato concorrenziale può non consentire di ammortizzare o onorare: si tratta dei "costi non recuperabili" o "costi incagliati" (stranded costs nell'esperienza delle liberalizzazioni americane).

 

ONERI FINANZIARI

Importi dovuti dall’azienda a chi presta ad essa danaro a titolo di remunerazione del servizio ricevuto (in altre parole si può parlare dell’esborso sostenuto per disporre del bene denaro, come se fosse l’equivalente di un canone di affitto per disporre di un bene strumentale). Il prezzo da pagare è definito dal tasso di interesse convenuto come remunerazione. L’entità degli oneri finanziari (il cui sinonimo è quota interessi) è legata al tasso di interesse e alla dimensione dell’esposizione debitoria.

L’azienda che ha ricevuto il prestito deve versare periodicamente, sia la quota capitale (per restituire la somma ricevuta, quindi una quota dovuta anche se non ci fossero interessi) sia la quota interessi che corrisponde appunto agli oneri finanziari. Naturalmente si tratta di interessi passivi.

Il concetto simmetrico è quello di proventi finanziari che corrispondono a interessi attivi per l’azienda derivanti da somme proprie prestate ad altri soggetti economici.

 

ONERI FISCALI                                                                                                                            3.3

Denominazione, nel contesto del bilancio, degli importi dovuti a vario titolo al fisco (imposte, e tasse) in ciascun esercizio. Si calcolano applicando un’aliquota all’imponibile. (saldo tra ricavi e costi, cui si sottraggono alcuni costi convenzionali denominati detrazioni).

 

ONERI PLURIENNALI

Gli oneri pluriennali corrispondono a spese sostenute (o, meglio, alla valorizzazione, in tutto o in parte, di spese sostenute) per brevetti e know-how, pubblicità, ricerca e simili, purché tali da avere effetto atteso che si dispiega su più esercizi e come tali suscettibili di essere registrate patrimonialmente in bilancio come immobilizzazioni immateriali e quindi di essere ammortizzate su più esercizi (donde il nome).

 

ONERI STAORDINARI                                                                                                3.3

Perdite sostenute dall’impresa in conseguenza di operazioni di natura straordinaria; tipico il caso delle minusvalenze. La situazione opposta (profitti ottenuti dall’impresa) dà luogo a proventi straordinari.

OPA

 

v. OFFERTA PUBBLICA DI ACQUISTO

 

OPEC

L’OPEC (Oil Producing and Exporting Countries) è un’organizzazione dei paesi produttori di petrolio che, concordando il totale della produzione (e soprattutto la ripartizione in quote fra i paesi aderenti), riescono a determinare sul mercato situazioni di scarsità del petrolio che fanno lievitare i prezzi. E’ un tipico esempio di cartello in un mercato oligopolistico.

L’OAPEC è un sottoinsieme dell’OPEC composto dai Paesi Arabi.

L’efficacia dell’azione dell’OPEC deriva da vari fattori, tra i quali: il peso della produzione dei paesi OPEC rispetto alla produzione mondiale; il grado di effettiva coesione dei paesi aderenti ; la capacità di tenuta di accordi restrittivi confrontata con la durata delle scorte presenti nei paesi consumatori.

Il ruolo di quest’organizzazione è particolarmente incisivo in caso di crisi del mercato petrolifero (v. OIL SHOCK)

 

OPERATORE ECONOMICO

L’operatore economico (o soggetto economico) è qualunque attore che agisce sul mercato: una prima distinzione è fra consumatori di beni e produttori di beni che si scambiano sul mercato. Distinzione piuttosto legata alla funzione svolta sul mercato che cambia di volta in volta a seconda della transazione in esame. Più legata alla natura del soggetto è la distinzione fra famiglie,  imprese, pubblica amministrazione e soggetti esteri.

 

OPV

v. OFFERTA PUBBLICA DI VENDITA

 

OPZIONE

Diritto, ottenuto attraverso contratto, di acquistare (CALL) o di vendere (PUT) un’attività finanziaria (tipicamente un pacchetto di azioni) entro una certa data ad un prezzo definito. E’ un vantaggio per chi lo detiene perché è un diritto e non un obbligo e pertanto tale diritto va in qualche modo pagato. Evidentemente l’esistenza del diritto di una parte comporta un obbligo per la sua controparte. Clausola frequente nei contratti di collaborazione o più comunemente di scambio di partecipazioni incrociato. Nel gioco di borsa la logica di acquisire una “option” corrisponde alla scommessa che entro la data di scadenza il pacchetto in questione vari il proprio valore. Chi compra una “call option” scommette sull’aumento di valore; chi compra una “put option” scommette sulla riduzione di valore.

Il warrant è un caso particolare di opzione che si riferisce a titoli azionari.

 

ORDINI INEVASI

L’arretrato degli ordini non soddisfatti (inevasi) con riferimento alla organizzazione della produzione misura la congruenza della capacità produttiva effettiva con i termini di successo o insuccesso (crescita della domanda, quota di mercato).

v. ROTAZIONE DEGLI ORDINI

 

ORGANISMI GENETICAMENTE MODIFICATI

OGM

Globalizzazione

COMPLETARE

 

ORGANIZZAZIONE OPERATIVA DELL’IMPRESA

Tra i ruoli base dell’imprenditore è centrale quello di organizzare l’impiego dei fattori produttivi per conseguire gli obiettivi dell’impresa.

La numerosità e la natura degli addetti, la numerosità e la natura dei prodotti; la dislocazione territoriale, le logiche di interazione con il mercato sono tra i fattori che condizionano le scelte organizzative.

Tra gli elementi caratterizzanti un’organizzazione ricordiamo: l’elenco delle funzioni da svolgere; la logica di loro attribuzione; lo stile di direzione.

Con il termine struttura si indica il risultato delle scelte organizzative, inteso come elenco di unità organizzative e descrizione delle funzioni affidate a ciascuna di esse.

Riprendiamo in esame la figura seguente introdotta con riferimento all’impresa come sistema:

 

 


Possiamo agevolmente identificare  le funzioni base, che sono l’approvvigionamento dei fattori, la produzione e la distribuzione dei prodotti sul mercato (o se vogliamo, in termini più generali, la distribuzione e il marketing).


 

Organizzazione per fasi (o per funzioni)

Un assetto organizzativo elementare può essere quello che fa perno sulle funzioni base di cui sopra:

 

 


Si tratta di un insieme di tre unità operative articolate per fasi di attività (o come si usa dire per tipo di funzioni) a ciascuna delle quali sono assegnate, come avviene per tutte le unità organizzative, da una parte risorse e dall’altra obiettivi da conseguire.

Per completare l’elenco delle azioni da svolgere occorre identificare oltre alle tre unità operative già indicate (che sono direttamente legate alla realizzazione e alla vendita del prodotto) altre attività di supporto quali l’amministrazione (per esempio i contratti, la contabilità, la finanza), la gestione del personale (paghe e contributi, assicurativi e previdenziali, controllo presenze, ferie ecc.); tali funzioni sono dette di supporto e si usa rappresentarle a fianco della casella che indica la direzione. Sono chiamate funzioni di staff in contrapposizione con le altre unità che sono denominate di linea (in inglese “line”).

 

 


Organizzazione per prodotti

In un'impresa che realizzi più di un prodotto (o meglio più linee di prodotto fra loro differenziate in misura consistente) può adottare un’altra organizzazione base, alternativa alla precedente, che vede le diverse unità articolate per tipo di prodotto.

 

 

 


Ciascuna delle tre unità sopra rappresentate dovrà dotarsi al proprio interno di tutte e sole le risorse necessarie per conseguire gli obiettivi affidati e in particolare dovrà istituire sub unità che assolvano le diverse funzioni già individuate: la differenza è che queste sono ora specializzate per ciascuna classe di prodotto.

Proviamo ad individuare vantaggi e svantaggi delle due soluzioni base

                     Tipo di organizzazione
Caratteristiche

per fasi

per prodotti

Livello di responsabilizzazione

confuso

puntuale

Volume complessivo delle
risorse necessarie

limitato

potenzialmente
più elevato

Non deve essere sopravvalutato l’argomento della saturazione (cioè dell’utilizzo ottimale delle risorse).Mentre è evidente che una piccola impresa multi prodotto non si potrebbe permettere di duplicare le risorse (per esempio dei macchinari per le lavorazioni meccaniche in modo che ciascuna tipologia di prodotto abbia risorse dedicate in via esclusiva e permanente, simmetricamente è altrettanto vero che una grande azienda operante in stabilimenti collocati in diversi siti produttivi non ha significativi vantaggi ad unificare la produzione per fasi (per esempio a mettere in un’unica unità la direzione di tutti gli stabilimenti di produzione).

La divisionalizzazione

La linea di tendenza attuale è quella di privilegiare la chiarezza delle responsabilità e quindi di adottare strutture articolate per prodotti, denominate anche divisione per prodotto, in una logica chiamata appunto divisionalizzazione che sta ad indicare anche un elevato grado di autonomia attribuito a ciascuna unità operativa che ha propri obiettivi, propri budget propria organizzazione interna, pur nel rispetto delle regole generali della “casa” cui ciascuna divisone riporta.

Se il grado di autonomia assegnato alle divisioni è elevato si parla di stile di direzione che favorisce il decentramento, in caso contrario si parla di stile di direzione accentratore. Un’indicazione di massima per distinguere i due casi può essere la seguente: un responsabile che favorisce il decentramento dà ai propri collaboratori delle istruzioni nel senso di precisare cosa si aspetta da loro (l’obiettivo); un responsabile accentratore prescrive ai propri collaboratori cosa essi debbono fare (il come). Analogamente, si parla di stile di direzione partecipativo se i livelli sottoposti sono coinvolti nell'assunzione delle decisioni che li riguardano, di stile di direzione verticistico se il coinvolgimento è insufficiente.

 

Organizzazione a matrice

 

 


Le strutture rappresentate orizzontalmente sulla sinistra sono strutture di coordinamento, dotate di poco personale e praticamente prive di risorse strumentali che hanno la responsabilità di garantire che sia realizzata e commercializzata una data linea di prodotto, ma senza avere la guida diretta delle risorse necessarie allo scopo. Esercitano un dialogo e una contrattazione tra loro e con i capi delle unità funzionali per concordare l’assegnazione delle risorse ai vari obiettivi (cioè alle varie linee di prodotto).

La struttura organizzativa a matrice si ripromette di conseguire entrambi i vantaggi (responsabilizzazione nel perseguimento degli obiettivi e saturazione delle risorse), rispettivamente caratteristici delle due strutture base. In realtà il sistema di interrelazioni che si viene a gestire è piuttosto complesso e crea qualche difficoltà. Casi di successo si sono avuti soprattutto quando l’azienda lavora a commessa e quindi si crea una struttura di coordinamento per la durata della commessa stessa (in questo caso l’unità di coordinamento è chiamata unità di progetto e il suo responsabile project manager). Tipico campo di applicazione delle strutture a matrice è quello dell’ingegneria (per esempio la progettazione di impianti industriali complessi); altro campo di applicazione è la ricerca scientifica e tecnologica in particolare con riferimento alla realizzazione di impianti sperimentali complessi (E’ immediato notare che sono tutti casi riconducibili alla metodica di produzione a commessa).

Il rapporto che si instaura tra le unità di progetto e le risorse collocate all’interno delle unità che organizzano le risorse si chiama collegamento funzionale: un tipo di dipendenza più lasco e, soprattutto, non esclusivo a differenza di quello (che si chiama dipendenza gerarchica) all’interno di una singola unità di tipo tradizionale.

Organizzazione a matrice per la realizzazione di diverse commesse  nel caso di una società di impiantistica

 

 


Organizzazione a task-force

Sempre nel caso di produzione a commessa un’altra organizzazione possibile è la task-force che è riconducibile a quella delle divisioni di prodotto, ma con il vincolo di una durata limitata alla realizzazione della commessa. Come per le divisioni di prodotto, anche l’unità task-force ha alle proprie dipendenze tutte e sole le risorse necessarie per conseguire gli obiettivi: si tratta dunque di unità autosufficienti (come dice il nome, un’unità per un obiettivo), in genere di piccole dimensioni.Questo implica che alcune competenze normalmente collocate all’interno di un’unità tradizionale sono temporaneamente trasferite da questa verso un’unità task-force per rendere possibile lo svolgimento delle attività affidate alla task-force .

Un caso estremo di organizzazione a task-force generalizzata è l’adhocrazia che si basa sulla scelta generalizzata di utilizzare strutture create caso per caso (ad hoc) secondo le esigenze.

 

Considerazioni generali

 

E’ difficile dare una ricetta di valenza generale su quale sia “la migliore organizzazione possibile”: nondimeno è utile osservare che un cambiamento periodico di struttura è un comportamento manageriale certamente positivo per togliere vecchie incrostazioni e deterioramenti nel funzionamento delle strutture che si accumulano nel tempo come le scorie di un organismo o odi un processo produttivo.

E’ ancor più importante sottolineare che non conta solo l’organizzazione intesa come articolazione in caselle; contano soprattutto le regole sull’interazione tra le diverse caselle, lo stile di direzione (cui si è già fatto cenno), il tipo di programmazione di controllo adottato e tanti altri aspetti legati ai processi, non ultimo dei quali la formazione dei dipendenti e soprattutto la loro motivazione. Va curato infine l’equilibrio complessivo delle funzioni e delle persone che le svolgono; si usa indicare questo insieme con l’espressione costellazione di ruoli (nel linguaggio comune mutuato dallo sport si parla di squadra e in inglese di team) proprio per sottolineare la necessità di coerenza e di correlazione: si deve giudicare una persona non di per sé, ma per il ruolo che svolge nel contesto del gruppo ove è inserita.

In generale va perseguita la linea di ridurre la burocratizzazione della struttura vale a dire ridurre i comportamenti a seguito dei quali la burocrazia, cioè l’insieme delle funzioni assegnate, delle regole e dell’assetto di potere conseguente, è perseguita dagli addetti come un valore in sé e non come un strumento per un’efficace operatività dell’insieme.

v. GESTIONE DELL’IMPRESA    STRUTTURA  FUNZIONI DELL’IMPRESA  MBO  MBE

 

ORGANIZZAZIONE DI VERTICE DELL’IMPRESA

 

 


L’Assemblea dei soci, che tiene tipicamente due tre sedute all’anno - delle quali la più importante (e indispensabile) è quella dedicata all’approvazione del Bilancio, su proposta del Consiglio di Amministrazione; l’assemblea nomina il Consiglio di Amministrazione e il presidente per un triennio.

Il Consiglio di Amministrazione, che si riunisce tipicamente una volta al mese, dà le indicazioni generali sugli obiettivi ed approva le decisioni più importanti che il Direttore Generale sottopone al Consiglio stesso.

Il Direttore Generale, nominato dal Consiglio di Amministrazione con una posizione “full-time",  assume le decisioni a carattere esecutivo necessarie al funzionamento dell’impresa. In alcune imprese invece del Direttore Generale è nominato un Amministrato Delegato che è un membro del Consiglio di Amministrazione cui vengono assegnati i poteri tipici del Direttore Generale più alcuni dei poteri tipici del Consiglio di Amministrazione. Nella terminologia inglese la figura di vertice dell’azienda viene denominata CEO (Chief Executive Officer).

Il Collegio Sindacale, nominato dall’Assemblea ha funzioni di garanzia degli azionisti in genere e in particolare di quelli di minoranza (che possono essere esclusi dalla presenza in consiglio di Amministrazione) e anche di garanzia del bene pubblico in genere e in particolare dei soggetti economici che interagiscono con la Società.

Di grande rilievo per il funzionamento della Società è l’attribuzione dei poteri, cioè dei compiti affidati a ciascuno: l’attribuzione dei poteri è fissata dallo Statuto della Società entro vincoli definiti dal Codice Civile. Inoltre alcune funzioni possono essere delegate da chi le detiene e favore di un organo sottoposto: per esempio il Presidente può delegare alcune funzioni al Direttore Generale; oppure un organo collegiale può delegare alcune funzioni ad un suo componente (tipico il caso del Consiglio di Amministrazione che delega il presidente o l’Amministratore delegato).

Caratteristiche dei diversi livelli di pianificazione.

 

 

Pianificazione strategica

Pianificazione
tattica

Pianificazione operativa

Obiettivi

 

 

 

Orizzonte temporale

Lungo

Medio

Breve

Livello management

Alto

Medio

Basso

Ambito gestionale

Ampio

Medio

Ristretto

Fonti di informazione

Esterne e interne

Esterne e interne

Interne

Tipo di informazioni

Globali

Aggregate

Dettagliate

 


ORGANIZZAZIONE DELLA PRODUZIONE

 

  In questo senso è  evidente che la contrattazione di obbligazioni ha sempre meno senso quanto più si avvicina la scadenza perché a quel punto è certo il valore reale del bene in questione.

Tale voce appare nel bilancio nella colonna attività (o impieghi) dello stato patrimoniale..

E’ evidente che se qualche paese aderente vende sottobanco quantità superiori alle quote assegnate l’accordo salta.

Per la precisione, nel put americano il diritto può essere esercitato in qualunque momento entro la data prefissata, mentre nel put europeo l’opzione può essere esercitata solo alla data prefissata.

Per comodità grafica in figura sono rappresentate le strutture interne solo di due divisioni su tre.

Il nome viene appunto dal mondo militare e fa riferimento ad un gruppo eventualmente interforze estratto dai normali reggimenti o dalle normali compagnie per assolvere una missione speciale (il termine task significa appunto compito, missione) a termine.

 

Considerazioni generali

E’ una componente specifica dell’organizzazione aziendale relativa al sottosistema produzione.

Definito l’obiettivo dell’impresa in termini di tipo, qualità e quantità della produzione, occorre assicurare un’adeguata capacità produttiva. A questo scopo è necessario adottare una serie di scelte in ambito aziendale. Si definisce organizzazione della produzione sia l’insieme degli strumenti metodologici e delle tecniche per l’adozione di tali scelte, sia i conseguenti assetti strutturali e logistici realizzati in azienda.

Sono perfettamente applicabili a questo specifico sottosistema le considerazioni generali esposte alla voce DECISIONE E OPERATIVITA’ IN UN IMPRESA sull’articolazione in componente decisionale e componente operativa del sistema di gestione di un’impresa.

 

 


Sia il sistema decisionale che quello operativo interagiscono con l’ambiente (attraverso i rispettivi canali di input e output). Trattandosi di un sottosistema l’ambiente di interazione sarà sia il resto dell’azienda, sia l’ambiente esterno all’azienda .

Anche in questo caso il subsistema decisionale comprende metodi e tecniche di

  • previsione;
  • programmazione;
  • controllo.

Il subsistema operativo è quello più propriamente specifico del sottosistema in esame, nel nostro caso la produzione, e riguarda:

  • tecnologie;
  • processo (scelta e dimensionamento);
  • spazi (scelta e dimensionamento);
  • disposizione degli impianti negli spazi.

Per ciascun sottosistema di evidenziano attività relative sia alla fase di programmazione sia alla fase di attuazione descritti in dettaglio alla voce  GESTIONE DI UN’IMPRESA che possono essere così riassunti:

  • la definizione degli obiettivi;
  • la definizione dei piani realizzativi;
  • la guida e il coordinamento dell’impiego delle risorse;
  • il controllo dei risultati;
  • l’attuazione degli interventi correttivi.

Si ricordi che nell’ambito dei processi produttivi si suole distinguere la produzione a magazzino dalla produzione a commessa e che un qualunque processo produttivo può essere schematizzato secondo un diagramma di flusso (o schema di procedimento) che interconnette un insieme di magazzini per il tramite di operatori di trasformazione.

 

Definizione degli obiettivi specifici e definizione dei piani realizzativi

Quanto alla definizione degli obiettivi e alla definizione dei piani realizzativi il manager della produzione deve tenere presente l’obiettivo/vincolo principale dato dall’accoppiata composta da risposta adeguata alle esigenze del mercato (qualità termini di consegna, prezzi) e da realizzazione dell’equilibrio economico-finanziario dell’intero processo. A tale scopo il responsabile della produzione si occupa:

  • a livello strategico, di:
  • definizione dei prodotti;
  • tipo ampiezza e localizzazione dei processi;
  • tecnologie da migliorare e nuove tecnologie da acquisire e rendere operative;
  • sviluppo di nuove capacità produttive;

 

  • a livello tattico, di:
  • scelta dei modi di produzione
  • realizzazione dei processi
  • acquisizione delle risorse e loro efficiente utilizzo;
  • a livello operativo di breve termine, di:
  • mezzi necessari alle reali esigenze per l’immediato futuro (spostamenti di manodopera, riduzioni dell’orario di lavoro, ferie anticipate, ricorsi a straordinario e a lavorazioni esterne non programmate anticipazione o posticipazione di lavorazioni, decisioni di ritardi di consegne o annullamento di ordini);
  • produzioni da svolgere e loro tempificazione
  • livelli delle scorte e termini di consegna

 

Guida e coordinamento dell’impiego delle risorse

 

Per sua natura l’attività di guida e coordinamento delle risorse ha risvolti a carattere quasi esclusivamente operativo di breve termine e su questi concentreremo l’attenzione:

a livello tattico  e operativo l’attività consiste nell’assegnazione e distribuzione del lavoro ai reparti, agli impianti e alle macchine o centri di lavorazione e nella predisposizione degli ordini di acquisto e lavorazione.

Nell’ordine di lavorazione sono indicate:

  • le quantità da fabbricare;
  • il  ciclo di lavorazione;
  •  le attrezzature e i tempi previsti per le lavorazioni;
  • le date di consegna.

Oltre agli ordini  di lavorazione, il servizio programmazione distribuisce ai capi reparto una documentazione (in particolare per le  lavorazioni  a commessa) costituita da:

  • disegni ed eventuali istruzioni di montaggio, collaudo ecc. ; buoni di prelievo del materiale dal magazzino;
  • bolle di lavorazione (da distribuire tramite i capi reparto, ai singoli operai) contenenti la descrizione delle operazioni da eseguire e i relativi tempi di lavorazione (su di esse dovranno poi essere registrati a consuntivo i tempi effettivamente impiegati nelle lavorazioni);
  • i buoni di accompagnamento dei pezzi in lavorazione;
  • i buoni di versamento o restituzione al magazzino.

Tale documentazione è funzionale anche per e attività di controllo descritte più avanti.

Nel seguito sono indicati alcuni termini d’uso frequente nei testi anglosassoni dedicati alle fasi della produzione:

  • scheduling
  • routing
  • sequencing
  • dispatching.

In un’azienda che produce per il magazzino la produzione viene realizzata partendo dal piano di breve annuale su base previsionale. In un’azienda che lavora per commessa la produzione viene effettuata sulla base degli ordinativi ricevuti dai clienti che sono raggruppati in lotti di lavorazione (o commesse di lavorazione, che è un concetto diverso da quello delle commesse di fornitura). Per ogni  commessa sono riportati i seguenti dati essenziali:

  • dati identificativi degli ordini (dei clienti o del servizio di produzione);
  • caratteristiche dei prodotti da fabbricare (corredate eventualmente da disegni);
  • quantità da produrre e data di consegna.

Nella maggior parte dei casi il prodotto finito è costituito dall’assemblaggio di iun insieme di componenti. Tali componenti possono essere :

  • fabbricati all’interno dello stabilimento;
  • acquistati a catalogo da fornitori generici (se si tratta di componenti standard detti anche commodity) o da subfornitori specifici se trattasi di componenti o lavorazioni speciali).

Per ottenere la realizzazione del prodotto finito nei tempi pianificati occorre perciò programmare l’acquisto o la produzione interna dei componenti in modo che siano disponibili tempestivamente.

Dalla compilazione del programma operativo di produzione (sia l’assemblaggio che la quota di produzione di componenti che si è deciso di realizzare direttamente) e dal confronto fra i carichi di lavoro da esso indotti e le capacità disponibili può eventualmente emergere la necessità di:

  • ricorrere a lavorazioni esterne;
  • ricorrere a ore straordinarie di lavorazione;
  • migliorare la produttività di alcune macchine o reparti;
  • preavvisare i clienti rispetto a tempi di consegna realistici.

In ogni caso, qualunque sia la tipologia produttiva e la dimensione dell’impresa, la programmazione operativa della produzione deve predisporre le azioni necessarie alla migliore utilizzazione delle risorse con l’obiettivo di far corrispondere le capacità produttive dell’azienda con il raggiungimento degli obiettivi prefissarti e in particolare:

  • garantire l’evasione degli ordini (lavorazione su commessa) o il rifornimento del magazzino (produzione a magazzino) nei tempi stabiliti: ridurre le scorte dei materiali ai livelli minimi compatibili con lo svolgimento delle lavorazioni (scorte di materie prime, semilavorati e prodotti finiti);

 

  • stabilire i lotti economici di produzione e i lotti economici di acquisto;
  • conseguire una buona ripartizione dei carichi di lavoro degli impianti, delle macchine e della manodopera per ottenere il loro massimo grado di saturazione e quindi di rendimento.

 

Controllo dei risultati e attuazione degli  interventi correttivi

 

Le attività di controllo dei risultati e di attuazione degli interventi correttivi sostanziano la regolazione del sistema. Si individuano diversi parametri di controllo:

  • per la gestione di lungo periodo:
  • indici di rotazione degli ordini;
  • arretrato ordini inevasi;
  • indice di rotazione delle scorte;
  • indici di produttività;
  • indice di redditività;

 

2.3 a livello di medio breve termine:

  • situazione ordini e centri di lavoro;
  • rilevazione costi
  • rilevazione scarti.

All’interno delle attività di controllo riveste particolare importanza il controllo dell’avanzamento della produzione, indispensabile in particolare per informare tempestivamente il servizio commerciale ai fini del rapporto con il cliente e per tenere conto nella revisione dei piani di ciò che è stato effettivamente realizzato. Tra le modalità di controllo dell’avanzamento della produzione ricordiamo:

  • nel caso di lavorazioni a ciclo continuo, il controllo giornaliero dell’ultima fase o ance delle principali fasi intermedie del ciclo;
  • le bolle di lavorazione di ciascun centro di lavorazione (o fase di lavorazione) compilate a consuntivo.

Sistemi e tecniche di controllo della produzione

Il JIT

V. SOSTITUZIONE IMPIANTI   TECNOLOGIA     INNOVAZIONE TECNOLOGICA

 

OTTIMO PER IL CONSUMATORE

 

V. PANIERE OTTIMALE DEL CONSUMATORE

 

OTTIMO DELLA PRODUZIONE

 

Esaminando nel piano x, y gli isoquanti di produzione e la retta di isocosto si possono individuare una molteplicità di punti di intersezione che identificano le diverse combinazioni di fattori produttivi x e y compatibili con la disponibilità complessiva del produttore.


I punti al di sopra della retta di isocosto non sono accessibili al produttore. Il livello massimo di utilità accessibile al consumatore è quello indicato dall’isoquanto tangente alla retta di isocosto. Le coordinate x e y del punto di tangenza rappresentano il mix di fattori ottimale per il  produttore, cioè la combinazione di fattori produttivi che massimizza la produzione da parte del  produttore compatibilmente con le sue risorse R .

Analiticamente:

Nel piano x, y

 

Gli isoquanti di produzione rappresentano le sezioni della superficie della funzione di produzione con un piano L = k (parallelo al piano x, y) al variare del valore della costante k;  nel piano x, y sono descritti, al variare del livello di produzione L, dalla famiglia di curve    
y  =  yL (x)                             (1)

La retta di isocosto  è rappresentata nel piano x, y dalla retta:   y  =  R  / py   -   px / py .  x      (2)
dove R rappresenta il livello di spesa che il produttore intende destinare alla propria produzione.

la condizione di tangenza fa sì che il punto di ottimo sia caratterizzato dall’eguaglianza tra la pendenza della retta di isoscosto  (– px / py ) e la tangente all’isoquanto; vale a dire

                                          – px / py   =   d y/ d x                                                                   (3)

ne risulta un sistema di tre equazioni nelle tre incognite  x, y, L.

L’equazione  (3) può interpretarsi nel senso che il tasso marginale di sostituzione tecnica (cioè  dyL  / dx) in quanto rappresenta il rapporto tra variazioni infinitesime delle quantità dei due fattori calcolato lungo l’isoquanto e, pertanto, con effetto nullo sul livello di produzione per cui si può  parlare di sostituzione)  è uguale, in condizioni di ottimo, al rapporto tra i prezzi dei fattori (a parte il segno).

In altre parole, la condizione di ottimo è pertanto, in base alla (3) quella per cui il tasso marginale di trasformazione dei fattori è uguale al tasso marginale di sostituzione tecnica.

 

Nello spazio tridimensionale x, y, L:

la determinazione del punto di ottimo è la soluzione del problema del massimo della funzione di produzione   L = L  (x, y) con il vincolo dell’equazione che esprime la retta di isocosto;

utilizzando i moltiplicatori di Lagrange si può passare al problema di massimo senza vincoli della funzione   G(x, y)   =  L (x, y)  +  l (  px  x +  py .  y – R  ) (abbiamo sommato alla funzione da massimizzare la forma implicita dell’equazione del vincolo moltiplicata per un fattore incognito l  ); ne segue:

 

¶ G /  ¶ x  =  ¶ L /  x – l . px

G /  y  =  L /   y – l . py

G /   l  =   x  . p+   y  . p -   R

ovvero:    x  . p+   y  . p -   R =  0      

L / x : px   =   L / y : py

E’ immediato notare che le derivate sopra riportate rappresentano il prodotto marginale rispetto all’impiego di ciascuno dei fattori. In questo linguaggio la condizione di ottimo si può esprimere dicendo che corrisponde a una situazione nella quale il rapporto tra i prodotti marginali è uguale al rapporto tra i prezzi dei fattori, cioè in cui l’effetto risultante dalla variazione unitaria di un fattore rapportato all’effetto di una variazione unitaria dell’altro fattore è uguale al rapporto tra i prezzi dei fattori stessi.  Ne deriva che essendo entrambi uguali al rapporto dei prezzi dei fattori, sono tra loro uguali il tasso marginale di sostituzione tecnica e il rapporto tra i prodotti marginali:

d y/ d x     = L / x   :   L /  y                                      

 

Ripetendo la determinazione del punto di ottimo al variare del livello di spesa R (cioè al variare della retta di isocosto, ferma rimanendo la sua pendenza) è possibile, ottenere dagli isoquanti di produzione un legame tra livello di spesa e livello di produzione. 

Il legame è espresso dai punti di tangenza in tal modo ottenuti, come mostrato in figura.  La curva descritta nel piano x , y  al variare del livello di spesa R è denominata sentiero di espansione, o eutopica , e rappresenta per ciascun livello di spesa R, la migliore combinazione dei fattori possibile (il punto sul piano x, y ) e il corrispondente livello massimo di produzione possibile  L (il valore che si legge sulle linee di livello, cioè sugli isoquanti).

Dal punto di vista analitico, se nel sistema di tre equazioni, si considera come incognita anche R (quindi  una  quarta  incognita  rispetto  a  x, y  ed L,  allora  la  soluzione sarà espressa  da una funzione del tipo  L = L ( R ) . In altri termini si tratta di risovere l’equazione
L / x : px   =   L / y : py

Vedi anche COBB DOUGLAS (funzione di)

Vedi anche: ISOQUANTI DI PRODUZIONE   RETTA DI ISOCOSTO  EUTOPICA
                    RENDIMENTO DI SCALA

 

OUTSOURCING

 

Scelta di far svolgere certe attività necessarie all’azienda, non da dipendenti dell’azienda stessa, ma da una ditta esterna; spesso la ditta esterna è il risultato di un’azione di scorporo. Si applica tipicamente all’organizzazione della produzione e rientra nell’alternativa generale make or buy.

Tipico esempio può essere una lavorazione specialistica: la rettifica dei pistoni presso un’officina di autoriparazioni non particolarmente attrezzata può essere utilmente commissionata all’esterno.

Tra i parametri di valutazione dell’opportunità dell’outsourcing possiamo ricordare, oltre ovviamente ai prezzi unitari da sostenere per il servizio esterno:

  • la frequenza di quel tipo di prestazione;
  • i costi di investimento da sostenere per acquisire l’apparecchiatura necessaria;
  • la criticità della lavorazione in discussione rispetto ai prodotti caratterizzanti la nostra azienda.

Tra i vantaggi del trasferimento della lavorazione all’esterno va considerato quello dell’eventuale  trasformazione di costi fissi in costi variabili ( che è un benefico se non si ha certezza di attività o comunque volumi incerti) e in generale una prevedibile maggiore efficienza connessa con la specializzazione produttiva (l’impresa committente non si disperde troppo, l’impresa che riceve la commessa può specializzarsi nelle lavorazioni che le vengono commissionate)

Effetto sul bilancio. dell’eventuale  trasformazione di costi fissi in costi variabili

L’opportunità che un’impresa mantenga il controllo delle proprie “core enabling technologies”.

P

 

PAGAMENTO

Trasferimento di danaro come elemento di una transazione economica. Tipico il caso di un acquisto caratterizzato dal trasferimento di un bene e dal trasferimento di una somma che è l’esborso dell’acquirente e il ricavo del venditore

 

PAGHERO’

Promessa di pagamento incondizionata assunto dal sottoscrittore di pagare una certa somma, a una data scadenza in un dato luogo, a un dato soggetto beneficiario .

v. CAMBIALE

 

PANIERE DI BENI

Quando sul mercato sono presenti due o più beni si chiama paniere il mix (quantità del primo e quantità del secondo bene) scelto da un consumatore come quello che (in conseguenza delle sue preferenze) massimizza la sua utilità (problema del paniere ottimale del consumatore).

Con lo stesso termine paniere si indica il mix di beni usato come indicatore convenzionale della dinamica dei prezzi (per il calcolo dell’inflazione);. E’ delicata la scelta del paniere ai fini della sua effettiva rappresentatività; in alcune situazioni le autorità sono orientate a scegliere un paniere di beni che mostri una contenuta dinamica dei prezzi, anche a costo di perdere in rappresentatività. Si parlava un tempo di “ciriolina e sigarette alfa” per indicare due beni, entrambi di bassa qualità e di basso livello di consumo. I cui prezzi venivano tenuti artificialmente bassi e soprattutto stabili (tanto nessuno li comprava) in modo che inserendoli nel paniere convenzionale per il calcolo dell’inflazione questa risultava contenuta.

Vedi INDICI DEL COSTO DELLA VITA.

 

PANIERE DI OTTIMO DEL CONSUMATORE

Il paniere ottimo di mercato (quello che rende massima l’utilità del consumatore rispettando i vincoli) o paniere ottimale del consumatore è quello per cui il reddito del consumatore è allocato per i vari beni in modo che per ogni bene acquistato l’utilità marginale UM del bene stesso è proporzionale al suo prezzo P:

UM1  /  P1  =   UM2 /  P2   =  UMn  /  Pn ; tenendo conto del significato del prezzo, risulta equivalente l’affermazione che il consumatore sceglierà un paniere tale che l’utilità marginale dell’ultima unità monetaria spesa per l’acquisto di ciascun bene sia la stessa al variare del bene.

La dimostrazione di questa affermazione è agevole se si riflette sulle conseguenze di scelte diverse: supponiamo di avere due soli beni, cibo e medicinali e che l’unità monetaria sia il dollaro; il consumatore non massimizza la propria utilità se l’utilità marginale dell’ultimo dollaro speso per l’acquisto di cibo è superiore a quella dell’ultimo dollaro speso per l’acquisto di medicinali: in questo caso è meglio continui a trasferire risorse a favore del cibo. Il ragionamento può essere ripetuto scambiando fra loro i due beni.

Vedi anche paniere ottimale dalle curve di indifferenza


A seconda dello stile di direzione dell’azienda il responsabile della produzione sarà più o meno “filtrato” dal responsabile generale nei rapporti con l’ambiente esterno.

Sono descritte nel seguito un complesso di funzioni che nelle aziende medio-grandi sono svolte da più individui: infatti sono separate le responsabilità strategiche da quelle operative. Le funzioni tipiche del manager operativo di un’impresa non comprendono la fissazione degli obiettivi strategici dell’impresa che compete invece al livello di responsabilità superiore.

E’ la famosa scelta “make or buy” ed eventualmente di outsourcing

Il titolo è trasferibile quindi il beneficiario può indicare un altro beneficiario in sua vece.

 

 

PANIERE OTTIMALE DEL CONSUMATORE DALLE CURVE DI INDIFFERENZA

Esaminando nel piano x, y (le quantità dei due beni) le curve di indifferenza e la retta di bilancio se si adottano una serie di opportune ipotesi:

  • il reddito viene ripartito dal consumatore tra i due soli beni e tutto il reddito del consumatore viene speso per i due beni (non si ha credito da parte del produttore né risparmio)
  • le quantità dei due beni sono divisibili in unità infinitamente piccole
  • il livello di reddito del consumatore non influisce sui suoi gusti

 
si possono individuare una molteplicità di punti di intersezione che identificano le diverse combinazioni di beni x e y compatibili con la disponibilità complessiva del consumatore.

I punti al di sopra della retta di bilancio non sono accessibili al consumatore. Il livello massimo di utilità accessibile al consumatore è quello indicato dalla curva di indifferenza tangente alla retta di bilancio. Le coordinate x e y del punto di tangenza rappresentano il paniere ottimale del consumatore, cioè la combinazione di beni che massimizza l’utilità del consumatore compatibilmente con le sue disponibilità  I.

Analiticamente:

Nel piano x, y

 

le curve di indifferenza rappresentano le sezioni della superficie dell’utilità con un piano u = k (parallelo al piano x, y) al variare del valore della costante k;  nel piano x, y sono descritte, al variare del livello di utilità u, dalla famiglia di curve              y  =  yu (x)                             (1)

la retta di bilancio è rappresentata nel piano x, y dalla retta:   y  =  I  / py   -   px / py .  y      (2)

la condizione di tangenza fa sì che il punto di ottimo sia caratterizzato dall’eguaglianza tra la pendenza della retta di bilancio (– px / py ) e la tangente alla curva di indifferenza; vale a dire

                                           – px / py   =   dyu / dx                                                                   (3)

ne risulta un sistema di tre equazioni nelle tre incognite  x, y, u.

La condizione di ottimo è pertanto, in base alla (3) quella per cui il tasso marginale di trasformazione dei beni è uguale al tasso marginale di sostituzione.

Se salgono i prezzi di entrambi i beni, a parità di reddito del consumatore la retta di bilancio trasla parallela a sè stessa sul piano delle curve di indifferenza e quindi il risultato è esattamente lo stesso di una corrispondente diminuzione di reddito.

Nello spazio tridimensionale x, y, u:

 

la determinazione del punto di ottimo è la soluzione del problema del massimo della funzione utilità   u = u (x, y) con il vincolo dell’equazione che esprime la retta di bilancio;

utilizzando i moltiplicatori di Lagrange si può passare al problema di massimo senza vincoli della funzione   G (x, y)   =  u (x, y)  +  l (  px  x +  py .  y – I  ) (abbiamo sommato alla funzione da massimizzare la forma implicita dell’equazione del vincolo moltiplicata per un fattore incognito l  ); ne segue:

 

¶ G /   x  =   u /  x – l . px

G /    y  =  u / y – l . py

¶ G /  l  =   x  . px  +   y  . py   -   I

ovvero:    x  . px  +   y  . py   -   I =  0         ¶ u / ¶ x : px   =   ¶ u / ¶ y : py

E’ immediato notare che le derivate sopra riportate rappresentano l’utilità marginale rispetto alla disponibilità di ciascuno dei beni. In questo linguaggio la condizione di ottimo si può esprimere dicendo che corrisponde a una situazione nella quale il rapporto tra le utilità marginali è uguale al rapporto tra i prezzi, cioè in cui il rapporto tra l’effetto risultante dalla variazione unitaria della disponibilità di un bene e l’effetto di una variazione unitaria della disponibilità dell’altro bene è uguale al rapporto tra i prezzi dei beni stessi:

u / x : u /  y  = px  : py

Alla stessa conclusione si era arrivati con il ragionamento esposto alla voce PANIERE DI OTTIMO DEL CONSUMATORE

 

E’ possibile dimostrare l’equivalenza delle equazioni qui ricavate con quelle ottenute a partire dalle curve di indifferenza. Infatti:

. px  +   y  . py   -   I =  0   non è altro che l’equazione della retta di bilancio;

dalla ¶ u / ¶ x : ¶ u /  y  = px  : py   si ricava dy / dx = - px  /  py  semplicemente osservando che essendo  y = y(x) l’equazione della curva di indifferenza  sarà, per definizione, du = 0  lungo la curva di indifferenza se indichiamo con  du il differenziale totale della funzione di utilità; allora:
du   =  u / x . dx   + u /  y . dy = 0 quindi u / x : u /  y  =  - dy   / dx.

In definitiva, poiché  ¶ u / ¶ x : ¶ u /  y  =  px  : py   risulterà   dy  / dx = -   px  / py  formula già ricavata con l’approccio delle curve di indifferenza.

E’ immediato immaginare come formulare il problema duale nel senso che la determinazione del punto di ottimo è la soluzione del problema del minimo della funzione che espime la retta di bilancio con il vincolo della funzione che esprime  l’utilità   u = u (x, y) .

Anche in questo caso, utilizzando i moltiplicatori di Lagrange si può passare al problema di minimo senza vincoli della funzione   M (x, y)   =  I (x, y) +  m  h (x, y, u )  ottenuta sommando alla funzione da minimizzare I (x, y) la forma implicita dell’equazione del vincolo moltiplicata per un fattore incognito m );  si osservi che  h (x, y, u ) = 0 è l’equazione implicita equivalente a  u = u (x, y).

Il procedimento è del tutto equivalente a quello già visto e porta a:

u / x : u /  y  = px  : py

h (x, y, u ) = 0

 

Le considerazioni esposte in questa voce vanno anche sotto il nome di “determinazione dell’equilibrio del consumatore”.

Vedi anche:
CURVE DI INDIFFERENZA   RETTA DI BILANCIO   PANIERE OTTIMALE DEL CONSUMATORE
PANIERE     CURVA DELLA DOMANDA    CURVA REDDITO CONSUMO
CURVA DI ENGEL

 

PARTECIPAZIONE

Presenza nella proprietà di una società attraverso la detenzione di una quota del capitale sociale. Se trattasi di società per azioni la presenza si realizza attraverso il possesso di azioni.

 

PASSIVITA’

Le passività sono una componente essenziale dello Stato Patrimoniale di un’azienda che descrive la provenienza delle risorse di cui questa dispone per destinarle agli impieghi, cioè alle sue attività.

Le passività sono descritte in un’apposita colonna dello Stato Patrimoniale e comprendono le passività fisse (o permanenti) e le passività correnti (o a breve), le cui ulteriori suddivisioni sono esposte alla voce Stato patrimoniale sintetico.

 

PASSIVITA’ A BREVE

Sinonimo di debito a breve termine quale risulta tra le passività correnti dello Stato patrimoniale riclassificato.

 

PASSIVITA’ FISSE

Sono definite dalla somma del capitale proprio e del passivo consolidato in contrapposizione con le passività correnti (passività a breve).

 

PASSIVO CONSOLIDATO

Sinonimo di debito a medio lungo termine quale risulta tra le passività fisse delloStato patrimoniale riclassificato.

 

PATRIMONIO

Dal punto di vista giuridico si definisce patrimonio l’insieme dei rapporti giuridici attivi e passivi relativi a un soggetto economico (i beni che possiede, i crediti che vanta, i debiti che gli altri vantano nei suoi confronti ecc.). In questo caso insieme è inteso sostanzialmente come somma algebrica e quindi il risultato che si ottiene è il saldo (o valore netto).

Dal punto di vista economico si definisce patrimonio l’entità dei beni economici di cui l’impresa dispone, sostanzialmente quindi l’entità dell’attivo dello stato patrimoniale.  Va però tenuto presente che l’impresa ha anche dei vincoli per esempio i debiti ai quali deve far fronte con il proprio patrimonio.

Enunciate queste definizioni di carattere generale, va però tenuto presente che in contabilità si usano termini tecnici dal significato ben preciso: uno di questi è patrimonio netto.

 

PATRIMONIO NETTO

Si definisce in contabilità patrimonio netto le somme, messe a disposizione da parte dei soci sotto varia forma, che sostanziano l’impresa e ne seguono i destini. Queste risorse sono denominate capitale proprio in contrapposizione con il capitale di debito costituto dalle risorse provenienti da prestiti ricevuti da terzi. Sono anche denominate capitale di rischio perché, se l’impresa perde, il capitale di rischio viene corrispondentemente a ridursi per compensare le perdite. Se il capitale di rischio scende al disotto di un certo livello l’impresa deve chiudere le sue attività (liquidazione o fallimento).

Il patrimonio netto è una voce ufficiale dello Stato patrimoniale nel bilancio riclassificato; rappresenta il valore dei mezzi propri a disposizione dell’impresa ed è composto come segue:

A) Patrimonio netto:
I - Capitale.
II - Riserva da sopraprezzo delle azioni.
III - Riserve di rivalutazione.
IV - Riserva legale.
V - Riserva per azioni proprie in portafoglio.
VI - Riserve statutarie.
VII - Altre riserve, distintamente indicate.
VIII - Utili (perdite) portati a nuovo.
IX - Utile (perdita) dell' esercizio.
Totale.

L’ordine riflette il livello di disponibilità partendo dalla componente più vincolata che è il capitale sociale.

Il capitale sociale è il capitale sottoscritto dai soci o dal singolo imprenditore in sede di costituzione dell’impresa o di aumento di capitale.

Le riserve sono risorse destinate a fronteggiare eventi imprevisti lasciando un margine di scelta sulla loro destinazione finale.

Gli utili (perdite) portati a nuovo sono quelli relativi agli esercizi precedenti.

L’utile (perdita) dell' esercizio appena concluso, quale risulta dal conto economico.

Va sottolineato che le società di capitale rispondono agli obblighi sociali solo attraverso il proprio patrimonio, senza che i creditori posano rifarsi sul patrimonio personale dei soci.

 

PATTO DI SINDACATO

Accordo tra soci nella gestione della società. Vedi MAGGIORANZA

 

PAY-OUT

Termine del gergo economico internazionale sinonimo di dividendo.

Si usa introdurre un indice, denominato pay-out ratio e definito come il rapporto tra l’entità dei dividendi distribuiti e il valore degli utili netti d’esercizio.

 

PERDITA

Risultato negativo della gestione aziendale dato dalla differenza fra ricavi e costi quando lei costi siano maggiori dei ricavi (cioè quando non c’è profitto, anzi al contrario).

 

PERIODO (o TERMINE)

Arco temprale considerato nell’analisi dei parametri più significativi di un’impresa.

Con riferimento alla tecnologia:

  • breve periodo è l’arco temporale durante il quale alcuni fattori produttivi debbono essere considerati fissi (per esempio non è possibile cambiare uno stabilimento in un mese);
  • medio lungo periodo è l’arco temporale lungo il quale tutti i fattori produttivi possono essere sensibilmente modificati.

Analoga definizione si adotta con riferimento ai costi:

  • sono costi fissi quelli che non possono essere variati nel breve periodo;
  • sono costi variabili quelli che possono essere variati durante il breve periodo.

 

PLUSVALENZA

In occasione della vendita sostituzione o eliminazione dei beni strumentali, variazione economica positiva del reddito rappresentata dal maggior valore realizzato rispetto ai loro valori contabili (o valori di libro).  La plusvalenza fa parte della gestione extracaratteristica e va iscritta a bilancio nel conto economico tra i proventi straordinari.

Si considerano plusvalenze anche gli aumenti di valore registrati per titoli od altri elementi patrimoniali, in sede di valutazione del capitale a fine esercizio, rispetto ai valori attribuiti in precedenza.

v. MINUSVALENZA  AMMORTAMENTO

 

POLITICA ECONOMICA

 

La politica economica rappresenta l’aspetto applicativo dell’economia politica e dell’economia in genere e si occupa della scelta degli strumenti appropriati per il raggiungimento di dati obiettivi. Tipico livello di decisione e realizzazione della politica economica è quello degli Stati o della concertazione fra più Stati. Per esempio il vertice dei Paesi industrializzati (G7 o G8). L’Italia appartenendo all’Unione Europea vede collocate al livello dell’Unione molte importanti decisioni di politica economica.

La definizione degli obiettivi (crescita del reddito e dell’occupazione; equilibrio nella bilancia dei pagamenti; stabilità monetaria) è in genere ampiamente condivisa . Si pone la questione della loro compatibilità e della scelta degli strumenti da utilizzare per perseguirli.

Gli aspetti tradizionalmente più significativi di politica economica sono:

  • la politica monetaria;
  • la politica fiscale;
  • la politica industriale;
  • la politica dei redditi.

Più recentemente hanno assunto rilievo temi di natura sociale quali la politica sanitaria, della scuola, dell’ambiente, della ricerca. Analogamente hanno assunto evidenza all’interno della politica industriale le politiche di settore (energia, trasporti, telecomunicazioni, agricoltura ecc.) e le politiche per fattori di sostegno generico ai diversi settori (il credito, i servizi reali alle imprese, ecc.).

Quanto agli strumenti per realizzare una politica economica si veda alla voce intervento pubblico in economia.

 

PREFERENZE DEL CONSUMATORE

Per costruire una teoria del comportamento razionale del consumatore sono necessarie alcune ipotesi:

  • il consumatore posto di fronte a combinazioni alternative di beni (panieri)  può decidere quale paniere preferisce;

 

  • le preferenze del consumatore godono della proprietà transitiva; se il bene A è preferito al bene B e il bene B è preferito al bene C, allora il bene A è preferito al bene C;
  • se un consumatore deve scegliere fra due quantità dello stesso bene, a parità delle altre condizioni, sceglie la quantità maggiore.

 

  • Vedi anche utilità  e reddito monetario

 

PRELIEVO FISCALE

(Vedi ONERI FISCALI)

Azione dello Stato (nelle sue diverse articolazioni) che chiede ai cittadini di versare somme (opportunamente definite) per poter svolgere le proprie funzioni. L’espressione prelievo fiscale ha come riferimento il fisco che riceve mentre l’espressione onere fiscale ha come riferimento il contribuente che versa.

 

PRESTITO

Transazione economica in base alla quale un soggetto rende temporaneamente disponibile a terzi un bene di sua proprietà, a fronte di un corrispettivo da convenire. L’esistenza di un prestito comporta l’insorgere di un credito di colui che presta e di un debito di colui che riceve.

Tipico è il caso del prestito di una somma in denaro a fronte di una remunerazione convenuta denominata interesse.

 

PRESTITO PER LE FAMIGLIE

Il concetto di prestito si applica in particolare alle famiglie per le somme che ricevono in disponibilità temporanea da altri soggetti economici; a fronte dell’uso temporaneo delle somme ricevute in prestito le famiglie corrispondono l’interesse convenuto.

 

PRESTITO PER LE IMPRESE

Reperimento di risorse da utilizzare nell’azienda attraverso la cessione temporanea di una somma da parte di un terzo; trascorso il periodo concordato, il terzo riceverà indietro la somma e l’interesse convenuto. 

L’interesse va a remunerare la messa a disposizione delle risorse e non va confuso con l’eventuale ristoro della svalutazione (compensazione dell’inflazione): infatti anche in assenza di inflazione e quindi anche se la moneta mantiene il proprio valore, colui che presta il denaro avrebbe potuto impiegarlo in modo alternativo traendone un utile: questo mancato utile è compensato dall’interesse percepito. Lo stesso concetto si applica nella definizione del tasso di attualizzazione.

Chi presta il denaro non diventa in alcun modo partecipe dei destini dell’azienda (un prestito non è capitale di rischio) e comunque vada l’azienda stessa riceve alla scadenza quanto convenuto. Per completezza va citato il caso limite di un’azienda che vada talmente male da fallire: in questo caso il creditore rischia di non riavere il proprio denaro indietro o di averne solo una parte; ma questo è lo stesso destino che in caso di fallimento hanno tutti i creditori (fornitori non pagati, dipendenti non integralmente remunerati ecc.)

 

PRESTITO DEL SOCIO

L’impresa che abbia bisogno di prestiti anziché rivolgersi a terzi può chiedere ai soci di mettere a disposizione le necessarie risorse finanziarie, fermo restando che trattasi di prestito e non di capitale di rischio.

Vedi OBBLIGAZIONE

PREZZO

Dal punto di vista del consumatore il prezzo di un bene è la quantità di moneta che questi deve pagare per acquistarne una quantità unitaria (per pezzo, per unità di peso, per unità di volume e simili) .

Dal punto di vista del produttore il prezzo di un bene è la quantità di moneta che si aspetta di ricevere (in questo senso si parla di prezzo progettato o prezzo auspicato dal produttore) per cedere una quantità unitaria del bene stesso.

Si usa dire che il prezzo è il costo unitario; l’espressione è inesatta perché il termine costo si riferisce più propriamente al soggetto produttore (e alla fase di produzione). Il produttore metterà il bene sul mercato a un prezzo da lui deciso che dipenderà dal costo unitario di produzione, ma auspicabilmente per lui, sarà in condizioni normali superiore e comunque concettualmente distinto.

La dizione più corretta potrebbe essere: dal punto di vista del consumatore esborso unitario; dal punto di vista del produttore ricavo unitario. 

Il prezzo che un consumatore è disponibile a pagare dipende non solo dall’unità di misura della quantità venduta , ma anche dalla quantità totale acquistata. E’ esperienza comune che chi compra “all’ingrosso” spende meno di chi compra al minuto e più in generale che chi compra grosse quantità riceve uno sconto (cioè una riduzione di prezzo). Questo fenomeno è descritto dalla curva della domanda.

Analogamente il produttore è disponibile a mettere sul mercato un bene a prezzi diversi a seconda della quantità richiestagli. Questo fenomeno è descritto dalla curva dell'offerta.

V. anche TARIFFA

 

PREZZO DI EQUILIBRIO DOMANDA OFFERTA

Rappresentando nello stesso piano q, p la curva della domanda di un bene e la curva dell’offerta dello stesso bene, il punto di intersezione tra le due curve rappresenta il valore del prezzo per il quale la quantità domandata e la quantità offerta coincidono, determinando quindi un equilibrio del mercato (non c’è né eccedenza né penuria di quel bene).
Si ha invece eccedenza (eccesso di offerta) nella regione del piano al di sopra del punto di equilibrio e penuria (eccesso di domanda) nella regione al di sotto.

S può descrivere schematicamente come si raggiunge il prezzo di equilibrio:

  • in situazione di eccesso di offerta i produttori si fanno concorrenza e spingono i prezzi verso il basso, fino a raggiungere l’equilibrio;
  • in condizione di eccesso di domanda i consumatori entrano in competizione e spingono il prezzo verso l’alto fino a raggiungere l’equilibrio .

L’equilibrio è denominato di breve periodo se si danno per fisse sia la curva della domanda sia la curva  dell’offerta. Nell’ipotesi che la curva di domanda sia più velocemente mutevole di quella dell’offerta, si usa, con una certa approssimazione,  dire che l’equilibrio di breve periodo dipende solo dalla domanda.

Se si sposta la curva della domanda (per esempio perché cambiano i gusti del consumatore) si sposta di conseguenza il punto di equilibrio                                                                                                  1.2.7. a

Essendo aumentata la domanda, il livello di prezzo originario PO dà luogo a una penuria di prodotto che innesca la tendenza ad un aumento del prezzo da parte dei produttori fino a che si raggiunge il nuovo prezzo di equilibrio indicato dal punto PM.

Analogamente, se si sposta la curva dell’offerta si sposta anche il punto di equilibrio.  1.2.7. b

Essendo aumentata l’offerta, il livello di prezzo originario PO dà luogo a un’eccedenza di prodotto che innesca la tendenza ad una diminuzione del prezzo da parte dei produttori fino a che si raggiunge il nuovo prezzo di equilibrio indicato dal punto PM .

Nell’ipotesi che nel lungo periodo si possa modificare l’offerta, si usa dire che l’equilibrio di lungo periodo dipende dall’offerta.

S distinguono tre tipi di equilibrio

  • equilibrio asintoticamente stabile
  • equilibrio neutralmente stabile
  • equilibrio instabile

 

Assumiamo che sia la quantità domandata sia la quantità offerta dipendano linearmente dal prezzo.

Y = quantità offerta = O (P)    

Px  : prezzo al quale corrisponde l’offerta Y

Py  : prezzo al quale viene domandata la quantità Y

 

Py

 

Y

 

Px

  


 

D

 

O

  

 

 

 


Y   =  Oo  +  A . Px
Py  = Pyo   - B. Y

Noto Px  (il prezzo al quale corrisponde l’offerta Y) si può determinare la quantità offerta Y dalla quale a sua volta si determina il prezzo Py al quale viene domandata detta quantità Y

d Y =  A . d Px

d Py = - B . d Y =  - A . B . d Px 

|A.B| < 1 la perturbazione iniziale tende ad essere annullata: il sistema è stabile

|A.B| = 1 il sistema oscilla intorno al prezzo di equilibrio

|A.B| > 1 il sistema tende ad allontanarsi dalla posizione di equilibrio

 

La condizione può essere espressa attraverso le elasticità ho e hd dell’offerta e della domanda rispettivamente:

ho  =   d Y / d Px  . Px  / Y    =   A . Px  / Y

 hd  = - d Y / d Py  . Py  / Y    =   1 / B  .  Py  / Y

poiché all’equilibrio  Px  =  Py    ne segue    A.B  =   ho  / hd 


Quando la curva della domanda forma con la parallela all’asse delle x un angolo maggiore di quello formato dalla curva dell’offerta l’equilibrio è asintoticamente stabile. Ciò significa che una data variazione di prezzo modifica più sensibilmente la domanda che l’offerta: c’è una scarsa affezione all’acquisto e il sistema converge.


Quando la curva della domanda forma con la parallela all’asse delle x un angolo minore di quello formato dalla curva dell’offerta l’equilibrio è instabile. Ciò significa che una data variazione di prezzo modifica meno sensibilmente la domanda che l’offerta: c’è una notevole affezione all’acquisto e il sistema diverge.

 

Le considerazioni sopra esposte per un singolo consumatore e un singolo produttore sono facilmente generalizzabili al caso di una molteplicità di consumatori e una molteplicità di produttori. Si usa il termine domanda aggregata e produzione aggregata. Anche in questo caso l’unica condizione di equilibrio possibile è quella in cui tutta la quantità prodotta è anche consumata.  Se la produzione fosse eccedentaria le aziende accumulerebbero scorte e non massimizzerebbero il profitto.

Il punto di equilibrio è individuato dall’intersezione fra le curve della domanda e quella dell’offerta Se il prezzo fosse superiore a quello dell’intersezione le aziende tenderebbero altresì a praticare un prezzo più basso pur di vendere tutta la produzione. Se il prezzo fosse inferiore, la quantità offerta sarebbe inferiore a quella domandata ed entrerebbe in funzione il processo di competizione tra consumatori che per massimizzare la propria utilità tenderebbero ad acquistare a prezzi più alti spingendo il prezzo verso il valore dell’intersezione.

 

PREZZO DI MERCATO                                                                                                              1.2.6

Quanto i compratori sono disposti a pagare in un determinato momento e quindi quanto i venditori accettano di ricevere, se la vendita ha effettivamente luogo (in altre parole è il prezzo delle transazioni che avvengono sul libero mercato). In condizioni normali (cioè a parte i transitori) il prezzo di mercato coincide con il prezzo effettivo.

 

1

  


PREZZO EFFETTIVO                                                                                                                1.2.6

Il prezzo effettivo è il prezzo al quale una transazione è effettivamente compiuta. Il prezzo effettivo tende a quello di equilibrio. Infatti, se il prezzo fosse artificialmente tenuto tropo alto, l’eccesso di offerta determinerebbe tendenze al ribasso del prezzo; al contrario, se il prezzo fosse artificialmente tenuto basso, l’eccesso di offerta determinerebbe tendenze al rialzo del prezzo.

L’aggiustamento del prezzo effettivo a quello d’equilibrio non è istantaneo, in quanto dipende dalla dinamica del mercato (in particolare dal volume degli scambi). A volte il prezzo effettivo non riesce ad eguagliare quello di equilibrio perché quest’ultimo cambia durante l’aggiustamento.

Particolare è l’uso del termine prezzo effettivo nel mercato borsistico: è il prezzo a cui effettivamente avviene la transazione, distinguendo rispetto al prezzo richiesto (o offerto).

Importante la precisazione “da parte del produttore” perché la retta di spesa è tracciata con riferimento al reddito complessivo disponibile (o reddito monetario) del consumatore che comprende tutte le sue disponibilità, derivanti sia dal reddito in senso stretto, sia dall’eventuale credito procuratosi per conto proprio.

Basta ricordare che l’intercetta sull’asse delle x e sull’asse delle y sono rispettivamente I / px  e I / py dove I  è il livello di reddito del consumatore e px ,  py sono i prezzi dei due beni.

In inglese liability.

In casi  particolari il prezzo può apparire indipendente dalla quantità acquistata, per esempio nel caso dei ristoranti dove si può ordinare tutto quello che si riesce a mangiare. In realtà anche in questo caso il prezzo è riferito alla quantità che una persona riesce a mangiare in un solo pasto.

E’ evidente che il prezzo al quintale è espresso da un numero diverso da quello che esprime il prezzo al chilogrammo.

 

PREZZO MASSIMO IMPOSTO                                                                                1.2.8. b

 

In condizioni particolari l’autorità politica può intervenire a fissare un prezzo massimo per difendere esigenze del consumatore; è questo il caso del cosiddetto equo canone imposto sul mercato degli affitti.

Perché sia efficace il prezzo massimo deve ovviamente essere inferiore al prezzo di equilibrio.

La fissazione di un prezzo massimo determina una scarsità di offerta sul mercato (la quantità offerta è inferiore alla quantità domandata); nell’esempio, si ha una penuria di alloggi disponibili per l’affitto.

L’autorità politica può correggere lo squilibrio facilitando la disponibilità di alloggi o attraverso l’agevolazione alla costruzione di nuove abitazioni (per esempio costruendo nuovi edifici con fondi pubblici, o abbattendo l’IVA sulle costruzioni, o mettendo a disposizione mutui agevolati per chi voglia costruire nuove case), o attraverso agevolazioni che favoriscano la disponibilità per l’affitto di alloggi esistenti (per esempio aumentando le imposte a chi abbia una casa sfitta, o riducendo l’imposta sul reddito derivante dall’affitto).

 

PREZZO MINIMO IMPOSTO                                                                                                   1.2.8. a

In condizioni particolari l’autorità politica può intervenire a fissare un prezzo minimo per difendere esigenze del produttore delle quali il mercato non terrebbe conto automaticamente; è questo il caso dei prezzi agricoli.

Perché sia efficace, il prezzo minimo deve ovviamente essere superiore al prezzo di equilibrio. La fissazione di un prezzo minimo determina un’eccedenza di offerta sul mercato (la quantità offerta è superiore alla quantità domandata); nell’esempio, si hanno derrate alimentari che il mercato non ritira.

L’autorità politica può correggere lo squilibrio ritirando i prodotti in eccedenza, per esempio per farne oggetto di dono (eventualmente previa trasformazione) a paesi che soffrono di carenze alimentari. Debbono comunque essere quelli pubblici interventi che ritirano il bene dal mercato, altrimenti il prezzo crolla di nuovo. Altro meccanismo per contenere le eccedenze, sempre nel caso di prezzi minimi imposti, è quello di fissare quote massime di produzione per ciascun produttore (come nel caso delle quote latte).  E’ evidente che tutti questi meccanismi possono dar luogo ad abusi: la terapia vera è remunerare i produttori, in questo caso i contadini, sulla base di una valorizzazione dell’apporto economico e/o sociale da essi dato (per esempio la difesa del territorio, l’agriturismo, la protezione dell’ambiente) attraverso forme simili alla internalizzazione delle diseconomie esterne (v. ESTERNALITA’)

 

PRICE CAP

Metodo di determinazione dei prezzi (o più precisamente delle tariffe) che ha l’obiettivo di mettere un “cappello” (cioè un limite) sulla testa dei prezzi. Non sarebbe necessario un meccanismo di questo tipo se fosse operante un mercato di vera libera concorrenza (liberalizzazione completata). Il meccanismo consente alle public utility , cioè all’esercente un servizio pubblico di aumentare le tariffe in correlazione con l’inflazione sui beni di consumo, ma dedotta una quota di aumento minimo della produttività fissata dall’autorità pubblica competente.

Dall’adozione del meccanismo del price cap ci si attendono due benefici: aumento delle tariffe meno dell’inflazione e quindi rallentamento della stessa; stimolo alle imprese perché aumentino la produttività più del minimo richiesto. Perché il metodo sia efficace occorrono alcune condizioni: vanno imposti e controllati standard minimi garantiti di qualità del servizio prestato altrimenti i prezzi sono frenati, ma a scapito della qualità; vanno posti limiti alla situazione di bilancio altrimenti, specie se siamo di fronte ad operatori pubblici, le inefficienze sono coperte dall’erogazione di risorse da parte dell’azionista pubblico.

 

PRINCIPI CONTABILI

v. CONTABILITA’

 

PRIVATIZZAZIONE

Cessione a privati di quote azionarie (totali o parziali, di maggioranza o meno) di società possedute da soggetti pubblici in particolare quelle operanti nel settore dei servizi pubblici.  Da non confondere con liberalizzazione che è invece l’apertura dei mercati, in particolare nei servizi pubblici per consentire la libera concorrenza.

La privatizzazione si pone in linea di principio tre classi di obiettivi:

  • fare cassa per il bilancio dello Stato tipicamente allo scopo di ridurre il debito pubblico; in Italia una legge vincola a tale obiettivo i proventi delle privatizzazioni;
  • aumentare l’efficienza nella convinzione che l’operatore privato in quanto determinato a fare profitto organizzi i fattori della produzione in modo più efficace e con minori vincoli (normative sugli approvvigionamenti, rapporti sindacali);
  • dinamicizzare ed espandere il mercato attraverso la presenza di più operatori che lo promuovono.

Sul piano più strettamente politico le privatizzazioni si pongono inoltre l’obiettivo di sottrarre segmenti di potere alla sfera di decisione di soggetti più o meno istituzionali e più o meno di natura partitica.

Sarebbe errata una privatizzazione “in blocco” non preceduta da liberalizzazione che si risolvesse in una trasformazione di un preesistente monopolio pubblico in un monopolio privato.

L’ingresso dei privati nelle aziende operanti nei servizi pubblici da privatizzare ouò avvenire in particolare in due modi: la cessione ai privati di una parte del pacchetto azionario

Nell’attuale fase di privatizzazione, lo Stato all’atto della vendita ai privati può decidere di riservarsi la golden share, cioè particolari poteri assegnati alle azioni che restano di proprietà dello Stato.

Attualità

Alla data del 30 maggio 2002 le più importanti residue presenze dello Stato sono:

Comparto produttivo

Presenza  (%)

Energia

 

ENEL

67,25

ENI

30,33

Gestore Rete di Trasmissione Nazionale

100

Società Gestione Impianti Nucleari

100

Trasporti

 

Alitalia

53,01

Ferrovie dello Stato

100

ENAV

100

Industria e servizi

 

Finmeccanica

32,4

Poste

 

Ente Tabacchi Italiani

100

Telecom

3,24

 

PROCEDURE CONTABILI

 

v. CONTABILITA’

 

PROCESSI E FLUSSI PRODUTTIVI

Produzione a commessa e produzione e magazzino

 

Nell’ambito dell’organizzazione della produzione si distinguono due principali categorie di processi produttivi: produzione su commessa e produzione a magazzino (a flusso continuo e a lotti ricorrenti).

Un’azienda produce a magazzino quando fabbrica prodotti a catalogo che vengono immagazzinati prima della vendita. Si tratta quindi di produzioni di serie, per le quali le specifiche dei prodotti sono predefinite e ben note; in questo tipo di produzioni il magazzino ha funzioni di polmone (in inglese “buffer”) intermedio tra le quantità di prodotto che escono dalla fabbrica e il mercato.

Un’azienda produce su commessa quando le specifiche dei prodotti sono conosciute solo al momento dell’ordine e, quindi si mette in fabbricazione il prodotto solo su specifica richiesta del cliente.

Sono frequenti situazioni intermedie come la produzione di componenti standard per magazzini intermedi accoppiata con il montaggio del prodotti finito i n base agli ordini dei clienti: uno stesso stabilimento può lavorare simultaneamente a magazzino e a commessa per qualche cliente particolare. La dimensione dell’impresa non è determinante nell’orientare la produzione verso una delle due modalità.

Un caso limite teorico è quello di un catalogo con un numero infinito di modelli: è evidente che in quest’ipotesi limite la produzione a magazzino e la produzione su commessa sono indistinguibili perché qualsiasi cliente troverebbe il prodotto corrispondente alle proprie aspettative. La produzione di massa tende per alcuni versi a questo caso limite nel senso che la flessibilizzazione della produzione e il numero delle opzioni previste rende possibile mettere a disposizione “quasi esattamente” il prodotto specifico desiderato dal cliente (per alcuni versi l’automobile e l’abbigliamento si avvicinano a questa condizione).

 

Schemi di flussi produttivi

Un qualunque processo produttivo può essere schematizzato secondo un diagramma di flusso (o schema del procedimenti di fabbricazione) che interconnette un insieme di magazzini per il tramite di operazioni di trasformazione.

Le più significative caratteristiche delle diverse tipologie produttive sono:

  • grado di specializzazione delle risorse e dei prodotti (dalle altissime specializzazioni nelle grandi serie per linee monoprodotto, alla polivalenza per la produzione su commessa);

 

  • volumi produttivi e ritmi produttivi:
  • alti volumi e alti ritmi: per produzione di serie (o di massa);
  • alti-medi volumi e bassi ritmi: per serie (o a lotti);
  • bassi volumi e bassi ritmi: per piccole serie e/o su commessa;
  • coerenza e sincronismo produttivo (coerenza quantitativa e temporale fra le varie fasi di trasformazione: quantità per lotti fra loro congruenti, uguale frequenza e fasatura temporale, cioè processi bilanciati).

 

Possono distinguersi tre tipi di strutture di processi produttivi cui conseguono modalità di organizzazione e dislocazione (disposizione planimetrica, in inglese “lay-out”) degli impianti e delle macchine:

  • Produzione per linea

più stazioni di lavoro in serie con ritmi simili e con scorte interoperazionali molto basse; in genere si tratta di linee monoprodotto, con stazioni di lavoro specializzare e dedicate, per lo svolgimento di pochissime operazioni ;

 

 

 


  • Produzione funzionale

diversi reparti di lavorazione

  • Produzione per gruppi di tecnologia

organizzazione di tipo funzionale, ma con

 

La tabella seguente ricapitola le caratteristiche delle diverse soluzioni fin qui descritte:

 

                     Tipo
Caratteristiche

Sistema a linea

Sistema funzionale

Gruppi

Prestazioni

Prodotto

Monoprodotto

Multiprodotto

Famiglie

 

Frequenza

Elevata

Bassa

Media

Maggiore / minore flessibilità

Coerenza
(quantità /tempi)

Monofase bilanciata

Plurifase sbilanciata

Tendenzialmente monofase e bilanciata

 

Saturazione

Elevata

Buona

Media

Redditività investimenti

 

Livello scorte

 

Bassissimo

 

Elevato

 

Medio

e costi

Sistema di movimentazione

 

Semplice

 

Complesso

 

Semplice

 

Facilità lay-out

Sistemi di programmazione e controllo

 

Semplice ma rigido

 

Complesso

 

Semplice ma rigido

Maggiore/minore complessità

 

MAGAZZINO

 

PRODOTTO

Il risultato dell’attività dell’impresa; può essere un bene o un servizio ed è ottenuto trasformando, attraverso opportuni processi produttivi, le risorse impiegate (fattori produttivi). Si dice livello di produzione la quantità di prodotto generato in una data unità di tempo.

 

PRODOTTO INTERNO LORDO  (PIL)   PRODOTTO LORDO

Concetto base è quello di risultato dell’attività economica di un Paese: indica il valore dell’insieme di beni e servizi prodotti sul territorio nazionale in un determinato periodo di tempo. Per evitare di contare più volte il valore dello stesso bene lungo la catena di produzione si deve far riferimento al concetto di valore aggiunto, cioè alla ricchezza creata durante ciascuna fase. Ciò premesso consideriamo:

PRODOTTO LORDO o VALORE AGGIUNTO: è, in un dato periodo, la differenza fra il valore della produzione di beni e servizi conseguita dalle singole branche produttive e il valore dei beni e servizi intermedi consumati dalle stesse branche nel periodo considerato. Può essere calcolato al costo dei fattori produttivi o ai prezzi di mercato. Nel caso sia calcolato al costo dei fattori corrisponde alla somma delle retribuzioni dei fattori produttivi e degli ammortamenti.

PRODOTTO INTERNO LORDO (PIL): fa riferimento alla ricchezza prodotta sul territorio nazionale a prescindere dalla nazionalità dei produttori. Si ottiene sommando al prodotto lordo calcolato ai prezzi di mercato il valore delle imposte indirette sulle importazioni.

Come tutte le grandezze economiche misurate in termini monetari, anche il PRODOTTO LORDO e il  PRODOTTO INTERNO LORDO sono soggetti all'effetto dell’inflazione che ne gonfia il valore come risultato della perdita di valore della moneta: per un confronto più realistico tra valori dl PIL di due anni diversi si debbono rappresentare i valori rapportati ai prezzi di un anno di riferimento comune.

 

PRODOTTO MARGINALE DEI FATTORI

Il prodotto marginale di un fattore indica la variazione del livello di produzione derivante da una variazione unitaria della quantità di fattore impiegato. Tale grandezza è una delle modalità di rappresentazione del livello tecnologico di un sistema economico.

Nel caso dell’impiego di un solo fattore, indicando con L il livello di produzione e con x la quantità di fattore impiegato, il prodotto marginale è dato dalla derivata dL/dx. Nel caso dell’impiego di due fattori, indicando con y la quantità del secondo fattore impiegato, i prodotti marginali dei fattori sono dati dalle derivate parziali ¶ L / ¶ x e L / ¶ y. Si ricorda che la condizione ¶ L / ¶ x : px   =   L / ¶ y : py indica il punto di impiego ottimale dei fattori.

Due altre grandezze sono legate al prodotto marginale:

  • il  coefficiente tecnico di produzione che ne rappresenta sostanzialmente l’inverso ( nel caso di un solo fattore uLx = dx /dL);
  • il fattore di scala che esprime una sorta di prodotto marginale in termini percentuali.

Il termine produttività è una generalizzazione del concetto di prodotto marginale dei fattori.

 

PRODUTTIVITA’

La produttività o efficienza produttiva è una misura del rendimento nell’attività di produzione quindi quantità (o valore) del prodotto per unità di risorse impiegate; ad esempio produttività del capitale impiegato in un’azienda o produttività della mano d’opera. E’ evidente che per abbattere i costi si cerca di massimizzare la produttività. Da non confondere la produttività con il volume di produzione (o livello di produzione) cioè la con quantità di prodotto realizzato (è una quantità assoluta e non relativa e non tiene conto dell’entità delle risorse necessarie per ottenerla).

Una delle leggi base dell’economia è la legge della produttività marginale decrescente in base alla quale il prodotto che si ricava da una data combinazione produttiva, quando si aumenta oltre un certo limite l’impiego di un fattore, tenendo costanti le quantità degli altri fattori, è meno che proporzionale all’aumentare del fattore variabile.

Per la precisione, si parla di produttività media (o semplicemente di produttività) quando si fa riferimento al rapporto L/x e di prodotto marginale quando si fa riferimento alla derivata dL/dx.

Il concetto di produttività è una generalizzazione del concetto analitico di prodotto marginale dei fattori.

 

PRODUTTORE

Operatore economico (persona o impresa) che assicura la produzione di beni da collocare sul mercato del quale rappresenta il lato offerta. I beni possono essere sia beni finali destinati al consumo sia beni intermedi destinati ad un’altra produzione.
Obiettivo del produttore è massimizzare il proprio profitto

 

PRODUZIONE

Attività economica mirata alla realizzazione finalizzata al consumo proprio - e/o  alla vendita - di beni finali destinati al consumo o beni intermedi destinati ad un’altra produzione. L’entità della produzione determina l’entità dell’offerta disponibile.

L’obiettivo di produrre una certa quantità di prodotto finito da collocare sul mercato è condizionato da vincoli quali i fattori della produzione e i loro prezzi e in particolare la tecnologia (cioè l’efficienza e  l’efficacia delle attrezzature e delle conoscenze disponibili per l’attività produttiva). Tali vincoli si riflettono sulla fattibilità e sui costi e quindi sull’efficacia e sull’efficienza della produzione.

Non dimentichiamo comunque che obiettivo del produttore è quello di massimizzare il proprio profitto.

L’impresa è la struttura attraverso la quale il produttore realizza la propria attività. Come tutte le funzioni svolte dall’impresa, anche la produzione richiede un’adeguata organizzazione per essere svolta in maniera efficiente.

Si distingue tra la produzione di un singolo produttore e la produzione di un sistema economico che è la somma delle produzioni realizzate dai singoli soggetti che compongono il sistema economico.

V. FUNZIONE DI PRODUZIONE   ISOQUANTI DI PRODUZIONE
VOLUME DI PRODUZIONE   PRODUTTIVITA’   CAPACITA’ PRODUTTIVA

 

PROFITTO

 

Risultato economico di un’attività imprenditoriale dato dalla differenza fra i ricavi e i costi.. Solo se i ricavi sono maggiori dei costi il profitto è positivo, altrimenti siamo in presenza di una perdita. Con riferimento all’impresa  profitto è sinonimo di utile.

Massimizzare il proprio profitto è l’obiettivo del produttore e, più in generale, dell’impresa.

Si usa sottolineare due caratteristiche del profitto:

  • è residuale cioè consiste in quanto resta dai ricavi dopo aver fatto fronte ai costi;

 

  • è non negoziabile, cioè non si può predeterminare a priori in quanto dipende dall’andamento dell’impresa.

 

PROFITTO MASSIMO

Nel confronto tra costi e ricavi al variare del volume di produzione (q : quantità di beni prodotti), si ha il profitto massimo quando  è  massima  la differenza  (auspicata positiva) tra   ricavi totali R (q) e costi totali C (q) ; la corrispondente quantità prodotta è chiamata volume ottimale di produzione. Per definizione, in corrispondenza del punto PM l’utile è massimo.

Dall’esempio in figura, PM è il punto (compreso tra i due punti di pareggio PB e PL) dove è massima la distanza fra le due curve.

Analiticamente, massimo profitto implica   d (R – C) / d q   =  0  ovvero 

d R/ d q  =  d C / d q              (1)

conseguentemente la condizione di massimo profitto si può enunciare  Rm =  Cm dove Rm  è il ricavo marginale mentre Cm è il costo marginale e rappresenta la pendenza della tangente in PM alla curva dei costi.

Introducendo il prezzo di vendita   si ha   R  =  p  q   e   l’equazione  (1) diventa  

Rm =  d (p q) / d q  =  Cm         (2)

 

  • se p è costante rispetto a q, i ricavi sono espressi da una retta, d (p q) / d q =  p e   l’equazione  (2)  diventa   p =  Covvero la tangente alla curva dei costi nel punto di massimo profitto risulta parallela alla retta dei ricavi e la sua pendenza è uguale al prezzo;

 

  • se invece p non è costante rispetto a q  allora  d (p q) / d q =  p +   q . d p / d q  e   l’equazione  (2)  diventa   p  +  q . d p / d q   =  C; in questo caso la tangente alla curva dei costi nel punto di massimo profitto risulta parallela alla tangente alla curva dei ricavi. Introducendo l’elasticità della domanda rispetto al prezzo (hd) si ha 

Cm  =  p (1 -  1 / hd). Se dp /dq = 0  allora  hd =  ¥  quindi Cm =  p .

Al di là del punto di massimo profitto il costo marginale è superiore al ricavo marginale; ogni ulteriore unità di produzione prodotta dà pertanto un contributo negativo all’utile. Quando si arriva al secondo punto di pareggio, l’utile generato dalla quantità q M è interamente azzerato dalle perdite generate dalle unità successive prodotte.

Va sottolineato che quanto sopra vale se nell’intervallo di quantità preso in esame tutta la produzione offerta è ritirata dal mercato. Altrimenti va esaminata la struttura del mercato.

 

PROGETTI DI INVESTIMENTO

V. VALUTAZIONE PROGETTI DI INVESTIMENTO

 

PROGRAMMAZIONE DELLE ATTIVITA’ DI UN’IMPRESA

Un programma è una sequenza definizione di obiettivi e assunzione di decisioni (in particolare

 

Eventi

 

Decisioni

 

Obiettivi

 

 


decisione di allocazione di risorse) in un’articolazione temporale e gerarchica.

I programmi (o piani) vengono tradizionalmente detti:

  • a lungo termine (o strategici) se l’orizzonte temporale è compreso fra 5 e 10 anni: si propongono di definire le linee di azione atte a sviluppare le risorse dell’impresa per soddisfare le future necessità tenendo conto delle esigenze (vincoli/opportunità) che scaturiscono dalla visione prospettica dell’ambiente esterno in orizzonti temporali lunghi;

 

  • a medio termine (o tattici) se l’orizzonte è compreso fra 2 e 4 anni,
  • a breve termine se l’orizzonte è entro l’anno solare;

 

  • programmi operativi per orizzonti temporali al di sotto dell’anno.

Più un programma si spinge in là nel tempo più sono incerte le previsioni del comportamento dell’impresa e dell’ambiente esterno.

La necessità di un continuo riaggiustamento degli obiettivi di più lato livello in relazione al grado di raggiungimento di quelli di livello più basso, fa sì che il modello di decisione / controllo proprio di un’impresa preveda un meccanismo di retroazione (feed-back) in cui le informazioni sul funzionamento ritornano indietro ai livelli direttivi diventando un elementi di partenza per il successivo ciclo del processo interattivo - decisionale globalmente considerato.

 

PROJECT MANAGEMENT

Aaaa

V. ORGANIZZAZIONE IMPRESA

 

PROPENSIONE AL CONSUMO

Nota la curva che lega la quantità domandata di un bene x al livello di reddito I , la propensione marginale al consumo è la derivata dx / dI.

Dalla stessa curva x = x(I) si ricava la propensione media al consumo definita semplicemente come il rapporto x/I tra il valore del consumo e il valore del reddito.

Dalla   I = S + C  cioè la somma del risparmio S più il consumo C è uguale al reddito I , si deduce che:

  • la somma della propensione media al risparmio e della propensione media al consumo è uguale all’unità;
  • la somma della propensione marginale al risparmio e della propensione marginale al consumo è uguale all’unità.

Nel caso dell’auto l’approccio con il cliente si basa sulla numerosità dei modelli e sulla varietà degli “optional” offerti; ma la soluzione tecnica base è quella di avere dei componenti standard predisposti dei quali per il singolo cliente si personalizzata si realizza solo l’assemblaggio. Se si considera che la produzione di ogni esemplare è avviata solo dopo l’ordine da parte del futuro cliente si può affermare che la produzione dell’automobile è ora per commessa.

I ritmi produttivi sono detti anche cadenze produttive.


Processo produttivo     Magazzino interoperazionale
con giacenza minima

  Non è esattamente l’inverso in quanto fa riferimento ai valori medi e non ai valori marginali

La spiegazione dettagliata del perché si debba far riferimento all’elasticità della curva di domanda e non all’elasticità della curva di offerta è data alle voci ESBORSO DEL CONSUMATORE e  INCASSO DEL PRODUTTORE.

 

PROPENSIONE AL RISPARMIO

 

Nota la curva che lega il risparmio S al reddito I, si indica con propensione marginale al risparmio la derivata del risparmio  rispetto al reddito dS / dI

Dalla stessa curva S = S(I) si ricava la propensione media al risparmio definita semplicemente come il rapporto S/I tra il valore del risparmio e il valore del reddito.

Dalla   I = S + C  cioè la somma del risparmio S più il consumo C è uguale al reddito I , si deduce che:

  • la somma della propensione media al risparmio e della propensione media al consumo è uguale all’unità;
  • la somma della propensione marginale al risparmio e della propensione marginale al consumo è uguale all’unità.

 

PROPRIETA’

Il nuovo ruolo della proprietà privata. Era sinonimo di capitalismo e di libertà: ora non più.

Alcune controversie superate: la proprietà è un furto; lo stesso termine proprietario. La “roba” di Verga.

Nell’economia in rete tra produttori non si stipulano più solo semplici transazioni per il trasferimento della proprietà, ma contratti per la prestazione di servizi e sempre più spesso accordi strategici per mettere in comune risorse.

Negoziato l’accesso piuttosto che scambiata la proprietà.

Anche questa mutazione è conseguenza dell’elevata dinamica: il possesso è elemento condizionante la flessibilità.

Prezzo d’acquisto diventa tariffa, abbonamento, tassa d’iscrizione. La domanda che resta?

Il famoso dilemma di Fromm e la sua versione attuale.

 

RETE

COMPLETARE

 

PROPRIETA’ INTELLETTUALE

Diritti di proprietà intellettuale

Intellectual Property Right

Brevetti

Si pone una controversa questione sulla possibilità di dichiarare proprietà intellettuale il patrimonio genetico della Terra (e quindi di restringere l’accesso di terzi): a favore della protezione milita l’utilità che soggetti privati investano per decodificare e interpretare il patrimonio genetico di un vegetale o di un animale, sull’altro fonte militano considerazioni non solo di equità, ma anche di fruibilità delle conoscenze acquisite in merito. La non brevettabilità delle conoscenze sul patrimonio genetico è uno dei cavalli di battaglia degli avversari della globalizzazione.

 

PROVENTI FINANZIARI

In presenza di un rapporto debito – credito, i proventi finanziari sono gli importi che l’azienda riceve da chi detiene in prestito una somma di danaro di proprietà dell’azienda a titolo di interesse (interesse attivo per l’azienda). Il provento finanziario costituisce la remunerazione del servizio prestato (in altre parole si può parlare del ricavo derivante dall’aver messo a disposizione il bene denaro, come se fosse l’equivalente di un canone di affitto percepito per aver messo a disposizione un bene strumentale).

Il concetto simmetrico è quello di onere finanziario, che corrisponde a interessi passivi per l’azienda.

In considerazione del fatto che gli interessi creditori praticati da una banca all’azienda sono inferiori agli interessi debitori (sempre praticati dalla banca all’azienda) conviene, soprattutto in presenza di debiti, contenere per quanto possibile i crediti (a meno che non siano ben remunerati) e utilizzare l’eventuale liquidità per estinguere i debiti.

In bilancio i proventi finanziari appaiono in apposita voce del conto economico.

 

PROVENTI STRAORDINARI

Profitti conseguiti dall’impresa in conseguenza di operazioni di natura straordinaria; tipico il caso delle plusvalenze. La situazione opposta (perdite sostenute dall’impresa) dà luogo a oneri straordinari.

 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

L’operatore Stato (nelle sue diverse articolazioni a seconda del decentramento) o (nel caso di un paese appartenente all’Unione Europea) l’operatore Unione Europea, che interviene sul mercato con un’azione diretta di acquisto e fornitura di beni e soprattutto di servizi, nonché con una pluralità di altre funzioni pubbliche in economia.

 

PUBBLICITA’

Azione condotta da un’impresa per modificare l’attitudine al consumo del consumatore; il termine marketing fa riferimento più propriamente alla fase di studio delle tendenze al consumo del consumatore, ma l’abitudine più recente è quella di usare il termine marketing a comprendere le due fasi di studio e di azione.

Come per i brevetti e il know-how,  anche il valore della pubblicità nel bilancio è tipicamente (se i suoi effetti si dispiegano su più esercizi) registrato all’interno dello stato patrimoniale tra le immobilizzazioni tecniche immateriali che danno luogo sul conto economico a quote di ammortamento.

 

V. ORGANIZZAZIONE IMPRESA

 

PUBLIC COMPANY

 

Trattasi di impresa, quotata in borsa, le cui azioni sono distribuite fra un largo numero di investitori (cioè tra il pubblico inteso come l’insieme dei cittadini, non come autorità pubblica. In Italia si usa indicare con il termine società pubblica (o impresa pubblica) una società posseduta da un soggetto pubblico, per esempio lo Stato o il Comune che è fattispecie diversa e in un certo senso opposta a quella della public company. Il processo di liberalizzazione tende a ridurre progressivamente il numero delle società pubbliche, cioè la presenza diretta dello Stato nell’economia come esercente l’attività d’impresa. Se, messa l’impresa ex-pubblica sul mercato, le sue azioni sono acquistate da tanti cittadini si forma una public company. Si pongono questioni su chi eserciti, nella pratica, le funzioni dell’azionista di maggioranza (o di riferimento in una società che abbia azionariato molto frammentato) e conseguentemente sul particolare ruolo del management in società di questo tipo.

 

PUBLIC UTILITY

Soggetto esercente servizi pubblici; con questo termine non si fa riferimento alla natura della proprietà, ma al tipo di attività svolta. La confusione può essere indotta dalla circostanza che spesso, soprattutto in passato erano società di proprietà pubblica attive nella gestione di servizi pubblici. Oggi si tende a privatizzare, cioè a cedere ai privati quote di società di proprietà pubblica, operanti nei servizi pubblici attività che si tende a liberalizzare cioè a rendere terreno di libera concorrenza fra più imprese. Si pone la questione sul controllo del livello di prestazione e delle tariffe praticate da questi soggetti.

 

PUNTO DI COURNOT

 

Punto della curva di domanda in corrispondenza del quale l’elasticità è uguale a 1. In tale punto è massimo l’esborso dei consumatori  E  = p . q(p).   Infatti   dE / dq  =  0 implica   p dq / dp  +  q  =  0   cioè  q . (1 - h ) = 0   ovvero  h = 1.  In corrispondenza del punto di Cournot anche il ricavo del venditore è al suo massimo valore .

In generale il punto di Cournot non coincide con il punto di equilibrio, se non altro perché la sua definizione dipende solo dalla curva della domanda e ignora l’andamento della curva dell’offerta.

E’ agevole determinare analiticamente il punto di Cournot dall’espressione della curva di domanda .

domanda lineare 

q  =  k  -  h  p    con k  e  h entrambi positivi
h  =  - dq / dp    p / q    =   h  p / q   =   h  p  ( k -  h p )  =   1  /  [ k  / ( h p ) – 1 ]

ne deriva 

h = 1  quando  p =   1/2  k / h (punto di Cournot).  In corrispondenza del punto di Cournot il ricavo massimo dell’azienda     R    =    p q  =   ( k  -  h  p ) p  vale (k – 0,5 h k / h) 0,5 k / h  =
= 0,25 k2 / h.

domanda esponenziale e quindi elasticità proporzionale al prezzo

q  =    k e - a p         con a positivo
h  =  - dq / dp    p / q   =   a  p

si ha :

h = 1 (punto di Cournot)  quando   p  =  1 / a

domanda in forma di potenza e quindi elasticità costante

q  =    k p - a         con a positivo
h  =  - dq / dp    p / q   =   a 

si ha :

h = 1 (punto di Cournot)  solo se  a =1  (domanda di tipo iperbolico che dà luogo ad esborso costante)

 

PUNTO DI PAREGGIO (BREAK-EVEN)

 

Nel confronto tra costi C (q) e ricavi R (q) al variare del volume di produzione (q: quantità di beni prodotti), si ha il pareggio quando i costi totali e i ricavi totali coincidono; la corrispondente quantità prodotta è chiamata volume di produzione di pareggio. Ovviamente in corrispondenza del punto di pareggio l’utile è nullo, mentre si hanno perdite per valori inferiori della produzione e utili per valori superiori.

Dall’esempio in figura si evidenzia:

  • la componente di costi fissi (il valore del costo per quantità tendente a zero)
  • un primo punto di pareggio PB
  • un secondo punto di pareggio PL 
  • una regione compresa tra PB e  PL dove si ha profitto;

Utilizzando la stessa figura si può individuare il punto di profitto massimo che sarà compreso tra   PB e PL.

 

PUT (OPZIONE DI VENDITA)

 

Diritto di vendere un pacchetto di azioni entro una certa data ad un prezzo definito. E’ un vantaggio per chi lo detiene perché è un diritto e non un obbligo e pertanto tale diritto va in qualche modo pagato. Evidentemente l’esistenza del diritto di una parte comporta un obbligo per la sua controparte. Clausola frequente nei contratti di collaborazione o più comunemente di scambio di partecipazioni incrociato: obiettivo della clausola è spesso quello di consentire che attraverso il diritto di vendere il proprio pacchetto di azioni di una società, l’attuale detentore possa scegliere di “sganciarsi”.

E’ caso particolare del concetto di OPZIONE e concetto simmetrico a quello di CALL.

Nel gioco di borsa la logica di acquisire una “put option” corrisponde alla scommessa che entro la data di scadenza il pacchetto in questione vedrà ridursi il suo valore al disotto del prezzo convenuto

 

PVS

Rapporti PVS FMI. Terzo Mondo

CANCELLAZIONE DEL DEBITO GLOBALIZZAZIONE FAME NEL MONDO

 

COMPLETARE

Q

 

QUALITA’

 

Garanzia della qualità. Sistema qualità

Controllo di qualità

 

QUOTA

 

Importo periodicamente individuato per una scrittura contabile riferita in genere ad un certo periodo temporale Spesso le quote sono introdotte in connessione con un fondo che corrisponde all’accumulatore delle quote pregresse.

 

QUOTA DI AMMORTAMENTO

(Vedi AMMORTAMENTO)

 

QUOTA TFR

(Vedi TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO  TFR)

 

QUOTA CAPITALE QUOTA INTERESSI

Espressione utilizzata con riferimento alle somme periodicamente versate da un’azienda, in conseguenza di un prestito ricevuto, per:

  • restituire il capitale (quota capitale) che quindi sarebbe dovuta anche se non ci fossero interessi;
  • versare gli interessi pattuiti (quota interessi) che corrisponde agli oneri finanziari.

Il versamento della quota capitale appare in bilancio attraverso la riduzione dell’entità del debito nella colonna passività dello stato patrimoniale. Il versamento della quota interessi risulta dalla scrittura di questa voce tra le perdite del conto economico. Entrambe le quote danno luogo, quando si procede al versamento, a una corrispondente riduzione della liquidità nella colonna attività dello stato patrimoniale.

 

QUOTAZIONE

 

COMPLETARE

UNDERPRICING


R

 

RAGIONI DI SCAMBIO

 

RATEI

 

Voce del bilancio: appare nello stato patrimoniale sia nella colonna attività sia nella colonna passività per tener conto del cosiddetto disallineamento cassa competenza, cioè del fatto che in alcuni casi si ha una differenza di tempo tra completamento della prestazione (data di competenza) ed effettuazione del pagamento (data di cassa). A questo scopo si introducono due concetti: ratei (il fatto è avvenuto, ma il pagamento ancora no) e risconti (il pagamento è avvenuto, ma il fatto ancora no); ciascuno di questi può essere attivo o passivo.

I ratei attivi sono valori di ricavo per prestazioni già effettuate, ma ancora da incassare (c’è una connessione, ma non un’identità con il concetto di credito; la differenza è che nel caso del rateo attivo ancora non è maturato il diritto giuridico a ricevere il pagamento). Tipico esempio di rateo attivo è un canone d’affitto non ricevuto dall’impresa, (affitto attivo dal punto di vista dell’impresa) per un’utilizzazione già avvenuta da parte dell’inquilino (versamento canone posticipato).

I ratei passivi sono valori di costo per prestazioni già ricevute, ma ancora da pagare (c’è una connessione, ma non un’identità con il concetto di debito; la differenza è che nel caso del rateo passivo ancora non è maturato l’obbligo giuridico a effettuare il pagamento). Tipico esempio di rateo passivo è un canone d’affitto non versato (affitto passivo dal punto di vista dell’impresa), per un’utilizzazione già avvenuta da parte dell’impresa (versamento canone posticipato).

 
Il senso di queste scritture è di neutralizzare, agendo sul piano patrimoniale, gli effetti di irrealistico incremento o decremento sull’utile d’esercizio derivante dal disallineamento

 

REDDITIVITA’

Quantità di reddito realizzata per un’unità di impiego di un fattore produttivo, per esempio quantità di reddito realizzata per unità di fattore capitale impiegato o per unità di fattore lavoro impiegato. Se si è in presenza di una funzione che lega la quantità di reddito alla quantità di un fattore si può anche parlare di reddito marginale come sinonimo di redditività.

REDDITO

 

Il reddito è il flusso di moneta (o di beni nel caso di reddito in natura) ottenuto da un soggetto economico entro un determinato periodo di tempo. Può trarre origine dalla vendita di servizi produttivi (come le retribuzioni, l’interesse, i profitti) o può rappresentare semplicemente un dono (come un lascito stabilito da un testamento) o può derivare dal rendimento di un fondo, come per le pensioni.

All’interno del reddito derivante da servizi produttivi si può applicare la distinzione tradizionale tra lavoratori (traggono il reddito dal loro lavoro) e capitalisti (traggono il reddito dal capitale)

E’ evidente la distinzione tra moneta (che è uno stock detenuto) e reddito che è un flusso ricevuto in un certo periodo di tempo.

 

REDDITO LORDO DELL’IMPRESA

Si ottiene dal reddito operativo sottraendo solo:

  • il saldo della gestione finanziaria (oneri finanziari o proventi finanziari secondo il segno)
  • il saldo della gestione extracaratteristica e straordinaria

Differisce quindi dal reddito netto perché non sono stati ancora sottratti gli oneri fiscali; il reddito lordo è quindi al lordo delle imposte e delle tasse.

V.  SCHEMA DI CONTO ECONOMICO

 

REDDITO MONETARIO DEL CONSUMATORE

Si definisce reddito monetario del consumatore la quantità di moneta che egli può spendere nell’unità di tempo.

Se il consumatore ha la possibilità di accesso al credito si include l’entità del credito ricevuto nella determinazione del suo reddito complessivo disponibile ai fini del consumo in quanto il credito ricevuto determina un aumento della somma che il consumatore può spendere.

Vedi anche CONSUMATORE RAZIONALE  FAMIGLIA

 

REDDITO OPERATIVO

Si ottiene sottraendo i costi totali dai ricavi totali.con riferimento esclusivo alla gestione caratteristica.(escludendo anche la gestione finanziaria).

Il termine reddito operativo ha numerosi sinonimi:

  • UTILE OPERATIVO
  • MARGINE OPERATIVO LORDO  (MOL)
  • RISULTATO OPERATIVO

(cfr. SCHEMA DI CONTO ECONOMICO)

 

REDDITO NETTO

Si determina togliendo dal reddito operativo:

  • il saldo della gestione finanziaria (oneri finanziari o proventi finanziari secondo il segno)
  • il saldo della gestione extracaratteristica e straordinaria
  • gli oneri fiscali (imposte e tasse)

Se positivo si chiama utile netto, altrimenti perdite.  E’ detto anche Bottom Line per significare non solo la collocazione nei prospetti, ma anche il fatto che esprime sinteticamente la conclusione di risultati dell’impresa.

(cfr. SCHEMA SEMPLIFICATO DEI RICAVI DEI COSTI E DEGLI UTILI)

 

REGIONE ECONOMICA DI PRODUZIONE

La porzione del piano x, y (essendo x e y le quantità impiegate dei due fattori produttivi) dove gli isoquanti soddisfano il vincolo simultaneo di essere decrescenti e di avere concavità rivolta verso l’alto: decrescenti perché in condizioni normali l’aumento della disponibilità di un fattore è compensata da una diminuzione della quantità desiderata dell’altro fattore; con concavità verso l’alto perché altrimenti si arriverebbe a situazioni di intercetta delle curve di indifferenza con uno o entrambi gli assi, il che individuerebbe come accettabili anche punti in cui è zero la disponibilità di uno dei due fattori.

A sinistra del primo segmento non è soddisfatto il vincolo derivata seconda positiva; a destra del secondo segmento non né soddisfatto il vincolo derivata prima negativa.

 

REGIONE

Una delle articolazioni, insieme con l’Unione Europea, lo Stato e gli Enti Locali della pubblica autorità.

v. INTERVENTO PUBBLICO IN ECONOMIA  DECENTRAMENTO

 

REGOLATORE

In un quadro generale che vede per i servizi pubblici in fase di avanzata realizzazione la tendenza a privatizzare, cioè a cedere ai privati quote di società di proprietà pubblica, operanti nei servizi pubblici, e a liberalizzare detti servizi cioè a renderli terreno di libera concorrenza fra più imprese, si pone la questione sul controllo del livello di prestazione e delle tariffe praticate da questi soggetti: in molti paesi tra cui l’Italia, i pubblici poteri hanno affidato questa ed altre funzioni ad organismi indipendenti denominati “regolatori di settore” o “organismi di regolazione di settore”. Si possono citare come esempi l’autorità per l’energia elettrica e il gas o l’autorità per le telecomunicazioni ,

Tra gli obiettivi dell’intervento del regolatore si possono ricordare: i livelli tariffari, l’equità tariffaria, la parità di condizioni di accesso, la qualità dei servizi; ma anche obiettivi di carattere generale quale la protezione dell’ambiente o la sicurezza degli approvvigionamenti.


Questa differenza è nota come forbice degli interessi.

Notare che il massimo del ricavo non corrisponde al massimo del profitto che è la differenza fra ricavi e costi.

In condizioni d’effettiva compravendita senza intermediari l’esborso del consumatore coincide con l’incasso del produttore.

In questo paragrafo la curva di domanda è espressa, per comodità., nella forma q = q(p), anziché nella più canonica forma p = p(q).

Per la precisione, nel put americano il diritto può essere esercitato in qualunque momento entro la data prefissata, mentre nel put europeo l’opzione può essere esercitata solo alla data prefissata.

L’autorità per le telecomunicazioni ha anche altre funzioni che attengono alla sfera dei diritti dei cittadini non soltanto economici. 

 

REGOLAZIONE E CONTROLLO

 

Azioni svolte su di un sistema per assicurare determinate prestazioni.

V. CONTROLLO DI UN SISTEMA   INGEGNERIA DEI SISTEMI

 

RENDIMENTO DI UNA MACCHINA TERMICA

                                                                         
Il rendimento di una macchina  termica   =    Lavoro utile   / Calore  impiegato

Il rendimento di una macchina termica  è inevitabilmente <  1

 

RENDIMENTO DI UN’IMPRESA

L’impresa mira al profitto sul mercato attraverso il rendimento della sua attività che deve essere maggiore dell’unità se l’impresa deve sopravvivere e generare ricchezza.  Ricordando che Profitti = Ricavi – Costi il rendimento dell’impresa è  definito come  h  = Profitti / Costi. Il rendimento   è  >   0  se  l’impresa  è  in condizioni fisiologiche. Un’impresa che abbia rendimento minore di 0 consuma risorse e non può sopravvivere se non sottraendo risorse a qualcuno (tipicamente ai suoi proprietari) o, truffaldinamente, al sistema economico esterno.

Il rendimento di un’impresa come sopra definito può anche essere > 1.

 

RENDIMENTO DI UN INVESTIMENTO FINANZIARIO

Beneficio atteso al proprietario di un capitale come contropartita della messa a disposizione di un altro soggetto economico.

Vedi INTERESSE   ATTUALIZZAZIONE.


RENDIMENTO DI SCALA

 

Si può osservare che nel caso in figura gli isoquanti di produzione si addensano, nel senso che incrementi uguali del livello di produzione (nell’esempio passare da un isoquanto al successivo significa aumentare sempre di 50 unità la produzione) richiedono aumenti meno che proporzionali delle quantità di fattori produttivi necessari. La retta tracciata come riferimento aiuta nella lettura degli aumenti necessari nelle quantità dei fattori. In questa situazione si dice che il rendimento di scala è crescente, nel senso che conviene aumentare i volumi di produzione.
In altre situazioni produttive, invece, gli isoquanti si distanziano, nel senso che incrementi uguali del livello di produzione richiedono aumenti più che proporzionali delle quantità di fattori produttivi necessari. In questo caso il rendimento di scala è decrescente.
Il rendimento di scala si può esprimere attraverso varie grandezze:

  • il fattore di scala Fx legato all’uso di un fattore la cui quantità indichiamo con x è fornito dalla derivata parziale rispetto a x del livello di produzione L, moltiplicata per il rapporto x/L in modo da far riferimento alle rispettive variazioni percentuali: Fx  = ∂L / ∂x   x/L;.il fattore di scala si dice favorevole se Fx >1 (cioè se l’aumento di un punto percentuale della quantità impiegata del fattore di produzione x dà luogo a un aumento superiore a 1<% della quantità di prodotto), sfavorevole se Fx < 1;
  • l’effetto scala;

 

  • il prodotto marginale dei fattori
  • il coefficiente tecnico di produzione.

 

In base a considerazioni di carattere generale ci si aspetta che il rendimento di scala corrisponda all’andamento rappresentato in figura per il livello di produzione all’aumentare della quantità utilizzata.  In una prima fase la produzione aumenta velocemente con l’incremento della quantità impiegata del fattore in esame; successivamente l’effetto dell’incremento dell’impiego di questo fattore è sempre meno benefico fino a che diventa irrilevante.

 

RENDITA

 

Si definisce rendita di un fattore di produzione quella parte della sua remunerazione che eccede il suo costo opportunità; in altre parole è la differenza tra il rendimento dello specifico investimento e quello del miglior investimento alternativo possibile. La rendita è generata dalla scarsità (temporanea o di lungo periodo) nell’offerta di quel fattore di produzione per cui se sale il prezzo la domanda ne risente poco (domanda rigida o anelastica).

Impropriamente si chiama rendita finanziaria l’interesse percepito sui titoli a redito fisso, quali le obbligazioni. (il nome deriva dalla vecchia concezione secondo la quale il reddito da capitale sarebbe sempre indebito, un privilegio e in questo senso una rendita).

 

RENDITA CATASTALE

E' la rendita che il catasto dove ciascun immobile è registrato, attribuisce a un immobile (è la valutazione, per esempio, che stabilisce quanto dobbiamo dare al fisco per il fatto di possedere una certa casa). Per fare tale valutazione il catasto si basa sul valore e sulla redditività dell'immobile, calcolati con criteri uniformi per tutto il territorio nazionale.

Dalla rendita catastale si calcola il valore catastale.

 

RESI

Tipico il caso di merce venduta che torna al venditore; situazione analoga a quella di abbuoni e sconti. Nel conto economico i ricavi vanno registrati al netto di abbuoni, resi e sconti.

 

RETE

Il concetto di rete, in diverse accezioni, assume nell’attuale fase di sviluppo economico un ruolo centrale, che va aldilà dell’originario significato di sistemi tecnologici interconnessi, quali rete elettrica, rete gas, rete telefonica, rete idrica, rete di trattamento rifiuti liquidi, che rientrano nelle cosiddette utilities (servizi a rete).

Un primo significato metaforico, partendo da quello di rete di telecomunicazione, ne estende la portata a comprendere la rete informatica e più in generale la rete di informazioni, la rete di rapporti commerciali e di produzione, in una parola la rete di interdipendenza. Un secondo significato metaforico è l’insieme degli scambi che sulla rete hanno luogo. Il concetto stesso di rete riduce la rilevanza della distinzione tra centro e periferia.

Per estensione si arriva a definire rete il risultato del sistema di interconnessione, al punto che si arriva a parlare di “net economy”, cioè di economia a rete, una rete che tende ad estendersi progressivamente, in coerenza con il processo di globalizzazione.

Da questo punto di vista il concetto di mercato viene ad essere sostituto dal (o meglio, superato nel) concetto di rete nel senso che i ruoli degli operatori economici sono meno netti di quelli tradizionali riconducibili al dualismo schematico produttore-venditore, consumatore-acquirente: oggi sono tutti simultaneamente venditori e acquirenti ma soprattutto tutti sono, più o meno, direttamente cointeressati ad operare nella rete.

Un’evoluzione parallela e interconnessa a quella dal mercato alla rete è l’evoluzione dalla proprietà all’accesso. Uno slogan semplicistico, ma efficace può essere il nuovo mercato è la rete, la nuova proprietà è l’accesso.

Non è più decisiva la valutazione del prezzo d’acquisto ma quella della tariffa, per il servizio prestato; ma anche la tariffa a volte viene superata in una standardizzazione semplificazione che è quella della cosiddetta tariffa piatta (flat), una sorta di abbonamento. Per sottolineare il legame con il concetto di accesso si preferisce addirittura usare il termine tassa di iscrizione, come se si fosse ammessi a un privilegio.  Anzi i in molti casi il pagamento è indiretto attraverso sponsorizzazioni, banner, richiami a servizi a valore aggiunto e quant’altro; al cliente si dà l’illusione di ricevere qualcosa di gratuito, purché si iscriva, purché si procuri l’accesso.

Cos’è ora mercato? Chi fa le regole? Il nuovo ruolo delle istituzioni. L’esempio di NAPSTER come un mercato non mercato con “regole” tutte sue.

Qual è allora la forza dominante: il capitale intellettuale (idee, concetti, immagini) non più cose.

Ecco perché abbiamo insistito nel definire risorse di tre tipi: finanziarie, reali, e immateriali (conoscenze). Anche il capitale intellettuale (IPR) raramente viene scambiato, normalmente viene dato in uso (licenze sui brevetti, cessione di know-how, accordi di continuous know-how).

Cambia significato la nozione di potere economico. Non sempre le istituzioni sono adeguate al nuovo scenario.

Alcune lo sono da sempre: l’esempio scherzoso della Chiesa Cattolica come globalizzazione-internalizzazione, fidelizzazione, quaternarizzazione, accesso, dematerializzazione.

Produzione industriale e produzione culturale: se si vuole legata al tempo libero, ma la stessa definizione di tempo libero sta mutando profondamente.

Etica del lavoro etica del gioco, sì ma che gioco. Quanto è importante la produzione di beni e a chi è demandata: nell’antichità agli schiavi e oggi alle macchine? Le macchine costruiranno le macchine?

Energia e informazione.

Dematerializzazione dell’economia.

Mercificazione del lavoro e mercificazione della cultura. Le sceneggiate per i turisti.

Il singolo va verso l’economia dell’esperienza. Le imprese verso l’economia della conoscenza. Dobbiamo rivalutare alcuni personaggi di Verdone?
Non solo dal prodotto al servizio, ma anche dal servizio all’esperienza.

Il neologismo wetware componente umana nei sistemi informativi).

In fondo la vecchia struttura capitalistica era meno mercificata: maggiore autonomia nella sfera privata. Può vivere una cultura in queste condizioni ? Che vuol dire alternativo e chi ci vende l’alternatività;.l’esempio delle grandi aziende culturali. Il caso italiano.

COMPLETARE

 

RETRIBUZIONE

Somma che un lavoratore dipendente riceve per il proprio lavoro e quindi remunerazione del fattore lavoro.

Per le famiglie è una forma di reddito. Per il produttore è il costo per l’uso del fattore produttivo lavoro.

Assume la denominazione di salario nel caso dei lavoratori a bassa qualificazione e di stipendio nel caso di lavoratori ad elevata qualificazione..


RETTA DI BILANCIO (o LINEA DI BILANCIO)                                                                1.3.5

Equazione che indica la destinazione delle risorse disponibili al consumatore. In un mercato caratterizzato da due beni aventi prezzo px   e  prispettivamente, se il consumatore dispone di un’entrata I (income) e la destina tutta esclusivamente all’acquisto di detti beni, varrà l’equazione  I   =  px . x  + py . y, dove x e y sono le quantità dei due beni in questione, acquistate dal consumatore.  Nel piano x, y la retta di bilancio è rappresentata dalla retta di equazione:
y  =  I  / py   -   px / py .  x

Si usa denominare tasso (o saggio) di trasformazione il rapporto tra i pezzi che è la pendenza della retta di bilancio.

La retta di bilancio rappresenta per il consumatore lo stesso vincolo che la retta di isocosto rappresenta per il produttore.

Vedi anche CURVE DI INDIFFERENZA e PANIERE OTTIMALE DEL CONSUMATORE

 

RETTA DI ISOCOSTO  (o LINEA DI SPESA)

Equazione che indica la destinazione delle risorse disponibili al produttore. In un mercato caratterizzato da due fattori produttivi (utilizzati in quantità x e y rispettivamente) aventi prezzo px   e  prispettivamente, se il consumatore dispone di risorse finanziarie in quantità pari a R e le destina tutte ed esclusivamente all’acquisto di detti fattori produttivi, varrà l’equazione  R   =  px . x  + py . y, dove x e y sono le quantità dei due fattori produttivi in questione, utilizzati dal consumatore.  Nel piano x, y la retta di isocosto è rappresentata dall’equazione:    y  =  R  / py   -   px / py .  x che possiamo anche scrivere come:    y  =  R  / py   -   a .  x avendo indicato il rapporto px / py (pendenza della retta) cona che assume il nome di tasso di trasformazione (indica quanto bisogna spendere per passare da un’unità di fattore x a un’unità di fattore y).

La retta di isocosto rappresenta per il produttore lo stesso vincolo che la retta di bilancio rappresenta per il consumatore.

Vedi anche: ISOQUANTI DI PRODUZIONE FUNZIONE DI PRODUZIONE DETERMINAZIONE DEL PUNTO DI OTTIMO DELLA PRODUZIONE    EUTOPICA

 

RICARICO (MARK UP)

 

V. MARK UP

 

RICAVO

RICAVO

 

Il ricavo (detto a volte ricavo totale) è l’entrata percepita da un soggetto economico, per esempio da un produttore che venda un proprio prodotto. In generale per un’azienda ricavo è sinonimo di fatturato, cioè il totale lordo delle somme da questa incassate. I ricavi   sono determinanti ai fini del calcolo del profitto che è il saldo tra ricavi e costi.

Nel caso di vendita di un prodotto a prezzo costante (non dipendente dalla quantità), il ricavo è dato dal prodotto del prezzo praticato per la quantità venduta. Anche nel caso di prezzo variabile p (q) il ricavo totale è dato da  p(q) . q . E’ immediato riconoscere che   p (q)  è  un  modo  di rappresentare la curva di domanda.

Il ricavo reale è definito come la somma incassata dal produttore quindi quantità venduta per prezzo effettivamente praticato. E’ evidente che in una transazione effettiva, e in particolare all’equilibrio, il ricavo reale coincide con l’esborso del consumatore (a parte le tasse).

Il ricavo potenziale (ricavo atteso a priori dal produttore) può essere definito dal prodotto della quantità offerta per il prezzo di offerta (e si ricava quindi dalla curva di offerta). E’ definito potenziale perché in condizioni normali non si realizza. A sinistra del punto di equilibrio al produttore che abbia già sostenuto i costi di produzione conviene incassare quanto il consumatore è disposto a pagare per quella quantità, cioè l’esborso del consumatore. A destra del punto di equilibrio, l’incasso potenziale non si realizza perché il consumatore non è disponibile a salire così in alto quindi al produttore non resterà che la scelta fra continuare a seguire la curva di esborso del consumatore oppure arrestare la vendita; in quest’ultimo caso potrà sia ridurre la produzione per non eccedere quel valore, sia stoccarla per condizioni future migliori, sia collocarla su mercati diversi.

In definitiva l’incasso del produttore può essere ricondotto all’esborso del consumatore, cioè alla curva di domanda. Questo spiega perché nella determinazione del massimo profitto in condizioni di prezzo variabile si fa riferimento alla curva di domanda e non alla curva dell’offerta.

RICAVO MARGINALE

 

Si definisce il ricavo marginale come l’incremento nel ricavo dovuto ad un incrementi unitario nelle vendite. Ne consegue che in termini differenziali il ricavo marginale è dato da

Rm = d  [q . p (q)]  /  d q    =    p(q)   +  q . d p / d q 

Pertanto, se p(q) è costante, Rm altro non è che il prezzo. Se il prezzo varia con la quantità risulta Rm  =  p (q) . ( 1 – 1 / h ) dove h  è l’elasticità della domanda rispetto al prezzo (per l’esattezza è l’elasticità della domanda quale è vista dall’impresa che non necessariamente corrisponde a quella del mercato). Ricordiamo che prezzo costante al variare della quantità corrisponde a elasticità infinita.

Qualora i ricavi siano noti in forma tabellare o grafica in funzione della quantità, il ricavo marginale si potrà calcolare vuoi numericamente per differenze finite, vuoi per derivazione grafica.

Considerazioni analoghe a intervengono nella determinazione del massimo profitto.

 

RICLASSIFICAZIONE DEL BILANCIO

Operazione di modifica dei documenti del bilancio (stato patrimoniale e conto economico) finalizzata a renderne il contenuto più facilmente comprensibile (per chiarezza e omogeneità) ai fini sia interni sia esterni all’azienda.

L’operazione di riclassificazione consiste essenzialmente in due interventi:

  • rettifica (vale a dire riportare saldi piuttosto che due addendi che si compensano parzialmente per varie voci relative sia alle fonti, sia agli impieghi); questa operazione si applica in particolare ai valori delle immobilizzazioni tecniche e alla consistenza del magazzino
  • distinzione per alcune voci di bilancio (debiti e crediti) fra componente a breve termine e componente a lungo termine.

Per eseguire la riclassificazione occorrono alcune informazioni aggiuntive, quali:

  • per lo stato patrimoniale:
  • utili di esercizio da ripartire tra i soci
  • utili al fondo rinnovamento impianti
  • rate mutui obbligazioni in scadenza
  • rate banche finanziamenti in scadenza
  • TFR da pagare a breve (per il personale che si presuppone lascerà l’azienda entro breve termine)
  • anticipi clienti da magazzino
  • anticipi fornitori esercizio da magazzino
  • debiti diversi con scadenza oltre 12 mesi
  • crediti diversi con scadenza oltre 12 mesi
  • costruzioni interne a patrimonio

 

  • per il conto economico:
  • salari manodopera diretta
  • quote TFR manodopera diretta
  • quota variabile delle spese industriali diverse
  • quota proventi finanziari correnti

 

RIGIDITA’

E’ l’inverso dell’elasticità:    r  = 1 / h . Una domanda poco elastica è detta rigida o anelastica.

 

RIMANENZE

Rimanenze iniziali e rimanenze finali.sono illustrate alla voce giacenze.
Il codice civile fissa la composizione della voce rimanenze (deve intendersi rimanenze finali) tra le attività dello stato patrimoniale dove sono parte del capitale circolante:
1) materie prime, sussidiarie e di consumo;
2) prodotti in corso di lavorazione e semilavorati;
3) lavori in corso su ordinazione;
4) prodotti finiti e merci;
5) acconti.

 

RIPARAZIONE

Attività svolta per correggere un guasto o un malfunzionamento di un bene mobile o immobile (tipico esempi gli edifici, i macchinari, le automobili), quando questo si è già verificato. La manutenzione ha invece carattere preventivo e si distingue dalla riparazione in quanto serve ad assicurare il permanere del funzionamento in buone condizioni. La miglioria è una terza fattispecie che si verifica quando si interviene su di un impianto, non per prevenire, né per riparare, ma per migliorare le sue prestazioni.

Dal punto di vista bilancistico manutenzione e riparazioni sono spese correnti, mentre le migliorie sono spese in conto capitale e come tali debbono essere ammortizzate.

 

RISCONTI

Voce del bilancio: appare nello stato patrimoniale sia nella colonna attività sia nella colonna passività per tener conto del cosiddetto disallineamento cassa competenza., cioè del fatto che in alcuni casi si ha una differenza di tempo tra completamento della prestazione (data di competenza) ed effettuazione del pagamento (data di cassa). A questo scopo si introducono due concetti: ratei (il fatto è avvenuto,ma il pagamento ancora no) e risconti (il pagamento è avvenuto, ma il fatto ancora no); ciascuno di questi può essere attivo o passivo.

I risconti attivi sono valori di costo già pagati per prestazioni ancora da ricevere (c’è una connessione, ma non un’identità con il concetto di credito; la differenza è che nel caso del risconto attivo ancora non è maturato il diritto giuridico a ricevere la prestazione). Tipico esempio di risconto attivo è il premio della polizza di assicurazione già pagato per un periodo aldilà dell’esercizio in esame.

I risconti passivi sono valori di ricavo già incassati per prestazioni ancora da prestare (c’è una connessione, ma non un’identità con il concetto di debito; la differenza è che nel caso del risconto passivo ancora non è maturato il dovere giuridico ad effettuare la prestazione). Tipico esempio di risconto passivo è l’anticipo ricevuto dall’impresa per un immobile ancora da costruire.
.
Il senso di queste scritture è di neutralizzare, agendo sul piano patrimoniale, gli effetti di irrealistico incremento o decremento sull’utile d’esercizio derivante dal disallineamento.

All’interno della voce risconti che appare nel bilancio e con riferimento ai prestiti, vanno registrati come aggi  la maggiore somma incassata rispetto al valore mutuato da rimborsare alla scadenza e come disaggi la minore somma incassata. Il primo valore è un minor onere finanziario, il secondo un maggior onere finanziario.

 

RISERVA OBBLIGATORIA

Riserva obbligatoria è l’entità dell’obbligo a carico degli istituti di credito (banche) di tenere capitali in opportuna forma per far fronte alle esigenze previste ed impreviste derivanti dalla loro funzione.

 

RISERVE

Nelle passività dello stato patrimoniale le riserve rappresentano una componente del patrimonio netto. Si distinguono:

      - Riserva da sopraprezzo delle azioni.
- Riserve di rivalutazione.
- Riserva legale.
- Riserva per azioni proprie in portafoglio.
- Riserve statutarie.
- Altre riserve, distintamente indicate.

 

La riserva da sovrapprezzo delle azioni è originata dall’emissione di nuove azioni a un prezzo superiore al valore nominale.

Le riserve da rivalutazione iscritte quando una nuova legge consente di rivalutare i cespiti dell’attivo per tenere conto dell’erosione di valore dovuta all’inflazione.

La riserva legale è un obbligo di legge (introdotto a titolo di prudenza) pari al 5 % degli utili d’esercizio da accantonare ogni anno, fino a che non si raggiunge il 20 % del valore del capitale sociale.

La riserva per azioni proprie in portafoglio fa riferimento alla possibilità di acquisto di azioni proprie ed è iscritta per compensare l’uscita di capitale dovuta all’acquisto da parte ella società di proprie azioni.

Le riserve statutarie.

Le altre riserve, distintamente indicate.

 

RISORSE

Vedi FATTORI PRODUTTIVI

Materiali (reali) e immateriali

Risorse finanziarie

Risorse umane

La vera disponibilità di risorse si ha quando sono simultaneamente accessibili materie prime e tecnologia per il loro impiego: in questo senso si usa dire che la tecnologia trasforma le materie prime in risorse.

Fra i tanti significati del termine capitale anche quello di sinonimo di risorse (capitale reale capitale finanziario, - spesso capitale tout-court - capitale umano sono equivalenti rispettivamente a risorse reali, risorse finanziarie, risorse umane.

 

Ricordiamo che L = L(x,y) è la funzione di produzione, dalla quale si possono ricavare gli isoquanti di produzione.

Da non confondere con il saggio marginale di trasformazione del prodotto che è la derivata della curva di trasformazione del prodotto.

Il ricavo dell’azienda può essere denominato anche incasso del produttore.

Pertanto, in queste condizioni, il ricavo sarà massimo dove è massimo l’esborso del consumatore (punto di Cournot) .

 

Se d p / d q è negativa (come è logico) il ricavo marginale è minore del prezzo

 

RISORSE FINANZIARIE

 

A livello impresa la definizione tecnica di risorse finanziarie è il contenuto della colonna passività dello stato patrimoniale, ovvero la totalità delle fonti disponibili all’impresa (capitale, riserve, utili accantonati, prestiti bancari, obbligazioni, mutui e simili)

A livello macroeconomico le risorse finanziarie sono le risorse accumulate in forma finanziaria dagli operatori che presentano saldi finanziari positivi e che possono essere prestate agli operatori in disavanzo per finanziarne la gestione corrente o gli investimenti.

 

RISORSE UMANE

Risorse umane è l’insieme delle capacità dei dipendenti di un’impresa di svolgere i compiti loro affidati o altri compiti sia diversi sia più impegnativi (potenziale di crescita). E’ la versione aggiornata della vecchia concezione che evidenziava il fattore produttivo lavoro in termini indistinti come una commodity (cioè individui indistinguibili ai fini del lavoro purché sufficientemente addestrati). In realtà per la produzione moderna contano molto la preparazione e l’atteggiamento dei dipendenti che non possono essere più considerati come sostanzialmente intercambiabili.

Una delle voci che compongono il valore delle risorse umane disponibili è il costo sostenuto per la loro formazione.  Sulle risorse umane si investe per migliorarne sia la preparazione (non solo professionale specifica, ma anche generale), sia la capacità di collaborare e più in generare comunicare con colleghi con clienti e fornitori, sia il rapporto con l’azienda, sia la proiezione all’esterno dell’immagine dell’azienda.

E’ importante sottolineare gli effetti di collaborazione e sinergia che rendono un gruppo di dipendenti “affiatati” una risorsa di valore superiore a quello della somma delle competenze dei singoli componenti il gruppo.

Un termine sinonimo è capitale umano.

La conoscenza come risorsa determinante per il successo di un’impresa.


RISPARMIO

Quota di reddito non destinata al consumo e quindi o semplicemente destinata ad utilizzi differiti (risparmio non investito ) o impiegata per investimenti sia propri sia di terzi cui si concede un prestito ad un certo tasso d’interesse. Ricordiamo che vale la relazione:

I = S + C    (1)

cioè la somma del risparmio S più il consumo C è uguale al reddito I .

Le principali caratteristiche del risparmio sono:

  1. il risparmio aumenta all’aumentare del reddito dS / dI > 0;

 

  1. gli aumenti del risparmio sono minori dei corrispondenti aumenti del reddito  dS / dI < 1
  1. a successivi e uguali aumenti del reddito corrispondono aumenti del risparmio via via crescenti d2S / dI2 > 0 .

Si indica con  propensione marginale al risparmio  la derivata del risparmio  rispetto al reddito dS / dI mentre la propensione media al risparmio è semplicemente il rapporto S/I tra il valore del risparmio e il valore del reddito.

Dalla (1) si deduce che:

  1. la somma della propensione media al risparmio e della propensione media al consumo è uguale all’unità;
  2. la somma della propensione marginale al risparmio e della propensione marginale al consumo è uguale all’unità.

 

 

Possiamo anche rappresentare le tre grandezze reddito consumo e risparmio sullo stesso grafico:
Come per il consumo, anche per il risparmio si avrà una dipendenza dal tasso di interesse: tanto maggiore sarà il tasso d’interesse tanto maggiore sarà il risparmio .

Vale la condizione i1<i2<i3 .

 

RISULTATO OPERATIVO

Sinonimo di REDDITO OPERATIVO.

ROD (Return On Debt)

 

Ritorno sul debito. Questo indice pesa l’incidenza degli oneri finanziari (OF) sul capitale di terzi (CT):

ROD = OF / CT

Si pone la questione di come trattare i debiti verso i fornitori: se li si include al denominatore vanno stimati e incluso l’addendo corrispondente al numeratore, ovvero si escludono i rispettivi contributi, sia al numeratore sia al denominatore, ma si perde un’informazione importante.

Il ROD fa parte degli indici descrittivi di un’azienda e più precisamente degli indici di redditività.

 

ROE  (Return On Equity)

Ritorno sul capitale proprio (equity sta per azioni, ma, attenzione, si fa riferimento all’intero capitale proprio non solo al capitale sociale). E’ un indice di redditività definito come il rapporto tra reddito netto RN e capitale proprio CP :

ROE =  RN / CP

Esprime la capacità dell’azienda di far fruttare le risorse messe a disposizione dagli azionisti (capitale sociale, riserve, utili non distribuiti). Fornisce quindi un’indicazione della convenienza del rendimento dell’investimento dei soci nell’azienda in esame rispetto al rendimento di investimenti in altre aziende o investimenti alternativi di altra natura.

Sono necessarie alcune accortezze nel calcolo del ROE:

  1. il reddito netto va depurato dall’effetto di eventi straordinari quali plusvalenze o minusvalenze o fluttuazioni occasionali di mercato;

 

  1. il capitale proprio va calcolato come valor medio nell’esercizio; ricordiamo che il patrimonio netto risultante dallo stato patrimoniale, come tutte le grandezze che figurano nello stato patrimoniale, è un dato puntuale (si riferisce alla data alla quale è redatto lo stato patrimoniale).

Il ROE fa parte degli indici descrittivi di un’azienda e più precisamente degli indici di redditività.

 

ROI  (Return On Investment)

Ritorno sul capitale totale investito. E’ un indice di redditività definito come il rapporto tra reddito operativo RO e capitale investito  CI  :

ROI =  RO / CI

Sono necessarie alcune accortezze nel calcolo del ROI:

  1. trattandosi di reddito operativo sono esclusi i risultati della gestione extracaratteristica;
  2. trattandosi di capitale investito sono escluse le risorse destinate all’attività extracaratteristica;
  3. si fa riferimento al valore medio nell’esercizio del capitale investito.

 

Il ROI fa parte degli indici descrittivi di un’azienda e più precisamente degli indici di redditività.

 

ROS  (Return On Sales)

 

Ritorno sui ricavi da vendite. E’ un indice di redditività definito come il rapporto tra reddito operativo RO e ricavi netti da vendite VN:

ROS =  RO / VN

Sono necessarie alcune accortezze nel calcolo del ROS:

  1. trattandosi di reddito operativo sono esclusi i risultati della gestione extracaratteristica;
  2. trattandosi di vendite nette si tiene conto di resi abbuoni e sconti eliminando componenti fittizie di reddito.

E’ significativo soprattutto l’andamento nel tempo di questo indice per descrivere i processi in corso: se il ROS cresce senza che siano stati variati i prezzi di vendita, significa che l’impresa è riuscita a comprimere i costi di produzione e/o distribuzione; se disunisce in presenza di aumento delle quantità vendute, significa che l’impresa ha adottato una politica di prezzi bassi ed elevati volumi di vendita.

Il ROS fa parte degli indici descrittivi di un’azienda e più precisamente degli indici di redditività.

 

ROTAZIONE DEGLI ORDINI

Con riferimento alla organizzazione della produzione vengono introdotti gli indici di rotazione degli ordini per la misura dell’efficienza del livello di servizio e per la sua comparazione con i termini di successo o insuccesso (crescita della domanda, quota di mercato).

v. ORDINI INEVASI

 

ROUTING

Termine utilizzato in sede di organizzazione della produzione ad indicare la distribuzione sulle risorse pianificate (dove si eseguono le lavorazioni), delle quantità di produzione previste dai piani. Il termine scheduling si riferisce alle stessa fattispecie, ma con riferimento a quando si svolgono le lavorazioni.

v. DISPATCHING

 


I biglietti di banca custoditi dalla vecchietta sotto al mattone sono l’esempio dell’iconografia classica per il risparmio non investito

Ovviamente, essendo consumo e risparmio in competizione, per il consumo l’effetto è contrario: minore è il tasso d’interesse maggiore è il consumo.

Ricordiamo che il capitale proprio coincide con il patrimonio netto.

 

Fonte: fonte: http://host.uniroma3.it/docenti/iacobone/testi/glossario%20parte%204_.doc

Autore del testo: Prof. Fabio PISTELLA ?

 

Definizioni termini economici dalla M alla R

 

 

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